METODO DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE CON PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

 

Energia elettrica da acquedotti

 

1) PREMESSA        

L’alimentazione  idropotabile delle aree abitate aventi un andamento altimetrico molto variegato ed in particolare di quelle con notevoli dislivelli del suolo, presenta notevoli problemi dovuti alla eccessiva pressione della rete di condotte che, nella realtà, non vengono affatto risolti. Si constata infatti come in molti sistemi acquedottistici di quel tipo, venga adottata una rete unica che copre unitariamente tutto il territorio da servire essendo caratterizzata da pressioni di funzionamento estremamente variabili e che, soprattutto nelle aree poste alle quote più basse e nei periodi di minor consumo, raggiungono valori molto elevati. Vi si pone rimedio dotando ogni allacciamento di utenza di propria valvola di riduzione e di regolazione della pressione con cui, se da un lato si raggiunge lo scopo di assicurare all’utente un funzionamento normale del suo impianto idrico, dall’altro si provocano nelle condotte stradali di distribuzione, soggette al regime irregolare di cui si è detto, numerosi inconvenienti tra i quali quello delle rilevanti perdite occulte. Si tratta di una situazione assolutamente anomala cui chi scrive ha tentato di proporre differenti modalità di risoluzione (vedi vari articoli di questo stesso sito) basandosi su una concezione delle reti totalmente diversa da quelle tradizionali e che raggiunge il risultato di un funzionamento con pressioni abbastanza normalizzate e, nel caso di impianti con sollevamento meccanico dell’acqua, con una notevole economia energetica.  

Una modalità che in questi ultimi anni si sta diffondendo a macchia d’olio per i buoni risultati che offre, è quella, illustrata in vari articoli del sito e basata sulla installazione in punti strategici della rete di valvole di regolazione della pressione tenute in tempo reale sotto controllo dal sistema di telecontrollo e telecomando centrale.
Con questo lavoro la ricerca di soluzioni razionali dei problemi esposti viene spinta ancora più avanti con ritrovati meramente teorici ma che si ritiene possano contribuire efficacemente al raggiungimento della vera risoluzione.

 

2) IL DISPOSITIVO FONDAMENTALE DELLA SOLUZIONE PROPOSTA

Una delle soluzioni dei problemi prima elencati è quella basata, come detto, su una massiccia presenza in rete di valvole di regolazione, che distruggono sic et sempliciter il carico idraulico in eccesso. Risultati notevolmente migliori si otterrebbero qualora tali valvole fossero sostituite da un dispositivo che, anziché dissiparla, ricuperasse tutta l’energia trasformandola in energia elettrica. Il dispositivo in questione potrebbe essere, come sarà di seguito spiegato, un gruppo turbina-alternatore di concezione del tutto particolare. A questo punto occorre precisare come chi scrive questa nota non sia affatto esperto nel campo elettro-meccanico in cui rientra detto dispositivo per cui le affermazioni ad esso relative debbono essere attentamente verificate. Sussistono però dei concetti fondamentali sui quali mi sento di fondare alcune proposte tecniche le quali, proprio per questo, possono ritenersi attendibili.
E’ noto come l’energia elettrica venga prodotta dagli alternatori di normale costituzione facendone ruotare un elemento entro un campo magnetico fisso oppure, per semplicità costruttiva, facendo girare detto campo magnetico tramite la rotazione del rotore e raccogliendo l’energia nell’elemento fisso. In ambedue i casi la frequenza della corrente alternata prodotta è funzione diretta della velocità di rotazione e quindi, per ottenere una corrente a frequenza fissa come normalmente è richiesto, deve essere fissa anche la velocità di rotazione. Nei grandi e complessi impianti idroelettrici tale irrinunciabile condizione è soddisfatta tramite appositi organi di regolazione che, variando l’inclinazione delle pale della turbina o quelle del suo distributore, riescono ad assicurare detta costanza di velocità anche in presenza di portate d’acqua variabili entro determinati limiti. Invece nei gruppi turbina-alternatore specificatamente usati per piccoli impianti come sono quelli atti all’utilizzazione del carico idraulico delle condotte d’acquedotto di cui si tratta, non è praticata, per motivi di semplicità costruttiva e di esercizio, alcuna regolazione del genere, al contrario vi si trovano dei dispositivi automatici che garantiscono la velocità costante della turbina dissipando l’energia in eccesso, tutte le volte che se ne presenta la necessità, previa sua trasformazione in calore. Tale loro caratteristica peculiare rende i piccoli impianti idroelettrici assolutamente rigidi e quindi poco adatti all’uso che si vorrebbe qui fare.
Chi scrive ritiene però che la moderna tecnologia consenta di produrre piccoli gruppi turbina-alternatore completamente diversi da quelli citati ed atti a sfruttare un carico idraulico con continue variazioni energetiche trasformandolo in energia elettrica alternata che, ad una potenza necessariamente variabile, contrapponga una tensione ed una frequenza sempre costanti e di valori rientranti nella norma. Un’altra caratteristica essenziale del sistema qui proposto, è quella relativa alla necessità del suo asservimento al sistema generale di telecontrollo e telecomando dell’acquedotto. In luogo di prevedere, analogamente ai grandi gruppi idroelettrici, complicate apparecchiature di regolazione meccanica delle varie parti della turbina si ritiene preferibile adottare, per le piccole macchine di cui si tratta, una regolazione continuativa e su comando del campo magnetico dell’alternatore. Ciò potrebbe aversi, ad esempio, tramite un rotore eccitato mediante immissione di una corrente esterna di intensità variabile a sua volta ottenuta tramite un dispositivo elettrico/elettronico in grado di produrre corrente continua di potenza variabile. Se in questo modo è sicuramente possibile abbassare a piacere la pressione di funzionamento della condotta cui viene inserito il dispositivo, ne deriva però un inconveniente: il rotore, dovendo vincere un campo magnetico di intensità variabile assumerà velocità di rotazione anch’esse variabili e quindi l’energia elettrica prodotta sarà anch’essa di potenza ed anche di frequenza variabili. Vi si dovrà porre rimedio tramite dispositivo elettronico statico applicato all’uscita dell’alternatore come ad esempio un inverter che, a mezzo di moderni dispositivi elettronici, raggiunga lo scopo di rendere costante frequenza e tensione della corrente elettrica prodotta.
In definitiva quella qui ipotizzata è un’apparecchiatura che, con asservimento all’impianto centralizzato di telecontrollo e telecomando dell’acquedotto, possa svolgere il ruolo di abbassare la pressione della condotta in cui è inserita fino ad un limite stabilito di volta in volta, senza alcuna dissipazione di energia ma invece trasformando tutta quella in eccesso rispetto al fabbisogno idraulico della rete acquedottistica, in energia elettrica di caratteristica atta alla sua immissione nella rete Enel. Il campo di lavoro del dispositivo dovrà poter variare da una dissipazione del carico idraulico nulla ( nel qual caso la turbina gira in folle e non si ha produzione di energia elettrica) ad una dissipazione massima di una cinquantina di metri di colonna d’acqua che è ritenuto il valore massimo per riportare le reti acquedottistiche di normale costituzione entro valori ottimali. Questa elevata escursione di lavoro provocherà sicuramente una diminuzione del rendimento complessivo della macchina pur restando il risultato economico finale nettamente positivo, come sarà più avanti dimostrato.

 

3) TECNICA DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DELLA RETE ACQUEDOTTISTICA

La tecnica di regolazione della pressione di funzionamento delle reti di distribuzione degli acquedotti tramite valvole di riduzione della pressione delle condotte di rete, ha raggiunto in questi ultimi anni un notevole livello di perfezionamento e notevoli risultati pratici. La ubicazione e le modalità di utilizzazione e di taratura delle valvole vengono studiate tramite molteplici simulazioni del funzionamento della rete effettuate tramite modelli matematici per essere poi messe a punto con ripetute prove di esercizio reale. I risultati già ottenuti durante lunghi periodi di effettivo esercizio sono lusinghieri soprattutto per quanto riguarda il contenimento delle perdite occulte di rete. Le esperienze fatte possono essere utilizzate pari pari per l’installazione dei gruppi turbina-alternatore descritti al precedente cap. 2) in quanto la loro funzione per tutto ciò che riguarda la rete acquedottistica è identica a quella delle valvole citate, fatte salve alcune osservazioni.
Innanzitutto è da tenere presente come i gruppi in argomento rappresentino un dispositivo più complesso e costoso delle semplici valvole di regolazione della pressione. Il loro impiego dovrà quindi essere attentamente vagliato limitandone l’installazione negli acquedotti di grande dimensione e, al loro interno, nelle sole condotte di rete principali e quindi adottando un sistema di regolazione misto alternatore-valvola con impiego delle valvole in tutti i casi di secondaria importanza. A loro volta le reti di distribuzione potrebbero essere adattate al nuovo sistema di modulazione privilegiando le condotte munite di turbina-alternatore rispetto a quelle con valvola di riduzione allo scopo di favorire la produzione idroelettica rispetto alla mera dissipazione energetica. Ciò sarà facilmente attuabile nelle reti magliate con condotte che funzionano in parallelo: al limite sarà possibile l’intercettazione di alcune condotte secondarie limitando la loro funzione alla sola alimentazione delle utenze loro allacciate e riservando gran parte del trasporto idrico alle condotte principali munite di riduttore a turbina.
Naturalmente ambedue i tipi di regolatore della pressione di rete, a turbina-alternatore e a valvola di riduzione, sono costantemente asserviti all’impianto centralizzato di telecomando e telecontrollo.

 

4) EFFETTI DELLA REGOLAZIONE DI PRESSIONE DI RETE ACQUEDOTTISTICA OPERATA TRAMITE TURBINA-ALTERNATORE

Il beneficio economico che deriva alle reti acquedottistiche dei territori ad altimetria molto variegata dall’uso delle turbine-alternatori è rilevante quando la rete funziona a gravità, quando si tratta di impianti idrici di notevole dimensione ed infine quanto maggiori sono gli eccessi di carico idraulico presenti in rete. Nelle reti con sollevamento meccanico dell’acqua distribuita, il carico in eccesso sarà più esiguo e quindi minori i benefici. Durante le ore di massimo consumo, detto anche periodo critico in quanto è in funzione di esso che vengono progettate le opere acquedottistiche, non sussiste in queste reti alcun carico superfluo da poter sfruttare, però per tutta la restante durata delle giornate dell’annata tipo e quindi per la maggior parte del tempo, le minori perdite di carico conseguenza diretta della diminuita portata, provocano degli eccessi di pressione che, per un buon funzionamento dell’acquedotto, occorre abbattere con le valvole di regolazione o preferibilmente, con le turbine-alternatori. Si arriva alla logica conclusione che anche nelle reti a sollevamento meccanico dell’acqua vi sono notevoli possibilità di utilizzazione di carichi residui. Tale circostanza è ancora più evidente qualora si adotti, durante le ore di consumo minimo, un servizio idrico a pressione di consegna più bassa del normale .  (vedi La razionalizzazione delle reti di distribuzione)
In definitiva in qualsiasi acquedotto sussistono dei carichi residui in eccesso più o meno consistenti sia in fatto di durata che di pressione e che occorre distruggere. Ora, se l’installazione delle valvole può essere consigliabile nella generalità dei casi, quella delle turbine-alternatori richiede una resa economica atta a giustificare i loro maggiori costi di installazione e di esercizio.
In questo senso una valida dimostrazione la si può ricavare dall’esame critico di una rete a sollevamento meccanico nella quale si pratica da anni la regolazione della pressione a mezzo valvole automatiche asservite all’impianto di telecontrollo centrale e della quale sono noti i seguenti grafici di funzionamento. Nella fig. 1 è descritta la portata durante una giornata di consumo medio con e senza la regolazione, mentre nella fig. 2 è rappresentata, per lo stesso giorno, la pressione con e senza la regolazione. Si noterà come l’abbassamento della pressione di rete operata dalle valvole sia massimo durante la notte ed in genere durante le ore di minimo consumo. Invece nelle ore di punta e cioè dalle 10 alle 13 circa, non ha luogo alcun intervento delle valvole dato che, allora, in rete sussiste una pressione appena sufficiente per l’alimentazione dell’utenza. Elaborando i due grafici che, come detto, si riferiscono ad un caso reale, si è potuto costruire la fig. 3 nella quale figurano l’andamento della pressione realmente dissipata dalle valvole e la portata della rete in questo caso indicata in valore simbolico.
Integrando il grafico si ricava che in una rete come quella del grafico n. 3 avente una portata media di 1000 l/sec corrispondente ad una popolazione di circa 300000 abitanti, l’energia elettrica teoricamente ricavabile utilizzando tutto il carico in eccesso è pari a KWh 1900 al mattino e KWh 1200 alla sera. In conclusione un acquedotto come quello descritto può approssimativamente e come minimo contare su una produzione di circa 3000 KWh al giorno, stimati teoricamente senza tener conto delle perdite di rendimento delle macchine. Migliori risultati si ottengono, ovviamente, negli acquedotti di maggiori dimensioni.
Gli esempi riportati riguardano acquedotti a sollevamento meccanico dell’acqua. In quelli a gravità alimentati da sorgenti di alta quota, ad una produttività idroelettrica delle reti di distribuzione assai maggiore di quella anzidetta deve aggiungersi quella della rete di adduzione la quale molto spesso può disporre di notevoli salti utili ai fini idroelettrici. Si pensi ad esempio a città di pianura alimentate da acque di bacini artificiali di alta montagna con dislivelli di centinaia e centinaia di metri!
In definitiva, se negli acquedotti è sempre consigliabile la regolazione della pressione di esercizio per i vantaggi offerti, lo è tanto più quando sussistono le condizioni che consentono, invece di dissipare il carico in eccesso, di utilizzarlo per la produzione di energia elettrica.

 

5) CONCLUSIONI

Dopo aver accennato all’importanza della regolazione della pressione di funzionamento delle reti di distribuzione d’acqua potabile a servizio di territori ad andamento altimetrico molto variegato al fine di evitare gli inconvenienti causati dall’eccessivo valore pressorio che sovente vi si registra, nell’articolo si propone l’impiego di dispositivi innovativi aventi lo scopo di evitare la dissipazione dell’energia dovuta a detti eccessi di carico idraulico utilizzandola invece per produrre energia elettrica che diviene, di anno in anno sempre più preziosa. Vengono indicate le caratteristiche costruttive di una particolare turbina-alternatore atta ad assolvere a detto compito in modo automatico essendo asservita all’impianto centrale di telecontrollo e telecomando della rete acquedottistica.
Si tratta di proposte innovative che, sopratutto negli acquedotti di grandi dimensione e dopo attenta valutazione svolta acquedotto per acquedotto, si ritiene possano offrire notevoli risultati.

 

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SERBATOIO PER L’ISOLA D’ELBA

Un servizio fondamentale per qualsivoglia centro abitato ma che diventa essenziale per un territorio a preminente vocazione turistica come l’Isola d’Elba è quello del suo corretto rifornimento idropotabile. In questo settore l’Isola deve invece lamentare inconvenienti gravi quali la scarsità delle fonti durante l’estate che comporta frequenti interruzioni del servizio con alimentazione idrica di tipo turnario, e la presenza nell’acqua di sostanze inquinanti che ne compromettono l’uso a fini potabili. Le ragioni vanno ricercate nella precarietà della fornitura dalla Val di Cornia sita nel continente la quale, a causa della vastità del territorio continentale ed insulare servito, non è più in grado di produrre acqua in qualità e quantità atta a soddisfare il fabbisogno. Particolarmente grave è l’inquinamento ad opera del boro e dell’arsenico  presenti  nell’acqua in quantitativi superiori alle percentuali ammesse dalle vigenti leggi e cui si è recentemente rimedianto tramite opportuni trattamenti operati in terraferma e che hanno comportanto ulteriori pesanti aumenti nel costo complessivo di produzione dell’acqua potabile .
E’ fuori di dubbio che la soluzione ottimale di un problema determinante come quello indicato sarebbe quella che riuscisse a soddisfare le richieste idriche dell’Isola in maniera autonoma, visto e considerato che le acque di pioggia che vi precipitano durante l’annata sarebbero sufficienti allo scopo qualora, invece di essere lasciate defluire inutilizzate al mare come accade attualmente, potessero essere raccolte ed immagazzinate per essere utilizzare durante il periodo estivo di rilevante consumo idrico e di scarsa producibilità delle sorgenti e dei pozzi sia locali che della Val di Cornia. Gli studi condotti in questo senso vertono sulla realizzazione di due laghi artificiali mediante dighe di ritenuta da costruirsi a Patresi e Pomonte oppure nella realizzazione di 21 laghetti sparsi in tutta l’Isola  ed aventi in ciascuna soluzione esecutiva il necessario volume totale di invaso di 2.000.000 di mc, ma sono molti e di varia natura i motivi che ne sconsigliano la attuazione, primo fra tutti il grave danno ambientale che ne deriverebbe. Anche le altre soluzioni come la produzione di acqua potabile mediante desalinizzazione di quella di mare o la depurazione delle acque reflue della fognatura presentano inconvenienti gravi per cui , anche se in un futuro prossimo venisse effettivamente  realizzato un desalinizzatore, si otterrebbero  risutati disastrosi per i costi elevatissimi e soprattutto  perchè la caratteristica fondamentale della  desalinizzazione cosiste in una produzione costante per l’ingtera annata mentre il fabbisogno degll’utenza elbana è caratterizzato da grandissima escursione di portata  cui bisognerebbe comunque porre rimedio con l’aggiunta di un grandissimo serbatoio dello stesso tipo di quello che costituisce la soluzione che viene qui proposta.
La conclusione cui si perviene non può che derivare da una regola attualmente molto seguita nei paesi nordici e che così recita: porre nel sottosuolo le opere che in superficie non possono essere tollerate per i danni che provocano. Ciò significa evitare di occupare gli spazi belli e preziosi dell’Elba ma ricavare invece il grande serbatoio nel suo sottosuolo. Dall’esame della conformazione del territorio ovest dell’Isola costituito dal massiccio del monte Capanne dal quale si diramano con disposizione a raggiera numerose vallette e compluvi normalmente asciutti ma destinati a raccogliere e scaricare a mare le acque di pioggia che statisticamente quì precipitano con maggiore intensità che nel resto dell’Isola, risulta che l’accumulo non dovrebbe essere concentrato in una area limitata come accade ad esempio con i laghi artificiali, ma che esso dovrebbe invece svolgersi con la massima estesa longitudinale possibile al fine di raggiungere tutte le vallette, nessuna esclusa, e poter intercettare tutti i corsi d’acqua.

Veduta prospettica della parte ovest dell’Isola d’Elba con il gtracciato del serbatoio/galleria

Tale risultato può essere raggiunto mediante un’opera singolare ma non nuova nel settore idropotabile e che, sotto molteplici aspetti, si adatta splendidamente al territorio elbano in quanto, oltre a risolvere il problema idrico, consente anche di sfruttare alcune delle sue caratteristiche fondamentali per ottenere rilevanti economie costruttive e di esercizio. Si tratta di una galleria del tutto simile a quelle stradali ed avente un diametro di 10 m che, circondando alla base e per 360 gradi il citato massiccio del Monte Capanne con il percorso circolare lungo circa 25 Km di cui al disegno allegato, attraversa o sottopassa tutti i compluvi costituendo il richiesto volume di invaso di 2.000.000 di mc in grado di conservare per lungo tempo l’acqua potabile al fresco e al buio.
Ed ecco quali possono essere i vantaggi secondari, ma non per questo da sottovalutare, dell’opera. Innanzitutto è previsto che lo scavo della galleria, come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere, finisca per richiamare al suo interno l’acqua delle falde presenti nel sottosuolo del M. Capanne, presenza confermata dalle numerose fonti naturali ivi esistenti. Ebbene tali falde potranno rappresentare un importante apporto di acqua naturalmente potabile e particolarmente abbondante durante i periodi piovosi. Altro vantaggio da tener presente è la qualità del materiale roccioso attraversato con gli scavi sotterranei, il quale, essendo per la totalità costituito dal meraviglioso granito elbano, non solo darà tutte le necessarie garanzie per la stabilità delle opere durante e dopo la esecuzione dei lavori, ma fornirà grandi quantitativi di prodotto lapideo di risulta che, convenientemente sfruttati, potranno contribuire a coprire in gran parte i costi di costruzione della galleria. E’, a tale riguardo. da segnalare come alla data attuale le Cooperative di cavatori che operano a S. Piero siano costrette ad importare il granito dalla Cina viste le difficoltà imposte dalle vigenti leggi alla coltivazione delle cave all’aperto che tanti danni provocano all’ambiente. Per ovviarvi e consentire la prosecuzione o forse l’incremento di tale attività si propone di organizzare lo scavo di alcune parti del serbatoio/galleria in modo da potervi ricavare i blocchi di granito atti alla descritta lavorazione. La parte rimanente di materiale di risulta, opportunamente frantumata e vagliata, potrà trovare svariati ed utili impieghi quale inerte da calcestruzzi, quale sabbia per il ripascimento di spiagge erose dalle mareggiata o per l’ampliamento delle altre, per la costruzione di rilevati stradali e per piazzali e parcheggio o, infine, per ripristinare il territorio nei punti danneggiati dalle cave coltivate negli anni passati.

Planimetria della parte ovest dell’Isola dd’Elba con tracciato del serbatoio/galleria

Un altro punto a favore del serbatoio/galleria è la possibilità di alimentare, grazie alla sua elevata quota altimetrica, gran parte degli agglomerati urbani direttamente a gravità evitando l’uso delle costose pompe di sollevamento. A tale riguardo occorre anche segnalare come la rete di adduzione che attualmente collega tra di loro i vari acquedotti facendo percorrere all’acqua della Val di Cornia tutta l’Isola in senso longitudinale da est a ovest, è in grado di essere alimentata anche in senso contrario cioè da ovest verso est e quindi distribuire seduta stante e senza necessità di grandi opere acquedottistiche tutta l’acqua raccolta e accumulata nel serbatoio/galleria.
Infine l’accumulo in serbatoio di notevoli volumi d’acqua delle piogge effettua una laminazione delle piene contribuendo a lenire i danni che vengono spesso provocati da esondazioni ed allagamenti a seguito di eventi piovosi particolarmente intensi.
Resta comunque confermato che il risultato più importante che si ottiene delle opere in oggetto è quello di consentire all’Elba di alimentarsi autonomamente, evitando in toto il ricorso alle costose e precarie forniture della Val di Cornia, forniture che potrebbero improvvisamente venire a mancare per molteplici ragioni tra le quali figurano le pessime caratteristiche chimiche dell’acqua che possono comportare in qualunque momento il divieto del suo uso a fini potabili, l’impossibilità, insita negli impianti della Val di Cornia, di far fronte alla totalità degli aumentati consumi idrici ed infine, la eventualità, tutt’altro che remota, che la condotta sottomarina di collegamento con il continente, attualmente in precario stato, possa rompersi.
Se si considera che tra breve tutti i servizi idrici di una vasta zona, comprensiva anche dell’Elba, definita ambito ottimale ( ATO ), saranno svolti da un grande organismo pubblico che andrà a realizzare il Serivizio Idrico Integrato, si comprende che la presenza di un grande serbatoio di estremità come quello in oggetto e per giunta ubicato in una posizione decentrata come è l’Isola d’Elba rispetto al rimanente territorio ATO, costituisca un fattore di grande sicurezza per il servizio idropotabile dell’intera regione. Il collegamento con il continente tramite la esistente condotta sottomarina, attualmente essenziale per il rifornimento idrico elbano, verrebbe allora declassato diventando una riserva da utilizzare solo eccezionalmente per eventuali interscambi di portata nei due sensi Isola d’Elba-Continente e Continente-Isola d’Elba in caso di necessità impreviste.
Infine il problema, importantissimo, del costo delle opere.
La costruzione di una galleria come quella indicata è valutato in ben 150 milioni di euro. Dalle stime effettuate da una società esperta in lavori del genere risulta però che la presenza di un materiale straordinario come il granito che compone il massiccio del Capanne consentirebbe, con una efficiente organizzazione del lavoro, coprire gran parte di tale importo.
In definitiva l’opera che nella presente breve relazione si propone di eseguire, cioè la costruzione di un serbatoio sotterraneo per acqua potabile da 2.000.000 di mc. di capacità utile, si ritiene costituisca la soluzione ottimale del problema idrico elbano in quanto essa è atta , senza provocare danno alcuno all’ambiente, a dotare l’Isola di un corretto servizio idrico del tutto autonomo ed autosufficiente nel mentre le spese per la esecuzione dei lavori potrebbero essere in buona parte coperte dalla utilizzazione del materiale di risulta dagli scavi.
Ulteriori indicazioni possono essere dedotte dal questo stesso sito dove figura il progetto di massima completo di relazione e disegni esplicativi.

La descrizione del grande serbatoio/galleria per l’Isola d’Elba termina con l’indicazione che l’intera opera potrà essere costruita per stralci successivi tutti funzionale ed atti a dilazionare la spesa negli anni ma riuscendo a risolvere gli attuali problemi estivi fin da una prima tratta di lunghezza di circa  un chilometro necessaria e sufficiente a tale scopo

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IL SOTTOSUOLO COME VALIDA RISORSA NELLA RISOLUZIONE DELLA IMMINENTE CRISI IDROPOTABILE

Il sottosuolo per grandi accumuli iodrici

 

La crisi idrica che si profila ad un orizzonte non molto lontano sollecita soluzioni valide. Quelle che vanno oggi per la maggiore sono il risparmio dell’acqua disponibile e l’aumento della produzione delle fonti.
In tema di risparmio idrico alcuni dei provvedimenti sempre più spesso raccomandati sono fatalmente destinati ad ottenere risultati del tutto esigui. Infatti non si tiene presente un fattore determinante e cioè la diretta dipendenza delle perdite occulte degli acquedotti con la pressione di esercizio degli stessi che fa sì che, quand’anche la gran parte degli utenti praticasse una rilevante economia dell’acqua consumata, la minor portata delle condotte di rete finirebbe per incrementare la pressione e quindi le perdite annullandone in parte i benefici. A fronte dei risultati così modesti si devono rilevare i disagi per la popolazione ed il minor introito economico degli enti di gestione il cui bilancio deve comunque risultare in pareggio. Senza entrare in dettaglio in un argomento così vasto e complesso, si auspica che i futuri sistemi di approvvigionamento idropotabile siano invece in grado di fornire all’utenza l’acqua di buona qualità senza imporre limitazioni di consumo d inoltre senza dover ricorrere a sistemi speciali e costosi come ad esempio quello inerente la potabilizzazione di acque marine o di quelle reflue delle fognature. A tale scopo viene quì proposto un intervento di sicura efficacia e ancora sottovalutato e cioè il semplice accumulo in grandi e grandissimi serbatoi dell’acqua potabile prodotta in eccesso durante i periodi di bassa richiesta dell’utenza. Viene così resa possibile una buona compensazione plurimensile delle portate che può aggiungersi alla compensazione giornaliera generalmente adottata nella maggior parte degli acquedotti italiani con risultati totalmente diversi.

È ben noto che, sia nella producibilità delle fonti e sia nella richiesta di quel bene prezioso ed essenziale che è l’acqua, sussistono dei consistenti sfasamenti temporali dovuti alle forti escursioni di portata non solo delle fonti che normalmente alimentano gli acquedotti e cioè sorgenti, falde e corsi d’acqua soggette inevitabilmente alla aleatorietà del tempo atmosferico ma anche della richiesta idrica dell’utenza. I due fenomeni sono nettamente contrapposti in quanto è proprio quando difettano le fonti che aumentano le richieste facendo viepiù rilevare l’importanza dei grandi accumuli per la risoluzione dei problemi che vi si verificano.
Una modalità molto efficace di accumulo di rilevanti volumi idrici è quella dei bacini artificiali d’alta montagna che nei tempi andati erano ottenuti tramite dighe di ritenuta. Si tratta però di opere che non si possono più realizzare per molteplici ragioni tra cui la mancanza di aree adatte, i danni ambientali che ne derivano, le perdite d’acqua causate dall’evaporazione, il progressivo interrimento dei bacini, la possibilità di franamento delle sponde ecc. ecc.
Le altre possibilità di realizzare grandi accumuli in superficie si limitano ai serbatoi in cemento armato ma, pur con il progressivo miglioramento della tecnica edilizia, l’invaso massimo che si riesce a realizzare in questo modo può essere stimato in circa 200000 mc che sono del tutto insufficienti per gli scopi di cui si discute.
Esaurite le usuali possibilità di realizzare rilevanti invasi idrici nel terreno non resta che passare al sottosuolo che presenta in tale campo favorevolissime condizioni. Si noterà come sono molti i settori del moderno vivere civile che hanno trovato sottoterra la condizione ideale per ubicarvi importanti sevizi. Tale tecnica ha permesso di dotare le grandi città delle ferrovie metropolitane che rappresentano senza dubbio il miglior sistema di trasporto urbano. Nel campo dello stoccaggio di materiali e mezzi d’opera eccellono i garage per autovetture ed i magazzini anche di grandi dimensioni ed i locali accessori in genere. Nelle grandi metropoli sono molti gli esempi di ubicazione nel sottosuolo di locali a usi multipli. Tra tutti si segnala quella sorta di tempio dello shopping su quattro livelli che è il modernissimo Forum des Halles di Parigi con negozi, ristoranti, piscina, giardini, fontane e la più grande stazione metropolitana della capitale francese. Al centro vi si trova addirittura una piccola piazza con monumento centrale: il tutto è stato ottenuto scavando l’area un tempo occupata dai magazzini generali.

Il Forum des Halles di Parigi: una piazza con negozi, piscine, ristoranti interamente ricavata nel sottosuolo

Nel campo dei servizi idrici non si possono tralasciare gli interventi posti in essere sotto terra dalla città di Como per trasferirvi gli impianti di stoccaggio e trattamento delle acque potabili e di quelle di fognatura liberandone totalmente il territorio urbano.

E’ da rilevare come la caratteristica di vitale importanza degli strati profondi della terra sia quella di costituire da sempre l’ideale mezzo di accumulo di ingentissimi volumi d’acqua che, raccolti a seguito degli eventi atmosferici, vengono successivamente e progressivamente restituiti al suolo per alimentare fiumi, falde, sorgenti ecc, in definitiva per consentire la sopravvivenza di piante, animali ed esseri umani. Accumularvi artificialmente rilevanti volumi d’acqua potabile, come viene proposto in questa nota, rappresenta pertanto la continuazione di un procedimento naturale con tutti i vantaggi che gli sono propri e che si rivelano particolarmente utili per la risoluzione della carenza idrica di cui si è detto.

Tra tutte le possibilità si cita in primo luogo una tecnica che sta dando buoni risultati è cioè la ricarica artificiale di falda consistente nell’immissione forzata nel sottosuolo di grandi volumi idrici durante i periodi di piogge intense allo scopo di poterne molto efficacemente usufruire in tempi ed in luoghi diversi ed anche molto lontani.

In secondo luogo, rinviando la trattazione della tecnica di ricarica di falda alle molte pubblicazioni degli specialisti della materia, si vuole specificatamente parlare di grandi bacini ricavati nel sottosuolo con diverse metodologie, ancora poco utilizzate ma dalle quali deriveranno in futuro, in maniera del tutto analoga, sicuramente dei grandi benefici.

Il primo esempio di grande bacino sotterraneo prende spunto dal lavoro del prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” visibile anche su internet , che è basato sulla realizzazione di un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo nell’Isola d’Elba mediante una tecnologia che potrebbe benissimo essere adottata in molti altri casi. Si riportano nel seguito ed in sunto le sue modalità d’uso e le possibilità offerte in particolari situazioni territoriali.

 

tracciato galleria serbatoio Elba
Veduta del serbatoio-galleria progettato per l’Isola d’Elba ma non realizzato

Sezione tipo del serbatoio – galleria per l’Isola d’Elba

Si verifica sovente che una vallata anche molto ampia sfoci nel mare essendo costituita da sponde impermeabili profonde sulle quali si sono depositati attraverso i secoli, grandi quantità di ghiaie o di materiali sabbiosi comunque permeabili e che si elevano verso l’alto fino a costituire delle grandi pianure. In tali luoghi, pur essendo presenti nel sottosuolo delle ricche falde alimentate da bacini imbriferi di grande estensione, non è possibile prelevarvi acqua per usi potabili in quanto vi si verifica l’invasione di acqua salata, nel mentre tutta l’acqua dolce che vi transita si scarica inutilizzata a mare. Una buona soluzione potrebbe consistere nella costruzione, lungo il bordo del mare, di un diaframma impermeabile del tipo di quello prima citato che, spinto fino ad incastrarsi nello strato impermeabile profondo, sarebbe atto ad isolare idraulicamente la vallata dal mare stesso e a realizzarvi un enorme bacino sotterraneo nel quale si raccoglierebbero tutte le acque di monte senza possibilità alcuna che abbiano a disperdersi in mare nel mentre sarebbe impedita la risalita del cuneo salino che le rende oggi inutilizzabili. Si tratta quindi di una ottima possibilità per rendere disponibili grandi masse d’acqua ad uso degli acquedotti.

Una fresa per lo scavo ed il rivestimento delle gallerie in roccia

Un secondo modo di realizzazione nel sottosuolo di imponenti volumi di invaso d’acqua potabile è l’utilizzazione di un’opera normalmente usata per altri scopi e specialmente per il transito dei mezzi di trasporto, e cioè una galleria scavata nella roccia e che si presta benissimo per raccogliere e conservare al fresco, al buio e al riparo dai raggi del sole ingenti quantità di acqua. Sussistono numerosi esempi di gallerie/serbatoio utilizzate da anni con risultati ottimi (vedi figure qui sotto ) e tra di questi anchehttps://www.altratecnica.it/un-maxi-serbatoio-per-l-acquedotto/roposta avanzata da chi scrive per la risoluzione dei problemi idropotabili dell’Isola d’Elba ed il cui progetto di massima è visibile in questo sito .

 

Esempi di serbatoio-galleria.: i serbatoi esistenti di Aby (Torino) e di Napoli .

I vantaggi offerti da opere di questo genere sono molteplici e consistono nella possibilità di drenare aree molto vaste grazie alla notevole estensione longitudinale della galleria che consente di raggiungere fonti molto distanziate e nel poter alimentare, in caso sia possibile costruirla ad una opportuna quota altimetrica, una gran parte del territorio direttamente a gravità. La caratteristica più saliente del serbatoio/galleria resta comunque il suo notevole volume utile che consente di conservare per i periodi di grande scarsità idrica generalmente dovuti alla siccità, le acque che precipitano abbondantemente durante le stagioni piovose e poter quindi far fronte ai fabbisogni che aumentano notevolmente in particolari occasioni come ad esempio per l’aumento della presenza turistica in coincidenza con le siccità estive. Vi si deve aggiungere che la moderna tecnica costruttiva consente di scavare in terreni di qualsiasi natura e di rivestire con materiali appropriati gallerie di grande sezione in maniera rapida, sicura ed economica. La tecnica consente anche l’ulteriore vantaggio di poter captare le eventuali falde che si incontrano nel tracciato della galleria come pure quella di escluderle e di lasciare inalterata l’idrologia del territorio attraversato nel caso che le condizioni locali lo impongano.

Una terza possibilità di stoccare nel sottosuolo grandi volumi d’acqua potabile è data dalla costruzione di condotte adduttrici di diametro notevolmente maggiore di quello strettamente necessario per il trasporto della massa liquida. In situazioni particolari di lunghe condotte di adduzione che collegano le fonti alla rete di distribuzione senza grandi dislivelli altimetrici del suolo è possibile raggiungere tale risultato trasformandole in grandi contenitori sub orizzontali che oltre ad invasare grandi volumi d’acqua consentono anche apprezzabili economie energetiche date dalle minori perdite di carico che le caratterizzano.

Profilo schematico di un serbatoio-adduttore della lunghezza di 20 Km ed un volume utile di 2.000.000 di mc

Un esempio di adduzione-serbatoio è visibile nel sito prima citato e riguarda un progetto non realizzato e relativo alla costruzione del serbatoio di accumulo per l’acquedotto della città di Venezia.

 

Planimetria di serbatotio-adduttore per Venezia

 

Sezione tipo del serbatoio adduttore per Venezia

Per concludere positivamente questa breve nota si riportano alcuni concetti generali del resto già espressi in altri articoli di questo sito. I problemi che presenta l’approvvigionamento idropotabile italiano sono tutti di grande entità e non possono certamente essere risolti se non con interventi anch’essi imponenti e molto impegnativi per i costi e per le modalità da adottare. Vi figurano il rifacimento delle reti acquedottistiche obsolete, la riorganizzazione generale del sistema di approvvigionamento con acquedotti di ampia estensione studiati in funzione degli impianti di telecontrollo e telecomando che prevedano, tra l’altro, una regolazione diffusa della pressione di esercizio, una rete di collegamento tra i vari acquedotti che consenta facili interscambi di portata ecc. ecc. Tra gli interventi consigliati un posto di primo piano va anche assegnato alla compensazione plurimensile delle portate da attuarsi con grandi e grandissimi serbatoi di accumulo. Vista l’impossibilità di costruire tali opere in superficie è necessario rivolgere l’attenzione al sottosuolo che presenta, in questo senso, favorevolissime occasioni. Nell’articolo se ne descrivono alcune veramente interessanti. E’ questo un argomento molto importante più volte trattato da chi scrive ma che è stato qui ripreso per ampliarlo con i riferimenti ai vari articoli specifici e soprattutto per corredarlo di una utilissima relazione redatta da autorevoli studiosi per documentare l’opportunità di trasferire nel sottosuolo strutture di vario genere e tra di queste senza dubbio anche i grandi serbatoi di accumulo d’acqua potabile che formano l’oggetto specifico della presente nota.

VIAGGIO FANTASTICO NELL’UTOPIA DELL’ACQUA

rete acquedottistica nazionale

1) PREMESSA

E’ assodato che uno dei problemi che in futuro si presenteranno con drammaticità sarà quello della carenza dell’acqua necessaria per i vari usi.
In Italia i volumi che annualmente si rendono disponibili a tale fine sono e saranno più che sufficienti a coprire il fabbisogno. Esistono però forti squilibri tra una regione e l’altra e grandi sfasamenti temporali tra disponibilità d’acqua e fabbisogno; la loro attenuazione risulterà indispensabile perché il problema possa ritenersi risolto. In tal senso un contributo fondamentale potrebbe essere dato dalle opere qui descritte se non si trattasse invece che di un mero parto della fantasia volto ad immaginare un futuro impossibile eden idrico.

 

2) SITUAZIONE FUTURA DEGLI ACQUEDOTTI ITALIANI

Il quadro complessivo all’anno X vedrà già realizzate le indicazione della legge Galli e quindi organizzati gli ATO e cioè i grandi territori ottimali all’interno dei quali il ciclo completo delle acque, dalla raccolta e depurazione di quelle reflue alla distribuzione di quelle potabili, sarà correttamente svolto ad opera dell’Autorità di Bacino. Risulteranno inoltre completati e razionalizzati tutti gli impianti fognari e quindi l’acqua dei fiumi e del mare dove ha luogo la restituzione finale dei liquami depurati sarà tornata limpida come era un tempo nel mentre per gli acquedotti, completamente riorganizzati sotto l’egida dell’autorità predetta, sussisterà un grave deficit causato da un lato dai grandi mutamenti climatici che avranno sensibilmente ridotto le portate d’acqua disponibili soprattutto durante i periodi particolarmente siccitosi e dall’altro dalle aumentate esigenze specifiche che comporteranno un forte aumento del fabbisogno idrico. Per quanto riguarda i bacini artificiali, realizzati nelle zone montane mediante dighe di ritenuta, saranno al momento perfettamente funzionanti, in quanto si provvede con continuità all’asporto del materiale ghiaioso di deposito, soltanto quelli di vecchia costruzione nel mentre da molti anni non se ne realizzano di nuovi a causa dei gravi danni che opere di tale genere provocano all’ambiente.
Sarà ancora irrisolto il problema, prima citato, delle emergenze idriche del meridione d’Italia.

 

3) LA SOLUZIONE PROPOSTA

Esempio di rete nazionale esistente: il gas

L’utilizzazione dei volumi d’acqua disponibili nel nord d’Italia, particolarmente in periodi di grandi precipitazioni atmosferiche, allo scopo di risolvere al sud le frequenti crisi, presenta ostacoli quasi insormontabili. Innanzitutto, essendo in gioco enormi volumi d’acqua, non si può pensare di prelevarli da quella che può essere considerata l’unica risorsa atta allo scopo e cioè dall’asta dei fiumi del settentrione per i gravi danni che ne deriverebbero alle utilizzazioni già in atto e all’ambiente. Un altro problema è rappresentato dalla grande variabilità di portata che da un periodo all’altro caratterizza sia la disponibilità d’acqua che il fabbisogno. Occorrerebbero grandi volumi di invaso, praticamente irrealizzabili, per effettuare le necessarie compensazioni di portata. Infine il trasporto di questi ingenti quantitativi d’acqua dalle regioni del nord Italia dove essa abbonda a quelle del Sud, sembra essere un problema non risolvibile.
Un attento esame della situazione reale delle nostre pianure offre però un panorama meno pessimistico considerato che i grandi fiumi sono di per sé dotati, nelle zone di pianura e di sbocco a mare, di una struttura che, previa modifica non sostanziale delle sue caratteristiche costitutive e delle attuali modalità di utilizzazione, può svolgere, in tal senso, un ruolo determinante. I principali fiumi del nord d’Italia presentano, infatti, nella parte finale del loro alveo, ampie aree golenali delimitate da alti argini il cui scopo è di aumentare sensibilmente la portata adducibile al mare quando essa raggiunge, in occasione di piogge eccezionali, valori cospicui. Si tratta quindi di grandi bacini che vengono usati solo in occasione dei periodi particolarmente piovosi mentre non lo sono per il tempo restante. Ne è riprova il fatto che molto spesso le aree golenali sono coltivate, altre volte vi trovano posto ampie piantagioni di alberi di alto fusto, qualche volta si sono ubicate in golena anche delle case regolarmente abitate.
Ebbene, se tali fiumi fossero dotati, previa loro sistemazione generale, di uno sbarramento mobile ubicato in prossimità dello sbocco a mare che consentisse di invasare nelle capaci aree golenali notevoli volumi d’acqua, si otterrebbero i seguenti vantaggi:
1. impedire la risalita del cuneo salino lungo la parte finale dell’asta dei fiumi e quindi rendere utilizzabile ai fini irrigui e potabili i volumi d’acqua che vi transitano
2. consentire di captare, in prossimità della foce, grandi volumi continui d’acqua dati dalla portata fluente cui va aggiunta quella accumulata grazie alle citate chiusure. Da notare come il prelievo di tali portate nella parte finale del fiume non comporta, proprio perché ubicata in prossimità dello sbocco a mare, alcuna modifica e quindi alcun danno, al regime idrico di tutta l’asta: è invece possibile utilizzare tutti i volumi d’acqua che necessitano limitando lo scarico a mare soltanto a quelli in esubero rispetto al fabbisogno o quelli richieste dalle condizioni ambientali locali.
3. mantenere costantemente rincollata l’acqua dei fiumi in modo da realizzare, durante tutto l’anno e tramite una oculata manovra delle barriere mobili, un notevole volume di invaso atto ad effettuare una efficace compensazione delle portate di piena molto variabili durante l’anno medesimo;
4. il recupero di grandi volumi d’acqua di piena dei fiumi, che altrimenti sarebbe scaricata a mare, lascia disponibili a monte, lungo l’asta del fiume, molta acqua da utilizzare per altri usi come ad esempio per le irrigazioni;
5. estendendo l’intervento a più corsi d’acqua distribuiti in diverse regioni italiane è possibile usufruire di svariati eventi meteorologici e dei relativi incrementi di portata;
Ovviamente la regolazione delle barriere mobili deve tenere in debito conto e con continuità l’andamento meteorologico e quindi esser aperte durante le alluvioni in modo da non ostacolare lo scarico a mare di tutta la portata d’acqua in arrivo da monte ma durante tutto il resto dell’anno tenere il bacino pieno o quasi pieno fatti salvi gli svasi che, durante i periodi di magra, consentano il prelievo di tutta la portata necessaria per far fronte ai fabbisogni. Opportune e sistematiche manovre alternate da un fiume all’altro permetteranno di scaricare a mare le sabbie di deposito in modo da evitare da una parte l’interramento dei bacini e dall’altra favorire il ripascimento delle spiagge marine.
In pratica,la ipotesi qui considerata vede le foci di alcuni grandi fiumi trasformate in lunghi e capaci laghi aventi il pelo libero dell’acqua costantemente più in alto del livello marino, alimentati da monte con portate elevate in quanto comprensive dell’apporto di tutti gli affluenti del fiume stesso, nessuno escluso, ed in quanto comprensive anche dei volumi che vi si raccolgono in occasione di eventi piovosi intensi nonché delle portate d’acqua reflua depurata e scaricate dalle varie reti fognarie disseminate in tutto il territorio nazionale. Da tali laghi è possibile prelevare tutta la portata richiesta per far fronte ai fabbisogni nel mentre viene scaricata in mare solo la portata eccedente il fabbisogno. Durante i periodi nei quali il bacino imbrifero è interessato da piogge intense vengono immagazzinati, grandi volumi d’acqua atti ad effettuare una efficace compensazione delle portate
Essendo l’intervento dislocato in diverse località anche molto distanti tra di loro, aumenta la probabilità di poter usufruire delle piene e delle morbide.
Il fabbisogno idrico italiano complessivo dovrebbe essere soddisfatto tramite i soli proventi delle opere indicate. Non sono però da trascurare altri importanti mezzi di produzione d’acqua potabile di sorgenti, pozzi, quella ottenuta da potabilizzazione di acque reflue di fognatura, o irrigua generalmente prelevata dai fiumi oppure quella immagazzinata negli esistenti bacini artificiali. Il tutto secondo le modalità che saranno appresso indicate.
Una volta risolto il problema della produzione di tutto il volume d’acqua necessario e che forzatamente deve avvenire al nord, rimane da risolvere il problema del suo trasporto fino alle regioni meridionali normalmente afflitte da grande carenza idrica. La soluzione potrebbe esser trovata nella realizzazione di un collegamento idrico atto a consentire i necessari interscambi di portata tra le varie regioni italiane, collegamento tanto più difficoltoso quanto maggiori sono i quantitativi d’acqua e le distanze in gioco e che quindi diventa particolarmente arduo quando entrano nel bilancio i fabbisogni irrigui la cui entità, come già detto, è ben maggiore di quelli potabili (approssimativamente il quadruplo). Quella che si proporrà non può pertanto che essere una soluzione di compromesso che se da un lato potrebbe assolvere in toto le esigenze idropotabili, dall’altro può solo contribuire a lenire quelle irrigue, fatte salve ulteriori possibilità come sarà più avanti indicato.
In pratica si tratterebbe di costruire due grandi reti magliate di condotte una per l’adduzione di acqua potabile e l’altra per l’acqua grezza cioè di acqua che ha subito solo un trattamento primario di depurazione e che pertanto è utilizzabile per usi industriali, artigianali per irrigazione agricola (questa contenuta entro determinati limiti quantitativi), per annaffiamento orti e giardini, per cacciata delle fognature stradali ed infine per i servizi domestici di base come lavaggi, vasche di cacciata dei WC, docce, pulizia strade, ecc. ecc. Considerato che nel periodo futuro che si sta esaminando saranno le acque reflue delle locali fognature che, invece di essere scaricate nei recipienti finali come accade ai nostri giorni, troveranno, previo ulteriore trattamento di depurazione, una utilizzazione sempre maggiore, la rete di acque grezze è destinata a ricevere da tali acque e regione per regione, un importante contributo, che le permetterà, un giorno, di soddisfare interamente il fabbisogno.
In pratica se fossero già realizzati gli ATO di cui alla legge Galli, le due reti di adduzione indicate costituirebbero l’indispensabile collegamento idraulico tra tutti gli ATO.

Esempio di rete acquedottistica nazionale proposta

 

4) SITUAZIONE DEGLI ACQUEDOTTI ITALIANI NELL’IPOTESI CONSIDERATA

La situazione finale all’anno X degli acquedotti italiani nella ipotesi qui considerata potrebbe così esser sintetizzata:
Alcuni importanti fiumi italiani come ad esempio Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta e Adige, nel versante adriatico, Arno e Tevere in quello tirrenico, sono stati sistemati con modifica degli argini e costruzione dello sbarramento mobile di foce, in modo da essere in grado di invasare nel loro bacino golenale grandi volumi d’acqua e di mantenerli per lunghi periodi onde effettuare una buona compensazione delle grandi portate in gioco. In pratica le aree golenali per una estesa di alcuni chilometri vicino alla foce ed attualmente sistemate a verde, sarebbero trasformate in laghi. Non viene, per il momento, considerato il Po per i notevoli problemi che sarebbero posti dalla costruzione dello sbarramento mobile di foce, ma, a seguito di una analisi più attenta, anche tale importantissimo corso potrebbe rientrare nel novero contribuendo in maniera determinante ad aumentare le disponibilità idriche future (ulteriori notizie sullo sbarramento mobile di foce sono visibili nell’omonimo articolo del presente sito).
Ogni fiume è munito, in prossimità dello sbarramento mobile, di un capace impianto di trattamento e pompaggio in grado di dare alle acque le necessarie caratteristiche chimico-fisiche ed immetterle nelle due grandi reti di adduzione nazionale: acqua potabile nel primo e acqua grezza nell’altro. Da notare come il progresso tecnico che senza dubbio avrà interessato la concezione della decantazione e filtrazione consente, all’epoca che qui si considera, di costruire impianti di dimensioni relativamente ridotte e, per lo più ricavati nel sottosuolo.
Sono state costruite due grandi reti magliate di condotte rispettivamente per acqua potabile e per acqua grezza, che percorrono tutta l’Italia in lungo e largo, Sicilia compresa, con percorso in gran parte sottomarino. Nei tratti di terraferma è previsto un doppio tunnel scavato, a notevole profondità onde evitare le interferenze con i servizi preesistenti, nel sottosuolo.
Tutti gli ATO costituiti in base alle disposizioni della legge Galli, sono attraversati da dette grandi tubazioni di rete con le quali sono anche collegati per potervi prelevare o immettere l’acqua a seconda delle disponibilità. La grande diversificazione delle fonti che alimentano le due reti, distribuite in diverse regioni italiane, consente di modulare la portata consegnata o ricevuta dagli ATO in modo da soddisfare le singole necessità giornaliere.
Il sistema acquedottistico nazionale è governato da un calcolatore centrale che ne sovrintende tutte le funzioni secondo quanto sarà in appresso indicato.
Si riportano, in sintesi, le caratteristiche di ogni ATO.

 

5) SERVIZIO IDROPOTABILE

A) ATO ALIMENTATO CON ACQUA DI SORGENTE O CON ACQUA DI BACINO ARTIFICIALE O LAGO NATURALMENTE POTABILE

1) Le sorgenti degli acquedotti sono state potenziate in modo da poter captare tutta l’acqua disponibile anche con carattere di discontinuità o di grande variabilità se la fonte non ha portata costante;
2) Ogni impianto di produzione continua a svolgere il compito di alimentare la sua rete locale di competenza e, in più, deve essere collegato con la rete di adduzione nazionale in modo da renderlo atto a svolgere due funzioni:
– immissione nella rete di adduzione nazionale tutta l’acqua in esubero;
– prelievo dalla stessa adduttrice di tutta la portata di cui ha bisogno onde integrare la propria produzione, quando questa è deficitaria rispetto al fabbisogno.
Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo). Il prelievo dell’acqua dalla adduttrice é in pressione tramite valvola di regolazione del prelievo comandata dall’impianto di telecontrollo.

B) ATO ALIMENTATO DA POZZI CON ACQUA NATURALMENTE POTABILE

1) I pozzi sono stati potenziati in modo da poter captare tutta l’acqua disponibile della falda anche con carattere di discontinuità se la falda non ha portata costante;
2) Ogni impianto di produzione continua a svolgere il compito di alimentare la sua rete locale di competenza e, in più, è collegato con la rete di adduzione nazionale in modo da renderlo atto a svolgere due funzioni:
– immissione nella rete di adduzione nazionale tutta l’acqua in esubero;
– prelievo dalla stessa adduttrice di tutta la portata di cui ha bisogno onde integrare la propria produzione, quando questa è deficitaria rispetto al fabbisogno.
Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo). Il prelievo dell’acqua dalla adduttrice é in pressione tramite valvola di regolazione del prelievo comandata dall’impianto di telecontrollo.

C) ATO ALIMENTATO DA PRESA DI ACQUA SUPERFICIALE DA FIUME POTABILIZZATA

1) Ogni impianto di produzione é potenziato in modo da poter prelevare da fiume e trattare tutta l’acqua disponibile. Dove possibile si sono costruiti dei capaci bacini di accumulo, preferibilmente sotterranei, delle acque di piena con tutte le strutture necessarie per immettere nella rete di adduzione nazionale tali portate (decantatori, filtri, sollevamento ecc.).
2) Ogni impianto di produzione continua a svolgere il compito di alimentare la sua rete locale di competenza e, in più, deve essere collegato con la rete di adduzione nazionale in modo da renderlo atto a svolgere due funzioni:
– immissione nella rete di adduzione nazionale tutta l’acqua in esubero;
– prelievo dalla stessa adduttrice di tutta la portata di cui ha bisogno onde integrare la propria produzione, quando questa è deficitaria rispetto al fabbisogno.
Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo). Il prelievo dell’acqua dalla adduttrice é in pressione tramite valvola di regolazione del prelievo comandata dall’impianto di telecontrollo.

D) ATO ALIMENTATO CON ACQUA AVENTE ELEVATI COSTI DI PRODUZIONE (DEMINERALIZZAZIONE ACQUA SALATA, TRATTAMENTO ACQUE RESTITUITE DALLA FOGNATURA ECC.)

Gli impianti di produzione esistenti continuano a produrre la sola acqua necessaria al soddisfacimento del proprio fabbisogno quindi senza alcun potenziamento. E’ stato realizzato il collegamento con la rete di adduzione nazione con lo scopo principale di sostituire tutto o in parte l’acqua prodotta localmente avente costi elevati, con quella prelevata dalla rete di adduzione nazionale. In casi estremi é consentito immettere le portate prodotte in esubero rispetto al fabbisogno, nella rete di adduzione nazionale. Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo).

 

6) SERVIZIO IDRICO ACQUA GREZZA PER USI INDUSTRIALI, ARTIGIANALI, IRRIGUI E VARI DOMESTICI

La portata immessa nella rete grezza nazionale é per la maggior parte fornita dagli impianti di foce dei fiumi principali. Anche gli ATO, se le condizioni locali lo permettono, producono acqua grezza da destinare, di preferenza al soddisfacimento delle necessità locali. I volumi eventualmente in esubero sono immessi nella rete nazionale. Essendo questo il servizio che richiede i maggiori quantitativi d’acqua, sono di preferenza utilizzate tutte le acqua locali limitando quelle della rete nazionale di acqua grezza ai soli casi in cui non è possibile operare diversamente.
Sono ipotizzabili interscambi di portata anche con le reti irrigue, pur in quantità contenute rispetto a quelle totali necessarie. Il servizio di irrigazione agricola vero e proprio deve restare autonomo e ai vari fabbisogni agricoli si deve far fronte regione per regione, con risorse idriche locali solo parzialmente integrate con acqua proveniente dalla rete nazionale grezza.

 

7) SERVIZIO DI FOGNATURA

Tutte le reti sono unificate in tutto il territorio di ogni ATO. Gli impianti fognari italiani sono pertanto costituiti da grandi reti di tipo separativo e munite di pochi impianti di depurazione di grandi dimensioni. Questi ultimi effettuano un trattamento spinto delle acque reflue in modo da renderle atte ad essere immesse, a fine trattamento, nella rete locale di acque grezze. Gli eventuali volumi prodotti in eccesso rispetto al fabbisogno locale sono immessi nella rete nazionale di acque grezze.

 

8) LA RETE IRRIGUA

Il problema della captazione e trasporto a lunga distanza delle acque per irrigazione rappresenta senza dubbio la parte più difficile e di incerta soluzione fra tutte le proposte formulate in questa nota a causa dei notevoli volumi d’acqua che il servizio irriguo richiede.
Non è realisticamente ipotizzabile che la rete di acque grezze prima descritta possa risolvere il problema irriguo italiano bensì che possa solo integrarlo con portate in entrata ed in uscita di entità non definibile se non in fase di progettazione reale ma comunque di modesta rispetto ai fabbisogni irrigui. Gli impianti irrigui, a loro volta, possono contribuire nella alimentazione della rete grezza nazionale immettendovi le acque in esubero e che abbiano le necessarie caratteristiche chimico-fisiche.

 

9) ORGANIZZAZIONE GENERALE

Dovrà essere installato un potente impianto centrale di telecontrollo e telecomando che sovrintende il funzionamento del grande sistema acquedottistico nazionale. Ad esso perverranno in tempo reale tutti i dati istantanei di funzionamento di ciascun ATO e quelli della rete nazionale di adduzione quali:
– le portate di pioggia sia reali che di previsione;
– la portata totale immessa nella rete locale;
– la portata totale immessa o prelevata dalla rete di adduzione nazionale;
– la portata massima di cui effettivamente potrebbe disporre;
– i costi reali per mc di acqua prodotta;
– eventuali deficienze di alimentazione;
– le portate in entrata ed in uscita dai sistemi irrigui locali
– altri dati di funzionamento reale istantaneo (pressione in condotta, caratteristiche fisico chimico dell’acqua ecc. ecc.)
Il calcolatore determinerà in tempo reale le condizioni di produzione atte al soddisfacimento delle richieste dei vari ATO con valori ottimali sia tecnici che economici. Ciò significa, ad esempio nella rete potabile, incrementare al massimo il funzionamento degli impianti a basso costo di produzione ed immissione in rete di adduzione nazionale (tali sono gli impianti alimentati da sorgenti o da bacini artificiali d’alta montagna privi di spese di potabilizzazione e di sollevamento perché funzionanti a gravità). Una volta portati tali impianti alla loro massima producibilità saranno le acque dei pozzi delle falde artesiane naturalmente potabili ad essere immesse e, per ultime, quelle meno convenienti sia dal lato dei costi sia delle altre caratteristiche.
Visti i grandi volumi d’acqua in gioco saranno gli impianti di produzione della rete di adduzione nazionale, cioè quelli posti in prossimità della foce dei fiumi prima elencati, a produrre la maggior parte dell’acqua necessaria, e quindi a soddisfare la base del diagramma di consumo che riguarda una gran parte del fabbisogno, nel mentre saranno gli impianti locali ad effettuare in ogni caso la copertura delle punte di consumo. Quando possibile l’ATO provvederà prioritariamente al soddisfacimento del proprio fabbisogno nel mentre tutta l’acqua prodotta in esubero sarà immessa in rete. Potrà ricorrere alla rete nazionale con prelievi continuativi o limitati a brevi periodi di crisi solo in caso di insufficienza nella produzione propria.
A tale scopo il calcolatore determinerà le condizioni ottimali di invaso dei bacini di foce dei fiumi e quindi le manovre da effettuare alle barriere mobili per tenere costantemente rincollata l’acqua in arrivo fatta salva la necessità di scaricare a mare le portate di piena durante i periodi alluvionali e comunque quelle in eccedenza rispetto al fabbisogno,
Per gli impianti di solito alimentati con acqua molto costosa, saranno definite le modalità per ridurre al minimo la produzione locale modulando in tal senso il prelievo dalla rete di adduzione nazionale minuto per minuto. Poichè la richiesta idrica durante l’anno è molto varia, l’utilizzazione di acque aventi costo elevato sarà limitata ai soli periodi di forti consumi o di scarsa produzione nel mentre per la maggior parte delle giornate, sarà l’acqua a basso costo ad essere adoperata.
La rete di adduzione nazionale sarà del tipo con funzionamento a pressione variabile (quindi priva di serbatoi di accumulo in quota che irrigidiscono il sistema rendendo fissa la quota della piezometrica di funzionamento) con immissione diretta in condotta dell’acqua proveniente sia dagli impianti propri che dai vari ATO. Il calcolatore definirà in tempo reali le condizioni ottimali di funzionamento di tutti gli impianti modificando la pressione di esercizio di minuto in minuto in funzione delle pressioni di arrivo. In dettaglio l’ottimizzazione consiste nel definire la pressione media ottimale di consegna ai vari ATO in modo da far funzionare senza bisogno di risollevamento il maggior numero possibile degli ATO alimentati e, di conseguenza, definire le pressioni di immissione da parte degli ATO alimentanti nonché degli impianti della rete nazionale.
La grande diversificazione delle fonti e la grande elasticità di funzionamento delle due reti renderà possibile una corretta modulazione delle portate in gioco a seconda del fabbisogno e della disponibilità giornaliere dei vari ATO.
Tutte le capacità di accumulo, compensazione o comunque di partenza della portata immessa nella condotta nazionale saranno del tipo a terra e preferibilmente ricavate nel sottosuolo, con apparecchiatura per l’immissione dell’acqua nella condotta nazionale costituita:
– in caso di impianti di alta quota funzionanti a gravità: valvola di regolazione della portata e della pressione regolata in tempo reale dall’impianto di telecontrollo;
– in caso di impianti posti a quote inferiori alla piezometrica minima di funzionamento della condotta nazionale: pompe a velocità variabile atte a modulare non solo la portata ma anche la pressione di esercizio e regolate dall’impianto di telecontrollo che determina in tempo reale il numero di pompe da far funzionare e la loro velocità di rotazione.

 

10) DIMENSIONAMENTO DI MASSIMA DELLE OPERE

Per un dimensionamento delle opere sarebbe necessario una approfondita analisi riguardante il fabbisogno e la disponibilità idriche attuali e di previsione futura, analisi che, visto il carattere de mera fantasia del presente lavoro avente il solo scopo di lanciare un’idea tutta da verificare, non intendo affrontare. Per dare un’idea sia pure molto approssimativa della consistenza di tali opere, si fissa in 50 mc/sec, pari circa al 20% dell’intero fabbisogno nazionale, la portata integrativa necessaria per risolvere il problema idropotabile italiano del prossimo cinquantennio. Mancando elementi per la stima dell’acqua grezza, visto e considerato che in Italia non esistono reti di distribuzione di tale elemento e che il fabbisogno irriguo non rientra che parzialmente tra gli scopi delle opere qui previste, si fissa  in altri 50 mc/sec la portata d’acqua grezza da considerare. In definitiva viene qui previsto che l’Italia sia percorsa da nord a sud da un nuovo flusso d’acqua pari alla metà di quello del secondo fiume d’Italia, l’Adige, cioè 100 mc/sec. interamente a disposizione dei vari utenti con la possibilità, anzi con l’obbligo per questi ultimi, di immettervi le acque eventualmente in esubero.
Tale portata, considerata necessaria per integrare quella attualmente disponibile, sarebbe ottenuta per 90 mc/sec attingendo dai bacini di foce dei fiumi Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta, Adige, Arno e Tevere e, per i restanti 10 mc/sec, da fonti disseminate nei vari ATO sopratutto dell’Italia settentrionale. La rete di adduzione nazionale sarebbe, in tale ipotesi, costituita da due tubazioni longitudinali del diametro di 4.50 metri, una per acqua potabile ed una per acqua grezza che seguono la riva del mare ad est ed altrettante quella ovest dell’intera penisola italiana, con tracciato sottomarino oppure di terraferma tramite tunnel profondi, nel mentre tre o quattro doppie condotte trasversali dello stesso tipo e di collegamento tra quelle precedenti costituiscono il sistema magliato atto a migliorarne notevolmente la funzionalità e la sicurezza di esercizio. Alcune condotte di diametro minore realizzano nelle varie regioni il collegamento idraulico con le reti acquedottistiche di tutti gli ATO attraversati. In determinati punti strategici sono presenti le centrali di sollevamento tutte del tipo a portata e pressione variabile, con aspirazione e mandata diretta da e per la condotta di rete, comandate e controllate dal sistema centrale di telecomando ed atte ad assicurare il trasporto dell’acqua in lungo ed in largo per tutta Italia. Si tratta ovviamente di un’opera colossale ma in grado di offrire enormi benefici. Poter disporre di un vero fiume d’acqua sia potabile che grezza che percorre l’intera penisola, e che può contare su una grande diversificazione del sistema di captazione come quello descritto, realizza una vera integrazione di tutti gli acquedotti italiani riuscendo a supplire alle loro deficienze idriche, a raccogliere le produzioni sovrabbondanti, ed a compensare le escursioni del fabbisogno e quelle della produzione. Da rilevare come la produzione ed il trasporto di grandi volumi d’acqua di cui si tratta sia caratterizzata da costi specifici molto inferiori di quelli che si dovrebbero sostenere per gli stessi volumi tramite molti piccoli impianti. In tal senso sono da rilevare l’ottimo rendimento elettro-meccanico delle pompe di grande e grandissima potenza, le modeste perdite di carico di condotte di grande diametro come sono quelle indicate e che conferiscono alla rete magliata una grande flessibilità ed eccezionali possibilità nel trasporto dell’acqua. Con la portata citata di 25 mc/sec per ciascuna condotta da 4.5 metri di diametro si ha una perdita di carico di soli 34 cm al chilometro e quindi, supponendo che ciascuna centrale sollevi l’acqua ad una pressione di 12 bar e di conservare a fine tronco una pressione di almeno 2 bar necessaria per la consegna ai vari ATO comunque disposti, si può prevedere, tra una centrale e l’altra, un’estesa di ben 300 Km il che riduce il numero degli impianti di sollevamento principali necessari per l’intera rete nazionale a soli otto o al massimo dieci.
Il sistema idrico di cui si discute presenta indubbi vantaggi anche in ordine alla sicurezza di esercizio in quanto, trattandosi di rete magliata, é possibile mettere alternativamente fuori servizio i vari tronchi per effettuarne la manutenzione o la riparazione. Il grande diametro delle tubazioni principali (4.5 metri) consente di accedere all’interno con uomini e mezzi e quindi di fare le riparazioni senza esecuzione di movimenti di terra. Il sistema presenta anche una grande flessibilità potendo di volta in volta adeguare, grazie al funzionamento a pressione variabile, la portata addotta all’effettivo fabbisogno. Esiste una ulteriore facoltà di adattamento alle condizioni locali in quanto, ove se ne presentasse la necessità, sarebbe sempre possibile aumentare la portata d’acqua grezza di cui dispone la relativa rete grezza attingendo, soprattutto in caso di forniture temporanee volte a risolvere gravi crisi del momento, alla rete potabile nel mentre l’intervento opposto, in caso di maggiori richieste d’acqua potabile, potrebbe essere risolto attingendo alla rete grezza e sottoponendo l’acqua, ovviamente, al processo di potabilizzazione.

 

11) CONCLUSIONI

Un esempio di piccola rete acquedottistica a carattere regionale

La soluzione del problema che attanaglierà la futura società italiana cioè quello del suo approvvigionamento idrico viene indicata mediante due grandi reti idriche magliate che percorrono tutta l’Italia consentendo di coprire il grande divario esistente da una regione all’altra e da un periodo all’altro sia nelle disponibilità e sia nei fabbisogni.
Sicuramente l’idea che possano esistere delle condotte che, ad esempio, trasportino in Sicilia acque provenienti dal Veneto, appare una assurdità.
Diventa più plausibile qualora si consideri una rete idrica che partendo dal nord e intersecando i vari enti acquedotto, consorzi irrigui ed in genere i più importanti servizi idrici esistenti che incontra lungo il suo percorso, come, ad esempio e nell’ordine, quelli lombardi, emiliani, laziali, pugliesi ecc, sia in grado di fornire o prelevare da ciascuno di loro acqua potabile o grezza a seconda della situazione temporale ed ambientale di ognuno di essi costituendo quindi un importante elemento d’unificazione di tutti i servizi idrici Italiani e di interscambio nei due sensi di grandi portate d’acqua. Il fatto che tale rete comprenda un’estremità settentrionale con grandi disponibilità idriche e l’altra all’estremità opposta caratterizzata da un notevole deficit idrico, non ne modifica l’impostazione di base che resta appunto quella di costituire un grande elemento moderatore delle varie esigenze e risorse idriche di tutte le regioni Italiane.
Da rilevare anche l’approvvigionamento dei grandi volumi d’acqua necessari che si suppone attuato mediante gli sbarramenti mobili di foce cioè d’opere atte ad utilizzare in maniera del tutto nuova, anche se da verificare, la grande disponibilità d’acqua di alcuni fiumi italiani.
Si tratta comunque di una mera e provocatoria esercitazione della fantasia spinta, forse, troppo in avanti ma che si sottopone ai lettori con la speranza di aprire un dibattito dal quale potrebbero anche derivare utili indicazioni per il raggiungimento di un qualche risultato positivo.

aggiornamento novembre 2005

UN SERBATOIO PARTICOLARE PER VENEZIA, CITTÀ’ PARTICOLARE PER ECCELLENZA

 

 

Serbatoio per Venezia

1. Premessa

Una quindicina d’anni or sono veniva bandito un appalto concorso per la progettazione e costruzione di alcune opere acquedottistiche per la città di Venezia. Chi scrive queste note ha fatto parte dello staff progettuale di una delle cordate di imprese concorrenti all’assegnazione ed ha proposto la soluzione di seguito descritta che, accettata e completata nelle varie parti, è stata presentata ufficialmente al concorso. Per i suoi contenuti tecnico-economici essa, a giudizio di chi scrive, aveva tutte le caratteristiche per vincere l’appalto nel mentre è rimasta lettera morta avendo il committente, per motivi completamente estranei ai progetto-offerta, deciso di non realizzare in nessun caso le opere. Si è trattato quindi di un notevole sforzo progettuale praticamente inutile che si ritiene ora descrivere almeno sommariamente per non perderne del tutto le qualità molto interessanti.
Mancando totalmente di copie dei documenti ufficiali, hanno fatto fede soltanto i ricordi del lavoro svolto; pertanto potrebbero esistere delle differenze, soprattutto nei dettagli, rispetto all’originale. Tale inconveniente non inficia gli scopi qui da raggiungere che sono quelli di illustrare una soluzione particolare ed interessante di un grosso problema.

 

2. Oggetto dell’appalto concorso

La progettazione riguardava la costruzione ex novo delle opere di adduzione, stoccaggio e sollevamento d’acqua per l’acquedotto di Venezia insulare destinate a sostituire quelle attualmente esistenti a loro volta costituite da due condotte sublagunari da 800 mm di diametro che corrono parallelamente e ad ovest del Ponte della Libertà e cioè del ponte attraverso il quale si accede con strada e ferrovia a Venezia ed al serbatoio di raccolta e compenso chiamato Cisternone con annessa centrale di sollevamento ancora oggi ubicati in prossimità di Piazzale Roma a Venezia. Le caratteristiche richieste e quelle adottate per le tre opere principali da realizzare e cioè condotte di adduzione, serbatoio di accumulo e centrale di sollevamento vengono riportate nel seguito.

2.1. Condotte di adduzione

Si tratta di due condotte sublagunari del diametro di un metro da costruire parallelamente al ponte della Libertà per collegare la terraferma in località S. Giuliano alla piccola isola di S. Secondo dove dovevano sorgere il serbatoio di compenso e la centrale di sollevamento .

2.2. Il serbatoio di raccolta e compenso

E’ questa l’opera più importante e difficile da realizzare trattandosi di un serbatoio per acqua potabile della capacità di mc 40.000 totalmente ricavato sotto il fondale marino nelle immediate vicinanze o addirittura sotto l’isola di S. Secondo a scelta dell’Impresa proponente e quindi in prossimità della nuova centrale di sollevamento di cui al punto seguente. Onde evitare nella maniera più assoluta che potessero verificarsi in serbatoio delle infiltrazioni della soprastante acqua salata, tutta la vasca doveva essere protetta, in tutti i lati da, una apposita intercapedine.

2.3. La centrale di sollevamento.

Doveva sorgere nell’Isola di S. Secondo ed essere completamente sotterranea allo scopo di non alterare l’aspetto esterno dell’Isola in precedenza comprendente un fortino militare in muratura circondato da una arginatura in terra.

 

3. Considerazioni preliminari

Nel mentre nessuna difficoltà poneva la costruzione delle condotte sublagunari da un metro di diametro in un ambito lagunare come quello in argomento avente un fondale di circa un solo metro d’acqua e praticamente privo di manufatti di sorta, non altrettanto poteva dirsi della realizzazione del serbatoio annesso alla centrale. Ricavarlo, come richiesto, nel sottosuolo di un’isola così piccola come quella di S. Secondo avrebbe significato distruggerla totalmente e quindi, agli occhi di chi scrive, costituiva una decisione errata in partenza. Era chiaro come l’Isola da sola potesse contenere solo la centrale di sollevamento e niente altro. Anche la realizzazione di una grande vasca in cemento armato di tipo tradizionale e a lato dell’isola, al di là del canale navigabile che la affianca, ricavata sotto il fondo della laguna e per di più munita della richiesta intercapedine, poneva dei problemi di costruzione, ed inoltre di gestione e manutenzione in caso di guasti delle pareti ma soprattutto del fondo. Si temeva pertanto che un soluzione del genere non venisse accettata dal committente. Si vedrà invece come l’opera proposta risolvesse tale problema in maniera semplice ed economica.

 

4. La soluzione scelta

Considerato che alla ditta concorrente era data ampia libertà di scelta, si è pensato di proporre un’opera che si imponesse per funzionalità, minori costi di costruzione e facilità di esercizio, controllo e manutenzione anche se completamente diversa da quella sommariamente indicata nel bando e se del tutto inusitata. Tali risultati sono stati raggiunti prevedendo di modificare radicalmente le condotte sublagunari da costruire e cioè affidando loro non solo il compito, previsto dal bando, di trasporto dell’acqua dalla terraferma all’isola di S. Secondo ma, in aggiunta a questo, quello di fungere da serbatoio di accumulo. La notevole estesa ed la particolare ubicazione sublagunare rendeva infatti possibile di realizzare, al posto di due semplici condotte, due lunghi contenitori perfettamente orizzontali, di sezione adeguata per costituire il richiesto invaso di 40.000 mc ed atti, al tempo stesso, al trasferimento dell’acqua per tutto il percorso necessario, con perdite di carico ridotte al minimo.
In pratica si sono previste due condotte parallele del diametro di ben 3,60 m posate, come previsto sotto il fondo lagunare e caratterizzate da particolarità tecniche adeguate ai compiti che erano destinate a svolgere, il tutto come sarà avanti spiegato.
Risolto il problema del grande serbatoio nessuna difficoltà si sarebbe incontrata nella costruzione nell’Isola della sola centrale di sollevamento quasi totalmente interrata e senza quindi gravi danni all’ambiente.

 

5. Caratteristiche costruttive delle condotte/serbatoio

La fase di realizzo delle grandi condotte serbatoio, è stata oggetto di uno studio particolare svolto dall’impresa costruttrice che ha saputo trovare valide soluzioni ai numerosi problemi posti da opere sublagunari particolari come quelle in argomento.
Si trattava di posare due condotte del diametro interno di 3,60 m sotto il fondo lagunare ad una quota di – 7.00 m dal medio mare al fine di avere, per sicurezza, una copertura di almeno un metro di materiale fangoso, appoggiate ed ancorate su apposite cavallette opportunamente fondate.
Ognuno dei due manufatti era composto sostanzialmente da una tubazione in acciaio di adeguato spessore, protetta sia internamente che esternamente da apposite vernici e, soprattutto, munita di un complesso rivestimento esterno avente lo scopo di appesantire la condotta al fine di evitarne il galleggiamento a svuotamento totale d’acqua ed inoltre di costituire la richiesta intercapedine di sicurezza. Allo scopo si è previsto di fasciare la tubazione di acciaio con un materassino di PVC ad alta permeabilità e quindi di rivestire il tutto con uno strato di circa 35 cm di calcestruzzo a sua volta protetto da una ulteriore mano di vernice (Vedi sezione tipo allegata).
Ne è risultato un manufatto avente un peso proprio appena superiore alla spinta di galleggiamento della condotta piena d’aria. Ciò avrebbe facilitato, come sarà spiegato più avanti, il varo ed il trasporto del manufatto sotto il pelo dell’acqua fino a portarlo nella sua sede definitiva considerato che si era deciso di realizzare il manufatto senza il prosciugamento della trincea di posa. Il materassino in PVC permeabile costituente una camera circolare di 5 cm di spessore di separazione tra tubazione in acciaio e rivestimento in calcestruzzo era destinata a contenere acqua potabile in pressione (quella stessa che alimenta la rete di Venezia) che, oltre ad impedire, grazie appunto alla sua elevata pressione, qualunque immissione di acque esterne, consentiva di verificare con continuità la tenuta idraulica della condotta. E’ infatti chiaro che il verificarsi di una qualunque rottura o perdita nella tubazione di acciaio o del rivestimento esterno in calcestruzzo avrebbe comportato la perdita di pressione dell’intercapedine in argomento e quindi fatto scattare l’allarme.
Ed ecco l’organizzazione del cantiere di costruzione delle due grandi condotte/serbatoio.
Si è innanzitutto previsto che ognuna delle due condotte fosse monolitica per tutta la sua lunghezza di 2.8 Km, perfettamente orizzontale, appoggiata ed ancorata ad una quota di -7 m dal medio mare su cavallette costituite da coppie di pali in cemento armato collegati in alto da una traversa in profilato di acciaio ed entro una trincea di scavo realizzata sempre in presenza dell’acqua della laguna. La costruzione ed il varo della condotta doveva aver luogo entro una vasca di lavoro provvisoria in cemento armato da realizzare nella estremità verso la terraferma in località S. Giuliano, per una lunghezza atta a contenere le varie fasi lavorative e collegata, tramite strade provvisorie, alla viabilità di terraferma onde facilitare il trasporto dei materiali e mezzi di lavoro. La vasca di lavoro, ovviamente mantenuta asciutta e provvista di binari e carrelli per il sostegno e la movimentazione della grande barra di tubazione in lavoro, presentava, lato Venezia, un foro, munito di guarnizione in gomma di tenuta dell’acqua marina, attraverso il quale tutta la colonna man mano che ne procedeva la costruzione, doveva uscire in laguna ed essere spinta verso l’Isola di S. Secondo tramite paranco con catene ad anello e ad azione continua fino a completamento dell’intero percorso. Durante la spinta, che, come già detto, era praticata senza soluzione di continuità giorno e notte, e fino al definitivo posizionamento sulle cavallette, la colonna tubolare era sostenuta da portali galleggianti muniti di paranchi i quali, dato che la tubazione presentava, come detto, un peso relativamente modesto grazie alla spinta di galleggiamento, permettevano di mantenere il manufatto a pochi centimetri di distanza dalle cavallette precedentemente costruite. Nel caso si fosse presentata la necessità, non prevista ma pur sempre possibile, di sospendere temporaneamente i lavori, era sempre possibile appoggiare e fissare provvisoriamente la parte di manufatto già costruita sulle cavallette in C.A. abbassandola, con la manovra dei paranchi, di detti pochi centimetri.
Le principali fasi lavorative previste sono le seguenti:

A) scavo della trincea di posa in presenza d’acqua con scavatori posti su chiatte e transitanti nel canale di San Secondo che corre parallelamente e vicino alla zona dei lavori o direttamente sulla trincea appena scavata. Il materiale di risulta è in parte depositato lungo il bordo di scavo e, quello in esubero, asportato;

B) Infissione, sempre in presenza d’acqua della laguna, mediante battipalo e di prolunga verso l’alto, delle cavallette prefabbricate di appoggio ed ancoraggio della tubazione e loro controllo con sommozzatori;

C) costruzione della condotta entro la vasca di lavoro e suo varo continuato giorno e notte. In pratica sono previste più squadre per svolgere contemporaneamente e rispettivamente, da monte verso valle cioè da S.Giuliano verso S. Secondo, i seguenti compiti :

– costruzione di un tronco di tubazione metallica lungo 4 metri mediante saldatura elettrica di elementi calandrati di lamiera di acciaio
– verniciatura esterna ed interna del tronco di tubazione in acciaio successivo ;
– posa in opera, nel tronco in lavoro successivo, del materassino permeabile di PVC;
– posa in opera della cassaforma esterna metallica circolare per il getto del rivestimento in calcestruzzo e del ferro d’armatura;
– getto del rivestimento in calcestruzzo, sempre del tronco successivo;
– smontaggio della cassaforma esterna di getto;
– verniciatura finale esterna del tronco di manufatto finito;
– assistenza alla spinta continua della colonna di tubazione;
– varo dei portali galleggianti, regolazione e controllo del posizionamento piano-altimetrico della colonna.

Ogni squadra lavora sulla colonna in continuo lentissimo movimento. La velocità di spinta è calcolata in modo da consentire ad ogni squadra di portare a termine il proprio compito nell’intervallo necessario perché la barra percorra un tratto di 4 metri corrispondente alla lunghezza di ogni tronco. Finito il tronco in lavoro ogni squadra passa a quello successivo, con continuità giorno e notte.

D) Una volta ultimata la costruzione ed il contemporaneo varo dell’intera colonna lunga 2.8 Km si procede al suo posizionamento definitivo sulle cavallette e cioè al suo abbassamento di pochi centimetri azionando i paranchi dei portali galleggianti e all’ancoraggio tramite sommozzatori che provvedono alla posa delle staffe metalliche avvitate alle cavallette e alla tubazione;

E) Costruzione di n. 5 pozzetti lungo il tracciato al fine di consentire l’accesso alla condotta/serbatoio per eventuale lavori di pulizia e manutenzione interna. Ogni pozzetto contiene le apparecchiature di rilievo e trasmissione della pressione dell’acqua contenuta nell’intercapedine.

F) Rinterro della trincea di scavo

 

6. Caratteristiche principali delle tubazioni-serbatoio

La descrizione fatta dei manufatti costituenti le condotte/serbatoio e quella delle varie fasi di lavorazione assieme al fatto che non si è previsto di dover prosciugare l’area di lavoro, danno una chiara idea dell’economia ottenibile nella loro realizzazione soprattutto se si compie il paragone con i costi che si sarebbero dovuti sostenere per la costruzione di un serbatoio tradizionale in cemento armato da ben 40.000 mc, munito di intercapedine accessibile e realizzato totalmente sotto il fondo lagunare.

L’opera proposta, nel mentre non presentava inconvenienti di sorta né dal punto di vista dell’esercizio acquedottistico né da quello della sua manutenzione, essendo costituita da due manufatti idraulicamente indipendenti uno dall’altro, consentiva l’esecuzione dei lavori di pulizia o di manutenzione senza interrompere il rifornimento idrico. L’acqua immessa al limite della terraferma in località S. Giuliano nelle due tubazioni/serbatoio nelle quali poteva assumere un’altezza variabile da 3.60 m (serbatoio al massimo invaso) e minima pari a circa m 1.20, poteva giungere fino alla centrale di sollevamento con perdite di carico ridotte al minimo data la grande sezione delle due tubazioni e considerato il loro funzionamento a pelo libero. La parte inferiore di tubazione per un’altezza media di m. 1.20 era destinata a contenere un volume di riserva da utilizzare in casi eccezionali e per costituire il carico idraulico necessario per il trasporto dell’acqua a serbatoio vuoto, tenuto presente che la tubazione era perfettamente orizzontale. Lungo il tracciato erano presenti i pozzetti di ispezione attraverso i quali era possibile entrare nella condotta svuotata d’acqua per effettuare gli eventuali lavori di manutenzione. In ogni pozzetto era prevista l’installazione delle apparecchiature di rilievo e trasmissione in tempo reale della pressione dell’acqua immessa nell’intercapedine al fine di avere un controllo continuativo della assoluta integrità del serbatoio. Nel punto di arrivo, in prossimità dell’Isola di San Secondo, era prevista la costruzione del pozzetto di presa delle tubazioni di aspirazione delle pompe, pozzetto ricavato inferiormente alla generatrice inferiore delle due tubazioni al fine di consentire il prelievo sotto carico dell’acqua.

La centrale di sollevamento, facente anch’essa parte nell’appalto concorso ma non trattata nella presente nota, doveva alimentare , oltre alla rete di distribuzione di Venezia, anche l’intercapedine di 5 cm , già descritta ed interposta tra tubazioni di acciaio e rivestimento in calcestruzzo, intercapedine tenuta costantemente sotto controllo tramite le apparecchiature indicate. E’ evidente che la condizione affinchè detta pressione si mantenga costante è soltanto quella che vi si registri portata nulla. Una qualsiasi perdita
d’acqua, anche minima, sia verso l’interno che verso l’esterno della tubazione provocherebbe infatti una rilevante perdita di carico immediatamente rilevata dalle apparecchiature.

 

7. Conclusioni

Si sono sommariamente descritte la costituzione, le modalità costruttive e di esercizio di un serbatoio atto a svolgere in maniera del tutto originale ed inusitata una duplice azione : l’accumulo e, al tempo stesso, il trasporto di acqua potabile a lunga distanza e per volumi notevoli.
Si è potuto raggiungere tale importante risultato prevedendo, al posto delle due condotte adduttrici di progetto originario, due contenitori di grande estesa, modesta sezione trasversale e dotati di speciali particolarità tecniche.
L’opera, a giudizio di chi scrive, rappresenta un valido esempio di coerenza tra manufatti da costruire e situazione ambientale nonchè di grande funzionalità ed economia di costruzione e di esercizio.

INDIETRO AVANTI

LA CRISI 2011 NEL SERVIZIO IDRICO DELL’ISOLA D’ELBA

PROGRAMMA LAVORI ASA – UNA POSSIBILE VARIANTE


 

Serbatoio Isola d’Elba.

La stampa ha riportato ampi resoconti sulla mole di lavori che ASA ha in programma per fronteggiare la carenza idrica dell’Isola dimostratasi particolarmente critica inell’estate 2011 di predominante tempo secco.
Questo uno dei resoconti:


PORTOFERRAIO. Oltre un milione e 400mila euro per intervenire su riparazioni e sostituzioni di tratti di tubature. Altri tre milioni e 600mila per invasi, nuovi pozzi, interventi sulle così dette prese di superficie. Questo il volume degli investimenti che Asa, la società che si occupa del servizio idrico integrato all’Elba, ha intenzione di attivare nell’arco del 2011 per dissetare l’isola.
Risorse che si aggiungono a quelle previste in Val di Cornia e finalizzate a migliorare, entro il 2012, la qualità dell’acqua proveniente dal continente e ancora oggi problematica a causa di una presenza di boro e arsenico sopra i limiti di legge, fino ad oggi autorizzata con la concessione di deroghe che, tuttavia, non porranno più essere rilasciate come disposto dall’Unione Europea.


Trovo interessante presentare un’ampia discussione motivata solo dalla passione che chi scrive nutre per l’argomento acquedotto e per quello dell’Isola d’Elba in particolare, ed ovviamente condizionata dalle mie opinioni personali sempre suscettibili di critica e di correzione.
Suddividerei le opere che ASA ha in mente di realizzare , e di cui fanno parte anche quelle del programma sopra riportato, in sei categorie: il miglioramento delle fonti della Val di Cornia, la ricerca di nuove fonti locali, la riduzione di materie inquinanti (boro, arsenico) presenti nell’acqua distribuita, la nuova condotta di collegamento con la terraferma, la riduzione delle perdite,  la costruzione nell’Isola di un invaso atto a coprire le punte di consumo estivo ed in futuro destinato ad assicurare l’autonomia ed autosufficienza idrica dell’Elba ed infine l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina-
Preciso subito che non si può che essere d’accordo sulla quasi totalità dell’elenco con una unica eccezione di cui si parlerà alla fine della nota per proporne una variante.
Quello che mi preme è approfondire alcuni punti che conosco bene sorvolando sugli altri che tratterei brevemente come segue.


Totale assenso per molti dei provvedimenti decisi come ad esempio il miglioramento qualitativo e quantitativo della produzione della Val di Cornia facendo però notare come sia un grave errore, di cui è perfettamente cosciente anche l’Ente gestore e cioè l’ASA, la dipendenza idrica, la subordinazione dell’Isola alla Val di Cornia oggi in atto. La disponibilità effettiva di quest’ultima non può e non dovrebbe, a causa della grande portata necessaria, degli onerosi costi di trasporto e del pericolo di rotture, far fronte stabilmente alla maggior parte del fabbisogno dell’Isola, così come avviene al giorno d’oggi. Il collegamento idrico con il continente dovrebbe invece costituire solo una importante alimentazione di riserva. In questo senso anche la nuova condotta che si prevede di realizzare approfittando dei lavori del tutto analoghi che sono in programma per il gas, deve essere vista come una importante possibilità di interscambio nelle due direzioni, una volta che l’Isola avrà raggiunto l’autosufficienza tenendo presente che l’Elba per la maggior parte delle stagioni. esclusa solo quella estiva, potrebbe disporre di grandi portate idriche eccedenti il proprio fabbisogno reale. Sono pienamente condivisibili con l’ASA gli interventi già nei suoi programmi a lunga scadenza sia la necessità di rendere autonoma ed idraulicamente autosufficiente l’Isola e, in maniera del tutto analoga, il già previsto miglioramento della captazione di acqua potabile dalla falda e dalle sorgenti da effettuarsi all’interno dell”Isola. Si tratta di opere estremamente importanti in quanto renderanno disponibili nuovi volumi idrici di ottima acqua potabile ed a costi limitati. Un altro intervento che mi trova assolutamente contrario è l’uso di apparecchiature estremamente costose e quindi adatte solo per territori privi d’acqua come sono quelli desertici, è  l’impiego all’Elba di desalinizzatori.

Un punto sul quale vorrei soffermarmi compiutamente è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana premettendo fin da ora che, anche in questo settore, le conclusioni alle quali potrò pervenire coincidono perfettamente con l’operato ASA. E’ interessante far rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali.
Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (che sembra ammontare al 70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Arrivo a sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento tutta l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma si intensificano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che  si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. Io personalmente concluderei l’argomento perdite in questo modo. L’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Non posso quindi che concordare con la soluzione decisa da ASA e che si basa sulla ricostruzione delle condotte limitatamente a quelle più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le rilevanti perdite che è necessario tollerare. ASA ha anche provveduto a qualche miglioramento della pressione di esercizio delle reti. In questo senso sussistono sicuramente ulteriori possibilità pur senza raggiungere un livello elevato di regolazione e senza adottare un provvedimento oggi molto auspicato chiamato distrettualizzazione anch’esso difficilmente attuabile all’Elba. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile.
Si capisce dalle considerazioni su riportate come la cosa fondamentale per l’Elba sia sempre la stessa e cioè il riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile. Bisogna tenere in debito conto la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani che provocano sistematicamente crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno ed ancor più lo supererà quando saranno portati a termine i lavori previsti nel programma ASA di breve termine sopra indicato che riguardano sia le fonti locali, sia il rifacimento di condotte colabrodo e sia infine il miglioramento della distribuzione idrica e della pressione di esercizio.
E’ questo un argomento importantissimo da tenere sempre in mente e che pertanto ritengo opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. Ne discende immediatamente che gli invasi da costruire sono senza alcuna possibile alternativa, serbatoi d’acqua potabile! Quanto esposto costituisce la prova inconfutabile che prevedere come ha fatto ASA di realizzare il necessario invaso tramite una ventina di laghetti posti in superficie ed alimentati prevalentemente dalle acque di pioggia costituisce un errore pur non essendo il solo in quanto il progetto dei laghetti agisce negativamente in molteplici direzioni che vanno dal degrado di tutta l’acqua potabile che si prevede dovervi accumulare per arrivare ad una vera e propria prolificazione di impianti di potabilizzazione nel mentre è da ritenersi che il territorio elbano, di estensione relativamente modesta, possa giustificare come massimo un solo impianto di potabilizzazione. Vista la natura delle acque piovane che è facile captare dai fossi e dalle vallette subito dopo la pioggia, si pensa debbano al massimo prevedersi impianti di filtrazione e disinfezione che sono una cosa ben diversa dal tipo di impianti necessari per rendere potabili le acque rimaste a marcire per mesi e mesi nei laghetti.
Anche volendo esaminare la questione dal punto di vista della tecnica acquedottistica classica, l’operazione descritta di immagazzinare l’acqua potabile nei momenti di esubero per poterla utilizzare un quelli di scarsità ha un termine tecnico ben preciso. Viene infatti definita “compensazione delle portate” e come tale deve necessariamente essere eseguita mediante serbatoi di adeguata capacità ma sempre di tipo atto a contenere acqua potabile e non mai acqua grezza!
Per giustificare in toto questa necessità primaria di possedere grandi capacità di accumulo di acqua esclusivamente di tipo potabile si accenna alla ulteriore futura necessità di dover integrare la disponibilità idrica dell’Isola con l’acqua di mare sottoposta al complessi trattamenti di desalinizzazione, ebbene anche in questa eventualità poco probabile ma comunque da non escludere a priori, è la presenza di grandi invasi per acqua potabile che consentirebbe di evitare l’installazione di desalinizzatori di grande producibilità aventi un funzionamento limitato ai quaranta giorni estivi di crisi ed optare invece per la costituzione di impianti piccoli ma funzionanti tutto l’anno visto che la loro produzione di acqua pulita può essere accumulata nel grande serbatoio durante i 365 giorni dell’annata.
Ed ora, senza entrare in merito alle caratteristiche generali del serbatoio-galleria che sono visibili in internet ( Un maxi serbatoio per spegnere la grande sete dell’isola d’Elba ) si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di un serbatoio scavato nella roccia del M. Capanne, a sezione circolare, rivestito internamente in calcestruzzo e verniciato con strati epossidici e quindi perfettamente impermeabile.


elbaprimolotto2016bis

Nella figura, in basso si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione.


Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di soli 100000 mc di acqua potabile la quale, secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente ed esclusivamente prelevabile dalla rete acquedottistica. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori ecc. ecc. ma eventualmente con un solo apparecchio di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio della presente nota e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In conclusione un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

Totalmente diverso sarebbe l’esercizio di un sistema acquedottistico elbano che si suppone già dotato dei primi due laghetti superficiali compresi nel programma ASA di imminente attuazione. Con tale conformazione impiantistica si constaterebbe che nelle stagioni autunno invernali i due laghetti sarebbero sistematicamente riempiti da acqua di pioggia rendendo inutile l’utilizzazione dell’acqua potabile resa disponibile dagli acquedotti. Venendo a mancare la maggior richiesta d’acqua dalla rete, vi si manterrebbe quella esuberante pressione da cui derivano, almeno in parte, le fortissime e ben note perdite occulte ed un maggior numero di rotture delle tubazioni di cui si è ampiamente parlato in questa nota.

Le ragioni ampiamente esposte conducono ad una proposta in base alla quale, nel mentre si conferma la validità della stragarnde parte delle opere progettate dall’ASA per la sistemazione iniziale e definitiva del sistema di approvvigionamento idrico elbano ivi compresa la necessità di costituire in Isola una grande invaso, si propone una variante che riguarda solo le modalità di realizzazione del citato invaso da ricavare in Isola e che dovrebbe passare da accumulo di acqua grezza ad accumulo di acqua potabile.
Per concludere di ribadisce come una soluzione da giudicarsi ottimale sia per la risoluzione dei problemi idrici attuali e sia per rendere in un futuro più o meno lontano totalmente autonoma ed idricamente autosufficiente l’Isola d’Elba sia rappresentata dalla costruzione, necessariamente da svolgere pe attraverso gli anni, di un serbatoio-galleria scavato in roccia ed in grado di raccogliere e conservare al buio ed al riparo dai raggi solari e da ogni altro tipo di inconveniente o attentato, acqua potabile in quantitativi via via sufficienti attraverso gli anni per risolvere compiutamente il problema idropotabile dell’Isola.

 

I

AVANTI

IL SERBATOIO SOTTERRANEO DI COMO

GRANDE SERBATOIO SOTTERRANEO PER IL RIFORNIMENTO IDRICO DELLL’ISOLA D’ELBA – UN VALIDO ESEMPIO REALIZZATO A COMO

 

Serbatoio di Como

Da alcuni anni il sottoscritto è impegnato a promuovere la costruzione di un grande serbatoio sotterraneo allo scopo di portare a soluzione l’annoso problema del rifornimento idropotabile dell’Isola d’Elba attualmente soggetto a possibili crisi sopratutto estive dovute alla dipendenza dalle fonti della Val di Cornia poste nel continente e al pericolo di rottura della condotta sottomarina di collegamento con la terraferma . Come risulta dal progetto di massima visibile in internet in questo stesso sito , l’opera proposta consiste in una galleria interamente scavata nella roccia e nella quale immagazzinare e conservare le acque, particolarmente abbondanti fuori stagione, allo scopo di poterne disporre nel periodo estivo normalmente caratterizzato da limitata piovosità e quindi da impoverimento delle fonti degli acquedotti. Si tratta di una soluzione semplice e di sicura efficacia ma che , nonostante i pareri nettamente positivi espressi da eminenti studiosi e da tecnici esperti nei servizi idrici, non trova quell’accoglienza che essa meriterebbe.
Allo scopo si ritiene interessante esaminare quali risultati siano stati recentemente ottenuti dalla esecuzione e gestione di un’opera del tutto simile a quella in argomento e cioè la costruzione dell’impianto di trattamento dell’acqua del lago di Como onde poterla utilizzare a scopi potabili. In tale città si è infatti pensato che, anziché occupare in superficie aree pregiate del territorio urbano, fosse preferibile scavare la roccia ed ubicare la mastodontica opera interamente nel sottosuolo ottenendo, come risulta da uno stralcio di una relazione redatta dall’Ente gestore che si allega, notevoli ulteriori benefici.
Da rilevare come la situazione dell’Elba, vuoi per le determinanti caratteristiche di insularità vuoi per la sua vocazione essenzialmente turistica, sia ancora più indicata di Como al trasferimento nel sottosuolo della opere ingombranti che, se realizzate in superficie, creerebbero notevoli inconvenienti per il bellissimo e relativamente esiguo territorio elbano. Ed ecco lo stralcio conforme della relazione

La Potabilizzazione in Caverna
delle acque del Lago di Como

ACSM Spa è una società da sempre all’avanguardia nell’applicazione delle migliori tecnologie sugli impianti di
pubblica utilità gestiti. Un esempio, unico al mondo, è l’impianto in caverna di potabilizzazione delle acque del Lago di Como, supervisionato da Movicon.
L’indiscussa star della storia recente di Acsm spa è La caverna nella quale si trova l’impianto di potabilizzazione
del Lago di Como. Quando erano ancora in corso i lavori, alle pendici del Monte Baradello avevano già fatto
tappa centinaia fra tecnici e curiosi. Adesso che l’impianto è pronto e a regime, si fa fatica a soddisfare le richieste di tutti i visitatori. La media è di 200 persone la settimana, con una netta prevalenza di alunni, studenti delle superiori, universitari. Nessun dubbio che sia un’opera di grande suggestione. Una via di mezzo fra l’epica pionieristica e l’avanguardia tecnologica.
Nel nostro Paese non ci sono precedenti. Dilatare un circoscritto rifugio anti-aereo che risaliva ai tempi della guerra sino a potervi ospitare un impianto gigantesco in grado di raddoppiare la precedente capacità di trattamento (si è passati dai 300 ai 600 litri al secondo) è stato davvero un salto in avanti rispetto alla cantieristica e all’urbanistica italiana che, finora, sottoterra, ci aveva infilato quasi esclusivamente strade e parcheggi. Prima servivano gli stivaloni (per il fango) adesso basta un elmetto giallo (un gadget più che una reale esigenza di sicurezza) per penetrare il tunnel in cui è stata ricavata la centrale, un dedalo di condotte che consegna l’acqua pescata nel lago ai vasconi e a tre distinte fasi di trattamento.La caverna ha calamitato anche l’attenzione delle telecamere eccellenti della Rai che al tunnel dell’acqua ha dedicato un servizio nella trasmissione SuperQuark di Piero Angela “Da Platone ai norvegesi Orchi e tenebre”.
Ma la caverna nasce con il mito su cui si fonda gran parte del pensiero occidentale. Quello in cui Platone immagina una realtà fittizia, in cui vediamo le ombre della realtà e non la realtà stessa. L’idea di scavare nella montagna la nuova centrale di potabilizzazione di ACSM nasce sulla spinta di una riflessione urbanistica e tecnologica.
Restituire alla città un pezzo di città e ridurre a zero l’impatto visivo e ambientale di una centrale che è un groviglio di tubi e infrastrutture metalliche. Sono risultate indispensabili le competenze delle aziende che hanno partecipato all’impresa, comprese le due ditte specializzate norvegesi che hanno scavato dalla roccia le gallerie. Nel cantiere si sono cimentate la Selmer, la Degremont Italia, la Nessi & Majocchi, la Rini, la Sintertec, la SguasseroN. Da primato anche i tempi di esecuzione, che hanno richiesto solo due anni per la realizzazione, cosa non da poco in un Paese spesso abituato a cantieri dai tempi indefinibili. La firma sul prestigioso progetto è di Fernando De Simone, considerato uno dei massimi esperti a livello internazionale in operazioni del genere.

I numeri dell’impianto unico nel suo genere
35 mila i metri cubi rimossi per formare il tunnel (il materiale è stato riconvertito in manutenzioni stradali). Fra i 15 e i 20 metri la larghezza variabile dei tunnel. 15 metri l’altezza massima. 16 milioni di metri cubi la capacità di trattamento annua (600 litri al secondo, rispetto ai 300 litri al secondo della stazione di potabilizzazione preecedente). 2 anni i tempi di esecuzione dell’intervento.

La Sicurezza della Caverna
La crisi internazionale determinata dall’attacco delle Due Torri di New York registra un ulteriore aggravamento. Gli impianti di ACSM Spa, come tutti quelli delle società chiamate ad assicurare servizi collettivi o comunque di
pubblico interesse, sono stati definiti, per loro stessa natura, obiettivi sensibili, cioè strategici per un’eventuale offensiva terroristica e dunque presidi da proteggere con misure speciali. I controlli, da sempre rigidissimi, sono stati ulteriormente rafforzati, nel quadro di un piano complessivo messo a punto assieme a prefettura e questura. L’azienda, per accentuare garanzie già assicurate sin dall’insediamento della nuova centrale di potabilizzazione (peraltro resa meno vulnerabile dal fatto stesso di essere interamente collocata in una caverna), ha diluito le visite e ridotto il percorso all’interno dell’impianto. Durante riunioni con i massimi livelli istituzionali cittadini, è stata anche ventilata l’ipotesi di sospendere il programma di Tognocchi, rinviandolo di qualche mese: non certo perché sussistano rischi per i bambini bensì per ridurre a zero il rischio di intrusioni.

L’impianto di potabilizzazione
L’impianto è stato alloggiato in una caverna scavata nella roccia dal volume complessivo di 35.000 m³. Le dimensioni della caverna principale sono: 150x18h 8÷16mt. Dall’impianto di potabilizzazione si alimentano con ripompaggio le reti principali nell’Acquedotto di Como facenti capo ai rispettivi serbatoi terminali:
· COMO CENTRO, Serbatoio Baradello, quota 265
· COMO EST, Serbatoio Refrec, quota 310
· COMO SUD, Serbatoio Doss, quota 325
…omissis…

Inutile indicare ora i vantaggi che potrebbero derivare al servizio idrico dell’Elba qualora venisse costruito il serbatoio sotterraneo, vantaggi del resto visibili nell’articolo citato. E’ invece preferibile raffrontare tra di loro le due opere rispettivamente comasca ed elbana.
Da rilevare innanzitutto le notevoli dimensioni della caverna di Como che raggiungono i 20 metri di larghezza ed i 15 m di altezza nel mentre la sezione trasversale del serbatoio elbano è, per tutta la sua lunghezza, rappresentata da una circonferenza di soli 10 metri di diametro. Dal confronto l’opera elbana risulta di gran lunga la più semplice da costruirsi specialmente per la possibilità di impiego delle enormi macchine operatrici automatiche di uso normale nello scavo ed il rivestimento interno delle gallerie circolari che invece non si sono potute impiegare a Como. L’opera è inoltre la meno impattante nei riguardi del massiccio roccioso nel quale essa và inserita, tenuto anche presente che il suo tracciato non è fisso come quello della caverna comasca ma può svolgersi in qualunque direzione a seconda delle caratteristiche del territorio da attraversare essendo totalmente priva di vincoli planimetrici.
Un ulteriore elemento che gioca a favore dell’Elba è dato dal materiale di risulta dello scavo della galleria che, così come accaduto a Como, anche nell’Isola troverà un utile impiego ma sarà qui favorito dal fatto che si tratta di ottimo granito. Rendere disponibili in un’isola sabbie, ghiaie e blocchi di granito in gran quantità e a costi prossimi allo zero, rappresenta un importante beneficio secondario di cui occorre tener presente nella determinazione dei costi da preventivare per la realizzazione del serbatoio-galleria.
In conclusione dall’esperienza della città di Como che, nonostante le maggiori difficoltà costruttive, è riuscita a ricavare grandi vantaggi dall’aver trasferito nel sottosuolo roccioso una imponente opera che fino ad allora si trovava in superficie, si possono dedurre ulteriori conferme per la costruzione del serbatoio sotterraneo dell’Isola d’Elba, conferme questa volta desunte da elementi reali come sono la costruzione e la gestione di un manufatto del tutto simile a quello proposto per l’Isola d’Elba.
Un ulteriore importante risultato cui potrebbero portare queste poche righe sarebbe quello di indurre i responsabili del servizio idrico elbano ad effettuare, così come stanno facendo molte altre personalità, una visita all’impianto del lago di Como in modo da rendersi conto “de visu” dei vantaggi ed anche dell’assenza di problemi di un certo rilievo sia in fase di costruzione e sia durante il suo esercizio.

L’ACCUMULO ENERGETICO DEGLI ACQUEDOTTI

ACQUEDOTTI CON ELEVATE CAPACITA’ DI COMPENSAZIONE DELLE PORTATE E DI ACCUMULO ENERGETICO

 

1) PREMESSA

Uno degli interventi basilari che in un futuro sempre più prossimo dovrà essere sistematicamente adottato per la risoluzione dei problemi legati all’approvvigionamento idropotabile, riguarda senza dubbio la costruzione di capaci serbatoi di accumulo atti ad effettuare la compensazione delle portate per periodi ben più lunghi di quelli giornalieri comunemente in atto. Si deve notare come, in una annata tipo, i periodi di consumo molto elevato sono statisticamente in numero limitato e quindi il modo più razionale per farvi fronte è proprio quello dell’accumulo delle eccedenze di portata operate nei giorni di basso consumo per renderle disponibili durante i successivi di grande richiesta e statisticamente di breve durata. Tale circostanza, se da un lato risolve un problema della massima importanza, dall’altro fa rilevare un grave difetto proprio dei sistemi acquedottistici e cioè un pieno uso delle strutture molto limitato nel tempo mentre per la stragrande maggioranza esse restano sottoutilizzate. Se poi si considerano le usuali modalità di progettazione degli acquedotti che impongono di dimensionarli in funzione del consumo massimo dell’ora di punta e per di più maggiorato, per ulteriore garanzia, di un buon 50% si arriva alla constatazione che i servizi idropotabili presentano di solito elevatissimi costi di costruzione ma una utilizzazione effettivamente molto scarsa che incide notevolmente nei costi di esercizio.
Lo scopo di questa nota è dimostrare come sia possibile costruire acquedotti che svolgono al meglio il loro compito 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, potendo disporre di due diversi regimi di esercizio: il primo che, impiegando interamente ed a soli fini acquedottistici tutte le risorse disponibili, fa fronte ai brevi periodi di consumo elevato, il secondo che le utilizza, durante tutto il tempo restante, in parte per alimentare l’utenza ed in parte per produrre energia elettrica. Se ne ricava un impiego costantemente razionale ed economicamente valido dei complessi e costosi impianti.

2) LA SOLUZIONE PROPOSTA

accumulo-energetico-acquedottichema idfraulico
Fig. 1 = Schema idraulico

Il problema in argomento può essere ricondotto alla modalità di risoluzione dell’accumulo dell’energia eccedente il fabbisogno del momento allo scopo di poterla utilizzare nei successivi periodi di grande fabbisogno energetico. I dispositivi atti allo scopo e di cui è nota l’esistenza, sono costituiti soltanto dagli accumulatori elettrici che hanno però il grave difetto di una potenza molto limitata e dagli impianti idroelettrici reversibili basati su un doppio uso e cioè produrre energia elettrica di giorno e pompaggio d’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore sfruttando i cascami di energia elettrica durante la notte o durante i periodi di sovrabbondanza energetica. In questi ultimi tempi si sta pensando, con gli stessi scopi, all’impiego dell’idrogeno. Altre modalità in corso di sperimentazione concernono lo stoccaggio di di aria compressa a pressioni elevatissime ma trovano ostacolo nel riscaldamento che ne deriva e che provoca rilevanti dispersioni energetiche. Gli esempi sono comunque molto pochi e si può considerare ancora inesistente un valido metodo di accumulo energetico.
La soluzione che viene qui proposta è basata sull’impiego di un capace serbatoio idropneumatico atto allo stoccaggio di acqua in pressione durante i periodi in cui si rende disponibile energia elettrica a bassi costi.

Lo schema idrico del sistema, riportato nella fig. 1 allegata comprende

  •  un serbatoio di accumulo di tipo tradizionale, avente una capacità pari almeno al 50% del consumo totale previsto per il giorno di massimo consumo, posto all’arrivo dell’adduzione e nel quale pescano tutte le pompe di sollevamento. Nulla vieta l’adozione di serbatoi di maggiore capacità con cui poter effettuare la compensazione multi giornaliera od addirittura multi settimanale ottenendo, sia ai fini acquedottistici e sia a quelli idroelettrici, risultati ancora più eclatanti di quelli di cui si parla in dettaglio nella presente nota e di cui si è fatto cenno nell’introduzione;
  • l’impianto di pompaggio con immissione in rete per alimentarla in diretta tramite pompa a velocità variabile asservita alle pressioni anch’esse variabili che di ora in ora bisogna mantenere in rete;
  •  un secondo impianto di pompaggio per l’alimentazione del serbatoio idropneumatico tramite una serie di pompe a velocità fissa a funzionamento pulsante ma con diversificate pressioni di mandata, oppure tramite pompe a velocità variabile atte a coprire tutta la gamma di sollevamento di cui si discute;
  • il collegamento diretto tra serbatoio tradizionale e serbatoio idropneumatico tramite condotta di collegamento munita di apparecchiatura di intercettazione servo comandata;
  • l’impianto per la produzione di energia elettrica tramite una serie di turbine alternatori funzionanti a velocità e potenza variabili atte a sfruttare l’esistente carico idraulico tra i due serbatoi anch’esso variabile ;
  • un serbatoio idropneumatico di cubatura identica a quello tradizionale prima citato ed in grado di accogliere l’acqua con una pressione variabile in funzione del momento ma che può arrivare anche a 100 m ed oltre di colonna d’acqua.


Il concetto di base della soluzione proposta è dato dalla presenza dei due serbatoi funzionanti il primo alla pressione atmosferica ed il secondo a pressione maggiorata ad arte e quindi dalla possibilità che tutta l’acqua in arrivo durante la notte, ed in pratica per tutto il periodo in cui si può disporre di energia elettrica a basso costo, possa essere pompata nel serbatoio idropneumatico onde poterla sfruttare durante periodi successivi con il duplice scopo di alimentare l’utenza ed al tempo stesso di produrre energia elettrica preziosa. Come detto anche l’acqua utilizzata per produrre energia elettrica viene restituita nel serbatoio tradizionale dove torna ad essere disponibile per l’alimentazione dell’utenza.


Sono previste due strutture innovative come il serbatoio idropneumatico e la turbina/alternatore funzionante a velocità variabile le cui caratteristiche principali possono essere riepilogate come segue.

  1.  Il serbatoio idropneumatico.
    Si tratta di una struttura del tutto simile alle autoclavi normalmente utilizzate per aumentare la pressione di esercizio delle piccole reti acqedottistiche con la sola differenza delle dimensioni che, in questo caso, sono molto maggiori. In sostanza è un grande contenitore a tenuta ermetica che accumula acqua nella parte inferiore ed aria compressa superiormente. Ciò gli consente di svolgere le stesse funzioni di un serbatoio sopraelevato ma con il vantaggio di poter variare a piacere la pressione di uscita dell’acqua. Nel caso specifico è in grado di contenere grandi volumi d’acqua ad una pressione tanto maggiore quanto più alta è la potenza disponibile per il pompaggio di immissione. È munito di compressore per realizzare una volta tanto il cuscinetto d’aria e le valvole di scarico dell’aria stessa. Maggiori delucidazione del serbatoio idropneumatico possono leggersi nell’omonimo articolo presente nel sito.
  2.  La turbina-alternatore.Si tratta di una serie di macchine in grado di funzionare a portata e pressione diversificate producendo energia elettrica in quantità variabile in funzione dei volumi e delle pressioni che si rendono via via disponibili ma avente tutte le caratteristiche per poter essere accolta dalla rete Enel. Gli alternatori dovranno quindi possedere organi di regolazione dell’eccitazione che gli consentano di funzionare a velocità diversificate in funzione dei salti utili disponibili ma con buoni rendimenti ed inoltre possedere un sistema di inverter atti a stabilizzare la frequenza della corrente prodotta.

Il funzionamento normale sarà il seguente.
Nei periodi di grandi consumi tutti gli impianti devono essere adibiti alla funzione specifica dell’acquedotto e cioè all’alimentazione idropotabile dell’utenza. A tale scopo i due serbatoi funzioneranno in parallelo ed ambedue a pressione atmosferica essendo aperte le condotte di collegamento e le valvole dell’aria. Essi contribuiranno pertanto con il loro intero volume di invaso alla compensazione delle portate consentendo di far fronte ai picchi di richiesta dell’utenza grazie alla loro notevole capacità. Nel caso si sia scelta la soluzione di grande capacità si potrà dar luogo alla compensaziine settimanale o addirittura a quella quindicinale con tutti i vantaggi che ne derivano.
Terminato il periodo critico il serbatoio idropneumatico inizierà a svolgere la sua azione e saranno pertanto chiuse le valvole di collegamento con l’altro serbatoio e le valvole di scarico dell’aria mentre sarà ripristinato, con i compressori, il cuscinetto d’aria compressa e si darà inizio all’accumulo dell’acqua in arrivo in due diversi modi e cioè nel serbatoio idropneumatico ogni qualvolta si rende disponibile energia elettrica a basso costo come ad esempio durante la notte, oppure nell’altro serbatoio di tipo tradizionale negli altri casi.
La rete acquedottistica viene alimentata da una pompa a velocità variabile che pesca dal serbatoio tradizionale ed immette l’acqua direttamente in rete a pressione variabile in funzione delle richieste dell’utenza e quindi elevata di giorno quando esse sono massime e bassa di notte e nei periodi di basso consumo. Durante il giorno ed in genere quando la corrente elettrica è a costo maggiorato, entrano in funzione le turbine che producono corrente elettrica preziosa sfruttando l’acqua in pressione del serbatoio idropneumatico e che viene scaricata nel serbatoio tradizionale onde renderla disponibile per l’utenza.
A sua volta quest’ultimo serbatoio svolge un duplice ruolo potendo sia rifornire la rete seguendone a puntino le richieste oppure rifornire il serbatoio idropneumatico.
Interessante far notare la grande capacità di accumulo totale d’acqua dato dalla presenza dei due serbatoi ambedue in grado, tutte le volte che si presenta la necessità, di far pervenire in rete tutto il volume invasato in precedenza.

Ed ecco la descrizione di una normale giornata di funzionamento rappresentata nel grafico della fig. 2 e nella tabella allegati.

accumulo-energetico-serbatoi
Grafico di funzionamento della giornata tipo

Durante la precedente notte tutta l’acqua in arrivo nel serbatoio tradizionale e quella accumulata in precedenza sono state pompate a pressione elevata nel serbatoio idropneumatico fatta eccezione per la piccola parte che è servita per alimentare in diretta l’utenza. Il sollevamento ha avuto luogo tramite la serie di pompe a giri fissi con funzionamento pulsante oppure, a seconda dell’installazione fatta, da pompe a velocità variabile, onde adeguare portata sollevata e la pressione alle condizioni del momento.
Al mattino (ore 5 nell’esempio) il serbatoio tradizionale è quasi vuoto mentre l’altro è al massimo invaso. Quando iniziano ad aumentare i consumi dell’utenza (ore 7) il serbatoio idropnematico comincia a svuotarsi per alimentare le turbine che producono corrente elettrica. Nel serbatoio tradizionale entra sia l’acqua dell’adduzione e sia quella scaricata dalle turbine e quindi c’è la disponibilità massima per l’ alimentazione dell’utenza nel mentre l’acqua in esubero rispetto ai consumi è immagazzinata nel serbatoio tradizionale stesso. Alle ore 17 il serbatoio idropneumatico è vuoto ed ha termine la produzione di energia elettrica. La notte successiva il ciclo si ripete con riempimento del serbatoio idropneumatico ed alimentazione in diretta della rete a bassa pressione.

Da notare come la notevole capacità di invaso dei due serbatoi consenta di utilizzare al meglio gli impianti di produzione idroelettrica potendo nelle ore notturne immettere nel serbatoio idropneumatico non solo la portata in arrivo dall’adduzione ma anche quella accumulata in precedenza nel serbatoio tradizionale. Ciò sarà meglio comprensibile esaminando il grafico ed i dati dell’esempio di una giornata tipo. 

Resta da definire la pressione di funzionamento del serbatoio idropneumatico per la quale sussiste un buon grado di libertà per cui si può impostare il regime che meglio si adatta alle condizioni del momento. Infatti il funzionamento di tale struttura segue la regola di “Mariotte” rappresentata nel grafico a lato dove sono rappresentate le variazioni delle percentuali di riempimento in funzione della pressione. Sono tracciate in linea continua 6 diverse curve di esercizio che sono funzione dalla pressione iniziale dell’aria compressa immessa dai compressori. Ad esempio se si adotta la curva n. 2 è necessario all’inizio (ed una volta soltanto) immettere aria compressa a due bar il che significa appunto una pressione di due bar a serbatoio vuoto. Tramite pompaggio si otterrà un riempimento del 20% del volume totale del serbatoio con una pressione di 2.5 bar, del 50% con 4. Il limite massimo corrisponde ad un 80% di riempimento del serbatoio con 10 bar di pressione. La stessa pressione descritta si rende poi disponibile per il funzionamento delle turbine, ovviamente fatte salve le perdite di rendimento dell’insieme. Qualora si volesse operare a maggior pressione occorre scegliere una curva di valore più elevato come ad esempio la curva n.3. Si ritiene però consigliabile di contenere la pressione massima al valore di 10 bar per facilitare la regolazione delle turbine ed inoltre per contenere il riscaldamento-raffreddamento del cuscino d’aria durante le fasi di compressione-decompressione.

Nell’applicazione descritta si verificano variazioni di temperatura del cuscino d’aria temperatura che tende ad aumentare durante la compressione ed a diminuire in caso contrario. Si tratta degli stessi problemi che si sono incontrati nella ricerca di realizzare una modalità di accumulo di energia del tutto simile a quella qui presentata con la sostanziale differenza dell’impiego di aria compressa immagazzinata a pressioni elevatissime (fino a 500 bar), problemi che, in quegli esperimenti, si è tentato di superare immagazzinando il calore prodotto in speciali piastre metalliche ad alto assorbimento calorico ma che alla fine hanno decretato il fallimento di tale tecnica di accumulo energetico . Si ritiene che il problema non sussista nella soluzione quì proposta perché in questo caso il calore prodotto è modesto sia perché la variazioni di pressione in serbatoio è molto lenta sia perché è di valore molto piccolo. Nell’esempio riportato si passa da 2 a 10 bar in cinque ore durante le quali tutto il maggior calore dell’aria viene assorbito dal grande volume d’acqua che vi si trova a contatto e che pertanto aumenterà leggermente di temperatura. Il fenomeno contrario avrà luogo durante la successiva fase attiva di produzione energetica con decompressione dell’aria che avrà ben 10 ore a disposizione. Il cuscinetto d’aria, grazie al passaggio da 10 a 2 bar, si raffredderà facendo ritornare fresca anche l’acqua con cui è a contatto e che riprenderà la temperatura originale, fatte salve piccole perdite energetiche di valore del tutto trascurabile.

 

3) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema idrico atto a realizzare in primo luogo una notevole compensazione delle portate degli acquedotti e cioè di immagazzinare il surplus di portata caratteristica peculiare di certi periodi per restituirlo successivamente al verificarsi di richieste eccezionalmente elevate. Trova così compimento una operazione che, potendo riguardare perfino la compensazione quindicinale o addirittura mensile delle portate, rappresenta un risultato importantissimo nella gestione dei moderni acquedotti assillati da una carenza delle fonti sempre più sentita e difficile da colmare.
Il secondo scopo che si raggiunge è la piena utilizzazione di opere come quelle necessarie per l’accumulo di ingenti volumi idrici le quali in un regime acquedottistico normale rimarrebbero sottoutilizzate per lunghi periodi. Con le opere proposte si approfitta della notevole disponibilità di invaso per lunghi periodi per produrre energia elettrica preziosa in quanto prodotta nelle ore diurne di maggior pregio.

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IL SERBATOIO ADDUTTORE

 

1)PREMESSA

Uno dei problemi che assilleranno in futuro la nostra Società, sarà quello del reperimento di acqua potabile in quantità sufficiente per soddisfarne il fabbisogno. La ragione è da attribuirsi all’accentuarsi del consumo specifico per abitante cui si aggiunge un continuo depauperamento delle fonti d’acqua tradizionali.
Ai rimedi ripetutamente conclamati come il risparmio d’acqua, la riduzione drastica delle perdite occulte degli acquedotti, il miglioramento di funzionalità dei servizi che si tradurrà in una più attenta utilizzazione delle risorse oggi disponibili, deve necessariamente affiancarsi quello della produzione di una maggiore portata d’acqua potabile. E’ in quest’ultimo settore che è necessario concentrare gli sforzi ed è questo anche lo scopo della presente ricerca.

 

2) L’AUMENTO DELLA DISPONIBILITÀ D’ACQUA POTABILE

In molte realtà acquedottistiche, per raggiungere lo scopo di una maggior produzione idrica cui si è fatto cenno, ci si basa esclusivamente nel potenziamento delle fonti, molto spesso eccedendo nei prelievi di falda o di sorgente con conseguenti gravi danni ambientali che vanno dagli abnormi abbassamenti del suolo, al deleterio collegamento diretto tra falde diversificate e ai franamenti del terreno e del sottosuolo. Si tratta quindi di provvedimenti pericolosi da tenere attentamente sotto controllo e, possibilmente, da bandire e sostituire con soluzioni alternative e, tra di esse, con la costituzione di grandi riserve d’acqua in capaci serbatoi. A tale riguardo viene quì proposto di adottare, in sostituzione della compensazione giornaliera della portata d’acqua normalmente effettuata dalla maggior parte degli acquedotti, la compensazione trimestrale e quindi di non limitarsi, come è d’uso, alla sola raccolta degli eccessi d’acqua che si verificano durante la notte ed attuata per coprire le punte di consumo del giorno seguente, si auspica invece l’accumulo di volumi molto più consistenti e resi disponibili grazie ai fenomeni atmosferici particolarmente intensi che nel territorio italiano statisticamente hanno una frequenza come minimo di un evento per trimestre.
Da rilevare come le punte di consumo sia orarie che giornaliere siano statisticamente poco frequenti in ogni realtà acquedottistica e come non sia corretto dimensionare gli impianti, soprattutto di produzione dell’acqua, in funzione delle sole portate massime eccezionali. Adottando la compensazione trimestrale che si vuole quì propugnare, la producibilità delle fonti può essere contenuta entro valori più bassi in grado comunque di coprire, grazie ad un grande serbatoio, anche le punte di consumo elevate.
Gli invasi utilizzabili allo scopo, oggi come oggi, sono rappresentati soltanto dai serbatoi artificiali basati sulla costruzione di dighe di ritenuta ma, per mancanza di aree adatte e soprattutto per i danni che tali imponenti opere provocano al territorio, non si intravede alcuna possibilità di costruirne di nuovi, al contrario stanno sorgendo iniziative volte alla eliminazione di alcuni dei bacini artificiali esistenti e alla messa in pristino dei territori che essi occupano. Significativo l’esempio della diga di Kariba nello Zimbawe dovuta all’intraprendenza e al lavoro italiano e che, assieme alle opere annesse, rappresenta tuttora un mirabile esempio di impianto idroelettrico ad alto rendimento ma che si è in procinto di eliminare per riconsegnare alla popolazione gli ampi territori ora occupati dall’acqua.
La proposta che viene qui formulata non può, ovviamente, prescindere dai grandi invasi di cui si è detto e, vista la difficoltà di costruirne di nuovi, non resta che ricorrere al sottosuolo dove si ritiene ancora possibile ricavare opere mastodontiche come sono quelle in argomento e dove sicuramente l’acqua può trovare un ambiente ideale per la sua accumulazione e conservazione. Seguendo queste regole sono già state fatte interessanti esperienze di ricarica artificiale della falda che consistono nella immissione forzata nel sottosuolo di grandi volumi idrici durante i periodi di piogge intense e prolungate nel tempo, per poterli poi utilizzare altrove e durante la siccità. Senza voler sminuire l’importanza della metodologia appena descritta, si vuole quì proporne una di diversa concezione che, in particolari condizioni ambientali, si ritiene possa dare importanti risultati.


3) L’INVASO SOTTERRANEO

Con le opere che vengono quì proposte si intende intervenire su una conformazione acquedottistica che frequentemente caratterizza gli esistenti servizi idrici e cioè su quella avente le fonti poste a notevole distanza dal territorio da servire ed al quale esse sono collegate tramite lunghe condotte di adduzione. La domanda da porsi in tali casi è questa. Perché invece di costruire delle condotte di adduzione destinate soltanto al trasporto dell’acqua non se ne maggiora la sezione in modo da renderle allo stesso tempo atte anche all’accumulo degli ingenti volumi necessari per le funzioni prima indicate?
In concreto si propone di costruire dei veri e propri serbatoi di accumulo di acqua potabile aventi una sezione trasversale relativamente modesta ma una estesa longitudinale rilevante in grado di abbinare le due funzioni citate prima e cioè accumulo di notevoli volumi idrici e trasporto a grande distanza di rilevati portate. Altre caratteristiche positive della proposta sono da un lato la quasi totale assenza di danni ambientali dovuta al fatto che si tratta di opere sotterranee e dall’altro la facoltà di conservare l’acqua per lunghi periodi, al fresco ed al riparo dal sole e dall’intrusione di sostanze estranee e di insetti.
Da segnalare anche la possibilità di realizzare con relativa facilità i manufatti sotterranei di grande dimensione e posti a grande profondità sotto il suolo grazie alle macchine automatiche di scavo e posa in opera di elementi prefabbricati oggi comunemente usate nella esecuzione di lavori di questo genere. Ancora una delle circostanze particolarmente favorevoli è data dal fatto che l’ubicazione del manufatto a grande profondità garantisce l’assenza di ostacoli come servizi e opere varie che normalmente si incontrano nella posa di comuni condotte a profondità normale. Infine non è da dimenticare che stiamo parlando di serbatoi di dimensione ragguardevole e destinati a contenere acqua potabile e quindi di opere che, a quanto risulta a chi scrive, nessuno è ancora riuscito, di fatto, a realizzare. Le grandi riserve d’acqua che tutti conosciamo sono invece costituite dai bacini artificiali o naturali che non possono che contenere acqua grezza la quale, per essere utilizzata ai fini potabili, deve essere sottoposta a trattamento di potabilizzazione. Ulteriori qualità negative dei bacini artificiali in argomento delle quali sono assolutamente esenti i serbatoi-adduzione in progetto, sono le notevoli perdite d’acqua per l’evaporazione dovuta all’irraggiamento solare, la pericolosità delle sponde ed il continuo interrimento ad opera delle ghiaie e sabbie nonchè  dei limi immessivi dall’acqua in arrivo.
In definitiva ci si propone di riuscire a risolvere i problemi di carenza idrica degli acquedotti senza creazione di nuove fonti ma semplicemente sfruttando meglio quelle esistenti mediante la creazione di grandi serbatoi di accumulo e conservazione dell’acqua potabile per periodi relativamente lunghi e quindi eliminando le disparità, origine di gravi disservizi, sempre presenti tra la produzione che è aleatoria in quanto funzione dell’andamento meteorologico e la richiesta idrica che segue regimi opposti dato che è proprio durante i periodi di siccità, causa della minor portata delle fonti, che si registra un notevole aumento del fabbisogno.
La possibilità di disporre in qualsiasi momento di un notevole deposito d’acqua potabile sempre pronta ad entrare in rete onde far fronte ad eccezionali richieste idriche per spegnimento incendi, per fuori servizio delle fonti, per sopperire a necessità di altri acquedotti con i quali sussistano condotte di interscambio portate e per eventualità varie non prevedibili, conferisce al servizio idrico una garanzia di corretto funzionamento anche nei casi elencati che esulano dal normale esercizio. Ancor più lo sarebbe nel caso di acquedotti concepiti con criteri moderni e cioè con immissione diretta della portata in rete ed a pressione variabile regolata dal sistema di telecontrollo centralizzato. In questi casi, infatti, essi potrebbero, grazie alla loro grande elasticità di funzionamento, variare molto di più dei normali acquedotti, il regime di esercizio ed i prelievi dal serbatoio/adduttore adeguando pressioni e portate alle richieste eccezionali del momento, il tutto come meglio spiegato nell’articolo” LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” di questo sito
Il serbatoio-adduttore di cui si parla non è, ovviamente, scevro da inconvenienti primo fra tutti il suo elevato costo di costruzione che ne potrebbe pregiudicare la realizzazione.
Si può obbiettare che qualunque altra soluzione per realizzare grandi volumi di invaso è costosa. Lo è, ad esempio, la costruzione di una diga ed altrettanto, o forse anche di più lo sarebbe qualunque altro manufatto in cemento armato di pari volume di invaso. Si può invece dire che nella realizzazione del serbatoio-adduttore si potrebbe operare per stralci successivi tutti funzionali il che consentirebbe di diluire la spesa nel tempo e, al tempo stesso, di constatare, fin dalla costruzione delle prime porzioni dell’opera, i notevoli benefici che se ne ritraggono.

 

4) ESEMPIO DI SERBATOIO-ADDUTTORE

Esaminiamo l’esempio, puramente ipotetico ma rappresentativo della soluzione tecnica che si intende propugnare, di una città di 300000 abitanti alimentata da fonti poste a 20 Km di distanza la cui portata media del giorno di massimo consumo sia pari a 1000 l/sec che vengono addotti tramite una condotta di diametro di m.1.00 funzionante in pressione. Le relative perdite di carico ammontano a circa m. 30 cui va fatto fronte tramite sollevamento meccanico. La capacità di invaso necessaria per una compensazione trimestrale come quella auspicata, ammonta approssimativamente a ben mc 2000000 e per realizzarla si prevede di sostituire la condotta da 1.00 m con un serbatoio-adduttore della stessa lunghezza di 20 Km ma del diametro di 12 m. costruito a 5-15 metri di profondità sotto il suolo e con una pendenza dello 0.1% (dieci centimetri al Km). Il dislivello totale del fondo per l’intera lunghezza sarà pari a 2 metri, le quote di fondo condotta vanno da 1.00 a 3.00. Il funzionamento a pelo libero e a condotta non rigurgitata avviene con un’altezza d’acqua di cm 37 circa a velocità media di 1 m/sec. La sezione liquida del corrispondente segmento circolare è pari a mq. 1.00 per un volume totale di mc.20000.
L’utilizzo della condotta come serbatoio di accumulo richiede di rincollare l’acqua facendo crescere di 14 metri il suo livello di valle. L’escursione del serbatoio và da quota 1.00 a 15.00 con un volume utile di stoccaggio pari, come richiesto, a mc.2000000 circa.
Il serbatoio-adduttore sfocia nella vasca di aspirazione delle pompe per la mandata in rete e di decantazione delle sabbie con fondo a quota zero e quota di massimo invaso a 15.00.

Prfilo longitudinale in scala deformata del serbatoio adduttore da mc 2.000.000 di invaso


Come si vede al vantaggio di poter accumulare il volume di ben 2000000 di mc d’acqua si aggiunge quello di una minor prevalenza delle pompe di sollevamento di circa 20 m circa cui va aggiunto il ricupero del carico finale residuo che varia da zero a 10 m circa in funzione del livello del pelo libero nella vasca di aspirazione delle pompe di rete.
Si fa infine rilevare che, se la soluzione serbatoio-adduttore trovasse numerose applicazioni reali, si potrebbero ottenere riduzioni dei costi di costruzione standardizzando le caratteristiche del manufatto e quindi delle macchine operatrici automatiche necessarie per la esecuzione delle opere. Fissato un diametro standard (ad esempio di 12 m), la lunghezza del manufatto costituirebbe la possibile variante
da definire in funzione del volume necessario acquedotto per acquedotto.

 

5) CONCLUSIONI

Nella nota si è formulata un’ipotesi di modifica sostanziale dello schema classico degli acquedotti aventi le fonti di alimentazione poste ad una certa distanza dal territorio da alimentare. In dettaglio si è previsto di sostituire le condotte che collegano le fonti con la rete di distribuzione, con serbatoi-adduttori cioè con vere e proprie gallerie di grandi dimensioni e di pari lunghezza che siano atte a svolgere la doppia funzione di accumulo di notevoli volumi d’acqua potabile ed anche di trasporto di grandi portate. Si tratta di una soluzione innovativa che può destare scetticismo per gli elevati costi di realizzazione ma che, in certe particolari situazioni, sicuramente varrebbe la pena di essere presa in esame tenendo conto dei benefici offerti soprattutto per aumentare la disponibilità idrica e poter coprire le punte di consumo anche a fronte delle diminuzioni di portata che accusano le fonti nei periodi siccitosi. Ulteriori vantaggi consistono nell’ottima conservazione dell’acqua potabile immagazzinata in manufatti ricavati totalmente nel sottosuolo ed inoltre nell’economia energetica per il sollevamento meccanico dell’acqua stessa.
La ricerca effettuata e le conclusioni finali cui si perviene nell’articolo rientrano, assieme a quelle visibili negli articoli “Lo barramento mobile di foce”, “Viaggio fantastico nell’utopia dell’acqua“,” Rete integrata nel territorio“,” Incongruenze e manchevolezze della letteratura tecnica in tema di acquedotti ” di questo sito, in un elenco di interventi ipotetici e forse irrealizzabili, che chi scrive continua a proporre ben conscio del notevole impegno economico da essi richiesto e ma fidando che ne possano derivare spunti utili per la soluzione dei numerosi problemi dei moderni acquedotti.
D’altro canto per risolvere la tremenda crisi idrica che si profila ad un orizzonte sempre più vicino, bisognerà inevitabilmente ricorrere a opere straordinarie, inusitate tra le quali può senz’altro rientrare anche il serbatoio adduttore.
In ogni caso resta a chi scrive l’ambizione di aver contrapposto ritrovati innovativi alla banalità e scarsa funzionalità reale, in altre parole alla arretratezza effettiva, delle soluzioni tecniche che si riscontrano nella gran parte degli acquedotti italiani fatte anch’esse rilevare più volte negli articoli pubblicati dal sottoscritto su questo stesso sito

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IL SERBATOIO IDROPNEUMATICO

UN’OPERA CHE PUO’ VANTAGGIOSAMENTE SOSTITUIRE IL SERBATOIO PENSILE DI TESTATA DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

1) PREMESSA

Pianta e sezione schematiche di un serbatoioidropneumatico pensile

Uno dei concetti riaffermati negli articoli di questo sito riguarda i serbatoi pensili posti in testa alla rete di distribuzione degli acquedotti che, a giudizio di chi scrive, rappresentano un ostacolo per il razionale ed economico esercizio delle reti stesse.
Infatti tali opere, a fronte di modesti vantaggi quali la sicurezza di esercizio data dal volume d’acqua in quota e sempre pronto a sopperire ad eventuali brevi disservizi e da un buon funzionamento delle pompe di sollevamento dell’acqua, presentano l’inconveniente di vincolare rigidamente la pressione di rete e quindi di annullare altri notevoli benefici che altrimenti ne deriverebbero quali sono, ad esempio, un risparmio energetico nel sollevamento dell’acqua, minori perdite di rete dovute alla possibilità di funzionare a bassa pressione durante i periodi di scarsi consumi dell’utenza e particolarmente di notte ed infine una migliore consegna dell’acqua vantaggi questi tutti facilmente  raggiungibili come sarà spiegato.

Il dissidio tra i fautori dei serbatoi in parola che li considerano ancora ai nostri giorni come strutture indispensabili della rete ed i loro detrattori, come il sottoscritto che li ritiene dannosi, può essere composto prevedendo di sostituirli con un’opera che presenta tutte le prerogative positive del serbatoio pensile e, al tempo stesso, ne evita tutti gli inconvenienti : il serbatoio idropneumatico che forma l’oggetto del presente articolo.

 

2) IL SERBATOIO IDROPNEUMATICO DI TESTATA DELLE RETI

schemapneumatico-1
Fig. 1 =Schema idraulico

 

 

 

 

 

 

 

Il serbatoio idropneumatico è un grande contenitore interrato o appoggiato al suolo oppure sopraelevato rispetto al suolo, nella cui parte inferiore viene accumulata l’acqua da immettere nella rete di distribuzione dell’acquedotto mentre quella superiore, anch’essa a perfetta tenuta, contiene un consistente cuscino d’aria. L’opera è del tutto simile alla cassa d’aria normalmente usata negli impianti di sollevamento per l’attenuazione dei dannosi effetti del colpo d’ariete se non fosse per le sue dimensioni notevolmente maggiori, che ne differenziano profondamente le modalità di utilizzazione. Opere del genere, caratterizzate da notevoli capacità di invaso, sono state più volte realizzate per esplicare la funzione di compensazione delle portate in acquedotti di medie e piccole dimensioni. Non risultano invece mai impiegate per svolgere un ruolo così importante e loro congeniale come quello di sostituire i serbatoi pensili di testata delle reti che viene qui proposto. La configurazione idraulica tipica di un impianto di compensazione e sollevamento atto allo scopo comprende nell’ordine, come risulta anche dallo schema della fig. 1 e con disposizione in serie:
· Un serbatoio interrato di grandi dimensioni per la raccolta dell’acqua e la compensazione giornaliera delle portate prodotte dalle fonti;
· Un impianto di sollevamento costituito da elettropompe a velocità variabile oppure da una serie di elettropompe a velocità fissa ma comunque in grado alimentare la rete di distribuzione con portate e pressioni ambedue variabili, al limite con funzionamento a gradini di portata e pressione a gradini, in funzione delle necessità dell’utenza;
· Un serbatoio idropneumatico con annessi batteria di compressori d’aria e valvole di scarico dell’aria compressa in eccedenza il tutto destinato a sostituire il tradizionale serbatoio pensile di testata e a consentire il funzionamento a portata e pressione variabili secondo le modalità che saranno appresso indicate.


Esaminiamo ora il comportamento del cuscino d’aria del serbatoio idropneumatico. Esso segue la regola di Mariotte in base alla quale il prodotto tra volume e pressione ha un valore costante e che, per il campo che ci interessa, fornisce i valori riportati nella seguente tabella e rappresentati graficamente nel grafico di fig.1 allegata.

 

 PERCENTUALE DI RIEMPIMENTO D’ACQUA  PRESSIONE bar (curva 1)  PRESSIONE bar (curva 2)  PRESSIONE bar (curva 3)
 0%  1.00  2.00  3.00
 10%  1.11  2.22  3.33
 20%  1.25  2.50  3.75
 30%  1.43  2.86  4.29
 40%  1.67  3.34  5.01
 50%  2.00  4.00  6.00
 60%  2.50  5.00  7.50
 70%  3.33  6.66  9.99
 80%  5.00  10.00  15.00
graficoriempimento
Fig. 2 =Volumi d’acqua in funzione della pressione

Se si esaminano in dettaglio le curve n. 1 e n. 2, del grafico di fig. 2, si nota come siano caratterizzate da un andamento quasi orizzontale per una bassa percentuale di riempimento del serbatoio, hanno poi un punto di flesso ed infine, per un elevato tasso di riempimento, esse si impennano avvicinandosi alla verticale. Se ne deduce immediatamente che la variazione di pressione, minima quando il serbatoio contiene poca acqua, diventa elevata quando il serbatoio è quasi pieno. In altri termini una utilizzazione ottimale per la regolazione di una rete d’acquedotto come quella proposta nel presente lavoro, deve avere un cuscinetto d’aria di volume circa corrispondente a quello dell’acqua contenuta. Far lavorare l’impianto con cuscinetti d’aria di volume minimo significherebbe invece sottoporre l’esercizio a rischi di cattiva regolazione delle pompe per instabilità di pressione.
Vedremo più avanti come questa caratteristica presenti un lato positivo dato dalla possibilità di regolare a piacere i tempi di variazione dell’invaso e della pressione.
Nelle altre curve del grafico il flesso è meno pronunciato, esse presentano una pendenza media piu’ accentuata e valori di pressione sempre elevati il che porta ad escluderle dall’uso che qui si vuole proporre.
In conclusione il funzionamento ottimale è quello rappresentato in grafico dall’area con tratteggio in quanto sono presenti, in tale campo di lavoro, le seguenti caratteristiche:
· una elevata percentuale di riempimento del serbatoio (fino all’83% per le pressioni di funzionamento più elevate) e quindi una buona capacità di riserva in caso di disservizi;
· una variazione di pressione da 2 a 6 bar od anche oltre se necessario, senza eccessivi cambiamenti nel riempimento d’acqua del serbatoio;
In pratica una volta immessa ad una determinata pressione l’aria nel serbatoio vuoto e quindi definita la curva di funzionamento che si sceglie, il serbatoio idropneumatico varia la percentuale di riempimento e la pressione interna dell’aria e dell’acqua secondo detta curva caratteristica senza necessità di alcun intervento ulteriore dell’annesso compressore o della valvola ma seguendo pedissequamente le modalità di pompaggio cioè la pressione impressa dalla pompa all’acqua. Il funzionamento di compressore e valvola sarebbe richiesto solo nel caso si volesse passare da una curva all’altra.
Un esempio chiarirà meglio i concetti.
Supponiamo di voler far funzionare la rete ad una pressione che và da un minimo di 2 bar (ad esempio la notte) ad un massimo di 6 bar (nell’ora di punta). Si potrà allora scegliere la curva n. 1 immettendo preventivamente una pressione d’aria a serbatoio vuoto di 1 bar. Durante il successivo normale funzionamento il serbatoio presenterà i seguenti valori (oltre naturalmente a quelli intermedi anch’essi leggibili nel grafico):

 PRESSIONE bar  PERCENTUALE DI RIEMPIMENTO D’ACQUA NEL SERBATOIO
 1  0%
 2  50%
 3  67%
 4  75%
 5  80%
 6  83%

L’impianto potrà variare la pressione entro i limiti indicati a seconda della velocità o comunque della pressione di mandata della pompa nel mentre, per la regolazione della portata da immettere in rete, si potrà anche far ricorso al funzionamento intermittente delle pompe stesse considerato che sarà il cuscino d’aria a regolarizzare l’immissione in condotta evitando, tra l’altro, che vi siano trasmessi pericolosi colpi d’ariete. In caso di panne del pompaggio, il serbatoio è pronto ad intervenire mandando in rete, anche in mancanza di corrente elettrica e con una pressione via via calante fino a 1 bar, tutto il volume in esso contenuto e variabile da un minimo del 50 % quando funziona a bassa pressione per arrivare fino al 83 % del volume totale nei momento di punta.
Qualora si desiderasse far lavorare l’impianto con valori diversi, per esempio passando alla curva n. 2, lo si potrà in ogni momento fare immettendo aria compressa tramite l’apposito compressore annesso al serbatoio. Al contrario se si volesse passare ad una curva di valore inferiore si dovrebbe scaricare l’aria in eccesso tramite l’apposita valvola. Si deve comunque notare come l’uso di queste ultime apparecchiature (compressore o valvola di scarico) sia molto raro poiché, una volta definita la curva di lavoro che nella pratica di esercizio risulti la più adatta, non sarà necessario alcun altro intervento.
Sarà sempre possibile, invece di funzionare a pressione variabile, mantenere la pressione fissa 24 ore su 24 su uno qualunque dei valori desiderati.
Il serbatoio idropneumatico sarà infine munito di una valvola a galleggiante che si chiude a serbatoio quasi completamente vuoto onde evitare l’immissione in condotta di aria compressa.
Si può constatare come il funzionamento indicato sia del tutto analogo a quello di un serbatoio pensile tradizionale alimentato da pompe a giri fissi con funzionamento intermittente e con un invaso in quota sempre pronto ad entrare in rete in caso di bisogno. Esistono però delle differenze sostanziali tra i due manufatti. Innanzitutto viene a cadere la pregiudiziale principale dei serbatoi pensili che, come ripetutamente affermato, è quella di obbligare la rete a funzionare rigidamente ad una pressione corrispondente all’intervallo altimetrico tra massimo e minimo livello di invaso. Nel nostro caso è’ invece consentito di variare liberamente la pressione di funzionamento della rete, diminuendola per ottenere dei notevoli risparmi energetici od aumentandola, se necessario per vincere le maggiori perdite di carico, fino a valori elevatissimi che non sarebbero assolutamente raggiungibili con i serbatoi pensili. In secondo luogo trattandosi di opere costruite a terra è possibile realizzare serbatoi pneumatici di grande e grandissimo volume cosa difficilmente attuabile nel caso dei pensili il cui volume di invaso è pesantemente condizionato dalle difficoltà tecniche insite nella edificazione di grandi volumi aerei. Infine i costi di costruzione delle opere edili sono molto inferiori quando si lavora a quota terreno.
Per quanto concerne la capacità reale da assegnare al serbatoio idropneumatico di cui si tratta, è da tener presente che la sua funzione precipua non è quella di compensare le portate, funzione riservata invece ad un apposito serbatoio di grandi dimensioni posto più a monte, bensì quella di mantenere un volume di riserva pronto ad entrare in rete in caso di disservizi vari. Pertanto le sue dimensioni saranno in ogni caso contenute così come sono contenute quelle dei serbatoi pensili che esso và a sostituire. Volumi accettabili nella realtà potranno essere dell’ordine di 200 mc per le piccole reti fino ad un massimo di 5000 mc per quelle maggiori. Nulla vieta di costruire serbatoi idropneumatici anche di dimensioni notevolmente superiori. In tali casi occorre però verificare attentamente la compatibilità tra i tempi necessari perché abbiano luogo i cambiamenti nella pressione di esercizio, tempi particolarmente lunghi dati i grandi volumi di invaso in gioco, e le necessità di funzionamento della rete. In altri termini si tratterà di affinare ulteriormente la scelta della curva caratteristica da utilizzare normalmente e più particolarmente quale parte di essa tenuto presente che, come già indicato, la sua parte inferiore è atta a garantire una elevata stabilità nella pressione di funzionamento nel mentre quella superiore ad andamento quasi verticale, da adottare nel caso dei serbatoi di grandi dimensioni di cui si discute, consente le rapide variazioni di pressione che in tal caso sono necessarie. Per quanto concerne i tempi di reazione della rete, ulteriori approfondimenti, da farsi in sede di progettazione esecutiva delle opere, riguardano la possibilità di modificare lo schema di base prevedendo di inserire il serbatoio pneumatico in derivazione anzichè in serie come fatto finora. Tale variante consente di praticare delle strozzature, dello stesso tipo di quelle che si usa fare per le casse d’aria, nel condotto che collega in derivazione il serbatoio con la rete in modo da poter regolare in vario modo i tempi di intervento del serbatoio pneumatico. La regolazione possibile diventa più determinante se la strozzatura è diversa in entrata da quella dell’uscita o, ancora meglio, se è asservita alle condizioni di funzionamento della rete tramite l’impianto di telecontrollo che può arrivare, in particolari e temporanee circostanze, all’esclusione totale del serbatoio pneumatico e quindi al pompaggio diretto in rete.
Altre varianti nel funzionamento del serbatoio idroponeumatico possono ottenersi assegnando particolari caratteristiche ai due manufatti destinati a contenere rispettivamente acqua e aria. Ad esempio in un serbatoio idropneumatico che avesse la forma di una piramide tronca diritta sarebbero notevolmente esaltati i volumi dell’acqua rispetto a quello dell’aria nel mentre l’effetto contrario, con tutte le conseguenze che derivano all’esercizio della rete, si avrebbe nel caso di piramide tronca rovescia.
Tra le varie possibilità di scelta figura anche quella che prevede una netta distinzione tra i due contenitori: un serbatoio inferiore in cemento armato per contenere l’acqua ed una parte del cuscinetto d’aria, un contenitore superiore destinato a contenere esclusivamente aria e consistente in più bomboloni metallici

Esempio di serbatoio idropneumatico tubolare sotterraneo
Esempio di serbatoio idropneumatico tubolare sotterraneo

Una caratteristica negativa del serbatoio idropneumatico di cui si discute è rappresentata dal pericolo che una parte dell’aria che costituisce il cuscino superiore avesse a miscelarsi con la sottostante acqua. Ne deriverebbe un duplice inconveniente dato dalla perdita di un certo volume d’aria che sarebbe necessario di tanto in tanto ripristinare a mezzo compressore, ed inoltre dall’immissione d’aria nelle condotte di rete dell’acquedotto con tutti i fastidi che ciò potrebbe dare. A giudizio di chi scrive questo inconveniente è presente solo nelle autoclavi e nelle piccole casse d’aria essendovi favorito dal vorticoso turbinio cui, per il modesto volume che le caratterizza, è continuamente soggetta l’acqua. Nel nostro caso l’eventuale miscela aria-acqua che si verrebbe a formare costituirebbe uno strato liquido di peso specifico inferiore a uno che permarrebbe in superficie senza alcuna possibilità di essere aspirato dalla condotta di uscita dell’acqua che è derivata dal fondo del serbatoio. Tale fenomeno è pertanto del tutto trascurabile nei serbatoi idropneumatici di grande volume come sono quelli di cui si discute. Anche le pubblicazioni tecniche che descrivono alcuni serbatoio idropneumatici di grande volume effettivamente realizzati (vedi bibliografia in calce) non fanno cenno alcuno al citato inconveniente fornendo una ulteriore dimostrazione della insussistenza dell’inconveniente descritto. .


In definitiva i benefici offerti dal serbatoio idropneumatico posto in testa alla rete in sostituzione del serbatoio pensile possono essere cosi riepilogati:
· un funzionamento ottimale a pressione variabile che è possibile asservire minuto per minuto alle esigenze dell’utenza qualunque sia la portata da immettere in rete;
· in caso di bisogno si possono raggiungere pressione di esercizio notevolmente elevate da considerarsi assolutamente impossibili per i tradizionali serbatoi pensili;
· qualora si desiderasse funzionare a pressione fissa è possibile scegliere il valore della pressione di lavoro che meglio risponde alle esigenze di rete, valore che può essere sempre cambiato, senza esecuzione di nuove opere, per adeguare gli impianti al verificarsi di nuove ed impreviste necessità;
· una assoluta assenza di colpi d’ariete in condotta;
· un elevato volume d’acqua in pressione sempre pronta a supplire a brevi mancanze meccaniche od elettriche dell’impianto di sollevamento;
· costi di costruzione del manufatto estremamente contenuti
· assoluta assenza di perdite per anomalie varie di esercizio come sfiori d’acqua, dissipazione del carico idraulico, cattivi rendimenti meccanici ed elettrici delle pompe;
· la tenuta ermetica del serbatoio offre la massima garanzia igienica vista l’impossibilità che possano penetrarvi insetti, volatili o altri animali oppure che vi si possano compiere atti vandalici;
· essendo edificati a quota suolo è possibile costruire, in testa alla rete, serbatoi pneumatici di grandi od anche di grandissime dimensioni;
· in caso di ampliamento delle reti da alimentare è possibile modificare il regime idrico di normale lavoro senza eseguire alcuna modifica alle opere edili ma semplicemente variando la pressione di esercizio
· grazie all’azione stabilizzatrice del cuscino d’aria, anche in caso di alimentazione a pressione variabile, l’impianto di sollevamento può essere costituito da serie di pompe a giri fissi meno costose di quelle a velocità variabile.

· possibilità di regolare a piacere i tempi necessari perché abbiano compimento le variazioni della pressione di alimentazione della rete.
· in caso di serbatoio in derivazione dalla rete, sono possibili ulteriori regolazioni nei tempi del suo intervento.

 

3) RAFFRONTO TRA SERBATOIO IDROPNEUMATICO E SERBATOIO PENSILE

Un confronto valido tra opere idriche di diverso tipo come sono quelle in oggetto, può farsi prendendo come base un serbatoio pensile da 3000 mc di capacità utile e 50 m. di altezza che può essere considerato, nel suo genere, una delle costruzioni più ardite tra quelle effettivamente realizzate. Esso potrebbe essere validamente sostituito, in una qualunque rete di distribuzione d’acqua potabile, da un serbatoio a terra di tipo pneumatico avente una cubatura interna utile di 5000 mc. Caratteristiche salienti di quest’opera sarebbero un costo nettamente inferiore, la possibilità di mantenere, in caso di disservizi dell’adduzione, una riserva d’acqua pronta ad entrare in rete del volume di 2500 mc alle basse pressioni di esercizio ma di ben 4150 mc a quelle alte. Il serbatoio in argomento consentirebbe inoltre di lavorare ad un qualunque valore di pressione sia fissa che variabile di minuto in minuto ed elevabile fino a 70 m. ed anche oltre, contro una pressione fissa del pensile pari a 50 m. circa. Sono evidenti i vantaggi che presenterebbe il serbatoio idropneumatico sia in fatto di funzionalità idrica sia nei costi di costruzione e di esercizio.

 

4) ESEMPIO PRATICO DI IMPIANTO DI ACCUMULO E SOLLEVAMENTO DOTATO DI SERBATOTIO IDROPNEUMATICO DI TESTATA

Viene descritta la costituzione consigliata per un impianto di accumulo e sollevamento tipo. Il dimensionamento è molto empirico ma può servire a dare un’idea di larga massima della composizione atta a raggiungere gli scopi che qui ci si prefigge.
Si immagini di dover alimentare una città di pianura di 200.000 abitanti.
I dati principali, fatto salvo un calcolo più serio basato su elementi concreti, sono i seguenti:
– Portata media del giorno di massimo consumo: 600 l/sec
– Portata massima nell’ora di punta del giorno di massimo consumo: 1350 l/sec
– Portata minima notturna del giorno di massimo consumo: 360 l/sec
– Volume giornaliero consumato nel del giorno di massimo consumo: mc 78.000 circa
– Volume da assegnare al serbatoio interrato di compensazione: mc 12.000 circa pari al 15 % del volume giornaliero massimo
Si voglia alimentare la rete, di notte, con 15 m di pressione misurata nel punto più depresso di utenza cui corrisponde una pressione di pompaggio di 2 bar in centrale e rispettivamente di 35 m nell’ora di punta cui corrispondono 6 bar in centrale.
Viene scelto un serbatoio idropneumatico da mc 4000 e la curva caratteristica n.1.
I risultati sono i seguenti:
– Volume contenuto nel serbatoio pneumatico alla portata minima e pressione di 2 bar = mc 2000. E’ quindi in grado di far fronte ad un’emergenza per mancato funzionamento del sollevamento di 1,5 ore circa
– Volume contenuto nel serbatoio pneumatico nell’ora di punta a 6 bar: mc 3.300 circa. E’ quindi in grado di far fronte ad un’emergenza di ¾ d’ora circa.
. L’impianto di sollevamento potrà essere equipaggiato con pompe a velocità variabile atte a fornire una portata che và da un minimo di 400 l/sec con prevalenza di 20 m ad un massimo di 1500 l/sec con 60 m di pressione. L’impianto di telecontrollo provvederà a variare la velocità della pompa con asservimento alla pressione finale di arrivo misurata nei punti caratteristici della rete.
Molto più semplicemente l’equipaggiamento potrebbe essere costituito (oltre alle macchine di riserva) da quattro pompe a giri fissi aventi nell’ordine le seguenti caratteristiche:
– Pompa n. 1 : 400 l/sec prevalenza m 25;
– Pompa n. 2 : 600 l/sec prevalenza m 35;
– Pompa n. 3 : 1000 l/sec prevalenza m 45;
– Pompa n. 4 : 1500 l/sec prevalenza m 58;
In quest’ultimo caso l’impianto di telecontrollo provvederà a far funzionare di ora in ora e ad intermittenza la pompa avente le caratteristiche di portata e pressione più adatte per mantenere all’utenza le pressioni di consegna prefissate curando che i rendimenti siano sempre i migliori nel mentre sarà il cuscino d’aria che provvederà a stabilizzare portata e pressione in uscita dalla centrale. L’impianto sarà corredato da una batteria di compressori atti a realizzare, una volta tanto, un cuscino d’aria di circa 2000 mc alla pressione di 2 bar in circa 4 ore di funzionamento. e da una valvola in grado di scaricare l’aria compressa.

 

5) CONCLUSIONI

Il serbatoio idropneumatico, oggetto specifico dell’articolo, è una struttura idrica che nei casi di effettiva utilizzazione pratica, mai è stato visto come sostitutivo dei serbatoi pensili. Nell’articolo si dimostra invece che è proprio in tale inusitata veste che esso dovrebbe trovare diffusa applicazione potendo contribuire efficacemente a liberare le nostre città di pianura da quegli orrendi monumenti all’inutilità che sono, a giudizio di chi scrive, i serbatoi pensili. Il suo ruolo travalica di gran lunga le funzioni svolte da questi ultimi soprattutto grazie alla grande elasticità conferita alla rete di distribuzione tramite il funzionamento a pressione variabile. La convenienza del particolarissimo manufatto, sia in tema di economia di esercizio e sia in quello di impatto ambientale, viene dimostrata analizzando i risultati che si ottengono e paragonandoli con quelli delle reti tradizionali munite di serbatoio pensile di testata
Ulteriori informazioni sul funzionamento a pressione variabile delle reti possono esser lette in altre pagine di questo stesso sito


Bibliografia:
– M. Burin “Le réservoir hydropneumatique de Chantilly” Tecnique e Sciences Municipales -Mars 1969
– J.Cheron “Resérvoir pression de grande capacité” – T.S.M. L’Eau octobre 1988

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