RETE MISTA A GRAVITA’ E SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

 

Rete montana.

Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità
Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità con integrazione a solevamento meccanico

 

Rete montana,

Allorquando le fonti poste a quota elevata  non presentano una producibilità sufficiente per far fronte alle punte di consumo dell’utenza, si deve per forza ricorrere all’integrazione di portata da fonti poste a quote inferiori o comunque ad acqua di altra origine che deve essere sollevata meccanicamente per essere immessa nelle reti in argomento le quali, per assunto di base, sono reti di tipo montano e come tali altimetricamente elevate. Presupposto di base, in tali casi, è quello di privilegiare l’utilizzazione dell’acqua prodotta dalle fonti in quota atte, come ripetutamente detto, ad evitare ogni consumo di energia elettrica, nel mentre la rete di distribuzione deve, anche in questo caso, rientrare nel tipo indicato come rete ideale nel capitolo “rete montana funzionante a gravità”  (vedi schema idraulico in calce) in quanto rappresenta una razionale soluzione dei relativi problemi. La particolare e già descritta costituzione della rete di distribuzione offre, anche nel caso delle reti miste di cui qui si discute, notevoli vantaggi nel sollevamento della portata integrativa in quanto quest’ultimo può essere relativamente modesto poiché ci si può limitare ad immettere l’intera portata integrativa nelle reti secondarie di distribuzione poste alle quote più basse, contenendo quindi la prevalenza entro valori minimali. Trattandosi di acqua sollevata meccanicamente gli impianti di pompaggio sono del tipo a pressione variabile asservita alla pressione di rete rilevata nei punti caratteru’istici della rete e trasmessa in tempo reale all’impianto di telecontrollo. Ovviamente tutta l’acqua distribuita a gravità viene riservata per intero alle reti secondarie superiori e solo l’eventuale eccedenza a quelle inferiori. In questo senso un importante contributo può derivare dall’utilizzazione di serbatoi regolati a livello imposto ora per ora in quanto consentono di limitare  l’intervento delle pompe suppletive ai soli periodi di insufficienza delle fonti a gravità. Da rilevare invece come il metodo di regolazione con galleggianti, attualmente molto diffuso,  non esclude l’intervento delle pompe anche nelle  giornate in cui la portata immessa a gravità dovrebbe essere sufficiente a coprire il fabbisogno ma invece non lo è perché i galleggianti impongono la messa in moto delle pompe tutte le volte che i livello dei serbatoi cominciano a diminuire-

Schema rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione)
Esempio di rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione) efunzionante interan’ìmente  a gravità

 

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO – UN ESEMPIO REALE

Grandi acquedotti

1. PREMESSA

Viene descritto sommariamente un complesso acquedottistico nel quale sono adottati alcuni dei criteri fondamentali di razionalizzazione propugnati nel presente sito.
Chi scrive ha collaborato alla progettazione, alla costruzione ed anche nell’esercizio delle opere in argomento ma, non essendo in possesso di copia dei documenti ufficiali, nella descrizione che segue, deve attingere solo ai ricordi della attività svolta. Alcuni degli elementi che saranno riportati potranno pertanto differire da quelli reali senza però che vengano per questo a mancare gli scopi della nota che sono quelli di dare le indicazioni di massima dei risultati che si possono ottenere da opere acquedottistiche razionalmente concepite.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

 

Bibione, il centro turistico balneare di cui alla foto, rappresenta il maggior insieme di utenti del Consorzio acquedottistico ed è ubicato all’astremità opposta rispetto al centro di produzione dell’acqua potabile. Entro il corcoletto rosso è visibile il serbatoio pensile della frete di distribuzione cottadina

 

L’acquedotto Consorziale del Basso Tagliamento con sede a Fossalta di Portogruaro (VE), oggi facente parte di un consorzio più vasto, al momento della sua costituzione e fino a pochi anni or sono cioè per tutto il periodo cui si riferisce la presente nota, comprendeva le opere di presa, adduzione e distribuzione d’acqua potabile per l’alimentazione di un vasto territorio e precisamente i comuni di Teglio Veneto, Gruaro, Portogruaro (in parte), S.Giorgio al Tagliamento e S. Michele al Tagliamento in provincia di Venezia. Caratteristica saliente era quella di essere rifornito dalla falda artesiana di Savorgnano in Comune di S. Vito al Tagliamento (Pordenone) sita quindi a nord e fuori del comprensorio di sua competenza e di avere il più importante abitato da alimentare, cioè il centro turistico balneare di Bibione sito all’estremità sud del comprensorio medesimo, in Comune di S. Michele e ad una distanza di ben 45 Km circa dalle fonti citate di Savorgnano. Si tratta quindi di una situazione che si presentava, dal punto di vista acquedottistico, particolarmente difficile essendo da servire molti comuni di piccole e piccolissime dimensioni disseminati uniformemente in un vasto territorio ed un grosso centro posto alla sua estremità sud con caratteristiche particolari visto che contava una popolazione stabile di soli 3000 abitanti ma una turistica limitata alla stagione estiva e destinata a raggiungere le 150.000 presenze.

Planimetria generale dell’acquedotto Basso Tagliamento

Prevedere che un territorio come quello descritto fosse alimentato da un acquedotto di tipo tradizionale e cioè dimensionato sic et sempliciter per la portata di punta estiva avrebbe significato costruire e gestire opere imponenti sfruttate appieno solo per il breve periodo estivo nel mentre per la maggior parte dell’anno si sarebbero riscontrati seri inconvenienti alla rete ( eccessiva pressione, inutile dispendio energetico e maggiori perdite occulte di rete, ecc.) causati dalla richiesta idrica normalmente molto bassa. La soluzione scelta ha invece consentito di ottenere risultati brillanti non solo per le sue caratteristiche di grande flessibilità nel normale esercizio che le consente di fronteggiare la punta estiva tramite un funzionamento della sua centrale principale eccezionalmente spinto ma limitato nel tempo ma anche perché la loro realizzazione, forzatamente protratta negli anni, è stata opportunamente adeguata alla lenta ma continua crescita del territorio servito e quindi dell’utenza quale si riscontrava man mano che procedeva l’avanzamento dei lavori.
Le opere ed il loro esercizio sono state, molto opportunamente, suddivise in tre fasi ben distinte:
– Prima fase con funzionamento interamente a gravità evitando quindi il pompaggio dell’acqua all’origine. Come si vedrà più avanti la favorevole posizione altimetrica delle fonti, la risalienza naturale della falda artesiana di Savorgnano ed un appropriato dimensionamento delle opere hanno consentito di svolgere per circa 10 anni l’alimentazione dell’utenza praticamente senza spese di esercizio. E’ questo un aspetto economico importante per un Ente di gestione che nel suo primo periodo di attività è gravato da imponenti spese e privo di grandi introiti per vendita d’acqua.
– Seconda fase limitata a circa metà territorio ed attuata con sollevamento alla fonte per una prevalenza di circa 30 m e portata massima 100 l/s;
– Terza ed ultima fase messa in atto allorchè la rete ha assunto la sua estensione quasi totale con arrivo a Bibione ed attuata con sollevamenti dell’acqua molto variegati in funzione del fabbisogno reale e cioè notturno invernale a gravità, nelle punte giornaliere invernali con le pompe di prima fase e nelle punte estive con pompe a velocità variabile, pressione di pompaggio da 30 a 110 m e portata variabile da 100 a 600 l/sec.

Come si può vedere gli impianti, nella terza fase descritta e cioè per circa 20 anni, hanno potuto contare su un funzionamento diversificato con utilizzazione degli impianti sempre adeguata alle richieste reali dell’utenza ed assicurando in ognuna delle possibili e variabilissime situazioni una consegna dell’acqua all’utenza con pressioni e portate sempre ottimali e quindi senza alcun dispendio energetico e contenendo al massimo le perdite occulte d’acqua.

 

3. COSTITUZIONE DEGLI IMPIANTI

3.1. LE OPERE DI PRESA E SOLLEVAMENTO DI SAVORGNANO

 

Particolare dell’impianto di sollevamento di Savorgnano. La pompa in primo piano è la vecchia macchina, ora di riserva, e funzionante a corrente continua in quanto, al momento della costruzione dell’acquedotto, non esisteva altro mezzo per ottenere la variazione della velocità di rotazione. Le altre pompe sono comuni macchine con inverter di variazione della velocità stessa

La prima delle operazioni eseguite è stata la terebrazione di n. 6 pozzi artesiani in località Savorgnano di S. Vito al Tagliamento (PN). Determinante infatti per il futuro del consorzio era verificare se nella realtà si poteva disporre di una portata sufficiente per coprire il fabbisogno. I risultati sono apparsi subito lusinghieri. I pozzi erano in grado di dare un quantitativo superiore alle aspettative di ottima acqua naturalmente potabile, fresca ed inoltre con una pressione idrostatica di ben 7 metri sopra il suolo ridotta a 1 metro per la portata massima. Ciò ha consentito di procedere alla progettazione esecutiva delle opere e tra di esse alla centrale di sollevamento di Savorgnano destinata a costituire il cuore di tutto il complesso acquedottistico. La sua costruzione è stata suddivisa, in congruenza con le tre fasi di esercizio prima citate, in tre lotti. Il primo di essi comprendeva la sola vasca di carico nella quale confluivano i collettori dei pozzi alimentanti, direttamente a gravità e quindi senza alcun intervento meccanico la prima parte della condotta adduttrice principale e delle reti di distribuzione dei centri di Teglio Veneto, Gruaro e Fossalta di Portogruaro ad essa collegati direttamente e cioè senza interposizione di alcuna struttura idrica particolare come serbatoi di accumulo o centrali di sollevamento. La posizione altimetrica della zona pozzi e la loro naturale risalienza consentivano di effettuare, senza alcun sollevamento meccanico, il rifornimento idrico dei centri elencati fino ad una portata massima di circa 25 l/s più che sufficienti per alimentare il modesto numero di utenti in quel tempo allacciati. In seconda fase, venendo ad aumentare la richiesta idrica dell’utenza, la centrale è stata ampliata e si è proceduto alla installazione di due piccole pompe centrifughe funzionanti in parallelo ed in grado di sollevare ed immettere direttamente nella condotta adduttrice una portata massima di 100 l/s ad una pressione di circa 30 m. Queste pompe sono rimaste attive anche nel prosieguo di tempo in quanto riservate ad intervenire anche alla data attuale per coprire i periodi di basse portate notturne soprattutto dei mesi invernali. Infine la centrale è stata completata quando la rete di adduzione è giunta fino all’estremo sud cioè a Bibione, importante centro balneare che, fino ad allora, era, per quanto riguarda rifornimento idropotabile, in condizioni assai precarie.
E’ facile capire come una centrale come quella in argomento destinata ad alimentare un territorio caratterizzato da consumi assai modesti per tutto l’anno ma con una richiesta d’acqua elevatissima concentrata in un breve periodo estivo e per di più localizzata nell’estremità opposta del comprensorio e cioè ad una distanza di circa 45 Km, poneva dei problemi non facili da risolvere razionalmente Le difficoltà erano accresciute dal fatto che nella progettazione degli impianti doveva essere considerata attentamente la situazione reale del comprensorio in tutti i suoi vari aspetti, dalla favorevole posizione altimetrica dei pozzi situati in una zona posta a circa 25 m più in alto della quota media del territorio da servire, agli inconvenienti derivanti dal lungo periodo che sarebbe inevitabilmente occorso per la completa realizzazione delle opere con tutte le conseguenze che da ciò derivava al servizio idrico.
Bisogna anche tener presente che all’epoca dei lavori in oggetto (anni settanta) non era ancora nota la tecnologia elettronica oggi diffusissima e basata sugli inverter che rende estremamente facile la regolazione della velocità di rotazione dei motori elettrici e quindi l’adozione di pompe a giri variabili. Per risolvere i citati problemi tecnici , si decise ugualmente di equipaggiare la centrale con due sole pompe (una di riserva all’altra) particolari per quei tempi in quanto in grado comunque di immettere in condotta una portata variabile da un minimo di 100 l/sec ad una pressione di soli 30 m ad un massimo di ben 600 l/sec con prevalenza di 110 m.. Tale risultato si potè raggiungere equipaggiando le due pompe con motori a corrente continua la cui velocità poteva essere regolata variando semplicemente la tensione della corrente di alimentazione ma creando non poche complicazioni nei quadri di comando e controllo. Si deve però dire che le due macchine installate, pur se da considerarsi ora come assolutamente superate nella tipologia, hanno svolto egregiamente il loro compito per 30 anni e stanno svolgendo tuttora senza inconvenienti di sorta un ruolo di macchine di riserva sempre imèprtante  per garantiore il servizio.
Altro risultato notevole per l’epoca di cui si discute è quello della regolazione automatica della centrale. Si tratta di un impianto che doveva modulare in continuazione le proprie condizioni di lavoro non solo utilizzando a seconda delle circostanze una delle tre possibili situazioni di base e cioè per portate bassissime il proprio carico idrostatico, per portate medio-basse le due pompe piccole ed infine per portate elevate una delle due pompe grosse a velocità variabile ma anche, in quest’ultimo caso, regolando la velocità di rotazione in modo da aumentare o diminuire portata e pressione di pompaggio in funzione delle richieste di rete. Poiché all’epoca dei lavori era appena uscito il primo personal computer, praticamente quel giocattolo che allora ha fatto sognare molti giovani e cioè l’Apple II, si è pensato di assegnare al giocattolo stesso il compito di controllo e comando della centrale di Savorgnano. Si deve dire che anche questa scelta si è dimostrata vincente in quanto il sistema ha funzionato per 20 anni egregiamente.
In pratica la centrale era dotata di un venturimetro che rilevava con continuità la portata in uscita e la trasmetteva al PC che, in funzione del suo valore, provvedeva ad imporre del tutto automaticamente , il passaggio dall’uno all’altro dei tre sistemi di pompaggio descritti e, durante il funzionamento di ciascuno di essi, alla regolazione delle pompe. La cosa si rivelava semplice per portate basse cioè per il funzionamento a gravità dell’intero sistema in quanto, una volta manovrate le saracinesche, non c’era altro comando da impartire. Anche il funzionamento delle due pompe piccole non presentava problemi: il PC provvedeva a mettere in moto un’altra pompa quando la portata superava un certo limite prefissato e a fermarla quando scendeva al disotto di esso. La cosa era invece complessa per le pompe grosse, ma vedremo che, come accade spesso, le modalità di regolazione le più semplici, direi quasi banali, sono state quelle che meglio hanno funzionato. L’impianto era dotato di due possibilità di regolazione. Adottando la prima di esse, si imponeva al PC di effettuare, sia pur sotto un attento controllo di procedura, un aumento nella velocità di rotazione della pompa allora in funzione, ogni qual volta la portata all’uscita dalla centrale subiva un aumento superiore ad un determinato valore. Analogamente ordinava il rallentamento di velocità quando la portata diminuiva. In questo modo la centrale di Savorgnano poteva seguire esattamente le richieste dell’utenza potendo passare da una portata di soli 100 l/sec a ben 600 l/sec mentre contemporaneamente la pressione aumentava da 30 a 110 m sull’asse tubo, prevalenza questa necessaria per il recapito dell’acqua fino a Bibione. Il PC era programmato in modo da effettuare un accurato controllo delle portate risultanti dopo ogni manovra, provvedendo, se riscontrava delle anomalie, a modificare le correzioni in corso al fine di evitare il pericolo di instabilità del sistema che deriva da questo tipo di regolazione (per dettagli vedere l’articolo ” La regolazione degli impianti di sollevamento degli acquedotti”) Si trattava, in sintesi, di una metodologia di regolazione dell’impianto atta a soddisfare appieno ed automaticamente, tutte le esigenze dell’utenza e quindi di un metodo a tutta prima da considerarsi ideale Si deve invece far rilevare come, per un servizio idrico corretto ed economico, non debbano essere gli impianti acquedottistici a dover adattarsi, in ogni evenienza, all’utente bensì sia opportuno costringere quest’ultimo ad adeguarsi alle disponibilità idriche, alle migliori condizioni di funzionamento degli impianti che, per la cause più disparate, possono anche incontrare difficoltà di vario genere. Quando poi, ed è questa la condizione raggiunta con la regolazione del secondo tipo di cui si darà più avanti spiegazione, questi ultimi risultati si ottengono con una consegna corretta dell’acqua al domicilio dell’utenza e cioè con portate e pressioni sempre adeguate alle sue esigenze. si può dire di aver raggiunto l’optimum. Il metodo di regolazione delle pompe a velocità variabile di cui si discute consiste nell’imporre, indipendentemente da ogni fattore esterno, di mezzora in mezzora e per tutte le 24 ore, la velocità di rotazione che la pompa deve assumere durante la giornata e quindi, giorno per giorno per l’intera settimana. Quest’ultima, se non intervengono modifiche da parte del personale, si ripete all’infinito. Come si vede si tratta di una regolazione basata solo sull’esperienza degli addetti alla gestione che, conoscendo le esigenze della rete, fanno svolgere alla centrale quelle funzioni che ritengono più adatte tenuto conto di numerosi fattori : Ad esempio se la rete è sottodimensionata si può ovviare alle deficienze che ne derivano abbondando nella pressione di esercizio; nei periodi di scarsa producibilità delle fonti, visto e considerato che la portata totale assorbita da una rete di distribuzione acquedottistica varia sensibilmente al variare della sua pressione di esercizio, si possono ridurre le pressioni di esercizio fino ad ottenere le necessarie economie pur assicurando una corretta consegna dell’acqua all’utenza ecc.- ecc.
Sulla regolazione in oggetto si devono fare, inoltre, alcune precisazioni.
Se si esaminano le curve portata/pressione manometrica totale di una pompa al variare della sua velocità di rotazione, si nota come esse consistano in un fascio di curve quasi parallele tra di loro, ognuna delle quali rappresenta, per le varie velocità, gli elementi caratteristici di funzionamento della pompa stessa. Vi si evince che, per tutto il periodo in cui in cui viene mantenuta la stessa velocità, la pompa si comporta esattamente come se essa fosse una normale macchina a giri fissi : può quindi variare la portata d’acqua sollevata in funzione della pressione di pompaggio. Quando la sua velocità di rotazione viene cambiata si assegnano alla pompa le caratteristiche di una nuova pompa a giri fissi identica alla precedente ma che, girando ad una diversa velocità, ha una diversa curva caratteristica. Anche in questo caso e per tutto il periodo in cui permane quest’ultima velocità la pompa può, in maniera del tutto analoga, variare la nuova portata sempre in funzione della pressione e sulla base della propria curva caratteristica. In ognuna delle situazioni indicate esiste un campo abbastanza vasto entro il quale la macchina può lavorare con buoni rendimenti meccanici ed elettrici. Da quanto precede si capisce come il fatto di aver prefissato per un determinato intervallo di tempo la velocità di rotazione della pompa, significa aver predefinito per l’intervallo medesimo dei valori di portata e pressione che non sono tassativi in quanto sarà la pompa ad adeguarli istante per istante alle richieste reali della rete variandoli secondo le indicazione della curva caratteristica valida per quella velocità. Se a tali prerogative aggiungiamo il fenomeno citato in precedenza in base al quale la portata assorbita dalla rete di distribuzione dell’acquedotto si autocorregge al variare della pressione di funzionamento si capisce come con la regolazione a giri imposti si possano realmente ottenere buoni risultati. Un esempio potrà chiarire meglio i concetti.
Supponiamo di conoscere la portata e pressione ideali che alle ore 10 la centrale dovrebbe avere e che esse siano pari a 250 l/s con una pressione di 35 m. cui corrisponde una velocità di 2000 giri. Supponiamo anche che l’operatore abbia commesso un errore fissando una velocità di soli 1900 giri., velocità che la pompa assumerà allo scoccare delle ore 10 senza naturalmente riuscire a dare la richiesta portata di 250 l/s. Essa, viste le maggiori richieste di portata della rete, tenderà ad avvicinarsene a scapito della pressione di esercizio che invece di 35 m sarà ad esempio di soli 30 m. In virtù del fenomeno prima descritto, la minor pressione provoca allora in rete un calo della richiesta d’acqua per cui la stabilità di regolazione sarà presto raggiunta, ad esempio con 240 L/s ad una pressione di 32 m. Esaminiamo ora l’ipotesi opposta e cioè che l’operatore abbia commesso un errore in eccesso predisponendo per le ore 10 una velocità di 2100 giri al minuto. In tale evenienza la pompa costringerà l’utenza ad aumentare il consumo e la stabilità potrà ad esempio essere trovata a 260 l/sec e pressione a 38 m. Si potrà constatare come , nell’esempio, l’utenza sia sempre soddisfatta rientrando l’errore di funzionamento entro normali limiti di tolleranza, con delle anomalie che, in pratica, non sono nemmeno avvertite dall’utente, ma con una differenza sostanziale: mettere a disposizione dell’ente gestore due possibilità da adottare a seconda dei casi. La prima che consente di trarre una economia sia nei consumi energetici di sollevamento sia nella portata assorbita dalla rete che risulteranno ambedue più contenute, la seconda che dà la possibilità di migliorare il servizio idrico per la maggior pressione di consegna dell’acqua all’utente, a prezzo di un dispendio energetico e di un consumo idrico più elevati. Si capisce da questo esempio come siano possibili, tramite una accorta programmazione delle velocità orarie, consistenti economie energetiche soprattutto nei momenti di basse e bassissime portate. Durante la notte, quando i consumi dell’utenza sono quasi nulli, si può imporre una bassa velocità della pompa e quindi ridurre notevolmente la pressione di esercizio ottenendo il vantaggio di una minor spesa energetica di sollevamento e minori perdite occulte di rete. Invece di giorno e soprattutto nei periodi estivi nei quali la richiesta idrica è notevole, è possibile abbondare nella pressione al fine di dare il massimo comfort. Due sono i problemi che deve affrontare il personale addetto: far lavorare la pompa entro i limiti di buoni rendimenti meccanici, e contenere i consumi entro la disponibilità reale delle fonti e degli impianti. Ambedue devono essere risolti con una attenta programmazione delle velocità di rotazione della pompa ottenuta sperimentalmente verificando settimana per settimana i risultati in fatto di soddisfacimento dell’utenza, di consumo energetico, di disponibilità delle fonti, di perdite occulte soprattutto notturne ecc. ecc.: Anche il bilancio economico del Consorzio risente della programmazione oraria in quanto una utenza servita con pressioni di esercizio elevate tende a consumare più acqua di quella con pressioni ridotte al minimo. Ne risultano maggiori introiti per vendita d’acqua ma maggiori spese energetiche e maggiori perdite di rete.
Tutte le verifiche descritte ed i vantaggi che ne possono derivare, non ultimo il citato controllo dei rendimenti meccanici, non sussistono con la regolazione automatica del primo tipo mediante la quale si ordina semplicemente al sistema di seguire le richieste d’utenza qualunque esse siano In tal caso, pur risultando comunque e sempre soddisfatta l’utenza, può accadere di rifornirla con pressioni inutilmente elevate, di far lavorare la pompa fuori rendimento, non realizzare le economie notturne, non ovviare ad eventuali deficienze di rete ecc. ecc.
Nella pratica di esercizio reale si è potuto constatare che l’aver adottato per oltre un ventennio il sistema di regolazione del secondo tipo cioè quello a giri imposti stagione per stagione ha ottenuto buoni risultati e reso possibile la risoluzione di numerosi problemi inerenti soprattutto la continua variazione di consistenza delle reti costruite per lotti successivi , la grave deficienza iniziale della rete di distribuzione di Bibione, che ha visto il nuovo acquedotto consorziale limitarsi per un lungo periodo ad integrare gli obsoleti acquedotti preesistenti con tutti i problemi tecnici che ciò ha comportato.
In definitiva l’intervento del personale di servizio è consistito esclusivamente nel fissare quelle velocità di rotazione della pompa che l’annata precedente aveva confermato come valide per ciascuna stagione, e nell’apportare, in qualche caso , degli interventi correttivi , nel corso dei controlli che settimanalmente devono comunque farsi alla centrale. La grande elasticità degli impianti ha fatto il resto . Soprattutto durante i periodi di forti consumi che sono quelli più difficili da gestire, si è visto che pompe molto grosse come quelle di Savorgnano grazie alla loro curva caratteristica portata/pressione poco pendente, possiedono una grande adattabilità alle richieste della rete alimentata e possono, per una medesima velocità di rotazione, variare notevolmente la portata sollevata senza che la pressione manomentrica totale abbia, per questo, subire grandi cambiamenti rispetto quella auspicata
A chiusura delle spiegazioni sulla regolazione dell’impianto di Savorgnano e volendo definire sinteticamente i due sistemi di regolazione prima descritti si potrebbe dire che il primo è un sistema tutta tecnologia e che pertanto è perfetto ma freddo, insensibile alle bizze e ai difetti del comprensorio mentre il secondo è un sistema umano, vivo che consente al personale, venuto a contatto giorno per giorno con la reale situazione dell’approvvigionamento idrico di un territorio così vasto e variegato, di procedere con continuità ai necessari adeguamenti ottenendo, alla fine, non un casuale ma ragionato ed ottimale uso degli impianti.
Una ulteriore notizia sulla reale consistenza della centrale di Savorgnano che può risultare di un qualche interesse è quella relativa alle caratteristiche del pompaggio diretto in rete e dei colpi d’ariete che tale sistema inevitabilmente trasmette in condotta. A tale riguardo si deve subito dire che il problema non è in pratica mai esistito pur non essendo mai state installate le casse d’aria che il progetto originario prevedeva. I buoni risultati ottenuti sono da attribuirsi alla presenza di un by-

Questa macchina, allora considerata soltanto un giocattolo per ragazzi, ha effettuato, per un decennio e  da vero precursore, la regolazione automatica della centrale di sollevamento di Savorgnano, dotata di pompe a corrente continua.—

 

 

 

 

 

 

pass con valvola di ritegno di grande diametro e munita di contrappeso, la quale, aprendosi da sola, consentiva, al momento dello stacco delle pompe per mancanza di corrente, di alimentare la rete in diretta dai collettori dei pozzi e quindi di annullare l’inconveniente più grave che è quello che si verifica in tali occasioni. Senza interruzione di corrente elettrica nessun problema può derivare agli impianti in quanto tutte le pompe si avviano e si arrestano a bocca chiusa con successiva apertura graduale della saracinesca posta nella mandata. Una volta avviate non esiste alcun problema essendo le grosse pompe, che sono le sole a poter creare problemi, munite di regolazione graduale della velocità

 

3.2. LA RETE DI ADDUZIONE

La rete di adduzione è costituita da una condotta principale del diametro variabile da 550 a 600 mm che, per una lunghezza di circa 45 Km attraversa tutto il comprensorio del consorzio da nord a sud e da alcune diramazioni che la collegano con i centri abitati da servire.

 

3.3. LE RETI DI DISTRIBUZIONE

Lo schema adottato nella realizzazione dell’acquedotto consorziale prevedeva in ogni centro abitato da servire di una certa importanza una rete di distribuzione locale generalmente a maglie chiuse e munita di proprio serbatoio di compensazione giornaliera delle portate , anche se, come vedremo, quest’ultimo risultato non può dirsi pienamente raggiunto.
L’alimentazione della rete ha luogo, nella parte nord del comprensorio, dove la linea piezometrica dei carichi idraulici è sempre molto elevata rispetto al suolo, direttamente dalla rete di adduzione la quale, in tal caso, alimenta i serbatoi pensili posti in testa alla rete e che effettuano l’interruzione idraulica tra adduzione e distribuzione. In quei casi in cui i serbatoi pensili non sono ancora costruiti e nei centri di modestissime dimensioni, non esiste soluzione di continuità tra adduzione e distribuzione essendo quest’ultima collegata direttamente all’adduttrice..
Nella parte sud del comprensorio l’acqua accumulata nei serbatoi di compenso a terra viene risollevata tramite adeguati impianti di risollevamento. per essere immessa nei serbatoi pensili posti in testa alla rete. Anche in questo caso la compensazione delle portate non ha generalmente luogo a causa delle note difficoltà di regolazione che si incontrano ma è invece la centrale di Savorgnano che deve seguire le punte di consumo e ridurre la notte la portata consegnata nei serbatoi di accumulo. Vedremo nel seguito come le particolarità dell’impianto di Bidione consentano di ovviare, almeno in parte, a tale inconveniente

 

3.4. GLI IMPIANTI LOCALI PER L’ACCUMULO, LA COMPENSAZIONE GIORNALIERA DELLE PORTATE ED IL RISOLLEVAMENTO DELL’ACQUA

Come già spiegato ogni centro abitato di una certa importanza è dotato di proprio serbatoio di accumulo che in teoria dovrebbe effettuare la compensazione giornaliera delle portate prelevando dalla rete di adduzioone la portata media giornaliera. In un complesso come quello in argomento dotato di una rete di adduzione che lavora a pressioni variabilissime da un istante all’altro e da una giornata all’altra il funzionamento ottimale dei serbatoi potrà aversi solo quando sarà funzionante il sistema di telecomando e telecontrollo che provveda alle regolazioni del caso. Nella situazione che si descrive nel presente lavoro, i serbatoi di accumulo sono dotati semplicemente di una valvola di efflusso a galleggiante che provvede a chiudere l’immissione a serbatoio pieno. E’ chiaro chi in tale situazione e con una rete di adduzione che generalmente ha pressioni in esubero, i serbatoi, di accumulo sono sempre pieni e che è la centrale di Savorgnano a dover svolgere la funzione di compensare le portate, Fa eccezione il grande serbatoio di Bibione che, essendo regolato a livelli giornalieri imposti, può sfruttare in ogni giornata tutto il volume disponibile quindi può in parte ovviare a questa anomalia.

 

3.5. L’IMPIANTO DI BIBIONE
Esempio di grafico giornaliero dei livelli da imporre minuto per minuto al serbatoio0 di Bibione

La rete di distribuzione del centro turistico balneare di Bibione sito all’estremità sud del territorio è dotata di un impianto di accumulo e sollevamento di recente costruzione con un serbatoio a terra da 20.000 mc per la compensazione giornaliera delle portate nel quale ha termine la rete di adduzione consorziale. A lato del serbatoio esiste l’impianto di sollevamento che preleva l’acqua accumulata per immetterla in rete, tramite delle normali pompe centrifughe funzionanti in parallelo essendo comandate dai galleggianti installati nel preesistente serbatoio pensile. La regolazione delle portate d’acqua da immettere in serbatoio, e che, dati i notevoli volumi che d’estate sono necessari per soddisfare il fabbisogno, condizionano pesantemente il funzionamento idrico dell’intero comprensorio, è stata oggetto di un attento studio. La soluzione adottata prevede la possibilità di imporre al serbatoio una curva giornaliera dei livelli d’acqua che vi si debbono verificare indipendentemente dalle richieste dell’utenza. In pratica, scelta la giornata di consumo massimo e rilevato l’andamento effettivo che durante le 24 ore meglio si presta a coprire i consumi di punta tenendo conto anche di un certo volume di riserva da conservare per i casi di emergenza, si è deciso che il serbatoio debba ripetere esattamente detto andamento anche per tutte le altre giornate. In pratica è possibile memorizzare nei quadri di comando e controllo dell’impianto una serie di valori che rappresentano di mezzora in mezzora i livelli che saranno imposti dal dispositivo automatico tramite una attenta regolazione della valvola di immissione dell’acqua in serbatoio. Ciò significa che durante il giorno di massimo consumo il serbatoio, prelevando dalla adduttrice la portata media giornaliera, si riempirà totalmente la notte e, svuotandosi il giorno successivo, eseguirà esattamente la compensazione della portata. Nelle altre giornate, soprattutto in quelle di bassi consumi, il serbatoio dovrà, perchè è questa la condizione imposta dal dispositivo automatico di comando e controllo, svuotarsi di giorno dello stesso volume d’acqua delle altre giornate, contribuendo in tal modo a ridurre l’apporto giornaliero di acqua proveniente dalle fonti di Savorgnano nel mentre sarà durante la notte che il serbatoio dovendo, per la stessa ragione, riempirsi totalmente, provocherà un maggior richiamo d’acqua dalle fonti medesime La conclusione è ovvia. Il serbatoio di Bibione, in tutti le giornate, escluse soltanto di quelle di massimo consumo , e soprattutto in quelli in cui i consumi si mantengono su valori più modesti, effettua una importante azione calmieratrice di tutto il comprensorio accumulando di notte un volume il più grande possibile e quindi in esubero rispetto al fabbisogno del momento ma che sarà interamente utilizzato il giorno successivo per alimentare la rete di distribuzione. Di conseguenza il funzionamento della centrale di Savorgnano, che come noto si trova a 45 Km di distanza può ricavarne un notevole beneficio annullando o almeno riducendo il divario fra la sua produzione notturna e quella giornaliera . Si può dire che il serbatoio di Bibione, con la sua notevole capacità di accumulo, supplisce almeno in parte alla mancata compensazione giornaliera degli altri serbatoi, del comprensorio, serbatoi che, per le ragioni già spiegate, risultano sempre pieni o quasi pieni.
Altri vantaggi notevoli della soluzione scelta sono:
– un miglior funzionamento meccanico dell’impianto di Savorgnano chiamato a sollevare una portata con escursioni giorno/notte relativamente modeste,
– un prelievo di falda artesiana il più costante possibile che garantisce una miglior conservazione nel tempo delle ottime qualità oggi possedute dalla falda medesima
– una maggior pressione e quindi maggior producibilità d’acqua che si riscontra nei periodi notturni nella falda artesiana essendo minori i prelievi notturni effettuati dagli altri utilizzatori della medesima falda, ed essendo, nel medesimo tempo, evitati i prelievi di punta
Il tutto si traduce in un ulteriore minor consumo energetico nel sollevamento dell’acqua-.
Ulteriori spiegazioni sulle modalità di regolazione dei serbatoi a livelli giornalieri imposti possono aversi dall’articolo “La regolazione dei serbatoi di compensazione giornaliera” su questo stesso sito

 

4. RAFFRONTO TRA SCHEMA ACQUEDOTTISTICO REALIZZATO E SCHEMA TRADIZIONALE

La descrizione fatta degli impianti acquedottistici del Consorzio Basso Tagliamento rende da sola una chiara idea dei risultati ottenuti sia nel dimensionamento degli impianti che, grazie alle straordinarie doti di flessibilità della centrale di Savorgnano, hanno potuto di fatto essere dimensionati per la portata media annua, sia nella gestione che si svolge per la stragrande maggioranza delle giornate dell’anno tipo con pressioni di funzionamento della rete di adduzione basse o medio basse riservando l’alta pressione a pochissime giornate durante l’estate. Ben diverso sarebbero state sia le spese di costruzione sia quelle di gestione se, come prescrivono le regole classiche, tutti gli impianti fossero stati dimensionati per la punta estiva. Innanzitutto a Savorgnano non si sarebbe potuto certamente costruire il prescritto serbatoio di carico di un’altezza di 110 m corrispondente alla attuale pressione estiva di pompaggio. Si sarebbe invece dovuto modificare il diametro della condotta adduttrice principale passando da 600 mm a 800 con evidente maggiori difficoltà e spese di costruzione.
Ma anche l’esercizio ne avrebbe risentito negativamente obbligando a mantenere durante un’intera annata delle pressioni inutilmente elevate

 

5. PROSPETTIVE FUTURE

Non è noto a chi scrive la situazione attuale degli impianti acquedottistici del Basso Tagliamento a seguito della unificazione già avvenuta o quella che avrà luogo in ottemperanza alle leggi oggi in vigore sulla costituzione degli acquedotti. Si può però affermare che gli impianti realizzati e sommariamente descritti in questa nota possono senza dubbio integrarsi in un qualunque complesso più importante e ciò soprattutto grazie alle grande elasticità di funzionamento che gli sono proprie. L’utilizzazione dei moderni impianti di telecontrollo e telecomando di cui senz’altro l’insieme acquedottistico sarà dotato, consentirà ad un’opera di presa e sollevamento come quella di Savorgnano, di produrre e sollevare una consistente portata di ottima acqua potabile adeguando il proprio funzionamento alle richieste le più disparate. Al medesimo tempo una rete di adduzione come quella descritta potrà anch’essa integrarsi in una qualunque rete di maggiori dimensioni dimostrandosi, così come lo è stata in questi decenni, atta a svolgere il servizio acquedottistico in maniera ottimale. Infine l’impianto di Bibione con la grande capacità di accumulo opportunamente controllato dal citato impianto di telecomando potrà sicuramente dare risultati ancora migliori di quelli passati.
Piccoli impianti locali. Su questo argomento chi scrive ha maturato una convinzione, chiaramente espressa negli articoli di questo sito, in base alla quale i serbatoi pensili posti in testa alle varie piccole reti siano da bandire oppure da utilizzare in maniera completamente diversa da quella in uso. Se si vorrà adottare tale tecnica si dovranno apportare delle modifiche agli impianti di sollevamento e, nel mentre si dovrà evitare di costruirne di nuovi come un tempo era previsto per i centri più a nord del Consorzio e precisamente per Gruaro, Teglio e Fossalta, bisognerà assegnare a quelli esistenti una mera funzione di riserva lasciandoli pieni d’acqua ma, praticamente, esclusi dalla rete. Si potrà in tal modo graduare ora per ora la pressione di esercizio adeguandola alle reali necessità dell’utenza e diminuendo al tempo stesso la spesa energetica di sollevamento e la percentuale di perdita occulta.

 

6. CONCLUSIONI

Si sono illustrati sommariamente alcuni aspetti costruttivi e di esercizio di un importante acquedotto consorziale nonchè la grande elasticità di funzionamento dei suoi impianti che ha permesso di adeguare il servizio idrico alle richieste idriche di un’utenza variegata nello spazio e nel tempo come quella in argomento. Di particolare interesse la centrale di Savorgnano che, grazie all’adozione di tre distinti sistemi di alimentazione della rete e rispettivamente a gravità, pompaggio a bassa pressione e pompaggio a pressione variabile, ha potuto alimentare i piccoli centri abitati sparsi nel suo comprensori e contemporaneamente il centro turistico-balneare di Bibione che d’estate, passa da 3000 a 150.000 abitanti da servire. Anche le particolarità di regolazione del serbatoio di Bibione, sommariamente descritte, presentano un certo interesse
E’ stato anche fatto un cenno alle possibilità future di adattamento degli impianti alle situazioni particolari che deriveranno a seguito dell’ampliamento del consorzi

INDIETRO AVANTI

PERDITE OCCULTE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DEGLI ACQUEDOTTI MONTANI: UN MALE NECESSARIO?

1) PREMESSA

Una delle caratteristiche delle reti di distribuzione d’acqua potabile nei territori montani e funzionanti con pressione di esercizio elevate è quella di accusare notevoli perdite occulte. Non sono rari i casi in cui l’acqua dispersa nel terreno supera il 50% di quella totale immessa in rete. Si tratta di un fenomeno molto diffuso e che, oltre alla citata dispersione di quel bene prezioso che è l’acqua potabile, comporta anche un sensibile danno economico di gestione.
Nella nota si dimostra come la presenza delle perdite in quantità così rilevante presenti, paradossalmente, un aspetto positivo e come sia impossibile e comunque non consigliabile, a meno di una radicale modifica dell’assetto acquedottistico, la loro eliminazione.

 

2) DESCRIZIONE DEL PROBLEMA

Un funzionamento regolare della rete di distribuzione d’acqua potabile richiede una piezometrica il più possibile parallela al suolo e con valori di pressione relativa compresi tra un minimo di 20 ed un massimo di 50 metri di colonna d’acqua rispetto al terreno.
Nel mentre tale risultato è facilmente raggiungibile nei territori di pianura, non può dirsi altrettanto in presenza di notevoli dislivelli altimetrici del suolo come accade nei centri abitati posti in collina o in montagna. Le modalità da seguire in quest’ultimo caso, in dettaglio spiegate nell’articolo “LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI CON NOTEVOLI DISLIVELLI TOPOGRAFICI”  con suddivisione nei relativi sottocapitoli,  richiedono  particolari accorgimenti come la suddivisione della rete in tante sottoreti altimetricamente omogenee e di altezza contenuta entro determinati limiti, ognuna funzionante con pressioni opportunamente regolate.. Tali modalità, da considerarsi ottimali ed atte, esse sole, a garantire una piezometrica sempre parallela al suolo e di valore adeguato, sono però raramente adottate essendo piuttosto gli Enti Gestori degli acquedotti orientati verso reti unificate, indipendentemente dalla conformazione altimetrica del territorio, in tutto il comprensorio da alimentare. Ne risulta un servizio idrico semplificato sia nella costruzione degli impianti e sia nella loro gestione che presenta però i difetti indicati ed in particolare una pressione nelle condotte assolutamente inadeguata ed estremamente variabile durante la giornata. Essa assume valori normali soltanto durante le ore di maggior consumo in quanto è allora che diventa parallela al suolo. Man mano che la richiesta idrica diminuisce la pressione aumenta fino ad avvicinarsi al livello statico. Si hanno allora in condotta valori di pressione così elevati da causare vari inconveniente come sarà dimostrato.
Immaginiamo una rete unitaria alimentante un centro abitato posto su un pendio con 300 m di dislivello. La pressione, contenuta entro normali valori quando i consumi sono elevati, per consumi prossimi allo zero assume, nella parte bassa del territorio, valori di circa 300 m sul suolo, valori quindi assolutamente inaccettabili. Suddividendo la rete in 5 sottoreti dell’altezza media di circa 50 m. si otterrebbe invece una pressione sempre parallela al suolo , sia durante le ore di forte consumo e sia nei periodi di bassi consumi. Nel mentre quanto descritto per quest’ultima rete è da ritenersi realistico in quanto essa è, in tal caso, atta a mantenere le pressioni citate, sia pur con un andamento a gradini, diventa pura teoria se si parla di rete unificata. In tal caso, infatti, viene a prendere corpo una tendenza di autocorrezione della pressione dovuta ad una miriade di piccole perdite occulte che, aumentando a dismisura la portata d’acqua dispersa nel terreno, fanno diventare il funzionamento a consumo zero e quindi il livello statico della piezometrica di rete soltanto un irraggiungibile miraggio: in sede di reale esercizio la portata di perdita si modula in continuazione e del tutto automaticamente e, ai valori minimi durante i periodi di forte consumo, diventa preponderante durante la notte e i rimanenti periodi di consumo nullo dell’utenza provocando perdite di carico così importanti da far rientrare la pressione di rete entro valori tollerabili.

Le conclusioni cui si perviene possono essere così sintetizzate:

1. La portata delle perdite occulte nelle reti montane di tipo unificato, anche se sottoposte a continua ricerca ed eliminazione delle falle, sono variabilissime a seconda del periodo che si considera e cioè sono minime durante le ore di grande richiesta idrica dell’utenza per diventare preponderanti durante le ore di consumo minimo e particolarmente durante la notte;
2. Le perdite occulte della rete di cui al precedente punto 1, nel mentre costituiscono un grave danno per la dispersione di preziosa acqua, costituiscono un irrinunciabile fattore di regolazione della pressione che, senza le perdite, sarebbe assolutamente inaccettabile.
3. L’eliminazione delle perdite occulte in una rete come quella in argomento è impossibile da attuarsi. Nella reale gestione degli acquedotti ci si deve, paradossalmente, limitare alla riparazione delle grosse rotture delle tubazioni nel mentre quelle derivanti da falle di piccola entità, sempre presenti ed essendo molto sensibili alla variazione di pressione, effettuano la regolazione automatica della pressione di esercizio contribuendo in maniera determinante a riportarla entro valori corretti;

4. Il funzionamento di una rete montana unitaria come quella in argomento può considerarsi, come già indicato, paradossale in quanto si arriva a concludere che le perdite occulte sono utili.

Una riserva deve essere formulata per l’alimentazione di piccoli e piccolissimi centri urbani per i quali non si giustifica la costruzione di reti complesse dovendo invece preferire l’adozione di reti unificate le quali, pur se soggette a tutti i difetti descritti, costituiscono alla fin fine ìla soluzione più razionale ed economica.

Nell’articolo ” la rete acquedottistica integrata nel territorio ”  è descritta una rete di distribuzione del tutto particolare ed atta a superare i problemi descritti grazie alla sua conformazione ed alla presenza di serbatoi idropneumatici

 

C) CONCLUSIONI

L’esame critico del funzionamento idraulico delle reti di distribuzione d’acqua potabile di cui sono normalmente dotate le aree urbane site in montagna o in collina ed aventi quindi forti dislivelli del suolo, pur in assenza di dati reali di funzionamento come la misura delle perdite durante le varie ore della giornata, ha portato alla conclusione che la presenza di rilevanti perdite occulte che le caratterizza presenta un duplice e contraddittorio aspetto. Da un lato rappresentano un notevole danno dato dalla eccessiva dispersione d’acqua nel terreno e dall’altro un vantaggio in quanto svolgono una importante azione di regolazione della pressione che, in caso contrario assumerebbero valori insostenibili.
Si è anche arrivati a concludere che l’eliminazione totale delle perdite dalle reti in argomento è praticamente un traguardo irraggiungibile se non con una diversa costituzione del servizio acquedottistico. E’ stata anche formulata una riserva per i centri urbani di piccola e piccolissima estensioni per i quali è tollerabile la presenza di una rete unificata. Nella parte finaleè citata una particolatre conformazione della rete atta a superare razionlmente molti dei difetti citati.

 

 

RETE DI DISTRIBUZIONE CON PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

 

Viene qui ripresa in esame la rete di distribuzione nell’articolo “LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI DI NOTEVOLE DISLIVELLO TOPOGRAFICO CON SERBATOI DI COMPENSAZIONE GIORNALIERA DIFFUSI” la quale, essendo alimentata da una fonte sita a quota elevata, può funzionare interamente a gravità e si presta a interessanti considerazioni sulla possibilità produrre energia elettrica.

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Fig 1 = Schema idraulico della soluzione originale di rete con serbatoi diffusi 

Per promemoria ne viene riprodotto nella fig. 1 lo schema idraulico.La prima deduzione logica è quella di prevedere che le valvole che in detto articolo sono previste per regolare i livelli dei serbatoi di compensazione giornaliera siano sostituite da turbine-alternatori del tipo di quelli precedentemente descritti ottenendo il vantaggio di trasformare, come già indicato, la dissipazione del carico in produzione di energia.
Viene ora proposta una variante in grado di offrire, in alcuni casi, diversi vantaggi ed in particolare una notevole semplificazione nella costituzione e nell’esercizio della rete, un miglioramento della pressione generale di esercizio ed infine una buona produzione di energia elettrica ottenuta dallo sfruttamento dell’eccesso di carico idraulico che spesso vi sussiste.
E’ ben noto come nelle reti montane o comunque in grado di alimentare l’utenza direttamente a gravità, risulti difficoltoso mantenere una piezometrica parallela al suolo in tutte le condizioni di esercizio. Si tratta di strutture dimensionate per un funzionamento ottimale nel periodo critico e cioè durante i consumi di punta e che pertanto nelle restanti situazioni denunciano una piezometrica che tende tanto più ad avvicinarsi alla linea idrostatica quanto più diminuiscono i consumi. Ne derivano un eccessivo aumento della pressione di funzionamento delle condotte, una anomala consegna del’acqua all’utenza e dannose perdite occulte d’acqua. In altri termini il funzionamento ottimale degli acquedotti di cui si discute sarebbe quello a portata pressoché costante che fosse in grado quindi di escludere le piccole portate. In questo senso è altresì noto il provvedimento, provvidenziale per il miglioramento della pressione di esercizio ma che sarebbe assolutamente da evitare per i danni che ne derivano, attuato da madre natura in molte reti e cioè il notevole aumento delle perdite occulte che si viene ad avere tutte le volte che la pressione aumenta e che attua l’imperativo citato di portata comunque elevata in condotta (vedi articolo “PERDITE OCCULTE  DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DEGLI ACQUEDOTTI MONTANI: UN MALE NECESSARIUO?“. Si arriva alla conclusione paradossale in base alla quale le perdite occulte degli acquedotti sarebbero del tutto vantaggiose. Essendo evidente la necessità di raggiungere il risultato in altro modo, si illustra una soluzione che ha origine proprio dal concetto appena esposto e cioè dalla opportunità di mantenere in condotta una portata pressoché costante.

Le condizioni di base qui considerate consistono in fonti naturali che si presumono a portata costante e poste in posizione sopraelevata rispetto all’utenza rendendo realistiche due condizioni necessarie per attuare la nominata costanza di portata e cioè poter disporre di:
1) acqua in quantità esuberante rispetto al fabbisogno;
2) carico idraulico in eccesso rispetto alle necessità per il suo trasporto fino all’utente.

Per poter evitare ogni diminuzione nella portata addotta al verificarsi di un minor fabbisogno dell’utenza, è qui previsto di destinare tutta l’eccedenza d’acqua alla produzione di energia elettrica ottenuta tramite le turbine-alternatori di cui si è parlato nel capitoli precedenti.
Un esempio di rete relativa alla alimentazione dello stesso territorio di cui all’articolo prima citato che si ritiene atta a rendere più evidenti le varianti da apportare e più facili i confronti dei risultati, viene illustrata nella fig. 2 allegata.

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Fig 2 = Schema idraulico della rete con serbatoi diffusi modificata

Si può notare come il nuovo schema idrico sia anch’esso composto da una rete di adduzione munita di serbatoi diffusi e da altrettante valvole di regolazione ognuna delle quali, inserita a valle del punto di alimentazione del serbatoio annesso, è asservita alla curva di riempimento-svuotamento del serbatoio medesimo. Nel punto più basso del territorio si trova la centrale di produzione della corrente elettrica tramite turbine alternatori dello stesso tipo di quelli già descritti e quindi in grado di modulare la portata in arrivo sulla base delle necessità di pressione che bisogna conservare minuto per minuto in rete. Ogni valvola (in figura ubicate nei punti B,C,D,E,F), ovviamente comandata dall’impianto di telecontrollo centrale, chiude di più l’adduttrice quando il livello del suo serbatoio deve crescere e la apre in caso contrario. Ad esempio quando un serbatoio si trova ad un livello inferiore di quello stabilito per l’orario del momento, la valvola strozza un po’ l’adduttrice in modo da aumentare l’immissione d’acqua, quando invece il serbatoio ha raggiunto il livello prestabilito la valvola si apre completamente facendo defluire tutta la portata verso valle. Una modulazione delle valvole così concepita è atta ad alimentare minuto per minuto i vari serbatoi secondo la curva giornaliera di livello preimpostata, senza ridurre minimamente la portata totale addotta e con il risultato essenziale di una pressione generale dell’adduzione parallela al suolo per tutta la gamma di possibili consumi dell’utenza a partire da quelli massimi dell’ora di punta in cui tutta la portata viene consegnata all’utenza assieme a quella precedentemente invasata dai serbatoi, passando per quelli minimi notturni con serbatoi in fase di riempimento in cui la portata è equamente divisa tra serbatoi e turbina e per finire a quella minima notturna con utenti a consumo prossimo allo zero e con serbatoi già pieni, in cui tutta la portata prodotta dalle fonti viene deviata nella turbina per produrre energia elettrica. Al soddisfacimento dello scopo di partenza così raggiunto deve aggiungersi un ulteriore importante risultato e cioè la possibilità di eliminare ogni altra regolazione della rete di distribuzione secondaria la quale, essendo costituita da condotte ad andamento pressoché orizzontale a partire dai punti di allacciamento con le condotte adduttrici fino ad arrivare all’utenza, può usufruirne senza bisogno delle valvole di regolazione e delle apparecchiature di misura e trasmissione delle pressioni condotta per condotta che erano prescritte nella soluzione originale dell’articolo prima citato. Si tratta quindi di una notevole semplificazione costruttiva e di esercizio che rende la soluzione in argomento particolarmente interessante.


Da rilevare come nelle ore diurne tutta la portata eventualmente in eccesso rispetto alla richiesta idrica dell’utenza rimanga nella rete di adduzione e possa quindi essere interamente sfruttata nel punto G per l’azionamento della turbina-alternatore nel mentre in tutti i periodi notturni dell’anno tipo ed allorché i serbatoi hanno raggiunto il livello di massimo invaso, tutte le valvole siano completamente aperte e l’intera portata delle fonti resti disponibile per l’azionamento della turbina. E’ altrettanto evidente che, essendo le punte di consumo statisticamente poco frequenti durante un’intera annata, si avranno molteplici e prolungate occasioni di grande disponibilità di acqua ai fini idroelettrici.
Per quanto riguarda l’esercizio delle turbine alternatori restano validi i concetti già spiegati e cioè che deve trattarsi di turbine con possibilità di regolazione tramite il sistema centralizzato di telecontrollo e telecomando della rete il quale deve modularne il funzionamento in funzione dei carichi idraulici che si rendono via via disponibili e garantendo una pressione sufficiente per l’alimentazione dei vari serbatoi a loro volta muniti di valvola di regolazione della portata immessa in funzione della curva giornaliera dei livelli da mantenere minuto per minuto.

Per far risaltare i vantaggi della innovativa soluzione qui proposta , e per rendere più chiari i concetti di base viene descritta un’applicazione della metodologia su una rete semplice e che nella realtà si riscontra frequentemente.

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Fig. 3 = Profilo schematico di una rete tradizionale funzionante a gravità e con serbatoio di carico della rete di distribuzione regolato tramite valvola di efflusso a galleggiante

Come risulta dalla figura n. 3 allegata si tratta di una rete di distribuzione alimentata da un serbatoio di compensazione e carico cui perviene, tramite una lunga condotta di adduzione, l’acqua di una fonte posta molto in alto. La regolazione classica normalmente adottata consiste esclusivamente in una valvola di efflusso a galleggiante che si chiude quando il serbatoio raggiunge il massimo livello di invaso. Ne risultano le piezometriche schematicamente indicate nel profilo di fig. 3 da cui si rileva per la distribuzione una funzionalità da ritenersi valida mentre invece per l’adduzione si riscontra gran parte dei difetti precedentemente descritti e cioè una piezometrica corretta solo quando viene addotta la portata massima. Non appena la valvola di efflusso si chiude avendo il livello in serbatoio raggiunto quello di massimo invaso, la piezometrica tende ad avvicinarsi alla linea idrostatica provocando i ben noti inconvenienti.

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Fig. 4 = Profilo schematico di una rete modificata funzionante a gravità e con serbatoio di carico della rete di distribuzione regolato tramite turbina alternatore

Nella figura n. 4 allegata è rappresentata la stessa rete modificata per adeguarla alle modalità che si vogliono propugnare. Si notino la valvola di regolazione della adduttrice, posta a valle del serbatoio ed asservita alla curva giornaliera dei livelli che deve osservare l’invaso e le linee piezometriche di funzionamento. Interessante il particolare della condotta adduttrice che ha una pressione costante e sempre parallela al suolo e quindi, qualora vi fossero delle derivazioni, esse sarebbero alimentate con un carico idraulico sempre corretto. A sua volta la centrale di produzione idroelettrica svolge il duplice ruolo di regolazione della pressione ottenuta derivando tutta la portata in eccedenza rispetto ai consumi dell’utenza ed inoltre quello secondario di sfruttamento di tutta la portata disponibile per produrre energia elettrica.

Da ultimo si fa rilevare come lo schema idrico descritto ed i risultati che se ne possono avere siano validi anche per reti diverse da quelle prese come esempio. Saranno quindi pienamente compatibili reti magliate anche complesse come pure quelle ramificate, munite di uno o più serbatoi e funzionanti, come raccomandato in questo lavoro, a curva giornaliera imposta ed altresì, seguendo modalità molto diffuse tra gli enti gestori, con invaso sempre al suo massimo livello.

Una critica da farsi al sistema qui proposto riguarda la destinazione finale di una quota parte dell’acqua delle fonti che in realtà viene sottratta al rifornimento idropotabile dell’utenza per essere destinata a tutt’altro scopo come è quello della produzione idroelettrica. Si deve infatti rilevare che soltanto nel giorno di massimo consumo, peraltro a frequenza molto rara durante l’anno tipo, tutta la produzione viene consumata dall’utenza essendo le valvole di regolazione poste a valle dei serbatoi sempre chiuse onde poter trattenere in rete tutta l’acqua disponibile e consentire che i serbatoi compiano il loro compito di compensazione delle portate. Negli altri giorni, e soprattutto in quelli di minor consumo, non viene praticata nessuna economia d’acqua né diminuendo la produzione delle fonti né provvedendo ad immagazzinare quella prodotta in più ma sono invece le turbine ad esplicare in pieno la loro azione sfruttando tutta l’acqua che le fonti riescono a produrre in eccedenza rispetto al fabbisogno.
Sussiste quindi una differenza sostanziale rispetto ai sistemi acquedottistici propugnati nei vari capitoli di questo sito dove viene ripetutamente raccomandata la massima economia nelle fonti ottenuta, tra l’altro, tramite accumulo d’acqua e un razionale sfruttamento dei serbatoi con riduzione della produzione diurna a favore di quella notturna. Invece nella concezione acquedottistica di cui si tratta, l’effetto è diametralmente opposto essendo rivolto verso il totale sfruttamento delle fonti qualunque sia la richiesta idrica dell’utenza. La conclusione è evidente : l’uso qui indicato delle turbine va riservato solo ai casi particolari e caratterizzati da una esuberante captazione d’acqua all’origine. Un valido esempio è rappresentato da una sorgente di acqua naturalmente potabile che scaturisce dalla roccia con portate sempre rilevanti e che aumentano ulteriormente in periodi di piogge intense e prolungate nel tempo. In un acquedotto del genere tutto ciò che viene prodotto in più della richiesta dovrebbe necessariamente essere mandato a rifiuto fin dall’origine qualora non esistessero le turbine di cui si tratta e che, pertanto, svolgono un ruolo determinante. Diverso il caso, invece, di acqua potabile che, pur se posta a quota molto elevata rispetto all’utenza, provenisse da un rio previo trattamento di potabilizzazione oppure da una falda povera. Alla installazione e uso delle turbine sarebbe allora da preferire una produzione limitata allo stretto necessario ed una regolazione della pressione di funzionamento della rete di tutt’altro genere.
Resta in ogni caso confermata la regola generale in base alla quale in tutti gli acquedotti comunque costituiti, ma che siano funzionanti a gravità e che possano essere alimentati da fonti poste a quote particolarmente elevate rispetto ai punti di consegna dell’acqua all’utenza, è conveniente esaminare se esiste o meno la possibilità di produzione energetica di cui si sono proposte alcune varianti. Da tenere in evidenza la funzione assegnata in questo capitolo alla turbina-alternatore di compiere la regolazione della pressione della rete di adduzione declassando ad un ruolo secondario ma ugualmente utile la produzione di energia elettrica.