LA RIVOLUZIONE IN CORSO DI ATTUAZIONE: TRASFORMAZIONE DELLA FOGNATURA DI MESTRE DA TIPO MISTO A TIPO SEPARATIVO

Dal contenuto della seguente comunicazione, di cui vengono deliberatamente omessi i dati di a provenienza, appare chiaramente che nessun Ente o professionista ha eseguito il progetto generale, o progetto preliminare come viene oggi chiamato, relativo alla strategia generale che le buona tecnica costruttiva impone nell’iniziare una rivoluzione fondamentale per la fognatura pubblica di Mestre quale è la sua trasformazione, già effettivamente iniziata, dalla attuale fognatura di tipo misto con condotte singole destinate a ricevere ed addurre sia le acque reflue nere che quelli bianche di pioggia, a fognatura di tipo separativo con doppie condotte destinate a mantenere le acque netre separate da quelle bianche.

Questa la nota:
Progetto generale di costruzione della rete di fognatura separata del Comune di Venezia”

Seguito alla richiesta si comunica che lo scrivente Settore non è in possesso della documentazione relativa al Progetto generale di costruzione della rete di fognatura separata del Comune di Venezia. Da informazioni comunque assunte presso Veritas Spa e il Consiglio di Bacino della Laguna di Venezia appare non essere mai stato predisposto per tutto il territorio comunale un Progetto generale di separazione delle reti fognarie.

Le conseguenze che si possono prevedere a seguito di un errato modo di effettuare un intervento così radicale come quello in argomento appaiono veramente gravi.

Senza voler entrare in merito alle vigenti leggi che escludono tassativamente l’esecuzione di stralci esecutivi non conformi ad alcun progetto preliminare ma soffermandomi esclusivamente sulla parte tecnico-costruttiva e di esercizio vorrei elencare alcuni punti che rimangono irrisolti con grave pregiudizio per l’intero sistema fognante.

In linea generale si deve rimarcare come il territorio mestrino presenti di per sè le caratteristiche appresso enumerate e che lo rendono estremamente difficoltoso per la raccolta, l’adduzione, la depurazione e lo scarico nei recettori finali delle acque reflue e di quelle piovane.

    1. Siamo in presenza di territorio pianeggiante ed attraversato da numerosi canali di bonifica, fiumi e rii naturali che impone il sollevamento meccanico della maggior parte delle acque e sopratutto di quelle nere e miste bianche e nere e pertanto richiede uno accurato studio preventivo.

    2. Planimetria schematica della rete fognaria mestrina. In rosso le principali condotte fog
      Planimetria schematica della rete fognaria mestrina. In rosso le principali condotte fognarie , in azzurro i canali che attraversano la città
  1. fognarie , in azzurro i canali che attraversano la città
  2. Non è ancora ben noto se il recapito finale , la depurazione delle acque nere e lo scarico di quelle depurate debba continuare ad essere quello dei due esistenti impianti di Fusina e di Campalto rinviando sine die la decisione, ufficialmente già presa, di abbandonare l’impianto di depurazione di Campalto, che scarica direttamente in laguna, per farle arrivare tutte all’impianto di Fusina che è già munito di condotta sottomarina lunga decine di Km ed atta a scaricarle invece in mare aperto.

  3. Tutto ciò che riguarda lo scarico in mare aperto o in alternativa l’utilizzazione delle acque depurate per l’alimentazione acquedotti industriali oppure di canali di irrigazione, rappresenta un grande elemento progettuale tutto da definire ma che non può certamente essere ignorato all’interno del nuovo sistema separativo

  4. Non è ben chiaro se tutte le aree abitate di Mestre possano essere in toto dotate di fognatura separativa come impone la legge regionale o se invece sia giocoforza mantenere in alcune zone particolari della città aree a fognatura mista rendendola compatibile con un sistema generale a fognatura separativa

  5. Nulla è ancora deciso nei riguardi delle acque di prima pioggia. E’ ben vero che la vigente legge impone un trattamento particolare di tali acque solo nei territori caratterizzati da dannosi depositi sul suolo ed in tempo secco, a causa dei quali le prime acque di pioggia deovrebbero subire un trattamento particolare. Si ha però buona ragione per ritenere che la situazione ambientale di Mestre sia caratterizzata da un carico di polveri, sottili, di fumi, di scarichi aerei dovuti agli autoveicoli e di altre sostanze dannose per cui sia comunque da non escludere a priori il trattamento particolare delle acque di prima pioggia

  6. Un problema che rientra a pieno titolo nelle decisioni riguardanti la fognatura mestrina riguarda l’enorme quantitativo di acque da immettere nella fognatura stessa e e da sottoporre a trattamento e che riguardano quell’opera mastodontica che forma il drenaggio all’interno di ciascuna macro isola della zona industriale di Marghera, drenaggio in corso di ultimazione essendo già realizzata nella maggior parte della sua grande estensione di marginamenti costituiti da profonde barriere impermeabili e metalliche.


  7. Planimetria generale dei marginamenti delle macro isole della zona industriale di Marghera. A lavori ultimati sarà presente una barriera continua che interromperà il flusso naturale della falda freatica verso la laguna con danni irreparabili per tutto il territorio mestrino
  8. Un ulteriore questione di cui si parla nella stampa tecnica ma che non risulta affrontata con la dovuta cautela è il sopralzo della falda freatica di Mestre dovuto ai arginamento di cui al punto precedente che finirà per costituire una lunga diga di sbarramento che altererà profondamente il naturale dwelusso della falda freatica mestrina con scarico in laguna come da sempre accade. Si tratta di un clamoroso problema che sembra non possa che essere  risolto con un abbassamento meccanico di tutta la falda freatica cui consegue la necessità della rete di raccolta che a sua volta deve culminare in un impianto di trattamento con scarico finale al di fuori della laguna oppure con l’utilizzazione delle acque depurate per alimentare l’acquedotto industriale della zona industriale

  9. Il problema essenziale è rappresentato dalla necessità di costruire totalmente ex novo un rete di fognatura per acque nere che interessi tutto il territorio di Mestre nella sua interezza e che pertanto deve essere studiata a priori e derivare dal confronto di soluzioni diversificate. Invece cosa si sta facendo ? Si è cominciato a costruire la fognatura separativa di un quartiere considerandolo a sé stante come un’oasi in mezzo al deserto e quindi senza tener conto non solo delle aree abitate che la circondano ma di tutto il restante territorio mestrino con tutte le difficoltà che, come descritto ai punti precedenti caratterizzano la città  dal punto di vista fognario.


    Scaricatore di fondo per immettere nella nuova rete nera le acque reflue di una rete mista per una diluizione massima pari a 5 x
  10. la sistemazione della esistente rete di fognatura mista con trasformazione in fognatura esclusivamente per acque di pioggia si presenta abbastanza facile vista la presenza di numerosi canali di bonifica e di altro tipo che sono in grado di ricevere e smaltire le acque di pioggia di tutto il territorio , previo suo adattamento ed integrazione con eventuali e brevi nuovi tratti di condotte bianche . Ciò non toglie che anche questo intervento richieda uno studio preventivo nel quale sia compresa anche la risoluzione del quesito relativo alle acque di prima pioggia

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SERBATOI PENSILI = LA ROVINA DEL PAESAGGIO

CAMPAGNA PER LA LIBERAZIONE DEL PAESAGGIO DAGLI ORRENDI ED INUTILI SERBATOI PENSILI DEGLI ACQUEDOTTI


Alcuni significativi esempi di una situazione incredibile, ma ce ne sono molti altri!



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Serbatoio di Quarto d’Altino in provincia di Venezia.

L’opera, diventata l’emblema (negativo) di Quarto d’Altino, in realtà non ha prodotto alcun beneficio al servizio idrico essendo rimasta inutilizzata da oltre un trentennio. Se ne è, pertanto, decisa la demolizione.


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La costruzione del serbatoio di Marghera anno 1926

Serbatoio di Marghera in provincia di Venezia.

Un’opera mastodontica che non contiene una goccia d’acqua da oltre 50 anni. Cosa si aspetta a demolirlo?


Serbatoio di Salzano in provincia di Venezia.

Per aumentare l’impatto visivo di quest’opera, si è prolungata la pilastrata di sostegno oltre la copertura fino a realizzarvi delle inutili, ingombranti e pretenziose vele. Occorreranno decenni di esercizio improprio per accorgersi del danno provocato all’ambiente e al servizio idrico e deciderne quindi la demolizione? 

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Serbatoio del Centro Idrico EUR – Roma

Nel n. 6/1999 della rivista “L’Acqua”, organo ufficiale dell’Associazione Idrotecnica Italiana, sono pubblicate le foto e la descrizione di un serbatoio pensile che “..si impone per arditezza e particolarità di forma” e consistente in un contenitore ad anello del volume utile di mc 2000 posto a 70 m dal suolo. Anche in questo caso occorreranno trenta anni per accorgersi dei danni provocati ?


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Tratto da Il Gazzettino del 17 gennaio 2002


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Il Gazzettino del 20 marzo 2008 descrive l’avvenuta demolizione del serbatoio pensile di Bibione


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Demolizione del serbatoio pensile di Massaciuccoli


A Jægersborg (Danimarca) il serbatoio pensile, non più utilizzato per l'acquedotto, è stato trasformata in casa per studenti

A Jægersborg (Danimarca) il serbatoio pensile, non più utilizzato per l’acquedotto, è stato trasformato in casa per studenti  

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I SERBATOI PENSILI : MONUMENTI ALL’INUTILITA ?

I SERBATOI PENSILI DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE: MONUMENTI ALL’INUTILITA’ O INDISPENSABILI STRUTTURE?

 

1) PREMESSA

 

A Jægersborg (Danimarca) il serbatoio pensile, non più utilizzato per l'acquedotto, è stato trasformata in casa per studenti
A Jægersborg (Danimarca) il serbatoio pensile, non più utilizzato per l’acquedotto, è stato trasformata in casa per studenti

Nella memoria “LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” pubblicata su “l’Acqua” n.3/98 e in questo stesso sito si è dimostrato come la presenza dei serbatoi pensili o di serbatoi in quota di altro tipo posti in testa alla rete per stabilizzarne la pressione di partenza, se da un lato conferisce al servizio acquedottistico quelle caratteristiche di sicurezza tanto conclamate dalla letteratura tecnica, dall’altro comporta inconvenienti gravi come, trattandosi di reti a sollevamento meccanico, eccessivi dispendi energetici e perdite occulte. Per ovviarvi si è proposta una soluzione che prevede il funzionamento della rete a pressione variabile descrivendone tutti i vantaggi, non ultimo quello di rendere superflua la costruzione degli ingombranti e poco estetici serbatoi pensili. Anche nelle reti funzionanti a gravità, come illustrato nella memoria “LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI CON NOTEVOLI DISLIVELLI TOTPOGRAFICI”visibile in questo stesso sito, la presenza dei serbatoi di testata, vincolando rigidamente la pressione di esercizio, provocherebbe inconvenienti gravi per cui è stato proposto il funzionamento della rete a pressione variabile asservita alle richieste dell’utenza. Vale, per ambedue i tipi di acquedotti indicati, la regola in base alla quale i serbatoi in oggetto debbono essere del tipo a terra meno costosi di quelli pensili ed in grado di contenere volumi d’acqua ben più consistenti nel mentre la costruzione di questi ultimi deve essere bandita arrivando alla conclusione, a tutta prima ritenuta logica, che quelli esistenti dovrebbero essere demoliti.
Se si esamina poi la situazione reale degli acquedotti delle città site in territori pianeggianti e dotati di serbatoi pensili di testata, si constata come molto spesso questi ultimi siano inutilizzati e ciò per motivazioni che possono esser ricondotte tra le seguenti. Esiste una prima categoria che comprende serbatoi relativamente bassi in quanto costruiti negli anni 20-40 quando le città erano soltanto delle grosse borgate per la cui alimentazione idropotabile si era ritenuta sufficiente una pressione di partenza pari a 20-25 m sul suolo. Il grande sviluppo urbanistico avvenuto negli anni seguenti ha reso in seguito tali strutture insufficienti per cui sono state poste fuori servizio onde poter effettuare la distribuzione con la maggior pressione di almeno 35-40 m. sul suolo che le nuove dimensioni ed importanza della città richiedevano. Una seconda categoria di serbatoi inutilizzati comprende quelli costruiti negli anni 50-60 quando i costi energetici di sollevamento dell’acqua non rappresentavano che un’incidenza di spesa minima. In tale evenienza si sono costruiti serbatoi arditi con dimensioni che hanno raggiunto spesso i 55 m. di altezza costringendo a pompare l’acqua a quote notevoli ma in quel tempo ritenute atte ad un servizio inappuntabile.
Ebbene in questi casi ci si è accorti negli anni recenti che un semplice abbassamento della pressione di pompaggio può portare ad economie nella spesa energetica dell’ordine del 40- 50% di quanto prima necessario, il che ha giustificato la loro messa fuori servizio che dura ormai da molti anni.
Nella presente nota, nel mentre trova conferma la opportunità di non costruire nuovi serbatoi pensili, si descrivono quali sono i provvedimenti da adottare per poter comunque ritrarre dai descritti monumenti all’inutilità che non si ritenga opportuno demolire, vantaggi importanti senza rinunciare a far funzionare la rete con quella pressione che la nuova tecnica acquedottistica consiglia. Da rilevare come le argomentazioni che formano l’oggetto della presente nota riguardino soltanto i serbatoi di testata normalmente ubicati in corrispondenza dell’impianto di produzione. Analoghi risultati si possono alle volte conseguire anche per serbatoi pensili inseriti in rete a seconda delle loro caratteristiche dimensionali, di quelle funzionamento della rete e del telecontrollo e telecomando. La loro eventuale utilizzazione, pertanto, và studiata caso per caso.

 

2) DESCRIZIONE DEL PROBLEMA E DEI PROVVEDIMENTI DA ADOTTARE

L’inconveniente che si riscontra in una rete a pressione variabile dotata di serbatoio pensile di testa, consiste nel fatto che non esiste compatibilità tra la escursione della linea piezometrica di inizio rete che può arrivare a più decine di metri a seconda delle necessità di esercizio e quella di livello dei serbatoi pensili che non supera invece i cinque/sei metri. Qualora però il serbatoio fosse disconnesso dalla rete tramite apposite apparecchiature idrauliche che gli consentissero il ripristino della connessione in caso di bisogno, esso potrebbe comunque costituire una riserva d’acqua utile per coprire eventuali panne di funzionamento e per attenuare i colpi d’ariete conseguenti a particolari manovre o fuori servizio delle apparecchiature.
Lo schema idraulico atto a realizzare tali funzionalità e illustrato nella fig. 1, presenta alcune particolari caratteristiche. La vasca deve innanzitutto essere collegata alla rete mediante condotta di entrata/uscita derivata dal fondo serbatoio e munita di valvola motorizzata, che chiameremo di intercettazione, comandata dall’impianto di telecontrollo oppure da una comunissima schedina elettronica che la mantiene costantemente chiusa fatta eccezione soltanto per i brevi periodi di utilizzazione che saranno in seguito descritti.

Fig. 1 = Schema idraulico
Fig. 1 = Schema idraulico

Il dispositivo di telecomando è in grado anche di attuare la regolazione della valvola in modo da modularne le perdite di carico a seconda delle necessità.
La valvola di cui sopra è bay-passata da una condotta munita di due apparecchiature idrauliche, poste in serie, la prima delle quali, costituita da una valvola motorizzata e che chiameremo di regolazione (n.3), ha due sole possibili posizioni automaticamente imposte dal sistema di telecontrollo: completamente aperta tutte le volte che la pressione di rete è superiore al serbatoio pensile, strozzata negli altri casi. La seconda apparecchiatura del by-pass è una valvola che chiameremo di ritegno (n.2) e che tenderebbe naturalmente ad aprirsi per effetto della colonna d’acqua che la sovrasta se tale condizione non fosse impedita dall’automatismo che provvede a mantenerla, invece, sempre chiusa. Quest’ultima, in altri termini, è una apparecchiatura che si apre da sola ogni qualvolta viene a mancare, per un qualsiasi motivo, la corrente elettrica nella vicina centrale di sollevamento.
Il funzionamento dell’impianto così modificato è il seguente.
L’automatismo provvede dapprima al riempimento del serbatoio e quindi chiude la valvola di intercettazione. Anche la valvola di ritegno, durante il normale esercizio, è mantenuta chiusa nel mentre quella di regolazione si trova in una delle due posizioni descritte a seconda della condizione di pressione nel funzionamento del momento. Il serbatoio si trova, in tali condizioni, con l’invaso al massimo livello e totalmente disconnesso dalla rete la quale, pertanto può funzionare con qualsivoglia pressione di esercizio e quindi anche “a pressione variabile asservita alle richieste dell’utenza”.
Il provvidenziale intervento del serbatoio ha luogo in due casi. Quello di primo tipo è relativo alle reti a sollevamento meccanico, e si verifica quando viene a mancare la corrente elettrica che alimenta le pompe. L’apertura della valvola di ritegno, non più mantenuta artificiosamente chiusa, ristabilisce allora la connessione tra volume di invaso e condotte stradali con la provvidenziale conseguenza che il rifornimento idropotabile non subisce alcuna interruzione ma prosegue per tutta la durata consentita dal volume proprio del serbatoio. Possono allora verificarsi due casi. Se la pressione di esercizio nell’istante che precede la panne era superiore al livello del serbatoio, essa si abbassa fino a coincidere con il livello stesso con conseguente leggera diminuzione della portata assorbita dall’utenza che torna a tutto vantaggio della durata del possibile intervento del serbatoio. In tale situazione, onde evitare maggiori perdite di carico, la valvola di regolazione è totalmente aperta. Diversamente, qualora la pressione fosse stata inferiore a quella dell’invaso, la fuoriuscita dell’acqua dal soprastante serbatoio avrebbe trovato la valvola di regolazione strozzata il che avrebbe consentito di ridurre il nuovo carico ed evitato quindi un ingiustificato aumento di pressione assicurando, anche in questo caso, una maggior durata dell’alimentazione di soccorso.

L’intervento del serbatoio di secondo tipo, propria sia degli acquedotti a sollevamento meccanico sia di quelli funzionanti a gravità, ha invece luogo quando l’alimentazione della rete si interrompe per un qualche disservizio come può essere la rottura di una condotta di adduzione o delle apparecchiature idrauliche annesse oppure di una pompa di sollevamento. In tale caso, venendo a mancare la pressione alla mandata ha luogo l’immediato intervento del sistema di telecontrollo che, constata l’anomalia emette l’allarme, attua la connessione del serbatoio mediante apertura e regolazione della valvola di intercettazione con conseguente immissione in rete dell’acqua in esso contenuta.

In ambedue i casi descritti, una volta cessata l’emergenza, ha luogo il ripristino automatico delle normali condizioni di esercizio con immediato riempimento del serbatoio che torna ad essere pronto per eventuali nuove necessità.

In definitiva il nuovo ruolo che in questa nota si propone di affidare ai serbatoi pensili che esistono in testa a molte reti di distribuzione d’acqua potabile, consiste nel mantenerlo sempre pieno ma disconnesso dalla rete e pronto ad intervenire sia quando esso si trova ad una quota inferiore alla linea piezometrica di funzionamento (serbatoio “basso”) nel qual caso costituisce una utilissima riserva atta a far fronte alla emergenza sia pure con una pressione leggermente inferiore a quella normale, sia quando è ad una quota superiore (serbatoio “alto”) nel qual caso è atto a sostituirsi alla normale alimentazione mettendo in gioco un importante volume d’acqua posto ad una quota esuberante ma con possibilità di regolarne la pressione di alimentazione tramite la valvola di riduzione asservita al sistema automatico di telecontrollo.
Una ultima particolarità dell’impianto acquedottistico che si descrive riguarda la necessità di evitare che, in caso di prolungato mancato intervento del serbatoio, l’acqua che permane ferma per lungo tempo al suo interno abbia a perdere i necessari requisiti di potabilità. A tale scopo il dispositivo di telecontrollo e telecomando sarà organizzato in modo che, ogni qualvolta la piezometrica di rete si trova a coincidere con il livello del baricentro dell’invaso, abbia da essere ripristinato a mezzo apertura della valvola di intercettazione e per un certo periodo, ad esempio per mezzora, il collegamento rete/invaso con funzionamento forzato del serbatoio e conseguente ricambio dell’acqua in esso contenuta. Tale operazione ha necessariamente luogo come minimo una volta ogni 24 ore in quanto tale è l’intervallo minimo che intercorre tra funzionamento ad alta pressione (consumi di punta giornalieri) e quello a bassa che, normalmente, si verifica nel periodo notturno.

 

 

3)CONCLUSIONI

La presenza dei serbatoi pensili posti in testa alle reti di distribuzione è assolutamente sconsigliabile in quanto, vincolando la piezometrica di rete entro limiti ristretti, non  consentono il funzionamento a pressione variabile asservita alle richieste dell’utenza considerato essenziale per un razionale servizio di rifornimento idropotabile. Confermano tale stato di cose i numerosi casi di messa fuori servizio o addirittura di demolizione di tali strutture attuata in molte realtà acquedottistiche allo scopo di realizzare notevoli economie nelle spese energetiche di sollevamento ed un miglior servizio all’utenza.
Nella nota si è dimostrato come tale loro caratteristica negativa possa essere superata sconnettendoli dalla rete tramite appropriate apparecchiature automatiche che provvedono a mantenerli pieni d’acqua e pronti ad alimentare la rete in caso di disservizi vari. Tale prerogativa non giustifica la costruzione ex novo di nuovi serbatoi pensili che devono comunque considerarsi un cattivo investimento ma, quando preesistenti, ne consente l’utilizzazione con buoni risultati di esercizio.

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