MINE CASALINGHE

 

L’avventura ebbe inizio con l’esplosione di autentiche mine costruite con artifici altrettanto ingegnosi quanto passibili di nefaste conseguenze. La mina era composta da un involucro esterno formato da due tubetti di alluminio di quelli che il padre di Nino, farmacista, usava per le pillole, posti uno dentro l’altro e rinforzati da una colata di piombo che riempiva l’intercapedine. Questo rudimentale ma consistente involucro veniva riempito di polvere da sparo recuperata smontando le cartucce dei Mauser cioè dei fucili tedeschi. Per farla esplodere vi inserivamo anche un detonatore del tutto particolare anch’esso auto-costruito. Avendo scoperto che la mescolanza di una polverina ottenuta pestando finemente le pastiglie di clorato di potassio, un medicinale molto usato per il mal di gola di cui potevamo disporre in gran quantità prelevandolo dalla farmacia del papà di Nino, con della polvere di carbon dolce (legno bruciato), oppure con lo zolfo che gli agricoltori usavano per le viti, costituiva un esplosivo da noi chiamato polvere nera che scoppiava con grande facilità, formammo un sacchettino di carta pieno di detta polvere nera. All’interno inserimmo un filo elettrico i cui terminali erano tra di loro collegati da un sottilissimo filo di rame ed entrammo così in possesso di un ottimo detonatore pronto ad esplodere se percorso dall’energia elettrica della casa di Nino. Il sottile filo di rame provocava un corto circuito che, ad ogni scoppio di mina, interrompeva l’alimentazione elettrica dell’intero edificio, compresa anche la farmacia ma tale fatto non ci preoccupava visto e considerata la nostra buona conoscenza della materia.
Fatta la nostra prima mina la mettemmo in alto legata ad un grosso ramo dell’albero di fichi sito nel cortile di casa e aprimmo il circuito elettrico. E’ stato il nostro primo grande successo nel settore dinamitardo. Saltarono le valvole di casa ma scoppiò anche la mina facendo crollare il grosso ramo di fico.
Per ripetere l’esperimento evitando nuovi rimproveri del padre di Nino, memori di quelli ricevuti per la mutilazione inferta all’albero di fichi, decidemmo di spostare sotto terra il successivo scoppio. Mio zio farmacista possedeva un grosso mortaio in pietra che gli era servito in passato per triturare i componenti dei medicinali da lui confezionati. Mettemmo la nuova mina al fondo di una profonda buca scavata nell’orto di casa, su di essa, capovolto, il mortaio e ricoprimmo il tutto di terra. Il nuovo scoppio, molto silenzioso, non si fece affatto notare a seguito del pronto ripristino delle valvole di casa, ovviamente fatte saltare, però quando ricuperammo il mortaio da sottoterra per rimetterlo al suo posto, dovemmo constatare che era rotto in quattro parti. Impossibile evitare i severi rimproveri da parte di mio zio che continuava a chiedersi e a chiederci come avevamo potuto distruggere un oggetto cosi massiccio. Il passo successivo di questa insensata corsa verso la follia pura consistette nell’incredibile pretesa, da noi effettivamente portata a termine, di trasformare un fucile giocattolo ad aria compressa in fucile da guerra in grado di sparare le cartucce del Mauser.

Un mortaio in pietra simile a quello fatto saltare con la nostra mina artigianale dopo averlo seppellito sotto terra per attutire il fragore dello scoppio

 

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