INTRODUZIONE AD ALTRATECNICA

L’impianto di telecontrollo considerato il vero “padre” degli acquedotti

La parola “ALTrATECNICA” che identifica questo sito proponendo l’altratecnica come innovazione , se viene scritta con la r minuscola, sottintende la volontà dell’autore di ignorare la lettera r e quindi assumere il significato qualificante di “ alta tecnica”. L’intendimento dell’autore è proprio quello di presentare argomenti tecnici di alta qualità i quali si stagliano nettamente al di sopra della normalità che caratterizza la letteratura tecnica corrente. Questa differenziazione risulta particolarmente evidente nella realtà dei servizi acquedottistici in esercizio effettivo dove risalta una vera arretratezza sia nella cultura tecnica e sia nella costituzione effettiva degli impianti di produzione e distribuzione dell’acqua potabile. Nel sito vengono infatti presentate delle soluzioni innovative la maggior parte delle quali, essendo state lungamente sperimentate in applicazioni reali, meriterebbero un buon accoglimento tra i lettori inducendoli ad effettuarne l’applicazione effettiva nella propria attività. Sono presentate anche soluzioni avveniristiche alcune delle quali, per ammissione dell’autore medesimo, non sono direttamente utilizzabili per le problematiche molto avanzate che le caratterizzano. Vengono descritte in dettaglio solo allo scopo di proporre, sovente in antitesi con la tecnica ufficiale insegnata alle università, delle risoluzioni a problemi particolarmente complessi fornendo degli spunti utili per stimolare uno studio più approfondito di quello qui illustrato.

Esempio di utilizzazione delle pompe a velocità variabile

Per quanto riguarda la materia trattata si riporta qui di seguito un tracciato sommario, lungo la via percorsa, di elementi notevoli secondo l’ordine del menù iniziale del sito ma specificandone le motivazioni e soprattutto gli spunti innovativi presenti e che ne giustificano la stesura. E’ stata infatti preoccupazione dell’autore descrivere soltanto gli interventi tecnici che sono mossi da uno scopo particolare e per il raggiungimento di risultati reali sia di funzionamento che economico con l’impegno di evitare la semplice riscrittura di temi già presenti nella letteratura o nelle consuetudini abituali.

Le osservazioni salienti e relative ai diversi settori elencati nel menù, concernono, per le motivazioni già citate, in primis gli acquedotti in cui le proposte formulate nel loro insieme tendono ad una vera rivoluzione delle strutture generali dell’intero sistema idropotabile al fine di farlo  diventare, come viene dichiarato più volte nelle varie pagine, un vero e proprio figlio del telecontrollo. E’ da rilevare come il servizio idro potabile nel suo insieme sia già dotato di efficienti impianti di telecomando e telecontrollo la cui funzione consiste nell’eseguire automaticamente le stesse funzioni che un tempo erano fatte dal personale di servizio. E’ ormai diffusissima la presa d’atto che tali funzioni non rappresentano che una porzione infinitesima di ciò che si può e soprattutto si deve ritrarre da siffatti impianti di telecontrollo e telecomando , ma per farlo e per ottenere risultati molto buoni, occorre attuare una vera rivoluzione dei concetti di base degli attuali acquedotti abbandonando quindi la gran parte delle regole consolidate.

Un aspetto importante riguarda la realtà dei nostri giorni,  in cui non è la costruzione di nuovi acquedotti , tassativamente insegnata  ai nuovi ingegneri, a costituire un problema visto che si tratta di una attività pressoché inesistente ma sono invece le sostanziali trasformazioni  cui debbono necessariamente essere  sottoposti tutti gli acquedotti esistenti onde ovviare alle loro  gravi inefficienze, utilizzando però tecniche specifiche spesso totalmente innovative. Si può affermare che stiamo parlando di una scienza  acquedottistica  nuova ( che potrebbe dirsi tecnica di trasformazione ) che va a sostituire quella tradizionale: è proprio di questa che si occupa prioritariamente il sito

veduta prospettica della barriera frangiflutti con produzione di energia elettrica

Seguendo l’ordine del menù fanno seguito agli acquedotti alcuni articoli dedicati all’idraulica in genere. Se ne ha un’idea fin dalla osservazione dell’immagine di sfondo del sito dove si nota una lunga barriera frangiflutti atta ad utilizzare la forza d’urto delle onde allo scopo di produrre energia elettrica. Di seguito figurano altre descrizioni di apparecchiature idrauliche atte ad offrire  notevoli risultati. Tra tutte a mè risulta notevole la soluzione già proposta anni addietro e che prevedeva di risolvere il grave problema della insufficiente alimentazione idropotabile dell’Isola d’Elba tramite la costruzione di un grande serbatoio/galleria sotterraneo in grado di  accumulare durante i periodi autunno-invernali-primaverili l’eccesso d’acqua per renderla disponibile nella successiva estate caratterizzata da una grande richiesta idropotabile cui si contrappone sistematicamente una diminuita disponibilità estiva di tale prezioso elemento a causa della siccità ricorrente.

 

Sezione della barriera frangiflutti marini con produzione idroelettrica

Alcuni degli articoli trattano il problema fognario con particolare riguardo allo smaltimento delle acque bianche reso molto spesso difficoltoso dalla presenza di fognature di tipo misto in territori nei quali necessiterebbe invece la presenza di reti di tipo separativo. Vengono illustrate alcune sperimentate modalità per passare dall’uno all’altro sistema anche in centri abitati di una certa importanza consentendo la permanenza temporanea di ambedue i sistemi senza alcun intralcio per la normale attività cittadina.

 

La croce di Malta rappresenta molto efficacemente il cinema a pellicola di un tempo

Il terzo settore del sito descrive, senza alcuna pretesa letteraria, dei ricordi di vita passata dei paesi abitati dall’autore durante e subito dopo il periodo bellico e quindi con annotazioni piacevoli e ricordi che vale la pena di non disperdere. Sempre in tema storico si descrivono più avanti nel sito eccezionali attrezzature di lavoro così diverse da quelle attuali restando anche per esse valido il preoccuparsi di mantenerne il ricordo.

 

Un settore ritenuto importante dall’autore è quello delle idee in genere perché presenta soluzioni di problemi vari non ancora sperimentate ma che destano curiosità oltre alla speranza che possano contribuire al miglioramento della normale vita cittadina, Tra tutte si cita come esempio la possibilità che, nell’attesa di metodi sofisticati ed ormai in via di attuazione reale, si possa far percepire ai non vedenti delle immagini che potrebbero offrire un ausilio importante a chi è affetto da una menomazione così grave.

Un particolare riguardo è riservato all’edilizia esaminandone alcune strutture del tutto speciali ed al tempo stesso alcune altrettanto eclatanti modalità pratiche di lavorare. Di seguito sono trattati alcuni gravi problemi della città di Mestre legati alla salvaguardia dai frequenti allagamenti che vi si verificano­.

Uno straordinario leggio costruito da un artigiano artista

Gli ultimi due settori si allontanano dalla tecnica che forma l’oggetto precipuo del sito per raccontare le opere d’arte che qualche artigiano favoloso sa ancora costruire a partire da veri violini di cui viene raccontata la storia fotografica ed a fine costruzione la prova d’uso del violino da parte di un violinista della Fenice di Venezia onde certificare che non si tratta di oggetti puramente decorativi ma perfettamente funzionanti .

 

La prova pratica di musica suonata con il violinio appena cotruito

 

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RETE MISTA A GRAVITA’ E SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

 

Rete montana.

Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità
Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità con integrazione a solevamento meccanico

 

Rete montana,

Allorquando le fonti poste a quota elevata  non presentano una producibilità sufficiente per far fronte alle punte di consumo dell’utenza, si deve per forza ricorrere all’integrazione di portata da fonti poste a quote inferiori o comunque ad acqua di altra origine che deve essere sollevata meccanicamente per essere immessa nelle reti in argomento le quali, per assunto di base, sono reti di tipo montano e come tali altimetricamente elevate. Presupposto di base, in tali casi, è quello di privilegiare l’utilizzazione dell’acqua prodotta dalle fonti in quota atte, come ripetutamente detto, ad evitare ogni consumo di energia elettrica, nel mentre la rete di distribuzione deve, anche in questo caso, rientrare nel tipo indicato come rete ideale nel capitolo “rete montana funzionante a gravità”  (vedi schema idraulico in calce) in quanto rappresenta una razionale soluzione dei relativi problemi. La particolare e già descritta costituzione della rete di distribuzione offre, anche nel caso delle reti miste di cui qui si discute, notevoli vantaggi nel sollevamento della portata integrativa in quanto quest’ultimo può essere relativamente modesto poiché ci si può limitare ad immettere l’intera portata integrativa nelle reti secondarie di distribuzione poste alle quote più basse, contenendo quindi la prevalenza entro valori minimali. Trattandosi di acqua sollevata meccanicamente gli impianti di pompaggio sono del tipo a pressione variabile asservita alla pressione di rete rilevata nei punti caratteru’istici della rete e trasmessa in tempo reale all’impianto di telecontrollo. Ovviamente tutta l’acqua distribuita a gravità viene riservata per intero alle reti secondarie superiori e solo l’eventuale eccedenza a quelle inferiori. In questo senso un importante contributo può derivare dall’utilizzazione di serbatoi regolati a livello imposto ora per ora in quanto consentono di limitare  l’intervento delle pompe suppletive ai soli periodi di insufficienza delle fonti a gravità. Da rilevare invece come il metodo di regolazione con galleggianti, attualmente molto diffuso,  non esclude l’intervento delle pompe anche nelle  giornate in cui la portata immessa a gravità dovrebbe essere sufficiente a coprire il fabbisogno ma invece non lo è perché i galleggianti impongono la messa in moto delle pompe tutte le volte che i livello dei serbatoi cominciano a diminuire-

Schema rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione)
Esempio di rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione) efunzionante interan’ìmente  a gravità

 

I GRANDI TEMI CHE ASSILLANO LA MODERNA SOCIETA’

1) PREMESSA

Sono molti i problemi di base che la Società Italiana deve affrontare senza che, alla luce delle attuali conoscenze, se ne intraveda soluzione. Ne cito alcuni: Il reperimento di energia, l’approvvigionamento idrico, lo smaltimento dei rifiuti urbani, il condizionamento termico degli edifici, i trasporti urbani ed extra urbani, l’inquinamento atmosferico ed idrico ecc. ecc. L’attenzione generale, invece di essere rivolta verso una loro risoluzione valida, viene sempre più spesso dirottata verso aspetti marginali. Ne deriva che la attuale situazione di stallo è destinata a durare a lungo.
Elencherò alcune peculiarità iniziando da un settore che conosco meglio degli altri e cioè l’approvvigionamento idrico. Altri argomenti, anche se molto importanti, costituiscono materia specialistica che chi scrive conosce solo superficialmente. Di essi sarà quindi riportato un breve accenno al solo scopo di richiamarne la memoria.

 

2) L’APPROVVIGIONAMENTO IDRICO

E’ noto come alcune regioni italiane soffrano di sistematiche crisi idriche che riguardano sia l’approvvigionamento di acqua potabile sia di quella ad uso industriale, artigianale e di irrigazione. La cura che viene generalmente proposta consiste nell’economizzarne l’impiego. Ed ecco una fioritura di accessori e di regole che vengono consigliate a tutti i cittadini. “Applicate ai vostri rubinetti il rompigetto, usate la doccia evitando di fare il bagno in vasca, lavate l’automobile con un secchio, non lavate la verdura con getto continuo, riutilizzate le vostre acque di scarico ecc ecc.”. Riguardo l’altra piaga sempre presente negli acquedotti italiani e cioè le perdite occulte dalla quale deriva una dispersione di quasi il 50% dell’acqua prodotta, l’unico provvedimento invocato è il rifacimento pressoché totale degli acquedotti obsoleti.
Si tratta di interventi di scarsa efficacia quelli relativi al risparmio idrico, o, a causa del costo elevatissimo, difficilmente attuabile il secondo relativo al ripristino delle reti. I problemi devono invece essere risolti alla radice intervenendo innanzitutto nei punti per i quali è impegnata la maggior parte della risorsa idrica disponibile, e, prima tra tutti, l’irrigazione agricola. Ad esempio se si esamina in dettaglio l’irrigazione a pioggia, si nota come essa sia fonte di dispersione per evaporazione di grandi volumi idrici cui si può efficacemente ovviare optando per metodologie più razionali che consentano di addurre l’acqua goccia a goccia fino alle radici delle piante.
Molto importante anche la razionalizzazione degli acquedotti a servizio delle zone industriali.
Per quanto concerne poi l’acqua potabile, tra i molteplici interventi da proporre sussiste la regolarizzazione della pressione di esercizio che, da sola, oltre che al risparmio energetico, consentirebbe soprattutto di dimezzare le ingenti perdite occulte che accusano gli acquedotti italiani. Come faccio rilevare in altra parte del sito ( v.artIcolo ” LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE NELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE – L’ESPERIENZA BRASILIANA” ) queste modalità di intervento che in altre nazioni stanno offrendo risultati molto importanti, in Italia sono scarsamente adottate, nel mentre ci si perde nel proporre rimedi, come quello del risparmio individuale, i cui benefici sono veramente modesti.
Un altro elemento determinante, di cui si parla, è rappresentato da una efficiente strategia di accumulo e di conservazione dell’acqua che in natura è presente in gran quantità nei periodi piovosi e che, in tale occasione, è per lo più dispersa per ruscellamento diretto o per evaporazione. Allo scopo non bisogna limitarsi ai bacini artificiali tramite dighe di ritenuta ormai di difficoltosa realizzazione per svariati fattori tra cui il grave impatto ambientale, la dispersione idrica che li caratterizza e soprattutto per la mancanza di spazi adatti alla loro costruzione in Italia, ma occorre invece studiare e realizzare sistemi nuovi inerenti soprattutto l’accumulo d’acqua nel sottosuolo dove essa trova l’ambiente ideale per rimanervi a lungo senza subire o provocare danni di sorta. Tra le possibili soluzioni cito per prima la ricarica forzata della falda, già adottata all’estero, grazie alla quale è possibile iniettare nel sottosuolo e durante i periodi di grandi piogge, ingenti volumi idrici per poterli utilizzare quando serve ed anche in luoghi molto lontani come ubicazione e come periodi di tempo da quelli di captazione.
Per secondo segnalo la necessità di ricavare nel sottosuolo grandi capacità di accumulo. Un esempio è quello visibile nell’art. “Un grande serbatoio sotterraneo per spegnere la grande sete dell’Isola d’Elba”proposto dal sottoscritto e che consiste in una galleria/serbatoio del diametro di 10 metri e della lunghezza di 25 Km. avente un volume utile di ben 2,5 milioni di mc.
Un’altra modalità di accumulo e di reperimento di grandi volumi idrici è basata sugli sbarramenti mobili delle foci dei fiumi più importanti d’Italia. Come descritto nell’omonimo articolo visibile su questo stesso sito, la creazione di grandi bacini golenali di foce renderebbe disponibili ingenti volumi idrici con garanzia di salvaguardia dalla risalita del cuneo salino e senza depauperare il fiume delle necessarie portate d’alveo.
Sussiste anche la possibilità di creazione di grandi bacini di accumulo sotterraneo da farsi mediante diaframmi di impermeabilizzazione di vaste aree.
Interventi di altro tipo volti allo stesso scopo consistono nella riutilizzazione delle acque reflue convenientemente trattate ed immesse nelle reti di distribuzioni irrigue o industriali. Per ottenerne un valido risultato bisogna però riorganizzare i sistemi di raccolta e trattamento delle acque reflue cittadine favorendo i sistemi unificati per territori molto estesi e con fognature di tipo separativo aventi immissione diretta delle acque di pioggia nei fiumi ed il collettamento di quelle nere in grandi impianti regionali o comprensoriali atti ad una depurazione spinta delle acque che ne consenta l’utilizzazione agricola ed industriale. La presenza di fognatura per acque nere separate da quelle bianche garantisce una notevole disponibilità d’acqua nei periodi siccitosi che sono quelli di massima criticità. Le acque reflue dipendono infatti dal servizio di approvvigionamento idropotabile che, grazie alle proprie capacità di produzione e di accumulo d’acqua razionalmente concepite come prima indicato, deve essere in grado di fornire all’utenza tutta l’acqua che le serve anche in presenza di siccità eccezionale.
Un ulteriore provvedimento dal quale si possono ottenere importanti benefici è l’integrazione tra diversi sistemi di produzione e distribuzione d’acqua con interscambio di portate da una regione all’altra. Una ipotesi di unificazione spinta tra sistemi di distribuzione idrica italiani è quella descritta nell’art. “Viaggio fantastico nell’utopia dell’acqua” visibile nel sito citato e che traccia delle ipotesi di unificazione di poco probabile fattibilità ma che ha il pregio di sottoporre all’attenzione il problema in oggetto e di sollecitarne la discussione.

La breve disamina sopra riportata di alcuni dei provvedimenti che ad avviso di chi scrive potrebbero contribuire notevolmente alla risoluzione dei problemi che assillano il rifornimento idrico in Italia, dà una chiara idea della vastità dei temi da affrontare e dell’importanza dei risultati che si potrebbero ottenere dagli interventi proposti. Faccio anche rilevare come il risparmio idrico tanto auspicato non possa invece che effettuare una azione modestissima anche perchè, se da un lato diminuisce i consumi reali degli utenti dell’acquedotto, dall’altro lato provoca un aumento della pressione di rete cui corrisponde un notevole aumento delle perdite occulte, aumento che finisce per annullare in parte i benefici.
L’altra obiezione che viene avanzata ed in base alla quale adottando in toto le misure di risparmio idrico si otterrebbe una notevole diminuzione delle bollette che gli utenti devono pagare agli enti gestori per le forniture d’acqua al loro domicilio, è anch’essa fasulla in quanto la diminuzione generalizzata degli importi delle bollette provocherebbe una indispensabile delibera di aumento degli importi unitari per ogni metro cubo d’acqua consumata a cui dovrebbero inevitabilmente ricorrere gli Enti Gestori per evitare il deficit di bilancio che, in caso contrario, deriverebbe dai diminuiti consumi.
In definitiva lasciamo che l’utente usi, ovviamente senza sprecarla, tutta l’acqua che gli serve per i consumi normali ed anche per quelli straordinari come annaffiamento di piccoli giardini, il lavaggio saltuario delle macchine ecc. ecc. e risolviamo i problemi alla radice ponendo molta attenzione ai grandi numeri. Ne risulterà un notevole aumento del benessere generale, l’eliminazione delle crisi idriche gravissime che interessano intere regioni sopratutto al Sud dell’Italia, e ne deriveranno anche dei servizi efficienti e remunerati e, anch’esso fondamentale, un bilancio idrico nazionale positivo.

 

3) ENERGIA DI BASE

Uno dei problemi essenziali dell’Italia dei nostri giorni è senza alcun dubbio quello del reperimento di energia a prezzi contenuti ed in grandissima quantità in modo da far cessare o diminuire sensibilmente la nostra dipendenza dal petrolio che sta mettendo a dura prova l’intera economia del mondo occidentale.
Anche in questo campo noto un proliferare di opinioni, a mio modo di vedere, completamente errate.
Si auspica il ricorso alle energie alternative come quelle eoliche, solari, o alle biomasse con le quali, si dice, si potrà approvvigionarsi di ben il 20-30% del quantitativo di energia elettrica oggi necessario, praticamente senza nulla spendere e, sopratutto, senza provocare alcun danno all’ambiente. Non si tiene conto che per la vera risoluzione del problema occorre incrementare l’attuale disponibilità di almeno quattro o cinque volte! Tale è il quantitativo reale di energia di nuovo tipo di cui bisognerebbe disporre per poter sostituire gli attuali smisurati consumi di petrolio ovviamente previa trasformazione di tutte le apparecchiature che per funzionare abbisognano del petrolio o dei suoi derivati (automobili, impianti di riscaldamento, trasporti urbani ed acquei ecc.) predisponendole per l’alimentazione elettrica .
Per raggiungere tale ambizioso risultato occorre trovare una nuova fonte energetica che, alla luce delle attuali conoscenze e nonostante tutti i rischi, non può essere intravista che nel nucleare fatta salva la necessità di sempre più accurati controlli sulla sicurezza e sopratutto uno smaltimento delle scorie sempre più efficace.
Senza entrare in questo campo specialistico è invece da segnalare la necessità di trovare nuovi modi di accumulo dei grandi quantitativi di energia di supero al fine di poterla usare nei periodi critici. Attualmente l’unico sistema effettivamente realizzato è quello degli impianti idroelettrici reversibili con due bacini idrici sovrapposti la cui funzione di normale produzione di energia elettrica si alterna a quella di stoccaggio di grandi volumi d’acqua che, sfruttando i cascami di energia, viene ripompata nel bacino superiore. Si tratta però di sistemi a scarso rendimento e di difficile costruzione.
In questi ultimi anni, l’incessante aumento di prezzo del petrolio ha favorito la ricerca di nuovi rivoluzionari sistemi di accumulo di energia che sicuramente finiranno per giungere a buoni risultati. Si tratta di un campo altamente specialistico per cui mi sento solo di dire come il settore nel quale sembra di più probabile successo sia quello inerente l’idrogeno. Da quello che posso capire, con tale sistema si arriverà a trasformare direttamente in idrogeno tutta l’energia elettrica di esubero. L’idrogeno, una volta immagazzinato in appositi contenitori, resterà disponibile per essere ritrasformato in corrente elettrica al momento del bisogno. Si proclama ad alta voce che sarà questa la risorsa che vedrà proliferare gli impianti eolici e solari in quanto sarà allora eliminato il difetto principale di tali impianti e cioè la loro aleatorietà temporale. Quello che si auspica è quindi una massiccia diffusione di impianti che producono non importa quando ed anche con intensità aleatoriamente variabile, grandi quantitativi di corrente elettrica da trasformare, seduta stante, in idrogeno da distribuirsi ai vari consumatori con quei mezzi che la tecnica saprà trovare per coprire qualsivoglia fabbisogno energetico. Chi scrive è dell’avviso che non sia questa la strada da seguire e che, sempre per il motivo già indicato, sia sbagliato pensare di soddisfare l’enorme fabbisogno futuro di energia tramite migliaia e migliaia di piccole fonti. Bisogna invece puntare su poche, ad esempio al massimo su una decina, mega centrali che funzionando ininterrottamente 24 ore su 24 ed a intensità assolutamente costante, producano ognuna enormi quantitativi di energia elettrica destinata a soddisfare, a costi specifici molto contenuti, direttamente il fabbisogno italiano istantaneo nel mentre con l’energia di supero dei periodi notturni o comunque di scarsa richiesta, venga prodotto idrogeno da destinare a riserva energetica ed agli altri innumerevoli impieghi oggi soddisfatti da accumulatori, da pile elettriche, da motori a scoppio, da bombole a gas metano ecc. Solo seguendo concetti di grande respiro come quest’ultimo si potrà, a mio avviso, vincere la grande sfida energetica.
Chiudo l’argomento riportando quello che stà succedendo in Germania dove si è da anni deliberato di promuovere intensamente le energie alternative e soprattutto quelle eolica e solare.
Ebbene in tale nazione si sono costruite moltissimi impianti di tale tipo e molti altri sono oggi in corso di realizzazione e di progettazione. Sull’argomento ci sono innumerevoli pubblicazioni, in gran parte redatte da enti e privati che ne ritraggono un interesse diretto, e che ne confermano la validità. Sussistono però altre prese di posizione totalmente contrastanti. A mè risulta che ci si stà ora accorgendo come la descritta intensa attività germanica, lungi dal produrre i benefici sperati in quanto l’energia prodotta è più cara di quella che si potrebbe acquistare all’estero come stà facendo l’Italia, è giustificata solo dal rilevante contributo che lo Stato tedesco stà dando ai produttori, agli installatori ed ai gestori degli impianti eolici e di quelli solari. Si tratta di un grande bluff che si dissolverà non appena si avrà il coraggio di ammettere l’errore commesso confermando in toto la necessità di intraprendere la strada prima quì indicata.

 

4) RISCALDAMENTO E CONDIZIONAMENTO EDIFICI

Anche in questo settore non manca chi esalti la diffusione, già in atto, di piccoli impianti di riscaldamento individuali a gas, erroneamente ritenuti i più economici.
Pur non avendo una competenza specifica mi sento di affermare come una razionale soluzione del problema vada invece in una direzione diametralmente opposta e cioè verso l’attuazione di impianti centralizzati di grandi dimensioni dotati di poche centrali di produzione e distribuzione in aree abitate molto vaste. Tali centrali dovrebbero essere abbinate ad altri servizi dei quali poter sfruttare il calore in esubero. Ad esempio i grandi impianti di produzione di energia elettrica, quelli di trattamento dei rifiuti urbani, quelli di produzione dell’idrogeno e molti altri simili hanno bisogno di refrigerare le loro apparecchiature con sistemi che attualmente dissipano enormi quantitativi di calore i quali potrebbero invece essere riutilizzati per il teleriscaldamento di interi quartieri. In subordine gli impiantini individuali dovrebbero essere sostituiti da quelli centralizzati condominio per condominio più facili da controllare, meno inquinanti e meno dispendiosi. In ogni caso, se fosse realistica la disponibilità di grandi quantitativi di energia elettrica a basso costo di cui si è parlato al cap. 3, resta imprescindibile la eliminazione di tutte le caldaie del riscaldamento domestico oggi basate su petrolio e relativi sottoprodotti e loro sostituzione con apparecchiature elettriche, meno costose, più sicure e meno inquinanti.

 

5) TRASPORTI URBANI, INTERURBANI E MERCANTILI

Sono ben noti gli interventi da tutti auspicati per la risoluzione di questo scottante problema e cioè la trasposizione del trasporto mercantile e personale da gomma a ferrovia, la messa in servizio di linee ferroviarie urbane (metropolitane) ed interurbane (alta velocità , grandi corridoi su binario ecc.). Gli interventi posti effettivamente in atto sono volti soltanto a rimediare agli alti tassi di inquinamento dell’aria, e consistono nella circolazione dei veicoli a giorni alterni in base alla targa o nel divieto assoluto di transito nei giorni di inquinamento dell’aria elevato ma sono solo dei palliativi senza risultati apprezzabili.
Un accorgimento a quanto mi risulta poco utilizzato, è quello del monitoraggio, automatizzazione semaforica e dei messaggi variabili che, se esteso a tutte le città importanti e razionalmente concepito e gestito, contribuirebbe notevolmente indirizzando opportunamente le correnti di traffico e tenendo sotto controllo l’inquinamento chimico ed acustico dell’aria.
Anche nel campo dei trasporti fluviali che potrebbero svolgere una importante azione moderatrice del costo della movimentazione delle merci, si è fatto ben poco. Ci sono delle idrovie costruite solo a metà per mancanza di un valido coordiamento di questo settore.

 

6) DISINQUINAMENTO AMBIENTALE

Oggi l’aria delle città è irrespirabile! Quali sono i provvedimenti adottati? La circolazione a targhe alterne ed il divieto assoluto di circolazione nelle giornate festive. Il risultato effettivo è stato quasi nullo. Anche in questo campo sono i grandi numeri che contano. Occorre operare delle importanti scelte di base: trasformare tutti gli impianti di riscaldamento degli edfici adottando, come detto al cap, 4 ‘il teleriscaldamento centralizzato di interi quartieri, privilegiando tecniche di recupero del calore dagli altri servizi oppure sistemi centralizzati e funzionanti a corrente elettrica o ad altra fonte di calore priva di emissioni inquinanti nell’atmosfera. Una profonda trasformazione deve essere operata sui trasporti diminuendo l’uso dei mezzi privati sia per la movimentazione delle merci che delle persone a favore di quelli pubblici cumulativi (treni, metropolitane, mezzi acquei ecc.). Per i mezzi privati e personali bisogna abbandonare completamente i propulsori con motore a scoppio adottando sistemi elettrici o ad altro propellente privo di emissioni dannose.

 

7) IL DISINQUINAMENTO DELLE ACQUE DEI FIUMI E DEL MARE

La costituzione degli ATO cioè degli ambiti territoriali ottimali ha dato inizio ad un’opera di unificazione e di razionalizzazione del ciclo completo delle acque che và dal rifornimento idrico al trattamento delle acque reflue.
La strada da compiere è però ancora molto lunga ed irta di difficoltà.

 

8) I PERICOLI DELL’ELETTROSMOG

L’errore compiuto in fatto di onde elettromagnetiche è quello di una preoccupazione eccessiva per i danni che deriverebbero dal sistema di comunicazione della telefonia mobile della quale non è assolutamente accertata la pericolosità nel mentre viene sottaciuto il problema vero delle linee di trasporto elettrico ad alta ed altissima tensione. La potenza che transita in quest’ultime è enorme ed è sicuramente fonte di gravi danni alle persone e alle cose che stazionano a lungo nelle aree circostanti. Si tratta di un problema reale che non è affatto visto nella sua giusta dimensione nel mentre, nonostante la loro enorme diffusione e lo smisurato uso, è dei telefonini e dei danni che provocano che si parla a sproposito organizzando convegni, creando comitati, bloccando l’installazione di antenne e relative centrali operative con una attività intensa, a mio avviso, per niente giustificata.

 

9) IL COORDINAMENTO DEI SERVIZI

I grandi temi di cui si è data una breve ed assolutamente incompleta indicazione, assieme ad altri cui non si è nemmeno fatto cenno ma che sono anch’essi determinanti (la salute pubblica, il sistema Bancario, la pubblica sicurezza, il sistema fiscale ecc. ecc,) non possono vivere se non integrandosi vicendevolmente tramite sofisticati sistemi di controllo e di scelta delle strategie che io non riesco nemmeno ad immaginare, tanto sono complessi. Riesco appena a rappresentare come non si possa, ad esempio, pensare ad una vera politica energetica senza riferirsi contemporaneamente al problema del rifornimento idrico, a quello dei trasporti e quindi alla salvaguardia dell’ambiente a sua volta legato con il trattamento delle acque reflue e con lo smaltimento dei rifiuti urbani, e così via per altri settori. Il tutto richiede una organizzazione che ne segua e ne coordini le direttrici principali.
A fronte di questi problemi mastodontici ma ai quali bisogna per forza far riferimento, balza agli occhi l’inconsistenza delle soluzioni realmente in programma e prima indicate con le quali ci si perde per costruire veri e propri castelli che, oltre che in aria hanno una valenza secondaria destinata solo a dissipare tempo e denaro senza in pratica risolvere nulla.

 

10) CONCLUSIONE

Si sono descritti a grandi linee alcuni servizi determinanti il futuro della moderna società facendo rilevare la necessità di affrontarne i problemi alla radice, coordinandoli ed integrandoli l’uno con l’altro.
Dal confronto con le azioni effettivamente intraprese, viene messa in risalto la assoluta incapacità di risoluzione e la contemporanea e deleteria distrazione di mezzi e attività verso traguardi alternativi di poca o nessuna efficacia.

 

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IL SOTTOSUOLO COME VALIDA RISORSA NELLA RISOLUZIONE DELLA IMMINENTE CRISI IDROPOTABILE

Il sottosuolo per grandi accumuli iodrici

 

La crisi idrica che si profila ad un orizzonte non molto lontano sollecita soluzioni valide. Quelle che vanno oggi per la maggiore sono il risparmio dell’acqua disponibile e l’aumento della produzione delle fonti.
In tema di risparmio idrico alcuni dei provvedimenti sempre più spesso raccomandati sono fatalmente destinati ad ottenere risultati del tutto esigui. Infatti non si tiene presente un fattore determinante e cioè la diretta dipendenza delle perdite occulte degli acquedotti con la pressione di esercizio degli stessi che fa sì che, quand’anche la gran parte degli utenti praticasse una rilevante economia dell’acqua consumata, la minor portata delle condotte di rete finirebbe per incrementare la pressione e quindi le perdite annullandone in parte i benefici. A fronte dei risultati così modesti si devono rilevare i disagi per la popolazione ed il minor introito economico degli enti di gestione il cui bilancio deve comunque risultare in pareggio. Senza entrare in dettaglio in un argomento così vasto e complesso, si auspica che i futuri sistemi di approvvigionamento idropotabile siano invece in grado di fornire all’utenza l’acqua di buona qualità senza imporre limitazioni di consumo d inoltre senza dover ricorrere a sistemi speciali e costosi come ad esempio quello inerente la potabilizzazione di acque marine o di quelle reflue delle fognature. A tale scopo viene quì proposto un intervento di sicura efficacia e ancora sottovalutato e cioè il semplice accumulo in grandi e grandissimi serbatoi dell’acqua potabile prodotta in eccesso durante i periodi di bassa richiesta dell’utenza. Viene così resa possibile una buona compensazione plurimensile delle portate che può aggiungersi alla compensazione giornaliera generalmente adottata nella maggior parte degli acquedotti italiani con risultati totalmente diversi.

È ben noto che, sia nella producibilità delle fonti e sia nella richiesta di quel bene prezioso ed essenziale che è l’acqua, sussistono dei consistenti sfasamenti temporali dovuti alle forti escursioni di portata non solo delle fonti che normalmente alimentano gli acquedotti e cioè sorgenti, falde e corsi d’acqua soggette inevitabilmente alla aleatorietà del tempo atmosferico ma anche della richiesta idrica dell’utenza. I due fenomeni sono nettamente contrapposti in quanto è proprio quando difettano le fonti che aumentano le richieste facendo viepiù rilevare l’importanza dei grandi accumuli per la risoluzione dei problemi che vi si verificano.
Una modalità molto efficace di accumulo di rilevanti volumi idrici è quella dei bacini artificiali d’alta montagna che nei tempi andati erano ottenuti tramite dighe di ritenuta. Si tratta però di opere che non si possono più realizzare per molteplici ragioni tra cui la mancanza di aree adatte, i danni ambientali che ne derivano, le perdite d’acqua causate dall’evaporazione, il progressivo interrimento dei bacini, la possibilità di franamento delle sponde ecc. ecc.
Le altre possibilità di realizzare grandi accumuli in superficie si limitano ai serbatoi in cemento armato ma, pur con il progressivo miglioramento della tecnica edilizia, l’invaso massimo che si riesce a realizzare in questo modo può essere stimato in circa 200000 mc che sono del tutto insufficienti per gli scopi di cui si discute.
Esaurite le usuali possibilità di realizzare rilevanti invasi idrici nel terreno non resta che passare al sottosuolo che presenta in tale campo favorevolissime condizioni. Si noterà come sono molti i settori del moderno vivere civile che hanno trovato sottoterra la condizione ideale per ubicarvi importanti sevizi. Tale tecnica ha permesso di dotare le grandi città delle ferrovie metropolitane che rappresentano senza dubbio il miglior sistema di trasporto urbano. Nel campo dello stoccaggio di materiali e mezzi d’opera eccellono i garage per autovetture ed i magazzini anche di grandi dimensioni ed i locali accessori in genere. Nelle grandi metropoli sono molti gli esempi di ubicazione nel sottosuolo di locali a usi multipli. Tra tutti si segnala quella sorta di tempio dello shopping su quattro livelli che è il modernissimo Forum des Halles di Parigi con negozi, ristoranti, piscina, giardini, fontane e la più grande stazione metropolitana della capitale francese. Al centro vi si trova addirittura una piccola piazza con monumento centrale: il tutto è stato ottenuto scavando l’area un tempo occupata dai magazzini generali.

Il Forum des Halles di Parigi: una piazza con negozi, piscine, ristoranti interamente ricavata nel sottosuolo

Nel campo dei servizi idrici non si possono tralasciare gli interventi posti in essere sotto terra dalla città di Como per trasferirvi gli impianti di stoccaggio e trattamento delle acque potabili e di quelle di fognatura liberandone totalmente il territorio urbano.

E’ da rilevare come la caratteristica di vitale importanza degli strati profondi della terra sia quella di costituire da sempre l’ideale mezzo di accumulo di ingentissimi volumi d’acqua che, raccolti a seguito degli eventi atmosferici, vengono successivamente e progressivamente restituiti al suolo per alimentare fiumi, falde, sorgenti ecc, in definitiva per consentire la sopravvivenza di piante, animali ed esseri umani. Accumularvi artificialmente rilevanti volumi d’acqua potabile, come viene proposto in questa nota, rappresenta pertanto la continuazione di un procedimento naturale con tutti i vantaggi che gli sono propri e che si rivelano particolarmente utili per la risoluzione della carenza idrica di cui si è detto.

Tra tutte le possibilità si cita in primo luogo una tecnica che sta dando buoni risultati è cioè la ricarica artificiale di falda consistente nell’immissione forzata nel sottosuolo di grandi volumi idrici durante i periodi di piogge intense allo scopo di poterne molto efficacemente usufruire in tempi ed in luoghi diversi ed anche molto lontani.

In secondo luogo, rinviando la trattazione della tecnica di ricarica di falda alle molte pubblicazioni degli specialisti della materia, si vuole specificatamente parlare di grandi bacini ricavati nel sottosuolo con diverse metodologie, ancora poco utilizzate ma dalle quali deriveranno in futuro, in maniera del tutto analoga, sicuramente dei grandi benefici.

Il primo esempio di grande bacino sotterraneo prende spunto dal lavoro del prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” visibile anche su internet , che è basato sulla realizzazione di un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo nell’Isola d’Elba mediante una tecnologia che potrebbe benissimo essere adottata in molti altri casi. Si riportano nel seguito ed in sunto le sue modalità d’uso e le possibilità offerte in particolari situazioni territoriali.

 

tracciato galleria serbatoio Elba
Veduta del serbatoio-galleria progettato per l’Isola d’Elba ma non realizzato
Sezione tipo del serbatoio – galleria per l’Isola d’Elba

Si verifica sovente che una vallata anche molto ampia sfoci nel mare essendo costituita da sponde impermeabili profonde sulle quali si sono depositati attraverso i secoli, grandi quantità di ghiaie o di materiali sabbiosi comunque permeabili e che si elevano verso l’alto fino a costituire delle grandi pianure. In tali luoghi, pur essendo presenti nel sottosuolo delle ricche falde alimentate da bacini imbriferi di grande estensione, non è possibile prelevarvi acqua per usi potabili in quanto vi si verifica l’invasione di acqua salata, nel mentre tutta l’acqua dolce che vi transita si scarica inutilizzata a mare. Una buona soluzione potrebbe consistere nella costruzione, lungo il bordo del mare, di un diaframma impermeabile del tipo di quello prima citato che, spinto fino ad incastrarsi nello strato impermeabile profondo, sarebbe atto ad isolare idraulicamente la vallata dal mare stesso e a realizzarvi un enorme bacino sotterraneo nel quale si raccoglierebbero tutte le acque di monte senza possibilità alcuna che abbiano a disperdersi in mare nel mentre sarebbe impedita la risalita del cuneo salino che le rende oggi inutilizzabili. Si tratta quindi di una ottima possibilità per rendere disponibili grandi masse d’acqua ad uso degli acquedotti.

Una fresa per lo scavo ed il rivestimento delle gallerie in roccia

Un secondo modo di realizzazione nel sottosuolo di imponenti volumi di invaso d’acqua potabile è l’utilizzazione di un’opera normalmente usata per altri scopi e specialmente per il transito dei mezzi di trasporto, e cioè una galleria scavata nella roccia e che si presta benissimo per raccogliere e conservare al fresco, al buio e al riparo dai raggi del sole ingenti quantità di acqua. Sussistono numerosi esempi di gallerie/serbatoio utilizzate da anni con risultati ottimi (vedi figure qui sotto ) e tra di questi anchehttps://www.altratecnica.it/un-maxi-serbatoio-per-l-acquedotto/roposta avanzata da chi scrive per la risoluzione dei problemi idropotabili dell’Isola d’Elba ed il cui progetto di massima è visibile in questo sito .

 

Esempi di serbatoio-galleria.: i serbatoi esistenti di Aby (Torino) e di Napoli .

I vantaggi offerti da opere di questo genere sono molteplici e consistono nella possibilità di drenare aree molto vaste grazie alla notevole estensione longitudinale della galleria che consente di raggiungere fonti molto distanziate e nel poter alimentare, in caso sia possibile costruirla ad una opportuna quota altimetrica, una gran parte del territorio direttamente a gravità. La caratteristica più saliente del serbatoio/galleria resta comunque il suo notevole volume utile che consente di conservare per i periodi di grande scarsità idrica generalmente dovuti alla siccità, le acque che precipitano abbondantemente durante le stagioni piovose e poter quindi far fronte ai fabbisogni che aumentano notevolmente in particolari occasioni come ad esempio per l’aumento della presenza turistica in coincidenza con le siccità estive. Vi si deve aggiungere che la moderna tecnica costruttiva consente di scavare in terreni di qualsiasi natura e di rivestire con materiali appropriati gallerie di grande sezione in maniera rapida, sicura ed economica. La tecnica consente anche l’ulteriore vantaggio di poter captare le eventuali falde che si incontrano nel tracciato della galleria come pure quella di escluderle e di lasciare inalterata l’idrologia del territorio attraversato nel caso che le condizioni locali lo impongano.

Una terza possibilità di stoccare nel sottosuolo grandi volumi d’acqua potabile è data dalla costruzione di condotte adduttrici di diametro notevolmente maggiore di quello strettamente necessario per il trasporto della massa liquida. In situazioni particolari di lunghe condotte di adduzione che collegano le fonti alla rete di distribuzione senza grandi dislivelli altimetrici del suolo è possibile raggiungere tale risultato trasformandole in grandi contenitori sub orizzontali che oltre ad invasare grandi volumi d’acqua consentono anche apprezzabili economie energetiche date dalle minori perdite di carico che le caratterizzano.

Profilo schematico di un serbatoio-adduttore della lunghezza di 20 Km ed un volume utile di 2.000.000 di mc

Un esempio di adduzione-serbatoio è visibile nel sito prima citato e riguarda un progetto non realizzato e relativo alla costruzione del serbatoio di accumulo per l’acquedotto della città di Venezia.

 

Planimetria di serbatotio-adduttore per Venezia

 

Sezione tipo del serbatoio adduttore per Venezia

Per concludere positivamente questa breve nota si riportano alcuni concetti generali del resto già espressi in altri articoli di questo sito. I problemi che presenta l’approvvigionamento idropotabile italiano sono tutti di grande entità e non possono certamente essere risolti se non con interventi anch’essi imponenti e molto impegnativi per i costi e per le modalità da adottare. Vi figurano il rifacimento delle reti acquedottistiche obsolete, la riorganizzazione generale del sistema di approvvigionamento con acquedotti di ampia estensione studiati in funzione degli impianti di telecontrollo e telecomando che prevedano, tra l’altro, una regolazione diffusa della pressione di esercizio, una rete di collegamento tra i vari acquedotti che consenta facili interscambi di portata ecc. ecc. Tra gli interventi consigliati un posto di primo piano va anche assegnato alla compensazione plurimensile delle portate da attuarsi con grandi e grandissimi serbatoi di accumulo. Vista l’impossibilità di costruire tali opere in superficie è necessario rivolgere l’attenzione al sottosuolo che presenta, in questo senso, favorevolissime occasioni. Nell’articolo se ne descrivono alcune veramente interessanti. E’ questo un argomento molto importante più volte trattato da chi scrive ma che è stato qui ripreso per ampliarlo con i riferimenti ai vari articoli specifici e soprattutto per corredarlo di una utilissima relazione redatta da autorevoli studiosi per documentare l’opportunità di trasferire nel sottosuolo strutture di vario genere e tra di queste senza dubbio anche i grandi serbatoi di accumulo d’acqua potabile che formano l’oggetto specifico della presente nota.

ACQUEDOTTI ITALIANI : TRADIZIONI O ANOMALIE?

Acquedotti: tradizioni o anomalie?

1) PREMESSA

Le notizie diffuse su un problema essenziale come quello del rifornimento idrico in generale e specificamente su quello idropotabile si riferiscono sempre più spesso alla crisi incombente che lo porterà in primo piano per la sua gravità. Si invocano provvedimenti i più disparati come il risparmio del prezioso elemento, rifare le reti acquedottistiche al fine di ridurre le enormi perdite occulte che vi si riscontrano ma, ad avviso di chi scrive, si omette di spiegare con sufficiente chiarezza come la gran parte degli acquedotti italiani siano, nella realtà, affetti da mali che si vuole ignorare e che pertanto diventano impossibili da curare ed infine come molti di essi siano, con piena coscienza dei responsabili, concepiti con sistemi antiquati fonte di gravi inconvenienti. Sono queste anomalie che formano l’oggetto della presente nota. Alcune di esse sono meglio documentate negli articoli specifici del presente sito, ma fornirne qui un elenco che le raggruppa tutte assieme è comunque utile per disegnare un quadro sintetico ma realistico della situazione attuale.

2) DIFETTI SOSTANZIALI MOLTO DIFFUSI

La prima deficienza degli acquedotti italiani da menzionare è la endemica scarsità di apparecchiature di misura e controllo che li affligge in maniera inammissibile nonostante che, a tale riguardo, esistano precise disposizioni di legge. Moltissimi acquedotti sono privi dei più elementari mezzi di controllo delle portate e pressioni in gioco e, quando anche presenti, tali mezzi sono per lo più affetti da irregolarità dovute alla mancata manutenzione. Non è infatti raro imbattersi in strumenti che, funzionando da decenni senza essere mai stati assoggettati alle indispensabili operazioni di controllo e taratura, forniscono false informazione sui dati di esercizio reale così come esistono enti gestori che, per effettuare le determinazioni e le denuncie di legge, utilizzano dati estremamente aleatori come ad esempio la portata teorica di una pompa o quella, ancora più aleatoria, di un pozzo che da anni non vengono più sottoposti a verifiche di portata. Anche i contatori delle utenze private dopo una decina di anni dalla loro installazione non possono garantire dei buoni risultati e denunciano una inerzia iniziale che porta a trascurare tutti i piccoli prelievi. In conclusione sussiste molta incertezza sull’entità dei volumi d’acqua che il gestore consegna agli utenti nel periodo di fatturazione, ed in quelle immesse in rete sia totali periodo per periodo sia istantaneamente minuto per minuto: ne derivano inevitabili errori in tutte le determinazioni tecniche ed economiche di gestione degli impianti ed altresì nei dati diffusi dai giornali o in quelli posti in discussione da tecnici ed autorità.
Da questo disastrato stato di fatto deriva un danno ancora più grave e cioè la mancata determinazione, da parte di molti servizi acquedottistici, delle perdite d’acqua reali del sistema e quindi una gestione alla cieca degli impianti oppure, soluzione ancora più grave, un esercizio basato su dati fasulli che possono portare alla assunzione di decisioni importanti ma di nessun risultato pratico quando non siano addirittura dannose.
Passando ad un elemento importante come quello del controllo della pressione, non ci si rende conto quanto sia utile tenerla sotto controllo non solo nel punto iniziale della rete di distribuzione, come si usa fare nella migliore delle ipotesi, ma anche in tutti gli altri punti caratteristici della rete e delle condotte di adduzione! Opportuno quì ribadire il principio ben noto che attribuisce agli eccessi di pressione molti dei mali degli acquedotti, primi tra tutti le enormi perdite occulte accusate dalla gran parte degli acquedotti italiani.
Altre misure importanti sono quelle di controllo della qualità dell’acqua che non è sufficiente vengano effettuate solo in uscita dagli impianti di produzione ma invece devono essere diffuse in rete in modo da consentire il controllo di qualità continuativo in tutti i punti caratteristici del territorio servito .
La presenza delle apparecchiature sinteticamente descritte riporta la discussione su un altro tema importante e cioè sugli impianti di telecontrollo e telecomando centralizzati che ne costituiscono un utilissimo complemento. Molti acquedotti ne sono assolutamente privi, altri hanno impianti rudimentali che eseguono solo qualcuna delle funzioni che vi sono predisposte. Il fatto più eclatante è la assoluta mancanza, nella quasi totalità degli acquedotti, dell’uso vero delle apparecchiature in oggetto. Non si è capito che l’avvento dei moderni sistemi con possibilità di ricevere in tempo reale i dati reali di funzionamento dell’intero servizio idrico a partire dalle fonti per arrivare, passando per tutte le apparecchiature intermedie, fino all’ultimo utente, ed al tempo stesso di prendere in automatico le decisioni più appropriate, consente di concepire reti acquedottistiche diverse da quelle tradizionali. Nulla di tutto questo: si sono automatizzate le stesse operazioni che un tempo erano compiute manualmente ma lo schema di funzionamento degli impianti è lo stesso di 50 anni fa con volontaria rinuncia degli enormi benefici di cui si è detto e che la moderna tecnologia offre.
Un’altro gravissimo inconveniente che interessa tutta l’area italiana è la mancanza di una tutela vera dall’inquinamento delle falde che si sarebbe per tempo dovuta attuare intervenendo efficacemente, come prescrive la legge, in tutte le aree di protezione. Ne è derivata la necessità di sostanziali modifiche nelle varie captazioni con abbandono di falde ottime ed abbondanti per privilegiarne altre più sicure dal punto di vista sanitario ma di qualità e portata nettamente inferiori. Tipico esempio nel veneto la falda artesiana di una cinquantina di metri di profondità. Forniva enormi portate di ottima acqua fresca e la si è dovuta abbandonare sostituendola con prelievi a 300 e più metri di profondità di acqua peggiore e non altrettanto costante come portata.

3) LE ANOMALIE SPECIFICHE

La breve e senz’altro incompleta panoramica dei difetti più comuni degli acquedotti italiani inizia dalle fonti e particolarmente dai pozzi artesiani. In questo campo si sono commesse irregolarità di ogni tipo. Quelle più rilevanti sono la quasi totale mancanza di dati reali delle falde sia prima della costruzione sia successivamente durante il suo sfruttamento. Le conseguenze sono incredibili: pozzi che prelevano portate superiori alla disponibilità della falda con conseguenze gravi che in certi casi sono arrivate ai cedimenti del suolo. Pozzi che, per aumentare la portata emunta, pescano contemporaneamente da più falde aventi caratteristiche diversificate sia come qualità dell’acqua sia in fatto di pressione: a causa del collegamento diretto ha luogo il travaso dell’acqua dall’una all’altra falda con danni gravissimi. In altri casi si attua una continua opera di potenziamento ottenuta con tutti i mezzi possibili e cioè con aumento del pompaggio o del numero dei pozzi in funzione, potenziamento reso necessario dal continuo peggioramento della falda e dalla necessità di mantenere la portata in concessione. Si entra in un inarrestabile circolo chiuso che porta inevitabilmente alla crisi.
Una volta captata l’acqua è, di norma, immessa nei serbatoi di compensazione delle portate aventi cioè la funzione di accumulare l’acqua in esubero rispetto al fabbisogno per renderla disponibile durante i consumi di punta. Anche questa azione è generalmente scorretta. La stragrande maggioranza dei serbatoi sono regolati in funzione del livello di massimo invaso, raggiunto il quale la produzione viene sospesa o diminuita per essere ripresa quando il livello decresce. Si tratta di una regolazione trogloditica vista con favore dai gestori i quali ritengono che i serbatoi sempre pieni rappresentino una grande sicurezza di esercizio. Non si è invece capito che un funzionamento del genere, adottato nella stragrande maggioranza dei casi, annulla i benefici della funzione propria degli invasi per la gran parte delle giornate annue in quanto il serbatoio si svuota, collaborando efficacemente a migliorare il servizio, soltanto nei giorni di forti consumi, mentre in tutti gli altri casi, che sono la maggioranza, il serbatoio è sempre pieno e le fonti sono costrette a modulare la portata seguendo pedissequamente le richieste istantanee dell’utenza il che è come dire produzioni nulle la notte e massime nelle ore di punta. Al contrario una razionale utilizzazione delle capacità di invaso dei serbatoi consentirebbe di capovolgere tale stato di fatto mediando la produzione o, addirittura maggiorando la produzione notturna rispetto quella giornaliera con vantaggi per lo sfruttamento delle fonti e per il minor costo dell’energia elettrica notturna quando necessaria per l’emungimento.
Volendo parlare del trasporto dell’acqua dalle fonti al serbatoio di accumulo, che molto spesso è ubicato molto lontano, bisogna distinguere tre sistemi : a gravità quando le fonti si trovano a quote superiori della rete di distribuzione, a sollevamento meccanico nel caso contrario e misto gravità-sollevamento quando il dislivello è modesto ed è necessaria l’integrazione saltuaria delle pompe.
Le anomalie più notevoli si riscontrano nelle metodologie di pompaggio. Il problema da risolvere è dato dal fatto che la portata da sollevare non è costante ma varia in funzione delle richieste dell’utenza. In tali casi il sistema più diffuso di modulazione è quello già citato basato sull’azione del galleggiante presente nel serbatoio di arrivo che ferma la pompa a serbatoio pieno e la rimette in moto quando il livello comincia a calare. Un altro sistema più sofisticato di recente adottato è l’uso di pompe a velocità variabile che sono in grado di modulare la portata in funzione del livello del serbatoio di arrivo: la portata è massima a serbatoio vuoto per diminuire ai livelli alti dell’invaso. Ambedue i sistemi sarebbero da bandire perché, come già detto, riducono enormemente la funzionalità del serbatoio per seguire direttamente con la produzione la portata richiesta dall’utenza. Un funzionamento ottimale sarebbe invece quello, raccomandato dalla letteratura tecnica ma mai messo in pratica, che solleva 24 ore su 24 una portata costante e pari alla media giornaliera. Sono evidenti i vantaggi: sfruttamento continuo a portata più bassa e quindi ottimale delle fonti e minima perdita di carico delle condotte e quindi economia energetica di pompaggio.
Un metodo ancora migliore, a giudizio di chi scrive, sarebbe quello che, tutte le volte che le condizioni del momento lo consentono, pompasse di più alla notte che al giorno il che è attuabile con una diversa regolazione del serbatoio come ad esempio quella a livelli imposti ora per ora.
I difetti citati si accentuano nel terzo sistema di adduzione cioè in quello misto gravità/sollevamento meccanico. In questo caso si fa intervenire la pompa tutte le volte che la sola adduzione a gravità non ce la fa a coprire il fabbisogno e cioè quando ha luogo il calo del livello del serbatoio al di sotto di un determinato punto di guardia. Con i normali comandi a galleggiante che, come detto limitano la funzionalità del serbatoio tendendo sempre a mantenerlo pieno, si constata come anche nei giorni di bassi consumi per i quali sarebbe più che sufficiente la portata addotta a gravità, ha luogo ugualmente l’intervento giornaliero delle pompe in quanto esse tendono, come già spiegato, a mantenere il serbatoio pieno, mentre durante la notte l’acqua in arrivo a gravità è costretta a sfiorare.
Passiamo ora a discutere dell’elemento base degli acquedotti nel quale si riscontrano le anomalie più eclatanti: la rete di distribuzione. Si può affermare senza tema di smentita che in tutte le nostre case di abitazione, se servite direttamente dall’acquedotto senza interposizione di apparecchiature di regolazione individuale, si registra un fenomeno assurdo: di notte quando l’uso dell’acqua è limitatissimo si ha una pressione inutilmente elevata e di giorno, soprattutto nel momento di maggior bisogno, la pressione di consegna cala. Questo fenomeno, dovuto alla diffusissima ed errata consuetudine di porre in testa alla rete il serbatoio di carico, è causa di gravi mali, primo tra tutti un vertiginoso aumento notturno delle perdite occulte. Esempio classico di una concezione sbagliata delle reti di distribuzione è la presenza dei serbatoi pensili che dominano il panorama delle pianure italiane: opere costose, brutte, ingombranti, di scarsa utilità pratica e fonte, spesso, delle citate anomalie di esercizio. Molti di essi sono fuori servizio da anni, altri devono essere abbattuti.

Il serbatoio pensile di Marghera (Venezia). Un’opera mastodontica completamente inutile

I provvedimenti, nella realtà poco adottati, consistono prima di tutto nel funzionamento a pressione variabile della rete con asservimento alle pressioni rilevate in tempo reale nei punti strategici ed in secondo luogo nella regolazione della pressione della rete con valvole di modulazione anch’esse asservite alla pressione effettiva. Si tratta di metodi di sicuro successo ma poco citati dalle letteratura tecnica e poco usati dai gestori.
Un’ultima anomalia: l’improprio impiego delle pompe a velocità variabile. La caratteristica precipua di dette macchine è quella di poter variare sia la portata sia la pressione di pompaggio in funzione delle necessità contingenti. Esse quindi si prestano ottimamente nel caso sia necessario che ad un aumento della portata sollevata corrisponda anche un aumento della pressione di pompaggio. Caso tipico quello dell’alimentazione di una condotta molto lunga la quale ad ogni aumento di portata richiede anche una maggior pressione. Ma non sempre è così. Ad esempio nel caso di sollevamento dell’acqua da un serbatoio ad un altro posto immediatamente sopra, si ha una prevalenza di sollevamento pressoché costante anche al variare della portata ed in questo caso adottare le pompe a velocità variabile, come spesso si usa fare per la facilità di modulazione della portata innalzata, è un errore! Molto meglio, in questi casi caratterizzati da prevalenza costante, usare pompe tradizionali a giri fissi meno costose e di migliore rendimento.

4) CONCLUSIONI

Si è fatta una breve disamina di alcuni dei gravi difetti di costituzione e di gestione presenti negli acquedotti italiani e dovuti ad un tempo alla tecnica troppo tradizionalista dei progettisti e dei gestori, ed inoltre alle false indicazioni della letteratura tecnica e ad una istruzione anch’essa sorpassata impartita ai tecnici ed agli ingegneri durante i loro studi. Nella breve nota, alla descrizione delle anomalie macroscpiche, fa seguito un accenno di alcuni rimedi. Maggiori dettagli e dimostrazioni possono essere letti in altre parti del presente sito.

INCONGRUENZE E MANCHEVOLEZZE DELLA LETTERATURA TECNICA IN TEMA DI ACQUEDOTTI

1. PREMESSA

L’analisi delle pubblicazioni tecniche riguardanti la materia “acquedotti” conduce, a giudizio di chi scrive, a due conclusioni nettamente contrapposte. Da un alto emerge che molti dei concetti di base ripetutamente conclamati sono da considerarsi ormai superati dalla moderna tecnica acquedottistica. Ne sono la riprova i molti acquedotti realizzati secondo modelli totalmente diversi da quelli classici e che, ciononostante, funzionano da tempo con ottimi risultati sia tecnici che economici.
Il secondo aspetto è quello concernente gran parte delle recenti ricerche scientifiche che sono da considerarsi, invece, come troppo distaccate dalla realtà. Si tratta di un’ampia produzione di nuove metodologie, studi, formulari ecc. ecc. da cui si dovrebbero ritrarre notevoli vantaggi reali ma che, invece, restano solo delle mere esercitazioni teoriche con scarse applicazioni pratiche.
Scopo del presente lavoro è la documentazione degli inconvenienti citati e la ricerca di un possibile rimedio.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

A dimostrazione di quanto precede si riportano degli esempi tratti da esperienze dirette di gestione e catalogati in base alla appartenenza all’una o all’altra delle due categorie citate. Alcuni di essi sono già stati in dettaglio illustrati in altri lavori redatti da chi scrive e visibili in questo stesso sito o nella rivista “L’Acqua” organo ufficiale della Associazione Idrotecnica Italiana. Essi vengono qui ripresi ed integrati nella lista onde costituirne una raccolta ordinata.

 

2.1. ESEMPI NEI QUALI LA LETTERATURA TECNICA RISULTA SUPERATA DALLA REALTÀ’ ACQUEDOTTISTICA

Le anomalie che caratterizzano i casi reali elencati nel presente sottocapitolo sono eclatanti in quanto, pur trattandosi di realizzazioni non conformi alle indicazioni della letteratura tecnica, sono in grado di fornire ottimi risultati.

 

2.1.1. L’USO IMPROPRIO DEL TELECONTROLLO
Una rete di distribuzione per territori montani molto particolare

Nella scelta del telecontrollo e telecomando, oggi molto diffusi nella gestione degli acquedotti, si adottano impianti, spesso derivati da sistemi complessi di controllo dei processi industriali, dotati di una gamma di funzioni così vasta che, per un corretto svolgimento del servizio, è sufficiente utilizzarne solo una minima parte. Un aspetto che la letteratura tecnica evita di mettere in luce ma che invece è della massima importanza, concerne la necessità che, data la presenza di impianti di telecontrollo e telecomando così sofisticati, sia non solo rivoluzionato il modo di comandare e controllare le apparecchiature ma che debba essere soprattutto la costituzione stessa delle reti, degli impianti di sollevamento, dei serbatoi ecc. a dover subire una profonda trasformazione. Pertanto, come già sperimentato con ottimi risultati in molte realtà acquedottistiche, non telecontrollo studiato in funzione della rete cui è applicato bensì complesso acquedottistico interamente concepito in funzione del telecontrollo. Si tratta di un vero capovolgimento dei concetti di base! .I vantaggi che ne derivano vanno dalla migliorata qualità dell’esercizio ad una importante economia sia nella costituzione sia nella gestione del servizio. Alcune di tali soluzioni sono ampiamente descritte, assieme ai risultati conseguiti negli articoli “Razionalizzazione delle Reti di distribuzione d’acqua potabile“, “L’alimentazione idropotabile dei territori montani” presenti nel sito

 

2.1.2. L’ASSERVIMENTO DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIO ALLE RICHIESTE DELL’UTENZA
La dimostrazione dei metodi classici di alimentazione delle reti tramite sebatoi sopraelevati che fissano irrazionalmente le pressioni di esercizio della rete.

La letteratura tecnica propone costantemente di dotare le reti di distribuzione d’acqua di vasca di carico posta in testa alla rete stessa allo scopo di assicurare una pressione costante di partenza da cui deriverebbe un funzionamento ottimale del rifornimento idropotabile. Si è largamente dimostrato invece come la pressione da tener sotto controllo sia quella finale di consegna in quanto, oltre a migliorare le condizioni di prelievo se ne ottengono notevoli vantaggi di gestione.

 

2.1.3. L’INTEGRAZIONE DEL TELECONTROLLO NELLA RETE INTERNET

Si è prima spiegato come l’avvento degli impianti di telecontrollo richiedano, in campo acquedottistico, soluzioni nuove atte ad utilizzare appieno le grandi possibilità proprie di tali impianti. Esiste un altro aspetto che la letteratura tecnica trascura completamente: l’integrazione degli impianti di telecontrollo medesimi con la rete Internet. Si tratta di una metodologia usata in Francia da molto tempo, basata, visto che ancora Internet non esisteva, sulla rete Minitel allora molto diffusa in quel paese e grazie alla quale il personale addetto al controllo degli impianti acquedottistici poteva effettuarne la supervisione standosene in un qualunque ufficio oppure comodamente a casa propria. La rete Internet, ora così diffusa in tutto il mondo, si presta ancora meglio in queste operazioni consentendo non solo di conoscere in qualunque momento ed in un qualunque luogo dove esista un personal o  addirittura un semplice telefonino portatile  collegato ad Internet, lo stato degli impianti comunque ubicati ma anche di intervenire, se necessario, con il comando delle varie apparecchiature delle centrali e delle reti nonché di ricevere  gli allarmi in caso di un qualunque disservizio. Sono evidenti i vantaggi che se ne ritraggono in termini di economia di personale unitamente ad una migliore funzionalità degli impianti e ad una tempestiva azione di correzione di eventuali irregolarità o di riparazione degli eventuali guasti.

 

2.1.4. IL FUNZIONAMENTO ANOMALO DEI SERBATOI INSERITI IN RETE

Gli schemi classici di rete di distribuzione prevedono la presenza di serbatoi di compenso inseriti direttamente in rete senza interposizione di apparecchiature idrauliche particolari in quanto tale disposizione consentirebbe ai serbatoi medesimi di svolgere efficacemente la funzione di compensazione delle portate loro assegnata. Nel reale esercizio delle reti di distribuzione si constata come tale funzione venga svolta solo in circostanze del tutto eccezionali nel mentre essa viene a mancare nella stragrande maggioranza delle giornate dell’anno tipo. Per ovviarvi si sono realizzate reti totalmente diverse basate su una diversa utilizzazione dei serbatoi e sul funzionamento a pressione variabile asservita all’utenza, che si sono dimostrate atte a risolvere ottimamente il problema. Alcuni modalità di costruzione ed esercizio di reti come quelle indicate sono descritte in altre parti del presente sito.

 

2.1.5. LA RELAZIONE INTERCORRENTE TRA PERDITE OCCULTE E PRESSIONE DI RETE

Uno dei mali maggiori che affliggono il rifornimento idropotabile è la presenza di perdite occulte che provocano una dissipazione nel terreno di quantitativi enormi d’acqua in tutti i tipi di rete di distribuzione anche in quelle in ottimo stato di manutenzione. Ebbene, non è sufficientemente spiegato nella letteratura tecnica che tali perdite possono esser notevolmente diminuite eliminando gli eccessi di pressione che si verificano frequentemente nelle reti medesime e soprattutto nei periodi di bassi consumi. Una soluzione, sperimentata con esito favorevole in molte realtà acquedottistiche, consiste nel regolare la pressione di esercizio in funzione delle richieste di rete. Ciò significa assegnare nelle ore di forti consumi dell’utenza una pressione elevata ed atta quindi a vincere le perdite di carico richieste dalla portata di punta e una pressione ribassata in tutti gli altri periodi di minore richiesta idrica. Alla notte la pressione può essere portata ad un valore molto basso ma sufficiente per addurre la portata allora richiesta ed il cui valore è prossimo allo zero.

 

2.1.6. L’INTERCETTAZIONE DEI SERBATOI DI RETE

Un accorgimento tecnico assolutamente consigliabile è quello inerente la presenza nei serbatoi di un dispositivo automatico che li intercetti dalla rete tutte le volte che la pressione di esercizio, in ottemperanza al funzionamento a pressione variabile descritto nei precedenti capitoli, si venga a trovare al di sopra o al di sotto dell’invaso dei serbatoi medesimi, pur restando, in particolari casi di necessità, totalmente utilizzabile il volume d’acqua precedentemente invasato. Tale circostanza, non prevista nelle reti di tipo classico, ma anch’essa ampiamente sperimentata nella realtà, consente di avere in rete degli importanti volumi d’acqua in quota pronti ad entrare in rete in caso di bisogno ma che non vincolano in alcun modo la pressione di rete entro ristretti limiti con tutti gli inconvenienti che ciò comporta e che sono meglio spiegati nell’articolo “I serbatoi pensili delle reti di distribuzione d’acqua potabile: monumenti all’inutilità o indispensabili strutture?”

 

2.1.7. I COLPI D’ARIETE TRASMESSI DALLE VALVOLE DI RITEGNO

La trasmissione in condotta di pericolosi colpi d’ariete viene attribuita, nella letteratura tecnica, a manovre di esercizio rapide. Si deve però rilevare come la maggior parte delle normali apparecchiature in pratica non possano provocare una chiusura del flusso cosi veloce da provocare tali effetti in quanto il tempo realmente necessario per chiudere una saracinesca, per arrestare o per portare a regime una pompa è, come minimo, pari a parecchie decine di secondi il che non comporta che modeste irregolarità nel flusso d’acqua. L’unica apparecchiatura che provoca veramente pericolose onde di pressione è la valvola di ritegno a battente quando, se sprovvista di servocomando, essa viene chiusa dall’inversione del flusso d’acqua. Tutti avranno notato come al momento dell’arresto delle elettropompe munite di valvola di ritegno a battente abbia origine una tremenda botta, chiaramente percepibile e che si trasmette pericolosamente alla condotta di mandata. Anche questo è un dettaglio che, nonostante i problemi che ne derivano, non viene sufficientemente spiegato. Non viene soprattutto spiegato come, per evitare quasi totalmente il botto, è sufficiente dotare la valvola di un dispositivo (ad esempio un contrappeso opportunamente tarato), la cui presenza provochi la chiusura della valvola man mano che viene a diminuire la velocità del flusso d’acqua e quindi anticipando ed impedendo l’inversione del flusso d’acqua. In altri termini la chiusura della valvola deve essere insita nella sua stessa natura e non dovuta, come sovente accade, all’inversione del flusso d’acqua. Tale circostanza è facilmente constatabile impiegando valvole di ritegno di tipo a membrana nelle quali la chiusura ha luogo per effetto dell’elasticità propria della membrana stessa. Si constaterà come, a fronte di un aumento delle perdite di carico, l’arresto della pompa non provochi, in tali impianti, alcun botto.

 

2.1.8. L’UTILIZZAZIONE RAZIONALE DEI VOLUMI DI INVASO DEI SERBATOIO DI COMPENSO A TERRA
Esempio di grafico giornaliero dei livelli imòosti ai serbatoi di compensazione giornaliera

Nei grandi complessi acquedottistici le modalità di svuotamento e riempimento dei serbatoi di compenso di tipo a terra, soprattutto se inseriti in gran numero e in vaste reti di adduzione, sono definite, in tempo reale ed in funzione delle previsioni di consumo e della producibilità delle fonti, dalle complesse procedure degli impianti di telecontrollo e telecomando.
Negli acquedotti di medie e piccole dimensioni, invece, la regolazione dei serbatoi a terra ha luogo molto semplicemente tramite valvole di efflusso a galleggiante o corrispondenti dispositivi idraulici automatici che provvedono a chiudere l’immissione quando il serbatoio ha raggiunto il massimo livello e a riaprire il flusso man mano che esso scende. In questo modo si ottiene il vantaggio di avere i serbatoi sempre al massimo livello possibile e quindi di poter disporre di grandi quantitativi d’acqua pronta ad essere utilizzata soprattutto nelle giornate di consumo medio e medio-basso quando il volume reale di compenso risulta in esubero rispetto a quanto necessario.
Il fatto di avere serbatoi sempre pieni o quasi pieni, con la sola eccezione delle giornate di consumo elevato, se da un lato offre un vantaggio, dall’altro impedisce loro di svolgere compiutamente quella importante azione che è la compensazione giornaliera delle portate. Sono gli impianti di produzione, che in teoria dovrebbero dare una portata costante nel tempo e pari alla media giornaliera, a dover invece modulare ora per ora il loro funzionamento in funzione della richiesta dell’utenza. Se si tiene conto che, in genere, le opere di adduzione degli acquedotti vengono, per evidenti ragioni di cautela, sovradimensionate, si giunge alla conclusione che l’acqua distribuita dagli acquedotto è prodotta per la sua maggior parte durante le ore diurne cioè quando peggiori sono le condizioni obbiettive per farlo. Si fa rilevare inoltre come il funzionamento dei serbatoi, se in numero elevato e con diversa dislocazione all’interno della medesima rete di adduzione, è assai anomalo presentando alcuni invasi sempre al massimo livello ed altri che si svuotano troppo presto. Anche in questo frangente è l’impianto di produzione che deve rimediare al mancato intervento di compensazione aumentando la produzione giornaliera rispetto a quella notturna.
Un diverso sistema di regolazione come ad esempio quello descritto nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti“, basato sull’asservimento delle portate da immettere nei serbatoi di compenso ad un prefissato diagramma giornaliero dei livelli che deve assumere l’acqua durante le 24 ore, assicura lo svuotamento diurno razionale e preordinato dei serbatoi stessi, non solo nei giorni di consumo elevato ed elevatissimo, ma anche in tutte le altre giornate dell’annata. Ciò significa utilizzare, in ogni condizione di funzionamento, il medesimo quantitativo dell’acqua prodotta durante le ore notturne e quindi distribuire nelle giornate di bassi consumi, che statisticamente sono le più frequenti, quasi esclusivamente acqua prodotta la notte con evidenti vantaggi economici dati dalla possibilità di utilizzare energia elettrica di costo inferiore come è quella messa a disposizione dall’Enel nei periodi notturni, e dalla migliore producibilità che presentano, in tali periodi, le falde.
In conclusione, anche nel settore inerente la regolazione dei serbatoi di compenso in argomento, si registra una grave carenza della letteratura tecnica: il problema, anche se molto sentito da chi segue la reale gestione acquedottistica, è ivi quasi totalmente ignorato.

 

2.2. ESEMPI NEI QUALI LA RICERCA SCIENTIFICA E’ AVULSA DALLA REALTA’

Gli esempi riportati nel presente sottocapitolo rappresentano, come quelli precedentemente elencati, delle anomalie eclatanti per motivazioni totalmente diverse da quelle. In questi casi, infatti, la mancata utilizzazione pratica dei ritrovati tecnici propri della letteratura tecnica, è dovuta alla eccessiva teorizzazione che è loro propria.

 

2.2.1. L’ANALISI DEI COSTI DI TRASPORTO DELL’ACQUA

Numerosi studi riguardano le modalità di trasporto dell’acqua e quindi le caratteristiche da assegnare alle tubazioni onde migliorare le modalità di esercizio. Si tratta di ricerche molto importanti in quanto atte ad ottenere, da una razionale definizione delle condotte di rete, economie energetiche che possono arrivare ad esempio al 2 – 3%. Si deve però notare come la semplice riduzione della pressione di pompaggio durante la notte, come meglio spiegato nell’articolo ” Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” può portare a delle economie di ben il 30%. Non si capisce quindi come nella ricerca ci si preoccupi tanto di trovare una economia così modesta e si trascuri un provvedimento, meno complicato, ma atto ad offrire economie energetiche ben maggiori.
Si deve concludere che le modalità indicate possono essere adottate solo a posteriori e cioè non prima dell’adozione della pressione variabile di esercizio.

 

2.2.2. LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI SCHEMI IDRAULICI DI CALCOLO DELLE RETI

Un altro esempio in cui è facile rilevare un profondo divario tra pratica e teoria è quello relativo alla semplificazione degli schemi di calcolo delle reti di distribuzione. Nella esecuzione di tali verifiche si usa, per alleggerire le procedure di calcolo, considerare le sole condotte principali della rete e cioè quelle di diametro maggiore. Ci si è però accorti che l’eliminazione delle condotte di minor diametro in quanto erroneamente ritenute ininfluenti nei riguardi del risultato finale, rappresentano nella realtà una grande estesa di tubazioni che lavorano in parallelo alle altre e, in quanto tali, rivestono anch’esse un’importanza determinante ai fini del risultato finale. Si sono allora eseguiti molti studi nei quali la semplificazione dello schema viene orientata sia nella scelta delle condotte da eliminare sia nella sostituzione di gruppi anche consistenti di condotte secondarie con condotte singole aventi equivalenti caratteristiche idrauliche allo scopo di definire uno schema finale della rete ridotto ma che possa validamente rappresentare quello reale. Si tratta di studi molto complessi ma che, a giudizio di chi scrive non possono risolvere il problema. E’ ben noto come il funzionamento di una rete magliata, specie se molto complessa, possa subire profondi cambiamenti a seconda del variare delle richieste dell’utenza, dell’andamento della stagione, della variazione della pressione di un impianto di produzione rispetto all’altro ecc. ecc. La sostituzione di condotte cui si è fatto cenno, pur se da ritenersi valida per le condizioni di funzionamento esaminate nella procedura di calcolo presa ad esempio, non lo è sicuramente in tutte le altre per cui la semplificazione di cui si discute è da ritenersi errata. Alle considerazioni fatte deve aggiungersi la impossibilità di determinare le portate ai nodi utilizzate nei calcoli in quanto la eliminazione delle condotte minori, alle quali di solito sono allacciati molti utenti, rende impossibile assegnare ai nodi restanti la relativa portata il che introduce un ulteriore fattore di grave errore nella procedura. In definitiva si può affermare come per il calcolo di verifica di una rete magliata, devono essere prese in conto tutte le condotte, nessuna esclusa, pena la nullità dei risultati e che, pertanto, tutti gli studi condotti nel settore portano ad errori grossolani.

 

2.2.3. LA DETERMINAZIONE DELLE PORTATE AI NODI DELLE RETI MAGLIATE

Nella determinazione delle portate esterne ai nodi di una rete di distribuzione d’acqua potabile in normale esercizio o, in altri termini, della domanda idrica effettiva dell’utenza distinta nodo per nodo ed istante per istante che costituisce una delle operazioni fondamentali, non ancora risolta, per poter ottenere dai calcoli di verifica della rete stessa dei risultati validi, sono stati effettuati molti studi tra i quali tutta una serie basata sulla “calibrazione delle portate erogate nelle reti di distribuzione idrica”. Con tale metodologia le portate ai nodi sono calcolate partendo da valori iniziali approssimati e che vengono via via affinati tramite calcoli iterativi di verifica idraulica del modello matematico della rete in base ai valori di pressione e portata reali della rete stessa quali risultano dai misuratori in essa installati. In altri termini, scelte alcune situazioni caratteristiche di funzionamento della rete reale e rilevati i dati salienti (portata immessa in rete, livello dei serbatoi, pressioni in vari punti della rete ecc.), saranno ritenute valide le portate ai nodi che soddisfano tutte le condizioni teoriche di funzionamento. I risultati, opportunamente estrapolati, dovrebbero potersi utilizzare nel prosieguo per tutti i calcoli sia di verifica del funzionamento reale sia di verifica in sede progettuale.
Alcuni autori darebbero a capire che il metodo è atto a trasformare i dati iniziali in dati finali esatti indipendentemente dalla loro validità il che potrebbe anche significare che i valori iniziali di portata ai nodi da introdurre nel calcolo potrebbero anche essere completamente errati : sarà la successione dei calcoli che provvederà ad adeguarli fino ad arrivare alla congruità con tutte le condizioni teoriche di funzionamento idraulico dell’insieme acquedottistico in esame.
Per convincersi che questo concetto di base è completamente errato basta pensare alle molte incognite presenti nel funzionamento della rete soprattutto se complessa come, ad esempio, la qualità dell’utenza che è estremamente variabile, la scabrezza effettiva delle tubazioni anch’essa diversa condotta per condotta e che, pertanto può portare a risultati completamente errati, ecc. ecc.
Nel caso specifico si deve invece ritenere il metodo in oggetto atto soltanto ad apportare la correzione finale a portate che di per sé siano vicine a quelle reali.
In altri termini la metodologia da ritenersi valida dovrebbe contemplare, in alternativa ed in aggiunta a quanto indicato dagli autori, la seguente procedura:
· Determinazione delle portate esterne ai nodi con le modalità indicate nella memoria “ Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” e quindi in funzione di diversi fattori reali come sono l’attribuzione ai vari nodi delle portate effettivamente consumate dagli utenti e misurate ai contatori privati nonché di quella delle portate di perdita occulta, l’esame critico dei grandi utenti con formazione di nodi fittizi, la determinazione dei coefficienti reali di scabrezza. ecc. ecc..
· Calcolo di verifica di molteplici condizioni di funzionamento reale della rete basata sui consumi determinati come detto .
· Confronto tra risultati dei calcoli e dati reali. Nel caso di discordanze superiori ad una tolleranza ammissibile, ricerca ed eliminazione dei possibili errori : schema idraulico errato, saracinesche di rete erroneamente chiuse o strozzate, errata valutazione dei coefficienti di scabrezza delle varie tipologie di condotte, errato rilievo dei dati reali di funzionamento ecc. ecc.
· Effettuata la taratura completa del modello matematico, e solo allora, applicazione del metodo teorico di calibrazione prima descritto per rendere perfettamente congruenti tutti i dati.

 

2.2.4. MODALITA’ DI POMPAGGIO NELLE RETI A SOLLEVAMENTO MECCANICO

Numerosi sono gli studi condotti allo scopo di migliorare le modalità di pompaggio negli acquedotti a sollevamento meccanico. Si tratta in genere di elaborazione statistica delle modalità reali di pompaggio condotta con le metodologie più disparate e moderne, con dettagliati esami delle varie possibilità e con definizione di quelle più interessanti dal punto di vista della spesa energetica.
Anche in questo caso i risultati sono modesti soprattutto se confrontati con quelli ottenibili adottando schemi idraulici della rete diversi come sono quelli elencati negli articoli precedenti.

 

3. CONCLUSIONI

Si è cercato di dimostrare, mediante una elencazione di elementi reali di esercizio d’acquedotto, come molte delle indicazioni fornite dalla letteratura tecnica tramite i testi classici ed anche attraverso le numerose pubblicazioni esistenti, nella pratica acquedottistica sono scarsamente utilizzate sia perché in tale sede si sono potute adottare soluzioni diverse ma in grado di dare risultati reali nettamente migliori, sia per averle riscontrate troppo distaccate dalla realtà e quindi prive di reali applicazioni.
La trattazione è condotta allo scopo di illustrare succintamente ma ordinatamente alcuni vantaggi che, nella reale gestione degli acquedotti, si possono e si devono comunque ritrarre dalla moderna tecnologia acquedottistica e, previa adozione di particolari e preventivi accorgimenti pratici, dai dettami teorici .
In tal senso ulteriori dettagli possono essere rilevati in questo stesso sito dove sono riportate diverse esperienze reali di esercizio complete di dati di funzionamento e di dimostrazione analitica dei risultati ottenibili.

 

OPERE REALIZZATE

Planimetria generale dell’Acquedotto del Basso Tagliamento costruito per stralci successivi e tutti funzionali

Acquedotti realizzati

Il motto “ Le idee, senza la loro esecuzione, sono allucinazioni” di Thomas Edison .fa capire quanto sia importante, in un settore del sito come questo che si basa principalmente sulle idee, l’illustrazione di acquedotti realmente funzionanti e dei risultati tramite gli stessi che si sono ottenuti. Nei sottocapitoli sono illustrate appunto alcune realizzazioni acquedottistiche e soprattutto i vantaggi realmente avuti. Si ritiene a titolo di esempio segnalare quello avente per titolo “………un esempio reale” perché è la dimostrazione di come sia possibile progettare e realizzare opere le quali non solo esplicano appieno la loro funzione allo stadio costruttivo finale completo ma le quali  anche durante la costruzione dei vari stralci siano atti a dare rimarchevoli risultati intermedi di funzionalità non disgiunta da consistenti benefici economici di gestione..

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L’ACQUEDOTTO DI PORTOGRUARO – PICCOLA STORIA

Il municipio di Portogruaro dove si è tenuta la conferenza alla presenza di autorità e pubblico

Il giorno 30 novembre 2008 nel Municipio di Portogruaro si è tenuta una conferenza per illustrare la storia dell’acquedotto cittadino in occasione del suo centenario dalla nascita.

Il manifestino che ha pubblicizzato la conferenza

La presentazione alle autorità ed al pubblico è proseguita con la narrazione delle interessanti vicissitudini del rifornimento idropotabile di Portogruaro durante il secolo trascorso dalle sue origini vivissitudini che vengono in parte omesse nella presente nota per passare alla parte conclusiva relativa al lavori di potenziamento aventi un  indubbio interesse attuale.

Anno 1908 – inaugurazione dell’acquedotto di Portogruaro

La situazione precedente gli anni 1974-75 di realizzazione delle opere di sistemazione. presentava uno stato di grave precarietà in quanto l’alimentazione della città era pesantemente condizionata  dal serbatoio pensile di Portovecchio che costituiva il punto di messa in carica della rete di distribuzione ad una quota altimetrica di  soli m. 22 sul suolo ed assolutamente insufficienti per una normale alimentazione dell’utenza come risulta schematicamente dal seguente profilo piezometrico schematico.

La linea piezometrica schematica nella situazione antecedente la esecuzione delle opere di sistemazione (1974-75) A = ora di minimo consumo B = ora di consumo medio C = consumi di punta

portato la demolizione e ricostruzione del serbatoio pensile ad un’altezza adeguata alle caratteristiche di portata e di carico carico .

Schema della soluzione classica di sistemazione. A = ora di minimo consumo B = ora di consumo medio C = consumi di punta.  trattasi di soluzione non realizzata

 

La soluzione effettivamente realizzata è consistita nella costruzione di un grande serbatoio di accumulo  ubicato a terra ed in prossimità del serbatoio pensile di Portovecchio, nel mantenimento dell’esistente serbatoio pensile destinandolo elusivamente al funzionamento in presenza delle basse portate  richieste dall’utenza e nell’adozione di pompaggio a pressione variabile e maggiorata in tempo reale in funzione dell’accresciuto fabbisogno. IL sistema è stato dotato di un capace serbatoio di accumulo e compensazione giornaliera delle portate con annessa nuova centrale di sollevamento automatica a pressione variabile di mandata in rete

 

Schema del funzionamento ad opere di sistemazione ultimate. La pressione di consegna all’utenza si mantiene costante sia di giorno che di notte essendo la pressione di partenza dalla centrale che varia in funzione del fabbisogno. L’esistente serbatoio pensile alimenta la rete solo nelle ore di basso consumo soprattutto notturne

 

Il nuovo serbatoio di accumulo e compensazione con adiacente centrale di sollevamento a pressione variabile delle portate realizzati in prossimità dell’esistente serbatoio pensile

L’esercizio del nuovo sistema acquedottistico ha confermato attraverso i decenni l’alta qualità del servizio idropotabile di Portogruaro con pressioni e portate di consegna sempre ottimali ed economia di esercizio.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO – TERZO ESEMPIO PRATICO

Acquedotti razionali

 

Negli anni 70 l’autore di queste note ha collaborato alla progettazione, costruzione ex novo e messa in servizio attivo dell’acquedotto della città di Pordenone appena diventata capoluogo di provincia e precedentemente alimentata d’acqua potabile casa per casa tramite pozzi artesiani privati. Pur trattandosi di un rifornimento idropotabile le cui caratteristiche contrastano con i concetti di base propugnati in questo lavoro, si ritiene ugualmente di descriverlo in quanto costituisce un valido esempio di acquedotto concepito in funzione del territorio da servire. Alla fine del capitolo si formulerà comunque una ipotesi di soluzione conforme ai nuovi principi constatandone, anche in questo caso, la validità.
Non sono in possesso di chi scrive documenti e dati ufficiali per cui la descrizione delle opere dovrà necessariamente far affidamento solo sulla memoria. Anche in questo come in altri casi, gli elementi che saranno indicati potranno differire o essere carenti rispetto alla realtà, saranno comunque sufficientemente rappresentati i concetti informatori degli impianti e si potrà quindi recepirne la validità tecnica.
Innanzitutto è da ricordare una delle regole che alla citata epoca di redazione del progetto era considerata essenziale nella costituzione degli acquedotti e cioè la presenza di una o più vasche di carico della rete di distribuzione. Nel corso dei vari capitoli di questo lavoro si è invece dimostrato come sia da privilegiare non già la pressione di partenza degli acquedotti che la vasca di carico impone bensì quella finale di arrivo dell’acqua al domicilio all’utente.
Ferma restando la regola citata, i problemi da risolvere al momento della di progettazione erano essenzialmente due.
In primo luogo occorreva garantire una piezometrica sempre parallela ad un suolo come quello del capoluogo di Pordenone caratterizzato da una notevole pendenza longitudinale della sua parte nord e da un’ampia area pianeggiante o con poca pendenza di quella posta a sud.
In secondo luogo era giocoforza razionalizzare la captazione e sollevamento dell’acqua avendo fissato, per motivi di sicurezza, la costruzione di due opere di presa e sollevamento differenziate ed ubicate rispettivamente in località Comina dove la falda, assai ricca, si trovava ad una profondità di circa 50 metri sotto il suolo con risalienza limitata ad una ventina di metri sotto il terreno ed in località Torre dove l’acqua della falda, anch’essa posta a 50 metri sotto il suolo, era artesiana ma con una risalienza naturale fin sopra il terreno.
La soluzione progettuale allora definita e poi realizzata è rappresentata schematicamente nell’allegato profilo della fig.1 e può essere così descritta.
L’opera di presa di Comina, posta a nord cioè nella parte superiore del territorio, comprende un pozzo a raggiera tipo Fehlmann con una canna verticale in cemento armato del diametro di tre metri, profonda 55 m. e con due raggiere orizzontali poste nella falda ghiaiosa a circa 50 m di profondità. Entro il pozzo sono installate le pompe di sollevamento ad asse verticale con motore elettrico posto in alto e linea d’asse lunga una trentina di metri che aziona il corpo pompa immerso in falda a quota 30 m sotto il suolo. Le pompe immettono direttamente l’acqua a 50 sopra il piano campagna nell’adiacente serbatoio pensile da 3000 mc da cui si diparte la rete di distribuzione. Questa soluzione, se da una parte avrebbe assicurato un buon rendimento elettromeccanico di pompaggio che risulta limitato ad una singola breve condotta di mandata, dall’altra faceva nascere il grosso problema della compensazione delle portate in quanto il locale serbatoio pensile, pur rappresentando nel suo genere un’opera eccezionalmente capiente, non avrebbe potuto che effettuare una modesta compensazione nel mentre la sua posizione sopraelevata si prestava bene a costituire una utilissima capacità di riserva a tutela dei disservizi dell’intero territorio pordenonese. La creazione a terra di un capace serbatoio di compensazione giornaliera delle portate è stata scartata a priori in quanto avrebbe comportato un doppio pompaggio con evidenti maggiori costi di costruzione e di esercizio.
D’altro canto non si poteva pensare che, non avendo a disposizione una sufficiente capacità di accumulo, si dovesse far lavorare il pozzo con portate continuamente variabili durante le 24 ore della giornata tipo, essendo invece consigliato un prelievo il più possibile costante e privo di picchi che rappresenta la condizione ideale di sfruttamento della falda artesiana e di sollevamento a mezzo pompe.
Anche in questa occasione un attento esame della situazione locale ha messo in luce delle possibilità veramente interessanti. In dettaglio la risalienza della falda sud ( zona Torre ) che assicurava l’immissione naturale dell’acqua, cioè senza bisogno di pompe, in un grande serbatoio seminterrato, ha consigliato di concentrarvi il volume di compenso di tutta l’utenza e quindi anche quello dell’area nord ( Comina ) nel mentre una particolare costituzione della rete di distribuzione assicurava, come vedremo, per l’impianto di Comina una portata pressoché costante durante le 24 ore della giornata ovviando quindi alla nominata carenza di invaso. Rimaneva compito dell’altro impianto (Torre), immettere in rete, sfruttando in questo caso la notevole capacità del suo serbatoio, una portata variabilissima durante le 24 ore della giornata e quindi atta a coprire l’intera escursione della richiesta idrica di tutta l’utenza pordenonese.

Fig. n. 1 = Profilo schematico dell’acquedotto di Pordenone

Nella figura 1 allegata figurano schematicamente l’andamento del suolo, i due impianti di captazione e sollevamento ed infine la rete di distribuzione caratterizzata da un’area centrale indicata nel disegno come “area urbana ad alimentazione alterna” in quanto rifornita alternativamente dall’uno o dall’altro dei due impianti di produzione descritti. Infatti la rete, pur essendo di tipo unitario per tutta l’area urbana, risulta suddivisa in due parti differenziate per tipo di alimentazione e per dimensioni delle tubazioni stradali da una linea di confine che presenta la caratteristica di regredire verso monte e quindi ridurre notevolmente l’area servita da Comina man mano che aumenta la richiesta idrica e di contro crescere verso valle al verificarsi di basse portate. In pratica durante la giornata, quando sono richiesti grandi quantitativi idrici, la gran parte del capoluogo di Pordenone è alimentato dall’impianto inferiore di Torre nel mentre durante la notte è l’altro impianto ubicato a Comina a rifornire la quasi totalità dell’utenza. Allo scopo le condotte della rete bassa hanno diametri maggiorati ed esplicano quindi un’azione stabilizzatrice della linea piezometrica nel mentre quelle della zona nord alimentata da Comina sono di diametro relativamente piccolo e, a causa della notevole perdita di carico che ne deriva, non possono far fronte ai consumi più rilevanti che, come già detto, sono in gran parte soddisfatti da Torre. Si è potuti giungere a tale risultato progettuale per approssimazioni successive tramite una lunga serie di calcoli di verifica teorica che hanno portato anche all’altro interessante risultato di una buona equivalenza tra i volumi che giornalmente i due impianti producono e immettono in rete e dovuta al fatto che per Torre è determinante soprattutto la portata diurna mentre per Comina è il volume prodotto di notte a consentire detta equiparazione, fermo restando che eventuali discrepanze possono essere via via corrette modificando la regolazione delle valvole di cui si tratta nel seguente capoverso.
Ovviamente il tutto rappresentava soltanto la soluzione teorica del problema nel mentre ben diverse potevano essere le condizioni reali di esercizio e ben diversi i risultati della gestione effettiva degli impianti. Si è quindi deciso di dare all’acquedotto l’elasticità di funzionamento necessaria perché potesse adeguarsi ad ogni evenienza anche diversa da quelle ipotizzate, maggiorando alcune condotte della zona nord e munendole di valvole che consentano una regolazione fine della pressione.

Fig. 2 = Serbatoio pensile di Comina altezza m.50, capacità utile mc 3000. La vasca superiore è dotata di vele radiali atte ad impedire oscillazioni della massa d’acqua in caso di terremoto

 

Il risultato finale è stato quello di una rete avente le seguenti caratteristiche generali.
1. Una doppia alimentazione che dia la massima sicurezza di esercizio e costituita da:
– Un impianto di produzione a nord (Comina) atto a produrre e sollevare una portata abbastanza costante nelle 24 ore della giornata tipo e per un volume giornaliero all’incirca corrispondente alla metà della richiesta totale giornaliera. Il serbatoio pensile da 3000 mc rimane a guardia dell’intero territorio posto ai suoi piedi costituendo una riserva pronta ad entrare in rete in caso di disservizi vari;
2.Un impianto di produzione a sud composto da pozzi a risalienza naturale che alimentano un serbatoio di compensazione di grande capacità atto ad immagazzinare di notte ed a restituire di giorno tutta l’acqua necessaria per coprire le punte di consumo di tutta la città, effettuando la compensazione giornaliera atta a garantire che da ambedue le fonti possa essere captata costantemente la sola portata media giornaliera.
3. Una rete di distribuzione con una piezometrica sempre parallela al suolo e con una pressione sul suolo corretta.
4. La possibilità di regolare l’intervento dei due impianti di produzione e sollevamento tramite manovra delle valvole.

Serbatoio pensile di Torre, altezza m. 40 , capacità utile mc 1000

Alla data attuale chi scrive queste note non è al corrente della situazione corrente dell’acquedotto di Pordenone essendo la descrizione su riportata relativa all’epoca della sua costruzione. Come tale essa rappresenta un valido esempio di progettazione e realizzazione di un complesso acquedottistico importante ed di cui si ritiene utile conservare la documentazione.
Sicuramente una progettazione moderna ne differirebbe notevolmente potendo, ad esempio, consistere nel mantenimento degli stessi concetti base delle opere descritte sopra fatta salva la eliminazione oppure una diversa utilizzazione dei pensili come ad esempio quella raccomandata in uno specifico articolo di questo sito, e l’adozione sistematica del pompaggio diretto in rete tramite pompe a velocità variabile asservite alla pressione di arrivo rilevata presso l’utenza e trasmessa in tempo reale secondo le indicazioni riportate nei vari capitoli di questo lavoro, il tutto integrato da alcune valvole di rete telecomandate ed atte ad una regolazione fine delle pressioni. Una soluzione del genere darebbe agli impianti una maggiore elasticità di funzionamento, una economia di pompaggio dato dalla minor prevalenza delle pompe, una pressione sul suolo regolata ora per ora in base ai consumi ed infine minori perdite occulte a seguito della diminuzione della pressione notturna attuabile in vaste zone confermando, anche in questo esempio, la validità delle soluzioni tecnico-economiche raccomandate in vari articoli di questo sito.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO SECONDO ESEMPIO PRATICO

 

La pressione regolata

1. PREMESSA

Nell’ordine dal basso: Il serbatoio di compenso a terra, la centrale di sollevamento a pressione variabile, il serbatoio pensile di Sacile

Tra gli impianti acquedottistici meritevoli di essere segnalati per le caratteristiche tecniche conformi ai suggerimenti contenuti nei vari articoli del presente sito, figura senz’altro l’acquedotto di Sacile in provincia di Pordenone, alimentante una popolazione di circa 20.000 abitanti.
Chi scrive questa nota ha lungamente collaborato alla progettazione, costruzione e soprattutto gestione dell’acquedotto in parola ma, non essendo in possesso di alcuna copia dei documenti ufficiali, deve fidare, nella descrizione, solo sul ricordo del lavoro svolto. Alcuni degli elementi di seguito riportati potranno pertanto differire da quelli reali senza però che venga per questo sminuita la validità del lavoro essendo pienamente rispettati i concetti di base della costruzione acquedottistica che sono quelli interessanti ai fini che qui ci si propone.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

L’acquedotto era, in origine, costituito da:
– Opere di presa comprendenti i tre campi acquiferi di Saccon, Picol e Talmasson ognuno dei quali collegato alla centrale di S. Liberale tramite propria condotta di adduzione della lunghezza di circa 5 Km e funzionante a gravità essendo posto a quota altimetrica elevata rispetto alla centrale stessa;
– Centrale di S.Liberale ubicata in testa alla rete di distribuzione e comprendente un serbatoio a terra di raccolta e compensazione delle portate in arrivo dai pozzi, un impianto di sollevamento ed un serbatoio pensile posti sopra il serbatoio a terra;
– la rete di distribuzione a maglie chiuse estesa a tutto il territorio da servire ed alimentata dal serbatoio pensile nel quale erano installati i galleggianti di comando delle pompe.

Il notevole incremento edilizio che ha interessato Sacile a partire dagli anni 60 ha comportato la totale revisione degli impianti acquedottistici divenuti assolutamente insufficienti all’alimentazione della accresciuta popolazione. Il potenziamento ha riguardato l’intero assetto dalle fonti, alla centrale di S.Liberale totalmente cambiata sia nella potenzialità che nelle modalità di esercizio ed infine alla rete di distribuzione in cui sono stati inseriti nuovi importanti anelli idrici di grosse tubazioni. Il tutto come sarà di seguito indicato.

 

3. IL POTENZIAMENTO DELLE FONTI

I tre campi acquiferi erano stati in grado, per un lungo periodo, di alimentare direttamente a gravità, e cioè sfruttando il dislivello topografico esistente tra zona pozzi e serbatoio a terra di S. Liberale, la cittadina allora molto meno popolata di oggi. Il citato incremento di popolazione, l’aumento dei consumi specifici e la contemporanea diminuzione di portata accusata dai pozzi a seguito dei numerosi prelievi effettuati da terzi nella stessa falda artesiana, hanno richiesto un notevole potenziamento realizzato mediante installazione di pompe sommerse in quasi tutti i pozzi. I risultati sono apparsi subito lusinghieri in quanto la ottima falda artesiana si è dimostrata atta a fornire tutta la portata necessaria. Come succede sempre in questi casi la difficoltà risiedeva solo nella regolazione delle pompe cioè nella definizione automatica della durata di funzionamento di ciascuna di esse. E’ infatti ben noto come, dovendo produrre una portata variabilissima da un giorno all’altro e da una stagione all’altra non sia facile ottenere un esercizio ottimale e cioè in grado di produrre i volumi d’acqua via via necessari senza dispendio energetico e con un adeguato sfruttamento delle fonti. La modalità che viene normalmente adottata quando, come a Sacile, le condotte adduttrici si immettono in un serbatoio di arrivo, è quella di dotare quest’ultimo di galleggianti con contatti elettrici che fermano tutte le pompe sommerse dei pozzi a serbatoio pieno e le mettono in moto, una di seguito all’altra, al verificarsi del suo svuotamento progressivo. Si raggiungono, in questo modo, risultati completamente diversi a seconda dell’entità dei consumi giornalieri d’acqua. In dettaglio, durante il giorno di massimo consumo il comportamento degli impianti è buono: le pompe dei pozzi, con un funzionamento pressocchè ininterrotto, forniscono la portata media giornaliera sufficiente per coprire un fabbisogno così elevato nel mentre è il serbatoio che, sfruttando l’intero invaso accumulato di notte, è in grado di fronteggiare la punta di consumo del giorno dopo. Invece nelle giornate di consumo minore e soprattutto in quelle di minimo fabbisogno, si verifica una grave anomalia di funzionamento dovuta al fatto che le pompe dei pozzi, non appena il serbatoio di arrivo tende a svuotarsi, provvedono a ripristinare immediatamente, grazie alla loro esuberante producibilità, il livello di massimo invaso. Ne consegue che durante la notte, essendo il serbatoio già pieno e pur essendo le pompe sommerse ferme, ha luogo lo sfioro di tutta l’acqua che i tre campi pozzi sono comunque in grado di addurre a gravità. L’anomalia appare intollerabile quando si pensi alle giornate nelle quali il volume prodotto a gravità dai pozzi nelle 24 ore della giornata tipo è superiore a quello richiesto dall’utenza nello stesso periodoe, ciononostante, di giorno debbono ugualmente funzionare le pompe dei pozzi nel mentre di notte viene scaricata dagli sfioratori la quasi totalità della portata in arrivo al serbatoio.
A Sacile il problema è stato risolto dotando l’impianto di sollevamento di un automatismo che consente di impostare, non già il livello massimo del serbatoio come accadrebbe con i galleggianti prima citati, ma invece una curva giornaliera dei livelli che deve assumere l’invaso durante le 24 ore della giornata tipo. La curva, definita sulla base della esperienza reale di esercizio ma comunque modificabile in ogni momento può essere del seguente tipo.

 

Esempio di tabella dei livelli imposti durante le 24 ore della giornata tipo

L’automatismo, verificato ad intervalli brevi e regolari il livello effettivo dell’acqua in serbatoio ed effettuato il paragone con il livello teorico prefissato per lo stesso istante nella curva, ordina, nel caso di livello reale più basso di quello teorico, la messa in moto di una nuova pompa e l’arresto in caso contrario. In altri termini è assicurato il riempimento e svuotamento del serbatoio secondo la curva preimpostata ed indipendentemente dalla reale entità dei consumi dell’utenza. Ovviamente nel caso i livelli durante l’intera giornata si mantengano costantemente al di sopra di quelli teorici, il chè può avvenire, ad esempio, quando la portata a gravità è superiore al fabbisogno, le pompe non entrano mai in funzione. Quanto sopra comporta una utilizzazione di tutto il volume utile del serbatoio in tutte le giornate dell’anno, con un risultato ottimale per il giorno di massimo consumo nel quale ha luogo una buona compensazione delle portate ma con un risultato ancora migliore in tutte le giornate di consumi bassi o medio-bassi nei quali l’esuberanza di volume utilizzato rispetto a quello sufficiente per la compensazione, provoca una diminuzione della portata che i pozzi prelevano dalla falda nelle ore diurne ed un aumento durante la notte, o, più esattamente, dalle ore 0 alle ore 7, nelle quali ha luogo l’invaso. Maggiori dettagli, su questo tipo di regolazione, possono essere letti nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti” dove sono riportati anche dei grafici di funzionamento che aiutano nella comprensione delle modalità di utilizzazione del sistema.

Grafico giornaliero dei livelli del serbatoio di compensazione che si può utilizzare in un serbatoio generico di compensazione delle portate di un acquedotto qualsiasi avengte un’altezza di invaso totale di 6 m.

 

4. IL POTENZIAMENTO DELLA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO DI S.LIBERALE

grafico del funzionamento della centrale di sollevamento in una giornata di consumi superiore alla media. Si nota chiaramente il funzionamento notturno a bassa e costante pressione mentre quello diurno segue le punte di consumo dell’utenza

Il problema da risolvere a Sacile riguardava non solo la portata da distribuire all’utenza ma anche la pressione di partenza della rete di distribuzione che. a causa della altezza dell’esistente serbatoio pensile limitata a soli 22 m sul suolo, risultavano ambedue assolutamente insufficienti.
La soluzione che in casi del genere viene suggerita dalla letteratura tecnica e che viene comunemente adottata da molti gestori è quella inerente la demolizione del serbatoio pensile e la sua ricostruzione ad una maggiore altezza pari almeno a 50 m, tale essendo la quota cui sollevare l’acqua per avere in rete una pressione atta a far fronte alle punte di consumo. Si vedrà come l’intervento attuato, anche se ben diverso, ha consentito di ottenere risultati migliori sia in termini di soddisfacimento dell’utenza sia di economia di gestione pur comportando investimenti molto inferiori.
La progettazione delle opere è stato preceduto da una attenta analisi dei consumi reali dell’acquedotto e di quelli prevedibili per un’intera annata del decennio successivo. Ne è risultato che, come sempre accade in acquedotti similari, le portate di punta, mediamente, si verificano per periodi molto brevi nel mentre quelle medie e medio basse sono di gran lunga le più frequenti. E’ apparsa evidente l’opportunità di scegliere due diversi regimi di esercizio degli impianti: per le portate basse e medio-basse che sono quelle che si verificano, durante l’anno, nella stragrande maggioranza delle ore, adottare il primo sistema e cioè utilizzare ancora l’esistente serbatoio pensile visto che, da

Le valvole di regolazione inserite nella colonna montante del serbatoio pensile di Sacile

numerose serie di calcoli di verifica della rete magliata, è risultato ancora atto, in considerazione del loro ammontare relativamente modesto, al rifornimento di dette portate. Sono evidenti i vantaggi ottenibili: evitare la costosa demolizione e ricostruzione del pensile e sollevare l’acqua, per la maggior parte del periodo annuo, a soli 22 m di altezza con ovvia minor spesa energetica e minori perdite occulte di rete che, come ben noto, sono funzione diretta della pressione di condotta.
Il regime di secondo tipo, da attuare automaticamente nei brevi periodi di maggior richiesta d’acqua da parte dell’utenza, doveva dare ambedue i risultati concreti prima indicati e cioè l’aumento della pressione e della portata dell’acqua immessa in rete.
Ed ecco le modalità seguite per l’attuazione pratica dei due regimi di funzionamento.
Le condotte verticali del pensile sono state sostituite con una sola tubazione di grande diametro derivata dal fondo vasca e quindi atta a svolgere la doppia funzione di entrata e di uscita dell’acqua dal serbatoio pensile La tubazione è stata dotata di una valvola motorizzata di intercettazione e di un by-pass con valvola di ritegno che si apre nel senso dell’uscita d’acqua. La valvola motorizzata, se aperta, mette il serbatoio in comunicazione diretta con la rete ripristinando il normale funzionamento della rete con alimentazione da serbatoio di testata. A valvola chiusa il serbatoio è scollegato dalla rete la quale può funzionare, con pompaggio diretto, a pressione completamente indipendente. Il by-pass con valvola di ritegno che si apre quando la pressione di rete scende al di sotto del il livello del serbatoio, consente l’intervento dell’invaso superiore in caso di mancanza di corrente o di panne della centrale di sollevamento. Importante , infine, la possibilità di imporre il valore di soglia, tarabile, della portata che definisce i due regimi.
Il funzionamento degli impianti così modificati è il seguente.
Quando il valore della portata in uscita dalla centrale rilevata dal misuratore e trasmessa in tempo reale al quadro di comando è inferiore alla soglia prefissata, l’automatismo mantiene aperta la valvola motorizzata e fa funzionare la serie di pompe di bassa prevalenza in modo da mantenere il serbatoio al suo massimo livello. La rete funziona allora a bassa pressione con tutti i vantaggi già citati. Non appena la portata aumenta e supera la soglia prefissata, la valvola motorizzata viene chiusa e, da tale momento, il serbatoio rimane pieno d’acqua, separato dalla rete ma pronto ad intervenire in caso di bisogno. Entra in funzione la serie di pompe ad alta pressione asservite alla portata in uscita. Ciò significa che quando la portata aumenta al di sopra di determinati valori, si avvia una nuova pompa. Se la portata diminuisce vengono via via fermate le macchine ad alta pressione finché, superata in diminuzione la soglia prefissata, si torna alle pompe a bassa pressione e all’apertura del serbatoio pensile. Uno dei pericoli cui potrebbe incorrere l’impianto è quello della permanenza, del tutto casuale, della portata per lunghi periodi su valori prossimi a quelli di soglia il che, a prima vista, sembrerebbe causare un continuo alternarsi di comandi e di controcomandi dannosi per l’esercizio. Si deve subito precisare come tale pericolo non sussista affatto in quanto, il passaggio da un regime all’altro come pure l’avvio o l’arresto di una pompa, provocano una importante modifica indotta nella portata assorbita dalla rete che, conferisce all’impianto una grande stabilità . Maggiori dettagli sul fenomeno possono essere letti nel capitolo 2.1 dell’articolo ” La regolazione degli impianti di sollevamento degli acquedotti”.
Un altro punto da chiarire è quello della possibilità che negli impianti con immissione diretta in rete le pompe agiscano fuori rendimento, anche se, a Sacile, tale inconveniente può essere evitato con una attenta regolazione delle soglie di intervento,. A tale riguardo bisogna tener presente come il funzionamento di una macchina al di fuori del punto ottimale possa causare, al massimo, una perdita di rendimento pari a qualche punto percentuale ma come, al tempo stesso, abbassare la prevalenza di pompaggio di qualche decina di metri significhi guadagnare decine e decine di punti percentuali nel rendimento: Il bilancio finale è quindi nettamente favorevole al funzionamento indicato! Passando al caso reale può darsi benissimo che la variazione di pressione che si verifica in rete durante il pompaggio ad alta pressione ed in diretta, porti la pompa allora in moto a lavorare fuori rendimento con perdita, poniamo dell’1% nel rendimento meccanico. Il danno economico è insignificante se paragonato a tutti i periodi, di grande durata durante l’anno tipo, nei quali, abbandonato il pompaggio a 50-60 m di pressione, si passa a quello a 22 m che comporta una spesa energetica di sollevamento pari al 30% di quella che si dovrebbe sostenere per il pompaggio a 50-60 m. Un ulteriore problema è quello della necessità di attenuare i colpi d’ariete che il pompaggio in diretta trasmette inevitabilmente alle condotte con il pompaggio in diretta. Esso è stato risolto in primo luogo dalla valvola di ritegno inserita nella colonna montante del pensile, la quale, al mancare della corrente elettrica o al verificarsi di qualunque inconveniente nelle pompe, aprendosi prontamente, mantiene comunque in rete la pressione del serbatoio. Il secondo elemento moderatore è dato dalla tipologia delle valvole di ritegno installate subito a valle delle pompe, che, essendo del tipo a membrana, si chiudono, al momento dell’arresto delle pompe, prima che abbia luogo l’inversione del flusso d’acqua.

Le òpompe di sollevamento ad asse verticale e con valvola di ritegno a membrana che riduce i danni dei colpi d’ariete

In definitiva gli impianti descritti hanno dimostrato piena validità attraverso decenni di esercizio, Si è potuto constatare come, nella realtà, gli impianti, pur consegnando correttamente l’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio, funzionino a bassa pressione per periodi lunghissimi nel mentre il regime di alta pressione è limitato a poche ore durante giornate particolari e rare quali possono essere per esempio le giornate particolarmente calde delle medie stagioni (primavera ed autunno).e durante quelle di calura estiva. L’alta pressione praticamente non esiste durante l’inverno e le giornate piovose delle altre stagioni. Il tutto si traduce in evidenti economie date non solo dal minor consumo di energia elettrica di pompaggio ma anche dalle diminuzione di perdite occulte dovuta alla minor pressione che si registra in rete in tutti i periodi notturni.
Risultati ancora migliori si sarebbero potuti se la serie di pompe di alta pressione fossero state del tipo a velocità variabile con possibilità, quindi, di mantenere, nel secondo regime (ad alta pressione), una portata e una pressione di alimentazione della rete ambedue variabili con continuità e restando asservite alle richieste dell’utenza. Al momento dell’esecuzione dell’intervento non era però ancora disponibile la tecnologia moderna che rende estremamente economici e facili sia la variazione dei giri che la regolazione dei motori elettrici.

 

5. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

E’ consistito molto semplicemente nella costruzione di condotte di grosso diametro munite delle normali apparecchiature come saracinesche di intercettazione sfiati scarichi ed idranti atte ad integrare la rete esistente potenziandola ed estendendola a tutta la periferia.

 

6. ULTERIORI IMPIEGHI DELLA TECNICA DI POTENZIAMENTO SPERIMENTATA A SACILE

Serbatoio pensile di Portogruaro (VE)

 

Schema funzionamento precedente i lavori di sistemazione e modifica

 

 

Schema funzionamento secondo metodologia classica e non realizzato avendo anche a Portogruaro adottato invece il pompaggio a pressione regolata del tutto simile a quello di Sacile. In pratica di notte funzione il serbatoio pensile e di giorno il pompaggio diretto in rete a pressione maggiorata e regolabile

 

La validità delle scelte operate a Sacile e fin qui descritte hanno trovato piena conferma anche nell’acquedotto di un’altra cittadina avente le medesime caratteristiche e cioè a Portogruaro in provincia di Venezia. Lo schema idraulico di tale acquedotto vedeva campi pozzi, serbatoio di raccolta e compensazione a terra, centrale di sollevamento, serbatoio pensile ed infine rete di distribuzione del tutto simili a quelle descritte. Anche in questo caso invece di sostituire il serbatoio pensile di Portovecchio posto in testa alla rete ed avente un’altezza di soli 20 m con uno di maggior altezza, si è adottato il pompaggio con due regimi rispettivamente a bassa ed alta pressione definiti dalla soglia di portata e con utilizzazione del serbatoio pensile nel regime a bassa pressione. e pompaggio diretto in rete nell’altro. La costituzione degli impianti a potenziamento attuato e la loro gestione che dura ormai da oltre 20 anni sono identiche a quelle descritte prima per Sacile ed identici sono i benefici avuti. Se ne omette pertanto la descrizione limitandosi a confermare la bontà dell’intervento sia per quanto concerne il soddisfacimento dell’utenza sia l’economia di gestione ed, infine, la riduzione delle perdite occulte.

 

7. I PRINCIPALI RISULTATI CONSEGUITI

L’intervento di potenziamento di cui al presente lavoro ha consentito di chiarire importanti concetti sulla reale comportamento delle reti acquedottistiche concetti che, espressi in dettaglio negli altri articoli del sito, possono essere così riepilogati.
– Una rete di distribuzione d’acqua potabile soprattutto se a sollevamento meccanico, deve funzionare a pressione di partenza variabile asservita alle richieste dell’utenza. Deve pertanto essere abbandonata la regola, molto diffusa, in base alla quale tutti gli acquedotti dovrebbero essere dotati di serbatoio di testata che fissa in maniera irreversibile la pressione in testa alla rete.
– I consumi della rete non dipendono solo dalle richieste dell’utenza ma, almeno in parte, dalla pressione di esercizio. Ad esempio se per un determinato periodo la pressione di funzionamento è fatta aumentare, sempre restando entro i limiti di corretta consegna dell’acqua, aumenta anche la portata totale assorbita. Tale fenomeno, spiegato ampiamente nell’articolo “Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” dove sono riprodotti anche dei grafici di funzionamento reale degli impianti qui descritti, è dovuto non solo all’inevitabile crescita delle perdite occulte ma anche a quella del consumo reale dell’utenza.
– Le perdite di rete possono essere notevolmente contenute abbassando di notte la pressione di funzionamento della rete cioè limitandola entro valori appena sufficienti alla distribuzione delle modeste portate che l’utenza richiede durante le ore notturne;
– Occorre sovvertire la regola in atto che vede la produzione giornaliera d’acqua maggiore di quella notturna ed attuare tutti gli artifici possibili per aumentare, invece, la produzione notturna con cui sfruttare varie condizioni di favore come la maggior quota di falda ed il minor costo dell’energia elettrica. Il risultato può essere conseguito con una regolazione dei serbatoi di accumulo diversa da quella normalmente usata (Vedi articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti”)
– La presenza di un efficiente bay-pass e di valvole di ritegno del tipo contrappesate o a membrana atte a chiudersi, per effetto della proprio carico cinetico prima che si inverta il flusso dell’acqua, possono garantire un buon funzionamento degli impianti di sollevamento anche senza dispositivi particolari come le casse d’aria.
– La metodologia usata può essere ulteriormente migliorata usando, per il pompaggio diretto in rete, pompe a velocità variabile asservite al consumo dell’utenza, ed oggi facilmente reperibili in commercio.

 

8. CONCLUSIONI

Si sono descritte sommariamente delle opere effettivamente realizzate per il potenziamento di reti acquedottistiche di centri abitati di piccole dimensioni ma con caratteristiche moderne e razionali.
Da rilevare l’utilizzazione degli impianti esistenti e particolarmente del serbatoio pensile posto in testa alla rete di distribuzione senza dover rinunciare ad alcuni dei notevoli vantaggi che la tecnologia rende oggi disponibili per un esercizio corretto ed economico degli impianti, primo fra tutti il pompaggio diretto in rete a pressione variabile che, secondo l’opinione di chi scrive, ne costituisce uno dei concetti fondamentali.
Si sono fornite utili indicazione per l’attenuazione dei colpi d’ariete che il pompaggio diretto in rete inevitabilmente provoca ed infine per la regolazione dei serbatoi di compenso.
A conclusione dell’articolo corre l’obbligo di citare la “Compagnia Generale delle Acque” Società con sede a Venezia ed ora a Monselice (PD) per la qualità di progettazione, costruzione e gestione degli impianti descritti e, soprattutto, per aver dato modo a chi scrive, pur se in possesso di un titolo di studio modesto come è quello di geometra, di effettuare ampie ricerche e sperimentazioni dal vivo sia in Italia che in Francia presso la società “Compagnie Gènèrale des Eaux” di Parigi nota per l’alta tecnologia dei numerosi impianti dalla stessa costruiti e gestiti in tutta Europa.

 

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