RETE MISTA A GRAVITA’ E SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

 

Rete montana.

Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità
Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità con integrazione a solevamento meccanico

 

Rete montana,

Allorquando le fonti poste a quota elevata  non presentano una producibilità sufficiente per far fronte alle punte di consumo dell’utenza, si deve per forza ricorrere all’integrazione di portata da fonti poste a quote inferiori o comunque ad acqua di altra origine che deve essere sollevata meccanicamente per essere immessa nelle reti in argomento le quali, per assunto di base, sono reti di tipo montano e come tali altimetricamente elevate. Presupposto di base, in tali casi, è quello di privilegiare l’utilizzazione dell’acqua prodotta dalle fonti in quota atte, come ripetutamente detto, ad evitare ogni consumo di energia elettrica, nel mentre la rete di distribuzione deve, anche in questo caso, rientrare nel tipo indicato come rete ideale nel capitolo “rete montana funzionante a gravità”  (vedi schema idraulico in calce) in quanto rappresenta una razionale soluzione dei relativi problemi. La particolare e già descritta costituzione della rete di distribuzione offre, anche nel caso delle reti miste di cui qui si discute, notevoli vantaggi nel sollevamento della portata integrativa in quanto quest’ultimo può essere relativamente modesto poiché ci si può limitare ad immettere l’intera portata integrativa nelle reti secondarie di distribuzione poste alle quote più basse, contenendo quindi la prevalenza entro valori minimali. Trattandosi di acqua sollevata meccanicamente gli impianti di pompaggio sono del tipo a pressione variabile asservita alla pressione di rete rilevata nei punti caratteru’istici della rete e trasmessa in tempo reale all’impianto di telecontrollo. Ovviamente tutta l’acqua distribuita a gravità viene riservata per intero alle reti secondarie superiori e solo l’eventuale eccedenza a quelle inferiori. In questo senso un importante contributo può derivare dall’utilizzazione di serbatoi regolati a livello imposto ora per ora in quanto consentono di limitare  l’intervento delle pompe suppletive ai soli periodi di insufficienza delle fonti a gravità. Da rilevare invece come il metodo di regolazione con galleggianti, attualmente molto diffuso,  non esclude l’intervento delle pompe anche nelle  giornate in cui la portata immessa a gravità dovrebbe essere sufficiente a coprire il fabbisogno ma invece non lo è perché i galleggianti impongono la messa in moto delle pompe tutte le volte che i livello dei serbatoi cominciano a diminuire-

Schema rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione)
Esempio di rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione) efunzionante interan’ìmente  a gravità

 

ACQUEDOTTI ITALIANI : TRADIZIONI O ANOMALIE?

Acquedotti: tradizioni o anomalie?

1) PREMESSA

Le notizie diffuse su un problema essenziale come quello del rifornimento idrico in generale e specificamente su quello idropotabile si riferiscono sempre più spesso alla crisi incombente che lo porterà in primo piano per la sua gravità. Si invocano provvedimenti i più disparati come il risparmio del prezioso elemento, rifare le reti acquedottistiche al fine di ridurre le enormi perdite occulte che vi si riscontrano ma, ad avviso di chi scrive, si omette di spiegare con sufficiente chiarezza come la gran parte degli acquedotti italiani siano, nella realtà, affetti da mali che si vuole ignorare e che pertanto diventano impossibili da curare ed infine come molti di essi siano, con piena coscienza dei responsabili, concepiti con sistemi antiquati fonte di gravi inconvenienti. Sono queste anomalie che formano l’oggetto della presente nota. Alcune di esse sono meglio documentate negli articoli specifici del presente sito, ma fornirne qui un elenco che le raggruppa tutte assieme è comunque utile per disegnare un quadro sintetico ma realistico della situazione attuale.

2) DIFETTI SOSTANZIALI MOLTO DIFFUSI

La prima deficienza degli acquedotti italiani da menzionare è la endemica scarsità di apparecchiature di misura e controllo che li affligge in maniera inammissibile nonostante che, a tale riguardo, esistano precise disposizioni di legge. Moltissimi acquedotti sono privi dei più elementari mezzi di controllo delle portate e pressioni in gioco e, quando anche presenti, tali mezzi sono per lo più affetti da irregolarità dovute alla mancata manutenzione. Non è infatti raro imbattersi in strumenti che, funzionando da decenni senza essere mai stati assoggettati alle indispensabili operazioni di controllo e taratura, forniscono false informazione sui dati di esercizio reale così come esistono enti gestori che, per effettuare le determinazioni e le denuncie di legge, utilizzano dati estremamente aleatori come ad esempio la portata teorica di una pompa o quella, ancora più aleatoria, di un pozzo che da anni non vengono più sottoposti a verifiche di portata. Anche i contatori delle utenze private dopo una decina di anni dalla loro installazione non possono garantire dei buoni risultati e denunciano una inerzia iniziale che porta a trascurare tutti i piccoli prelievi. In conclusione sussiste molta incertezza sull’entità dei volumi d’acqua che il gestore consegna agli utenti nel periodo di fatturazione, ed in quelle immesse in rete sia totali periodo per periodo sia istantaneamente minuto per minuto: ne derivano inevitabili errori in tutte le determinazioni tecniche ed economiche di gestione degli impianti ed altresì nei dati diffusi dai giornali o in quelli posti in discussione da tecnici ed autorità.
Da questo disastrato stato di fatto deriva un danno ancora più grave e cioè la mancata determinazione, da parte di molti servizi acquedottistici, delle perdite d’acqua reali del sistema e quindi una gestione alla cieca degli impianti oppure, soluzione ancora più grave, un esercizio basato su dati fasulli che possono portare alla assunzione di decisioni importanti ma di nessun risultato pratico quando non siano addirittura dannose.
Passando ad un elemento importante come quello del controllo della pressione, non ci si rende conto quanto sia utile tenerla sotto controllo non solo nel punto iniziale della rete di distribuzione, come si usa fare nella migliore delle ipotesi, ma anche in tutti gli altri punti caratteristici della rete e delle condotte di adduzione! Opportuno quì ribadire il principio ben noto che attribuisce agli eccessi di pressione molti dei mali degli acquedotti, primi tra tutti le enormi perdite occulte accusate dalla gran parte degli acquedotti italiani.
Altre misure importanti sono quelle di controllo della qualità dell’acqua che non è sufficiente vengano effettuate solo in uscita dagli impianti di produzione ma invece devono essere diffuse in rete in modo da consentire il controllo di qualità continuativo in tutti i punti caratteristici del territorio servito .
La presenza delle apparecchiature sinteticamente descritte riporta la discussione su un altro tema importante e cioè sugli impianti di telecontrollo e telecomando centralizzati che ne costituiscono un utilissimo complemento. Molti acquedotti ne sono assolutamente privi, altri hanno impianti rudimentali che eseguono solo qualcuna delle funzioni che vi sono predisposte. Il fatto più eclatante è la assoluta mancanza, nella quasi totalità degli acquedotti, dell’uso vero delle apparecchiature in oggetto. Non si è capito che l’avvento dei moderni sistemi con possibilità di ricevere in tempo reale i dati reali di funzionamento dell’intero servizio idrico a partire dalle fonti per arrivare, passando per tutte le apparecchiature intermedie, fino all’ultimo utente, ed al tempo stesso di prendere in automatico le decisioni più appropriate, consente di concepire reti acquedottistiche diverse da quelle tradizionali. Nulla di tutto questo: si sono automatizzate le stesse operazioni che un tempo erano compiute manualmente ma lo schema di funzionamento degli impianti è lo stesso di 50 anni fa con volontaria rinuncia degli enormi benefici di cui si è detto e che la moderna tecnologia offre.
Un’altro gravissimo inconveniente che interessa tutta l’area italiana è la mancanza di una tutela vera dall’inquinamento delle falde che si sarebbe per tempo dovuta attuare intervenendo efficacemente, come prescrive la legge, in tutte le aree di protezione. Ne è derivata la necessità di sostanziali modifiche nelle varie captazioni con abbandono di falde ottime ed abbondanti per privilegiarne altre più sicure dal punto di vista sanitario ma di qualità e portata nettamente inferiori. Tipico esempio nel veneto la falda artesiana di una cinquantina di metri di profondità. Forniva enormi portate di ottima acqua fresca e la si è dovuta abbandonare sostituendola con prelievi a 300 e più metri di profondità di acqua peggiore e non altrettanto costante come portata.

3) LE ANOMALIE SPECIFICHE

La breve e senz’altro incompleta panoramica dei difetti più comuni degli acquedotti italiani inizia dalle fonti e particolarmente dai pozzi artesiani. In questo campo si sono commesse irregolarità di ogni tipo. Quelle più rilevanti sono la quasi totale mancanza di dati reali delle falde sia prima della costruzione sia successivamente durante il suo sfruttamento. Le conseguenze sono incredibili: pozzi che prelevano portate superiori alla disponibilità della falda con conseguenze gravi che in certi casi sono arrivate ai cedimenti del suolo. Pozzi che, per aumentare la portata emunta, pescano contemporaneamente da più falde aventi caratteristiche diversificate sia come qualità dell’acqua sia in fatto di pressione: a causa del collegamento diretto ha luogo il travaso dell’acqua dall’una all’altra falda con danni gravissimi. In altri casi si attua una continua opera di potenziamento ottenuta con tutti i mezzi possibili e cioè con aumento del pompaggio o del numero dei pozzi in funzione, potenziamento reso necessario dal continuo peggioramento della falda e dalla necessità di mantenere la portata in concessione. Si entra in un inarrestabile circolo chiuso che porta inevitabilmente alla crisi.
Una volta captata l’acqua è, di norma, immessa nei serbatoi di compensazione delle portate aventi cioè la funzione di accumulare l’acqua in esubero rispetto al fabbisogno per renderla disponibile durante i consumi di punta. Anche questa azione è generalmente scorretta. La stragrande maggioranza dei serbatoi sono regolati in funzione del livello di massimo invaso, raggiunto il quale la produzione viene sospesa o diminuita per essere ripresa quando il livello decresce. Si tratta di una regolazione trogloditica vista con favore dai gestori i quali ritengono che i serbatoi sempre pieni rappresentino una grande sicurezza di esercizio. Non si è invece capito che un funzionamento del genere, adottato nella stragrande maggioranza dei casi, annulla i benefici della funzione propria degli invasi per la gran parte delle giornate annue in quanto il serbatoio si svuota, collaborando efficacemente a migliorare il servizio, soltanto nei giorni di forti consumi, mentre in tutti gli altri casi, che sono la maggioranza, il serbatoio è sempre pieno e le fonti sono costrette a modulare la portata seguendo pedissequamente le richieste istantanee dell’utenza il che è come dire produzioni nulle la notte e massime nelle ore di punta. Al contrario una razionale utilizzazione delle capacità di invaso dei serbatoi consentirebbe di capovolgere tale stato di fatto mediando la produzione o, addirittura maggiorando la produzione notturna rispetto quella giornaliera con vantaggi per lo sfruttamento delle fonti e per il minor costo dell’energia elettrica notturna quando necessaria per l’emungimento.
Volendo parlare del trasporto dell’acqua dalle fonti al serbatoio di accumulo, che molto spesso è ubicato molto lontano, bisogna distinguere tre sistemi : a gravità quando le fonti si trovano a quote superiori della rete di distribuzione, a sollevamento meccanico nel caso contrario e misto gravità-sollevamento quando il dislivello è modesto ed è necessaria l’integrazione saltuaria delle pompe.
Le anomalie più notevoli si riscontrano nelle metodologie di pompaggio. Il problema da risolvere è dato dal fatto che la portata da sollevare non è costante ma varia in funzione delle richieste dell’utenza. In tali casi il sistema più diffuso di modulazione è quello già citato basato sull’azione del galleggiante presente nel serbatoio di arrivo che ferma la pompa a serbatoio pieno e la rimette in moto quando il livello comincia a calare. Un altro sistema più sofisticato di recente adottato è l’uso di pompe a velocità variabile che sono in grado di modulare la portata in funzione del livello del serbatoio di arrivo: la portata è massima a serbatoio vuoto per diminuire ai livelli alti dell’invaso. Ambedue i sistemi sarebbero da bandire perché, come già detto, riducono enormemente la funzionalità del serbatoio per seguire direttamente con la produzione la portata richiesta dall’utenza. Un funzionamento ottimale sarebbe invece quello, raccomandato dalla letteratura tecnica ma mai messo in pratica, che solleva 24 ore su 24 una portata costante e pari alla media giornaliera. Sono evidenti i vantaggi: sfruttamento continuo a portata più bassa e quindi ottimale delle fonti e minima perdita di carico delle condotte e quindi economia energetica di pompaggio.
Un metodo ancora migliore, a giudizio di chi scrive, sarebbe quello che, tutte le volte che le condizioni del momento lo consentono, pompasse di più alla notte che al giorno il che è attuabile con una diversa regolazione del serbatoio come ad esempio quella a livelli imposti ora per ora.
I difetti citati si accentuano nel terzo sistema di adduzione cioè in quello misto gravità/sollevamento meccanico. In questo caso si fa intervenire la pompa tutte le volte che la sola adduzione a gravità non ce la fa a coprire il fabbisogno e cioè quando ha luogo il calo del livello del serbatoio al di sotto di un determinato punto di guardia. Con i normali comandi a galleggiante che, come detto limitano la funzionalità del serbatoio tendendo sempre a mantenerlo pieno, si constata come anche nei giorni di bassi consumi per i quali sarebbe più che sufficiente la portata addotta a gravità, ha luogo ugualmente l’intervento giornaliero delle pompe in quanto esse tendono, come già spiegato, a mantenere il serbatoio pieno, mentre durante la notte l’acqua in arrivo a gravità è costretta a sfiorare.
Passiamo ora a discutere dell’elemento base degli acquedotti nel quale si riscontrano le anomalie più eclatanti: la rete di distribuzione. Si può affermare senza tema di smentita che in tutte le nostre case di abitazione, se servite direttamente dall’acquedotto senza interposizione di apparecchiature di regolazione individuale, si registra un fenomeno assurdo: di notte quando l’uso dell’acqua è limitatissimo si ha una pressione inutilmente elevata e di giorno, soprattutto nel momento di maggior bisogno, la pressione di consegna cala. Questo fenomeno, dovuto alla diffusissima ed errata consuetudine di porre in testa alla rete il serbatoio di carico, è causa di gravi mali, primo tra tutti un vertiginoso aumento notturno delle perdite occulte. Esempio classico di una concezione sbagliata delle reti di distribuzione è la presenza dei serbatoi pensili che dominano il panorama delle pianure italiane: opere costose, brutte, ingombranti, di scarsa utilità pratica e fonte, spesso, delle citate anomalie di esercizio. Molti di essi sono fuori servizio da anni, altri devono essere abbattuti.

Il serbatoio pensile di Marghera (Venezia). Un’opera mastodontica completamente inutile

I provvedimenti, nella realtà poco adottati, consistono prima di tutto nel funzionamento a pressione variabile della rete con asservimento alle pressioni rilevate in tempo reale nei punti strategici ed in secondo luogo nella regolazione della pressione della rete con valvole di modulazione anch’esse asservite alla pressione effettiva. Si tratta di metodi di sicuro successo ma poco citati dalle letteratura tecnica e poco usati dai gestori.
Un’ultima anomalia: l’improprio impiego delle pompe a velocità variabile. La caratteristica precipua di dette macchine è quella di poter variare sia la portata sia la pressione di pompaggio in funzione delle necessità contingenti. Esse quindi si prestano ottimamente nel caso sia necessario che ad un aumento della portata sollevata corrisponda anche un aumento della pressione di pompaggio. Caso tipico quello dell’alimentazione di una condotta molto lunga la quale ad ogni aumento di portata richiede anche una maggior pressione. Ma non sempre è così. Ad esempio nel caso di sollevamento dell’acqua da un serbatoio ad un altro posto immediatamente sopra, si ha una prevalenza di sollevamento pressoché costante anche al variare della portata ed in questo caso adottare le pompe a velocità variabile, come spesso si usa fare per la facilità di modulazione della portata innalzata, è un errore! Molto meglio, in questi casi caratterizzati da prevalenza costante, usare pompe tradizionali a giri fissi meno costose e di migliore rendimento.

4) CONCLUSIONI

Si è fatta una breve disamina di alcuni dei gravi difetti di costituzione e di gestione presenti negli acquedotti italiani e dovuti ad un tempo alla tecnica troppo tradizionalista dei progettisti e dei gestori, ed inoltre alle false indicazioni della letteratura tecnica e ad una istruzione anch’essa sorpassata impartita ai tecnici ed agli ingegneri durante i loro studi. Nella breve nota, alla descrizione delle anomalie macroscpiche, fa seguito un accenno di alcuni rimedi. Maggiori dettagli e dimostrazioni possono essere letti in altre parti del presente sito.

LA SITUAZIONE PARADOSSALE DEGLI ACQUEDOTTI ITALIANI REALIZZATI IN BASE AGLI INSEGNAMENTI DELL’UNIVERSITA’

 

Acquedotti tradizionali

 

La letteratura tecnica avente per tema gli acquedotti si profonde in interessanti studi inerenti una serie di argomenti assai vasta. Risaltano avanzate modalità di classificazione dell’efficienza degli acquedotti sulla base di indici codificati internazionalmente, di ricerca e riduzione delle perdite, di calcolo e di verifica del funzionamento idraulico secondo i più aggiornati ritrovati teorici e pratici ecc. ecc. In conclusione sussiste un’ampissima gamma di elementi relativi alla progettazione e alla gestione degli acquedotti che ne curano pedissequamente i dettagli con le teorie più sofisticate. Al tempo stesso non si può evitare di rilevare una anomalia di base che ne mina in partenza l’efficacia.
Per documentarlo si prende come esempio una recentissima tesi di laurea Specialistica in Ingegneria Idraulica grazie alla quale un laureando ha positivamente completato i suoi studi in una primaria sede universitaria italiana.
Viene fedelmente riprodotta dalla tesi la planimetria schematica di una rete con vasca di carico e serbatoio di compensazione in rete nonché il profilo longitudinale nelle condizioni di esercizio relative ai consumi massimi e a quelli minimi.

Planimetria e profilo schematici ricopiati dalla tesi di laurea. In basso il profilo con le modifiche proposte. Ciò che fa specie sono le modalità di alimentazione della reti di distribuzione che, come si vede chiaramente, vengono tassativamente previste, in ogni tipo di acquedotto e quindi sia se alimentato a gravità sia se a sollevamento meccanico, tramite vasca di carico (T) e di compenso (S) poste in quota e cioè in corrispondenza dei livelli della linea piezometrica della rete. Le incongruenze risaltano in maniera evidente dal profilo posto più in alto che costituisce la copia autentica di quello della tesi. Si nota immediatamente come per i consumi minimi, per esempio quelli notturni, sia prevista una piezometrica elevata, venga cioè ammessa una più forte pressione che in realtà non serve all’utente ma il cui effetto principale è il causare i ben noti danni in merito al grande aumento delle perdite occulte, e all’intensità dei colpi d’ariete e quindi ai guasti in condotta. Viceversa durante il periodo diurno e particolarmente durante le ore di consumo di punta, proprio quando sarebbe necessaria la massima pressione al fine di soddisfare appieno l’utenza anche in caso di fabbisogni particolari come ad esempio una maggior portata per spegnimento di incendi, ebbene proprio in quei periodi la pressione cala.

Interessante è notare anche un altro fenomeno, peraltro ricorrente molto spesso e che concerne i periodi di riempimento totale del serbatoio di compenso posto sulla destra della figura, durante i quali la valvola di immissione in serbatoio si chiude e la pressione di rete aumenta ulteriormente tendendo ad avvicinarsi alla linea idrostatica tracciata in figura.

L’inconveniente appare ancora più grave ove si consideri come nella realtà il permanere di consumi bassi e bassissimi sia statisticamente ad elevata frequenza: basterà pensare ai periodi invernali o di tempo piovoso quando l’utenza consuma pochissima acque. Ebbene in tutti quei periodi, in rete e soprattutto la notte, le pressioni sono ancora più elevate essendo molto spesso prossime al livello idrostatico. In altri termini si può affermare che, stando agli insegnamenti impartiti agli ingegneri italiani, si dovrebbe rifornire l’utenza con una maggiore pressione di esercizio tutte le volte che questa non serve ma al contrario è fonte di disservizi, nel mentre proprio quando l’utente ne ha necessità si dovrebbe provvedere a diminuirla.

Superfluo affermare come queste condizioni di funzionamento dell’acquedottto, se nel secolo scorso erano considerate normali, non lo sono più ai nostri giorni quando diventa invece necessario un vero e proprio loro stravolgimento.

Una delle modalità atte a raggiungere lo scopo è quella schematicamente riportata nel profilo in basso che è una copia di quello originale opportunamente modificato eliminando le vasche poste in quota e cioè in corrispondenza della linea piezometrica ed introducendo il concetto di immissione in rete a pressione variabile automaticamente asservita alle modalità di consegna dell’acqua all’utente.

A questo punto è necessaria una precisazione. Nel mentre nella tesi citata non si fa alcuna distinzione tra reti alimentate a gravità o a sollevamento meccanico in quanto viene posta come condizione di base la presenza della vasca di carico in qualsivoglia tipo di acquedotto, la soluzione qui proposta è particolarmente indicata negli acquedotti a sollevamento meccanico nei quali sono tassativamente imposte vasche di raccolta dell’acqua poste a quote inferiori alla linea piezometrica ed annesse pompe a velocità variabile che regolano automaticamente portata e pressione di pompaggio.
Nei casi, per la verità assai rari, di acquedotti alimentati interamente a gravità, resta valido il concetto della vasca di carico di cui alla tesi citata fatta salva la necessità di riportare con continuità la pressione secondo la proposta qui avanzata, tramite apposite apparecchiature automatiche di rete.
In ogni caso resta confermato il principio che la pressione da tenere sotto controllo cioè quella di arrivo presso l’utenza deve essere più elevata durante i periodi di alto consumo e ridotta la notte. Il tutto rappresenta l’esatto contrario di quanto è indicato nei profili della tesi presa come esempio.

Resta da precisare come all’università vengano insegnate le modalità atte a regolare comunque la pressione di arrivo agendo con sofisticate apparecchiature di rete. Pur trattandosi di una buona tecnica non ci si può esimere dal dichiarare assurda una modalità che in fase iniziale sovverte, come si è visto, le condizioni ottimali di pressione per agire successivamente in rete.

Il logo del-sito rappresenta la necessità di escludere totalmente dagli acquedotti i serbatoi con vasca posta in quota con la linea piezometrica di rete

Si riportano in dettaglio le modifiche che, sulla base dei concetti esposti, si propone di apportare alla rete dell’esempio.
Nel punto T è previsto un serbatoio di accumulo e compensazione giornaliera delle portate posto a bassa quota ed avente impianto di sollevamento con immissione diretta in rete a pressione e portata variabili essendo dotato di pompa a velocità variabile asservita alle pressioni di rete. Quest’ultime vengono prefissate tramite un diagramma giornaliero che indica ora per ora le pressioni da ottenere nei punti caratteristici della rete tenuti sotto controllo da strumenti di misura della pressione effettiva e di trasmissione in tempo reale al centro di controllo e comando. Nel punto S è previsto un serbatoio di accumulo alimentato dalla rete tramite una valvola di regolazione che provvede, durante la notte a riempirlo fino al massimo invaso senza deprimere la rete al di sotto della pressione prefissata ora per ora. Anche questo serbatoio è posto a bassa quota ed è munito di sollevamento ad immissione diretta in rete a pressione variabile essendo asservita allo stesso grafico delle pressioni imposte ora per ora di cui si è detto. Importante chiarire come tale impianto entri in funzione solo nei momenti di forti consumi dell’utenza nei quali l’impianto “T” da solo non è in grado di alimentare tutta la rete con le pressioni imposte presso l’utenza. Poiché tali periodi durante un’annata tipo sono statisticamente molto rari, l’impianto “S”entrerà raramente in funzione mentre per la maggior parte delle giornate sarà l’impianto principale da solo ad alimentare tutta la rete rendendo minime le perdite energetiche dovute alla dissipazione operata dalla valvola di immissione in serbatoio ed al consumo energetico di risollevamento.
Si ritiene che lo schema proposto presenti notevoli vantaggi rispetto a quello classico ferma restando la possibilità di migliorare ancora la pressione tramite un regolazione diffusa in rete tramite valvole di riduzione che è necessario prevedere in caso di territori altimetricamente variegati nei quali la regolazione di base proposta si dimostra insufficiente.

A chiusura della presente nota, il concetto, assolutamente contraddetto sia dalle istruzioni universitarie impartite agli ingegneri e sia da molte installazioni acquedottistiche reali (ed errate), può essere così riassunto: “nessun acquedotto funzionante a sollevamento meccanico deve essere alimentato da vasca di carico”. La convinzione è così radicata nella mente dell’autore da averlo indotto a scegliere come logo del suo sito un serbatoio pensile sbarrato da una grande x.

aggiornato novembre 2010

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO SECONDO ESEMPIO PRATICO

 

La pressione regolata

1. PREMESSA

Nell’ordine dal basso: Il serbatoio di compenso a terra, la centrale di sollevamento a pressione variabile, il serbatoio pensile di Sacile

Tra gli impianti acquedottistici meritevoli di essere segnalati per le caratteristiche tecniche conformi ai suggerimenti contenuti nei vari articoli del presente sito, figura senz’altro l’acquedotto di Sacile in provincia di Pordenone, alimentante una popolazione di circa 20.000 abitanti.
Chi scrive questa nota ha lungamente collaborato alla progettazione, costruzione e soprattutto gestione dell’acquedotto in parola ma, non essendo in possesso di alcuna copia dei documenti ufficiali, deve fidare, nella descrizione, solo sul ricordo del lavoro svolto. Alcuni degli elementi di seguito riportati potranno pertanto differire da quelli reali senza però che venga per questo sminuita la validità del lavoro essendo pienamente rispettati i concetti di base della costruzione acquedottistica che sono quelli interessanti ai fini che qui ci si propone.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

L’acquedotto era, in origine, costituito da:
– Opere di presa comprendenti i tre campi acquiferi di Saccon, Picol e Talmasson ognuno dei quali collegato alla centrale di S. Liberale tramite propria condotta di adduzione della lunghezza di circa 5 Km e funzionante a gravità essendo posto a quota altimetrica elevata rispetto alla centrale stessa;
– Centrale di S.Liberale ubicata in testa alla rete di distribuzione e comprendente un serbatoio a terra di raccolta e compensazione delle portate in arrivo dai pozzi, un impianto di sollevamento ed un serbatoio pensile posti sopra il serbatoio a terra;
– la rete di distribuzione a maglie chiuse estesa a tutto il territorio da servire ed alimentata dal serbatoio pensile nel quale erano installati i galleggianti di comando delle pompe.

Il notevole incremento edilizio che ha interessato Sacile a partire dagli anni 60 ha comportato la totale revisione degli impianti acquedottistici divenuti assolutamente insufficienti all’alimentazione della accresciuta popolazione. Il potenziamento ha riguardato l’intero assetto dalle fonti, alla centrale di S.Liberale totalmente cambiata sia nella potenzialità che nelle modalità di esercizio ed infine alla rete di distribuzione in cui sono stati inseriti nuovi importanti anelli idrici di grosse tubazioni. Il tutto come sarà di seguito indicato.

 

3. IL POTENZIAMENTO DELLE FONTI

I tre campi acquiferi erano stati in grado, per un lungo periodo, di alimentare direttamente a gravità, e cioè sfruttando il dislivello topografico esistente tra zona pozzi e serbatoio a terra di S. Liberale, la cittadina allora molto meno popolata di oggi. Il citato incremento di popolazione, l’aumento dei consumi specifici e la contemporanea diminuzione di portata accusata dai pozzi a seguito dei numerosi prelievi effettuati da terzi nella stessa falda artesiana, hanno richiesto un notevole potenziamento realizzato mediante installazione di pompe sommerse in quasi tutti i pozzi. I risultati sono apparsi subito lusinghieri in quanto la ottima falda artesiana si è dimostrata atta a fornire tutta la portata necessaria. Come succede sempre in questi casi la difficoltà risiedeva solo nella regolazione delle pompe cioè nella definizione automatica della durata di funzionamento di ciascuna di esse. E’ infatti ben noto come, dovendo produrre una portata variabilissima da un giorno all’altro e da una stagione all’altra non sia facile ottenere un esercizio ottimale e cioè in grado di produrre i volumi d’acqua via via necessari senza dispendio energetico e con un adeguato sfruttamento delle fonti. La modalità che viene normalmente adottata quando, come a Sacile, le condotte adduttrici si immettono in un serbatoio di arrivo, è quella di dotare quest’ultimo di galleggianti con contatti elettrici che fermano tutte le pompe sommerse dei pozzi a serbatoio pieno e le mettono in moto, una di seguito all’altra, al verificarsi del suo svuotamento progressivo. Si raggiungono, in questo modo, risultati completamente diversi a seconda dell’entità dei consumi giornalieri d’acqua. In dettaglio, durante il giorno di massimo consumo il comportamento degli impianti è buono: le pompe dei pozzi, con un funzionamento pressocchè ininterrotto, forniscono la portata media giornaliera sufficiente per coprire un fabbisogno così elevato nel mentre è il serbatoio che, sfruttando l’intero invaso accumulato di notte, è in grado di fronteggiare la punta di consumo del giorno dopo. Invece nelle giornate di consumo minore e soprattutto in quelle di minimo fabbisogno, si verifica una grave anomalia di funzionamento dovuta al fatto che le pompe dei pozzi, non appena il serbatoio di arrivo tende a svuotarsi, provvedono a ripristinare immediatamente, grazie alla loro esuberante producibilità, il livello di massimo invaso. Ne consegue che durante la notte, essendo il serbatoio già pieno e pur essendo le pompe sommerse ferme, ha luogo lo sfioro di tutta l’acqua che i tre campi pozzi sono comunque in grado di addurre a gravità. L’anomalia appare intollerabile quando si pensi alle giornate nelle quali il volume prodotto a gravità dai pozzi nelle 24 ore della giornata tipo è superiore a quello richiesto dall’utenza nello stesso periodoe, ciononostante, di giorno debbono ugualmente funzionare le pompe dei pozzi nel mentre di notte viene scaricata dagli sfioratori la quasi totalità della portata in arrivo al serbatoio.
A Sacile il problema è stato risolto dotando l’impianto di sollevamento di un automatismo che consente di impostare, non già il livello massimo del serbatoio come accadrebbe con i galleggianti prima citati, ma invece una curva giornaliera dei livelli che deve assumere l’invaso durante le 24 ore della giornata tipo. La curva, definita sulla base della esperienza reale di esercizio ma comunque modificabile in ogni momento può essere del seguente tipo.

 

Esempio di tabella dei livelli imposti durante le 24 ore della giornata tipo

L’automatismo, verificato ad intervalli brevi e regolari il livello effettivo dell’acqua in serbatoio ed effettuato il paragone con il livello teorico prefissato per lo stesso istante nella curva, ordina, nel caso di livello reale più basso di quello teorico, la messa in moto di una nuova pompa e l’arresto in caso contrario. In altri termini è assicurato il riempimento e svuotamento del serbatoio secondo la curva preimpostata ed indipendentemente dalla reale entità dei consumi dell’utenza. Ovviamente nel caso i livelli durante l’intera giornata si mantengano costantemente al di sopra di quelli teorici, il chè può avvenire, ad esempio, quando la portata a gravità è superiore al fabbisogno, le pompe non entrano mai in funzione. Quanto sopra comporta una utilizzazione di tutto il volume utile del serbatoio in tutte le giornate dell’anno, con un risultato ottimale per il giorno di massimo consumo nel quale ha luogo una buona compensazione delle portate ma con un risultato ancora migliore in tutte le giornate di consumi bassi o medio-bassi nei quali l’esuberanza di volume utilizzato rispetto a quello sufficiente per la compensazione, provoca una diminuzione della portata che i pozzi prelevano dalla falda nelle ore diurne ed un aumento durante la notte, o, più esattamente, dalle ore 0 alle ore 7, nelle quali ha luogo l’invaso. Maggiori dettagli, su questo tipo di regolazione, possono essere letti nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti” dove sono riportati anche dei grafici di funzionamento che aiutano nella comprensione delle modalità di utilizzazione del sistema.

Grafico giornaliero dei livelli del serbatoio di compensazione che si può utilizzare in un serbatoio generico di compensazione delle portate di un acquedotto qualsiasi avengte un’altezza di invaso totale di 6 m.

 

4. IL POTENZIAMENTO DELLA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO DI S.LIBERALE

grafico del funzionamento della centrale di sollevamento in una giornata di consumi superiore alla media. Si nota chiaramente il funzionamento notturno a bassa e costante pressione mentre quello diurno segue le punte di consumo dell’utenza

Il problema da risolvere a Sacile riguardava non solo la portata da distribuire all’utenza ma anche la pressione di partenza della rete di distribuzione che. a causa della altezza dell’esistente serbatoio pensile limitata a soli 22 m sul suolo, risultavano ambedue assolutamente insufficienti.
La soluzione che in casi del genere viene suggerita dalla letteratura tecnica e che viene comunemente adottata da molti gestori è quella inerente la demolizione del serbatoio pensile e la sua ricostruzione ad una maggiore altezza pari almeno a 50 m, tale essendo la quota cui sollevare l’acqua per avere in rete una pressione atta a far fronte alle punte di consumo. Si vedrà come l’intervento attuato, anche se ben diverso, ha consentito di ottenere risultati migliori sia in termini di soddisfacimento dell’utenza sia di economia di gestione pur comportando investimenti molto inferiori.
La progettazione delle opere è stato preceduto da una attenta analisi dei consumi reali dell’acquedotto e di quelli prevedibili per un’intera annata del decennio successivo. Ne è risultato che, come sempre accade in acquedotti similari, le portate di punta, mediamente, si verificano per periodi molto brevi nel mentre quelle medie e medio basse sono di gran lunga le più frequenti. E’ apparsa evidente l’opportunità di scegliere due diversi regimi di esercizio degli impianti: per le portate basse e medio-basse che sono quelle che si verificano, durante l’anno, nella stragrande maggioranza delle ore, adottare il primo sistema e cioè utilizzare ancora l’esistente serbatoio pensile visto che, da

Le valvole di regolazione inserite nella colonna montante del serbatoio pensile di Sacile

numerose serie di calcoli di verifica della rete magliata, è risultato ancora atto, in considerazione del loro ammontare relativamente modesto, al rifornimento di dette portate. Sono evidenti i vantaggi ottenibili: evitare la costosa demolizione e ricostruzione del pensile e sollevare l’acqua, per la maggior parte del periodo annuo, a soli 22 m di altezza con ovvia minor spesa energetica e minori perdite occulte di rete che, come ben noto, sono funzione diretta della pressione di condotta.
Il regime di secondo tipo, da attuare automaticamente nei brevi periodi di maggior richiesta d’acqua da parte dell’utenza, doveva dare ambedue i risultati concreti prima indicati e cioè l’aumento della pressione e della portata dell’acqua immessa in rete.
Ed ecco le modalità seguite per l’attuazione pratica dei due regimi di funzionamento.
Le condotte verticali del pensile sono state sostituite con una sola tubazione di grande diametro derivata dal fondo vasca e quindi atta a svolgere la doppia funzione di entrata e di uscita dell’acqua dal serbatoio pensile La tubazione è stata dotata di una valvola motorizzata di intercettazione e di un by-pass con valvola di ritegno che si apre nel senso dell’uscita d’acqua. La valvola motorizzata, se aperta, mette il serbatoio in comunicazione diretta con la rete ripristinando il normale funzionamento della rete con alimentazione da serbatoio di testata. A valvola chiusa il serbatoio è scollegato dalla rete la quale può funzionare, con pompaggio diretto, a pressione completamente indipendente. Il by-pass con valvola di ritegno che si apre quando la pressione di rete scende al di sotto del il livello del serbatoio, consente l’intervento dell’invaso superiore in caso di mancanza di corrente o di panne della centrale di sollevamento. Importante , infine, la possibilità di imporre il valore di soglia, tarabile, della portata che definisce i due regimi.
Il funzionamento degli impianti così modificati è il seguente.
Quando il valore della portata in uscita dalla centrale rilevata dal misuratore e trasmessa in tempo reale al quadro di comando è inferiore alla soglia prefissata, l’automatismo mantiene aperta la valvola motorizzata e fa funzionare la serie di pompe di bassa prevalenza in modo da mantenere il serbatoio al suo massimo livello. La rete funziona allora a bassa pressione con tutti i vantaggi già citati. Non appena la portata aumenta e supera la soglia prefissata, la valvola motorizzata viene chiusa e, da tale momento, il serbatoio rimane pieno d’acqua, separato dalla rete ma pronto ad intervenire in caso di bisogno. Entra in funzione la serie di pompe ad alta pressione asservite alla portata in uscita. Ciò significa che quando la portata aumenta al di sopra di determinati valori, si avvia una nuova pompa. Se la portata diminuisce vengono via via fermate le macchine ad alta pressione finché, superata in diminuzione la soglia prefissata, si torna alle pompe a bassa pressione e all’apertura del serbatoio pensile. Uno dei pericoli cui potrebbe incorrere l’impianto è quello della permanenza, del tutto casuale, della portata per lunghi periodi su valori prossimi a quelli di soglia il che, a prima vista, sembrerebbe causare un continuo alternarsi di comandi e di controcomandi dannosi per l’esercizio. Si deve subito precisare come tale pericolo non sussista affatto in quanto, il passaggio da un regime all’altro come pure l’avvio o l’arresto di una pompa, provocano una importante modifica indotta nella portata assorbita dalla rete che, conferisce all’impianto una grande stabilità . Maggiori dettagli sul fenomeno possono essere letti nel capitolo 2.1 dell’articolo ” La regolazione degli impianti di sollevamento degli acquedotti”.
Un altro punto da chiarire è quello della possibilità che negli impianti con immissione diretta in rete le pompe agiscano fuori rendimento, anche se, a Sacile, tale inconveniente può essere evitato con una attenta regolazione delle soglie di intervento,. A tale riguardo bisogna tener presente come il funzionamento di una macchina al di fuori del punto ottimale possa causare, al massimo, una perdita di rendimento pari a qualche punto percentuale ma come, al tempo stesso, abbassare la prevalenza di pompaggio di qualche decina di metri significhi guadagnare decine e decine di punti percentuali nel rendimento: Il bilancio finale è quindi nettamente favorevole al funzionamento indicato! Passando al caso reale può darsi benissimo che la variazione di pressione che si verifica in rete durante il pompaggio ad alta pressione ed in diretta, porti la pompa allora in moto a lavorare fuori rendimento con perdita, poniamo dell’1% nel rendimento meccanico. Il danno economico è insignificante se paragonato a tutti i periodi, di grande durata durante l’anno tipo, nei quali, abbandonato il pompaggio a 50-60 m di pressione, si passa a quello a 22 m che comporta una spesa energetica di sollevamento pari al 30% di quella che si dovrebbe sostenere per il pompaggio a 50-60 m. Un ulteriore problema è quello della necessità di attenuare i colpi d’ariete che il pompaggio in diretta trasmette inevitabilmente alle condotte con il pompaggio in diretta. Esso è stato risolto in primo luogo dalla valvola di ritegno inserita nella colonna montante del pensile, la quale, al mancare della corrente elettrica o al verificarsi di qualunque inconveniente nelle pompe, aprendosi prontamente, mantiene comunque in rete la pressione del serbatoio. Il secondo elemento moderatore è dato dalla tipologia delle valvole di ritegno installate subito a valle delle pompe, che, essendo del tipo a membrana, si chiudono, al momento dell’arresto delle pompe, prima che abbia luogo l’inversione del flusso d’acqua.

Le òpompe di sollevamento ad asse verticale e con valvola di ritegno a membrana che riduce i danni dei colpi d’ariete

In definitiva gli impianti descritti hanno dimostrato piena validità attraverso decenni di esercizio, Si è potuto constatare come, nella realtà, gli impianti, pur consegnando correttamente l’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio, funzionino a bassa pressione per periodi lunghissimi nel mentre il regime di alta pressione è limitato a poche ore durante giornate particolari e rare quali possono essere per esempio le giornate particolarmente calde delle medie stagioni (primavera ed autunno).e durante quelle di calura estiva. L’alta pressione praticamente non esiste durante l’inverno e le giornate piovose delle altre stagioni. Il tutto si traduce in evidenti economie date non solo dal minor consumo di energia elettrica di pompaggio ma anche dalle diminuzione di perdite occulte dovuta alla minor pressione che si registra in rete in tutti i periodi notturni.
Risultati ancora migliori si sarebbero potuti se la serie di pompe di alta pressione fossero state del tipo a velocità variabile con possibilità, quindi, di mantenere, nel secondo regime (ad alta pressione), una portata e una pressione di alimentazione della rete ambedue variabili con continuità e restando asservite alle richieste dell’utenza. Al momento dell’esecuzione dell’intervento non era però ancora disponibile la tecnologia moderna che rende estremamente economici e facili sia la variazione dei giri che la regolazione dei motori elettrici.

 

5. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

E’ consistito molto semplicemente nella costruzione di condotte di grosso diametro munite delle normali apparecchiature come saracinesche di intercettazione sfiati scarichi ed idranti atte ad integrare la rete esistente potenziandola ed estendendola a tutta la periferia.

 

6. ULTERIORI IMPIEGHI DELLA TECNICA DI POTENZIAMENTO SPERIMENTATA A SACILE

Serbatoio pensile di Portogruaro (VE)

 

Schema funzionamento precedente i lavori di sistemazione e modifica

 

 

Schema funzionamento secondo metodologia classica e non realizzato avendo anche a Portogruaro adottato invece il pompaggio a pressione regolata del tutto simile a quello di Sacile. In pratica di notte funzione il serbatoio pensile e di giorno il pompaggio diretto in rete a pressione maggiorata e regolabile

 

La validità delle scelte operate a Sacile e fin qui descritte hanno trovato piena conferma anche nell’acquedotto di un’altra cittadina avente le medesime caratteristiche e cioè a Portogruaro in provincia di Venezia. Lo schema idraulico di tale acquedotto vedeva campi pozzi, serbatoio di raccolta e compensazione a terra, centrale di sollevamento, serbatoio pensile ed infine rete di distribuzione del tutto simili a quelle descritte. Anche in questo caso invece di sostituire il serbatoio pensile di Portovecchio posto in testa alla rete ed avente un’altezza di soli 20 m con uno di maggior altezza, si è adottato il pompaggio con due regimi rispettivamente a bassa ed alta pressione definiti dalla soglia di portata e con utilizzazione del serbatoio pensile nel regime a bassa pressione. e pompaggio diretto in rete nell’altro. La costituzione degli impianti a potenziamento attuato e la loro gestione che dura ormai da oltre 20 anni sono identiche a quelle descritte prima per Sacile ed identici sono i benefici avuti. Se ne omette pertanto la descrizione limitandosi a confermare la bontà dell’intervento sia per quanto concerne il soddisfacimento dell’utenza sia l’economia di gestione ed, infine, la riduzione delle perdite occulte.

 

7. I PRINCIPALI RISULTATI CONSEGUITI

L’intervento di potenziamento di cui al presente lavoro ha consentito di chiarire importanti concetti sulla reale comportamento delle reti acquedottistiche concetti che, espressi in dettaglio negli altri articoli del sito, possono essere così riepilogati.
– Una rete di distribuzione d’acqua potabile soprattutto se a sollevamento meccanico, deve funzionare a pressione di partenza variabile asservita alle richieste dell’utenza. Deve pertanto essere abbandonata la regola, molto diffusa, in base alla quale tutti gli acquedotti dovrebbero essere dotati di serbatoio di testata che fissa in maniera irreversibile la pressione in testa alla rete.
– I consumi della rete non dipendono solo dalle richieste dell’utenza ma, almeno in parte, dalla pressione di esercizio. Ad esempio se per un determinato periodo la pressione di funzionamento è fatta aumentare, sempre restando entro i limiti di corretta consegna dell’acqua, aumenta anche la portata totale assorbita. Tale fenomeno, spiegato ampiamente nell’articolo “Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” dove sono riprodotti anche dei grafici di funzionamento reale degli impianti qui descritti, è dovuto non solo all’inevitabile crescita delle perdite occulte ma anche a quella del consumo reale dell’utenza.
– Le perdite di rete possono essere notevolmente contenute abbassando di notte la pressione di funzionamento della rete cioè limitandola entro valori appena sufficienti alla distribuzione delle modeste portate che l’utenza richiede durante le ore notturne;
– Occorre sovvertire la regola in atto che vede la produzione giornaliera d’acqua maggiore di quella notturna ed attuare tutti gli artifici possibili per aumentare, invece, la produzione notturna con cui sfruttare varie condizioni di favore come la maggior quota di falda ed il minor costo dell’energia elettrica. Il risultato può essere conseguito con una regolazione dei serbatoi di accumulo diversa da quella normalmente usata (Vedi articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti”)
– La presenza di un efficiente bay-pass e di valvole di ritegno del tipo contrappesate o a membrana atte a chiudersi, per effetto della proprio carico cinetico prima che si inverta il flusso dell’acqua, possono garantire un buon funzionamento degli impianti di sollevamento anche senza dispositivi particolari come le casse d’aria.
– La metodologia usata può essere ulteriormente migliorata usando, per il pompaggio diretto in rete, pompe a velocità variabile asservite al consumo dell’utenza, ed oggi facilmente reperibili in commercio.

 

8. CONCLUSIONI

Si sono descritte sommariamente delle opere effettivamente realizzate per il potenziamento di reti acquedottistiche di centri abitati di piccole dimensioni ma con caratteristiche moderne e razionali.
Da rilevare l’utilizzazione degli impianti esistenti e particolarmente del serbatoio pensile posto in testa alla rete di distribuzione senza dover rinunciare ad alcuni dei notevoli vantaggi che la tecnologia rende oggi disponibili per un esercizio corretto ed economico degli impianti, primo fra tutti il pompaggio diretto in rete a pressione variabile che, secondo l’opinione di chi scrive, ne costituisce uno dei concetti fondamentali.
Si sono fornite utili indicazione per l’attenuazione dei colpi d’ariete che il pompaggio diretto in rete inevitabilmente provoca ed infine per la regolazione dei serbatoi di compenso.
A conclusione dell’articolo corre l’obbligo di citare la “Compagnia Generale delle Acque” Società con sede a Venezia ed ora a Monselice (PD) per la qualità di progettazione, costruzione e gestione degli impianti descritti e, soprattutto, per aver dato modo a chi scrive, pur se in possesso di un titolo di studio modesto come è quello di geometra, di effettuare ampie ricerche e sperimentazioni dal vivo sia in Italia che in Francia presso la società “Compagnie Gènèrale des Eaux” di Parigi nota per l’alta tecnologia dei numerosi impianti dalla stessa costruiti e gestiti in tutta Europa.

 

INDIETRO AVANTI

PERDITE OCCULTE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DEGLI ACQUEDOTTI MONTANI: UN MALE NECESSARIO?

1) PREMESSA

Una delle caratteristiche delle reti di distribuzione d’acqua potabile nei territori montani e funzionanti con pressione di esercizio elevate è quella di accusare notevoli perdite occulte. Non sono rari i casi in cui l’acqua dispersa nel terreno supera il 50% di quella totale immessa in rete. Si tratta di un fenomeno molto diffuso e che, oltre alla citata dispersione di quel bene prezioso che è l’acqua potabile, comporta anche un sensibile danno economico di gestione.
Nella nota si dimostra come la presenza delle perdite in quantità così rilevante presenti, paradossalmente, un aspetto positivo e come sia impossibile e comunque non consigliabile, a meno di una radicale modifica dell’assetto acquedottistico, la loro eliminazione.

 

2) DESCRIZIONE DEL PROBLEMA

Un funzionamento regolare della rete di distribuzione d’acqua potabile richiede una piezometrica il più possibile parallela al suolo e con valori di pressione relativa compresi tra un minimo di 20 ed un massimo di 50 metri di colonna d’acqua rispetto al terreno.
Nel mentre tale risultato è facilmente raggiungibile nei territori di pianura, non può dirsi altrettanto in presenza di notevoli dislivelli altimetrici del suolo come accade nei centri abitati posti in collina o in montagna. Le modalità da seguire in quest’ultimo caso, in dettaglio spiegate nell’articolo “LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI CON NOTEVOLI DISLIVELLI TOPOGRAFICI”  con suddivisione nei relativi sottocapitoli,  richiedono  particolari accorgimenti come la suddivisione della rete in tante sottoreti altimetricamente omogenee e di altezza contenuta entro determinati limiti, ognuna funzionante con pressioni opportunamente regolate.. Tali modalità, da considerarsi ottimali ed atte, esse sole, a garantire una piezometrica sempre parallela al suolo e di valore adeguato, sono però raramente adottate essendo piuttosto gli Enti Gestori degli acquedotti orientati verso reti unificate, indipendentemente dalla conformazione altimetrica del territorio, in tutto il comprensorio da alimentare. Ne risulta un servizio idrico semplificato sia nella costruzione degli impianti e sia nella loro gestione che presenta però i difetti indicati ed in particolare una pressione nelle condotte assolutamente inadeguata ed estremamente variabile durante la giornata. Essa assume valori normali soltanto durante le ore di maggior consumo in quanto è allora che diventa parallela al suolo. Man mano che la richiesta idrica diminuisce la pressione aumenta fino ad avvicinarsi al livello statico. Si hanno allora in condotta valori di pressione così elevati da causare vari inconveniente come sarà dimostrato.
Immaginiamo una rete unitaria alimentante un centro abitato posto su un pendio con 300 m di dislivello. La pressione, contenuta entro normali valori quando i consumi sono elevati, per consumi prossimi allo zero assume, nella parte bassa del territorio, valori di circa 300 m sul suolo, valori quindi assolutamente inaccettabili. Suddividendo la rete in 5 sottoreti dell’altezza media di circa 50 m. si otterrebbe invece una pressione sempre parallela al suolo , sia durante le ore di forte consumo e sia nei periodi di bassi consumi. Nel mentre quanto descritto per quest’ultima rete è da ritenersi realistico in quanto essa è, in tal caso, atta a mantenere le pressioni citate, sia pur con un andamento a gradini, diventa pura teoria se si parla di rete unificata. In tal caso, infatti, viene a prendere corpo una tendenza di autocorrezione della pressione dovuta ad una miriade di piccole perdite occulte che, aumentando a dismisura la portata d’acqua dispersa nel terreno, fanno diventare il funzionamento a consumo zero e quindi il livello statico della piezometrica di rete soltanto un irraggiungibile miraggio: in sede di reale esercizio la portata di perdita si modula in continuazione e del tutto automaticamente e, ai valori minimi durante i periodi di forte consumo, diventa preponderante durante la notte e i rimanenti periodi di consumo nullo dell’utenza provocando perdite di carico così importanti da far rientrare la pressione di rete entro valori tollerabili.

Le conclusioni cui si perviene possono essere così sintetizzate:

1. La portata delle perdite occulte nelle reti montane di tipo unificato, anche se sottoposte a continua ricerca ed eliminazione delle falle, sono variabilissime a seconda del periodo che si considera e cioè sono minime durante le ore di grande richiesta idrica dell’utenza per diventare preponderanti durante le ore di consumo minimo e particolarmente durante la notte;
2. Le perdite occulte della rete di cui al precedente punto 1, nel mentre costituiscono un grave danno per la dispersione di preziosa acqua, costituiscono un irrinunciabile fattore di regolazione della pressione che, senza le perdite, sarebbe assolutamente inaccettabile.
3. L’eliminazione delle perdite occulte in una rete come quella in argomento è impossibile da attuarsi. Nella reale gestione degli acquedotti ci si deve, paradossalmente, limitare alla riparazione delle grosse rotture delle tubazioni nel mentre quelle derivanti da falle di piccola entità, sempre presenti ed essendo molto sensibili alla variazione di pressione, effettuano la regolazione automatica della pressione di esercizio contribuendo in maniera determinante a riportarla entro valori corretti;

4. Il funzionamento di una rete montana unitaria come quella in argomento può considerarsi, come già indicato, paradossale in quanto si arriva a concludere che le perdite occulte sono utili.

Una riserva deve essere formulata per l’alimentazione di piccoli e piccolissimi centri urbani per i quali non si giustifica la costruzione di reti complesse dovendo invece preferire l’adozione di reti unificate le quali, pur se soggette a tutti i difetti descritti, costituiscono alla fin fine ìla soluzione più razionale ed economica.

Nell’articolo ” la rete acquedottistica integrata nel territorio ”  è descritta una rete di distribuzione del tutto particolare ed atta a superare i problemi descritti grazie alla sua conformazione ed alla presenza di serbatoi idropneumatici

 

C) CONCLUSIONI

L’esame critico del funzionamento idraulico delle reti di distribuzione d’acqua potabile di cui sono normalmente dotate le aree urbane site in montagna o in collina ed aventi quindi forti dislivelli del suolo, pur in assenza di dati reali di funzionamento come la misura delle perdite durante le varie ore della giornata, ha portato alla conclusione che la presenza di rilevanti perdite occulte che le caratterizza presenta un duplice e contraddittorio aspetto. Da un lato rappresentano un notevole danno dato dalla eccessiva dispersione d’acqua nel terreno e dall’altro un vantaggio in quanto svolgono una importante azione di regolazione della pressione che, in caso contrario assumerebbero valori insostenibili.
Si è anche arrivati a concludere che l’eliminazione totale delle perdite dalle reti in argomento è praticamente un traguardo irraggiungibile se non con una diversa costituzione del servizio acquedottistico. E’ stata anche formulata una riserva per i centri urbani di piccola e piccolissima estensioni per i quali è tollerabile la presenza di una rete unificata. Nella parte finaleè citata una particolatre conformazione della rete atta a superare razionlmente molti dei difetti citati.

 

 

LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIODELLA RETE CON MINIMA DISSIPAZIONE ENERGETICA

 

1) PREMESSA

Uno degli inconvenienti che compromettono l’efficienza di molti acquedotti sono le perdite occulte che in Italia in questi ultimi anni ed a seguito dell’invecchiamento delle strutture acquedottistiche, hanno assunto valori elevatissimi e molto spesso assolutamente ingiustificati anche in considerazione delle difficoltà sempre crescenti di produzione dell’acqua potabile. Uno dei rimedi che si sta imponendo ovunque perché atto a diminuirne sensibilmente l’incidenza senza dover ricorrere al rifacimento totale delle reti, è la regolazione della pressione di esercizio. Assodato che si tratta di un provvedimento di estrema efficacia, si è fatto ricorso a tutti i mezzi possibili per riportare in ogni evenienza ed in ogni situazione la pressione entro limiti corretti. Un intervento spesso magnificato dalla letteratura tecnica nazionale ed internazionale è basato sulla distrettualizzazione cioè sulla suddivisione della rete in tante parti che si possono facilmente tenere sotto controllo. Un altro provvedimento effettivamente realizzato, e che si sta espandendo a macchia d’olio ovunque per i buoni risultati che se ne possono ottenere, si basa sulla posa in opera e gestione automatica di valvole di riduzione della pressione asservite all’impianto centralizzato di telecomando e telecontrollo con le quali non solo si riesce a mantenere la pressione entro un massimo compatibile con la tenuta e la durata delle tubazioni di rete ma anche a modularla diminuendola sensibilmente durante la notte ed in genere tutti i periodi di bassi consumi. È ben noto come sia durante la notte e più in generale durante i periodi di minore richiesta che si concentra la maggior parte delle perdite.
Si deve rilevare ancora una volta che, se la distrettualizzazione rappresenta una vera sconfitta della moderna tecnica acquedottistica in quanto conduce alla perdita di alcuni dei pregi principali delle reti magliate e cioè la sicurezza di esercizio e le ridotte perdite di carico che ne sono alcune delle ottime prerogative, dall’altro lato la riduzione della pressione operata dalle valvole rappresenta una altrettanto ingiustificata dissipazione energetica, dissipazione non tollerabile soprattutto negli acquedotti che funzionano a sollevamento meccanico in quanto rappresenta né più né meno, la distruzione di una parte di ciò che si è appena creato a prezzo di elevati consumi di energia elettrica.
Il fenomeno è identico a quello che accade quando si azionano i freni di una autovettura: si dissipa una notevole parte dell’energia prodotta dal motore a prezzo di un notevole consumo di carburante.
L’esempio del freno delle autovetture porta ad una ulteriore ed interessante similitudine: così come le autovetture di recente concezione riescono a recuperare gran parte dell’energia di frenata ricaricando con essa gli accumulatori elettrici, in maniera del tutto analoga con le opere qui proposte si ricupera quasi per intero il carico che normalmente viene dissipato dalle valvole di regolazione ottenendo suo tramite l’accumulo dell’acqua in serbatoi distribuiti in rete.

 

2) I CONCETTI FONDAMENTALI

Le valvole di regolazione o, per essere più precisi, di riduzione della pressione di cui si è detto, raggiungono il loro scopo trasformando l’energia in calore che viene immediatamente dissipato. Un diverso modo per ottenere lo stesso effetto di riduzione del carico consiste nel mutarne totalmente la destinazione e precisamente restare in campo prettamente acquedottistico ed approfittare di detto esuberante carico per compiere un’azione utile cioè per accumulare l’acqua, e conservarla pronta per l’uso, in un apposito serbatoio ubicato lontano dalla produzione all’interno della rete di distribuzione. In pratica si tratta di sostituire la valvola di regolazione presente in una condotta principale con un serbatoio effettuando così lo scambio di due dispositivi, valvola e serbatoio che in questo caso hanno funzioni simili ma risultati totalmente diversi. Infatti nel primo caso lo scopo è raggiunto strozzando al punto giusto la valvola di riduzione e nell’altro aprendo opportunamente la valvola di immissione dell’acqua nel serbatoio. In questo caso, che è quello che interessa particolarmente, l’abbassamento della pressione è in gran parte dovuto alle maggiori perdite di carico provocate dall’aumento di portata che si è indotto nella rete, aumento di portata che si traduce in un proficuo collettamento idrico da centro di produzione a serbatoio senza alcun ulteriore dispendio energetico all’infuori del carico idraulico già presente in origine e che le valvole di riduzione andrebbero a dissipare. Permane una piccola perdita dovuta alla dissipazione operata dalla valvola di immissione in serbatoio. La differenza abissale tra i due sistemi citati e cioè valvola nel primo e serbatoio nel secondo, è ovvia ed è data dalla facoltà propria del serbatoio ed assolutamente inattuabile nel caso della valvola, di poter non solo abbassare la pressione in eccesso operando secondo le modalità indicate, ma di agire anche in direzione diametralmente opposta e cioè intervenire positivamente nella regolazione della rete quando la sua pressione di esercizio è insufficiente sia pur a prezzo di un modesto consumo energetico. In definitiva quella proposta è una doppia regolazione della pressione ed è quindi atta quindi a soddisfare tutte le necessità del momento.

 

3) LA RETE REGOLATA A MEZZO SERBATOI

La soluzione che si vuole proporre prevede l’inserimento in rete degli impianti di regolazione della pressione notturna ognuno dei quali è costituito da un serbatoio di accumulo con annessa centrale di risollevamento non presidiati da personale ma asserviti al sistema di telecontrollo e telecomando centrale.
Per chiarire meglio i concetti sarà utile un esempio.
Si debba regolare la pressione di una rete come quella di figura 1 avente una grande estensione in territorio pianeggiante e supponendo sia alimentata da un solo centro di produzione e pompaggio.

 

Figura 1 = esempio di rete unificata di tipo tradizionale ed in territorio pianeggiante

La soluzione comunemente adottata è quella di figura 1 avente una vasca di carico (ad esempio serbatoio pensile) ubicata in testa alla rete nei pressi del centro di produzione e posta ad un’altezza di 70 m necessari perché nell’ora di punta la parte terminale del territorio possa contare su almeno 25 m di colonna d’acqua rispetto al suolo. Si tratta di un sistema di approvvigionamento idrico tra i più diffusi e che, a fronte di una grande semplificazione costruttiva e di esercizio, presenta gli inconvenienti ben noti di pressioni di consegna dell’acqua all’utenza molto variabili, perdite occulte elevate soprattutto durante la notte ed i periodi di bassi consumi quando si registrano anche le maggiori pressioni, ed infine dispendio energetico di pompaggio. Da rilevare che si tratta di territorio pianeggiamte

Figura 2 = rete unificata in territorio pianeggiante con alimentazione a pressione regolata

Nella figura 2 è illustrata una prima possibilità di razionalizzazione consistente nell’eliminare la vasca di carico e nell’adottare il pompaggio diretto in rete a pressione regolata in funzione della portata assorbita. i risultati sono notevoli sia in merito al consumo energetico e alle perdite che subiscono un consistente calo. All’inizio occorre fissare una serie di abbinamenti tra portata immessa in rete e pressione di pompaggio. Il sistema si regola in modo da rispettare in ogni caso la citata corrispondenza tra portata totale immessa in rete e pressione di pompaggio la quale pertanto risulterà tanto più elevata quanto maggiore sarà il consumo dell’utenza. La notte, caratterizzata da bassa richiesta idrica, può usufruire di una pressione di esercizio moderata cui corrisponde una notevole riduzione delle perdite occulte.

Figura 3 = Rete unificata con con pompaggio in diretta a pressione variabile e con valvole di regolazione della pressione

Nella fig. 3 è riportato un ulteriore miglioramenti della rete ottenuto aggiungendo alla precedente  versione di fig. n 2 le valvole di regolazione delle condotte principali cui si devono affiancare quelle installate direttamente in corrispondenza del contatore privato degli allacciamenti di utenza collegati alle condotte non regolate. Il risultato è una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale. Unico inconveniente è quello della dissipazione energetica che, come detto in precedenza, viene operata dalle valvole di regolazione.

FIGURA 4= RETE UNIFICATA CON LA REGOLAZIONE IN PROGETTO

 

Infine la fig. 4 illustra la proposta che forma specificatamente l’oggetto del presente lavoro e che è sinteticamente descritta nel seguito.

La centrale è sempre del tipo con pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita all’impianto di telecontrollo. In rete sono presenti tre serbatoi di compenso locale (n.1 vicino alla centrale di produzione, n. 2 in posizione baricentrica e n. 3 nella parte terminale della rete). Ogni serbatoio è alimentato dalla rete tramite una valvola a fuso che consente di modulare la portata derivata dalla rete ed è munito di pompa a velocità variabile destinata a reimmettere di giorno nella rete stessa il volume d’acqua prelevato dalla rete medesima la notte precedente; il tutto non presidiato da personale ma asservito all’impianto centrale di telecontrollo. La capacità totale dei tre serbatoi è bene sia superiore a quella di normale compensazione delle portate giornaliere in quanto il loro ruolo comprende oltre alla compensazione stessa anche la regolazione della pressione di consegna dell’acqua all’utenza. Da rilevare subito che la possibilità di iniettare una portata suppletiva in diversi punti della rete costituisce di per sé un vantaggio notevole sia in merito alle perdite di carico generali che diminuiscono, sia alla facilità di regolazione della pressione ed infine alla compensazione delle portate giornaliere la quale garantisce che gli impianti di produzione possano mantenere una portata pressoché costante per tutte le 24 ore della giornata tipo.

sempio di grafico delle pression
Esempio di grafico delle pressioni da preimpostare per la rete di distribuzione

La procedura da adottare prevede innanzitutto la definizione a priori del diagramma giornaliero delle pressioni da mantenere minuto per minuto nei punti di consegna dell’acqua all’utenza. Essendo anche necessario stabilire nella rete una certa pendenza notturna della superficie piezometrica necessaria per il riempimento dei tre serbatoi, si può fissare approssimativamente di notte una pressione di 25 m all’inizio rete, di 20 m nella parte mediana e di soli 15 m in quella finale. Durante la giornata non sussiste il problema del riempimento dei serbatoi e quindi si fisseranno le stesse pressioni massime in tutto il territorio pari a 40 m nell’ora di punta ( ore 9 del mattino ) per calare man mano fino alle 23. Per quanto riguarda i livelli dei serbatoi di rete occorre tener presente che essi devono riempirsi durante la notte ( ad esempio nell’intervallo dalle ore 23 alle ore 6 del mattino) nel mentre durante il periodo diurno devono svuotarsi completamente.

 

Esempio di grafico dei livelli
Esempio di grafico dei livelli dei serbatoi  da mantenere nelle 24 ore

Allo scopo si dovrà, analogamente alle pressioni, fissare preventivamente anche il grafico giornaliero dei livelli dei serbatoi in parola tenendo presente che non sarà possibile vengano rigorosamente rispettati ma che venga tenuto conto solo del valore risultante dalla media aritmetica dei valori fissati per il medesimo istante di tutti i serbatoi, come si vedrà più avanti.
Quelli citati sono soltanto dati indicativi, le serie di valori effettivi da prefissare potranno essere definiti meglio in sede di gestione reale della rete.

Una parte determinante è rappresentata dall’organizzazione generale di funzionamento data dall’impianto di telecontrollo telecomando che deve soprintendere al funzionamento degli impianti di pompaggio, alla pressione di consegna all’utenza ed ai livelli dei serbatoi.

Una possibile regolazione è la seguente.

– Durante la giornata (ad esempio dalle ore 6 alle 23) la valvola di immissione nei tre serbatoi è chiusa. Tutta la portata emessa dalla centrale principale annessa all’impianto di produzione viene pompata direttamente in rete. In aggiunta a detta portata ognuno dei tre serbatoi immette nella rete stessa il volume precedentemente invasato e lo fà tramite pompa a velocità variabile asservita alla già citata curva preimpostata delle pressioni di rete in modo da farvi coincidere quella effettiva rilevata dai manometri di rete posti nella porzione di utenza di competenza di ciascuno di essi. In questo modo si fa fronte alle punte di consumo senza modificare la portata della centrale principale  che in ogni caso si mantiene pari approssimativamente al valore del consumo medio giornaliero.. Da rilevare come sia la portata immessa dall’impianto principale a soddisfare la base del diagramma dei consumi mentre sono i tre serbatoi locali a fronteggiare le punte di consumo.

– Nel restante periodo notturno le pompe dei tre serbatoi di rete sono ferme e la regolazione della pressione di rete viene attuata variando l’apertura delle tre valvole a fuso di immissione dell’acqua in serbatoio con una modesta perdita di carico. Ad esempio se i manometri segnalano una pressione maggiore di quella del grafico preimpostato, il telecomando ordina una maggiore apertura della valvola cui corrisponde un maggior volume immesso in serbatoio ed inoltre una minor pressione di rete.

– La centrale di pompaggio principale modula la sua pressione e portata giornaliera in funzione della media aritmetica del valore reale dei livelli dei tre serbatoi di rete che vengono in tempo reale corretti riportandoli mediamente e minuto per minuto al valore prefissato nel diagramma giornaliero tramite regolazione della velocità di rotazione della pompa. In questo modo si otterrà, sia pure in maniera approssimativa in quanto la regolazione è unica per tutti i serbatoi, il loro totale e razionale svuotamento e riempimento giornaliero, ferme restando sia la modalità di regolazione delle valvole di immissione in serbatoio e sia quello di pompaggio in rete da parte delle pompe a velocità variabile annesse ai serbatoi e già indicate.

– A favore di una buona regolazione generale del funzionamento della rete giocano il magliaggio con le molteplici interconnessioni che lo caratterizzano e che produrranno una distribuzione omogenea in tutto il territorio anche al verificarsi di anomalie locali sia nell’alimentazione e sia nel prelievo da parte dell’utenza.

– Il risultato finale dell’organizzazione tecnica descritta sarà caratterizzato dai seguenti elementi:

a) La centrale principale funzionerà con una portata sempre di valore prossimo alla media giornaliera di consumo ma con la caratteristica di immettere in rete una maggior portata durante la notte essendo necessaria per il riempimento dei serbatoi. Tutto ciò offre notevoli vantaggi economici nel costo dell’energia elettrica da impiegare e nella possibilità di sfruttare maggiormente le fonti nei periodi notturni che spesso hanno maggior disponibilità. La pressione sarà regolata in funzione dell’andamento dei livelli dei tre serbatoi di rete ed in modo che, durante tutte le 24 ore della giornata tipo, abbiano a seguire mediamente l’andamento dei livelli stessi in conformità con quanto prefissato nel diagramma giornaliero.

b) La pressione di consegna dell’acqua all’utenza sarà quella fissata preliminarmente ora per ora essendo, nel periodo notturno, modulata dai prelievi dei serbatoi ed in quello diurno dal pompaggio a pressione variabile degli impianti annessi ai tre serbatoi di rete.

c) I serbatoi di rete saranno interamente sfruttati in tutte le giornate e quindi anche in quelle di basso consumo dell’utenza. Sarà proprio in tali giornate, statisticamente in numero preponderante durante l’anno, che essi svolgeranno l’importante ruolo di richiedere un maggior pompaggio notturno rispetto a quello giornaliero con conseguente vantaggio dato dai minori costi dell’energia elettrica e nella maggiore disponibilità delle fonti soprattutto nel caso di prelievo di falda.

d) Il bilancio energetico sarà positivo in quanto;

– la centrale principale funziona con portate vicine alla media giornaliera evitando totalmente quelle di punta e con una bassa prevalenza manometrica totale in quanto atta soltanto a riempire i serbatoi utilizzando tutta la rete la cui caratteristica, come ben noto, è quella di effettuare trasporto di grandi portate con basse perdite di carico;

– l’energia consumata per il risollevamento dai serbatoi locali è minima perchè effettuata a bassa prevalenza vista la loro ubicazione in vicinanza dell’utemnza da servire

4) L’APPLICAZIONE PRATICA DELLA METODOLOGIA PROPOSTA

Nel capitolo precedente si è descritto un esempio il cui unico scopo era soltanto rendere comprensibili i concetti base della soluzione che viene proposta. Si vuole ora far rilevare come essa possa essere utilizzata principalmente per sistemare reti esistenti sia a sollevamento meccanico e sia se funzionanti totalmente o parzialmente a gravità, raggiungendo il duplice scopo di regolarne la pressione e al tempo stesso di fronteggiare le punte di consumo eccezionale. Inutile ricordare come siano questi i difetti che spesso lamentano le vecchie reti di distribuzione ed in maniera più accentuata quelle funzionanti a gravità essendo maggiormente soggette ad escursioni di pressione. Piazzare nei punti dove tali inconvenienti si manifestano in maniera più grave un serbatoio che, riempiendosi durante la notte, riesce ad abbassare fino al giusto limite la pressione e che è pronto nella giornata successiva a soddisfare quelle punte di consumo che mettevano in crisi il sistema, rappresenta, a giudizio di chi scrive, un vero successo ma non l’unico. Infatti se i benefici più consistenti si ottengono nei giorni di punta, quelli relativi a tutto il restante periodo non sono da sottovalutare. Come è ben noto, le normali strutture acquedottistiche sono dimensionate per i consumi dell’ora di punta ma sono ben noti anche gli inconvenienti che si verificano quando la richiesta idrica è molto bassa, inconvenienti che, oltre alle pressioni eccessive in rete, mantengono i serbatoi di compenso sempre pieni 24 0re su 24 impedendo loro di effettuare la compensazione delle portate ed obbligando la produzione a variare in continuazione la portata. Ebbene l’inserimento dei nuovi serbatoi che obbligatoriamente si svuotano in tutte le giornate come sono quelli in progetto, esplica una importante azione di regolazione generale del sistema acquedottistico. I risultati sono amplificati dalle innovative modalità di regolazione descritte nri capitoli precedenti.

5) CONCLUSIONI

Si è descritta una rete di distribuzione in territorio pianeggiante che basa le sue costituzione e regolazione sui seguenti elementi:

Una regolazione capillare della pressione di consegna dell’acqua all’utenza essendo proprio questa la condizione di base che determina la buona qualità di un servizio di alimentazione idropotabile;
– Trattandosi di acquedotto a sollevamento meccanico la soluzione presenta notevoli possibilità di economia energetica;
– Un altro punto fondamentale è costituito dalla possibilità di ridurre al minimo le perdite occulte grazie alla oculata regolazione delle pressioni di esercizio;
– È assicurata una ottimale compensazione delle portate giornaliere ottenuta tramite volumi di invaso distribuiti in rete e quindi in prossimità dei consumi;
– Si sfrutta tutta la rete per il trasporto dell’acqua sia fornita direttamente all’utenza sia di riempimento dei serbatoi di rete e quindi le perdite di carico sono contenute al massimo essendo questa una delle prerogative caratteristiche della rete magliata;
le perdite di carico doivute alle valvole di immissione nei serbatoi di rete e quelle delle pompe di risollevamento dei serbatoi di rete sono modeste e rappresentano una piccola percentiuale delle economie energetiche realuzzate dal sistema.

Da rilevare il duplice e molto diversificato regime di esercizio durante le 24 ore della giornata tipo rispettivamente per la notte e per il giorno. L’impiego prioritario di tutta la rete è concentrato nel periodo notturno allo scopo di trasferire nei serbatoi distribuiti in rete una grande volume idrico che vi permane allo scopo di fronteggiare le punte di consumo del giorno dopo. Tale risultato è ottenuto in maniera del tutto particolare e cioè approfittando dello stesso trasporto idrico per contrastare la naturale tendenza della rete ad assumere elevati valori notturni di pressione in condotta. Una volta riempiti in loco i serbatoi diventa estremamente facile ed economico seguire qualunque richiesta idrica che si presenti nel corso della giornata.
Nel corso della trattazione si è anche indicata l’opportunità di utilizzare le stesse modalità per razionalizzare le reti esistenti ed in maniera particolare quelle funzionanti a gravità.

Il risultato complessivo può definirsi ottimale.

 

 

 

 

 

IL CALCOLO DELLE RETI

EPANET = PROGRAMMA GRATUITO DI CALCOLO DELLE RETI MAGLIATE DEGLI ACQUEDOTTI

1) GENERALITA’

Schema idraulico di calcolo di una frete magliata
Schema idraulico di calcolo di una frete magliata

Per l’esecuzione del calcolo di verifica delle reti magliate considerate in moto permanente, sono disponibili numerosi buoni programmi. Tra tutti si segnala l’americano “Epanet” in quanto alle rimarchevoli doti di completezza di analisi, di calcolo e di presentazione dei risultati aggiunge la piena e gratuita disponibilità su internet (http://www.onenature.com/download1.html) .Le modalità di simulazione del funzionamento di reti anche complesse e per lunghi periodi di esercizio sono spiegate nelle istruzioni annesse al programma dove sono riportati anche degli esempi risolti e un tutorial con il quale si può seguire passo passo una serie completa di calcoli e quindi capirne l’uso. In questa sede ci si limita a riportare letteralmente la parte introduttiva di dette istruzioni che ne riassume le caratteristiche principali.
Da rilevare come sia possibile effettuare la simulazione completa del funzionamento relativo a periodi sufficientemente estesi di reti acquedottistiche anche complesse potendo introdurre nei calcoli le variazioni della portata erogata ai nodi di tempo in tempo e zona per zona ed anche le variazioni di tutti gli altri elementi di input. Si ottengono le serie complete dei dati di funzionamento delle strutture che compongono la rete ivi compresi la variazione di livello dei serbatoi e di consumo energetico per i pompaggi con i relativi costi nonché tutti gli elementi inerenti la immissione e diffusione in rete di disinfettanti come il cloro.
I traguardi raggiunti nella simulazione teorica del funzionamento idraulico delle reti e il fatto che essa sia a portata di qualsivoglia utilizzatore sono così ragguardevoli da auspicare che il suo impiego, di solito limitato alla sola fase di progettazione degli acquedotti, venga esteso anche alla verifica teorica dell’esercizio effettivo. Come noto la simulazione di una rete effettivamente funzionante seguita dal confronto dei dati di calcolo teorico con quelli reali consente di :
1) verificare il corretto funzionamento idraulico della rete con indicazione della natura e dell’ubicazione delle eventuali anomalie nonché della eventuale presenza di perdite occulte di una certa entità,
2) prevedere in anticipo quali possono essere le conseguenze di eventi straordinari come il funzionamento di idranti antincendio, le forniture particolari d’acqua, l’incremento o la diminuzione dei consumi, il fuori servizio di alcune strutture necessario per l’esecuzione di lavori o dovuto a guasti, l’effetto di una prevista estensione della rete ecc.,
3) verificare la funzionalità delle opere in progetto,
4) tenere sotto controllo le operazioni di disinfezione ed il cloro residuo in rete .
Per quanto riguarda i dati di input necessari per i calcoli sono da distinguere, in base alle difficoltà che presentano, tre categorie principali.
La prima riguarda tracciati, diametri e materiali costituenti le condotte di rete, ubicazione e caratteristiche di tutte le apparecchiature e impianti e in genere la costituzione della rete. Si tratta di elementi ben noti a chi gestisce l’acquedotto per cui non c’è nulla da spiegare.
La seconda categoria comprende i dati di funzionamento reale come portate e pressioni in uscita dalle centrali, pressioni in rete ecc. Si tratta di elementi facilmente determinabili a condizione che siano presenti apparecchi di misura in numero sufficiente e di buona qualità. E’ questo un elemento importantissimo per la corretta gestione di ogni acquedotto per cui non si finirà mai di raccomandarne un impiego molto diffuso ed accurato. Oltre alle apparecchiature principali di misura di cui devono essere dotati gli impianti di produzione ed immissione in rete, è importante si installino anche nei punti principali della rete misuratori automatici di pressione e portata nonché di cloro residuo.
Infine la terza categoria comprende gli elementi di difficile determinazione e cioè la portata erogata ai nodi della rete ora per ora e la scabrezza reale delle tubazioni. E’ facilmente intuibile come sia perfettamente inutile poter usare sofisticati programmi e perfezionate formule di calcolo delle perdite di carico, quando permangono le ben note imprecisioni nella determinazione di questi due dati essenziali.
Per il calcolo del primo elemento cioè delle portate realmente erogate ai nodi della rete, nelle quali si usa comprendere anche le perdite occulte, sono state sperimentate numerose metodologie. Alcune sono basate sulla calibrazione delle portate cioè sulla esecuzione di molteplici calcoli della rete condotti correggendo per tentativi successivi le portate inizialmente determinate con metodi sbrigativi, fino a renderle atte a soddisfare le condizioni calcolate in uno o più momenti di esercizio reale della rete. Ad avviso di chi scrive non è questa la metodologia da usare in quanto tende a sostituirsi a quella vera basata sui dati reali di consumo ed inoltre perchè è inficiata in partenza da fattori determinanti quali la scabrezza effettiva delle tubazioni, assolutamente incognita e le eventuali anomalie degli impianti che, tra l’altro, costituiscono non un dato di base ma uno dei difetti da scoprire ed eliminare grazie alla simulazione. Alcune regole che si consiglia di adottare in alternativa sono riportate negli articoli “FABBISOGNO, CONSUMI, PORTATE E PERDITE NELLA PRATICA DI ESERCIZIO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO”, “INCONGRUENZE E MANCHEVOLEZZE DELLA LETTERATURA TECNICA IN TEMA DI ACQUEDOTTI” .
Si tratta essenzialmente di organizzare la metodologia di lettura, contabilizzazione ed infine l’elaborazione dei dati di consumo rilevati ai contatori degli utenti in modo da renderli atti allo scopo qui indicato. Da rilevare che la soluzione vera del problema si otterrà allorchè si provvederà alla sostituzione dei contatori di utenza con  apparecchiature multifunzione  come viene spiegato lell’articolo contatori multifunzione   ma visto e considerato che di tale importante intervento non sono non è prevista la prossima esecuzipone ma addirittura la si giudica inattuabile  per kil suo elevato costo, llora non resta che l’utilizzazione degli strumenti oggi esistenti. A questo punto della trattazione è necessario aggiungere un evento importante che provocherà una vera rivoluzione nei sistemi di verifica delle reti acquedottistiche e che consiste nell’imminente sostituzione dei contatori d’utenza soprattutto nel caso che, come consigliato dalla moderna tecnica, i nuovi contatori consistessero in apparecchi multifunzione e come tali atti a trasmettere in automatico portate e pressioni dell’acqua consegnata agli utenti ( per maggiori dettagli cliccare qui )

Per quanto riguarda il secondo fattore di incertezza e cioè la s cabrezza reale delle tubazioni di rete il metodo consigliabile è quello prima citato della calibrazione cioè della esecuzione di diverse simulazioni di funzionamento reale e ben noto della rete utilizzando diverse serie di scabrezze al fine di individuare quella che fornisce i dati più vicini a quelli reali.

Esempio di rappresentazione grafica dei risutati di verifica della rete acquedottistica di Venezia eseguito negli anni 70

2) DESCRIZIONE DEL PROGRAMMA

Epanet è un programma Windows 95/98 NT che esegue la simulazione di un lungo periodo di comportamento idraulico e di qualità dell’acqua entro una rete di condotte in pressione.
Una rete può consistere in tronchi di condotte, nodi (giunti di collegamento ), pompe, valvole, vasche di raccolta o serbatoi.
Epanet determina la portata d’acqua in ciascun tronco di condotta, la pressione in ciascun nodo, l’altezza dell’acqua nei serbatoi, e la concentrazione delle componenti chimiche dell’intera rete nel periodo di simulazione comprensivo di molteplici intervalli di tempo.
Oltre alle caratteristiche chimiche, possono essere simulati il tracciato dall’inizio e l’età dell’acqua.
La versione Windows di Epanet fornisce un ambiente integrato per l’edizione dei dati di input della rete, della simulazione del funzionamento idraulico e della qualità dell’acqua con presentazione dei risultati in vari formati.
Sono incluse mappe con colori codificati, tabelle dati, serie di grafici temporali, disegno di profili.
Epanet è stato sviluppato da Water Supply and Water Resources Division (formerly the Drinking Water Research Division) of the U.S.
Environmental Protection Agency’s National Risk Management Research Laboratory.
E’ un programma “public domain software” che può essere liberamente copiato e distribuito.

Capacità

Epanet fornisce un pacchetto completo per analisi idraulica di periodi estesi con cui si può:
– trattare sistemi di qualsiasi dimensione,
– calcolare le perdite di carico usando le formule di Hazen-Williams, Darcy-Weisbach, o Chezy-Manning,
– considerare le piccole perdite di carico dovute alle curve, strozzature ecc.,
– considerare pompe a giri fissi o a velocità variabile,
– calcolare l’energia consumata dalle pompe ed i costi,
– considerare vari tipi di valvole incluse quelle di ritegno, chiusura, regolazione della pressione e controllo della portata,
– permette di calcolare lo stoccaggio nei serbatoi aventi sezioni variegate (per esempio diametro variabile in funzione dell’altezza)
– considerare molteplici categorie di richiesta idrica ai nodi ciascuna con proprie modallità di variazione nel tempo,
– modello delle pressioni dovute alla portata degli idranti (impianti antincendio),
– viene assunto come base del sistema di calcolo il semplice livello dei serbatoi oppure tenendo conto del controllo dei tempi come pure di complessi schemi di base.
In più l’analizzatore di qualità dell’acqua Epanet può:
– modellare il movimento di sostanze non reattive,
– definire il tracciato delle sostanze attraverso la rete al passare del tempo,
– modellare il movimento e la destinazione di un composto reattivo man mano che esso aumenta (esempio disinfezione tramite prodotti ) oppure diminuisce nel tempo (esempio il cloro residuo),
– modellare l’età dell’acqua in tutta la rete,
– tracciare la percentuale di portata di un dato nodo rispetto a quella di tutti gli altri nodi per il periodo di tempo considerato,
– modello di reazione sia dell’intera portata sia di una zona circoscritta di tronchi di condotta,
– prevedere l’aumento o la diminuzione delle reazioni fino a raggiungere il limite di concentrazione,
– utilizzare il tasso globale del coefficiente di reazione che può essere modificato tronco per tronco di condotta,
– consentire la concentrazione o la immissione totale al variare del tempo in ogni punto della rete,
– modellare lo stoccaggio nei serbatoi in caso di completa miscelazione, arresto della portata o a due compartimenti di reazione
– l’interfaccia windows di utilizzazione di Epanet fornisce un editore di visualizzazione della rete che semplifica il processo di costruzione del modello di rete e di edizione delle sue proprietà.
– I rapporti dei vari dati e la visualizzazione degli strumenti sono usati in modo da assistere nell’interpretazione dei risultati o nell’analisi della rete.
– sono possibili delle vedute grafiche (disegno delle serie di tempi, disegno dei profili, disegno dele zone ecc.), presentazioni tabellari e speciali rapporti (energia impiegata, reazione e calibrazione dei rapporti).
Il programma e tutti gli allegati sono in lingua inglese. Chi scrive ha avuto notizia di una verisone del programma totalmente tradotto in italiano e sarebbe grato ai lettori che dessero qualche indicazione sulle modalità da seguire per poter entrarne in possesso e per poterlo utilizzare

3) CONCLUSIONI

Si sono descritte, anche utilizzando parte delle istruzioni annesse al programma, le caratteristiche principali del programma Epanet, facendone rilevare alcuni aspetti positivi che lo rendono atto a molteplici applicazioni ivi compresa la verifica del funzionamento di reti esistenti di cui, nell’articolo, viene attribuita una basilare importanza.
Si sono anche citati i titoli di alcuni articoli visibili su questo stesso sito dai quali possono essere tratti ulteriori elementi utili per il corretto impiego del programma.

aggiornato ottobre 2005

LA REGOLAZIONE DEI SERBATOI DI COMPENSO GIORNALIERO DEGLI ACQUEDOTTI

 

 

PREMESSA

 

Il funzionamento idraulico di molti complessi acquedottistici viene tenuto sotto controllo dalle sofisticate procedure degli impianti di telecontrollo e telecomando che, considerando  tutte le condizioni reali e di quelle di previsione, ne ottimizzano tutte le funzioni, ivi compresa la regolazione dei serbatoi di compenso che forma, in particolare, l’oggetto della presente memoria. Molto spesso, invece, la regolazione dei serbatoi ha luogo semplicemente mediante valvole di efflusso a galleggiante o altro equivalente dispositivo idraulico di asservimento dell’acqua entrante nel serbatoio al livello dell’acqua in esso contenuta. In pratica il dispositivo determina la chiusura totale del flusso in entrata quando il serbatoio è giunto al massimo livello mentre, in fase di svuotamento, quando il livello medesimo oltrepassa via via le quote di riferimento fissate in rapida successione appena sotto alla quota di sfioro, ha luogo la progressiva apertura dell’immissione e, in fase di riempimento, la sua chiusura per gradi. Tali modalità di regolazione sono ritenute ottimali in quanto vengono rispettate le condizioni principali che sono quelle di evitare lo sfioro quando il serbatoio è pieno e di aumentare o diminuire il flusso in entrata non appena il livello varia di pochi centimetri in meno o in più rispetto al massimo livello. Si ottiene inoltre il vantaggio di forzare i serbatoi verso il massimo livello possibile e quindi di avere costantemente una riserva d’acqua  in grado di fronteggiare eventuali emergenze. Si deve però rilevare come in tali condizioni il serbatoio esplichi la sua funzione di compensazione delle portate soltanto nei giorni di massimo consumo mentre in tutti gli altri (che tra l’altro sono i più frequenti) esso rimane sempre pieno o quasi pieno per cui, al vantaggio di una disponibilità massima di acqua di riserva, si contrappone la necessità di seguire, con la produzione, le richieste di rete e quindi con portata nulla durante la notte e massima durante le ore diurne. Teoricamente sarebbe possibile porre rimedio a tale inconveniente diminuendo la produzione fino a riportarla costantemente alla portata media giornaliera di previsione, in pratica però si preferisce lasciare che essa segua automaticamente le richieste a tutto vantaggio della sicurezza di alimentazione ma scapito dell’economia di gestione. L’inconveniente è accentuato nel caso di acquedotti con alimentazioni diversificate sia come tipo di captazione che come costi di produzione dell’acqua, come sarà avanti descritto.
Nel presente lavoro si indicano modalità di regolazione della portata da immettere nei serbatoi di compenso diverse da quella usuale ed atte a dare tutte le garanzie di funzionamento in uno con l’economia di esercizio.

 

IL FUNZIONAMENTO USUALE DEI SERBATOI DI COMPENSO

Immaginiamo di esaminare un acquedotto nel giorno di massimo consumo con portata media pari a 900 l/s che sia alimentato da n. 9 pozzi da 100 l/s ciascuno dei quali munito di pompa sommersa comandata da proprio galleggiante installato all’interno del serbatoio a livello diversificato rispetto a quello degli altri pozzi. Durante detta giornata tutte 9 le pompe rimarranno in moto per tutte le 24 ore nel mentre il serbatoio, utilizzando il volume d’acqua immagazzinato durante la notte, consentirà di far fronte alla punta di consumo diurna che arriva fino ad un massimo di 1350 l/s. In una giornata in cui la portata media consumata sia invece pari a 600 l/s si verificherà che durante le ore diurne i 9 pozzi entreranno via via tutti in funzione essendo da soli in grado di far fronte alle portate richieste dall’utenza il cui valore massimo nell’ora di punta ammonta appunto a 900 l/s nel mentre il serbatoio rimarrà sempre pieno. Durante la notte al diminuire della portata i pozzi si fermeranno tutti. In pratica il prelievo di falda segue in tutto e per tutto le variazione di portata dell’utenza e quindi, a fronte del vantaggio di avere un serbatoio sempre al massimo livello e pertanto pronto a rifornire la rete in un qualunque caso di disservizio, si ottiene una utilizzazione nulla o quasi nulla della falda nel periodo notturno quando la stessa, essendo meno sfruttata, presenterebbe le migliori condizioni di producibilità.
L’inconveniente acquista maggior rilevanza nel caso di un acquedotto alimentato da fonti aventi costi di produzione dell’acqua diversificati.
Ad esempio se la portata totale di 900 l/s fosse ottenuta per 600 l/s da sorgenti funzionanti a gravità che, in considerazione dei bassi costi di produzione, potrebbe essere priva di regolazione e quindi entrare in serbatoio con flusso continuo e costante e solo i restanti 300 l/s di integrazione fossero dovuti a tre pozzi con pompa sommersa, nel giorno di consumo medio prima esaminato pur essendo la portata media prodotta a gravità (600 l/s) in grado da sola di far fronte al fabbisogno si avrebbe invece una produzione diurna di 900 l/s mentre di notte i 600 l/s a gravità sarebbero costretti a sfiorare.
Dagli esempi riportati emerge chiaramente come il funzionamento del serbatoio non possa considerarsi ottimale: lo sarebbe soltanto nel caso fosse in grado di effettuare la compensazione in tutte le giornate sia di grandi che di piccoli consumi consentendo alla produzione di mantenere una portata costante 24 ore su 24.

 

LA REGOLAZIONE PROPOSTA

Il grafico di fig. 1 rappresenta l’andamento giornaliero dei prelievi dell’utenza in un giorno di massimo consumo avente portata media di 900 l/s e portata di punta alle ore 9 pari a 1350 l/s. Nel caso di funzionamento ideale con produzione costante per tutte le 24 ore ed esattamente corrispondente alla portata media giornaliera cioè 900 l/s, l’intervento di un serbatoio atto ad effettuare la totale compensazione delle portate dovrebbe avere un volume utile di circa 11200 mc ed effettuare l’escursione di livello anch’essa rappresentata nel grafico.

Immaginiamo ora di avere un dispositivo automatico che imponga al serbatoio di effettuare tale escursione in tutte le giornate dell’anno ivi comprese quelle di massimo e di minimo consumo (v. fig.2 e 3). Il dispositivo, in altri termini, rilevato istante per istante il livello reale dell’acqua in serbatoio, apre o chiude l’immissione in modo da assicurare che il livello segua la curva giornaliera indicata e ciò indipendentemente dalla portata prelevata per essere immessa in rete. Altra pregiudiziale del dispositivo supponiamo sia quella di intercettare, nei casi in cui il livello effettivo è superiore a quello rappresentato dalla curva, l’immissione di portata essendo chiaramente inutile immettere acqua quando l’invaso presente è di per sé superiore a quello auspicato.
Con tali pregiudiziali durante la giornata di massimo consumo la portata da produrre è costante e pari a 900 l/s essendo questa l’ipotesi di base dalla quale si è derivata la curva dei livelli imposti nelle 24 ore. Se si esamina invece una giornata nella quale il consumo corrisponde alla media annua e cioè pari a 600 l/s di media giornaliera con una punta di 900 l/s si vede come, avendo imposto al serbatoio di riempirsi e svuotarsi secondo le regole citate, la produzione deve modulare la sua portata in modo completamente diverso da quello esaminato al capitolo precedente per la medesima giornata e cioè secondo il grafico di produzione indicato nella fig. 4. In pratica avendo imposto di utilizzare l’intero volume utile del serbatoio, volume che nei giorni di bassi consumi eccede quello minimo necessario per la compensazione delle portate, si ottiene il vantaggio di ridurre la produzione giornaliera a favore di quella notturna e necessaria per il riempimento del serbatoio.
Esaminiamo ora il funzionamento nel giorno di consumo medio nei due casi prima citati.
– Primo caso: l’acquedotto è alimentato da 9 pozzi da 100 l/s cadauno . Si avrà di giorno una portata prodotta variabile da 450 a 550 l/s e di notte da 600 a 750 l/s. Si ottiene il vantaggio di una produzione maggiore di notte quando la falda di attingimento dei pozzi è più alta ed i costi dell’energia elettrica più bassi. In ogni caso i 9 pozzi non sono mai in funzione tutti contemporaneamente con conseguente notevole beneficio per la falda di attingimento (si paragoni questo caso con quello del capitolo precedente)
– Secondo caso: l’acquedotto può contare su una produzione costante a gravità di 600 l/s che entra in serbatoio senza alcuna regolazione (v.fig.6). Di giorno la portata a grav
ità è superiore di quella necessaria (450-550 l/s) pertanto il serbatoio si svuoterà meno di quanto imposto e ciò consentirà durante la notte di effettuarne il riempimento con la sola portata a gravità. In definitiva con la soluzione proposta non sarà necessario mettere in moto le pompe dei pozzi integrativi. Evidente il vantaggio economico e ambientale: la sola portata della sorgente a gravità è sufficiente a coprire il fabbisogno, non viene sostenuta alcuna spesa per energia di sollevamento, la falda nei quali attingono i tre pozzi rimane indisturbata.
Esaminiamo ora una giornata con consumi ridotti al minimo e cioè pari a soli 400 l/s di portata media (v. fig.5).
Si avrà di notte una produzione di circa 600 l/s e di giorno variabile da 160 a 300 l/s. Risulta chiaramente che, nel caso prima esaminato di acquedotto con una portata di 600 l/s a gravità non è necessaria la messa  moto delle pompe dei pozzi mentre l’esubero di portata prodotta a gravità andrà a sfiorare..
Si può inoltre notare come, al diminuire delle richieste dell’utenza, corrisponda una portata media notturna che si mantiene su valori elevati mentre quella che diminuisce sensibilmente è la portata da produrre durante le ore diurne. I risultati rappresentati nel grafico di fig . 7 possono essere così sintetizzati:

Portata media giornaliera  l/s Volume giornaliero consumato mc Portata prodotta di notte  l/s Portata prodotta di giorno  l/s
 900 77.760 900 900
600 51.840 600 / 780 450 / 600
400 34.560 400 / 700 150 / 400
300 25.920 300 / 660 0 / 300

 

Si può concludere affermando che, grazie alla descritta regolazione dei serbatoi di compenso “a curva giornaliera imposta”, nel mentre nelle giornate di consumo elevato il serbatoio può esplicare in pieno la sua azione immagazzinando di notte i maggiori volumi d’acqua necessari per coprire la punta giornaliera, in tutti gli altre giornate la totale utilizzazione del volume d’invaso consente un aumento della portata notturna prodotta tanto più elevato percentualmente quanto minore è il volume totale consumato nelle 24 ore cui corrisponde una provvidenziale diminuzione durante le ore diurne. Tale caratteristica presenta il vantaggio del minor costo che in generale si riscontra nella produzione notturna di quel prezioso e sempre più raro elemento che è l’acqua, ed inoltre diventa particolarmente utile nei grandi complessi acquedottistici comprendenti utenze molto diversificate. Ad ed esempio in presenza di reti di adduzione molto estese che servono, tra l’altro, piccoli o medi abitati sprovvisti di proprio serbatoio di compenso, centri abitati dotati di compensazione di tipo tradizionale e quindi con serbatoi mantenuti costantemente e per misura prudenziale, al massimo livello o reti che alimentano utenti allacciati direttamente alle condotte di adduzione, in tutti questi casi le richieste d’acqua sono caratterizzate, nelle 24 ore, da notevolissime escursioni cui è difficile far fronte sia con la produzione che con l’adduzione. Ebbene in tali casi la presenza di uno o più serbatoi di notevole capacità ed funzionante secondo le modalità auspicate contribuisce, con la sua azione calmieratrice, a regolarizzare il funzionamento dell’intera rete anche se, o addirittura, preferibilmente se ubicato nella estrema periferia della rete. In ogni caso la portata giornaliera prodotta ha sempre un valore vicino alla portata media del giorno.
Per completare la disamina del funzionamento della soluzione proposta si fa presente come sia sempre possibile modificare lo sfruttamento del serbatoio stagione per stagione scegliendo diverse curve preimpostate di riempimento/svuotamento del serbatoio. Si potrà in tal modo imporre allo stesso uno svuotamento minore durante le stagioni invernali di bassi consumi mentre sarà massimo durante i periodi di grandi consumi dell’utenza.

 

CONCLUSIONI

Si sono descritte le modalità in uso per regolare l’alimentazione e l’utilizzazione dell’invaso dei serbatoi di compenso giornaliero e alcune diverse possibilità di regolazione con sfruttamento ottimale dei volumi d’acqua immagazzinabili e delle fonti che li alimentano. La differenza fra le due metodologie può essere così riassunta:
· Modalità correnti: serbatoi sempre al massimo livello possibile onde poter affrontare, grazie ai notevoli volumi accumulati, qualunque emergenza. Nei giorni di bassi consumi i serbatoi sono quindi sempre pieni e la produzione, per seguire le richieste dell’utenza, è quasi nulla durante la notte ed elevata durante le ore diurne.
· Modalità razionali: Tutto l’invaso disponibile viene sfruttato in ogni condizione d’esercizio al fine di diminuire le spese di produzione e di distribuzione d’acqua. Nei giorni di bassi consumi l’utilizzazione dell’esuberante volume d’acqua invasato durante la notte consente di diminuire la produzione giornaliera a favore di quella notturna meno cara. Ciò si rivela particolarmente interessante nel caso di acquedotti con alimentazione mista in cui si evita lo sfioro notturno garantendo la integrale utilizzazione dei volumi d’acqua di minor costo prodotti nelle 24 ore ed inoltre nei grandi complessi acquedottistici che alimentano centri urbani a consumo diversificato e disseminati su vasti territori.

 

Fig. 7 = grafico della produzione

 

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UN MAXI SERBATOIO PER L’ISOLA D’ELBA

Un maxi serbatoio sotterraneo per spegnere la grande sete dell’isola d’Elba

Articolo pubblicato nel n. 75, Gennaio-Aprile 2005, della rivista “Gallerie e Grandi Opere Sotterranee”, Patron Editore, periodico della Società Italiana Gallerie riconosciuto dal C.N.R.


A) PREMESSA

ig. 1 = Planimetria dell’Isola d’Elba con il tracciato della galleria-serbatoio

 

Serbatoio isola d’Elba

Un problema fondamentale per l’isola d’Elba è quello di poter disporre dei quantitativi d’acqua necessari non solo per gli indispensabili usi potabili della popolazione residente e turistica ma anche per altre determinanti necessità della sua economia (irrigazione agricola, annaffiamento giardini e orti, usi industriali ed artigianali, docce, piscine, ecc.). La sua risoluzione, un tempo basata esclusivamente sulle risorse idriche locali, ha incontrato notevoli difficoltà per le caratteristiche climatiche e fisiche del territorio. In particolare la piovosità molto scarsa e quasi inesistente proprio nei periodi estivi di maggior richiesta d’acqua, in uno con una conformazione montagnosa i cui compluvi danno origine a fossi o rii completamente asciutti per la gran parte dell’anno, riducono notevolmente la possibilità di accumulo negli invasi naturali sotterranei di ravvenamento delle sorgenti e quella di soddisfacimento diretto delle altre necessità citate, nel mentre grandi quantitativi del prezioso elemento vengono scaricati a mare durante i brevi periodi di piogge intense. In anni relativamente recenti si è pensato di integrare la produzione locale data dai pozzi e dalle sorgenti con l’approvvigionamento esterno ottenuto tramite la tubazione sottomarina di collegamento con la terraferma e il trasporto con navi cisterna ma, ciononostante, la richiesta idrica non risulta pienamente soddisfatta e si verificano sovente dei periodi di crisi nei quali l’Ente gestore degli acquedotti deve ricorrere al razionamento dell’acqua distribuita.
Nella planimetria generale della fig. 1 allegata sono schematicamente rappresentate alcune possibilità di alimentazione idrica dell’Elba. Tra di esse solo la condotta di collegamento con il continente è un’opera realmente esistente ed è quella che contribuisce in maniera determinante, sia pure con pericolo crisi alterne, al soddisfacimento della richiesta idropotabile dell’ isola. Le altre indicazioni si riferiscono ad ipotesi formulate in varie epoche ma che non hanno ancora trovato applicazione pratica. Tali sono, come sarà più avanti spiegato, i bacini artificiali da realizzare mediante dighe di ritenuta a Pomonte e a Patresi soluzione sostituita da quella inerente la costruzione di 21 laghetti sparsi in tutta l’Isola ed infine il bacino sotterraneo da costruire con diaframmi di impermeabilizzazione nella piana di Marina di Campo.

Veduta dell'Isola d'Elba con il tracciato del serbatoio-galleria
Veduta dell’Isola d’Elba con il tracciato del serbatoio-galleria

E’ infine rappresentato il tracciato di massima del serbatoio/galleria che, circondando il Monte Capanne, costituisce l’oggetto precipuo del presente lavoro. Si tratta di un’opera totalmente sotterranea che, a prima vista, desterà scetticismo essendo normalmente destinata ad usi completamente diversi da quello qui previsto anche se, in realtà, la sua utilizzazione è abbastanza frequente. Si fa infatti notare come la maggior parte degli impianti idroelettrici a condotta forzata sotterranea siano muniti di vasche di espansione le cui caratteristiche costruttive e di funzionamento idraulico sono del tutto simili a quanto qui proposto. L’opera medesima non è in assoluto una novità nemmeno in campo acquedottistico in quanto risulta realizzata ed utilizzata da oltre mezzo secolo nell’acquedotto di Torino e in quello Campano per scopi idropotabili identici a quelli che di seguito si indicano nonché in analogo serbatoio/galleria costruito, in questi ultimi anni, nei pressi di Latina. A giudizio di chi scrive essa è invece atta ad affrancare l’isola da ogni assoggettamento esterno e ad offrire le più ampie garanzie di soddisfacimento del suo fabbisogno idrico futuro senza provocare danni di sorta nè all’ambiente né all’economia del territorio. Una sua precipua caratteristica che si vuole subito evidenziare è la possibilità di realizzazione dell’opera per stralci successivi tutti immediatamente funzionali e che consentono di dilazionare la spesa nel tempo offrendo immediati e notevoli vantaggi nell’approvvigionamento idrico dell’intera isola.

B) FABBISOGNO IDRICO E PIOVOSITA’

altratecnica-grafico-piogge-elba
Fig.2 = Consumi idrici anno 1997 e piovosità media anni 1965/1985


Le grandezze in gioco nel rifornimento idrico dell’Isola d’Elba, sono approssimativamente rappresentate nel grafico della fig. 2 allegata.
Vi sono riportati i volumi d’acqua potabile effettivamente forniti all’utenza mese per mese durante una passata annata e quelli che, in via approssimativa, sarebbero necessari per soddisfare interamente la richiesta dell’utenza per i prossimi 10 anni ed infine i volumi medi di pioggia che sono caduti in questi ultimi anni nella zona ovest dell’Isola d’Elba, zona che interessa particolarmente le opere oggetto della presente relazione per una superficie di circa 30 chilometri quadrati contro i 223 chilometri quadrati dell’intero territorio dell’isola.
Balzano immediatamente agli occhi :
· il grande deficit esistente tra portata massima necessaria (circa 60.000 mc nel giorno di massimo consumo) e quella estiva ora disponibile che ammonta, al massimo, a circa a 35.000 mc al giorno;
· una consistente sovrabbondanza, rispetto a quelli necessari, dei volumi d’acqua di pioggia che precipitano annualmente in isola. L’Isola d’Elba dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni idrici;
· Il notevole divario temporale tra il periodo di elevata richiesta idrica che ha luogo d’estate e quelli di abbondanti precipitazioni atmosferiche che, al contrario, si verificano statisticamente in tutti i periodi dell’anno fatta eccezione appunto per quelli estivi. Da tale fatto derivano la mancata alimentazione delle falde locali ed anche di quelle della Val di Cornia che attualmente fornisce agli acquedotti elbani la maggior parte dell’acqua e quindi il citato deficit idrico e le ripetute crisi del rifornimento idropotabile della popolazione.
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altratecnica-grafico-consumi-elba

Interessante anche il grafico della figura 3 nel quale gli stessi volumi giornalieri che si prevede necessari all’Elba per i prossimi 10 anni sono riportati in ordine decrescente, onde far risaltare le varie classi di consumo. Esse hanno la seguente consistenza:

· Le giornate di consumo elevatissimo (circa 60.000 mc giorno) sono molto poche e cioè circa 50 all’anno.
· Il consumo abbastanza elevato (45.000 mc giorno) si verifica mediamente per altre 30 giornate l’anno.
· Per ben 285 giornate dell’anno esaminato si avranno solo consumi bassi (17.000 mc/giorno circa) o bassissimi (10.000 mc/giorno).
Le conclusioni che si possono trarre sono:
1) L’isola d’Elba ha bisogno di un quantitativo d’acqua potabile molto elevato per un periodo assai breve ma che coincide con quello di scarse precipitazioni piovose.
2) I volumi d’acqua che piovono annualmente in isola, se non fossero temporalmente sfalsati rispetto al fabbisogno, sarebbero ampiamente sufficienti alla sua alimentazione idropotabile.
La soluzione del problema appare ovvia: immagazzinare durante i periodi di scarsi consumi l’acqua in esubero e conservarla per poterla utilizzare d’estate durante i brevi periodi di richiesta elevata.

C) I LAGHI ARTIFICIALI E LE ALTRE SOLUZIONI DELL’ENTE GESTORE

Tra le soluzioni che gli Enti addetti hanno in animo di adottare per la risoluzione del problema in argomento alcune sono basate, in maniera del tutto analoga a quanto forma oggetto del presente lavoro, sulla raccolta ed accumulo di grandi volumi d’acqua durante i periodi di pioggia intensa e di scarsi consumi.
Quella che raccoglieva consensi concerne due bacini artificiali da realizzare a mezzo dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi (vedi planimetria generale fig. 1) e ritenuti atti a contenere i citati volumi d’acqua per utilizzarli nei momenti di maggior bisogno. Tali interventi, attuati con successo in altre località afflitte da carenza idrica, non sono, ad avviso di chi scrive, proponibili in quanto nel caso specifico dell’Isola d’Elba presentano i seguenti gravi inconvenienti:
· difficoltà di reperire ed espropriare aree adatte a ricavare grandi bacini superficiali;
· gravi danni all’ambiente causati dai laghi che d’estate devono essere svuotati onde utilizzarne l’invaso;
· pericolo di franamento delle sponde soggette a ripetuti invasi e svasi;
· rapido interramento del bacino e conseguente sua diminuzione della capacità utile;
· grandi perdite d’acqua causate dall’evaporazione;
· peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’acqua immagazzinata nei laghi superficiali;
· possibilità di atti vandalici
· trattandosi di bacini all’aperto soggetti a notevoli perdite per evaporazione non è consigliabile immettervi, come sarà proposto invece nel serbatoio/galleria, acqua potabile avente costi di produzione relativamente elevati. 
In anni più recenti al posto dei due bacini di Pomonte e Patresi si erano progettati 21 laghetti sparsi un pò dovunque nell’Isola ma anche questa soluzione è morta sul nascere
Una terza soluzione per raccogliere le acque di pioggia, ma che non ha avuto seguito, è quella descritta nel lavoro : “Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba” redatto da prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa”. Essa prevede, come sarà meglio spiegato più avanti, di costruire un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo (vedi fig.1).
Gli altri interventi, già in via di parziale esecuzione o comunque di attuazione già decisa dagli enti preposti al servizio idrico dell’Elba, e cioè la costruzione di nuovi pozzi e l’installazione di impianti per la desalinizzazione di acque salmastre o di quelle marine mal si conciliano con le necessità dell’Isola in quanto non sono in grado di fornire portate rilevanti durante il breve periodo estivo. Sono invece atti, gli impianti di desalinizzazione, a fornire portate modeste ma costanti per tutto l’anno ed i pozzi a produrre acqua in tutti i periodi ma con esclusione di quelli estivi durante i quali la falda sotterranea riduce sensibilmente la sua producibilità. In periodi particolarmente siccitosi le falde idriche sotterranee dell’Isola d’Elba ed anche quelle della Val di Cornia accusano infatti degli abbassamenti di livello così marcati da provocare notevoli immissioni di acqua marina o salmastra che le rendono assolutamente inutilizzabili ai fini potabili. La situazione è aggravata dalla insufficiente possibilità di costituire nell’Isola invasi d’acqua potabile poichè nelle progettazioni dei nuovi desalinizzatori non è  affatto prevista la costruzione di serbatoi di compensazione delle portate, compensazione oltremodo necessaria visto la notevole diversità che esiste tra portata prodotta che è costante nel tempo e portata richiesta dall’utenza che invece è variabilissima. Da rilevare che la particolare conformazione della rete di distribuzione elbana composta da oltre una cinquantina di reti separate e molto spesso in serie l’una con l’altra e quindi con sequenze idrauliche del tutto casuali che rendono quasi impossibile alla cinquantina di  serbatoi esistenti di compiere perfino  la compensazione giornaliera.La conseguenza è la necessità , matematicamente impossibile da attuare, di immettere direttamente in rete portate continuamente variabili. Ne è riprova il fatto che la punta estiva di consumo non viene mai coperta se non immettendo in rete acque salmastre oppure addirittura  sospendendo alternativamente zona per zona  la fornitura dell’acqua.
Una ulteriore proposta riguarda l’utilizzazione, sia ad uso potabile sia quale acqua grezza per usi vari come l’irrigazione e gli usi complementari di quelli potabili, delle acque restituite dalle fognature pubbliche sottoposte ad adeguato trattamento. Anche questa soluzione, spesso adottata in ottemperanza con le indicazioni delle leggi vigenti in materia di disciplina delle acque e quando si è in presenza di scarichi di grandi città aventi notevoli portate d’acqua reflua, mal si presta nel caso dell’Isola d’Elba a causa dell’eccessivo spezzettamento del servizio fognario che comporterebbe una miriade di piccoli impianti di trattamento di difficoltosa e onerosissima gestione cui deve aggiungersi, nel caso dell’acqua grezza, la necessità di costruire e gestire una doppia rete di distribuzione.
Il quadro del tutto negativo della reale situazione elbana è completo quando si consideri l’impossibilità di incrementare la fornitura d’acqua proveniente dalla terraferma e cioè dalla Val di Cornia essendo invece da prevedervi carenze idriche ancora più gravi di quelle attuali per motivi svariati tra cui:
· insufficiente producibilità delle fonti rispetto al fabbisogno dell’utenza che da esse dipende;
· concomitanza delle crisi estive della Val di Cornia con quelle Elbane;
· eccessivo inquinamento delle falde della Val di Cornia da boro e da arsenico cui si è posto rimedio con costosi trattamenti ubicati nella Val di Cornia in prossimità delle fonti principali;
· impossibilità di aumentare l’adducibilità dell’esistente condotta sottomarina di collegamento con la terraferma.
Per documentare lo stato di crisi della Val di Cornia basterà riportare integralmente la seguente frase riepilogativa delle indagini svoltevi dal CIGRI Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche: ” L’insieme delle conoscenze acquisite disegna un quadro di gravissima emergenza”.

D) DESCRIZIONE DELLE OPERE CHE FORMANO L’OGGETTO DEL PRESENTE LAVORO

II manufatto in progetto consiste in un grande serbatoio per acqua potabile da realizzare mediante escavo di una galleria di notevole sviluppo e di adeguata sezione nel materiale roccioso sottostante i monti Capanne e Perone dove sono più frequenti le piogge. La galleria, posta orizzontalmente alla quota di 150 metri sul mare, con il suo andamento planimetrico che circonda tutta la parte ovest dell’isola, consente di drenare e ricevere gran parte delle acque di pioggia che cadono in essa.

Fig. 4 = Planimetria della parte ovest dell’Isola d’Elba

Le sue caratteristiche salienti possono essere così riassunte:
1 – si tratta di un’opera totalmente invisibile e che, pertanto, non arreca nessun danno al paesaggio dell’isola;
2 – il suo grande volume d’invaso consente di accumulare gran parte delle acque di pioggia relative al bacino imbrifero sotteso costituendo una riserva in grado di effettuare la compensazione trimestrale delle portate per usi potabili e per usi vari di oltre 250.000 abitanti equivalenti;
3 – il suo andamento plano-altimetrico consente, come sarà avanti descritto, una facile raccolta delle acque delle sorgenti, dei fossi distribuiti in tutta la zona e delle falde sotterranee, ivi esistenti e che attualmente si scaricano direttamente in mare senza che la loro presenza sia nota.
4 – La quota altimetrica del serbatoio/galleria consente di alimentare una buona  parte dell’utenza direttamente a gravità riservando il sollevamento tramite pompe alle sole aree abitate poste a quote elevate;
5 – Trattandosi di manufatto sotterraneo l’acqua accumulata può rimanervi per lunghi periodi al riparo da perdite per evaporazione e da agenti esterni vari come l’irraggiamento solare e la possibile immissione di inquinanti e conservare pertanto intatte le sue naturali doti di freschezza ed potabilità;
6 – Essendo formata da numerosi tronchi ognuno dei quali può funzionare indipendentemente dall’altro, sarà possibile effettuare alternativamente i lavori di manutenzione e pulizia senza interrompere l’alimentazione dell’utenza.
7 – Sarà sempre possibile immettere nel serbatoio/galleria eventuali volumi d’acqua provenienti da fonti diverse da quelle descritte come ad esempio quelli prodotti per desalinizzazione dell’acqua del mare oppure come quelli addotti dalla Val di Cornia, raccolti da sorgenti poste al di fuori del bacino imbrifero sotteso dalle opere in progetto oppure emunte tramite pompe sommerse da pozzi terebrati nelle falde profonde e che risultino in eccedenza rispetto al fabbisogno momentaneo.
8 – Le opere potranno essere costruite per stralci funzionali in modo da diluire la spesa nel tempo.
9 – Il serbatoio, essendo assolutamente inaccessibile a tutte le persone estranee al servizio acquedottistico è salvaguardato da possibili atti di vandalismo.
10 – L’ubicazione del grande serbatoio nella parte occidentale dell’Isola cioè nel punto diametralmente opposto rispetto a quello di arrivo della condotta di adduzione dell’acqua dalla Val di Cornia, gli conferisce una ottima funzionalità idraulica di compensazione delle portate sia nell’attuale ed autonomo assetto acquedottistico sia in quello futuro integrato nel competente ATO (vedi art. P).
11-L’accumulo di grandi quantitativi d’acqua piovana contribuisce a lenire i danni provocati in caso di eventi piovosi particolarmente intensi.

E) CARATTERISTICHE GENERALI DEI MANUFATTI IN PROGETTO


Il serbatoio/galleria consiste principalmente un manufatto a sezione circolare del diametro interno di 10 m. e ad andamento planimetrico ad anello che circonda, a notevole profondità sotto il suolo, il territorio ovest dell’isola e le sue alture tra le quali spiccano il Monte Capanna e Perone aventi rispettivamente una quota alla vetta pari a 1018 e 630 metri sopra il livello del mare ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ). Lungo il perimetro esterno ed in corrispondenza dei principali avallamenti del suolo, sono previsti dei vertici planimetrici nei quali l’opera affiora in superficie rendendo estremamente agevole, tramite modeste opere di presa superficiali, la raccolta ed immissione dei fossi o dei rii previa eventuale decantazione, filtrazione e disinfezione da eseguirsi presumibilmente in galleria, nonché l’immissione diretta delle acque in esubero di qualunque altra provenienza come pozzi o acquedotti locali o quella proveniente dalla Val di Cornia o infine dalla desalinizzazione dell’acqua dl mare. Altra caratteristica estremamente favorevole è data dalla possibilità di captare lungo il tracciato della galleria le acque di falda presenti nel sottosuolo e che attualmente si scaricano a mare senza nessuna loro segnalazione esterna.

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L’andamento planimetrico della galleria che attraversa perpendicolarmente tutti i compluvi e le vallette esistenti nel territorio ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ), garantisce che tutte le vene idriche che si sottopasseranno durante il suo scavo finiranno, grazie alla presenza di faglie o fratture del terreno roccioso, per essere richiamate all’interno come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere. Sarà quindi estremamente agevole creare, nei punti di intersezione con la falda, le opere per la raccolta e regolazione dell’acqua, ferma restando la possibilità della loro intercettazione e deviazione, in caso di bisogno, nella tubazione di drenaggio esterna (vedi fig. 8 =particolari delle immissioni in galleria dell’acqua di falda). Ogni immissione dovrà infatti essere tenuta sotto controllo quantitativo e qualitativo tramite apposite apparecchiature automatiche di misura e trasmissione continuativa dei dati. La presenza di faglie e fratture nel materasso roccioso attraversato dal serbatoio/galleria e che possono assicurare l’immissione, diretta o tramite le opere specifiche di cui al seguente art. G, delle acque di falda in galleria, è documentata nella pubblicazione del Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze “LE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” di Bencini, Pranzini, Giardi e Tacconi =Tacchi Editore – Pisa- contenente le indicazioni tratte da analisi stereoscopica delle foto aeree del territorio isolano. Si deve infine  rilevare che, qualora intervenissero delle serie motivazioni per evitare ogni interferenza con le falde idriche  esterne all’opera, la moderna tecnologia di scavo e di rivestimento della galleria-serbatoio consentirebbe anche di operare previa immissione di acqua un pressione all’esterno del cantiere garantendo ogni turbativa della falda naturale,

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Fiog. 7 = sezione tipo del serbatoio-galleria

Il serbatoio/galleria ricavato per tutto il suo sviluppo nello strato roccioso, sarà interamente rivestito in calcestruzzo armato al fine di garantirne la tenuta idraulica ed altresì creare una efficace protezione da ogni infiltrazione indesiderata (vedi fig. 7 = sezione tipo). Nella parte inferiore mediana troverà posto una canaletta interna atta a raccogliere ed evacuare le sabbie di deposito durante i periodici lavori di pulizia e da eseguirsi mediante getto d’acqua fornita dalla tubazione predisposta lungo la volta. Lungo la volta stessa sarà installata la linea elettrica di illuminazione e di alimentazione di eventuali attrezzi necessari per i lavori di manutenzione, i cavi per il comando e controllo delle apparecchiature e per la trasmissione dei dati, la tubazione per il rifornimento dell’acqua in pressione e quella per l’aria compressa, dove ritenuta necessarie. Nella parte inferiore e all’esterno del rivestimento in calcestruzzo troverà posto una tubazione di drenaggio indispensabile per l’evacuazione delle acque di infiltrazione durante i lavori di costruzione e che, in corso di esercizio, servirà alla eliminazione di eventuali acque esterne alla galleria che non avessero i requisiti di accettabilità, e sia di quelle acque che fossero comunque da evacuare sia stabilmente che temporaneamente. La galleria avrà andamento altimetrico orizzontale con platea a leggera pendenza verso i punti di imbocco.
Le considerazioni che hanno portato alla decisione di fissare, in prima approssimazione e salvo migliori determinazione da farsi in sede di progettazione esecutiva, la quota altimetrica del serbatoio a circa150 metri sul mare sono le seguenti:
1) – la quota deve essere il più bassa possibile al fine di allargare al massimo la superficie del bacino imbrifero sotteso e aumentare quindi le possibilità di raccolta d’acqua piovana;
2) – la quota di imposta del serbatoio deve, al tempo stesso, essere sufficientemente elevata per dare la possibilità di distribuire l’acqua del suo invaso direttamente a gravità alla maggior parte dell’utenza da alimentare.
3) – la scelta altimetrica definitiva deve consentire di immettere l’acqua direttamente nell’esistente rete di adduzione che collega tra di loro tutti gli acquedotti dell’Isola e quindi di alimentare l’intera isola fin dalla prima fase di esercizio utilizzando solo opere esistenti. E’ da rilevare come alla data attuale l’acqua proveniente dalla Val di Cornia una volta giunta all’Elba dopo il percorso sottomarino, percorre l’intera isola da Est verso Ovest tramite opere comprendenti condotte, serbatoi e impianti di sollevamento funzionanti tutti in serie ed aventi il loro punto finale di arrivo in un serbatoio posto in prossimità ed alla stessa quota dei quello sotterraneo in progetto. Fatte salve le necessarie verifiche sulla scorta dei dati reali, è prevedibile che, una volta costruito il nuovo serbatoio sotterraneo ed in attesa della realizzazione della nuova potenziata rete di adduzione e di distribuzione, si possano utilizzare gli stessi impianti a ritroso e cioè da ovest verso est e quindi alimentare da subito tutti gli acquedotti locali.

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Fig. 8 = Particolari dell’immissione in galleria della falda


Considerato che una corretta concezione della rete di distribuzione dell’acquedotto in una zona altimetricamente varia come quella dell’isola richiede comunque delle reti distinte per fasce altimetriche omogenee aventi ciascuna un’altezza massima di circa m. 80 al fine di assicurare corrette pressioni di funzionamento, considerato altresì che la prima fascia, quella che dal livello del mare a circa 100 metri sul mare è la più importante in quanto comprende la maggior parte del territorio abitato da servire, si è pensato di privilegiare la sua alimentazione in diretta e a gravità tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio/galleria, prevedendo che solo gli altri centri abitati posti a quota più elevata siano serviti mediante risollevamento meccanico dell’acqua.
In definitiva, con serbatoio a quota 150 m.s.m. e definita in 50 m. la perdita di carico per il trasporto dell’acqua da serbatoio alle singole reti dei centri posti nella fascia inferiore tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio stesso, rimangono disponibili 100 metri di carico idraulico necessario e sufficiente per il funzionamento a gravità delle reti di distribuzione medesime. In altre parole con la soluzione prospettata è possibile effettuare raccolta, accumulo e trasporto dell’acqua fino al domicilio di una buona parte degli utenti dell’isola d’Elba senza necessità alcuna di pompaggio ma interamente a gravità
3) – il carico definito come sopra rende possibile anche l’adduzione, sempre a gravità, dei volumi d’acqua diretti ai centri delle fasce superiori ma con la pregiudiziale della loro consegna in una vasca di raccolta posta ad una quota altimetrica pari a circa 100 msm. e nella quale dovranno pescare le pompe di risollevamento di cui ognuno di tali centri dovrà essere dotato per la distribuzione dell’acqua al domicilio dei propri utenti: si raggiunge il duplice scopo di dotare questi ultimi di quella pressione di esercizio che meglio si adatta alla loro posizione altimetrica estremamente variegata e di contenere la spesa energetica di risollevamento dell’acqua, considerato che si tratta in genere di centri di piccola entità aventi esigui fabbisogni idropotabili.
4) – le singole reti locali che attualmente usufruiscono di fonti proprie, possono, nei periodi di scarso consumo dei loro utenti (ad esempio durante le notti delle stagioni invernali), immettere nel serbatoio/galleria la portata in eccedenza rispetto al fabbisogno, tramite funzionamento a ritroso delle descritte condotte che, in questo caso, vi confluiscono a raggiera. In prima fase l’immissione in oggetto potrà aver luogo, per quanto detto, usufruendo della esistente rete acquedottistica di adduzione.
In sede di progettazione esecutiva la quota definitiva del serbatoio/galleria sarà, come tutte le altre caratteristiche costruttive, ridefinita sulla base di approfonditi studi. La quota potrà quindi subire modifiche, anche sostanziali, tenute presenti le conseguenze, sia negative che positive, che ne deriveranno in termini di maggiore o minore estensione del bacino imbrifero sotteso, di estesa della galleria, di qualità dei materiali incontrati, di pressione di funzionamento della rete di distribuzione, di necessità di pompaggio dell’acqua, ecc. ecc.
L’aspetto negativo dell’insieme di opere che il presente lavoro prevede, è rappresentato dalla necessità di smaltire lo smarino di galleria e cioè un quantitativo di oltre due milioni di metri cubi di roccia proveniente dallo scavo. Uno studio approfondito delle modalità esecutive delle opere potrebbe però risolvere brillantemente anche tale problema. Il territorio attraversato, fatti salvi i migliori accertamenti da effettuare in sede di redazione del progetto esecutivo, è infatti composto per la maggior parte da ottimo materiale lapideo che, oltre a fornire le necessarie garanzie circa la fattibilità tecnica della galleria e la stabilità dei terreni durante e dopo la esecuzione dei lavori, potrebbe anche costituire una importante fonte di materiale inerte per calcestruzzi e in genere da costruzione o per rilevati stradali, per la sistemazione di piazzali e campeggi ecc. ecc, sabbie per il ripascimento di arenili erosi dalle mareggiate, se non addirittura di meravigliosi graniti da lavorazione del tutto analoghi a quelli prodotti nelle cave di S. Piero. Il tutto come sarà meglio spiegato più avanti.
E’ inutile sottolineare come la progettazione esecutiva dell’opera debba essere, in ogni caso, preceduta da studi, indagini, rilievi, sondaggi, accertamenti ecc. ecc. atti a verificare le condizioni di fattibilità delle opere, il loro rapporto costi/benefici, le disponibilità idriche effettive del territorio, ed a definire le soluzioni tecnico/economiche ottimali di tracciato, di dimensionamento ed in genere di costituzione dei vari manufatti. Da notare come il tracciato definitivo sotterraneo del serbatoio/galleria sia molto elastico non essendo legato a particolari vincoli planimetrici fatta eccezione soltanto a quello di presentare delle finestre di accesso dall’esterno disposte (se necessario anche in derivazione dall’asse della galleria principale) in modo da facilitare lo scavo della galleria e di consentire l’immissione al suo interno delle acque raccolte in superficie. Il tracciato può pertanto svolgersi seguendo quei percorsi che dagli studi preventivi risulteranno i più idonei per la funzionalità idraulica delle opere e per la natura del sottosuolo e la presenza di faglie o fratture della roccia.

F) ELEMENTI ESSENZIALI DI DIMENSIONAMENTO DEI MANUFATTI

I principali dati sono i seguenti:
– bacino imbrifero sotteso : circa mq 40.000.000
– altezza minima di pioggia annua prevedibile: mm 500
– volume minimo d’acqua di pioggia annua totale: mc 20.000.000 suddiviso come segue:
volume pioggia disperso per evaporazione e traspirazione 58%: mc 11.600.000
volume deflussi superficiali 29%: mc 5.800.000
volume deflussi sotterranei 13%: mc 2.600.000
Totale: mc 20.000.000
– volume annuo raccolto dalla galleria mc 5.800.000 + 2.600.000 = mc 8.400.000
– volume trimestrale medio mc 8.400.000 / 4 = mc 2.100.000
– popolazione equivalente da alimentare: abitanti 250.000 nei periodi di maggior afflusso turistico e abitanti 50.000 nelle stagioni morte
– fabbisogno giornaliero nei giorni di punta: n. 250.000 x 0.300=mc 75.000 negli altri giorni : 50.000 x 0,300 = mc 15.000
– volume necessario per la compensazione trimestrale: gg 90 x mc 75.000 x 0.22 = mc 1.500.000
– volume utile di invaso del serbatoio/galleria: ml 25 600 x mq 76.20 = mc 1.950.000 corrispondente circa all’apporto medio trimestrale di pioggia (mc 2.100.000)

G) L’INCREMENTO DELLA PORTATA D’ACQUA POTABILE DA ACCUMULARE IN SERBATOIO

Poiché il serbatoio/galleria, al contrario di altre soluzioni come quelle degli invasi da ricavare mediante dighe di ritenuta o diaframmi sotterranei, è destinato a contenere acqua potabile cioè pronta per essere consegnata, senza alcun trattamento, all’utenza, devono essere poste in atto tutte le possibili attività volte alla captazione di tale prezioso elemento. Tra di esse assume una grande importanza l’immissione diretta in galleria delle falde soprastanti che avrà luogo man mano che procederà lo scavo senza che sia necessario alcun intervento particolare. Potranno però verificarsi dei casi in cui l’immissione in serbatoio di importanti quantitativi di acqua naturalmente potabile contenuta in sacche permeabili o semipermeabili di terreno soprastanti la galleria non abbia luogo per motivi vari come, ad esempio, la mancata fratturazione della roccia di estradosso della galleria che la rende assolutamente impermeabile, la particolare ubicazione planimetrica della sacca, la presenza, nella sacca medesima, di vie di fuga dell’acqua verso valle ecc. ecc. In tali casi sarà possibile favorire la raccolta di detti volumi d’acqua tramite perforazioni della roccia atte a realizzare il mancato collegamento idraulico o tramite diaframmi di impermeabilizzazione del bordo di valle della sacca atti ad eliminare le fughe descritte. Anche in questo caso si tratta di opere completamente sotterranee prive di impatto ambientale. Esiste una eccezione alla fregola espressa. Quando si dovesse dimostratre che le faldo sotterranee del m. Capanne non dovessero essere minimamente modificata esiste la possibilità di effettuare gli scavi ed il rivestimento della galleria con emissione verso l’esterno di acqua in pressione che tutela in toto l’ambiente esterno ai lavori.

H) LA CAPTAZIONE ED IMMISSIONE IN SERBATOIO DELL’ACQUA DEI FOSSI

L’apporto principale di acqua potabile da immettere nel serbatoio/galleria è senz’altro quello fornito, durante i periodi di pioggia intensa, dai fossi e quindi deve essere posta una cura particolare nella realizzazione delle opere atte allo scopo. Esse comprendono una presa da costruire nel fosso o nella valletta e costituita da una briglia e da un pozzetto di raccolta dal quale si diparte una condotta di diametro adeguato all’adduzione dell’acqua alla finestra di accesso alla galleria. La finestra, cioè quel tratto di galleria del diametro di 10 m.e di lunghezza variabile, che collega l’imbocco esterno con la galleria/serbatoio vero e proprio, (vedi figg. 5 e 6 ) può alloggiare, se ritenuto in fase di progettazione esecutiva necessario, tre strutture idrauliche poste una di seguito all’altra a partire dall’interno verso l’esterno:
– la vasca di decantazione dei materiali in sospensione nell’acqua costituita da un primo tronco di galleria della lunghezza massima di circa 100 m;
– la sala filtri che occupa il secondo tronco della lunghezza di circa 20 m;
– la sala pompe posta vicino all’imbocco esterno.
L’acqua del fosso, captata ed immessa nel decantatore come indicato, vi rimarrà per il tempo necessario perché il materiale in sospensione vi sia depositato; attraverso appositi manufatti di sfioro passerà poi nei filtri e quindi nelle sala pompe dove sarà provveduto all’immissione del cloro o altri mezzi di  di disinfezione e quindi al sollevamento per la definitiva adduzione, con percorso a ritroso, nel serbatoio/galleria, dove, come più volte indicato, dovranno essere immesse solo acque potabili.
La canaletta, ricavata nella parte inferiore della finestra, consentirà il periodico asporto del materiale di deposito nonché il lavaggio della vasca di decantazione e dei filtri da eseguirsi come di consueto in installazioni del genere.
Da rilevare come tutte le opere descritte, con la sola eccezione della briglia di presa, siano sotterranee e quindi presentino tutte gli stessi requisiti del serbatoio principale nei confronti dell’impatto ambientale.
In alternativa a quanto precede, la briglia di presa e le opere per la decantazione, filtrazione e disinfezione potranno, se particolari condizioni lo richiederanno, essere realizzate indipendentemente dalla galleria sia all’aperto sia in caverna. Potranno, ad esempio, essere ubicate ad una quota altimetrica superiore di quella del serbatoio/galleria con il vantaggio di evitare il sollevamento delle acque, oppure ad una quota inferiore allo scopo di poter aumentare, a fronte dell’onere di dover pompare l’acqua captata, la superficie del bacino imbrifero sotteso.
Le decisioni in merito alla raccolta delle acque dovrà in ogni caso essere preceduta da approfondite indagini sulla piovosità reale, sulle modalità di scolo naturale delle acque fosso per fosso e sulle modalità da seguire per una efficace loro raccolta. Da tali indagini potrà anche derivare la necessità di predisporre dei bacini di accumulo rapido delle acque grezze ben più capaci di quelli ricavabili, come indicato sopra, nelle finestre di accesso della galleria il che comporta una sostanziale modifica delle opere come sarà meglio descritto nei capitoli seguenti.

I) I SERBATOI SUPPLEMENTARI PER ACQUA GREZZA

Come già indicato le acque di pioggia che si raccolgono nei compluvi vengono, tramite una briglia posta di traverso alla valletta, deviate e quindi addotte alle vasche di decantazione ricavate all’interno delle finestre di accesso alla galleria/serbatoio vera e propria.
E’ evidente che i volumi d’acqua che si raccolgono sia pur per tempi brevi ma con notevole intensità nei fossi principali che sottendono vasti bacini imbriferi, richiedono invasi altrettanto notevoli che, come tali, potrebbero non essere però compatibili con le citate finestre di accesso. D’altro canto lo smaltimento dei depositi necessario per la pulizia dei decantatori impone di non eccedere nella loro lunghezza, fissata in circa 100 metri massimi.
Da tali considerazioni potrebbero, in sede di progettazione esecutiva, derivare modifiche sostanziali delle vasche di raccolta che da semplici strutture di decantazione delle acque, come previsto, potrebbero invece assumere la caratteristica di veri e propri serbatoi supplementari per acqua grezza. Nel caso, abbandonata l’idea di utilizzare la finestra, dovrà essere prevista la costruzione, a lato di ognuno dei fossi principali, di un serbatoio sotterraneo di grandi dimensioni e posto a quota sufficientemente elevata rispetto alla galleria per consentire lo svolgimento a gravità di tutto il processo depurativo e di adduzione dell’acqua: Essendo ogni serbatoio dal punto di vista idraulico totalmente a sé stante, potrà avere quelle dimensioni, forma, ubicazione che meglio si adatteranno alle circostanze locali sia dal punto di vista idraulico che da quello costruttivo.
Eccezionalmente, quando le condizioni idriche dei luoghi lo richiederanno, il serbatoio in argomento potrà essere costruito anche a quote notevolmente inferiori di quelle della galleria/serbatoio fatta salva, in tal caso, la necessità di prevedere il necessario sollevamento delle acque dopo depurazione.
Ogni serbatoio, con la sua notevole capacità ed essendo normalmente vuoto, resta pronto ad accogliere le acque intense che percorrono il fosso di sua competenza e che vi sono immesse nello stato in cui si trovano cioè torbide avendo subito soltanto la eliminazione delle ghiaie avvenuta ad opera del piccolo invaso posto a monte dell’opera di presa. Viene così attuata non solo la raccolta, in grandi quantitativi, della preziosa acqua piovana ma anche la laminazione delle piene e quindi migliorata la salvaguardia dei territori di valle dai danni che le alluvioni vi provocano spesso. Terminato l’evento piovoso ed avendo accumulato grandi volumi d’acqua, il serbatoio avrà, nelle giornate successive, tutto il tempo per dar corso al processo di decantazione, filtrazione e disinfezione per poter, una volta svuotato per averla scaricata nella sottostante galleria/serbatoio, essere pronto ad accogliere nuova acqua di pioggia.
I serbatoi per acqua grezza di cui si discute costituiranno, nel loro insieme, un notevole volume di invaso che rientra nel bilancio totale dei volumi utili per la compensazione trimestrale delle portate Si deve infatti tener presente che, di regola, essi sono destinati a restar vuoti in attesa della pioggia ma una volta raggiunto il massimo livello con l’acqua immessa nella galleria/serbatoio d’acqua pura, essi possono invece rimanere pieni e costituire quindi un importante volume integrativo da utilizzare anche a notevole distanza di tempo. In sede di definizione progettuale delle opere si potrà, grazie al contributo dato dai serbatoi d’acqua grezza in parola, assegnare alla galleria/serbatoio un volume utile più contenuto di quanto descritto ai capitoli precedenti al limite eccedendo nel volume integrativo dei serbatoi d’acqua grezza. I vantaggi ritraibili in tal caso saranno, come meglio spiegato nel capitolo seguente, notevoli.

L) VARIANTE DELLE OPERE PRINCIPALI CONSEGUENTE ALLA REALIZZAZIONE DEI SERBATOI D’ACQUA GREZZA

Una delle varianti alle opere principali dovuta alla presenza dei serbatoi d’acqua grezza descritti al capitolo precedente è quella basata sulla suddivisione del volume totale di invaso, in via approssimativa stimato in 2.000.000 di metri cubi utili, in due porzioni uguali, delle quali la prima, destinata a contenere acqua pura, è costituita dalla galleria/serbatoio il cui diametro può essere ridotto dai previsti 10 m. a soli 7 m. sufficienti per ottenere, con l’estesa totale prevista in 25 Km circa, il predetto volume utile di mc 1.000.000. La seconda porzione, stimata anch’essa in 1.000.000 di mc sarà realizzata a mezzo dei serbatoi d’acqua grezza che in via preliminare, potranno, ad esempio, essere in numero di 10 unità ognuna delle quali comprendente un vano ricavato nel sottosuolo roccioso con pianta circolare o quadrata della superficie di circa m 35 x 35 ed altezza di circa m 11 e munito di propria finestra per accedervi dall’esterno. L’ ubicazione plano altimetrica sarà definita, serbatoio per serbatoio, in modo che sia facilitato lo svolgimento delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere e cioè la raccolta delle acque di uno o di più fossi ubicati nelle vicinanze, la decantazione ed immissione dell’acqua filtrata e disinfettata nella galleria/serbatoio direttamente a gravità evitando quindi il suo sollevamento meccanico, ed infine l’estrazione del prezioso granito di cui è costituito il sottosuolo attraversato e che richiede lavorazioni del tutto particolari .
Ogni serbatoio, dotato ovviamente di tutte le strutture edilizie necessarie per la stabilità delle pareti e della volta di copertura,. avrà, analogamente a quanto precedentemente indicato per la galleria/serbatoio d’acqua pura, il paramento interno interamente rivestito in calcestruzzo armato allo scopo di garantirne la tenuta idraulica. Come già detto, potranno eccezionalmente essere previsti serbatoi analoghi a quelli in argomento ma posti lontano dalla galleria/serbatoio onde soddisfare a particolari esigenze . Dovranno, in tal caso, essere adottate delle modalità altrettanto particolari come il pompaggio meccanico dell’acqua captata e/o la costruzione di adeguate condotte di adduzione per consentire comunque il recapito finale dell’acqua depurata nella galleria/serbatoio. Nulla vieta che, nei fossi minori, la raccolta e decantazione dell’acqua sia attuata utilizzando la finestra di accesso come previsto nei precedenti capitoli ed evitando quindi la costruzione del serbatoio supplementare. Anche il volume dei piccoli decantatori così previsti rientra nel bilancio totale dei volumi di invaso utili ma il loro ammontare è così modesto da non meritare, in questa sede, alcuna menzione.

M) VARIANTE CON DUE SEMIBACINI PER ACQUA POTABILE E GREZZA E CON EVENTUALE PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Una interessante variante costruttiva e di esercizio in alternativa alla precedente di cui ai cap. I-L che aveva per oggetto i serbatoi supplementari per acqua grezza, é quella basata sulla suddivisione della galleria/serbatoio in due grandi semibacini a sezione semicircolare oppure a due circonferenze affiancate e separate da un setto interno verticale che la percorre in mezzeria per tutti i suoi 25 km di estesa. Se ne verrà dimostrata la convenienza, potranno essere previste anche due gallerie separate ed uguali tra di loro, ciascuna del diametro di 3.60 m e necessarie per avere un volume utile complessivo pari ai 2.000.000 mc richiesti. La soluzione a gallerie separate, a fronte di un indubbio maggior onere economico di costruzione, presenta il vantaggio di consentire l’impiego di macchine di scavo e rivestimento di dimensioni più contenute e, qualora se ne presentasse la necessità, di seguire due tracciati diversi e quindi raggiungere con le gallerie punti di particolare interesse.
Nel primo sottobacino, destinato all’accumulo dell’acqua grezza raccolta dai fossi, verranno ricavati, tramite alcuni setti trasversali, dei brevi tronchi posti in prossimità degli imbocchi esterni e destinati ad accogliere l’acqua non appena captata e a conservarla per il tempo necessario alla decantazione del materiale in sospensione. Da quì essa sfiorerà nella restante parte dello stesso semibacino, per restarvi poi a lungo prontamente disponibile per le diverse e possibili destinazioni.

altratecnica-galleria-doppiaPotrà essere, in dettaglio, derivata ed addotta all’utenza direttamente a gravità, nello stato in cui si trova e tramite una appropriata rete d’acqua grezza che raggiunga almeno i centri più vicini della zona ovest dell’Isola, per gli usi di irrigazione di orti o giardini o per quelli complementari come lavaggi, raffreddamenti, pulizia strade e fognature ecc. ecc. In alternativa il liquido accumulato potrà invece essere immesso, assieme alle altre acque potabili e quindi dopo aver subito il necessario processo di filtrazione e disinfezione, nel secondo semibacino dove costituirà la indispensabile riserva d’acqua potabile in grado di essere distribuita, sempre con funzionamento a gravità, fino al domicilio dell’utenza di tutta l’Isola d’Elba.
Questi gli usi principali cui sarà normalmente destinata l’acqua raccolta dai fossi. Esiste una ulteriore possibilità destinata a svolgere un ruolo importante nell’economia di gestione del servizio idrico e cioé quella della produzione di energia elettrica tanto più preziosa in quanto, grazie al grande volume di invaso, non é in alcun modo vincolata ad orario. Il serbatoio/galleria, dimensionato per il periodo critico estivo e, con ulteriore cautela, sulla base della piovosità minima, nelle restanti stagioni e in tutti i casi di piovosità normale o medio-alta, risulterà nettamente esuberante e quindi, con la sola esclusione del periodo estivo, all’Elba si renderanno disponibili ingenti quantitativi di acqua che, con un salto di 150 m., potranno essere convenientemente utilizzati per la produzione di energia-elettrica.
Da rilevare come alcuni fossi, ubicati all’interno del bacino imbrifero del serbatoio-galleria, nel periodo invernale mantengano per mesi e mesi una portata continua che, opportunamente captata ed immessa nel semibacino d’acqua grezza, costituisce da sola una importante risorsa idrica interamente sfruttabile per la citata produzione di energia elettrica.
La presente variante riguarda, in definitiva, la creazione di due sottobacini con le seguenti diversificate modalità di utilizzazione:
a) Primo sottobacino : accumulo di acqua grezza da sottoporre alla sola decantazione dei materiali in sospensione per un volume idrico totale pari a circa un milione di mc che potrà, a seconda delle necessità contingenti, essere in tutto o in parte distribuita nello stato in cui si trova, e, in alternativa, essere trattata e quindi trasferita nell’altro semibacino per entrare a far parte del volume d’acqua potabile pronto ad entrare nelle varie reti di distribuzione, oppure, terza ed ultima possibilità, essere usato per la produzione di energia elettrica.
b) Secondo semibacino. Accumulo di acqua potabile di diversa provenienza come acque naturalmente potabili delle falde attraversate con la galleria, acque provenienti da pozzi, sorgenti o acquedotti esistenti ed infine acqua derivata dal sottobacino n. 1) e preventivamente potabilizzata. L’intero volume idrico, pari anche in questo caso a circa un milione di mc e, soprattutto nel periodo estivo, integrato come detto dall’acqua grezza potabilizzata per un volume pari, al limite massimo di un altro milione di mc, rimane in quota esclusivamente ad uso potabile dell’intera Isola. Da rilevare come la favorevole circostanza di poter produrre energia elettrica sia dovuta a due fattori concomitanti all’ Elba e cioè da un lato alla ristretta concentrazione nel periodo estivo dei forti consumi idrici che lascia disponibili per tutto il resto dell’anno ingenti volumi dell’acqua accumulata nel grande serbatoio/galleria e quella continua fluente nei fossi e, dall’altro lato, alla notevole estesa longitudinale della galleria che le permette di sottendere un bacino molto ampio della zona ovest dell’Isola e quindi di poter usufruire di buona parte delle precipitazioni piovose che in tale zona sono particolarmente abbondanti.
Si tratta di un vantaggio in più offerto dal grande serbatoio/galleria che, in sede di progettazione esecutiva varrà la pena di sottoporre ad un’attenta analisi.

N) FATTIBILITÀ DELLE OPERE IN PROGETTO

L’esame di alcuni elementi relativi ai problemi idrici dell’Elba e totalmente estranei al presente elaborato può chiarire alcuni aspetti delle proposte tecniche avanzate.
Ad esempio nel già citato studio effettuato nell’anno 1998 dal dott. Prof. Pier Gino Megale del Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione “P. Celeste” Università degli studi di Pisa intitolato “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA “, trovano sommaria corrispondenza gran parte delle grandezze esposte nel presente lavoro (fabbisogno idropotabile, previsione delle piogge, volume da assegnare al serbatoio di compenso ecc.) e vengono formulati i seguenti concetti di base:
a) Gran parte degli inconvenienti dell’attuale sistema di rifornimento idropotabile dell’Elba sono dovuti agli sfasamenti temporali che si verificano tra punte di consumo e portate disponibili;
b) I volumi d’acqua di pioggia che annualmente precipitano in isola ,se razionalmente utilizzati, sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno idropotabile ed irriguo dell’isola;
c) Le risorse locali dell’Isola d’Elba vengono utilizzate come integrative delle forniture del continente, facendo l’opposto di quello che sarebbe logico immaginare
d) Per risolvere il problema è necessario costruire un serbatoio in grado di accumulare almeno 2 milioni di mc d’acqua.
e) Vista l’impossibilità di creare un bacino in superficie è necessario che il nuovo serbatoio sia ricavato nel sottosuolo.
E’ superfluo rilevare come le affermazioni indicate siano le stesse poste a base delle proposte tecniche qui formulate e che quindi confermino la validità delle scelte operate. Da notare come la brillante soluzione proposta dal Megale e consistente nella costruzione di un serbatoio sotterraneo naturale tramite diaframmi di impermeabilizzazione continui lungo un tratto di costa atti a contenere i necessari volumi d’acqua, per ammissione dell’autore medesimo, presti il fianco a pericoli come la vulnerabilità della falda ed il mancato consolidamento del terreno mentre il tali pericoli non sussistano per il serbatoio qui proposto che, essendo totalmente rivestito in calcestruzzo, consente di tenere sotto controllo ogni immissione d’acqua, nel mentre non viene arrecato alcun danno al sottosuolo attraversato. Il serbatoio-galleria in progetto presenta anche il vantaggio di trovarsi ad una quota sufficiente per alimentare a gravità gran parte degli utenti dell’intera isola mentre quello naturale descritto si trova al di sotto del livello del mare e pertanto richiede il sollevamento di tutta l’acqua a mezzo pompe. Seri dubbi potrebbero essere inoltre avanzati circa le garanzie di impermeabilità di tale serbatoio naturale . Da non dimenticare la caratteristica fondamentale del serbatoio/galleria che è quella di essere destinato a contenere acqua potabile per la quale, al contrario dell’altra soluzione, non è necessario alcun trattamento prima di distribuirla agli utenti.
Anche nell’opera “Le risorse idriche dell’Isola d’Elba” di Bencini A.,Giardi M., Pranzini G. ed altri edita nel 1985 da Tacchi Editore – Pisa, trovano conferma i dati idrologici del presente lavoro.

Fresa per lo scavo delle gallerie in roccia
Grande fresa per lo scavo delle gallerie in roccia. Entro circoletto nero la figura di un lavoratore per avere un’indicazione delle dimensioni

Uno studio serio e completo sulle possibilità di reperire in Isola venne inoltre eseguito dall’esperto geologo elbano Alberto Segnini il quale dimostro’ come l’acqua esistente poteva essere del tutto sufficiente per l’intera isola.
Altri avvenimenti dai quali è possibili ritrarre utili indicazioni sono le recenti alluvioni che, oltre a confermare il verificarsi in isola di notevoli precipitazioni piovose, fanno considerare estremamente utile la costruzione di un grande bacino come quello in progetto che, con la sua notevole capacità di invaso, è in grado di laminare, almeno in parte, le piene delle valli limitando i danni provocati dalle acque che altrimenti scorrerebbero in superficie.

 Utili deduzioni si possono infine trarre dalla constatazione che in tutti i lavori di scavo di gallerie simili a quella qui proposta si verifica il fenomeno, di norma fonte di grandi difficoltà per la prosecuzione dei lavori ma in questo caso provvidenziale in quanto facilita il reperimento delle indispensabili fonti di rifornimento idrico, della immissione nel cunicolo di scavo di tutte le acque esterne che si trovano nel territorio soprastante. Lo stesso fenomeno si è verificato all’Elba negli anni ’60 quando la Montecatini ha costruito alcune gallerie nella valle di Ortano per ricerca di minerali. In tale occasione i quantitativi d’acqua richiamati all’interno furono così rilevanti da costringere la Società ad abbandonare il lavoro. Si fa però notare come, nel caso sia necessario per tutelare la situazione del sottosuolo attraversato dalla galleria-serbatoio, i potenti mezzi attualmente in uso per l’esecuzione dei lavori consentono di far precedere l’avanzamento dello scavo da acqua in pressione che impedisce qualunque sconvolgimento delle falde attraversate rinunciando quindi al predetto utilizzo dell’acqua delle falde locali.

O) ORDINE DA TENERSI NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

La notevole mole delle opere in progetto assieme alla necessità di affinarne la costituzione man mano che i lavori proseguono e sulla base dell’esperienza di esercizio delle porzioni di serbatoio costruito in precedenza, rendono assolutamente necessario che la costruzione sia effettuata per stralci successivi e tutti funzionali. In particolare sarebbe opportuno eseguire un primo lotto di opere con cui realizzare quanto prima un serbatoio di circa 100.000 mc di capacità utile che consentirebbe, prima di dar corso all’opera completa, di verificare alcuni risultati come ad esempio la reale entità delle immissioni d’acqua di falda, gli introiti effettivi provenienti dalla utilizzazione del materiale di risulta dello scavo e, soprattutto, i vantaggi derivanti al servizio idrico dalla presenza di una capacità di accumulo d’acqua potabile per ben 100.000 mc.
Ultimato il primo lotto ed acquisite tutte le necessarie informazioni dal suo esercizio protratto per un tempo sufficientemente lungo, si potrà procedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione dei restanti stralci fino a raggiungere quella capacità complessiva di accumulo che l’esperienza diretta potrà consigliare.
Da rilevare come la costruzione immediata di un tronco di galleria, e quindi di un serbatoio da 100.000 mc, svolgerebbe un ruolo determinante nell’alimentazione idrica elbana anche nel caso la soluzione prescelta dagli addetti non fosse quella propugnata nel presente lavoro e come , pertanto, la costruzione del primo lotto indicato, sia essenziale per il futuro dell’Isola d’Elba. Ad esempio nel caso si decidesse l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, la presenza di un serbatoio di ben 100.000 atto ad effettuare la compensazione settimanale dell’acqua prodotta, rappresenterebbe l’indispensabile completamento di tali impianti.

 

P) PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA

La costruzione, in normali condizioni, di una galleria come quella in progetto completa di rivestimento in calcestruzzo armato e di opere accessorie può comportare una spesa di circa  4.100.000 euro al chilometro. Essendo l’estesa totale prevista in 25 chilometri circa, l’importo complessivo delle opere può essere stimato in  103 milioni di euro. Si tratta di un impegno economico notevole che, a tutta prima, può apparire ingiustificato. Una analisi approfondita delle circostanze particolari dei luoghi può portare a conclusioni differenti. Innanzitutto occorre considerare l’importanza, anche economica, che riveste il problema di un corretto e sicuro rifornimento idropotabile dell’intera isola, rifornimento che nello stato di fatto và incontro a crisi sempre più gravi date dalle difficoltà crescenti che incontrano le fonti della Val di Cornia costituenti la base principale di alimentazione. In secondo luogo bisogna far rientrare nel bilancio economico gli introiti che possono derivare dalla utilizzazione del materiale di scavo della galleria quale ottimo materiale inerte da calcestruzzi, ghiaie e sabbie per riporti utili e per la eventuale ricostituzione della morfologia originaria della bellissima isola onde rimediare ai danni ambientali provocati dalla coltivazione delle cave di granito ed infine di sabbie per il ripascimento di spiagge erose da mareggiate oppure per l’ampliamento di quelle esistenti o la creazione di nuove piccole spiagge. Da tenere in particolare considerazione la produzione di blocchi di granito la cui estrazione, finora effettuata nelle cave all’aperto su concessioni che attualmente stanno per scadere e che sembra abbiano poche probabilità di rinnovo, potrebbe continuare, questa volta, senza arrecare alcun danno all’ambiente. Da rilevare come alla data attuale i locali cavatori siano costretti ad integrare l’insufficiente produzione di granito elbano con quello importato dalla lontana Cina. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare anche la realizzazione di importanti porzioni di serbatoio a costo zero da attuarsi assegnando alle cooperative di cavatori degli spazi sotterranei in cui esercitare in piena libertà la loro attività fatto salvo soltanto il vincolo della quota altimetrica di estrazione del granito che è rigorosamente dettata dai vincoli idraulici del serbatoio. Non si può far a meno di concludere il capitolo inerente gli impegni di spesa senza far rilevare questo aspetto non secondario: i cavatori di quell’ottimo materiale che è il granito elbano invece di procurare immensi squarci alle montagne di S. Piero come fatto nel passato stanno costruendo grandi ed utili vasche sotterranee!

Q) IL SERVIZIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE ACQUE DELL’ATO (Ambito Territoriale Omogeneo)

Abbiamo visto come la costruzione del grande serbatoio/galleria e delle opere di captazione annesse, consenta di rendere il servizio idrico elbano autonomo ed autosufficiente riscattandolo dall’asservimento alla terraferma che tanti problemi sta creando. Questo però non significa che l’Isola sarà in futuro emarginata, essa invece potrà, come tutto il resto del territorio Italiano, entrare a far parte del servizio idrico integrato che riguarda l’intero ciclo delle acque di una più vasta zona (ATO= ambito territoriale ottimale) definita con criteri di razionalità sulla base della legge 36/94 (legge Galli) e di quelle eventuali che le succederanno senza che, per tale motivo, la funzionalità delle opere medesime sia compromessa. Al contrario si potrà, anche in tale occasione, constatare come siano molteplici i benefici che il futuro sistema ATO potrà ritrarne. Innanzitutto poter disporre di una importante fonte d’acqua integrativa ubicata in prossimità di un notevole e decentrato centro di consumo estivo qual è l’Isola d’Elba, significa liberare il grande sistema idrico del gravoso impegno di rifornirla da una terraferma posta ad oltre dieci chilometri di distanza. In secondo luogo la presenza di un serbatoio di estremità come quello qui proposto, quando e se saranno potenziati i collegamenti idraulici con la terraferma, costituisce, con il suo notevole volume di invaso, un fattore di grande sicurezza del servizio idrico dell’intero sistema consentendo, in caso di bisogno, interscambi di portate nei due sensi sempre molto utili tenendo anche presente che in futuro le modalità di reperimento dei notevoli quantitativi d’acqua potabile che il grande sistema idrico richiederà potranno essere notevolmente diversi da quelli attuali. Ad esempio potrà darsi il caso che si debba allora ricorrere al trattamento di acque superficiali, al riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate, alla desalinizzazione dell’acqua salata ecc. ecc. Ebbene sarà in tutte queste evenienze che il serbatoio di estremità si rivelerà ancora una volta utilissimo per la regolarizzazione della produzione che, a fronte di una richiesta idrica variabilissima nel tempo, la sua grande capacità di invaso renderà possibile.

R) IL PRIMO LOTTO – LA RISOLUZIONE IMMEDIATA DELLE CRISI ESTIVE E LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI RETE ALLO SCOPO DI RIDURRE DRASTICAMENTE LE PERDITE

Nel capitolo O) si è proposta la costruzione di un primo lotto di galleria-serbatoio specificandone l’utilità generale. In questo capitolo si ritiene opportuno aggiungere degli importanti dettagli e segnalare come tale opera potrebbe risolvere l’urgente grave problema delle crisi idriche estive utilizzando solo l’acqua potabile fornita dall’esistente acquedotto .
Un punto che riveste un’importanza capitale è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana facendo rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali. Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Si può sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma aumentano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che ciò si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. L’argomento perdite si conclude in questo modo: l’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare e gestire uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Le opere che si possono ragionevolmente prevedere si basano invece sulla ricostruzione delle condotte più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le perdite piuttosto elevate che è necessario tollerare. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile fin dalle opere del primo lotto in argomento.

Le considerazioni su riportate conducono ad una importante conclusione: è fondamentale per l’Elba riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile.
Si è già visto che la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani è quella di provocare crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno. E’ questo un argomento fondamentale da tenere sempre in mente e che è opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. E’ questo un ulteriore prova della validità del serbatoio-galleria che è appunti destinato a contenere acqua potabile.

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Fig.10 = Veduta schematica della prima fase di costruzione del serbatoio

Ed ora, si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di una prima parte del serbatoio-galleria (vedi fig. 10 allegata).

Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di invaso pari a soli 100000 mc di acqua potabile la quale, secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente prelevabile dalla rete acquedottistica durante i periodi autunno-invernali. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori e di altre complesse apparecchiature ma eventualmente con un solo sistema di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio della presente nota e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In sostanza un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

Nella fig. 10 si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione. La vasca viene alimentata tramite valvola di regolazione asservita alla pressione della rete.

S) IL TRATTAMENTO PER LA CORREZIONE DELL’ACQUA CAPTATA NELLA VAL DI CORNIA

E’ diffusa in questi giorni (settembre 2011) notizia del “piano anti boro” per l’acqua che scorre dai rubinetti di alcuni comuni della Val di Cornia e dell’isola d’Elba, da sempre alle prese con il problema del’arsenico e boro. Il piano vale 20 milioni di euro e comprende la costruzione e l’esercizio di complesse e costose apparecchiature di trattamento dell’acqua captata nella Val di Cornia e distribuita in tutto il territorio, Isola d’Elba compresa. Nulla è detto riguardo ai maggiori costi di produzione dell’acqua potabile che ne deriveranno nè se ad essi si dovrà far fronte con aumenti tariffari posti a carico dei cittadini.

L’Isola d’Elba da parte sua provoca, suo malgrado e senza colpa alcuna essendo dovuti esclusivamente alla sua particolare condizione di insularità, costi aggiuntivi a quelli citati di trattamento anti boro ed anti arsenico, costi aggiuntivi che si riferiscono al notevole onere di trasporto dell’acqua dalla Val di Cornia ed alle perdite occulte che raddoppiano l’mporto finale di produzione e trasporto di ogni litro d’acqua che giunge all’utente.

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Planimetria dei 21 laghetti che si sarebbero dovuti realizzare per accumulare 2 milioni di metricubi d’acqua-

Anche l’acqua di ottima qualità presente in Isola in gran quantità durante il periodo autunno-invernale, poiché i programmi dell’Enta gestore prevedevano il suo immagazzinamento in una ventina laghetti all’aria aperta e sparpagliati in lungo e largo per l’Isola, finirebbe per dover subire un trattamento di potabilizzazione assai costoso. e tra l’altro frammentato in piccole porzioni sparse anch’esse in varie parti dell’Isola. C’è motivo di credere che la costruzione dei 21 laghetti, anche se iniziata con la realizzazione del laghetto “Condotto” non abbia affatto da aver luogo per motivazioni che non sono state diffuse.

Quanto sopra rende con una sempre maggior evidenza che, per quanto riguarda l’Elba, la strada da percorrere non poteva che essere quella basata sulla costituzione di un grande invaso come quello oggetto del presente lavoro e che sarebbe atto a ricevere e conservare intatta non acqua grezza ma quell’acqua potabile, buonissima e di minimo costo che vi si trova fuori stagione grazie alle abbondanti piogge che si hanno tutti gli anni. Ancora una volta è di mostrata, senza che ce ne fosse bisogno, l’utilità del serbatoio/galleria di grande volume che, oltre ai vantaggi già indicati, avrebbe sicuramente ed in maniera determinante contribuito ad abbassare il costo medio di produzione dell’acqua.

T) CONCLUSIONI

La grande ricchezza del sottosuolo elbano, nota fin dalla preistoria ma da tempo poco sfruttata, viene qui riscoperta per dotare l’Isola di un’opera in grado di risolvere in maniera definitiva uno dei problemi che oggi l’assillano: il rifornimento idropotabile. Si tratta di ricavare nel materasso granitico della parte ovest dell’Isola dove più frequenti sono le piogge, una galleria-serbatoio che circondando il Monte Capanne sia atto a raccogliere ed accumulare la quasi totalità dell’acqua che, concentrata in brevi periodi, vi precipita durante il corso dell’anno, allo scopo di distribuirla all’utenza al momento della sua effettiva e variabilissima richiesta. Un beneficio secondario ma tutt’altro che trascurabile, è quello della laminazione delle piene ad opera della citata raccolta d’acqua piovana dei fossi e che contribuirà a lenire i danni provocati agli abitati posti a valle dalle precipitazione eccezionalmente abbondanti.
Nella trattazione si sono formulate due ipotesi la prima che prevede la costruzione di un serbatoio interamente adibito all’accumulo di acqua potabile per un volume di 2.000.000, la seconda con la suddivisione della capacità totale di invaso in due parti uguali: una per l’acqua pura pronta per essere distribuita all’utenza e l’altra per acqua grezza da raccogliere dai fossi nello stato in cui vi si trova durante i periodi piovosi.
Questa seconda ipotesi si articola in due diversi modi e cioè con o senza possibilità di distribuire, oltre a quella potabile anche acqua grezza per usi vari. Sussiste infine una attività assolutamente innovativa che riveste un ruolo importante per l’economia e l’autosufficienza energetica dell’Isola: la produzione di energia elettrica. La scelta della soluzione definitiva da adottare potrà farsi, come tutte le altre decisioni di dettaglio, soltanto in fase di progettazione esecutiva e dopo aver eseguito tutti i necessari accertamenti.
La quota altimetrica di imposta dell’opera presenta molteplici vantaggi che vanno dalla notevole ampiezza del bacino sotteso, alla possibilità di alimentare in fase definitiva per caduta una buona  dell’utenza evitando quindi l’uso di pompe per il sollevamento dell’acqua ed in prima fase utilizzando in toto la rete di adduzione oggi esistente. Un ulteriore suo vantaggio é dato dalla possibilità di sfruttare una quota così elevata per l’eventuale produzione di energia elettrica.
L’opera proposta è del tutto singolare ma, a giudizio di chi scrive è atta a raggiungere lo scopo senza alterare le caratteristiche ambientali dell’isola ma, al contrario, contribuendo indirettamente a fornire incremento e continuità ad alcune attività locali, al turismo e all’industria edilizia grazie all’ottimo materiale lapideo di risulta dagli scavi. Essa potrà, inoltre, entrare intimamente a far parte del futuro sistema del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli per il competente ambito territoriale ottimale.

BIBLIOGRAFIA

Bencini A., Giardi M., Pranzini G.,Tacconi B.M., 1985, Le risorse idriche dell’Isola d’Elba, Tacchi Editore, Pisa
Megale P.G., Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba, Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione ” P.Celeste” – Università degli Studi di Pisa
Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche, Il Piano di risanamento
Braccesi G., La vulnerabilità delle falde Elbane
Marinello G., Carta geologica dell’Isola d’Elba alla scala 1:25000


Ultimo aggiornamento: settembre 2

A = ACQUEDOTTI

 

Questo settore del sito ne rappresenta la parte più importante per le esperienze fatte dall’autore nella progettazione, costruzione e soprattutto nella gestione dei sistemi acquedottistici, esperienze che non debbono andar perdute.

Quello che si vuole evidenziare è il grave stato di invecchiamento che gli acquedotti italiani accusano e che si ritiene dovuto non tanto alla loro età anagrafica quanto piuttosto all’adozione di regole vecchie e sorpassate che ne impediscono la razionalizzazione anche in caso di ingenti lavori di rifacimento visto che si continua a condurli seguendo la vecchia strada nel mentre sarebbe necessario una vera loro rivoluzione nei concetti di base.

Ci si limita qui a brevi cenni introduttivi.

Esempio di rete di distribuzione alimentata razionalmente

La prima regola riguarda un dispositivo essenziale e cioè l’impianto di telecontrollo e telecomando di cui sono dotati la maggior parte degli acquedotti senza però averne utilizzato la caratteristica precipua, . In varie parti del sito si precisa dettagliatamente come lo scopo del telecontrollo non può essere soltanto una buona automazione ed un buon controllo degli impianti, invece alla preziosa apparecchiatura si deve affidare un’azione ben più efficace e che può essere riassunta nella seguente frase: far diventare gli acquedotti  dei veri  figli diretti del telecomando in quanto è la loro costituzione di base che  ne deve essere funzione diretta  Detto questo i dettagli esecutivi sono numerosi e non è possibile enumerarli qui, si può sono accennarne alcuni che riguardano ad esempio il tipo di alimentazione delle reti di distribuzione che non devono più essere praticati sic et sempliciter tramite i serbatoi di testata come prescritto dalla letteratura classica ma con altre modalità intelligenti. Un secondo punto interessante riguarda i serbatoi di compensazione che non debbono esser più regolati  casualmente da un sistema di galleggianti ma anche in questo caso deve essere l’algoritmo di base che decide di volta in volta sulla base delle condizioni reali del momento quando accumulare e quando mandare i rete il volume  precedentemente invasato.

Esempio di grafico dei livelli del serbatoio di compensazione

Un elemento della massima importanza come la rete di distribuzione, quando sono presenti sofisticati impianti di telecontrollo, deve avere una costituzione di base definita in modo da utilizzare le proprietà del telecontrollo di gestire la rete stessa in funzione delle condizioni reali del sistema e definite in tempo reale.

In questo settore i problemi e le soluzioni sono trattate in maniera sintetica onde non  appesantirne la consultazione. Maggiori dettagli possono essere letti nel sito tuttoacquedotti..

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