BARRIERA FRANGIFLUTTO CON PRODUZIONE DI ENERGIA DROELETTRICA

Brriera flangiflutto

1) PREMESSA

Lo sfruttamento del moto ondoso del mare è da tempo oggetto di studi e sperimentazioni volti alla trasformazione in energia elettrica del suo enorme potenziale.
A quanto risulta a chi scrive le esperienze e gli studi in corso riguardano esclusivamente sistemi che, pur agendo con modalità differenti, hanno il loro comune traguardo nella produzione di energia pulsante cioè caratterizzata da una continua variazione di intensità dovuta all’inevitabile altalenare delle onde del mare.
Un dispositivo poco ingombrante e ad elevata capacità di regolazione del sistema con eliminazione dei picchi e copertura dei punti di minima resa come quello che viene qui proposto, si ritiene possa essere di grande interesse in questi tempi di pressante necessità di produrre energia rinnovabile e lo è maggiormente nel caso svolga un vero e proprio ruolo di accumulazione di energia aumentando la sua producibilità tramite altre fonti secondo le modalità che saranno più avanti spiegate.
L’opera presenta ulteriori vantaggi alcuni, come ad esempio la protezione delle sponde dalla devastante azione delle onde che vi sbattono contro, comuni ai sistemi già realizzati ma altri che se ne distaccano totalmente per le possibilità aggiuntive di sistemazione dei lungomari.

FIGURA N. 1 = VISTA PROSPETTICA DELLA BARRIERA FRANGIFLUTTO

2) DESCRIZIONE DI MASSIMA DEL SISTEMA PROPOSTO

Viene descritta un’opera di marginamento fisso della costa con produzione di energia elettrica ottenuta essenzialmente dall’immissione in pressione dell’acqua del mare in un capace serbatoio interrato. Il serbatoio, di tipo idropneumatico cioè con la struttura del tutto particolare che sarà di seguito illustrata, è in grado di svolgere le seguenti funzioni principali:
– accogliere l’acqua immessavi naturalmente dalla forza d’urto dell’onda o da altri mezzi meccanici,
– conservarla fino al momento della sua utilizzazione,
– livellare, grazie alla grande capacità di invaso, la portata in uscita,
– consentire, con una diversificazione delle pressioni di esercizio, più regimi di funzionamento graduabili in funzione dell’intensità del fenomeno ondoso di per sé molto variabile.
– offrire la possibilità di accumulare l’energia in esubero per renderla disponibile nei successivi momenti di bisogno.

3) IDICAZIONI DI DETTAGLIO

Le opere proposte consistono, come illustrato nella Planimetria di fig. 2 e nella sezione trasversale della fig. 3, in una barriera frangiflutto che segue la linea di costa opportunamente fondata su una robusta palificata e che comprende le seguenti strutture principali.
1) Il dispositivo di captazione
2) Il serbatoio di accumulo
3) La centrale di produzione dell’energia elettrica con annessa sala quadri.

FIGURA 2 = PLANIMETRIA DELLA BARRIERA , DELL SERBATOIO IDROPNEUMATICO E DELLA CENTRALE IDROELEYTTRICA
FIGURA 3 = SEZIONE TRASVERSALE DELLA BARRIERA

L’ossatura principale del manufatto è costituita da un lungo muro di marginamento della sponda sul quale si innestano, lato mare, un numero imprecisato di setti trasversali mentre verso terra trova posto la grande vasca di accumulo denominata specificatamente serbatoio idropneumatico. I setti suddividono il frangiflutto in tante celle di captazione autonome e che immettono l’acqua in pressione nello stesso serbatoio di accumulo.

3.1) IL DISPOSITIVO DI CAPTAZIONE

Essendo dimostrato che il materiale avente le migliori caratteristiche per assorbire ed annullare la forza d’urto delle acque, è, non già quello di tipo rigido e di notevole robustezza, bensì quello flessibile in grado di adattarsi al movimento del mezzo liquido che lo investe subendone danni relativamente meno gravi, sarà di materiale elastico anche la struttura che viene qui proposta per la captazione dell’energia propria delle onde. Si tratta in dettaglio di un diaframma di contenimento (chiamato anche gonna) curvo e a flessibilità controllata dalla pressione del serbatoio e che si estende orizzontalmente per otto metri cioè per tutta la larghezza di ogni nicchia di captazione essendo saldamente ancorato ad una piastra metallica che percorre tutto il perimetro di contatto con la parte fissa in cemento armato. Tale piastra metallica continua e che sporge a 90 gradi dalla superficie del calcestruzzo, è costituita da due elementi orizzontali lungo i due lati superiore ed inferiore mentre in quelli laterali ha un andamento ad arco conformato in base alla curvatura che deve assumere anche il diaframma. E’ infatti tra queste due piastre laterali cha và teso il diaframma in modo da obbligarlo ad assumere, quando è a riposo, il profilo curvo.
Nel lato superiore e nei due laterali, detta piastra metallica sporge dal calcestruzzo per una quarantina di centimetri sufficienti per fissare stabilmente il diaframma e realizzare la sua tenuta idraulica lungo tutto contorno mentre nel lato inferiore la piastra stessa sporge per 1.40 m in quanto, oltre a svolgere il medesimo compito di collegamento, è anche munita di alcune valvole a battente che consentono all’acqua di penetrare dal basso nella cella ma non di uscirne. Sarà una contropiastra metallica, anch’essa continua, che fisserà, tramite una lunga fila di bulloni, tutto il bordo del diaframma garantendone la perfetta tenuta idraulica. Tra contropiastra e diaframma verrà inserito un doppio rinforzo flessibile che ne segue tutto contorno sporgendo verso l’interno al fine di resistere al grande sforzo di taglio che le onde esercitano in tale punto sul diaframma stesso.
La cella è munita di fori di collegamento con la retrostante vasca di raccolta anch’essi dotati di valvola a battente che consente all’acqua l’ingresso in vasca nel mentre impedisce l’uscita di quella precedentemente accumulatavi e che invece vi permane in pressione e pronta ad azionare le turbine di produzione della corrente elettrica.
Ogni cella di captazione è superiormente chiusa a quota + 3.00 metri sul mare da un solaio che costituisce il piano viabile o la passeggiata lungomare.
In definitiva il dispositivo di captazione è composto da tante celle affiancate aventi un’altezza interna che va da –2.75 a + 3.00, ognuna delimitata superiormente dal solaio di copertura e verticalmente in tre lati da una parete in calcestruzzo ed invece, dal lato mare, da un diaframma o gonna elastica ad arco inclinato. La cella è collegata nella sua parte inferiore sia col mare aperto e sia con il retrostante serbatoio idropneumatico tramite aperture munite di valvole di non ritorno che vincolano la direzione dell’acqua del mare tassativamente secondo il percorso mare – cella – serbatoio idropneumatico.
Da rilevare come, prima dell’inizio della normale attività del dispositivo, sia necessario estrarre tramite la pompa a vuoto di cui è dotata la centrale tutta l’aria contenuta nella parte superiore della cella. Una volta completata questa operazione, sarà la pressione atmosferica a mantenere la cella stessa, per tutta la durata dell’ esercizio, totalmente piena d’acqua. Allo scopo il diaframma dovrà non solo possedere l’elasticità necessaria per cedere alla forza delle onde e quindi svolgere compiutamente la sua principale funzione che è l’immissione in serbatoio di cospicui volumi d’acqua, ma dovrà anche resistere alla depressione interna provocata da detta pompa a vuoto senza subirne eccessive modifiche, essendo teso tra le due piastre laterali curve. Il materiale da usare per il diaframma dovrà pertanto essere studiato e sperimentato visto che la sua duplice funzione è basilare per il funzionamento delle opere. Una possibile variante costruttiva del diaframma potrebbe anche riguardare la posa in opera di robuste funi o nastri elastici ben tesi ed in numero da definire, lungo la superficie interna del diaframma per rinforzarne la resistenza. Esiste anche la possibilità di fissare al diaframma dei pani di piombo che, durante la fase di arretramento dell’onda, contribuiscano a riportarlo nella posizione di riposo. E’ però da notare come la depressione da vincere nell’azione sussidiaria del diaframma sia assai modesta essendo pari ad una colonna d’acqua di soli tre metri.
In fase di normale esercizio l’automatismo terrà sotto controllo la cella di captazione provvedendo, tramite la pompa a vuoto, ad evacuare l’aria che vi si fosse accidentalmente accumulata.

i deve però tener presente che la cella, posta tra diaframma e parete del serbatoio, comunica con  l’esterno soltanto tramite il foro inferiore  sotto il livello del mare e  munito di valvola di ritegno. Non esiste quindi  nessun collegamento tra cella ed atmosfera per cui, una volta eseguito con  la pompa a vuoto la prima estrazione di tutta l’aria, da quel momento in  poi nella cella potrà entrare solo l’acqua del mare appunto tramite il foro sempre immerso nell’acqua del mare.
Ed ecco il dinamismo di captazione ed immissione dell’acqua in serbatoio.
E’ noto come in mare aperto sia solo l’onda che si sposta mentre ogni singola particella d’acqua che la compone descrive, in verticale, una traiettoria circolare rimanendo sempre nella stessa zona. In riva al mare ha luogo, invece, lo spostamento, in direzione perpendicolare alla costa, di una grande massa d’acqua che, con moto alterno, va a sbattervi violentemente contro. Sono queste masse d’acqua che, opportunamente orientate dai due setti laterali di ciascuna cella, premono con violenza contro il diaframma elastico e, vintane la resistenza elastica, lo forzano ritrarsi verso terra e ad assorbire interamente l’energia senza che abbiano origine onde riflesse di ritorno.
La barriera ha così svolto il suo compito di protezione della riva dai danni dovuti al moto ondoso nel mentre il forzato arretramento del diaframma ha ridotto il volume interno della cella causando l’immissione in serbatoio di un quantitativo d’acqua più o meno consistente e ad una pressione variabile a seconda dell’ampiezza e della forza dell’onda del momento. La caratteristica di incomprimibilità dell’acqua quando, come detto, sia evitata la presenza anche minima dell’aria, assicura che ad ogni movimento del diaframma corrisponda un trasferimento d’acqua dalla cella al serbatoio riuscendo a vincere la pressione interna del serbatoio stesso.
Finita la sua fase attiva, l’onda si ritira verso il mare aperto e il diaframma, spinto dalla sua elasticità ed eventualmente da quella esercitata dalle funi elastiche di rinforzo o dai pani di piombo, tende a riportarsi nella sua posizione di riposo provocando l’immissione nella cella di nuova acqua spinta dalla pressione atmosferica ad attraversare le valvole di cui è munita la piastra inferiore.
Da rilevare come ogni cella, pur immettendo acqua in pressione in uno stesso serbatoio, eserciti la sua azione indipendentemente da quella delle altre con un duplice vantaggio. Innanzitutto viene scongiurato il pericolo che contro il diaframma avessero ad esercitarsi in coincidenza, come accadrebbe se essa fosse ininterrotta per l’intera lunghezza del marginamento, una pressione positiva e una negativa, e quindi di risultato nullo, dovute alla presenza contemporanea di due onde di direzione opposta .
In secondo luogo l’azione autonoma ed assolutamente alterna delle varie celle costituisce una sequenza ininterrotta di immissioni elementari in serbatoio che si susseguono a brevissimi e casuali intervalli di tempo il ché provoca una prima importante continuazione dell’entrata d’acqua nel serbatoio, data dalla somma di dette immissioni elementari.
Sarà poi il serbatoio con il suo notevole volume idrico e con quello del cuscinetto d’aria a completare l’opera di normalizzazione del flusso che, al momento della sua uscita finale per giungere alla turbina, risulterà assolutamente uniforme e quindi senza più risentire dell’altalenare delle onde.
Una ultima, importante, osservazione sul diaframma elastico. Ad avviso di chi scrive il contrapporre alla forza d’urto delle onde una gonna elastica presumibilmente rinforzata da funi anch’esse elastiche, rappresenta quanto di meglio si possa prevedere sia per le caratteristiche proprie di tale struttura che, proprio grazie alle sue doti di flessibilità, è in grado di adeguarsi alle variabilissime onde del mare seguendone la forma ed i ritmi grazie anche alla tecnica costruttiva che ai nostri giorni ha raggiunto, anche in tale settore, traguardi ambiti. Ne fanno fede, in campo idraulico, le molte applicazioni di apparecchiature un tempo basate su strutture metalliche a battente ed oggi vantaggiosamente sostituite da guaine elastiche che ad una ottima funzionalità aggiungono una lunga durata ed una totale assenza di colpi d’ariete e rumori fastidiosi.
L’impiego del diaframma elastico è tutt’altro che nuovo anche in lavori marittimi essendo usato con soddisfacenti risultati per la costruzione di barriere mobili gonfiabili o fisse dando prova, anche in tale campo, di ottima flessibilità, funzionalità e durata.
In ogni caso quando anche si nutrissero dei dubbi sulla efficacia e resistenza della descritta gonna elastica sarebbe possibile dotare la cella di captazione, in alternativa al diaframma, di un portellone mobile metallico munito di guarnizioni di tenuta come illustrato nella fig. 4 e di robuste molle atte a farlo ritornare nella posizione di riposo, ferme restando tutte le altre modalità di esercizio dell’impianto.
Una ulteriore variante rispetto al progetto riguarda la possibilità di eliminare del tutto il diaframma per prevedere che sia la pressione d’urto delle onde a far entrare direttamente l’acqua del mare nel serbatoio idropneumatico tramite delle bocche di presa tronco coniche appositamente studiate. Si tratterebbe di una notevole semplificazione delle opere di captazione ma, a giudizio di chi scrive, meno efficace di quella in progetto nella captazione della potenza d’urto delle onde e, sopratutto, non in grado di eliminare, come il diaframma elastico, le onde di riflessione.

FIGURA N. 4 = SEZIONE DELLA BARRIERA CON PARATOIA METALLICA
3.2) IL SERBATOIO DI ACCUMULO E REGOLARIZZAZIONE DEL FLUSSO

Un serbatoio di accumulo destinato ad alimentare una centrale di produzione di energia elettrica come quello in oggetto è normalmente costituito da una vasca sopraelevata rispetto al punto di restituzione, in questo caso costituito dal mare. Chiaramente la realizzazione lungo il bordo marino di una struttura di questo tipo, oltre ad alcuni inconvenienti riguardanti l’esercizio, presenterebbe dei problemi di impatto ambientale assolutamente insormontabili per cui non potrebbe nemmeno essere presa in considerazione.
Si prevede invece di sostituirla con il serbatoio idropneumatico cioè con una struttura che, oltre a trovare la sua collocazione ideale nel sottosuolo e a ridosso delle celle di captazione di cui al capitolo precedente, presenta delle favorevolissime caratteristiche di funzionamento.
La struttura, che segue in tutta la sua lunghezza la barriera frangiflutto integrandosi perfettamente con l’ambiente, costituisce una notevole capacità di invaso destinata ad essere alimentata da una lunga serie di immissioni elementari operate dalle singole celle di captazione, eventualmente integrate da altre fonti energetiche come sarà proposto nella variante di cui al cap. 4, nel mentre il flusso in uscita verso le turbine è unico, uniforme e con possibilità di esercizio diversificate in quanto è consentito cambiare la pressione e quindi il salto utile dell’acqua per la produzione dell’energia elettrica. Per continuare nella similitudine con il serbatoio dell’ipotesi precedente si può affermare che quello in argomento è equiparabile ad una serie di vasche sovrapposte con possibilità di utilizzazione dell’una o dell’altra a seconda delle necessità. In un giorno di tempesta quando si hanno onde di estrema potenza e quindi in grado di spingere l’acqua a 10 e più metri di altezza si apre la vasca superiore, se la potenza diminuisce si passa a quella intermedia per finire a quella di soli 3 m di quota quando il mare è meno mosso. Tutto questo può essere molto più facilmente attuato dal serbatoio idropneumatico.
Tale struttura, i cui dettagli saranno riportati nel seguente cap. 3.2) = “Il serbatoio di accumulo e regolarizzazione del flusso”, è costituito da un grande contenitore a tenuta ermetica caratterizzato dalla presenza nella sua parte superiore di un capace cuscinetto d’aria la cui pressione può essere variata a seconda delle necessità aprendo delle valvole di scarico o immettendo nuova aria con i compressori. Una volta stabilito un determinato regime di esercizio dato dalla pressione iniziale dell’aria, il serbatoio si regola da solo senza alcun intervento dei compressori e funzionando in maniera del tutto analoga ad un serbatoio sopraelevato posto di volta in volta a quote variabili e corrispondenti alle pressioni prescelte. Si intuisce quali sono le grandi possibilità di una struttura così versatile ed utilizzata per catturare una energia così saltuaria e variabile come sono le onde del mare. Significa non solo adeguare di ora in ora la capacità di captazione alle occasioni del momento ottenendo il risultato di poter accumulare nello stesso spazio sia grandi quantitativi di energia quali sono quelli del mare in tempesta e contemporaneamente di contrapporre alla forza d’urto delle onde una barriera mobile in grado di resistervi grazie alla maggior pressione del serbatoio come pure, nel caso di mare più calmo, di raccoglierne la diminuita forza con un diaframma più arrendevole alla più debole spinta dell’onda ed ad un diminuito sforzo di ingresso dell’acqua.
Siamo infatti in presenza di un diaframma a flessibilità controllata in grado di contrastare razionalmente la violenza delle onde.

FIGURA N. 5 = VEDUTA PROSPETTICA DELLA BARRIERA

Da ribadire inoltre la prerogativa nettamente favorevole che ha il serbatoio con il suo grande cuscinetto d’aria di livellare le spinte delle onde eliminandone totalmente i picchi e colmando ogni sia pur minimo punto di flesso. Inoltre si può affermare che il serbatoio risolve almeno in parte, uno dei problemi basilari della moderna società e cioè l’accumulo di energia, problema che si è tentato in più modi di risolvere senza risultati di rilievo. Tra di questi vanno ricordati gli impianti idroelettrici reversibili cioè dotati di macchine a doppio uso e di lago di accumulo a monte ed a valle. In tali casi, se durante determinati periodi le turbine ed alternatori producono la richiesta energia elettrica, in quelli successivi si trasformano rispettivamente in pompe e motori elettrici per risollevare l’acqua nel bacino superiore e realizzare in tal modo l’accumulo dell’energia di supero momentaneo. Si tratta però di impianti molto costosi e con rilevanti perdite di rendimento. Altre modalità di accumulo sono costituite dagli accumulatori elettrici ricaricabili che presentano però l’inconveniente di consentire risultati di entità molto piccola. Infine le moderne ricerche sono orientate verso sistemi ad idrogeno il quale, una volta prodotto tramite energia elettrica di supero, consentirebbe una utilizzazione dilazionata nel tempo e dislocata ovunque. La funzione di accumulo che può svolgere il serbatoio idropneumatico di grandissime dimensioni che fa parte delle opere qui descritte, si affianca efficacemente a tali sistemi potendo accumulare energia principalmente prodotta dalla violenza delle onde ma anche di qualsiasi altro tipo come ad esempio quella prodotta da pannelli solari (vedi variante del cap. 4) oppure di supero delle rete Enel.

3.3) LA CENTRALE DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

La centrale di produzione, anch’essa ubicata nel sottosuolo ed a ridosso delle celle di captazione e del serbatoio idropneumatico, sarà munita delle seguenti apparecchiature:
A) Le pompe a vuoto in grado di svuotare le celle di captazione delle sacche d’aria che avessero da formarvisi,
B) le turbine atte, con possibilità di regolazione oppure con una serie diversificata di macchine, a sfruttare i diversi regimi di funzionamento dell’insieme in oggetto in uno con gli annessi alternatori di produzione della corrente
C) le apparecchiature di regolazione del cuscino d’aria e cioè i compressori e le valvole di scarico,
D) Le apparecchiature di comando e controllo automatico e manuale degli impianti da installare in apposita sala quadri. Esse dovranno provvedere alla impostazione dei regimi di funzionamento in funzione della potenza di immissione reale d’acqua e del livello e della pressione del serbatoio di ora in ora, alla messa in moto alla regolazione delle pale e all’arresto delle turbine, al mantenimento del cuscino d’aria nonché alla misura e al controllo generale di funzionamento emettendo, se necessario, gli opportuni allarmi.

FIGURA N. 6 = SEZIONE DELLA SALA TURBINE-ALTERNATORI

Visti i modesti salti disponibili, presumibilmente da 2 a 20 metri, si presume che le turbine saranno del tipo Kaplan a doppia regolazione e quindi delle pale e del distributore al fine di poter seguire la variabilità di energia disponibile.
Il manufatto della centrale è costituito da un parallelepipedo posto in continuazione del serbatoio e quindi avente la stessa sezione trasversale ed una lunghezza atta a contenere le apparecchiature elettromeccaniche ed elettroniche elencate. Il tutto come schematicamente indicato nelle fig. 2 e 6

4) VARIANTE CON PANNELLI SOLARI DI INTEGRAZIONE DELLA PRODUZIONE IDROELETTRICA

Come descritto nei precedenti capitoli una delle strutture innovative del presente progetto consiste nella presenza del serbatoio idropneumatico in quanto struttura atta ad accumulare per tempi più o meno lunghi l’energia in esubero per renderla disponibile quando sarà maggiore la richiesta. Una sua utilizzazione integrativa di quella descritta è quella rappresentata nei disegni schematici allegati e consistente nella installazione superiormente ai setti in cemento armato di una lunga serie di pannelli solari in grado di produrre energia elettrica in alternativa o in aggiunta a quella dovuta alle onde del mare, energia che potrebbe essere utilizzata direttamente oppure contribuire all’accumulo di acqua in pressione nel serbatoio idropneumatico tramite installazione di una serie di pompe sommerse. Da rilevare come il prevedibile alternarsi di periodi temporaleschi a forte vento ed onde impetuose del mare con periodi di bonaccia e sole splendente, garantisca comunque una buona produzione elettrica dovuta ai due diversificati sistemi .

5) LA COSTRUZIONE E L’ESERCIZIO DEGLI IMPIANTI

L’impianto di ammortizzazione dei flutti e di produzione di energia elettrica dovrà in anteprima essere dimensionato in funzione delle caratteristiche del moto ondoso che statisticamente si verificano nel luogo di impiego accuratamente studiate tramite una lunga campagna di rilievi ed esperienze.
Lo studio dovrà interessare ognuno dei componenti dell’impianto, nessuno escluso, tenendo presente che quanto al riguardo è riportato in questa breve relazione non rappresenta che una descrizione sommaria avente il solo scopo di tracciarne i concetti di base mentre la loro effettiva realizzazione potrebbe discostarsene notevolmente.
Le possibili diversificazioni potranno vertere su una cella di captazione di larghezza diversa di quella qui presunta in otto metri in quanto si sarà, ad esempio, definita una dimensione più adatta ad incanalare opportunamente il flusso delle onde. Il diaframma elastico potrà richiedere anch’esso quelle diverse dimensioni e forma che si riveleranno particolarmente atte a svolgere il grave compito che gli viene assegnato tenendo conto delle diverse tipologie di materiale elastico da adottare disponibile in commercio o che dovesse essere appositamente costruito ex novo.
Anche le quote altimetriche del fondo e della sommità della barriera, da studiare località per località, rivestono una importanza capitale nella progettazione così come anche la forma e le dimensioni da assegnare al serbatoio idropneumatico nonché tutte le sue possibili varianti di volume utile, di pressioni e di regime di funzionamento. Tutto questo senza parlare dei gruppi turbina-alternatore e delle loro innumerevoli modalità di costituzione, di regolazione delle pale e di esercizio.
Un breve accenno deve essere fatto anche nei riguardi delle modalità costruttive e di manutenzione delle opere e particolarmente del diaframma elastico che, essendo per buona parte costantemente immerso in acqua marina, impone, sia nella fase iniziale costruttiva e sia per eventuali successivi interventi di manutenzione, la messa all’asciutto della cella di captazione. Dovranno pertanto prevedersi le opere provvisionali, non indicate nei disegni allegati, come i gargami opportunamente inseriti nei setti ed atti a contenere i panconcelli di salvaguardia dalle acque del mare e di svuotamento della cella dal’acqua.
Si tratta in definitiva di un insieme di opere del tutto nuovo, da scoprire e da verificare con rilievi ed accertamenti preventivi e da mettere successivamente a punto durante l’esercizio. A quest’ultimo riguardo è da rilevare come, a fronte della complessità del compito da svolgere, sussista un fattore che senza dubbio gioca a favore di un risultato finale positivo e che è dato dalla presenza, assolutamente innovativa, del serbatoio idropneumatico il quale conferisce al sistema una notevole elasticità consentendo, anche ad opera ultimata, notevoli varianti di funzionamento e conseguenti adattamenti alla situazione reale quale risulta dalle esperienze che l’esercizio effettivo non mancherà di offrire.

6) NOTE SUL COMPORTAMENTO DEL SERBATOIO IDROPNEUMATICO

Le caratteristiche del serbatoio idropneumatico sono in dettaglio leggibili qui  oppure nel n 2/2003 Della rivista “L’Acqua”, organo della Associazione Idrotecnica Italiana, dove figurano il grafico delle sue condizioni generali di funzionamento ed anche una bibliografia con il titolo di memorie che riportano alcune realizzazioni effettivamente portate a termine, sia pure in settori diversi da quelli marini, del serbatoio idropneumatico in oggetto. Si ritiene utile riportarne una parte perchè specificatamente pertinente all’impiego qui previsto. In sintesi, se a serbatoio vuoto si avrà cura di immettere aria compressa fino ad una pressione di 0.2 atmosfere, nelle successive fasi di ingresso d’acqua in pressione il volume accumulato varierà secondo i dati della seguente tabella riportati anche nel grafico della fig. 7:

TABELLE DELLE ALTEZZE D’ACQUA IN SERBATOIO E DELLE CORRISPONDENTI PRESSIONI
Figura n. 7 = DIAGRAMMA PRESSIONE/RIEMPIMENTO DEL SEBATOIO IDROPNEUMATICO

La zona di funzionamento che qui interessa è quella rappresentata in segno marcato e che prevede con un riempimento minimo del 50% del volume utile cui corrisponde una pressione di 0.4 atm pari ad una colonna d’acqua di quattro metri, del 70% con sette metri e del 90% con venti metri. Da qui si comprende come il serbatoio possa adeguarsi ottimamente alle variazioni della energia trasmessa dal moto ondoso. Il suo grado di riempimento e la relativa pressione dipendono da due fattori contrapposti: da una parte la potenza delle onde che le fa crescere entrambi, dall’altro l’uso che se ne fa per produrre energia elettrica che le fa calare.
Senza entrare nei dettagli di funzionamento dei gruppi turbina-alternatore e delle relative regolazioni che richiedono una conoscenza specifica, al solo scopo di far capire le grandi possibilità del serbatoio idropneumatico, si può prevedere in linea di massima un esercizio a tre diversi regimi :
1^ regime = bassa portata , pressione m. 5 percentuale di riempimento = 60%
2^ regime = portata media, pressione 12 m, percentuale di riempimento =82%
3^ regime alta portata, pressione 20m. ,percentuale di riempimento =90%
Poiché il funzionamento ideale dell’impianto richiede di evitare un esercizio ad intervalli più o meno lunghi a favore di quello continuativo che fornisce energia elettrica più pregiata, si prevede di far funzionare sempre il gruppo di potenza inferiore rispetto a quella disponibile e di mantenerlo, anche in fase crescente del vento, in esercizio continuativo grazie alle sue possibilità di regolazione delle pale e del distributore e ciò finché le condizioni del serbatoio non abbiano raggiunto la fase superiore cui corrisponderà l’avviamento del gruppo anch’esso di classe superiore. In fase calante del vento si seguiranno, ovviamente, regole del tutto simili ma di segno opposto: come il serbatoio non è più in grado di mantenere le condizioni di portata e pressione relative ad una determinata fase, viene declassato il gruppo turbina che rimane in moto finché non si raggiunge la fase più bassa per passare nuovamente ad una classe inferiore di turbina qualora il vento continuasse a scemare.
Ovviamente la pressione rimane costante quando si riesce a far coincidere la portata della turbina con quella entrante in serbatoio.
Tutte le manovre vengono compiute in automatico grazie al sistema di comando e controllo che regola il funzionamento delle turbine in funzione dei livelli, della pressione in serbatoio e sulla base dei concetti ora enunciati.
Qualora la barriera sia dotata anche di pannelli solari e di pompe di immissione integrativa in serbatoio dell’acqua marina, il comportamento dell’insieme varia in funzione delle ulteriori disponibilità energetiche derivate dai pannello solari stessi.

7) UTILIZZAZIONE DEL SERBATOIO IDROPNEUMATICO PER ACCUMULAZIONE ENERGIA ELETTRICA IN ECCESSO

Essendo la barriera frangiflutto una struttura prevista per lunghezze notevoli di sponde da proteggere, in teoria anche il serbatoio idropneumatico che ne costituisce un elemento fondamentale potrà essere di lunghezza altrettanto cospicua e quindi cospicuo anche il volume dell’invaso. Questa caratteristica assai importante oltre che regolarizzare la produzione di energia elettrica che potrà essere costantemente prodotta  in funzione dei fabbisogni, il grande invaso potrebbe anche svolgere una importante azione sussidiaria come quella di servire da accumulo di energia elettrica di esubero in quanto prodotta nelle ore di mancati consumi. Si tratterebbe di contribuire ad una  mancanza di grandi  possibilità viste le difficoltà nella realizzazione  di grandi e preziosi accumuli di corrente elettrica  i quali, al momento attuale, sono esclusivamente costituiti da impianti idroelettrici detti reversibili in quanto hanno la possibilità di effettuare la  duplice funzione di produzione di energia elettrica ottenuta utilizzando l’acqua del lago superiore che viene fatta cadere in quello inferiore ed anche di accumulo dell’acqua del lago inferiore che viene ripompata nel lago superiore grazie all’uso alternativo delle apparecchiature reversibili ed in dettaglio delle turbine che diventano pompe e degli alternatori che, trasformati in motori elettrici, innalzano l’acqua  fino al lago superiore. Si tratta però di impianti in numero molto piccolo e quindi ij grado solo di sopperire in minima parte al fabbisogno. In questo senso sarebbe molto utile l’uso dei grandi serbatoi idropneumatici di cui al presente progetto, che sarebbero in grado di svolgere lo stesso compito utilizzando la corrente elettrica di supero per riempirli onde poter ricuperare corrente elettrica nelle ore di aumentato fabbisogno.

8) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema frangiflutto in grado di attuare anche lo sfruttamento della forza d’urto delle onde del mare per produrre energia elettrica. Si tratta di dispositivi del tutto simili a quelli in corso di sperimentazione da molto tempo ma dai quali si distinguono per la presenza di un componente essenziale per la regolarizzazione dei flussi e cioè per trasformare un’energia pulsante come quella delle onde in una che si mantiene costante per periodi di una durata compatibile con una sua utilizzazione ai fini idroelettrici. Il dispositivo in parola è il serbatoio idropneumatico finora mai utilizzato in applicazioni del genere ma che, ad avviso di chi scrive, è atto a svolgere nel migliore dei modi tale gravoso compito.
Un altro elemento notevole è dato dal diaframma elastico con cui si prevede di assorbire l’energia del moto ondoso per proteggere efficacemente la sponda e, al tempo stesso, produrre energia elettrica. In variante si è prevista la presenza di pannelli solari ed eventuale impianto di sollevamento atto ad incrementare il volume idrico nel serbatoio e quindi all’accumulo dell’energia in esubero.
Caratteristiche fondamentali del sistema sono la sua grande elasticità di esercizio che gli consente di modificare sostanzialmente le modalità di funzionamento al variare dell’intensità del moto ondoso, la possibilità di costituire un accumulo di energia utilizzabile in tempi diversi ed infine il modesto impatto ambientale essendo le opere per la gran parte sotterranee mentre quelle in vista sono del tutto simili alle normali opere di sistemazione del lungomare delle comuni centri balneari di cui possono costituire una efficace, utile sistemazione.

A chiusura della proposta qui riportata si fa rilevare un difetto fondamentale che contraddistingue negativamente tutte le modalità di produzione eoliche di energia per gli eccessivi costi di manutenzione ed esercizio. Si pensi ad esempio alle fonti eoliche o quelle fotovoltaiche disseminate in una miriade di eliche rotanti o di pannelli solari. La barriera frangiflutto qui descritta presenta il vantaggio notevolissimo di concentrare la produzione di un tratto di costa marina della lunghezza di parecchi chilometri in una unica centrale idroelettrica ottenendo il duplice vantaggio di compensare gli sbalzi di energia che vi si riscontrano ed al tempo stesso di facilitare l’esercizio essendo da gestire una singola centrale.

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