L’INDUSTRIALIZZAZIONE A QUERO

Nel maggio 1963 a Quero ebbe luogo un avvenimento straordinario che costituì una valida premessa per gli anni seguenti : la costruzione della prima “fabbrica” su un terreno acquistato dal comune con mutuo bancario garantito da una cambiale firmata per avallo da cittadini queresi, successivamente incorniciata ed esposta per molti anni in Municipio, terreno regalato a Renzo, un industriale di Valdobbiadene che vi insediò un piccolo opificio atto ad offrire, per la prima volta della storia di Quero, lavoro in zona.
Renzo era un’ottima persona con la quale avevo da molti anni una buona amicizia. E’ recentemente venuto a mancare e mi piace averlo ricordato nel cap. 2.3 con una foto dei tempi andati quando frequentavamo, nella stessa classe, le scuole medie di Valdobbiadene e trascorrevamo molto tempo assieme in quanto io allora ero ospite al suo paese ( Valdobbiadene) nella pensioncina di una sua zia.

 

In Municipio a Quero si firma l’atto di consegna dell’ex Cinema Prealpi all’industriale Moschin. Il primo a destra è mio cugino Franco. In centro il Sindaco Renato. Il primo a sinistra è Secondo, elettricista e primo operatore del cinema. L’autore sta osservando dalla porta di accesso

 

Riunione della popolazione per l’inaugurazione della prima fabbrica di lampadari a Quero. In centro con vestito chiaro e cravatta l’industriale Moschin

 

Riunione della popolazione per l’inaugurazione della prima fabbrica di lampadari a Quero. In centro con vestito chiaro e cravatta l’industriale Moschin

 

L’industriale Moschin illustra alle Autorità Provinciali e ai rappresentanti del Comune i nuovi pampadari prodotti a Quero dalla sua industria appena sorta.

 

L’industriale Perenzin illustra alle Autorità Provinciali e ai rappresentanti del Comune i nuovi prodotti in rame della sua industria appena sorta a Quero.

 

In epoca immediatamente successiva a quella della attività di Renzo, arrivò a Quero Moschin un industriale che, volendo iniziare un’attività nuova e dalla quale deriveranno notevoli benefici a tutta la popolazione, si rivolse al Comune per essere aiutato. Quest’ultimo, con lungimiranza, pensò di procurargli un locale prendendo in affitto l’ex sala cinema, assicurandola contro i pericoli di incendio ed infine affidandola all’industriale.
Ed ecco intervenire per la seconda volta l’ingegnosità della gente del luogo che seppe ricavarne una piccola azienda in grado di produrre una pregiata qualità di lampadari in ferro.
Ancora una volta non erano assolutamente rispettate le basilari regole di sicurezza che, anche in tali frangenti, la legge impone. L’attività ebbe inizio e prosperò rapidamente tanto che il titolare poté costruire un nuovo capannone industriale, questa volta con tutte le caratteristiche necessarie per un regolare andamento del lavori e, ancora una volta l’ex sala cinema rimase inutilizzata se non per una piccola officina artigianale situata al piano seminterrato nella quale due ragazzi effettuavano piccoli lavori fabbrili.
La fabbrica Moschin fu la scintilla che accese il grande fuoco di una proficua attività. Le molte aziende similari create in paese per lo più da suoi ex dipendenti, portarono lavoro e benessere riuscendo non solo ad assorbire tutta la manodopera locale ma anche ad attirarne di esterna, contribuendo efficacemente alla eliminazione della piaga dell’emigrazione e quindi di tutti i problemi che, come precedentemente descritto, essa comportava.
Un’altra importante attività che dava lavoro ad una quindicina di persone, era qulla di produzione di prodotti farmaceutici che mio cugino Franco, figlio del farmacista di Quero di cui ho più volte parlato, aveva aperto proprio in fondo alla Via Garibaldi nella quale si trovava il vecchio Cinema Prealpi. Grazie alla competenza e all’impegno di Franco l’attività progredì così rapidamente da aprire una seconda sede nei pressi di Padova. Il titolare svolgeva anche una importante azione benefica in Africa dove si recava spesso e dove assieme ad altri industriali italiani, aveva creato, con materiali e mezzi italiani e quindi senza alcun onere economico per gli africani, una piccola industria simile alla sua per la produzione e la diffusione in Africa di medicinali. Alcuni anni dopo le vicende qui raccontate, Franco intraprenderà, nei pressi di Feltre, l’edificazione di un terzo opificio, questa volta in grande stile, una grande industria atta a dare lavoro a molte persone e, grazie ai modernissimi macchinari già predisposti, ad avviare una produzione di prim’ordine dei medicinali e sopratutto di materie prime in campo farmaceutico. Un tragico incidente stradale troncherà la vita a questo mio cugino querese proprio nel momento in cui la sua presenza era necessaria per avviare la nuova azienda ormai ultimata, con i costosissimi macchinari in arrivo, col personale già trovato e soprattutto con gli ordini di produzione già fatti. Nessuno dei congiunti di Franco era in grado di sostituirlo e l’azienda, priva di direzione, dovette chiudere i battenti prima ancora di iniziare la produzione.

Ai nostri giorni ambedue gli edifici di Via Garibaldi che, per lavoro La Vermont ( così si chiamava l’industria farmaceutica di Franco) e per divertimento il Prealpi, avevano dato un certo lustro a Quero, sono tornati ad essere quello che erano in origine e cioè due comuni case d’abitazione. Il ritorno alla loro destinazione originaria è avvenuto a seguito di due avvenimenti tragici come sono la morte di Franco per il primo ed un furioso incendio (di cui si parlerà nel prossimo capitolo) per il secondo.

 

 

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