RETE MONTANA FUNZIONANTE A GRAVITA’

Rete montana funzionante a gravità.

Si esamina qui il caso di territori montani nei quali è possibile captare, ad una quota altimetrica atta alla adduzione diretta a gravità fino al domicilio dell’utenza e quindi senza dover ricorrere all’uso di pompe di sollevamento, acqua potabile in quantità e qualità adeguate all’alimentazione dell’area da servire. Nel mentre in tale evenienza non sussistono, ovviamente, problemi energetici e la costruzione e gestione delle reti di distribuzione, potendo contare su un carico sovrabbondante, si presenta abbastanza facile ed economica, è necessario ricorrere a particolari accorgimenti soprattutto in ordine ad una corretta consegna dell’acqua all’utenza e al contenimento delle perdite occulte, come sarà qui indicato. Lo schema classico prevede che il territorio da servire, anche se suddiviso in tante fasce altimetriche omogenee allo scopo di contenere le pressioni di funzionamento entro valori compatibili con la resistenza delle tubazioni, sia munito di reti di distribuzione uniche per lo più a maglie chiuse ed ognuna alimentata da un serbatoio di testata che garantisce una pressione di partenza costante. Onde far giungere l’acqua in tutte le aree abitate e quindi anche quelle poste più in alto rispetto ad altre, si usa mantenere una pressione di esercizio elevata nel mentre, per ricondurre la pressione stessa entro i normali valori di utilizzazione, ogni allacciamento privato d’utenza è munito di valvola di riduzione. Una rete così concepita presenta notevoli vantaggi sia di costruzione che di funzionalità in quanto sono sufficienti condotte di piccolo diametro per addurre all’utenza, senza alcuna spesa energetica, portate anche notevoli. Sorgono però gravi problemi in ordine alle perdite di rete che, a causa della elevata pressione di esercizio, sono cospicue e richiedono una continua azione di verifica e manutenzione ed in ordine alle modalità costruttive e di riparazione delle tubazioni in quanto devono essere impiegati materiali ed apparecchiature idrauliche appropriate. L’inconveniente si manifesta in maniera preponderante durante i periodi di bassi consumi, soprattutto notturni, durante i quali la piezometrica di rete tende a raggiungere la pressione idrostatica con conseguenti elevatissime pressioni in condotta ed ancora maggiori perdite d’acqua. In realtà la pressione idrostatica non viene mai raggiunta in quanto le condotte di rete sono in continuazione percorse da rilevanti portate dovute soltanto di giorno al consumo dell’utenza nel mentre la notte sono le perdite che, come detto, assumono valori elevatissimi (vedi  “LE PERDITE”). Risulta evidente la necessità di porre rimedio ad una situazione come quella descritta e ciò può aver luogo esclusivamente evitando, per quanto possibile, il funzionamento delle condotte a pressione elevata in quanto è da essa che derivano tutti i problemi. Come ripetutamente indicato il normale funzionamento degli acquedotti in genere e quindi anche di quelli dei territori montani in oggetto, richiede che la pressione di esercizio sia comunque contenuta entro un valore massimo di circa 50 m di colonna d’acqua misurata dall’asse tubo nel mentre il valore di pressione da considerare ottimale può essere definito in 35 m circa. Una soluzione ancora piu’ razionale ed economica è quella che consente di regolare automaticamente la pressione di esercizio in funzione del fabbisogno istantaneo dell’utenza. Per poter rispettare tali regole anche negli acquedotti montani a gravità è necessaria una costituzione totalmente diversa da quella tradizionale che, come già detto, è molto semplicemente costituita da una rete magliata o ramificata estesa senza interruzione idraulica nella parte del territorio da servire anche se avente notevoli dislivelli topografici. La soluzione va ricercata nella suddivisione della tubazioni di rete in due diverse categorie. Alla prima appartengono le condotte, chiamate di adduzione, e che corrono all’incirca lungo le linee di massima pendenza del suolo. Si tratta di condotte totalmente prive di allacciamenti di utenza, costruite con materiali ed apparecchiature atte a sopportare le elevate pressioni di esercizio cui sono sottoposte al fine di poter alimentare le condotte secondarie con buon margine di sicurezza anche in caso di richieste d’acqua eccezionali come sono quelle necessarie per spegnimento di incendio o per notevoli richieste dell’utenza. Ogni qualvolta detta pressione assume valori eccessivi sarà comunque possibile ridurla tramite pozzetti di interruzione oppure valvole di riduzione munite di servocomando e di asservimento all’impianto di telecomando centralizzato. Le condotte di secondo ordine, chiamate di distribuzione, sono quelle in derivazione dalle prime e che corrono grosso modo parallelamente alle curve di livello del terreno collegando trasversalmente tra di loro le adduttrici prima descritte. Quando l’andamento del terreno presenta delle aree pianeggianti o a lieve pendenza di una certa estensione, le condotte distributrici formano delle piccole sottoreti locali, magliate o ramificate e collegate alle estremità di inizio e fine con le adduttrici viciniori. La caratteristica essenziale delle condotte in argomento è quella di funzionare alla pressione normale di esercizio prima definita e a tale scopo sono dotate, in tutti i punti di collegamento con le adduttrici del primo tipo, di valvola di riduzione della pressione munita di apparecchi di misura e trasmissione della pressione di valle e di monte ed inoltre di servocomando azionato dall’impianto di telecontrollo e telecomando centrale. Tutti gli allacciamenti di utenza e le piccole condotte di diramazione ad essi assimilabili, devono essere derivate dalle condotte distributrici in oggetto e pertanto funzionano a pressione normale di esercizio nel mentre ogni singola condotta o gruppo di condotte è dotata di apparecchiatura per il rilievo e la trasmissione in automatico delle pressioni di funzionamento. L’impianto di telecontrollo e telecomando provvede alla regolazione delle valvole di riduzione della pressione di valle in modo che sia in continuazione rispettato nella consegna dell’acqua all’utenza il grafico giornaliero preimpostato delle pressioni. Quest’ultimo può ad esempio prevedere che durante la notte dalle ore 23 alle 5 la pressione sia di soli m. 15, che alle 5 essa cominci a salire per giungere alle ore 9 ad un massimo di m. 35 da mantenersi costante fino alle ore 11, che si abbassi in modo da raggiungere i 30 m. alle 19 e poi i 15 m alle 23. Una volta definito il grafico, il cui andamento potrà comunque essere variato in base alle necessità reali di esercizio, sarà l’impianto di telecontrollo centrale che, ricevuta la segnalazione in tempo reale della pressione effettiva che si riscontra nei punti caratteristici delle condotte di distribuzione, effettuerà la regolazione delle valvole in modo che in ciascuno di esse i valori del grafico siano rispettati durante tutta la giornata. Per quanto riguarda i tipi di valvole da adottare saranno da privilegiare quelle a fuso dotate di cestello anticavitazionale nel mentre si dovrà curare che la loro manovra avvenga molto lentamente per contenere le sovrappressioni di moto vario e che sia sempre evitata la chiusura totale e quindi l’insorgenza di fenomeni di cavitazione.

Rete montana con doppia alimentazione
Schema rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione)

 

Per meglio illustrare i concetti esposti, si riporta nella figura allegata lo schema planimetrico di una rete tipica delle zone montane. La sorgente (punto A), situata in posizione altimetricamente elevata, è collegata a tutto il territorio da servire tramite una condotta ad anello che circonda tutto il territorio e che, funzionando ad alta pressione, deve essere realizzata con condotte ed apparecchiature adeguate. Nei punti B e C sono previste due valvole di riduzione per  abbassare convenientemente la pressione in quanto essa assumerebbe valori inutilmente elevati. Da dette tubazioni si dipartono le condotte secondarie costituite da singole diramazioni oppure piccole sottoreti collegate tramite valvole di regolazione della pressione e munite, nei loro punti caratteristici, di apparecchiatura per la misura e trasmissione in continuo delle pressioni di esercizio. Se si considera idealmente tale rete come costituita dalla sole condotte della seconda categoria e dagli allacciamenti di utenza e cioè dalle strutture dalle quali dipende direttamente il rifornimento idropotabile dell’utenza, si ottiene un sistema acquedottistico di distribuzione d’acqua potabile ottimale in quanto caratterizzato da una piezometrica sempre parallela al suolo pur essendo in presenza di un territorio ad andamento altimetrico così variegato ed inoltre con pressioni reali di consegna dell’acqua anch’esse ottimali. I vantaggi sono essenzialmente quelli di una consegna sempre corretta dell’acqua, di contenere le perdite occulte entro valori limitati ed infine di possedere una grande elasticità di esercizio che consente di far fronte a qualunque situazione imprevista come ad esempio maggiori richieste di rete per eccezionali necessità grazie al grande carico idraulico delle condotte di adduzione e al sistema di regolazione automatico che assicura nei punti di consegna ed anche in tali evenienze, la pressione preimpostata. Presenta inoltre il vantaggio di vedere concentrato nelle sole condotte di adduzione e nelle valvole di riduzione della pressione il funzionamento ad alta pressione il che comporta limitati oneri di manutenzione.

 

Schema di rete di distribuzione per territorio ad altimetria varia con regolazione delle sole condotte di adduzione

 

Schema di rete di distribuzione per territorio ad altimetria varia con regolazione delle sole condotte di adduzione

Una possibile variante dello schema idraulico descritto consiste nel limitare la regolazione alle sole condotte di adduzione tramite una serie di valvole da inserirvi subito a monte di ciascun allacciamento delle condotte secondarie come risulta dallo schema della figura allegata. Ogni condotta secondaria, alimentata dalle condotte adduttrici senza interposizione di valvole o altro simile dispositivo, è munita di apparecchiatura automatica di rilievo e trasmissione in tempo reale della sua pressione di funzionamento. A sua volta l’impianto di telecomando centralizzato, non appena ricevuta tale segnalazione , regolerà le due valvole site subito a monte dei suoi due collegamenti con l’adduttrice stessa, in modo da mantenere la pressione ai valori prefissati ora per ora. Il risultato finale è del tutto simile a quello prima descritto con alcune differenze sostanziali. Innanzitutto sono da rilevare le diverse dimensioni e regolazione delle valvole che possono presentare lati positivi o negativi a seconda dei casi. La soluzione di base prima indicata e caratterizzata da una regolazione della rete secondaria totalmente indipendente dall’adduzione, garantiva l’immunità di quest’ultima rete da eventuali problemi della secondaria stessa e presentava inoltre il vantaggio di adottare valvole di dimensione inferiore e quindi meno costose. La soluzione di variante qui descritta, a fronte degli inconvenienti citati, presenta invece il vantaggio di un numero inferiore di valvole essendo anche possibile studiare una diversa configurazione della rete secondaria che tenga presente il particolare regime di funzionamento modulato dell’adduzione. In definitiva la soluzione da scegliere deve essere studiata volta per volta in funzione delle caratteristiche del territorio e delle portate e pressioni che sono in gioco.

A conclusione della nota si fa rilevare come le soluzioni descritte, ineccepibili dal punto di vista meramente tecnico, possono non esserlo da quello economico poichè, nella maggior parte dei casi riguardano reti di piccole dimensioni, spesso ricche di acqua alle fonti per le quali le difficoltà ed i maggiori costi del funzionamento a pressione regolata  non appare giustificato. In questi casi si preferisce di gran lunga la costruzione e la gestione di reti di tipo unificato come querlle descritte nella prima parte del testo e che risultano atte ad una buona alimentazione dell’utenza sia pur a prezzo si perdite d’acqua potabile piuttoso rilevanti se considerate come percentule della portata totale di esercizio ma che appaiono esigue come valore assoluto dei volumi d’acqua dispersa e quindi non atte alla applicazione effettiva dei sistemi di regolazione descritti.

Altri dettagli

 

 

 

.

 

 

 

METODO DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE CON PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

 

Energia elettrica da acquedotti

 

1) PREMESSA        

L’alimentazione  idropotabile delle aree abitate aventi un andamento altimetrico molto variegato ed in particolare di quelle con notevoli dislivelli del suolo, presenta notevoli problemi dovuti alla eccessiva pressione della rete di condotte che, nella realtà, non vengono affatto risolti. Si constata infatti come in molti sistemi acquedottistici di quel tipo, venga adottata una rete unica che copre unitariamente tutto il territorio da servire essendo caratterizzata da pressioni di funzionamento estremamente variabili e che, soprattutto nelle aree poste alle quote più basse e nei periodi di minor consumo, raggiungono valori molto elevati. Vi si pone rimedio dotando ogni allacciamento di utenza di propria valvola di riduzione e di regolazione della pressione con cui, se da un lato si raggiunge lo scopo di assicurare all’utente un funzionamento normale del suo impianto idrico, dall’altro si provocano nelle condotte stradali di distribuzione, soggette al regime irregolare di cui si è detto, numerosi inconvenienti tra i quali quello delle rilevanti perdite occulte. Si tratta di una situazione assolutamente anomala cui chi scrive ha tentato di proporre differenti modalità di risoluzione (vedi vari articoli di questo stesso sito) basandosi su una concezione delle reti totalmente diversa da quelle tradizionali e che raggiunge il risultato di un funzionamento con pressioni abbastanza normalizzate e, nel caso di impianti con sollevamento meccanico dell’acqua, con una notevole economia energetica.  

Una modalità che in questi ultimi anni si sta diffondendo a macchia d’olio per i buoni risultati che offre, è quella, illustrata in vari articoli del sito e basata sulla installazione in punti strategici della rete di valvole di regolazione della pressione tenute in tempo reale sotto controllo dal sistema di telecontrollo e telecomando centrale.
Con questo lavoro la ricerca di soluzioni razionali dei problemi esposti viene spinta ancora più avanti con ritrovati meramente teorici ma che si ritiene possano contribuire efficacemente al raggiungimento della vera risoluzione.

 

2) IL DISPOSITIVO FONDAMENTALE DELLA SOLUZIONE PROPOSTA

Una delle soluzioni dei problemi prima elencati è quella basata, come detto, su una massiccia presenza in rete di valvole di regolazione, che distruggono sic et sempliciter il carico idraulico in eccesso. Risultati notevolmente migliori si otterrebbero qualora tali valvole fossero sostituite da un dispositivo che, anziché dissiparla, ricuperasse tutta l’energia trasformandola in energia elettrica. Il dispositivo in questione potrebbe essere, come sarà di seguito spiegato, un gruppo turbina-alternatore di concezione del tutto particolare. A questo punto occorre precisare come chi scrive questa nota non sia affatto esperto nel campo elettro-meccanico in cui rientra detto dispositivo per cui le affermazioni ad esso relative debbono essere attentamente verificate. Sussistono però dei concetti fondamentali sui quali mi sento di fondare alcune proposte tecniche le quali, proprio per questo, possono ritenersi attendibili.
E’ noto come l’energia elettrica venga prodotta dagli alternatori di normale costituzione facendone ruotare un elemento entro un campo magnetico fisso oppure, per semplicità costruttiva, facendo girare detto campo magnetico tramite la rotazione del rotore e raccogliendo l’energia nell’elemento fisso. In ambedue i casi la frequenza della corrente alternata prodotta è funzione diretta della velocità di rotazione e quindi, per ottenere una corrente a frequenza fissa come normalmente è richiesto, deve essere fissa anche la velocità di rotazione. Nei grandi e complessi impianti idroelettrici tale irrinunciabile condizione è soddisfatta tramite appositi organi di regolazione che, variando l’inclinazione delle pale della turbina o quelle del suo distributore, riescono ad assicurare detta costanza di velocità anche in presenza di portate d’acqua variabili entro determinati limiti. Invece nei gruppi turbina-alternatore specificatamente usati per piccoli impianti come sono quelli atti all’utilizzazione del carico idraulico delle condotte d’acquedotto di cui si tratta, non è praticata, per motivi di semplicità costruttiva e di esercizio, alcuna regolazione del genere, al contrario vi si trovano dei dispositivi automatici che garantiscono la velocità costante della turbina dissipando l’energia in eccesso, tutte le volte che se ne presenta la necessità, previa sua trasformazione in calore. Tale loro caratteristica peculiare rende i piccoli impianti idroelettrici assolutamente rigidi e quindi poco adatti all’uso che si vorrebbe qui fare.
Chi scrive ritiene però che la moderna tecnologia consenta di produrre piccoli gruppi turbina-alternatore completamente diversi da quelli citati ed atti a sfruttare un carico idraulico con continue variazioni energetiche trasformandolo in energia elettrica alternata che, ad una potenza necessariamente variabile, contrapponga una tensione ed una frequenza sempre costanti e di valori rientranti nella norma. Un’altra caratteristica essenziale del sistema qui proposto, è quella relativa alla necessità del suo asservimento al sistema generale di telecontrollo e telecomando dell’acquedotto. In luogo di prevedere, analogamente ai grandi gruppi idroelettrici, complicate apparecchiature di regolazione meccanica delle varie parti della turbina si ritiene preferibile adottare, per le piccole macchine di cui si tratta, una regolazione continuativa e su comando del campo magnetico dell’alternatore. Ciò potrebbe aversi, ad esempio, tramite un rotore eccitato mediante immissione di una corrente esterna di intensità variabile a sua volta ottenuta tramite un dispositivo elettrico/elettronico in grado di produrre corrente continua di potenza variabile. Se in questo modo è sicuramente possibile abbassare a piacere la pressione di funzionamento della condotta cui viene inserito il dispositivo, ne deriva però un inconveniente: il rotore, dovendo vincere un campo magnetico di intensità variabile assumerà velocità di rotazione anch’esse variabili e quindi l’energia elettrica prodotta sarà anch’essa di potenza ed anche di frequenza variabili. Vi si dovrà porre rimedio tramite dispositivo elettronico statico applicato all’uscita dell’alternatore come ad esempio un inverter che, a mezzo di moderni dispositivi elettronici, raggiunga lo scopo di rendere costante frequenza e tensione della corrente elettrica prodotta.
In definitiva quella qui ipotizzata è un’apparecchiatura che, con asservimento all’impianto centralizzato di telecontrollo e telecomando dell’acquedotto, possa svolgere il ruolo di abbassare la pressione della condotta in cui è inserita fino ad un limite stabilito di volta in volta, senza alcuna dissipazione di energia ma invece trasformando tutta quella in eccesso rispetto al fabbisogno idraulico della rete acquedottistica, in energia elettrica di caratteristica atta alla sua immissione nella rete Enel. Il campo di lavoro del dispositivo dovrà poter variare da una dissipazione del carico idraulico nulla ( nel qual caso la turbina gira in folle e non si ha produzione di energia elettrica) ad una dissipazione massima di una cinquantina di metri di colonna d’acqua che è ritenuto il valore massimo per riportare le reti acquedottistiche di normale costituzione entro valori ottimali. Questa elevata escursione di lavoro provocherà sicuramente una diminuzione del rendimento complessivo della macchina pur restando il risultato economico finale nettamente positivo, come sarà più avanti dimostrato.

 

3) TECNICA DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DELLA RETE ACQUEDOTTISTICA

La tecnica di regolazione della pressione di funzionamento delle reti di distribuzione degli acquedotti tramite valvole di riduzione della pressione delle condotte di rete, ha raggiunto in questi ultimi anni un notevole livello di perfezionamento e notevoli risultati pratici. La ubicazione e le modalità di utilizzazione e di taratura delle valvole vengono studiate tramite molteplici simulazioni del funzionamento della rete effettuate tramite modelli matematici per essere poi messe a punto con ripetute prove di esercizio reale. I risultati già ottenuti durante lunghi periodi di effettivo esercizio sono lusinghieri soprattutto per quanto riguarda il contenimento delle perdite occulte di rete. Le esperienze fatte possono essere utilizzate pari pari per l’installazione dei gruppi turbina-alternatore descritti al precedente cap. 2) in quanto la loro funzione per tutto ciò che riguarda la rete acquedottistica è identica a quella delle valvole citate, fatte salve alcune osservazioni.
Innanzitutto è da tenere presente come i gruppi in argomento rappresentino un dispositivo più complesso e costoso delle semplici valvole di regolazione della pressione. Il loro impiego dovrà quindi essere attentamente vagliato limitandone l’installazione negli acquedotti di grande dimensione e, al loro interno, nelle sole condotte di rete principali e quindi adottando un sistema di regolazione misto alternatore-valvola con impiego delle valvole in tutti i casi di secondaria importanza. A loro volta le reti di distribuzione potrebbero essere adattate al nuovo sistema di modulazione privilegiando le condotte munite di turbina-alternatore rispetto a quelle con valvola di riduzione allo scopo di favorire la produzione idroelettica rispetto alla mera dissipazione energetica. Ciò sarà facilmente attuabile nelle reti magliate con condotte che funzionano in parallelo: al limite sarà possibile l’intercettazione di alcune condotte secondarie limitando la loro funzione alla sola alimentazione delle utenze loro allacciate e riservando gran parte del trasporto idrico alle condotte principali munite di riduttore a turbina.
Naturalmente ambedue i tipi di regolatore della pressione di rete, a turbina-alternatore e a valvola di riduzione, sono costantemente asserviti all’impianto centralizzato di telecomando e telecontrollo.

 

4) EFFETTI DELLA REGOLAZIONE DI PRESSIONE DI RETE ACQUEDOTTISTICA OPERATA TRAMITE TURBINA-ALTERNATORE

Il beneficio economico che deriva alle reti acquedottistiche dei territori ad altimetria molto variegata dall’uso delle turbine-alternatori è rilevante quando la rete funziona a gravità, quando si tratta di impianti idrici di notevole dimensione ed infine quanto maggiori sono gli eccessi di carico idraulico presenti in rete. Nelle reti con sollevamento meccanico dell’acqua distribuita, il carico in eccesso sarà più esiguo e quindi minori i benefici. Durante le ore di massimo consumo, detto anche periodo critico in quanto è in funzione di esso che vengono progettate le opere acquedottistiche, non sussiste in queste reti alcun carico superfluo da poter sfruttare, però per tutta la restante durata delle giornate dell’annata tipo e quindi per la maggior parte del tempo, le minori perdite di carico conseguenza diretta della diminuita portata, provocano degli eccessi di pressione che, per un buon funzionamento dell’acquedotto, occorre abbattere con le valvole di regolazione o preferibilmente, con le turbine-alternatori. Si arriva alla logica conclusione che anche nelle reti a sollevamento meccanico dell’acqua vi sono notevoli possibilità di utilizzazione di carichi residui. Tale circostanza è ancora più evidente qualora si adotti, durante le ore di consumo minimo, un servizio idrico a pressione di consegna più bassa del normale .  (vedi La razionalizzazione delle reti di distribuzione)
In definitiva in qualsiasi acquedotto sussistono dei carichi residui in eccesso più o meno consistenti sia in fatto di durata che di pressione e che occorre distruggere. Ora, se l’installazione delle valvole può essere consigliabile nella generalità dei casi, quella delle turbine-alternatori richiede una resa economica atta a giustificare i loro maggiori costi di installazione e di esercizio.
In questo senso una valida dimostrazione la si può ricavare dall’esame critico di una rete a sollevamento meccanico nella quale si pratica da anni la regolazione della pressione a mezzo valvole automatiche asservite all’impianto di telecontrollo centrale e della quale sono noti i seguenti grafici di funzionamento. Nella fig. 1 è descritta la portata durante una giornata di consumo medio con e senza la regolazione, mentre nella fig. 2 è rappresentata, per lo stesso giorno, la pressione con e senza la regolazione. Si noterà come l’abbassamento della pressione di rete operata dalle valvole sia massimo durante la notte ed in genere durante le ore di minimo consumo. Invece nelle ore di punta e cioè dalle 10 alle 13 circa, non ha luogo alcun intervento delle valvole dato che, allora, in rete sussiste una pressione appena sufficiente per l’alimentazione dell’utenza. Elaborando i due grafici che, come detto, si riferiscono ad un caso reale, si è potuto costruire la fig. 3 nella quale figurano l’andamento della pressione realmente dissipata dalle valvole e la portata della rete in questo caso indicata in valore simbolico.
Integrando il grafico si ricava che in una rete come quella del grafico n. 3 avente una portata media di 1000 l/sec corrispondente ad una popolazione di circa 300000 abitanti, l’energia elettrica teoricamente ricavabile utilizzando tutto il carico in eccesso è pari a KWh 1900 al mattino e KWh 1200 alla sera. In conclusione un acquedotto come quello descritto può approssimativamente e come minimo contare su una produzione di circa 3000 KWh al giorno, stimati teoricamente senza tener conto delle perdite di rendimento delle macchine. Migliori risultati si ottengono, ovviamente, negli acquedotti di maggiori dimensioni.
Gli esempi riportati riguardano acquedotti a sollevamento meccanico dell’acqua. In quelli a gravità alimentati da sorgenti di alta quota, ad una produttività idroelettrica delle reti di distribuzione assai maggiore di quella anzidetta deve aggiungersi quella della rete di adduzione la quale molto spesso può disporre di notevoli salti utili ai fini idroelettrici. Si pensi ad esempio a città di pianura alimentate da acque di bacini artificiali di alta montagna con dislivelli di centinaia e centinaia di metri!
In definitiva, se negli acquedotti è sempre consigliabile la regolazione della pressione di esercizio per i vantaggi offerti, lo è tanto più quando sussistono le condizioni che consentono, invece di dissipare il carico in eccesso, di utilizzarlo per la produzione di energia elettrica.

 

5) CONCLUSIONI

Dopo aver accennato all’importanza della regolazione della pressione di funzionamento delle reti di distribuzione d’acqua potabile a servizio di territori ad andamento altimetrico molto variegato al fine di evitare gli inconvenienti causati dall’eccessivo valore pressorio che sovente vi si registra, nell’articolo si propone l’impiego di dispositivi innovativi aventi lo scopo di evitare la dissipazione dell’energia dovuta a detti eccessi di carico idraulico utilizzandola invece per produrre energia elettrica che diviene, di anno in anno sempre più preziosa. Vengono indicate le caratteristiche costruttive di una particolare turbina-alternatore atta ad assolvere a detto compito in modo automatico essendo asservita all’impianto centrale di telecontrollo e telecomando della rete acquedottistica.
Si tratta di proposte innovative che, sopratutto negli acquedotti di grandi dimensione e dopo attenta valutazione svolta acquedotto per acquedotto, si ritiene possano offrire notevoli risultati.

 

INDIETRO AVANTI

INCONGRUENZE E MANCHEVOLEZZE DELLA LETTERATURA TECNICA IN TEMA DI ACQUEDOTTI

1. PREMESSA

L’analisi delle pubblicazioni tecniche riguardanti la materia “acquedotti” conduce, a giudizio di chi scrive, a due conclusioni nettamente contrapposte. Da un alto emerge che molti dei concetti di base ripetutamente conclamati sono da considerarsi ormai superati dalla moderna tecnica acquedottistica. Ne sono la riprova i molti acquedotti realizzati secondo modelli totalmente diversi da quelli classici e che, ciononostante, funzionano da tempo con ottimi risultati sia tecnici che economici.
Il secondo aspetto è quello concernente gran parte delle recenti ricerche scientifiche che sono da considerarsi, invece, come troppo distaccate dalla realtà. Si tratta di un’ampia produzione di nuove metodologie, studi, formulari ecc. ecc. da cui si dovrebbero ritrarre notevoli vantaggi reali ma che, invece, restano solo delle mere esercitazioni teoriche con scarse applicazioni pratiche.
Scopo del presente lavoro è la documentazione degli inconvenienti citati e la ricerca di un possibile rimedio.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

A dimostrazione di quanto precede si riportano degli esempi tratti da esperienze dirette di gestione e catalogati in base alla appartenenza all’una o all’altra delle due categorie citate. Alcuni di essi sono già stati in dettaglio illustrati in altri lavori redatti da chi scrive e visibili in questo stesso sito o nella rivista “L’Acqua” organo ufficiale della Associazione Idrotecnica Italiana. Essi vengono qui ripresi ed integrati nella lista onde costituirne una raccolta ordinata.

 

2.1. ESEMPI NEI QUALI LA LETTERATURA TECNICA RISULTA SUPERATA DALLA REALTÀ’ ACQUEDOTTISTICA

Le anomalie che caratterizzano i casi reali elencati nel presente sottocapitolo sono eclatanti in quanto, pur trattandosi di realizzazioni non conformi alle indicazioni della letteratura tecnica, sono in grado di fornire ottimi risultati.

 

2.1.1. L’USO IMPROPRIO DEL TELECONTROLLO

Una rete di distribuzione per territori montani molto particolare

Nella scelta del telecontrollo e telecomando, oggi molto diffusi nella gestione degli acquedotti, si adottano impianti, spesso derivati da sistemi complessi di controllo dei processi industriali, dotati di una gamma di funzioni così vasta che, per un corretto svolgimento del servizio, è sufficiente utilizzarne solo una minima parte. Un aspetto che la letteratura tecnica evita di mettere in luce ma che invece è della massima importanza, concerne la necessità che, data la presenza di impianti di telecontrollo e telecomando così sofisticati, sia non solo rivoluzionato il modo di comandare e controllare le apparecchiature ma che debba essere soprattutto la costituzione stessa delle reti, degli impianti di sollevamento, dei serbatoi ecc. a dover subire una profonda trasformazione. Pertanto, come già sperimentato con ottimi risultati in molte realtà acquedottistiche, non telecontrollo studiato in funzione della rete cui è applicato bensì complesso acquedottistico interamente concepito in funzione del telecontrollo. Si tratta di un vero capovolgimento dei concetti di base! .I vantaggi che ne derivano vanno dalla migliorata qualità dell’esercizio ad una importante economia sia nella costituzione sia nella gestione del servizio. Alcune di tali soluzioni sono ampiamente descritte, assieme ai risultati conseguiti negli articoli “Razionalizzazione delle Reti di distribuzione d’acqua potabile“, “L’alimentazione idropotabile dei territori montani” presenti nel sito

 

2.1.2. L’ASSERVIMENTO DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIO ALLE RICHIESTE DELL’UTENZA

La dimostrazione dei metodi classici di alimentazione delle reti tramite sebatoi sopraelevati che fissano irrazionalmente le pressioni di esercizio della rete.

La letteratura tecnica propone costantemente di dotare le reti di distribuzione d’acqua di vasca di carico posta in testa alla rete stessa allo scopo di assicurare una pressione costante di partenza da cui deriverebbe un funzionamento ottimale del rifornimento idropotabile. Si è largamente dimostrato invece come la pressione da tener sotto controllo sia quella finale di consegna in quanto, oltre a migliorare le condizioni di prelievo se ne ottengono notevoli vantaggi di gestione.

 

2.1.3. L’INTEGRAZIONE DEL TELECONTROLLO NELLA RETE INTERNET

Si è prima spiegato come l’avvento degli impianti di telecontrollo richiedano, in campo acquedottistico, soluzioni nuove atte ad utilizzare appieno le grandi possibilità proprie di tali impianti. Esiste un altro aspetto che la letteratura tecnica trascura completamente: l’integrazione degli impianti di telecontrollo medesimi con la rete Internet. Si tratta di una metodologia usata in Francia da molto tempo, basata, visto che ancora Internet non esisteva, sulla rete Minitel allora molto diffusa in quel paese e grazie alla quale il personale addetto al controllo degli impianti acquedottistici poteva effettuarne la supervisione standosene in un qualunque ufficio oppure comodamente a casa propria. La rete Internet, ora così diffusa in tutto il mondo, si presta ancora meglio in queste operazioni consentendo non solo di conoscere in qualunque momento ed in un qualunque luogo dove esista un personal o  addirittura un semplice telefonino portatile  collegato ad Internet, lo stato degli impianti comunque ubicati ma anche di intervenire, se necessario, con il comando delle varie apparecchiature delle centrali e delle reti nonché di ricevere  gli allarmi in caso di un qualunque disservizio. Sono evidenti i vantaggi che se ne ritraggono in termini di economia di personale unitamente ad una migliore funzionalità degli impianti e ad una tempestiva azione di correzione di eventuali irregolarità o di riparazione degli eventuali guasti.

 

2.1.4. IL FUNZIONAMENTO ANOMALO DEI SERBATOI INSERITI IN RETE

Gli schemi classici di rete di distribuzione prevedono la presenza di serbatoi di compenso inseriti direttamente in rete senza interposizione di apparecchiature idrauliche particolari in quanto tale disposizione consentirebbe ai serbatoi medesimi di svolgere efficacemente la funzione di compensazione delle portate loro assegnata. Nel reale esercizio delle reti di distribuzione si constata come tale funzione venga svolta solo in circostanze del tutto eccezionali nel mentre essa viene a mancare nella stragrande maggioranza delle giornate dell’anno tipo. Per ovviarvi si sono realizzate reti totalmente diverse basate su una diversa utilizzazione dei serbatoi e sul funzionamento a pressione variabile asservita all’utenza, che si sono dimostrate atte a risolvere ottimamente il problema. Alcuni modalità di costruzione ed esercizio di reti come quelle indicate sono descritte in altre parti del presente sito.

 

2.1.5. LA RELAZIONE INTERCORRENTE TRA PERDITE OCCULTE E PRESSIONE DI RETE

Uno dei mali maggiori che affliggono il rifornimento idropotabile è la presenza di perdite occulte che provocano una dissipazione nel terreno di quantitativi enormi d’acqua in tutti i tipi di rete di distribuzione anche in quelle in ottimo stato di manutenzione. Ebbene, non è sufficientemente spiegato nella letteratura tecnica che tali perdite possono esser notevolmente diminuite eliminando gli eccessi di pressione che si verificano frequentemente nelle reti medesime e soprattutto nei periodi di bassi consumi. Una soluzione, sperimentata con esito favorevole in molte realtà acquedottistiche, consiste nel regolare la pressione di esercizio in funzione delle richieste di rete. Ciò significa assegnare nelle ore di forti consumi dell’utenza una pressione elevata ed atta quindi a vincere le perdite di carico richieste dalla portata di punta e una pressione ribassata in tutti gli altri periodi di minore richiesta idrica. Alla notte la pressione può essere portata ad un valore molto basso ma sufficiente per addurre la portata allora richiesta ed il cui valore è prossimo allo zero.

 

2.1.6. L’INTERCETTAZIONE DEI SERBATOI DI RETE

Un accorgimento tecnico assolutamente consigliabile è quello inerente la presenza nei serbatoi di un dispositivo automatico che li intercetti dalla rete tutte le volte che la pressione di esercizio, in ottemperanza al funzionamento a pressione variabile descritto nei precedenti capitoli, si venga a trovare al di sopra o al di sotto dell’invaso dei serbatoi medesimi, pur restando, in particolari casi di necessità, totalmente utilizzabile il volume d’acqua precedentemente invasato. Tale circostanza, non prevista nelle reti di tipo classico, ma anch’essa ampiamente sperimentata nella realtà, consente di avere in rete degli importanti volumi d’acqua in quota pronti ad entrare in rete in caso di bisogno ma che non vincolano in alcun modo la pressione di rete entro ristretti limiti con tutti gli inconvenienti che ciò comporta e che sono meglio spiegati nell’articolo “I serbatoi pensili delle reti di distribuzione d’acqua potabile: monumenti all’inutilità o indispensabili strutture?”

 

2.1.7. I COLPI D’ARIETE TRASMESSI DALLE VALVOLE DI RITEGNO

La trasmissione in condotta di pericolosi colpi d’ariete viene attribuita, nella letteratura tecnica, a manovre di esercizio rapide. Si deve però rilevare come la maggior parte delle normali apparecchiature in pratica non possano provocare una chiusura del flusso cosi veloce da provocare tali effetti in quanto il tempo realmente necessario per chiudere una saracinesca, per arrestare o per portare a regime una pompa è, come minimo, pari a parecchie decine di secondi il che non comporta che modeste irregolarità nel flusso d’acqua. L’unica apparecchiatura che provoca veramente pericolose onde di pressione è la valvola di ritegno a battente quando, se sprovvista di servocomando, essa viene chiusa dall’inversione del flusso d’acqua. Tutti avranno notato come al momento dell’arresto delle elettropompe munite di valvola di ritegno a battente abbia origine una tremenda botta, chiaramente percepibile e che si trasmette pericolosamente alla condotta di mandata. Anche questo è un dettaglio che, nonostante i problemi che ne derivano, non viene sufficientemente spiegato. Non viene soprattutto spiegato come, per evitare quasi totalmente il botto, è sufficiente dotare la valvola di un dispositivo (ad esempio un contrappeso opportunamente tarato), la cui presenza provochi la chiusura della valvola man mano che viene a diminuire la velocità del flusso d’acqua e quindi anticipando ed impedendo l’inversione del flusso d’acqua. In altri termini la chiusura della valvola deve essere insita nella sua stessa natura e non dovuta, come sovente accade, all’inversione del flusso d’acqua. Tale circostanza è facilmente constatabile impiegando valvole di ritegno di tipo a membrana nelle quali la chiusura ha luogo per effetto dell’elasticità propria della membrana stessa. Si constaterà come, a fronte di un aumento delle perdite di carico, l’arresto della pompa non provochi, in tali impianti, alcun botto.

 

2.1.8. L’UTILIZZAZIONE RAZIONALE DEI VOLUMI DI INVASO DEI SERBATOIO DI COMPENSO A TERRA

Esempio di grafico giornaliero dei livelli imòosti ai serbatoi di compensazione giornaliera

Nei grandi complessi acquedottistici le modalità di svuotamento e riempimento dei serbatoi di compenso di tipo a terra, soprattutto se inseriti in gran numero e in vaste reti di adduzione, sono definite, in tempo reale ed in funzione delle previsioni di consumo e della producibilità delle fonti, dalle complesse procedure degli impianti di telecontrollo e telecomando.
Negli acquedotti di medie e piccole dimensioni, invece, la regolazione dei serbatoi a terra ha luogo molto semplicemente tramite valvole di efflusso a galleggiante o corrispondenti dispositivi idraulici automatici che provvedono a chiudere l’immissione quando il serbatoio ha raggiunto il massimo livello e a riaprire il flusso man mano che esso scende. In questo modo si ottiene il vantaggio di avere i serbatoi sempre al massimo livello possibile e quindi di poter disporre di grandi quantitativi d’acqua pronta ad essere utilizzata soprattutto nelle giornate di consumo medio e medio-basso quando il volume reale di compenso risulta in esubero rispetto a quanto necessario.
Il fatto di avere serbatoi sempre pieni o quasi pieni, con la sola eccezione delle giornate di consumo elevato, se da un lato offre un vantaggio, dall’altro impedisce loro di svolgere compiutamente quella importante azione che è la compensazione giornaliera delle portate. Sono gli impianti di produzione, che in teoria dovrebbero dare una portata costante nel tempo e pari alla media giornaliera, a dover invece modulare ora per ora il loro funzionamento in funzione della richiesta dell’utenza. Se si tiene conto che, in genere, le opere di adduzione degli acquedotti vengono, per evidenti ragioni di cautela, sovradimensionate, si giunge alla conclusione che l’acqua distribuita dagli acquedotto è prodotta per la sua maggior parte durante le ore diurne cioè quando peggiori sono le condizioni obbiettive per farlo. Si fa rilevare inoltre come il funzionamento dei serbatoi, se in numero elevato e con diversa dislocazione all’interno della medesima rete di adduzione, è assai anomalo presentando alcuni invasi sempre al massimo livello ed altri che si svuotano troppo presto. Anche in questo frangente è l’impianto di produzione che deve rimediare al mancato intervento di compensazione aumentando la produzione giornaliera rispetto a quella notturna.
Un diverso sistema di regolazione come ad esempio quello descritto nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti“, basato sull’asservimento delle portate da immettere nei serbatoi di compenso ad un prefissato diagramma giornaliero dei livelli che deve assumere l’acqua durante le 24 ore, assicura lo svuotamento diurno razionale e preordinato dei serbatoi stessi, non solo nei giorni di consumo elevato ed elevatissimo, ma anche in tutte le altre giornate dell’annata. Ciò significa utilizzare, in ogni condizione di funzionamento, il medesimo quantitativo dell’acqua prodotta durante le ore notturne e quindi distribuire nelle giornate di bassi consumi, che statisticamente sono le più frequenti, quasi esclusivamente acqua prodotta la notte con evidenti vantaggi economici dati dalla possibilità di utilizzare energia elettrica di costo inferiore come è quella messa a disposizione dall’Enel nei periodi notturni, e dalla migliore producibilità che presentano, in tali periodi, le falde.
In conclusione, anche nel settore inerente la regolazione dei serbatoi di compenso in argomento, si registra una grave carenza della letteratura tecnica: il problema, anche se molto sentito da chi segue la reale gestione acquedottistica, è ivi quasi totalmente ignorato.

 

2.2. ESEMPI NEI QUALI LA RICERCA SCIENTIFICA E’ AVULSA DALLA REALTA’

Gli esempi riportati nel presente sottocapitolo rappresentano, come quelli precedentemente elencati, delle anomalie eclatanti per motivazioni totalmente diverse da quelle. In questi casi, infatti, la mancata utilizzazione pratica dei ritrovati tecnici propri della letteratura tecnica, è dovuta alla eccessiva teorizzazione che è loro propria.

 

2.2.1. L’ANALISI DEI COSTI DI TRASPORTO DELL’ACQUA

Numerosi studi riguardano le modalità di trasporto dell’acqua e quindi le caratteristiche da assegnare alle tubazioni onde migliorare le modalità di esercizio. Si tratta di ricerche molto importanti in quanto atte ad ottenere, da una razionale definizione delle condotte di rete, economie energetiche che possono arrivare ad esempio al 2 – 3%. Si deve però notare come la semplice riduzione della pressione di pompaggio durante la notte, come meglio spiegato nell’articolo ” Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” può portare a delle economie di ben il 30%. Non si capisce quindi come nella ricerca ci si preoccupi tanto di trovare una economia così modesta e si trascuri un provvedimento, meno complicato, ma atto ad offrire economie energetiche ben maggiori.
Si deve concludere che le modalità indicate possono essere adottate solo a posteriori e cioè non prima dell’adozione della pressione variabile di esercizio.

 

2.2.2. LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI SCHEMI IDRAULICI DI CALCOLO DELLE RETI

Un altro esempio in cui è facile rilevare un profondo divario tra pratica e teoria è quello relativo alla semplificazione degli schemi di calcolo delle reti di distribuzione. Nella esecuzione di tali verifiche si usa, per alleggerire le procedure di calcolo, considerare le sole condotte principali della rete e cioè quelle di diametro maggiore. Ci si è però accorti che l’eliminazione delle condotte di minor diametro in quanto erroneamente ritenute ininfluenti nei riguardi del risultato finale, rappresentano nella realtà una grande estesa di tubazioni che lavorano in parallelo alle altre e, in quanto tali, rivestono anch’esse un’importanza determinante ai fini del risultato finale. Si sono allora eseguiti molti studi nei quali la semplificazione dello schema viene orientata sia nella scelta delle condotte da eliminare sia nella sostituzione di gruppi anche consistenti di condotte secondarie con condotte singole aventi equivalenti caratteristiche idrauliche allo scopo di definire uno schema finale della rete ridotto ma che possa validamente rappresentare quello reale. Si tratta di studi molto complessi ma che, a giudizio di chi scrive non possono risolvere il problema. E’ ben noto come il funzionamento di una rete magliata, specie se molto complessa, possa subire profondi cambiamenti a seconda del variare delle richieste dell’utenza, dell’andamento della stagione, della variazione della pressione di un impianto di produzione rispetto all’altro ecc. ecc. La sostituzione di condotte cui si è fatto cenno, pur se da ritenersi valida per le condizioni di funzionamento esaminate nella procedura di calcolo presa ad esempio, non lo è sicuramente in tutte le altre per cui la semplificazione di cui si discute è da ritenersi errata. Alle considerazioni fatte deve aggiungersi la impossibilità di determinare le portate ai nodi utilizzate nei calcoli in quanto la eliminazione delle condotte minori, alle quali di solito sono allacciati molti utenti, rende impossibile assegnare ai nodi restanti la relativa portata il che introduce un ulteriore fattore di grave errore nella procedura. In definitiva si può affermare come per il calcolo di verifica di una rete magliata, devono essere prese in conto tutte le condotte, nessuna esclusa, pena la nullità dei risultati e che, pertanto, tutti gli studi condotti nel settore portano ad errori grossolani.

 

2.2.3. LA DETERMINAZIONE DELLE PORTATE AI NODI DELLE RETI MAGLIATE

Nella determinazione delle portate esterne ai nodi di una rete di distribuzione d’acqua potabile in normale esercizio o, in altri termini, della domanda idrica effettiva dell’utenza distinta nodo per nodo ed istante per istante che costituisce una delle operazioni fondamentali, non ancora risolta, per poter ottenere dai calcoli di verifica della rete stessa dei risultati validi, sono stati effettuati molti studi tra i quali tutta una serie basata sulla “calibrazione delle portate erogate nelle reti di distribuzione idrica”. Con tale metodologia le portate ai nodi sono calcolate partendo da valori iniziali approssimati e che vengono via via affinati tramite calcoli iterativi di verifica idraulica del modello matematico della rete in base ai valori di pressione e portata reali della rete stessa quali risultano dai misuratori in essa installati. In altri termini, scelte alcune situazioni caratteristiche di funzionamento della rete reale e rilevati i dati salienti (portata immessa in rete, livello dei serbatoi, pressioni in vari punti della rete ecc.), saranno ritenute valide le portate ai nodi che soddisfano tutte le condizioni teoriche di funzionamento. I risultati, opportunamente estrapolati, dovrebbero potersi utilizzare nel prosieguo per tutti i calcoli sia di verifica del funzionamento reale sia di verifica in sede progettuale.
Alcuni autori darebbero a capire che il metodo è atto a trasformare i dati iniziali in dati finali esatti indipendentemente dalla loro validità il che potrebbe anche significare che i valori iniziali di portata ai nodi da introdurre nel calcolo potrebbero anche essere completamente errati : sarà la successione dei calcoli che provvederà ad adeguarli fino ad arrivare alla congruità con tutte le condizioni teoriche di funzionamento idraulico dell’insieme acquedottistico in esame.
Per convincersi che questo concetto di base è completamente errato basta pensare alle molte incognite presenti nel funzionamento della rete soprattutto se complessa come, ad esempio, la qualità dell’utenza che è estremamente variabile, la scabrezza effettiva delle tubazioni anch’essa diversa condotta per condotta e che, pertanto può portare a risultati completamente errati, ecc. ecc.
Nel caso specifico si deve invece ritenere il metodo in oggetto atto soltanto ad apportare la correzione finale a portate che di per sé siano vicine a quelle reali.
In altri termini la metodologia da ritenersi valida dovrebbe contemplare, in alternativa ed in aggiunta a quanto indicato dagli autori, la seguente procedura:
· Determinazione delle portate esterne ai nodi con le modalità indicate nella memoria “ Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” e quindi in funzione di diversi fattori reali come sono l’attribuzione ai vari nodi delle portate effettivamente consumate dagli utenti e misurate ai contatori privati nonché di quella delle portate di perdita occulta, l’esame critico dei grandi utenti con formazione di nodi fittizi, la determinazione dei coefficienti reali di scabrezza. ecc. ecc..
· Calcolo di verifica di molteplici condizioni di funzionamento reale della rete basata sui consumi determinati come detto .
· Confronto tra risultati dei calcoli e dati reali. Nel caso di discordanze superiori ad una tolleranza ammissibile, ricerca ed eliminazione dei possibili errori : schema idraulico errato, saracinesche di rete erroneamente chiuse o strozzate, errata valutazione dei coefficienti di scabrezza delle varie tipologie di condotte, errato rilievo dei dati reali di funzionamento ecc. ecc.
· Effettuata la taratura completa del modello matematico, e solo allora, applicazione del metodo teorico di calibrazione prima descritto per rendere perfettamente congruenti tutti i dati.

 

2.2.4. MODALITA’ DI POMPAGGIO NELLE RETI A SOLLEVAMENTO MECCANICO

Numerosi sono gli studi condotti allo scopo di migliorare le modalità di pompaggio negli acquedotti a sollevamento meccanico. Si tratta in genere di elaborazione statistica delle modalità reali di pompaggio condotta con le metodologie più disparate e moderne, con dettagliati esami delle varie possibilità e con definizione di quelle più interessanti dal punto di vista della spesa energetica.
Anche in questo caso i risultati sono modesti soprattutto se confrontati con quelli ottenibili adottando schemi idraulici della rete diversi come sono quelli elencati negli articoli precedenti.

 

3. CONCLUSIONI

Si è cercato di dimostrare, mediante una elencazione di elementi reali di esercizio d’acquedotto, come molte delle indicazioni fornite dalla letteratura tecnica tramite i testi classici ed anche attraverso le numerose pubblicazioni esistenti, nella pratica acquedottistica sono scarsamente utilizzate sia perché in tale sede si sono potute adottare soluzioni diverse ma in grado di dare risultati reali nettamente migliori, sia per averle riscontrate troppo distaccate dalla realtà e quindi prive di reali applicazioni.
La trattazione è condotta allo scopo di illustrare succintamente ma ordinatamente alcuni vantaggi che, nella reale gestione degli acquedotti, si possono e si devono comunque ritrarre dalla moderna tecnologia acquedottistica e, previa adozione di particolari e preventivi accorgimenti pratici, dai dettami teorici .
In tal senso ulteriori dettagli possono essere rilevati in questo stesso sito dove sono riportate diverse esperienze reali di esercizio complete di dati di funzionamento e di dimostrazione analitica dei risultati ottenibili.

 

OPERE REALIZZATE

Planimetria generale dell’Acquedotto del Basso Tagliamento costruito per stralci successivi e tutti funzionali

Acquedotti realizzati

Il motto “ Le idee, senza la loro esecuzione, sono allucinazioni” di Thomas Edison .fa capire quanto sia importante, in un settore del sito come questo che si basa principalmente sulle idee, l’illustrazione di acquedotti realmente funzionanti e dei risultati tramite gli stessi che si sono ottenuti. Nei sottocapitoli sono illustrate appunto alcune realizzazioni acquedottistiche e soprattutto i vantaggi realmente avuti. Si ritiene a titolo di esempio segnalare quello avente per titolo “………un esempio reale” perché è la dimostrazione di come sia possibile progettare e realizzare opere le quali non solo esplicano appieno la loro funzione allo stadio costruttivo finale completo ma le quali  anche durante la costruzione dei vari stralci siano atti a dare rimarchevoli risultati intermedi di funzionalità non disgiunta da consistenti benefici economici di gestione..

Torna all’indice di testata per esaminare gli articoli.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO – TERZO ESEMPIO PRATICO

Acquedotti razionali

 

Negli anni 70 l’autore di queste note ha collaborato alla progettazione, costruzione ex novo e messa in servizio attivo dell’acquedotto della città di Pordenone appena diventata capoluogo di provincia e precedentemente alimentata d’acqua potabile casa per casa tramite pozzi artesiani privati. Pur trattandosi di un rifornimento idropotabile le cui caratteristiche contrastano con i concetti di base propugnati in questo lavoro, si ritiene ugualmente di descriverlo in quanto costituisce un valido esempio di acquedotto concepito in funzione del territorio da servire. Alla fine del capitolo si formulerà comunque una ipotesi di soluzione conforme ai nuovi principi constatandone, anche in questo caso, la validità.
Non sono in possesso di chi scrive documenti e dati ufficiali per cui la descrizione delle opere dovrà necessariamente far affidamento solo sulla memoria. Anche in questo come in altri casi, gli elementi che saranno indicati potranno differire o essere carenti rispetto alla realtà, saranno comunque sufficientemente rappresentati i concetti informatori degli impianti e si potrà quindi recepirne la validità tecnica.
Innanzitutto è da ricordare una delle regole che alla citata epoca di redazione del progetto era considerata essenziale nella costituzione degli acquedotti e cioè la presenza di una o più vasche di carico della rete di distribuzione. Nel corso dei vari capitoli di questo lavoro si è invece dimostrato come sia da privilegiare non già la pressione di partenza degli acquedotti che la vasca di carico impone bensì quella finale di arrivo dell’acqua al domicilio all’utente.
Ferma restando la regola citata, i problemi da risolvere al momento della di progettazione erano essenzialmente due.
In primo luogo occorreva garantire una piezometrica sempre parallela ad un suolo come quello del capoluogo di Pordenone caratterizzato da una notevole pendenza longitudinale della sua parte nord e da un’ampia area pianeggiante o con poca pendenza di quella posta a sud.
In secondo luogo era giocoforza razionalizzare la captazione e sollevamento dell’acqua avendo fissato, per motivi di sicurezza, la costruzione di due opere di presa e sollevamento differenziate ed ubicate rispettivamente in località Comina dove la falda, assai ricca, si trovava ad una profondità di circa 50 metri sotto il suolo con risalienza limitata ad una ventina di metri sotto il terreno ed in località Torre dove l’acqua della falda, anch’essa posta a 50 metri sotto il suolo, era artesiana ma con una risalienza naturale fin sopra il terreno.
La soluzione progettuale allora definita e poi realizzata è rappresentata schematicamente nell’allegato profilo della fig.1 e può essere così descritta.
L’opera di presa di Comina, posta a nord cioè nella parte superiore del territorio, comprende un pozzo a raggiera tipo Fehlmann con una canna verticale in cemento armato del diametro di tre metri, profonda 55 m. e con due raggiere orizzontali poste nella falda ghiaiosa a circa 50 m di profondità. Entro il pozzo sono installate le pompe di sollevamento ad asse verticale con motore elettrico posto in alto e linea d’asse lunga una trentina di metri che aziona il corpo pompa immerso in falda a quota 30 m sotto il suolo. Le pompe immettono direttamente l’acqua a 50 sopra il piano campagna nell’adiacente serbatoio pensile da 3000 mc da cui si diparte la rete di distribuzione. Questa soluzione, se da una parte avrebbe assicurato un buon rendimento elettromeccanico di pompaggio che risulta limitato ad una singola breve condotta di mandata, dall’altra faceva nascere il grosso problema della compensazione delle portate in quanto il locale serbatoio pensile, pur rappresentando nel suo genere un’opera eccezionalmente capiente, non avrebbe potuto che effettuare una modesta compensazione nel mentre la sua posizione sopraelevata si prestava bene a costituire una utilissima capacità di riserva a tutela dei disservizi dell’intero territorio pordenonese. La creazione a terra di un capace serbatoio di compensazione giornaliera delle portate è stata scartata a priori in quanto avrebbe comportato un doppio pompaggio con evidenti maggiori costi di costruzione e di esercizio.
D’altro canto non si poteva pensare che, non avendo a disposizione una sufficiente capacità di accumulo, si dovesse far lavorare il pozzo con portate continuamente variabili durante le 24 ore della giornata tipo, essendo invece consigliato un prelievo il più possibile costante e privo di picchi che rappresenta la condizione ideale di sfruttamento della falda artesiana e di sollevamento a mezzo pompe.
Anche in questa occasione un attento esame della situazione locale ha messo in luce delle possibilità veramente interessanti. In dettaglio la risalienza della falda sud ( zona Torre ) che assicurava l’immissione naturale dell’acqua, cioè senza bisogno di pompe, in un grande serbatoio seminterrato, ha consigliato di concentrarvi il volume di compenso di tutta l’utenza e quindi anche quello dell’area nord ( Comina ) nel mentre una particolare costituzione della rete di distribuzione assicurava, come vedremo, per l’impianto di Comina una portata pressoché costante durante le 24 ore della giornata ovviando quindi alla nominata carenza di invaso. Rimaneva compito dell’altro impianto (Torre), immettere in rete, sfruttando in questo caso la notevole capacità del suo serbatoio, una portata variabilissima durante le 24 ore della giornata e quindi atta a coprire l’intera escursione della richiesta idrica di tutta l’utenza pordenonese.

Fig. n. 1 = Profilo schematico dell’acquedotto di Pordenone

Nella figura 1 allegata figurano schematicamente l’andamento del suolo, i due impianti di captazione e sollevamento ed infine la rete di distribuzione caratterizzata da un’area centrale indicata nel disegno come “area urbana ad alimentazione alterna” in quanto rifornita alternativamente dall’uno o dall’altro dei due impianti di produzione descritti. Infatti la rete, pur essendo di tipo unitario per tutta l’area urbana, risulta suddivisa in due parti differenziate per tipo di alimentazione e per dimensioni delle tubazioni stradali da una linea di confine che presenta la caratteristica di regredire verso monte e quindi ridurre notevolmente l’area servita da Comina man mano che aumenta la richiesta idrica e di contro crescere verso valle al verificarsi di basse portate. In pratica durante la giornata, quando sono richiesti grandi quantitativi idrici, la gran parte del capoluogo di Pordenone è alimentato dall’impianto inferiore di Torre nel mentre durante la notte è l’altro impianto ubicato a Comina a rifornire la quasi totalità dell’utenza. Allo scopo le condotte della rete bassa hanno diametri maggiorati ed esplicano quindi un’azione stabilizzatrice della linea piezometrica nel mentre quelle della zona nord alimentata da Comina sono di diametro relativamente piccolo e, a causa della notevole perdita di carico che ne deriva, non possono far fronte ai consumi più rilevanti che, come già detto, sono in gran parte soddisfatti da Torre. Si è potuti giungere a tale risultato progettuale per approssimazioni successive tramite una lunga serie di calcoli di verifica teorica che hanno portato anche all’altro interessante risultato di una buona equivalenza tra i volumi che giornalmente i due impianti producono e immettono in rete e dovuta al fatto che per Torre è determinante soprattutto la portata diurna mentre per Comina è il volume prodotto di notte a consentire detta equiparazione, fermo restando che eventuali discrepanze possono essere via via corrette modificando la regolazione delle valvole di cui si tratta nel seguente capoverso.
Ovviamente il tutto rappresentava soltanto la soluzione teorica del problema nel mentre ben diverse potevano essere le condizioni reali di esercizio e ben diversi i risultati della gestione effettiva degli impianti. Si è quindi deciso di dare all’acquedotto l’elasticità di funzionamento necessaria perché potesse adeguarsi ad ogni evenienza anche diversa da quelle ipotizzate, maggiorando alcune condotte della zona nord e munendole di valvole che consentano una regolazione fine della pressione.

Fig. 2 = Serbatoio pensile di Comina altezza m.50, capacità utile mc 3000. La vasca superiore è dotata di vele radiali atte ad impedire oscillazioni della massa d’acqua in caso di terremoto

 

Il risultato finale è stato quello di una rete avente le seguenti caratteristiche generali.
1. Una doppia alimentazione che dia la massima sicurezza di esercizio e costituita da:
– Un impianto di produzione a nord (Comina) atto a produrre e sollevare una portata abbastanza costante nelle 24 ore della giornata tipo e per un volume giornaliero all’incirca corrispondente alla metà della richiesta totale giornaliera. Il serbatoio pensile da 3000 mc rimane a guardia dell’intero territorio posto ai suoi piedi costituendo una riserva pronta ad entrare in rete in caso di disservizi vari;
2.Un impianto di produzione a sud composto da pozzi a risalienza naturale che alimentano un serbatoio di compensazione di grande capacità atto ad immagazzinare di notte ed a restituire di giorno tutta l’acqua necessaria per coprire le punte di consumo di tutta la città, effettuando la compensazione giornaliera atta a garantire che da ambedue le fonti possa essere captata costantemente la sola portata media giornaliera.
3. Una rete di distribuzione con una piezometrica sempre parallela al suolo e con una pressione sul suolo corretta.
4. La possibilità di regolare l’intervento dei due impianti di produzione e sollevamento tramite manovra delle valvole.

Serbatoio pensile di Torre, altezza m. 40 , capacità utile mc 1000

Alla data attuale chi scrive queste note non è al corrente della situazione corrente dell’acquedotto di Pordenone essendo la descrizione su riportata relativa all’epoca della sua costruzione. Come tale essa rappresenta un valido esempio di progettazione e realizzazione di un complesso acquedottistico importante ed di cui si ritiene utile conservare la documentazione.
Sicuramente una progettazione moderna ne differirebbe notevolmente potendo, ad esempio, consistere nel mantenimento degli stessi concetti base delle opere descritte sopra fatta salva la eliminazione oppure una diversa utilizzazione dei pensili come ad esempio quella raccomandata in uno specifico articolo di questo sito, e l’adozione sistematica del pompaggio diretto in rete tramite pompe a velocità variabile asservite alla pressione di arrivo rilevata presso l’utenza e trasmessa in tempo reale secondo le indicazioni riportate nei vari capitoli di questo lavoro, il tutto integrato da alcune valvole di rete telecomandate ed atte ad una regolazione fine delle pressioni. Una soluzione del genere darebbe agli impianti una maggiore elasticità di funzionamento, una economia di pompaggio dato dalla minor prevalenza delle pompe, una pressione sul suolo regolata ora per ora in base ai consumi ed infine minori perdite occulte a seguito della diminuzione della pressione notturna attuabile in vaste zone confermando, anche in questo esempio, la validità delle soluzioni tecnico-economiche raccomandate in vari articoli di questo sito.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO – UN ESEMPIO REALE

Grandi acquedotti

1. PREMESSA

Viene descritto sommariamente un complesso acquedottistico nel quale sono adottati alcuni dei criteri fondamentali di razionalizzazione propugnati nel presente sito.
Chi scrive ha collaborato alla progettazione, alla costruzione ed anche nell’esercizio delle opere in argomento ma, non essendo in possesso di copia dei documenti ufficiali, nella descrizione che segue, deve attingere solo ai ricordi della attività svolta. Alcuni degli elementi che saranno riportati potranno pertanto differire da quelli reali senza però che vengano per questo a mancare gli scopi della nota che sono quelli di dare le indicazioni di massima dei risultati che si possono ottenere da opere acquedottistiche razionalmente concepite.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

 

Bibione, il centro turistico balneare di cui alla foto, rappresenta il maggior insieme di utenti del Consorzio acquedottistico ed è ubicato all’astremità opposta rispetto al centro di produzione dell’acqua potabile. Entro il corcoletto rosso è visibile il serbatoio pensile della frete di distribuzione cottadina

 

L’acquedotto Consorziale del Basso Tagliamento con sede a Fossalta di Portogruaro (VE), oggi facente parte di un consorzio più vasto, al momento della sua costituzione e fino a pochi anni or sono cioè per tutto il periodo cui si riferisce la presente nota, comprendeva le opere di presa, adduzione e distribuzione d’acqua potabile per l’alimentazione di un vasto territorio e precisamente i comuni di Teglio Veneto, Gruaro, Portogruaro (in parte), S.Giorgio al Tagliamento e S. Michele al Tagliamento in provincia di Venezia. Caratteristica saliente era quella di essere rifornito dalla falda artesiana di Savorgnano in Comune di S. Vito al Tagliamento (Pordenone) sita quindi a nord e fuori del comprensorio di sua competenza e di avere il più importante abitato da alimentare, cioè il centro turistico balneare di Bibione sito all’estremità sud del comprensorio medesimo, in Comune di S. Michele e ad una distanza di ben 45 Km circa dalle fonti citate di Savorgnano. Si tratta quindi di una situazione che si presentava, dal punto di vista acquedottistico, particolarmente difficile essendo da servire molti comuni di piccole e piccolissime dimensioni disseminati uniformemente in un vasto territorio ed un grosso centro posto alla sua estremità sud con caratteristiche particolari visto che contava una popolazione stabile di soli 3000 abitanti ma una turistica limitata alla stagione estiva e destinata a raggiungere le 150.000 presenze.

Planimetria generale dell’acquedotto Basso Tagliamento

Prevedere che un territorio come quello descritto fosse alimentato da un acquedotto di tipo tradizionale e cioè dimensionato sic et sempliciter per la portata di punta estiva avrebbe significato costruire e gestire opere imponenti sfruttate appieno solo per il breve periodo estivo nel mentre per la maggior parte dell’anno si sarebbero riscontrati seri inconvenienti alla rete ( eccessiva pressione, inutile dispendio energetico e maggiori perdite occulte di rete, ecc.) causati dalla richiesta idrica normalmente molto bassa. La soluzione scelta ha invece consentito di ottenere risultati brillanti non solo per le sue caratteristiche di grande flessibilità nel normale esercizio che le consente di fronteggiare la punta estiva tramite un funzionamento della sua centrale principale eccezionalmente spinto ma limitato nel tempo ma anche perché la loro realizzazione, forzatamente protratta negli anni, è stata opportunamente adeguata alla lenta ma continua crescita del territorio servito e quindi dell’utenza quale si riscontrava man mano che procedeva l’avanzamento dei lavori.
Le opere ed il loro esercizio sono state, molto opportunamente, suddivise in tre fasi ben distinte:
– Prima fase con funzionamento interamente a gravità evitando quindi il pompaggio dell’acqua all’origine. Come si vedrà più avanti la favorevole posizione altimetrica delle fonti, la risalienza naturale della falda artesiana di Savorgnano ed un appropriato dimensionamento delle opere hanno consentito di svolgere per circa 10 anni l’alimentazione dell’utenza praticamente senza spese di esercizio. E’ questo un aspetto economico importante per un Ente di gestione che nel suo primo periodo di attività è gravato da imponenti spese e privo di grandi introiti per vendita d’acqua.
– Seconda fase limitata a circa metà territorio ed attuata con sollevamento alla fonte per una prevalenza di circa 30 m e portata massima 100 l/s;
– Terza ed ultima fase messa in atto allorchè la rete ha assunto la sua estensione quasi totale con arrivo a Bibione ed attuata con sollevamenti dell’acqua molto variegati in funzione del fabbisogno reale e cioè notturno invernale a gravità, nelle punte giornaliere invernali con le pompe di prima fase e nelle punte estive con pompe a velocità variabile, pressione di pompaggio da 30 a 110 m e portata variabile da 100 a 600 l/sec.

Come si può vedere gli impianti, nella terza fase descritta e cioè per circa 20 anni, hanno potuto contare su un funzionamento diversificato con utilizzazione degli impianti sempre adeguata alle richieste reali dell’utenza ed assicurando in ognuna delle possibili e variabilissime situazioni una consegna dell’acqua all’utenza con pressioni e portate sempre ottimali e quindi senza alcun dispendio energetico e contenendo al massimo le perdite occulte d’acqua.

 

3. COSTITUZIONE DEGLI IMPIANTI

3.1. LE OPERE DI PRESA E SOLLEVAMENTO DI SAVORGNANO

 

Particolare dell’impianto di sollevamento di Savorgnano. La pompa in primo piano è la vecchia macchina, ora di riserva, e funzionante a corrente continua in quanto, al momento della costruzione dell’acquedotto, non esisteva altro mezzo per ottenere la variazione della velocità di rotazione. Le altre pompe sono comuni macchine con inverter di variazione della velocità stessa

La prima delle operazioni eseguite è stata la terebrazione di n. 6 pozzi artesiani in località Savorgnano di S. Vito al Tagliamento (PN). Determinante infatti per il futuro del consorzio era verificare se nella realtà si poteva disporre di una portata sufficiente per coprire il fabbisogno. I risultati sono apparsi subito lusinghieri. I pozzi erano in grado di dare un quantitativo superiore alle aspettative di ottima acqua naturalmente potabile, fresca ed inoltre con una pressione idrostatica di ben 7 metri sopra il suolo ridotta a 1 metro per la portata massima. Ciò ha consentito di procedere alla progettazione esecutiva delle opere e tra di esse alla centrale di sollevamento di Savorgnano destinata a costituire il cuore di tutto il complesso acquedottistico. La sua costruzione è stata suddivisa, in congruenza con le tre fasi di esercizio prima citate, in tre lotti. Il primo di essi comprendeva la sola vasca di carico nella quale confluivano i collettori dei pozzi alimentanti, direttamente a gravità e quindi senza alcun intervento meccanico la prima parte della condotta adduttrice principale e delle reti di distribuzione dei centri di Teglio Veneto, Gruaro e Fossalta di Portogruaro ad essa collegati direttamente e cioè senza interposizione di alcuna struttura idrica particolare come serbatoi di accumulo o centrali di sollevamento. La posizione altimetrica della zona pozzi e la loro naturale risalienza consentivano di effettuare, senza alcun sollevamento meccanico, il rifornimento idrico dei centri elencati fino ad una portata massima di circa 25 l/s più che sufficienti per alimentare il modesto numero di utenti in quel tempo allacciati. In seconda fase, venendo ad aumentare la richiesta idrica dell’utenza, la centrale è stata ampliata e si è proceduto alla installazione di due piccole pompe centrifughe funzionanti in parallelo ed in grado di sollevare ed immettere direttamente nella condotta adduttrice una portata massima di 100 l/s ad una pressione di circa 30 m. Queste pompe sono rimaste attive anche nel prosieguo di tempo in quanto riservate ad intervenire anche alla data attuale per coprire i periodi di basse portate notturne soprattutto dei mesi invernali. Infine la centrale è stata completata quando la rete di adduzione è giunta fino all’estremo sud cioè a Bibione, importante centro balneare che, fino ad allora, era, per quanto riguarda rifornimento idropotabile, in condizioni assai precarie.
E’ facile capire come una centrale come quella in argomento destinata ad alimentare un territorio caratterizzato da consumi assai modesti per tutto l’anno ma con una richiesta d’acqua elevatissima concentrata in un breve periodo estivo e per di più localizzata nell’estremità opposta del comprensorio e cioè ad una distanza di circa 45 Km, poneva dei problemi non facili da risolvere razionalmente Le difficoltà erano accresciute dal fatto che nella progettazione degli impianti doveva essere considerata attentamente la situazione reale del comprensorio in tutti i suoi vari aspetti, dalla favorevole posizione altimetrica dei pozzi situati in una zona posta a circa 25 m più in alto della quota media del territorio da servire, agli inconvenienti derivanti dal lungo periodo che sarebbe inevitabilmente occorso per la completa realizzazione delle opere con tutte le conseguenze che da ciò derivava al servizio idrico.
Bisogna anche tener presente che all’epoca dei lavori in oggetto (anni settanta) non era ancora nota la tecnologia elettronica oggi diffusissima e basata sugli inverter che rende estremamente facile la regolazione della velocità di rotazione dei motori elettrici e quindi l’adozione di pompe a giri variabili. Per risolvere i citati problemi tecnici , si decise ugualmente di equipaggiare la centrale con due sole pompe (una di riserva all’altra) particolari per quei tempi in quanto in grado comunque di immettere in condotta una portata variabile da un minimo di 100 l/sec ad una pressione di soli 30 m ad un massimo di ben 600 l/sec con prevalenza di 110 m.. Tale risultato si potè raggiungere equipaggiando le due pompe con motori a corrente continua la cui velocità poteva essere regolata variando semplicemente la tensione della corrente di alimentazione ma creando non poche complicazioni nei quadri di comando e controllo. Si deve però dire che le due macchine installate, pur se da considerarsi ora come assolutamente superate nella tipologia, hanno svolto egregiamente il loro compito per 30 anni e stanno svolgendo tuttora senza inconvenienti di sorta un ruolo di macchine di riserva sempre imèprtante  per garantiore il servizio.
Altro risultato notevole per l’epoca di cui si discute è quello della regolazione automatica della centrale. Si tratta di un impianto che doveva modulare in continuazione le proprie condizioni di lavoro non solo utilizzando a seconda delle circostanze una delle tre possibili situazioni di base e cioè per portate bassissime il proprio carico idrostatico, per portate medio-basse le due pompe piccole ed infine per portate elevate una delle due pompe grosse a velocità variabile ma anche, in quest’ultimo caso, regolando la velocità di rotazione in modo da aumentare o diminuire portata e pressione di pompaggio in funzione delle richieste di rete. Poiché all’epoca dei lavori era appena uscito il primo personal computer, praticamente quel giocattolo che allora ha fatto sognare molti giovani e cioè l’Apple II, si è pensato di assegnare al giocattolo stesso il compito di controllo e comando della centrale di Savorgnano. Si deve dire che anche questa scelta si è dimostrata vincente in quanto il sistema ha funzionato per 20 anni egregiamente.
In pratica la centrale era dotata di un venturimetro che rilevava con continuità la portata in uscita e la trasmetteva al PC che, in funzione del suo valore, provvedeva ad imporre del tutto automaticamente , il passaggio dall’uno all’altro dei tre sistemi di pompaggio descritti e, durante il funzionamento di ciascuno di essi, alla regolazione delle pompe. La cosa si rivelava semplice per portate basse cioè per il funzionamento a gravità dell’intero sistema in quanto, una volta manovrate le saracinesche, non c’era altro comando da impartire. Anche il funzionamento delle due pompe piccole non presentava problemi: il PC provvedeva a mettere in moto un’altra pompa quando la portata superava un certo limite prefissato e a fermarla quando scendeva al disotto di esso. La cosa era invece complessa per le pompe grosse, ma vedremo che, come accade spesso, le modalità di regolazione le più semplici, direi quasi banali, sono state quelle che meglio hanno funzionato. L’impianto era dotato di due possibilità di regolazione. Adottando la prima di esse, si imponeva al PC di effettuare, sia pur sotto un attento controllo di procedura, un aumento nella velocità di rotazione della pompa allora in funzione, ogni qual volta la portata all’uscita dalla centrale subiva un aumento superiore ad un determinato valore. Analogamente ordinava il rallentamento di velocità quando la portata diminuiva. In questo modo la centrale di Savorgnano poteva seguire esattamente le richieste dell’utenza potendo passare da una portata di soli 100 l/sec a ben 600 l/sec mentre contemporaneamente la pressione aumentava da 30 a 110 m sull’asse tubo, prevalenza questa necessaria per il recapito dell’acqua fino a Bibione. Il PC era programmato in modo da effettuare un accurato controllo delle portate risultanti dopo ogni manovra, provvedendo, se riscontrava delle anomalie, a modificare le correzioni in corso al fine di evitare il pericolo di instabilità del sistema che deriva da questo tipo di regolazione (per dettagli vedere l’articolo ” La regolazione degli impianti di sollevamento degli acquedotti”) Si trattava, in sintesi, di una metodologia di regolazione dell’impianto atta a soddisfare appieno ed automaticamente, tutte le esigenze dell’utenza e quindi di un metodo a tutta prima da considerarsi ideale Si deve invece far rilevare come, per un servizio idrico corretto ed economico, non debbano essere gli impianti acquedottistici a dover adattarsi, in ogni evenienza, all’utente bensì sia opportuno costringere quest’ultimo ad adeguarsi alle disponibilità idriche, alle migliori condizioni di funzionamento degli impianti che, per la cause più disparate, possono anche incontrare difficoltà di vario genere. Quando poi, ed è questa la condizione raggiunta con la regolazione del secondo tipo di cui si darà più avanti spiegazione, questi ultimi risultati si ottengono con una consegna corretta dell’acqua al domicilio dell’utenza e cioè con portate e pressioni sempre adeguate alle sue esigenze. si può dire di aver raggiunto l’optimum. Il metodo di regolazione delle pompe a velocità variabile di cui si discute consiste nell’imporre, indipendentemente da ogni fattore esterno, di mezzora in mezzora e per tutte le 24 ore, la velocità di rotazione che la pompa deve assumere durante la giornata e quindi, giorno per giorno per l’intera settimana. Quest’ultima, se non intervengono modifiche da parte del personale, si ripete all’infinito. Come si vede si tratta di una regolazione basata solo sull’esperienza degli addetti alla gestione che, conoscendo le esigenze della rete, fanno svolgere alla centrale quelle funzioni che ritengono più adatte tenuto conto di numerosi fattori : Ad esempio se la rete è sottodimensionata si può ovviare alle deficienze che ne derivano abbondando nella pressione di esercizio; nei periodi di scarsa producibilità delle fonti, visto e considerato che la portata totale assorbita da una rete di distribuzione acquedottistica varia sensibilmente al variare della sua pressione di esercizio, si possono ridurre le pressioni di esercizio fino ad ottenere le necessarie economie pur assicurando una corretta consegna dell’acqua all’utenza ecc.- ecc.
Sulla regolazione in oggetto si devono fare, inoltre, alcune precisazioni.
Se si esaminano le curve portata/pressione manometrica totale di una pompa al variare della sua velocità di rotazione, si nota come esse consistano in un fascio di curve quasi parallele tra di loro, ognuna delle quali rappresenta, per le varie velocità, gli elementi caratteristici di funzionamento della pompa stessa. Vi si evince che, per tutto il periodo in cui in cui viene mantenuta la stessa velocità, la pompa si comporta esattamente come se essa fosse una normale macchina a giri fissi : può quindi variare la portata d’acqua sollevata in funzione della pressione di pompaggio. Quando la sua velocità di rotazione viene cambiata si assegnano alla pompa le caratteristiche di una nuova pompa a giri fissi identica alla precedente ma che, girando ad una diversa velocità, ha una diversa curva caratteristica. Anche in questo caso e per tutto il periodo in cui permane quest’ultima velocità la pompa può, in maniera del tutto analoga, variare la nuova portata sempre in funzione della pressione e sulla base della propria curva caratteristica. In ognuna delle situazioni indicate esiste un campo abbastanza vasto entro il quale la macchina può lavorare con buoni rendimenti meccanici ed elettrici. Da quanto precede si capisce come il fatto di aver prefissato per un determinato intervallo di tempo la velocità di rotazione della pompa, significa aver predefinito per l’intervallo medesimo dei valori di portata e pressione che non sono tassativi in quanto sarà la pompa ad adeguarli istante per istante alle richieste reali della rete variandoli secondo le indicazione della curva caratteristica valida per quella velocità. Se a tali prerogative aggiungiamo il fenomeno citato in precedenza in base al quale la portata assorbita dalla rete di distribuzione dell’acquedotto si autocorregge al variare della pressione di funzionamento si capisce come con la regolazione a giri imposti si possano realmente ottenere buoni risultati. Un esempio potrà chiarire meglio i concetti.
Supponiamo di conoscere la portata e pressione ideali che alle ore 10 la centrale dovrebbe avere e che esse siano pari a 250 l/s con una pressione di 35 m. cui corrisponde una velocità di 2000 giri. Supponiamo anche che l’operatore abbia commesso un errore fissando una velocità di soli 1900 giri., velocità che la pompa assumerà allo scoccare delle ore 10 senza naturalmente riuscire a dare la richiesta portata di 250 l/s. Essa, viste le maggiori richieste di portata della rete, tenderà ad avvicinarsene a scapito della pressione di esercizio che invece di 35 m sarà ad esempio di soli 30 m. In virtù del fenomeno prima descritto, la minor pressione provoca allora in rete un calo della richiesta d’acqua per cui la stabilità di regolazione sarà presto raggiunta, ad esempio con 240 L/s ad una pressione di 32 m. Esaminiamo ora l’ipotesi opposta e cioè che l’operatore abbia commesso un errore in eccesso predisponendo per le ore 10 una velocità di 2100 giri al minuto. In tale evenienza la pompa costringerà l’utenza ad aumentare il consumo e la stabilità potrà ad esempio essere trovata a 260 l/sec e pressione a 38 m. Si potrà constatare come , nell’esempio, l’utenza sia sempre soddisfatta rientrando l’errore di funzionamento entro normali limiti di tolleranza, con delle anomalie che, in pratica, non sono nemmeno avvertite dall’utente, ma con una differenza sostanziale: mettere a disposizione dell’ente gestore due possibilità da adottare a seconda dei casi. La prima che consente di trarre una economia sia nei consumi energetici di sollevamento sia nella portata assorbita dalla rete che risulteranno ambedue più contenute, la seconda che dà la possibilità di migliorare il servizio idrico per la maggior pressione di consegna dell’acqua all’utente, a prezzo di un dispendio energetico e di un consumo idrico più elevati. Si capisce da questo esempio come siano possibili, tramite una accorta programmazione delle velocità orarie, consistenti economie energetiche soprattutto nei momenti di basse e bassissime portate. Durante la notte, quando i consumi dell’utenza sono quasi nulli, si può imporre una bassa velocità della pompa e quindi ridurre notevolmente la pressione di esercizio ottenendo il vantaggio di una minor spesa energetica di sollevamento e minori perdite occulte di rete. Invece di giorno e soprattutto nei periodi estivi nei quali la richiesta idrica è notevole, è possibile abbondare nella pressione al fine di dare il massimo comfort. Due sono i problemi che deve affrontare il personale addetto: far lavorare la pompa entro i limiti di buoni rendimenti meccanici, e contenere i consumi entro la disponibilità reale delle fonti e degli impianti. Ambedue devono essere risolti con una attenta programmazione delle velocità di rotazione della pompa ottenuta sperimentalmente verificando settimana per settimana i risultati in fatto di soddisfacimento dell’utenza, di consumo energetico, di disponibilità delle fonti, di perdite occulte soprattutto notturne ecc. ecc.: Anche il bilancio economico del Consorzio risente della programmazione oraria in quanto una utenza servita con pressioni di esercizio elevate tende a consumare più acqua di quella con pressioni ridotte al minimo. Ne risultano maggiori introiti per vendita d’acqua ma maggiori spese energetiche e maggiori perdite di rete.
Tutte le verifiche descritte ed i vantaggi che ne possono derivare, non ultimo il citato controllo dei rendimenti meccanici, non sussistono con la regolazione automatica del primo tipo mediante la quale si ordina semplicemente al sistema di seguire le richieste d’utenza qualunque esse siano In tal caso, pur risultando comunque e sempre soddisfatta l’utenza, può accadere di rifornirla con pressioni inutilmente elevate, di far lavorare la pompa fuori rendimento, non realizzare le economie notturne, non ovviare ad eventuali deficienze di rete ecc. ecc.
Nella pratica di esercizio reale si è potuto constatare che l’aver adottato per oltre un ventennio il sistema di regolazione del secondo tipo cioè quello a giri imposti stagione per stagione ha ottenuto buoni risultati e reso possibile la risoluzione di numerosi problemi inerenti soprattutto la continua variazione di consistenza delle reti costruite per lotti successivi , la grave deficienza iniziale della rete di distribuzione di Bibione, che ha visto il nuovo acquedotto consorziale limitarsi per un lungo periodo ad integrare gli obsoleti acquedotti preesistenti con tutti i problemi tecnici che ciò ha comportato.
In definitiva l’intervento del personale di servizio è consistito esclusivamente nel fissare quelle velocità di rotazione della pompa che l’annata precedente aveva confermato come valide per ciascuna stagione, e nell’apportare, in qualche caso , degli interventi correttivi , nel corso dei controlli che settimanalmente devono comunque farsi alla centrale. La grande elasticità degli impianti ha fatto il resto . Soprattutto durante i periodi di forti consumi che sono quelli più difficili da gestire, si è visto che pompe molto grosse come quelle di Savorgnano grazie alla loro curva caratteristica portata/pressione poco pendente, possiedono una grande adattabilità alle richieste della rete alimentata e possono, per una medesima velocità di rotazione, variare notevolmente la portata sollevata senza che la pressione manomentrica totale abbia, per questo, subire grandi cambiamenti rispetto quella auspicata
A chiusura delle spiegazioni sulla regolazione dell’impianto di Savorgnano e volendo definire sinteticamente i due sistemi di regolazione prima descritti si potrebbe dire che il primo è un sistema tutta tecnologia e che pertanto è perfetto ma freddo, insensibile alle bizze e ai difetti del comprensorio mentre il secondo è un sistema umano, vivo che consente al personale, venuto a contatto giorno per giorno con la reale situazione dell’approvvigionamento idrico di un territorio così vasto e variegato, di procedere con continuità ai necessari adeguamenti ottenendo, alla fine, non un casuale ma ragionato ed ottimale uso degli impianti.
Una ulteriore notizia sulla reale consistenza della centrale di Savorgnano che può risultare di un qualche interesse è quella relativa alle caratteristiche del pompaggio diretto in rete e dei colpi d’ariete che tale sistema inevitabilmente trasmette in condotta. A tale riguardo si deve subito dire che il problema non è in pratica mai esistito pur non essendo mai state installate le casse d’aria che il progetto originario prevedeva. I buoni risultati ottenuti sono da attribuirsi alla presenza di un by-

Questa macchina, allora considerata soltanto un giocattolo per ragazzi, ha effettuato, per un decennio e  da vero precursore, la regolazione automatica della centrale di sollevamento di Savorgnano, dotata di pompe a corrente continua.—

 

 

 

 

 

 

pass con valvola di ritegno di grande diametro e munita di contrappeso, la quale, aprendosi da sola, consentiva, al momento dello stacco delle pompe per mancanza di corrente, di alimentare la rete in diretta dai collettori dei pozzi e quindi di annullare l’inconveniente più grave che è quello che si verifica in tali occasioni. Senza interruzione di corrente elettrica nessun problema può derivare agli impianti in quanto tutte le pompe si avviano e si arrestano a bocca chiusa con successiva apertura graduale della saracinesca posta nella mandata. Una volta avviate non esiste alcun problema essendo le grosse pompe, che sono le sole a poter creare problemi, munite di regolazione graduale della velocità

 

3.2. LA RETE DI ADDUZIONE

La rete di adduzione è costituita da una condotta principale del diametro variabile da 550 a 600 mm che, per una lunghezza di circa 45 Km attraversa tutto il comprensorio del consorzio da nord a sud e da alcune diramazioni che la collegano con i centri abitati da servire.

 

3.3. LE RETI DI DISTRIBUZIONE

Lo schema adottato nella realizzazione dell’acquedotto consorziale prevedeva in ogni centro abitato da servire di una certa importanza una rete di distribuzione locale generalmente a maglie chiuse e munita di proprio serbatoio di compensazione giornaliera delle portate , anche se, come vedremo, quest’ultimo risultato non può dirsi pienamente raggiunto.
L’alimentazione della rete ha luogo, nella parte nord del comprensorio, dove la linea piezometrica dei carichi idraulici è sempre molto elevata rispetto al suolo, direttamente dalla rete di adduzione la quale, in tal caso, alimenta i serbatoi pensili posti in testa alla rete e che effettuano l’interruzione idraulica tra adduzione e distribuzione. In quei casi in cui i serbatoi pensili non sono ancora costruiti e nei centri di modestissime dimensioni, non esiste soluzione di continuità tra adduzione e distribuzione essendo quest’ultima collegata direttamente all’adduttrice..
Nella parte sud del comprensorio l’acqua accumulata nei serbatoi di compenso a terra viene risollevata tramite adeguati impianti di risollevamento. per essere immessa nei serbatoi pensili posti in testa alla rete. Anche in questo caso la compensazione delle portate non ha generalmente luogo a causa delle note difficoltà di regolazione che si incontrano ma è invece la centrale di Savorgnano che deve seguire le punte di consumo e ridurre la notte la portata consegnata nei serbatoi di accumulo. Vedremo nel seguito come le particolarità dell’impianto di Bidione consentano di ovviare, almeno in parte, a tale inconveniente

 

3.4. GLI IMPIANTI LOCALI PER L’ACCUMULO, LA COMPENSAZIONE GIORNALIERA DELLE PORTATE ED IL RISOLLEVAMENTO DELL’ACQUA

Come già spiegato ogni centro abitato di una certa importanza è dotato di proprio serbatoio di accumulo che in teoria dovrebbe effettuare la compensazione giornaliera delle portate prelevando dalla rete di adduzioone la portata media giornaliera. In un complesso come quello in argomento dotato di una rete di adduzione che lavora a pressioni variabilissime da un istante all’altro e da una giornata all’altra il funzionamento ottimale dei serbatoi potrà aversi solo quando sarà funzionante il sistema di telecomando e telecontrollo che provveda alle regolazioni del caso. Nella situazione che si descrive nel presente lavoro, i serbatoi di accumulo sono dotati semplicemente di una valvola di efflusso a galleggiante che provvede a chiudere l’immissione a serbatoio pieno. E’ chiaro chi in tale situazione e con una rete di adduzione che generalmente ha pressioni in esubero, i serbatoi, di accumulo sono sempre pieni e che è la centrale di Savorgnano a dover svolgere la funzione di compensare le portate, Fa eccezione il grande serbatoio di Bibione che, essendo regolato a livelli giornalieri imposti, può sfruttare in ogni giornata tutto il volume disponibile quindi può in parte ovviare a questa anomalia.

 

3.5. L’IMPIANTO DI BIBIONE
Esempio di grafico giornaliero dei livelli da imporre minuto per minuto al serbatoio0 di Bibione

La rete di distribuzione del centro turistico balneare di Bibione sito all’estremità sud del territorio è dotata di un impianto di accumulo e sollevamento di recente costruzione con un serbatoio a terra da 20.000 mc per la compensazione giornaliera delle portate nel quale ha termine la rete di adduzione consorziale. A lato del serbatoio esiste l’impianto di sollevamento che preleva l’acqua accumulata per immetterla in rete, tramite delle normali pompe centrifughe funzionanti in parallelo essendo comandate dai galleggianti installati nel preesistente serbatoio pensile. La regolazione delle portate d’acqua da immettere in serbatoio, e che, dati i notevoli volumi che d’estate sono necessari per soddisfare il fabbisogno, condizionano pesantemente il funzionamento idrico dell’intero comprensorio, è stata oggetto di un attento studio. La soluzione adottata prevede la possibilità di imporre al serbatoio una curva giornaliera dei livelli d’acqua che vi si debbono verificare indipendentemente dalle richieste dell’utenza. In pratica, scelta la giornata di consumo massimo e rilevato l’andamento effettivo che durante le 24 ore meglio si presta a coprire i consumi di punta tenendo conto anche di un certo volume di riserva da conservare per i casi di emergenza, si è deciso che il serbatoio debba ripetere esattamente detto andamento anche per tutte le altre giornate. In pratica è possibile memorizzare nei quadri di comando e controllo dell’impianto una serie di valori che rappresentano di mezzora in mezzora i livelli che saranno imposti dal dispositivo automatico tramite una attenta regolazione della valvola di immissione dell’acqua in serbatoio. Ciò significa che durante il giorno di massimo consumo il serbatoio, prelevando dalla adduttrice la portata media giornaliera, si riempirà totalmente la notte e, svuotandosi il giorno successivo, eseguirà esattamente la compensazione della portata. Nelle altre giornate, soprattutto in quelle di bassi consumi, il serbatoio dovrà, perchè è questa la condizione imposta dal dispositivo automatico di comando e controllo, svuotarsi di giorno dello stesso volume d’acqua delle altre giornate, contribuendo in tal modo a ridurre l’apporto giornaliero di acqua proveniente dalle fonti di Savorgnano nel mentre sarà durante la notte che il serbatoio dovendo, per la stessa ragione, riempirsi totalmente, provocherà un maggior richiamo d’acqua dalle fonti medesime La conclusione è ovvia. Il serbatoio di Bibione, in tutti le giornate, escluse soltanto di quelle di massimo consumo , e soprattutto in quelli in cui i consumi si mantengono su valori più modesti, effettua una importante azione calmieratrice di tutto il comprensorio accumulando di notte un volume il più grande possibile e quindi in esubero rispetto al fabbisogno del momento ma che sarà interamente utilizzato il giorno successivo per alimentare la rete di distribuzione. Di conseguenza il funzionamento della centrale di Savorgnano, che come noto si trova a 45 Km di distanza può ricavarne un notevole beneficio annullando o almeno riducendo il divario fra la sua produzione notturna e quella giornaliera . Si può dire che il serbatoio di Bibione, con la sua notevole capacità di accumulo, supplisce almeno in parte alla mancata compensazione giornaliera degli altri serbatoi, del comprensorio, serbatoi che, per le ragioni già spiegate, risultano sempre pieni o quasi pieni.
Altri vantaggi notevoli della soluzione scelta sono:
– un miglior funzionamento meccanico dell’impianto di Savorgnano chiamato a sollevare una portata con escursioni giorno/notte relativamente modeste,
– un prelievo di falda artesiana il più costante possibile che garantisce una miglior conservazione nel tempo delle ottime qualità oggi possedute dalla falda medesima
– una maggior pressione e quindi maggior producibilità d’acqua che si riscontra nei periodi notturni nella falda artesiana essendo minori i prelievi notturni effettuati dagli altri utilizzatori della medesima falda, ed essendo, nel medesimo tempo, evitati i prelievi di punta
Il tutto si traduce in un ulteriore minor consumo energetico nel sollevamento dell’acqua-.
Ulteriori spiegazioni sulle modalità di regolazione dei serbatoi a livelli giornalieri imposti possono aversi dall’articolo “La regolazione dei serbatoi di compensazione giornaliera” su questo stesso sito

 

4. RAFFRONTO TRA SCHEMA ACQUEDOTTISTICO REALIZZATO E SCHEMA TRADIZIONALE

La descrizione fatta degli impianti acquedottistici del Consorzio Basso Tagliamento rende da sola una chiara idea dei risultati ottenuti sia nel dimensionamento degli impianti che, grazie alle straordinarie doti di flessibilità della centrale di Savorgnano, hanno potuto di fatto essere dimensionati per la portata media annua, sia nella gestione che si svolge per la stragrande maggioranza delle giornate dell’anno tipo con pressioni di funzionamento della rete di adduzione basse o medio basse riservando l’alta pressione a pochissime giornate durante l’estate. Ben diverso sarebbero state sia le spese di costruzione sia quelle di gestione se, come prescrivono le regole classiche, tutti gli impianti fossero stati dimensionati per la punta estiva. Innanzitutto a Savorgnano non si sarebbe potuto certamente costruire il prescritto serbatoio di carico di un’altezza di 110 m corrispondente alla attuale pressione estiva di pompaggio. Si sarebbe invece dovuto modificare il diametro della condotta adduttrice principale passando da 600 mm a 800 con evidente maggiori difficoltà e spese di costruzione.
Ma anche l’esercizio ne avrebbe risentito negativamente obbligando a mantenere durante un’intera annata delle pressioni inutilmente elevate

 

5. PROSPETTIVE FUTURE

Non è noto a chi scrive la situazione attuale degli impianti acquedottistici del Basso Tagliamento a seguito della unificazione già avvenuta o quella che avrà luogo in ottemperanza alle leggi oggi in vigore sulla costituzione degli acquedotti. Si può però affermare che gli impianti realizzati e sommariamente descritti in questa nota possono senza dubbio integrarsi in un qualunque complesso più importante e ciò soprattutto grazie alle grande elasticità di funzionamento che gli sono proprie. L’utilizzazione dei moderni impianti di telecontrollo e telecomando di cui senz’altro l’insieme acquedottistico sarà dotato, consentirà ad un’opera di presa e sollevamento come quella di Savorgnano, di produrre e sollevare una consistente portata di ottima acqua potabile adeguando il proprio funzionamento alle richieste le più disparate. Al medesimo tempo una rete di adduzione come quella descritta potrà anch’essa integrarsi in una qualunque rete di maggiori dimensioni dimostrandosi, così come lo è stata in questi decenni, atta a svolgere il servizio acquedottistico in maniera ottimale. Infine l’impianto di Bibione con la grande capacità di accumulo opportunamente controllato dal citato impianto di telecomando potrà sicuramente dare risultati ancora migliori di quelli passati.
Piccoli impianti locali. Su questo argomento chi scrive ha maturato una convinzione, chiaramente espressa negli articoli di questo sito, in base alla quale i serbatoi pensili posti in testa alle varie piccole reti siano da bandire oppure da utilizzare in maniera completamente diversa da quella in uso. Se si vorrà adottare tale tecnica si dovranno apportare delle modifiche agli impianti di sollevamento e, nel mentre si dovrà evitare di costruirne di nuovi come un tempo era previsto per i centri più a nord del Consorzio e precisamente per Gruaro, Teglio e Fossalta, bisognerà assegnare a quelli esistenti una mera funzione di riserva lasciandoli pieni d’acqua ma, praticamente, esclusi dalla rete. Si potrà in tal modo graduare ora per ora la pressione di esercizio adeguandola alle reali necessità dell’utenza e diminuendo al tempo stesso la spesa energetica di sollevamento e la percentuale di perdita occulta.

 

6. CONCLUSIONI

Si sono illustrati sommariamente alcuni aspetti costruttivi e di esercizio di un importante acquedotto consorziale nonchè la grande elasticità di funzionamento dei suoi impianti che ha permesso di adeguare il servizio idrico alle richieste idriche di un’utenza variegata nello spazio e nel tempo come quella in argomento. Di particolare interesse la centrale di Savorgnano che, grazie all’adozione di tre distinti sistemi di alimentazione della rete e rispettivamente a gravità, pompaggio a bassa pressione e pompaggio a pressione variabile, ha potuto alimentare i piccoli centri abitati sparsi nel suo comprensori e contemporaneamente il centro turistico-balneare di Bibione che d’estate, passa da 3000 a 150.000 abitanti da servire. Anche le particolarità di regolazione del serbatoio di Bibione, sommariamente descritte, presentano un certo interesse
E’ stato anche fatto un cenno alle possibilità future di adattamento degli impianti alle situazioni particolari che deriveranno a seguito dell’ampliamento del consorzi

INDIETRO AVANTI

VIAGGIO FANTASTICO NELL’UTOPIA DELL’ACQUA

rete acquedottistica nazionale

1) PREMESSA

E’ assodato che uno dei problemi che in futuro si presenteranno con drammaticità sarà quello della carenza dell’acqua necessaria per i vari usi.
In Italia i volumi che annualmente si rendono disponibili a tale fine sono e saranno più che sufficienti a coprire il fabbisogno. Esistono però forti squilibri tra una regione e l’altra e grandi sfasamenti temporali tra disponibilità d’acqua e fabbisogno; la loro attenuazione risulterà indispensabile perché il problema possa ritenersi risolto. In tal senso un contributo fondamentale potrebbe essere dato dalle opere qui descritte se non si trattasse invece che di un mero parto della fantasia volto ad immaginare un futuro impossibile eden idrico.

 

2) SITUAZIONE FUTURA DEGLI ACQUEDOTTI ITALIANI

Il quadro complessivo all’anno X vedrà già realizzate le indicazione della legge Galli e quindi organizzati gli ATO e cioè i grandi territori ottimali all’interno dei quali il ciclo completo delle acque, dalla raccolta e depurazione di quelle reflue alla distribuzione di quelle potabili, sarà correttamente svolto ad opera dell’Autorità di Bacino. Risulteranno inoltre completati e razionalizzati tutti gli impianti fognari e quindi l’acqua dei fiumi e del mare dove ha luogo la restituzione finale dei liquami depurati sarà tornata limpida come era un tempo nel mentre per gli acquedotti, completamente riorganizzati sotto l’egida dell’autorità predetta, sussisterà un grave deficit causato da un lato dai grandi mutamenti climatici che avranno sensibilmente ridotto le portate d’acqua disponibili soprattutto durante i periodi particolarmente siccitosi e dall’altro dalle aumentate esigenze specifiche che comporteranno un forte aumento del fabbisogno idrico. Per quanto riguarda i bacini artificiali, realizzati nelle zone montane mediante dighe di ritenuta, saranno al momento perfettamente funzionanti, in quanto si provvede con continuità all’asporto del materiale ghiaioso di deposito, soltanto quelli di vecchia costruzione nel mentre da molti anni non se ne realizzano di nuovi a causa dei gravi danni che opere di tale genere provocano all’ambiente.
Sarà ancora irrisolto il problema, prima citato, delle emergenze idriche del meridione d’Italia.

 

3) LA SOLUZIONE PROPOSTA

Esempio di rete nazionale esistente: il gas

L’utilizzazione dei volumi d’acqua disponibili nel nord d’Italia, particolarmente in periodi di grandi precipitazioni atmosferiche, allo scopo di risolvere al sud le frequenti crisi, presenta ostacoli quasi insormontabili. Innanzitutto, essendo in gioco enormi volumi d’acqua, non si può pensare di prelevarli da quella che può essere considerata l’unica risorsa atta allo scopo e cioè dall’asta dei fiumi del settentrione per i gravi danni che ne deriverebbero alle utilizzazioni già in atto e all’ambiente. Un altro problema è rappresentato dalla grande variabilità di portata che da un periodo all’altro caratterizza sia la disponibilità d’acqua che il fabbisogno. Occorrerebbero grandi volumi di invaso, praticamente irrealizzabili, per effettuare le necessarie compensazioni di portata. Infine il trasporto di questi ingenti quantitativi d’acqua dalle regioni del nord Italia dove essa abbonda a quelle del Sud, sembra essere un problema non risolvibile.
Un attento esame della situazione reale delle nostre pianure offre però un panorama meno pessimistico considerato che i grandi fiumi sono di per sé dotati, nelle zone di pianura e di sbocco a mare, di una struttura che, previa modifica non sostanziale delle sue caratteristiche costitutive e delle attuali modalità di utilizzazione, può svolgere, in tal senso, un ruolo determinante. I principali fiumi del nord d’Italia presentano, infatti, nella parte finale del loro alveo, ampie aree golenali delimitate da alti argini il cui scopo è di aumentare sensibilmente la portata adducibile al mare quando essa raggiunge, in occasione di piogge eccezionali, valori cospicui. Si tratta quindi di grandi bacini che vengono usati solo in occasione dei periodi particolarmente piovosi mentre non lo sono per il tempo restante. Ne è riprova il fatto che molto spesso le aree golenali sono coltivate, altre volte vi trovano posto ampie piantagioni di alberi di alto fusto, qualche volta si sono ubicate in golena anche delle case regolarmente abitate.
Ebbene, se tali fiumi fossero dotati, previa loro sistemazione generale, di uno sbarramento mobile ubicato in prossimità dello sbocco a mare che consentisse di invasare nelle capaci aree golenali notevoli volumi d’acqua, si otterrebbero i seguenti vantaggi:
1. impedire la risalita del cuneo salino lungo la parte finale dell’asta dei fiumi e quindi rendere utilizzabile ai fini irrigui e potabili i volumi d’acqua che vi transitano
2. consentire di captare, in prossimità della foce, grandi volumi continui d’acqua dati dalla portata fluente cui va aggiunta quella accumulata grazie alle citate chiusure. Da notare come il prelievo di tali portate nella parte finale del fiume non comporta, proprio perché ubicata in prossimità dello sbocco a mare, alcuna modifica e quindi alcun danno, al regime idrico di tutta l’asta: è invece possibile utilizzare tutti i volumi d’acqua che necessitano limitando lo scarico a mare soltanto a quelli in esubero rispetto al fabbisogno o quelli richieste dalle condizioni ambientali locali.
3. mantenere costantemente rincollata l’acqua dei fiumi in modo da realizzare, durante tutto l’anno e tramite una oculata manovra delle barriere mobili, un notevole volume di invaso atto ad effettuare una efficace compensazione delle portate di piena molto variabili durante l’anno medesimo;
4. il recupero di grandi volumi d’acqua di piena dei fiumi, che altrimenti sarebbe scaricata a mare, lascia disponibili a monte, lungo l’asta del fiume, molta acqua da utilizzare per altri usi come ad esempio per le irrigazioni;
5. estendendo l’intervento a più corsi d’acqua distribuiti in diverse regioni italiane è possibile usufruire di svariati eventi meteorologici e dei relativi incrementi di portata;
Ovviamente la regolazione delle barriere mobili deve tenere in debito conto e con continuità l’andamento meteorologico e quindi esser aperte durante le alluvioni in modo da non ostacolare lo scarico a mare di tutta la portata d’acqua in arrivo da monte ma durante tutto il resto dell’anno tenere il bacino pieno o quasi pieno fatti salvi gli svasi che, durante i periodi di magra, consentano il prelievo di tutta la portata necessaria per far fronte ai fabbisogni. Opportune e sistematiche manovre alternate da un fiume all’altro permetteranno di scaricare a mare le sabbie di deposito in modo da evitare da una parte l’interramento dei bacini e dall’altra favorire il ripascimento delle spiagge marine.
In pratica,la ipotesi qui considerata vede le foci di alcuni grandi fiumi trasformate in lunghi e capaci laghi aventi il pelo libero dell’acqua costantemente più in alto del livello marino, alimentati da monte con portate elevate in quanto comprensive dell’apporto di tutti gli affluenti del fiume stesso, nessuno escluso, ed in quanto comprensive anche dei volumi che vi si raccolgono in occasione di eventi piovosi intensi nonché delle portate d’acqua reflua depurata e scaricate dalle varie reti fognarie disseminate in tutto il territorio nazionale. Da tali laghi è possibile prelevare tutta la portata richiesta per far fronte ai fabbisogni nel mentre viene scaricata in mare solo la portata eccedente il fabbisogno. Durante i periodi nei quali il bacino imbrifero è interessato da piogge intense vengono immagazzinati, grandi volumi d’acqua atti ad effettuare una efficace compensazione delle portate
Essendo l’intervento dislocato in diverse località anche molto distanti tra di loro, aumenta la probabilità di poter usufruire delle piene e delle morbide.
Il fabbisogno idrico italiano complessivo dovrebbe essere soddisfatto tramite i soli proventi delle opere indicate. Non sono però da trascurare altri importanti mezzi di produzione d’acqua potabile di sorgenti, pozzi, quella ottenuta da potabilizzazione di acque reflue di fognatura, o irrigua generalmente prelevata dai fiumi oppure quella immagazzinata negli esistenti bacini artificiali. Il tutto secondo le modalità che saranno appresso indicate.
Una volta risolto il problema della produzione di tutto il volume d’acqua necessario e che forzatamente deve avvenire al nord, rimane da risolvere il problema del suo trasporto fino alle regioni meridionali normalmente afflitte da grande carenza idrica. La soluzione potrebbe esser trovata nella realizzazione di un collegamento idrico atto a consentire i necessari interscambi di portata tra le varie regioni italiane, collegamento tanto più difficoltoso quanto maggiori sono i quantitativi d’acqua e le distanze in gioco e che quindi diventa particolarmente arduo quando entrano nel bilancio i fabbisogni irrigui la cui entità, come già detto, è ben maggiore di quelli potabili (approssimativamente il quadruplo). Quella che si proporrà non può pertanto che essere una soluzione di compromesso che se da un lato potrebbe assolvere in toto le esigenze idropotabili, dall’altro può solo contribuire a lenire quelle irrigue, fatte salve ulteriori possibilità come sarà più avanti indicato.
In pratica si tratterebbe di costruire due grandi reti magliate di condotte una per l’adduzione di acqua potabile e l’altra per l’acqua grezza cioè di acqua che ha subito solo un trattamento primario di depurazione e che pertanto è utilizzabile per usi industriali, artigianali per irrigazione agricola (questa contenuta entro determinati limiti quantitativi), per annaffiamento orti e giardini, per cacciata delle fognature stradali ed infine per i servizi domestici di base come lavaggi, vasche di cacciata dei WC, docce, pulizia strade, ecc. ecc. Considerato che nel periodo futuro che si sta esaminando saranno le acque reflue delle locali fognature che, invece di essere scaricate nei recipienti finali come accade ai nostri giorni, troveranno, previo ulteriore trattamento di depurazione, una utilizzazione sempre maggiore, la rete di acque grezze è destinata a ricevere da tali acque e regione per regione, un importante contributo, che le permetterà, un giorno, di soddisfare interamente il fabbisogno.
In pratica se fossero già realizzati gli ATO di cui alla legge Galli, le due reti di adduzione indicate costituirebbero l’indispensabile collegamento idraulico tra tutti gli ATO.

Esempio di rete acquedottistica nazionale proposta

 

4) SITUAZIONE DEGLI ACQUEDOTTI ITALIANI NELL’IPOTESI CONSIDERATA

La situazione finale all’anno X degli acquedotti italiani nella ipotesi qui considerata potrebbe così esser sintetizzata:
Alcuni importanti fiumi italiani come ad esempio Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta e Adige, nel versante adriatico, Arno e Tevere in quello tirrenico, sono stati sistemati con modifica degli argini e costruzione dello sbarramento mobile di foce, in modo da essere in grado di invasare nel loro bacino golenale grandi volumi d’acqua e di mantenerli per lunghi periodi onde effettuare una buona compensazione delle grandi portate in gioco. In pratica le aree golenali per una estesa di alcuni chilometri vicino alla foce ed attualmente sistemate a verde, sarebbero trasformate in laghi. Non viene, per il momento, considerato il Po per i notevoli problemi che sarebbero posti dalla costruzione dello sbarramento mobile di foce, ma, a seguito di una analisi più attenta, anche tale importantissimo corso potrebbe rientrare nel novero contribuendo in maniera determinante ad aumentare le disponibilità idriche future (ulteriori notizie sullo sbarramento mobile di foce sono visibili nell’omonimo articolo del presente sito).
Ogni fiume è munito, in prossimità dello sbarramento mobile, di un capace impianto di trattamento e pompaggio in grado di dare alle acque le necessarie caratteristiche chimico-fisiche ed immetterle nelle due grandi reti di adduzione nazionale: acqua potabile nel primo e acqua grezza nell’altro. Da notare come il progresso tecnico che senza dubbio avrà interessato la concezione della decantazione e filtrazione consente, all’epoca che qui si considera, di costruire impianti di dimensioni relativamente ridotte e, per lo più ricavati nel sottosuolo.
Sono state costruite due grandi reti magliate di condotte rispettivamente per acqua potabile e per acqua grezza, che percorrono tutta l’Italia in lungo e largo, Sicilia compresa, con percorso in gran parte sottomarino. Nei tratti di terraferma è previsto un doppio tunnel scavato, a notevole profondità onde evitare le interferenze con i servizi preesistenti, nel sottosuolo.
Tutti gli ATO costituiti in base alle disposizioni della legge Galli, sono attraversati da dette grandi tubazioni di rete con le quali sono anche collegati per potervi prelevare o immettere l’acqua a seconda delle disponibilità. La grande diversificazione delle fonti che alimentano le due reti, distribuite in diverse regioni italiane, consente di modulare la portata consegnata o ricevuta dagli ATO in modo da soddisfare le singole necessità giornaliere.
Il sistema acquedottistico nazionale è governato da un calcolatore centrale che ne sovrintende tutte le funzioni secondo quanto sarà in appresso indicato.
Si riportano, in sintesi, le caratteristiche di ogni ATO.

 

5) SERVIZIO IDROPOTABILE

A) ATO ALIMENTATO CON ACQUA DI SORGENTE O CON ACQUA DI BACINO ARTIFICIALE O LAGO NATURALMENTE POTABILE

1) Le sorgenti degli acquedotti sono state potenziate in modo da poter captare tutta l’acqua disponibile anche con carattere di discontinuità o di grande variabilità se la fonte non ha portata costante;
2) Ogni impianto di produzione continua a svolgere il compito di alimentare la sua rete locale di competenza e, in più, deve essere collegato con la rete di adduzione nazionale in modo da renderlo atto a svolgere due funzioni:
– immissione nella rete di adduzione nazionale tutta l’acqua in esubero;
– prelievo dalla stessa adduttrice di tutta la portata di cui ha bisogno onde integrare la propria produzione, quando questa è deficitaria rispetto al fabbisogno.
Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo). Il prelievo dell’acqua dalla adduttrice é in pressione tramite valvola di regolazione del prelievo comandata dall’impianto di telecontrollo.

B) ATO ALIMENTATO DA POZZI CON ACQUA NATURALMENTE POTABILE

1) I pozzi sono stati potenziati in modo da poter captare tutta l’acqua disponibile della falda anche con carattere di discontinuità se la falda non ha portata costante;
2) Ogni impianto di produzione continua a svolgere il compito di alimentare la sua rete locale di competenza e, in più, è collegato con la rete di adduzione nazionale in modo da renderlo atto a svolgere due funzioni:
– immissione nella rete di adduzione nazionale tutta l’acqua in esubero;
– prelievo dalla stessa adduttrice di tutta la portata di cui ha bisogno onde integrare la propria produzione, quando questa è deficitaria rispetto al fabbisogno.
Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo). Il prelievo dell’acqua dalla adduttrice é in pressione tramite valvola di regolazione del prelievo comandata dall’impianto di telecontrollo.

C) ATO ALIMENTATO DA PRESA DI ACQUA SUPERFICIALE DA FIUME POTABILIZZATA

1) Ogni impianto di produzione é potenziato in modo da poter prelevare da fiume e trattare tutta l’acqua disponibile. Dove possibile si sono costruiti dei capaci bacini di accumulo, preferibilmente sotterranei, delle acque di piena con tutte le strutture necessarie per immettere nella rete di adduzione nazionale tali portate (decantatori, filtri, sollevamento ecc.).
2) Ogni impianto di produzione continua a svolgere il compito di alimentare la sua rete locale di competenza e, in più, deve essere collegato con la rete di adduzione nazionale in modo da renderlo atto a svolgere due funzioni:
– immissione nella rete di adduzione nazionale tutta l’acqua in esubero;
– prelievo dalla stessa adduttrice di tutta la portata di cui ha bisogno onde integrare la propria produzione, quando questa è deficitaria rispetto al fabbisogno.
Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo). Il prelievo dell’acqua dalla adduttrice é in pressione tramite valvola di regolazione del prelievo comandata dall’impianto di telecontrollo.

D) ATO ALIMENTATO CON ACQUA AVENTE ELEVATI COSTI DI PRODUZIONE (DEMINERALIZZAZIONE ACQUA SALATA, TRATTAMENTO ACQUE RESTITUITE DALLA FOGNATURA ECC.)

Gli impianti di produzione esistenti continuano a produrre la sola acqua necessaria al soddisfacimento del proprio fabbisogno quindi senza alcun potenziamento. E’ stato realizzato il collegamento con la rete di adduzione nazione con lo scopo principale di sostituire tutto o in parte l’acqua prodotta localmente avente costi elevati, con quella prelevata dalla rete di adduzione nazionale. In casi estremi é consentito immettere le portate prodotte in esubero rispetto al fabbisogno, nella rete di adduzione nazionale. Tutti gli impianti di produzione sono del tipo ad immissione diretta in condotta ed atti a variare a seconda delle necessità la pressione e la portata dell’acqua immessa (impianti dotati di valvole di regolazione della pressione se funzionanti a gravità o di pompe a velocità variabile negli altri casi sempre comandate dall’impianto di telecomando e telecontrollo).

 

6) SERVIZIO IDRICO ACQUA GREZZA PER USI INDUSTRIALI, ARTIGIANALI, IRRIGUI E VARI DOMESTICI

La portata immessa nella rete grezza nazionale é per la maggior parte fornita dagli impianti di foce dei fiumi principali. Anche gli ATO, se le condizioni locali lo permettono, producono acqua grezza da destinare, di preferenza al soddisfacimento delle necessità locali. I volumi eventualmente in esubero sono immessi nella rete nazionale. Essendo questo il servizio che richiede i maggiori quantitativi d’acqua, sono di preferenza utilizzate tutte le acqua locali limitando quelle della rete nazionale di acqua grezza ai soli casi in cui non è possibile operare diversamente.
Sono ipotizzabili interscambi di portata anche con le reti irrigue, pur in quantità contenute rispetto a quelle totali necessarie. Il servizio di irrigazione agricola vero e proprio deve restare autonomo e ai vari fabbisogni agricoli si deve far fronte regione per regione, con risorse idriche locali solo parzialmente integrate con acqua proveniente dalla rete nazionale grezza.

 

7) SERVIZIO DI FOGNATURA

Tutte le reti sono unificate in tutto il territorio di ogni ATO. Gli impianti fognari italiani sono pertanto costituiti da grandi reti di tipo separativo e munite di pochi impianti di depurazione di grandi dimensioni. Questi ultimi effettuano un trattamento spinto delle acque reflue in modo da renderle atte ad essere immesse, a fine trattamento, nella rete locale di acque grezze. Gli eventuali volumi prodotti in eccesso rispetto al fabbisogno locale sono immessi nella rete nazionale di acque grezze.

 

8) LA RETE IRRIGUA

Il problema della captazione e trasporto a lunga distanza delle acque per irrigazione rappresenta senza dubbio la parte più difficile e di incerta soluzione fra tutte le proposte formulate in questa nota a causa dei notevoli volumi d’acqua che il servizio irriguo richiede.
Non è realisticamente ipotizzabile che la rete di acque grezze prima descritta possa risolvere il problema irriguo italiano bensì che possa solo integrarlo con portate in entrata ed in uscita di entità non definibile se non in fase di progettazione reale ma comunque di modesta rispetto ai fabbisogni irrigui. Gli impianti irrigui, a loro volta, possono contribuire nella alimentazione della rete grezza nazionale immettendovi le acque in esubero e che abbiano le necessarie caratteristiche chimico-fisiche.

 

9) ORGANIZZAZIONE GENERALE

Dovrà essere installato un potente impianto centrale di telecontrollo e telecomando che sovrintende il funzionamento del grande sistema acquedottistico nazionale. Ad esso perverranno in tempo reale tutti i dati istantanei di funzionamento di ciascun ATO e quelli della rete nazionale di adduzione quali:
– le portate di pioggia sia reali che di previsione;
– la portata totale immessa nella rete locale;
– la portata totale immessa o prelevata dalla rete di adduzione nazionale;
– la portata massima di cui effettivamente potrebbe disporre;
– i costi reali per mc di acqua prodotta;
– eventuali deficienze di alimentazione;
– le portate in entrata ed in uscita dai sistemi irrigui locali
– altri dati di funzionamento reale istantaneo (pressione in condotta, caratteristiche fisico chimico dell’acqua ecc. ecc.)
Il calcolatore determinerà in tempo reale le condizioni di produzione atte al soddisfacimento delle richieste dei vari ATO con valori ottimali sia tecnici che economici. Ciò significa, ad esempio nella rete potabile, incrementare al massimo il funzionamento degli impianti a basso costo di produzione ed immissione in rete di adduzione nazionale (tali sono gli impianti alimentati da sorgenti o da bacini artificiali d’alta montagna privi di spese di potabilizzazione e di sollevamento perché funzionanti a gravità). Una volta portati tali impianti alla loro massima producibilità saranno le acque dei pozzi delle falde artesiane naturalmente potabili ad essere immesse e, per ultime, quelle meno convenienti sia dal lato dei costi sia delle altre caratteristiche.
Visti i grandi volumi d’acqua in gioco saranno gli impianti di produzione della rete di adduzione nazionale, cioè quelli posti in prossimità della foce dei fiumi prima elencati, a produrre la maggior parte dell’acqua necessaria, e quindi a soddisfare la base del diagramma di consumo che riguarda una gran parte del fabbisogno, nel mentre saranno gli impianti locali ad effettuare in ogni caso la copertura delle punte di consumo. Quando possibile l’ATO provvederà prioritariamente al soddisfacimento del proprio fabbisogno nel mentre tutta l’acqua prodotta in esubero sarà immessa in rete. Potrà ricorrere alla rete nazionale con prelievi continuativi o limitati a brevi periodi di crisi solo in caso di insufficienza nella produzione propria.
A tale scopo il calcolatore determinerà le condizioni ottimali di invaso dei bacini di foce dei fiumi e quindi le manovre da effettuare alle barriere mobili per tenere costantemente rincollata l’acqua in arrivo fatta salva la necessità di scaricare a mare le portate di piena durante i periodi alluvionali e comunque quelle in eccedenza rispetto al fabbisogno,
Per gli impianti di solito alimentati con acqua molto costosa, saranno definite le modalità per ridurre al minimo la produzione locale modulando in tal senso il prelievo dalla rete di adduzione nazionale minuto per minuto. Poichè la richiesta idrica durante l’anno è molto varia, l’utilizzazione di acque aventi costo elevato sarà limitata ai soli periodi di forti consumi o di scarsa produzione nel mentre per la maggior parte delle giornate, sarà l’acqua a basso costo ad essere adoperata.
La rete di adduzione nazionale sarà del tipo con funzionamento a pressione variabile (quindi priva di serbatoi di accumulo in quota che irrigidiscono il sistema rendendo fissa la quota della piezometrica di funzionamento) con immissione diretta in condotta dell’acqua proveniente sia dagli impianti propri che dai vari ATO. Il calcolatore definirà in tempo reali le condizioni ottimali di funzionamento di tutti gli impianti modificando la pressione di esercizio di minuto in minuto in funzione delle pressioni di arrivo. In dettaglio l’ottimizzazione consiste nel definire la pressione media ottimale di consegna ai vari ATO in modo da far funzionare senza bisogno di risollevamento il maggior numero possibile degli ATO alimentati e, di conseguenza, definire le pressioni di immissione da parte degli ATO alimentanti nonché degli impianti della rete nazionale.
La grande diversificazione delle fonti e la grande elasticità di funzionamento delle due reti renderà possibile una corretta modulazione delle portate in gioco a seconda del fabbisogno e della disponibilità giornaliere dei vari ATO.
Tutte le capacità di accumulo, compensazione o comunque di partenza della portata immessa nella condotta nazionale saranno del tipo a terra e preferibilmente ricavate nel sottosuolo, con apparecchiatura per l’immissione dell’acqua nella condotta nazionale costituita:
– in caso di impianti di alta quota funzionanti a gravità: valvola di regolazione della portata e della pressione regolata in tempo reale dall’impianto di telecontrollo;
– in caso di impianti posti a quote inferiori alla piezometrica minima di funzionamento della condotta nazionale: pompe a velocità variabile atte a modulare non solo la portata ma anche la pressione di esercizio e regolate dall’impianto di telecontrollo che determina in tempo reale il numero di pompe da far funzionare e la loro velocità di rotazione.

 

10) DIMENSIONAMENTO DI MASSIMA DELLE OPERE

Per un dimensionamento delle opere sarebbe necessario una approfondita analisi riguardante il fabbisogno e la disponibilità idriche attuali e di previsione futura, analisi che, visto il carattere de mera fantasia del presente lavoro avente il solo scopo di lanciare un’idea tutta da verificare, non intendo affrontare. Per dare un’idea sia pure molto approssimativa della consistenza di tali opere, si fissa in 50 mc/sec, pari circa al 20% dell’intero fabbisogno nazionale, la portata integrativa necessaria per risolvere il problema idropotabile italiano del prossimo cinquantennio. Mancando elementi per la stima dell’acqua grezza, visto e considerato che in Italia non esistono reti di distribuzione di tale elemento e che il fabbisogno irriguo non rientra che parzialmente tra gli scopi delle opere qui previste, si fissa  in altri 50 mc/sec la portata d’acqua grezza da considerare. In definitiva viene qui previsto che l’Italia sia percorsa da nord a sud da un nuovo flusso d’acqua pari alla metà di quello del secondo fiume d’Italia, l’Adige, cioè 100 mc/sec. interamente a disposizione dei vari utenti con la possibilità, anzi con l’obbligo per questi ultimi, di immettervi le acque eventualmente in esubero.
Tale portata, considerata necessaria per integrare quella attualmente disponibile, sarebbe ottenuta per 90 mc/sec attingendo dai bacini di foce dei fiumi Tagliamento, Livenza, Piave, Brenta, Adige, Arno e Tevere e, per i restanti 10 mc/sec, da fonti disseminate nei vari ATO sopratutto dell’Italia settentrionale. La rete di adduzione nazionale sarebbe, in tale ipotesi, costituita da due tubazioni longitudinali del diametro di 4.50 metri, una per acqua potabile ed una per acqua grezza che seguono la riva del mare ad est ed altrettante quella ovest dell’intera penisola italiana, con tracciato sottomarino oppure di terraferma tramite tunnel profondi, nel mentre tre o quattro doppie condotte trasversali dello stesso tipo e di collegamento tra quelle precedenti costituiscono il sistema magliato atto a migliorarne notevolmente la funzionalità e la sicurezza di esercizio. Alcune condotte di diametro minore realizzano nelle varie regioni il collegamento idraulico con le reti acquedottistiche di tutti gli ATO attraversati. In determinati punti strategici sono presenti le centrali di sollevamento tutte del tipo a portata e pressione variabile, con aspirazione e mandata diretta da e per la condotta di rete, comandate e controllate dal sistema centrale di telecomando ed atte ad assicurare il trasporto dell’acqua in lungo ed in largo per tutta Italia. Si tratta ovviamente di un’opera colossale ma in grado di offrire enormi benefici. Poter disporre di un vero fiume d’acqua sia potabile che grezza che percorre l’intera penisola, e che può contare su una grande diversificazione del sistema di captazione come quello descritto, realizza una vera integrazione di tutti gli acquedotti italiani riuscendo a supplire alle loro deficienze idriche, a raccogliere le produzioni sovrabbondanti, ed a compensare le escursioni del fabbisogno e quelle della produzione. Da rilevare come la produzione ed il trasporto di grandi volumi d’acqua di cui si tratta sia caratterizzata da costi specifici molto inferiori di quelli che si dovrebbero sostenere per gli stessi volumi tramite molti piccoli impianti. In tal senso sono da rilevare l’ottimo rendimento elettro-meccanico delle pompe di grande e grandissima potenza, le modeste perdite di carico di condotte di grande diametro come sono quelle indicate e che conferiscono alla rete magliata una grande flessibilità ed eccezionali possibilità nel trasporto dell’acqua. Con la portata citata di 25 mc/sec per ciascuna condotta da 4.5 metri di diametro si ha una perdita di carico di soli 34 cm al chilometro e quindi, supponendo che ciascuna centrale sollevi l’acqua ad una pressione di 12 bar e di conservare a fine tronco una pressione di almeno 2 bar necessaria per la consegna ai vari ATO comunque disposti, si può prevedere, tra una centrale e l’altra, un’estesa di ben 300 Km il che riduce il numero degli impianti di sollevamento principali necessari per l’intera rete nazionale a soli otto o al massimo dieci.
Il sistema idrico di cui si discute presenta indubbi vantaggi anche in ordine alla sicurezza di esercizio in quanto, trattandosi di rete magliata, é possibile mettere alternativamente fuori servizio i vari tronchi per effettuarne la manutenzione o la riparazione. Il grande diametro delle tubazioni principali (4.5 metri) consente di accedere all’interno con uomini e mezzi e quindi di fare le riparazioni senza esecuzione di movimenti di terra. Il sistema presenta anche una grande flessibilità potendo di volta in volta adeguare, grazie al funzionamento a pressione variabile, la portata addotta all’effettivo fabbisogno. Esiste una ulteriore facoltà di adattamento alle condizioni locali in quanto, ove se ne presentasse la necessità, sarebbe sempre possibile aumentare la portata d’acqua grezza di cui dispone la relativa rete grezza attingendo, soprattutto in caso di forniture temporanee volte a risolvere gravi crisi del momento, alla rete potabile nel mentre l’intervento opposto, in caso di maggiori richieste d’acqua potabile, potrebbe essere risolto attingendo alla rete grezza e sottoponendo l’acqua, ovviamente, al processo di potabilizzazione.

 

11) CONCLUSIONI

Un esempio di piccola rete acquedottistica a carattere regionale

La soluzione del problema che attanaglierà la futura società italiana cioè quello del suo approvvigionamento idrico viene indicata mediante due grandi reti idriche magliate che percorrono tutta l’Italia consentendo di coprire il grande divario esistente da una regione all’altra e da un periodo all’altro sia nelle disponibilità e sia nei fabbisogni.
Sicuramente l’idea che possano esistere delle condotte che, ad esempio, trasportino in Sicilia acque provenienti dal Veneto, appare una assurdità.
Diventa più plausibile qualora si consideri una rete idrica che partendo dal nord e intersecando i vari enti acquedotto, consorzi irrigui ed in genere i più importanti servizi idrici esistenti che incontra lungo il suo percorso, come, ad esempio e nell’ordine, quelli lombardi, emiliani, laziali, pugliesi ecc, sia in grado di fornire o prelevare da ciascuno di loro acqua potabile o grezza a seconda della situazione temporale ed ambientale di ognuno di essi costituendo quindi un importante elemento d’unificazione di tutti i servizi idrici Italiani e di interscambio nei due sensi di grandi portate d’acqua. Il fatto che tale rete comprenda un’estremità settentrionale con grandi disponibilità idriche e l’altra all’estremità opposta caratterizzata da un notevole deficit idrico, non ne modifica l’impostazione di base che resta appunto quella di costituire un grande elemento moderatore delle varie esigenze e risorse idriche di tutte le regioni Italiane.
Da rilevare anche l’approvvigionamento dei grandi volumi d’acqua necessari che si suppone attuato mediante gli sbarramenti mobili di foce cioè d’opere atte ad utilizzare in maniera del tutto nuova, anche se da verificare, la grande disponibilità d’acqua di alcuni fiumi italiani.
Si tratta comunque di una mera e provocatoria esercitazione della fantasia spinta, forse, troppo in avanti ma che si sottopone ai lettori con la speranza di aprire un dibattito dal quale potrebbero anche derivare utili indicazioni per il raggiungimento di un qualche risultato positivo.

aggiornamento novembre 2005

PORTATE E PERDITE

 

 

Esempio di pressione e portate nel punto di immissione n rete. Da qui in poi nessuno sa nulla dove e come và a finire quest’acqua

Un elemento che caratterizza fortemente gli acquedotti è la portata valutata nelle sue molteplici accezioni. Grave è la mancanza di dati di portata che si registrano in diversi settori del sistema idropotabile . Ad esempio non è nota con sufficiente precisione come si distribuisce realmente nelle condotte di rete la portata totale d’acqua immessa in rete, non si conoscono le perdite reali distinte condotta per condotta ed in maniera analoga non sono note le portate in uscita nodo per nodo ed in tempo reale che sono elementi indispensabili per la esecuzione. dei calcoli di verifica della rete. Il fenomeno viene illustrato nei seguenti sottocapitoli assieme alle soluzioni tecnico economiche da adotttare per una corretta alimentazione idropotabile dei cittadini.

La trattazione è suddivisa in più parti in base alla data di compilazione.

Torna all’indice di testata per esaminare gli articoli

PERDITE OCCULTE DEGLI ACQUEDOTTI: SCARSA CONOSCENZA E CATTIVA INFORMAZIONE

1) PREMESSA

punto escamativoLa stampa tecnica specializzata ed anche quella di tipo divulgativo, si occupano spesso del problema delle perdite occulte degli acquedotti enfatizzando le disastrose conseguenze che derivano alla società intera dal notevole volume d’acqua che viene a mancare nei bilanci idrici degli acquedotti. Sono frequenti dichiarazioni di questo tipo: in Italia il 50% dell’acqua captata dalle fonti non arriva all’utente ma viene perduta.
Si vuole qui dimostrare come i dati diffusi dalla stampa e, ahimè anche quelli in possesso agli Enti gestori degli acquedotti, siano in gran parte affetti da errori così macroscopici da metterne in dubbio la validità. Si vuole altresì dimostrare come, in relazione all’argomento qui trattato, siano totalmente sconosciuti anche altri elementi di vitale importanza.

2) LA DETERMINAZIONE DEL VOLUME TOTALE D’ACQUA PRODOTTA

Quello in oggetto è Il secondo dato base da considerare nei calcoli. E’ nella sua determinazione che vengono commessi gli errori maggiori.
Il volume di cui si discute viene normalmente ricavato dalle registrazioni contabili redatte dall’Ente gestore per la riscossione delle bollette d’acqua e quindi per scopi e con modalità diverse da quelli qui trattati.
Non è da escludere il caso in cui venga messo in conto “sic et sempliciter” il volume totale d’acqua fatturato senza tener conto che esso comprende anche volumi non consumati ma che vengono addebitati all’utenza per consumi mensili inferiori al quantitativo minimo prefissato. Quando anche si sia tenuto conto dei minimi fissi grazie ad un sistema che conteggia anche i volumi d’acqua realmente consumati dall’utenza oppure mediante calcoli empirici più o meno esatti, permangono altri gravi errori dovuti alle caratteristiche meccaniche del contatore privato d’utenza. Da rilevare, innanzitutto, la sua inerzia di base che fà si che le piccole portate come sono lo stillicidio di un rubinetto o la sua apertura parziale, non vengano affatto misurate essendo inferiori al quantitativo minimo necessario per vincere l’attrito iniziale del contatore medesimo. Sembrerà un’inezia, ma la somma di tante piccole mancate registrazioni come quella indicata costituisce invece un sensibile errore nella stima totale dei consumi.
Un altro fattore da tener presente è l’invecchiamento dei contatori degli utenti. Non è raro constatare come molti di loro siano muniti dello stesso apparecchio da più decenni, il che significa misure assolutamente non veritiere. Un tempo si ovviava a questo inconveniente, provvedendo, su richiesta dell’utente o a intervalli regolari, alla verifica del contatore tramite l’apposito cassone di misura e alla sua regolazione con la vite di taratura di cui erano muniti i contatori stessi. Ai nostri giorni si preferisce sostituire frequentemente gli strumenti di misura ma, nella realtà, questa ottima pratica è spesso disattesa ed il parco contatori è sistematicamente troppo vecchio per fornire dati esatti.
Ulteriori difetti nella determinazione dei volumi realmente consumati nel periodo in esame sono dovuti alle modalità normalmente seguite nella lettura dei contatori d’utenza la quale non è, ovviamente, eseguita contemporaneamente per tutti gli utenti ma è invece distribuita lungo tutto un periodo di lettura più o meno lungo. Si tratta pertanto di dati che temporalmente non coincidono affatto con quelli dei misuratori della portata totale immessa in rete di cui al capitolo 2 provocando una evidente disomogeneità tra gli elementi messi a confronto e quindi un ulteriore motivo di errore nei calcoli.
Un altro elemento da non trascurare è la mancata registrazione di notevoli consumi relativi agli edifici pubblici o enti di beneficenza che non pagano l’acqua, alle fontanelle pubbliche, alle vasche di cacciata delle fognature pubbliche, agli idranti o alle prese per bagnare i giardini pubblici e le strade, i lavaggi o gli scarichi d’acqua per interventi di normale manutenzione dell’acquedotto, gli sfiori dei serbatoi, gli allacciamenti abusivi o comunque esenti da fatturazione. Si tratta di ingenti quantitativi d’acqua che sfuggono da ogni tipo di controllo o misura.
Infine nel caso di presenza di aria emulsionata nell’acqua a causa di eventuali anomalie degli impianti, oltre alle imprecisioni nella determinazione dei volumi immessi in rete di cui si è detto al capitolo 2, si verificano errori anche in quelli consegnati all’utenza. Infatti, se non precedentemente eliminata tramite sfiati o vasche di carico, l’aria presente nei tubi della rete viene eliminata attraverso gli allacciamenti di utenza le cui cravatte di presa sono tutte posizionate sulla generatrice superiore delle tubazioni stradali proprio allo scopo di raccogliere ed evacuare le sacche d’aria. Ebbene anche in questo caso si provocano degli errori nella misura perché nessuno sa come si comporti il contatore privato, che è stato tarato per misurare acqua, quando è invece percorso dall’aria. Certamente il volume misurato non ha alcuna attinenza con il bilancio idrico di cui di parla trattandosi di aria che passa a gran velocità attraverso le pale del mulinello del contatore!

 

 

3) LA DETERMINAZIONE DEI VOLUMI D’ACQUA FORNITA ALL’UTENZA

Questi contatori non sono in grado di misurare con esattezza i volumi d’acqua consumati dall’utenza. Devono essere sostituiti quanto prima da contatori di nuovo tipo e multifunzione

Quello in oggetto è Il secondo dato base da considerare nei calcoli. E’ nella sua determinazione che vengono commessi gli errori maggiori.
Il volume di cui si discute viene normalmente ricavato dalle registrazioni contabili redatte dall’Ente gestore per la riscossione delle bollette d’acqua e quindi per scopi e con modalità diverse da quelli qui trattati.
Non è da escludere il caso in cui venga messo in conto “sic et sempliciter” il volume totale d’acqua fatturato senza tener conto che esso comprende anche volumi non consumati ma che vengono addebitati all’utenza per consumi mensili inferiori al quantitativo minimo prefissato. Quando anche si sia tenuto conto dei minimi fissi grazie ad un sistema che conteggia anche i volumi d’acqua realmente consumati dall’utenza oppure mediante calcoli empirici più o meno esatti, permangono altri gravi errori dovuti alle caratteristiche meccaniche del contatore privato d’utenza. Da rilevare, innanzitutto, la sua inerzia di base che fà si che le piccole portate come sono lo stillicidio di un rubinetto o la sua apertura parziale, non vengano affatto misurate essendo inferiori al quantitativo minimo necessario per vincere l’attrito iniziale del contatore medesimo. Sembrerà un’inezia, ma la somma di tante piccole mancate registrazioni come quella indicata costituisce invece un sensibile errore nella stima totale dei consumi.
Un altro fattore da tener presente è l’invecchiamento dei contatori degli utenti. Non è raro constatare come molti di loro siano muniti dello stesso apparecchio da più decenni, il che significa misure assolutamente non veritiere. Un tempo si ovviava a questo inconveniente, provvedendo, su richiesta dell’utente o a intervalli regolari, alla verifica del contatore tramite l’apposito cassone di misura e alla sua regolazione con la vite di taratura di cui erano muniti i contatori stessi. Ai nostri giorni si preferisce sostituire frequentemente gli strumenti di misura ma, nella realtà, questa ottima pratica è spesso disattesa ed il parco contatori è sistematicamente troppo vecchio per fornire dati esatti.
Ulteriori difetti nella determinazione dei volumi realmente consumati nel periodo in esame sono dovuti alle modalità normalmente seguite nella lettura dei contatori d’utenza la quale non è, ovviamente, eseguita contemporaneamente per tutti gli utenti ma è invece distribuita lungo tutto un periodo di lettura più o meno lungo. Si tratta pertanto di dati che temporalmente non coincidono affatto con quelli dei misuratori della portata totale immessa in rete di cui al capitolo 2 provocando una evidente disomogeneità tra gli elementi messi a confronto e quindi un ulteriore motivo di errore nei calcoli.
Un altro elemento da non trascurare è la mancata registrazione di notevoli consumi relativi agli edifici pubblici o enti di beneficenza che non pagano l’acqua, alle fontanelle pubbliche, alle vasche di cacciata delle fognature pubbliche, agli idranti o alle prese per bagnare i giardini pubblici e le strade, i lavaggi o gli scarichi d’acqua per interventi di normale manutenzione dell’acquedotto, gli sfiori dei serbatoi, gli allacciamenti abusivi o comunque esenti da fatturazione. Si tratta di ingenti quantitativi d’acqua che sfuggono da ogni tipo di controllo o misura.
Infine nel caso di presenza di aria emulsionata nell’acqua a causa di eventuali anomalie degli impianti, oltre alle imprecisioni nella determinazione dei volumi immessi in rete di cui si è detto al capitolo 2, si verificano errori anche in quelli consegnati all’utenza. Infatti, se non precedentemente eliminata tramite sfiati o vasche di carico, l’aria presente nei tubi della rete viene eliminata attraverso gli allacciamenti di utenza le cui cravatte di presa sono tutte posizionate sulla generatrice superiore delle tubazioni stradali proprio allo scopo di raccogliere ed evacuare le sacche d’aria. Ebbene anche in questo caso si provocano degli errori nella misura perché nessuno sa come si comporti il contatore privato, che è stato tarato per misurare acqua, quando è invece percorso dall’aria. Certamente il volume misurato non ha alcuna attinenza con il bilancio idrico di cui di parla trattandosi di aria che passa a gran velocità attraverso le pale del mulinello del contatore!

 

4) AFFIDABILITA’ DEL RISULTATO E AZIONI DA INTRAPRENDERE

Dalle indicazioni fornite si arriva a capire come i dati di perdita degli acquedotti sui quali si sono versati e si continuino a versare fiumi di inchiostro non siano che dati fortemente approssimati.
Non é ovviamente possibile stimare il grado di imprecisione che li caratterizza: quella che emerge è solo una sensazione di grande precarietà e quindi difficoltà a formulare analisi approfondite. Si possono citare solo elementi di larga massima. Ad esempio se la percentuale di errore in più o in meno fosse pari, come sembra plausibile, al 20%, ciò starebbe ad indicare che un acquedotto cui è attribuita una percentuale di perdita del 50% nella realtà potrebbe avere percentuali del 70% e quindi da considerare catastrofiche come pure quelle, di tutta tranquillità, pari al 30%!

Un altro elemento che dà da pensare è la mancanza di elementi circa l’interdipendenza che sicuramente esiste tra perdite occulte e pressione di funzionamento delle condotte acquedottistiche.

Si arriva a concludere che, rappresentando le perdite occulte degli acquedotti un fenomeno praticamente incognito, è tempo di approfondirne la conoscenza effettuando accertamenti diversi da quelli attualmente usati di cui si è prima parlato, e che siano atti a dare le necessario informazioni. In questo senso un provvedimento ad avviso di che scrive essenziale, sarebbe l’esecuzione di una serie di prove condotte secondo le seguenti regole.
Scelta all’interno di una rete acquedottistica un’area ben delimitata i cui utenti rappresentino l’utenza media cittadina, applicare in serie con il contatore di tutti gli utenti di detta zona un misuratore-registratore di portata e della pressione di consegna dell’acqua. Applicare nei punti di immissione dell’acqua nella zona prescelta dei misuratori in grado di rilevare e registrare con continuità portata totale e pressione dell’acqua fornita alla zona stessa. La strumentazione fatta funzionare per un periodo di più bollettazioni permetterebbe di chiarire i molti interrogativi prima indicati e suggerire le soluzioni dei vari problemi.

 

5) CONCLUSIONI

Dimostrato, tramite una elencazione dei possibili errori, che l’ammontare delle perdite occulte degli acquedotti è praticamente incognito, viene affermata l’infondatezza delle conclusioni cui la stampa tecnica perviene nello specifico settore.
Sono proposti gli accertamenti da eseguire nella rete acquedottistica per ottenere la conoscenza vera dei fenomeni connessi alla distribuzione dell’acqua potabile all’utenza in relazione allo scottante tema delle perdite in oggetto.

aggiornato novembre 2005

 

NB.: Gli argomenti di questa sezione continuano  nella parte seguente.

FABBISOGNO, CONSUMI, PORTATE E PERDITE NELLA PRATICA DI ESERCIZIO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

1) INTRODUZIONE


Elemento determinante per la conoscenza della rete acquedottistica è il quantitativo d’acqua che, nei molteplici aspetti che vanno dai volumi totali immessi, a quelli dispersi nel terreno a causa delle perdite occulte, alle portate delle singole condotte, a quelle erogate da ogni nodo, ai volumi invasati o svasati dai serbatoi, a quelli richiesti dall’utenza nei vari periodi della giornata e dell’anno, caratterizza, nella realtà, il funzionamento della rete d’acquedotto in genere e di quella a sollevamento meccanico in particolare.
Scopo del presente lavoro è l’esame di alcuni di tali aspetti.

 

2) FABBISOGNO IDROPOTABILE E CONSUMO DELL’UTENZA


La determinazione del fabbisogno idropotabile è stata oggetto di estese e sperimentate ricerche concernenti vari fattori come tipo di utenza, importanza e qualità dell’abitato da servire, il suo grado di benessere, la politica tariffaria adottata dall’ente gestore ecc. che incidono sui consumi e sulla loro distribuzione temporale durante la giornata e durante l’anno tipo.
Dalla numerosa letteratura tecnica esistente in proposito, cui si rimanda per approfondire molto più autorevolmente il problema, si possono ricavare tutti i dati necessari per determinare caso per caso i consumi prevedibili e quindi le portate medie giornaliere e quelle orarie da prendere come base nello studio degli impianti acquedottistici.
Si vuole qui far rilevare un particolare aspetto del problema.
Dall’esame dei dati di funzionamento reali  di acquedotti in normale esercizio e con fabbisogno dell’utenza soddisfatto, si rileva che tra pressione di esercizio e consumo intercorre una mutua relazione riguardante, oltre alle perdite di rete che in tal senso denotano una marcata sensibilità, anche altri fattori poco riconoscibili ma tra i quali possono ragionevolmente annoverarsi:
· le portate utilizzate per usi domestici come docce, lavabi, ecc.
· le portate prelevate da elettrodomestici o da apparecchi vari con bocca di prelievo a sezione fissa;
· le portate utilizzate da privati per impianti di raffreddamento:
· le portate destinate all’irrigazione di orti o giardini e quelle utilizzate per lavaggio macchine.
· le portate prelevate da idranti per lavaggio strade, fontanelle pubbliche, vasche di cacciata per lavaggio fognature stradali o altri usi simili,
· le portate utilizzate per lavaggio condotte e quelle di sfioro dei serbatoi:
La portata istantanea richiesta per gli usi indicati subisce, per effetto della variazione della pressione di pompaggio delle centrali dell’acquedotto e quindi della pressione di tutta la rete, delle modifiche rilevanti che si riflettono sul consumo finale dell’utenza.
Nella fig. n. 1 è riportato, a titolo di esempio, il grafico della portata realmente immessa in una rete d’acquedotto priva di serbatoi di accumulo distribuiti in rete. E’ indicata (con un piccolo sfasamento temporale dovuto a necessità meccaniche dei pennini) anche la pressione di pompaggio. Il funzionamento si svolge secondo due diverse modalità: per le piccole portate, a pressione di partenza fissa (m. 24 su asse tubo) data dal serbatoio pensile posto in testa alla rete, e, per richieste dell’utenza superiori ad una determinata soglia, con pompaggio diretto in rete ed a pressione variabile. Si possono trarre interessanti deduzioni.
Innanzitutto si nota come durante la notte dalle ore 1 alle ore 5 circa, quando il funzionamento ha sempre luogo a bassa e fissa pressione (24 m sulla condotta), la portata minima si stabilizza su un valore costante che si ripete anche in tutte le notti di tutto l’anno, sia che si tratti di periodi di grandi e sia di piccolissimi consumi dell’utenza, per variare solo quando si verificano in rete nuove rotture o prelievi straordinari. Ciò sta ad indicare che la portata in questione è data per la totalità dalle perdite.
Alle ore 7.30 circa il prelievo dell’utenza supera la soglia critica (preventivamente fissata sui 92 l/s circa in uscita dalla centrale) per cui ha inizio il pompaggio in diretta ad alta pressione. La maggiore prevalenza di pompaggio (da m.24 a 36 m. circa) provoca un immediato aumento di portata che passa da 92 l/s circa a 130 l/s circa. Da tale momento in poi la pressione, al variare delle richieste dell’utenza, segue la curva caratteristica della pompa in servizio a seconda dei gruppi di sollevamento messi in funzione dall’automatismo. Risulta impossibile conoscere, anche in considerazione del fatto che non è dato sapere se ciò comporta una insufficiente alimentazione di una parte più o meno grande del territorio servito, quale sarebbe stato il funzionamento qualora il pompaggio fosse rimasto a bassa pressione per tutta la giornata. Si è comunque tracciata a vista, al fine di evidenziarne l’andamento di massima, la curva delle portate che presumibilmente la rete avrebbe richiesto in tale ipotesi ed indicato con colore nero pieno il maggior volume consumato dalle ore 7 alle 12 circa a causa dell’aumento di pressione. La maggiorazione, quantificabile in mc 230 circa, contro un volume di mc 1517 d’acqua che si sarebbe consumata a regime normale, fa ascendere a ben il 15% la percentuale di aumento nel periodo considerato.

 

Fig. 1 = Portata e pressione in uscita da una centrale di pompaggio a pressione variabile

Alle ore 12 circa, con utenza senz’altro alimentata correttamente, viene superata in decremento la soglia critica e l’automatismo impone di passare dal pompaggio ad alta a quello a bassa pressione. Il conseguente calo di pressione (da m. 38 circa a m 24) provoca una diminuzione di portata che dai 99 l/s passa a 76 l/s. Supponendo che la stessa variazione di pressione si verifichi anche in rete (cosa in buona parte vera se si considera la modesta variazione di portata che si verifica nei due casi) ed applicando le regole della foronomia (vedi anche cap. 3):

portata a bassa press.= port. ad alta x sqrt(delta press.)
si ottiene
portata = 99 . sqrt (24/38) = 78

La portata determinata teoricamente sulla base della nuova pressione (78 l/s) si avvicina a quella reale letta sul grafico di pompaggio (76 l/s) confermando, come precedentemente affermato, che la variazione nella pressione di esercizio della rete provoca una variazione di portata assorbita dalla rete che, è totalmente indipendente dalle richieste dell’utenza. Da notare come in regime normale, e cioè senza alcuna manovra delle pompe, ad una diminuzione di portata così rilevante che fosse invece dovuta, ad esempio, ad una grossa utenza che ha chiuso la sua saracinesca di prelievo, corrisponderebbe, con un effetto diametralmente opposto a quello in esame, un notevole aumento di pressione dato dal diverso punto di utilizzazione della curva caratteristica della pompa.
Qualora alle ore 12 non si fosse verificata la manovra descritta e l’impianto avesse invece continuato a funzionare ad alta pressione per il resto della giornata, notte compresa, ben diverso sarebbe stato il volume d’acqua totale assorbito dalla rete nelle 24 ore.
Quanto precede deve chiarire un concetto importantissimo per la corretta gestione degli impianti acquedottistici: poiché il fabbisogno dell’utenza può essere modificato ad arte, il gestore non deve sempre sottostare alle richieste ma deve imporre, ovviamente entro determinati limiti, le condizioni di funzionamento (pressione in questo caso) della rete che più soddisfano l’economia, la disponibilità di risorse, la regolarità di esercizio ecc. ovviando, in determinati casi, anche a deficienze della rete. Cio’ deve aver luogo senza pregiudicare il rifornimento idropotabile e cioè contenendo in ogni caso la pressione entro i limiti massimi e minimi consentiti per una corretta consegna dell’acqua.
Immaginiamo di osservare il funzionamento di un acquedotto senza serbatoi in rete e provvisto di centrali che immettono la loro portata in condotta con possibilità di modificare sia la portata che la pressione di esercizio. Se una zona, ad esempio, è servita da condotte di diametro insufficiente, è possibile, per ovviare alle carenze che ne conseguono, aumentare la pressione di esercizio giornaliero portandola verso il valore massimo ammissibile, mentre se un’altra zona ha delle fonti deficitarie, è opportuno mantenere costantemente sui valori minimi la pressione per economizzare nella portata immessa in rete. Se in altre zone c’è sovrabbondanza di produzione si potrà spingere l’utenza al consumo aumentando la pressione di rete. In ogni caso durante la notte sarà opportuno riportarla ai valori minimi in quanto, in caso contrario, i bassi consumi notturni provocherebbero modeste perdite di carico e conseguenti inutili elevate pressioni in condotta. La diminuzione notturna, oltre a rappresentare una economia diretta della spesa di sollevamento data dalla minore prevalenza delle pompe, riduce notevolmente le perdite di rete con ulteriori minori oneri di produzione dell’acqua come sarà più avanti dimostrato.
Gli effetti indotti in rete dalla pressione non sono determinabili teoricamente in quanto dipendono da fattori variabili rete per rete e del tutto incogniti come la presenza e l’ubicazione delle perdite occulte, la scabrezza effettiva delle condotte distinta condotta per condotta, la presenza di prelievi particolari come quelli descritti particolarmente sensibili alla variazione della pressione di consegna dell’acqua, le modificazioni provocate nella durata dei vari prelievi ecc. ecc. Le cose si complicano ulteriormente quando nella rete sono presenti i serbatoi. Allora alle considerazioni esposte devono aggiungersi quelle relative alle modalità ed ai tempi di invaso e di svaso cui conseguono ulteriori e predominanti necessità di regolazione della pressione e relative variazioni nel fabbisogno effettivo sia istantaneo che giornaliero dell’utenza.
La descritta interdipendenza tra portata assorbita e pressione di esercizio estende i suoi effetti in senso spaziale poiché in uno stesso acquedotto le zone d’utenza alimentate a pressione più elevata avranno consumi specifici superiori di quelle a pressione deficitaria o comunque inferiore. Ne consegue che la determinazione dei consumi reali di una rete, cui si è fatto cenno all’inizio del capitolo, può essere effettuata soltanto partendo dai dati che tengano conto della effettiva situazione dell’utenza, ivi compresa anche la pressione di consegna dell’acqua. A tal fine le modalità che saranno indicate più avanti, essendo basate sulla lettura dei contatori privati periodicamente effettuate per la fatturazione dell’acqua, sono senz’altro le più adatte.
Per completare la disamina degli effetti secondari provocati in rete dalla variazione di pressione si cita un elemento, ben noto ai progettisti degli impianti di sollevamento e che, in caso di pompaggio asservito in automatico alla portata in uscita, incide sulla regolazione. Possono presentarsi due casi:


a) – la portata si mantiene casualmente e per un lungo periodo su valori prossimi alle soglie di intervento degli automatismi (ad esempio messa in moto o arresto di pompe). In linea teorica ha luogo, per tutta la durata del periodo stesso, un dannoso pendolarismo nel funzionamento cioè un continuo alternarsi di ordini e contrordini con effetti negativi sia per gli impianti che per il rifornimento idrico. In realtà tale pericolo non sussiste in quanto ad ogni superamento della soglia ed al conseguente avvio od arresto automatico della pompa, corrisponde, per quanto spiegato sopra, una sensibile variazione indotta nella portata il che elimina ogni incertezza nell’interpretazione del segnale. Soltanto una decisa variazione nelle richieste effettive dell’utenza può provocare un nuovo intervento dell’automatismo: è pertanto assicurata una grande stabilità di funzionamento del sistema automatico di comando e controllo.


b) – durante i periodi di grande modificazioni nelle richieste dell’utenza e conseguente manovra delle pompe (specialmente se si tratta di macchine a velocità variabile che sono in grado di seguirne l’andamento) ha luogo anche una variazione di portata dovuta all’effetto indotto descritto sopra, variazione che finisce per alterare il segnale di base cui è asservita la pompa (portata in uscita) con risultati imprevedibili nella regolazione. Ad esempio in caso di aumento di portata dovuto ad una maggior richiesta di un grosso utente, la stazione di pompaggio, per farne fronte, aumenta sia la portata che la pressione. L’aumento di quest’ultima provoca una ulteriore maggiorazione di portata in uscita con conseguente richiesta di nuovo aumento di pompaggio. Il ciclo potrebbe ripetersi all’infinito con conseguenze disastrose, fatta salva la opportunità di porvi rimedio tramite adatti software del sistema di comando e controllo in base ai quali ogni ad ogni manovra fa seguito un controllo ed una conferma oppure un annullamento della manovra stessa.

 

 

3) LE PERDITE DI RETE

La perdita di rete consiste nel volume d’acqua dissipato nel terreno o comunque non utilizzato dall’utenza a causa di piccole rotture nelle condotte o negli allacciamenti privati. Tale volume comprende di solito anche quello dovuto alle mancate registrazioni dei contatori e ai consumi particolari come lavaggi delle condotte, prove a pressione, annaffiamento giardini e lavaggio strade ecc. raramente sottoposto a misurazione.
In un acquedotto in ottime condizioni la percentuale, così intesa, può variare da un minimo del 10-15% ad un massimo del 30-35% della portata totale immessa in rete, per raggiungere valori molto superiori in caso di acquedotti vetusti.
In questa sede per perdite di rete si intendono le perdite vere e proprie. I volumi d’acqua utilizzati per consumi particolari di cui sopra, in una razionale gestione, devono essere quantificati anch’essi. A tale scopo è necessario che anche le bocche di annaffiamento dei giardini o delle strade, le vasche di cacciata delle fognature ecc. siano munite di contatori e che anche tali consumi entrino nel bilancio idrico generale. Parimenti in caso di lavaggio delle condotte si deve provvedere alla quantificazione dei volumi d’acqua adoperati inserendo dei contatori provvisori nei punti di prelievo dell’acqua dalla rete o, come minimo, stimando dai grafici di portata totale immessa in rete l’aumento di consumo conseguente al lavaggio. Per quanto riguarda le mancate registrazioni si deve aggiungere che sono in parte dovute alla imprecisione ed inerzia proprie dei misuratori cui non è possibile porre rimedio ed in parte al loro funzionamento anomalo generalmente causato da vetustà e che può essere evitato provvedendo alla sostituzione sistematica ad intervallo non superiori a 8-10 anni.
Se vengono applicate tali regole, la differenza fra i volumi d’acqua immessa in rete e la somma dei consumi letti ai contatori privati rappresenta la reale perdita di rete. Trattasi di quantitativi che incidono fortemente sulla economia di esercizio e sulla possibilità di soddisfacimento del fabbisogno dell’utenza e che pertanto, in una corretta gestione, devono essere tenuti sotto attento controllo. Gli elementi di conoscenza di cui si può disporre in ogni realtà acquedottistica sono però molto limitati. Consistono esclusivamente nel volume totale d’acqua di perdita determinabile, come già detto, per differenza tra volumi immessi in rete e volumi fatturati e nella portata istantanea di perdita notturna rilevabile dai grafici dei misuratori dell’acqua immessa in rete. Si può infatti ragionevolmente ritenere che la portata minima notturna registrata da detti misuratori, depurata dagli eventuali prelievi di entità ben nota ed effettuati per alimentare i serbatoi o per forniture notturne particolari, sia, come precedentemente indicato, totalmente dovuta alle perdite di rete.
L’integrazione di quest’ultima portata, considerata giornalmente di valore costante per tutto il periodo intercorrente tra una lettura dei contatori dell’utenza e la seguente, dovrebbe dare, in doppio modo e quindi per conferma di quello già determinato con le modalità descritte, il volume totale d’acqua disperso. Tale equivalenza si verifica raramente in quanto, nella stragrande maggioranza dei casi, la portata dovuta alle perdite, lungi dal mantenersi costante per tutte le 24 ore della giornata, varia in continuazione al variare della pressione che si stabilizza nelle condotte dove sono ubicate le perdite stesse secondo le regole già spiegate.


Per una completa disamina di tale fenomeno si assume come esempio una rete ipotetica avente caratteristiche invero poco adatte per una reale alimentazione idropotabile ma atta ad evidenziare compiutamente il fenomeno che si vuole studiare. Si suppongono noti, come di norma, i grafici giornalieri della portata d’acqua immessa in rete e la pressione di pompaggio dell’impianto di produzione posto in testa alla rete. Essendo nota anche la portata di perdita che si verifica nei periodi notturni di minor consumo secondo quanto sopra indicato, è possibile determinarne i valori anche nei rimanenti periodi sulla base della variazione che subisce , periodo per periodo, la pressione di consegna all’utenza. Infatti, essendo le perdite dovute a rotture, fessurazioni o comunque aperture di qualsiasi tipo esistenti nelle condotte, si possono usare le formule idrauliche della foronomia ed in particolare la seguente:


Qx = Qi . sqrt(Px/Pi)
Dove: Qx = portata da determinare all’istante x
Px = pressione nota all’istante x
Qi = portata nota all’istante i
Pi = pressione nota all’istante i
sqrt = radice quadrata

(N.B.: nuove ricerche hanno dimostrato che la formula valida prevede la radice con esponente 1,18 anziché 2. Ciò comporta un vantaggio ancora maggiore di quello descritto nella presente memoria)

Come risulta dallo schema idraulico della fig. 2 la rete da esaminare concerne un centro abitato servito da un insieme di condotte magliate alimentate da un solo impianto di produzione e sollevamento (S1) munito di vasca di carico posta in testa alla rete. La pressione di partenza è pertanto costante mentre quella di consegna, essendo funzione della portata consumata, varia in continuazione facendo di conseguenza variare anche la portata della fughe d’acqua secondo la legge idraulica descritta.
Nei grafici giornalieri di cui alle fig. n. 3 e 4, relative al funzionamento a pressione di partenza costante, sono illustrate rispettivamente per il giorno di consumo massimo e per quello corrispondente alla media annua, l’andamento della pressione di arrivo ai nodi (pressione media ponderale di tutti i nodi calcolata con apposito programma di verifica della rete magliata ) nonchè la curva delle perdite che si verificano nei due casi calcolata con la formuletta sopra riportata.
Pur trattandosi, come già detto, di un esempio di rete nella quale si sono volutamente esasperati i dati di funzionamento idraulico, si possono trarre delle considerazioni molto interessanti.
Si nota innanzitutto come i periodi di maggiore perdita siano sempre quelli di minor consumo (ore notturne e giornate di basso consumo). Il volume totale giornaliero disperso nel terreno passa da mc 23587 relativo al giorno di consumo max a mc 28343 per quello di consumo medio annuo. Se si considerano le percentuali di perdita rispetto ai volumi totali giornalieri immessi in rete (rispettivamente mc 77760 e mc 51840) si va dal 30% nel giorno di consumo max a 55% in quello medio. Ciò starebbe ad indicare che mediamente solo il 45% della portata immessa in rete raggiunge l’utenza mentre si verificano percentuali ancora inferiori nei giorni di consumo minimo.

 

 

Come si vede i valori di percentuali di perdita calcolati, a causa delle condizioni di funzionamento e particolarmente delle esagerate perdite di carico che presenta la rete scelta ad esempio, sono troppo elevati per trovare corrispondenza nella reale gestione di una rete acquedottistica, si raggiunge però lo scopo di evidenziarne la variazione durante l’anno tipo.

Si vuole ora indicare quali sarebbero le modalità atte a far rientrare nella normalità anche una rete irrazionale come quella dell’esempio,
La soluzione è rappresentata dalla radicale modifica del sollevamento in testa alla rete. Non più vasca di carico e quindi pressione di partenza fissa ma pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita alla pressione rilevata ai punti di consegna.
Come risulta dalle fig. n. 5 e 6 si tratterebbe di prefissare una pressione media alla consegna più bassa (solo 15 m) durante la notte quando sono modeste le richieste dell’utenza e m. 25 durante le ore giornaliere. Sono indicate con linea tratteggiata la pressione di pompaggio necessaria per raggiungere il risultato citato sopra e, in linea continua, la curva delle perdite calcolata in funzione della nuova pressione di consegna ed applicando la formula indicata. Il volume totale disperso giornalmente nel terreno risulterebbe di mc 16852 sia nei giorni di massimo che di minimo consumo con una percentuale pari al 21% nel giorno di consumo max, al 32% in quello medio rientrando quindi entro valori normali. Si potrà inoltre notare come, contrariamente a quanto verificato nella precedente soluzione, le minori perdite abbiano luogo durante il periodo notturno.
Per ulteriore documentazione si descrivono gli effetti realmente indotti nella rete di cui alla fig. n.1 e nella quale si è deliberatamente forzata la pressione di esercizio durante un’intera notte al fine di valutarne le conseguenze nei riguardi delle perdite.

I dati effettivamente rilevati e riportati nei grafici di cui alla figura n. 7, denunciano risultati ancora peggiori di quanto descritto. Si può infatti constatare come la maggiorazione della pressione di esercizio da m. 25 (pressione notturna normale) a m 53 (pressione artatamente mantenuta durante tutta una notte) abbia provocato un aumento del tutto anomalo nella portata notturna consumata che è passata da 23 l/s a 47 l/s ( al raddoppio di pressione corrisponde il raddoppio delle perdite!). Il fenomeno viene spiegato dalla formazione, non casuale, di nuove perdite. Infatti applicando la regola enunciata si evince che la portata nella notte in argomento avrebbe dovuto essere pari a soli 33.5 l/s contro i 47 l/s effettivamente misurati. Si riscontrano pertanto 13.5 l/s di consumo aggiuntivo evidentemente dovuto a nuove rotture nelle tubazioni stradali provocate dalla anomala pressione. Il fenomeno ha trovato conferma nella notte successiva nella quale, pur avendo ripristinato la pressione normale, la portata minima, invece di assumere il suo normale valore di 23 l/s, è rimasta pari a 30 l/s. Il calcolo teorico della portata a seguito della diminuita pressione (da m.53 a m.25) fornisce come risultato 32.5 l/s vicino a quello effettivo.

 

 

 

 

 

 

 

Una ulteriore conferma la si è avuta nelle settimane successive quando le nuove rotture sono state rintracciate e riparate e la portata minima notturna è rientrata al suo valore normale di 23 l/s circa.

Si riportano i dati riassuntivi di funzionamento:

 Data  Pressione notturna  Portata media giornalieral/s – Coeff.  Volume totale giornal.mc  Portata minima notturnal/s – Coeff.  Portata minima calcolatal/s
 26.11.96  25 (normale)  65.7 – 1.00  5676  23 – 0.35  base
 27.11.96  53 (alta)  82.5 – 1.26  7128  47 – 0.72   33.5
 28.11.96  25 (normale)  70.9 – 1.08  6126  30 – 0.46  32.5


Evidenziate come sopra alcune delle caratteristiche che la rete di distribuzione presenta nei riguardi delle perdite si elencano gli accorgimento che, in ogni caso, si devono adottare nella pratica di esercizio.
Innanzitutto deve essere posta la massima attenzione alla pressione di consegna dell’acqua che deve essere, in ogni condizione di funzionamento, quella minima atta ad un ottimale soddisfacimento dell’utenza senza inutili carichi residui, soprattutto notturni, fonte, oltre che di eccessivi dispendio energetico per il pompaggio, anche di esagerate dispersione d’acqua come sopra dimostrato.
In secondo luogo è necessario eseguire per ogni periodo di lettura dei contatori di utenza il calcolo delle percentuali di perdita in modo da avere una prima quantificazione e poterne seguire l’evoluzione nel tempo.
Durante tutto il corso dell’esercizio bisogna inoltre attuare una campagna di ricerca ed eliminazione delle fughe d’acqua eseguendo le necessarie riparazioni e, in casi estremi, la sostituzione di interi tratti di condotta e delle apparecchiature in essa inserite.
Molte sono le metodologie che si usano allo scopo. Tra di esse si cita la ricerca con apparecchi acustici, la ricerca con il metodo della correlazione, la verifica tronco per tronco o zona per zona mediante inserimento di misuratori con o senza chiusura temporanea di tutte le utenze. Tutte queste metodologie, ben note ai gestori degli acquedotti, portano a risultati concreti però sono molto costose e creano notevoli disagi per l’utenza.
Se le micro-perdite presentano, a causa della loro larga diffusione e della difficoltà del loro reperimento, l’inconveniente di un grave e continuo danno economico nell’esercizio della rete, le grosse perdite quali quelle che si verificano in occasione di rotture delle condotte principali hanno un aspetto ancora più preoccupante in quanto le grandi quantità di acqua che fuoriescono dalle condotte possono provocare, oltre a improvvisa mancanza di rifornimento idropotabile, danni anche gravissimi alle sedi stradali, alla circolazione o agli edifici che fiancheggiano le strade. E’ pertanto della massima importanza la loro tempestiva segnalazione ed il pronto intervento per la chiusura del tronco di condotta interessato, salvo provvedere successivamente alla definitiva riparazione. Normalmente la presenza di una perdita del genere viene avvertita dal personale di servizio dall’esame della pressione di immissione in rete che subisce un improvviso calo. Quando la portata della perdita è di entità trascurabile se paragonata alla portata totale immessa in rete oppure quando la rottura non avviene repentinamente ma con una certa progressione o se la zona interessata dalla perdita è alimentata da centrali non custodite, o ancora se gli impianti sono dotati di automatismi di regolazione della pressione in uscita dalla centrale può accadere che tra il verificarsi dell’inconveniente e l’intervento del personale intercorra troppo tempo.
La tempestiva segnalazione delle perdite con emissione in automatico dell’allarme riveste quindi una grande importanza e può ottenersi adottando un insieme di procedure- basate sul raffronto tra dati di funzionamento reali ricavati dagli strumenti di misura installati nelle centrali e nella rete e quelli teorici ricavati dalla verifica del funzionamento idraulico eseguita in automatico e con continuità a mezzo delle apparecchiature di telecomando e telecontrollo delle reti basata sull’uso di potenti computer e di sofisticati programmi applicativi.

Un metodo approassimativo di verifica del funzionamento rete è leggibile cliccando qui
Di grande importanza ed attualità è anche la localizzazione delle perdite resa possibile tramite i programmi di verifica cui si è fatto cenno.

 

4) LA DISTRIBUZIONE TEMPORALE DELLE PORTATE L’analisi della probabile distribuzione nel tempo delle portate richieste dalle reti presenta degli aspetti caratteristici importanti per il funzionamento della rete.

Se si esamina, ad esempio, l’andamento medio dei consumi durante le 24 ore di una giornata dell’acquedotto di una cittadina di medie dimensioni i cui consumi non siano influenzati dalle variazioni di pressione cui si è fatto cenno (vedi seguente fig.8), si nota come si abbiano portate minime dalle ore 1 alle ore 5 circa. Alle 5 ha inizio un rapido aumento che si esaurisce circa alle ore 8 con la punta massima pari a circa 1,5-1,6 volte la media. Le portate subiscono quindi una modesta diminuzione per stabilizzarsi su una portata pari a circa 1,2 volte la media per una durata di circa 7 ore (dalle 11 alle 18). Dalle 18 alle 20 ha luogo un modesto aumento di portata dopodiché ha inizio la fase di diminuzione che si esaurisce, con le portate minime, alle ore 1 del giorno dopo.
Un’altra fondamentale caratteristica del grafico giornaliero dei consumi è data dal valore minimo di consumo notturno intendendo con tale termine il picco minimo, anche se di breve durata, di acqua immessa in rete dalle centrali, valore che si è soliti fissare in una percentuale della portata media giornaliera (ad esempio 30%). Si fa notare invece come esso si mantenga invariato per tutte le giornate dell’anno tipo non essendo influenzato dalle richieste della rete che, nel periodo stesso, sono pressoché nulle.
E’ interessante anche l’andamento del grafico annuo di durata delle portate medie giornaliere ottenuto ordinando i volumi giornalieri in senso decrescente (v. fig. 9). Si nota un punto di flesso che indica come le giornate di maggior consumo (portata media superiore a 1.17 rispetto alla media annua) siano pari a soli 35 giorni all’anno corrispondenti al 10% dell’anno.
Il fenomeno si accentua maggiormente ove si esamini il grafico di durata delle portate orarie durante un anno (vedi fig.9)), caratterizzato anch’esso da un accentuato punto di flesso e dal quale si può rilevare come le ore di maggior consumo (portata media superiore a 1.51 rispetto la media annua) si riduca a sole 450 ore pari al solo 5% dell’anno.
Se ne deduce immediatamente che il dimensionamento delle opere acquedottistiche basato, come di norma, sui consumi critici (ora di punta) comporta un funzionamento che si svolge in modo razionale soltanto per periodi brevissimi mentre nella stragrande maggioranza delle giornate dell’anno esso sarà caratterizzato da pressione sovrabbondante con duplice effetto negativo: inutile dispendio energetico di sollevamento ed eccessiva pressione in rete cui corrisponde una maggiorazione delle perdite di rete come indicato al precedente cap.3.
Sarà invece consigliabile prevedere reti studiate per un esercizio ottimale ai regimi di portata media e medio bassa caratterizzati da un grande frequenza. Ai consumi elevati, molto rari durante l’anno, si dovrà far fronte mediante particolari accorgimenti anche se a consumo energetico elevato. Ne risulterà comunque un bilancio economico vantaggioso essendo al tempo stesso assicurato all’utenza un servizio regolare. Un esempio di rete concepita secondo i principi descritti è riportato, con determinazione dei vantaggi conseguibili, nel n. 3/1998 de “L’ACQUA” con la nota ” La razionalizzazione delle reti di distribuzione di acqua potabile a sollevamento meccanico”

 

 

 

 

5) LA COMPENSAZIONE GIORNALIERA DELLE PORTATE

Le funzioni esplicate dai serbatoi, di grande importanza per l’ottimizzazione dell’esercizio di ogni complesso acquedottistico, sono principalmente due: quella di mantenere una quantitativo d’acqua pronta ad essere immessa in rete in caso di guasti negli impianti di produzione o di richieste anomale dell’utenza, e quella di coprire il divario fra produzione, di solito a portata pressoché costante per l’intera giornata, e le richieste dell’utenza caratterizzate da forti consumi diurni e consumi quasi nulli durante la notte.
In sunto si può dire che le due funzioni sono la riserva di sicurezza e la compensazione giornaliera delle portate. I volumi mediamente necessari a tale scopo sono corrispondenti rispettivamente al 100% ed al 15% del fabbisogno del giorno di massimo consumo anche se, di regola, ci si limita a volumi ben inferiori.
I serbatoi possono essere di due diversi tipi:
· quelli annessi alla produzione, di solito del tipo a terra e caratterizzati da grandi volumi d’invaso, svolgono principalmente il ruolo di accumulo o riserva;
· quelli di rete, generalmente adibiti alla compensazione giornaliera delle portate, sono di dimensioni più contenute e normalmente del tipo in quota (pensili o sopraelevati) cioè con l’invaso altimetricamente ubicato in corrispondenza della piezometrica di rete in modo da rendere possibile l’interscambio diretto di portate con quest’ultima e cioè senza interposizione di apparecchiature idrauliche di sorta (pompe, valvole di regolazione ecc, ecc,).

Grafico giornaiero dei livelli imposti minuto per minuto

Nella memoria “La razionalizzazione delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” precedentemente citata, si è dimostrato come non sempre il funzionamento dei serbatoi sia corretto e che, in tali casi, la funzione di compensazione delle portate venga in tutto o in parte a mancare.
Un altro problema, spesso risolto in maniera inadeguata, è quello della regolazione della alimentazione a distanza dei serbatoi sia che abbia luogo tramite condotte di adduzione sia con prelievo da condotte della rete di distribuzione.
La forma più semplice e diffusa consiste nella presenza, nel serbatoio di arrivo, di galleggianti dei quali quello a quota superiore comanda la chiusura dell’adduzione per raggiunto invaso massimo e mentre gli altri, opportunamente posizionati a quote inferiori, provvedono a comandare l’immissione, l’aumento o la diminuzione della portata immessa.
In pratica, con il dispositivo descritto, il serbatoio tende a rimanere sempre pieno e solo nei giorni di massimo consumo, quando la portata della produzione è inferiore alle richieste di punta, ha luogo il suo intervento e la conseguente utilizzazione del volume invasato in precedenza. In tutti gli altri giorni, e specialmente in quelli di basso consumo, la punta viene coperta, in tutto o in parte, dall’impianto di produzione: viene in tal modo a mancare il ruolo di tale impianto che dovrebbe essere quello di immettere in rete le sole portate medie giornaliere. Si deve citare un altro grave difetto che interessa molti acquedotti nei quali i serbatoi di cui si parla si vuotano troppo presto e quando arriva il momento di punta essi sono già vuoti e quindi non possono più contribuire alla copertura delle portate massime richieste dall’utenza.

La soluzione del problema può essere trovata asservendo l’adduzione ad un prefissato grafico giornaliero dei livelli che il serbatoio deve assumere durante la giornata tipo . Salvo una migliore determinazione da effettuarsi in sede di reale esercizio il grafico potrà, ad esempio ( vedi edsempio nel grafico giornaliero dei livelli  imposti ), prevedere il riempimento totale alle ore 6 del mattino quando hanno inizio i consumi dell’utenza, alle ore 9, quando i consumi sono elevati, si potrà prevedere uno svuotamento del 50%, alle 16 del 70% e alle 20 del 80%. Alle ore 01 del giorno dopo avrà inizio il riempimento con un gradiente regolare fino alle ore 6. Il dispositivo automatico effettuerà ad intervalli regolari dei test di controllo e, se i livelli reali risulteranno inferiori a quelli fissati come sopra, comanderà un aumento nell’adduzione in serbatoio. Al contrario nessuna adduzione avrà luogo quando i livelli risulteranno superiori . Una regolazione come quella indicata presenta il vantaggio di consentire lo sfruttamento giornaliero dell’intero volume accumulato durante la notte secondo quelle modalità che il gestore potrà imporre a suo piacimento mediante modifica del grafico preimpostato. Nel mentre nei giorni di consumo massimo sarà possibile effettuare la totale compensazione, negli altri giorni si potrà sfruttare la totale, e in tali casi esuberante, capacità del serbatoio per altri fini, come ad esempio quello di utilizzare cascami di energia elettrica meno costosi diminuendo la produzione giornaliera a favore di quella notturna. Sarà anche possibile mantenere costantemente la produzione sul valore medio giornaliero essendo a forziori garantito che il serbatoio effettua la compensazione in tutte le giornate anche in quelle di bassi consumi.

 

 

6) DETERMINAZIONE DELLE EROGAZIONI ISTANTANEE AI NODI

La razionale gestione di un complesso acquedottistico, soprattutto se a sollevamento meccanico come sono quelli trattati nel presente lavoro, non può, a giudizio di chi scrive queste note, prescindere dalla verifica automatica e continuativa del suo funzionamento idraulico attuata confrontando i dati reali di funzionamento con quelli teorici determinati in tempo reale mediante modello matematico della rete. Oltre ad avere la vera conoscenza della rete, indispensabile per ogni valutazione economica e tecnica di esercizio o di intervento progettuale, in tale ipotesi sarebbero immediatamente segnalate tutte le anomalie di funzionamento come ad esempio rottura di condotte, manovre errate, mancato funzionamento di apparecchiature idrauliche od elettriche, prelievi abusivi ecc. ecc. per avviare gli immediati interventi di riparazione. Alla data attuale, mentre risultano già risolti i problemi relativi alla trattazione matematica di calcolo in moto permanente delle reti magliate anche complesse (serbatoi e apparecchiature idrauliche comprese) e quelli relativi alla sua rappresentazione fisica così come sono risolvibili mediante installazione di adeguate apparecchiature di misura quelli relativi alla determinazione delle condizioni effettive di funzionamento delle apparecchiature idrauliche (pompe, valvole di regolazione ecc.) e dei serbatoi, permangono grandi incertezze su due fattori condizionanti i risultati: la scabrezza reale delle tubazioni, che sono oltretutto variabili durante la vita della rete, ma soprattutto le portate erogate ai nodi argomento questo che forma l’oggetto specifico del presente capitolo.
Gli Enti di gestione sono da tempo dotati di sofisticati programmi per la gestione amministrativa dell’acquedotto con elaboratore elettronico. Viene creata ed aggiornata con continuità una banca dati relativa all’esercizio in genere e cioè ai lavori di costruzione e di manutenzione del complesso acquedottistico, alle domande di allacciamento, ai preventivi spesa e consuntivi dei lavori, alla tenuta dell’anagrafe degli utenti e dei contatori, alle operazioni varie degli utenti (chiusure, riaperture, reclami, manutenzioni, cambio contatori, cambio nome, rimborsi vari, ritardi nei pagamenti ecc, ecc.) e alle letture dei contatori privati e fatturazione dell’acqua consumata.
Si tratta di una grande mole di dati generalmente utilizzati a soli fini amministrativi, dai quali sarebbe possibile ricavare anche le portate d’acqua consegnate agli utenti periodo per periodo e da utilizzare ai fini citati nella premessa di questo capitolo.
Per raggiungere lo scopo sarà innanzitutto necessario redarre lo schema idraulico cioè la rappresentazione planimetrica semplificata della rete nella quale, oltre alle caratteristiche qualitative, geometriche e topografiche delle condotte, siano individuati e numerati i punti singolari (nodi) della rete (incroci di condotte, cambiamento di sezione, punti di allacciamento di utenti particolari ecc.), in cui si suppone concentrato il prelievo da parte degli utenti. All’atto dell’archiviazione dei consumi bimestrali o semestrali di ciascun utente ricavato dalle letture dei contatori, dovranno prevedersi anche i riferimenti a detto schema idraulico.
I programmi applicativi di gestione dovrebbero quindi essere modificati in modo da renderli atti svolgere anche le seguenti funzioni;
· attribuire ad ogni nodo un numero progressivo che lo individui univocamente sia sulla planimetria in scala sia sullo schema idraulico;
· redarre, al computer e parallelamente lo schema grafico deformato della rete che tenga conto di tutte le condotte di rete;
· annessa allo schema idraulico compilare una banca dati con tutte le caratteristiche dei vari tronchi (numero di inizio e fine del tronco, lunghezza, diametro e tipo di materiale costituente la condotta);
· assegnare, mediante opportuni codici memorizzati nella banca dati dello schema idraulico, tutti gli utenti ai rispettivi nodi di appartenenza creando, per gli utenti più importanti, dei nodi fittizi. Questa operazione consentirà di determinare, in occasione di ogni bollettazione, i volumi d’acqua consumati da ciascun nodo nel periodo considerato.

Per quanto riguarda la compilazione dello schema idraulico che sarà poi utilizzato per le verifiche, si devono fare alcune considerazioni.
Per i calcoli si usa utilizzare uno schema semplificato comprensivo delle sole condotte principali in quanto si è sempre ritenuto che quelle secondarie non influiscano sui risultati ma che la loro funzione idraulica si esaurisca in ambito locale. Si è invece constatato che l’eliminazione di quest’ultime condotte provoca un duplice errore. Innanzitutto, pur essendo di piccolo diametro, esse costituiscono una grandissima estesa di tubazioni funzionanti in parallelo alle maglie principali che, se trascurata, comporta un ovvio errore sui risultati finali del calcolo. Il secondo problema, che interessa particolarmente il presente lavoro, consiste nella impossibilità di attribuire razionalmente ai nodi le portate degli utenti che sono allacciati alle condotte da eliminare.
Ora, considerato che i calcoli idraulici sono comunque eseguiti con grande rapidità dagli elaboratori e che le moderne procedure di verifica delle reti magliate sono atte a garantire in ogni caso la convergenza delle iterazioni, è senz’altro preferibile includere nello schema tutte le condotte, nessuna esclusa, rendendo in tal modo più complesso e laborioso lo schema ma più semplice la sua redazione e più attendibile il risultato. Da notare come, nel caso di reti magliate molto complesse, alcuni programmi di calcolo consentono di dividerle in molte sottoreti minori collegate tra di loro da una od anche da numerose condotte. Il programma, ad ogni seduta di calcolo, provvede dapprima ad equilibrare ogni singola sottorete e quindi al collegamento ed equilibratura dell’insieme rendendo in tal modo più veloce e più sicuro risultato. Questa procedura, la cui adozione è in ogni caso consigliabile, oltre a semplificare le operazioni di calcolo eseguite dal computer, fornisce risultati, completi di riepiloghi generali, suddivisi zona per zona, e quindi ne facilita l’utilizzazione anche nel caso di verifica dei consumi zona per zona come si spiegherà più avanti.
Per la determinazione dei consumi ai nodi in oggetto, una metodologia da seguire può essere quella di dividere ogni tronco di condotta in due parti di uguale lunghezza e di attribuire a ciascuno dei due nodi di estremità gli utenti allacciati alla semicondotta adiacente. La semplificazione così attuata rispetto ad altre (ad esempio quella di considerare i consumi uniformemente distribuiti lungo il tronco) fornisce risultati finali sufficientemente esatti.
Sarà possibile, determinare i volumi d’acqua consumati dagli utenti nell’intero periodo di lettura ed attribuibili a ciascun nodo, e da questi ricavare le portate istantanee consumate in ogni nodo utilizzando gli elementi noti e cioè, trattandosi di verifica del funzionamento di un dato istante, la portata totale che le centrali immettono in rete nell’istante medesimo e il cui valore deve corrispondere alla somma dei consumi attribuiti ai nodi.
L’analisi degli elementi definiti con le modalità descritte porta a importanti conclusioni. In pratica si trasformano i dati di lettura dei contatori privati in semplici coefficienti di proporzionalità che applicati ai valori di portata totale della rete (portata immessa in rete dalle centrali), consentono di determinare, con una procedura che qui definiremo sbrigativa, la portata effettiva istantanea di ciascun nodo. E’ evidente che vengono attribuiti ai nodi tutti i consumi anche quelli non dovuti all’utenza quali sono ad esempio le perdite occulte della rete che, in questa sede, sono supposte distribuite in tutto il territorio proporzionalmente ai consumi degli utenti. I valori istantanei da utilizzare nei calcoli sono pertanto tacciati da un duplice errore: quello inevitabile dovuto alle letture che essendo trimestrali od addirittura semestrali possono contenere degli scostamenti con le particolari condizioni di consumo dell’istante considerato e quello, anch’esso sistematico, dovuto al fatto che le eventuali perdite di rete sono assimilate e conglobate nei consumi dell’utenza. In caso di reti vetuste nelle quali la percentuale di perdita è rilevante e quindi rilevante la sua incidenza sui risultati finali, si può ovviare, almeno in parte, adottando una migliore procedura che consiste nel determinare l’ammontare in l/s (continui e costanti per ogni ciclo di 24 ore) delle perdite, ammontare che corrisponde alla portata minima notturna immessa in rete dalle centrali. Per controllo la portata così determinata per tutte le giornate del trimestre e considerata, in prima approssimazione per quanto spiegato al precedente cap. 3, costante per tutte le 24 ore, determina un volume totale trimestrale di perdita che deve coincidere con quello ricavato dalla differenza tra volumi immessi in rete e volumi contabilizzati in base alle letture dei contatori privati.
Le portate totali istantanee attribuibili ai nodi (portate esterne) sono date dalla somma di due valori: la portata dovuta alle perdite (costante per 24 ore) determinata come sopra e quella dovuta ai consumi veri e propri pari al residuo immesso in rete dalle centrali negli istanti considerati. A sua volta i due quantitativi vanno suddivisi tra tutti i nodi seguendo due diverse modalità: la portata dovuta alle perdite, supposta uniformemente distribuita in tutta la rete, può essere attribuita ai nodi in proporzione alla superficie interna delle condotte di competenza di ciascun nodo, l’altra in proporzione dei coefficienti di consumo trimestrale determinati, come indicato, sulla base dei consumi letti ai contatori.
Un esercizio razionalmente organizzato consente di adottare, nei calcoli in argomento, anche modalità più rigorose. Invece di considerare costante per tutta la giornata la portata di perdita, essendo ben note sia le portate di perdita effettiva notturna sia le pressioni reali in tutta la rete, è possibile calcolare in continuo, seguendo le modalità indicate al cap. 3, i volumi totali d’acqua che la rete dissipa nel terreno ed utilizzare tali valori per la ripartizione tra tutti i nodi. Nella distribuzione della perdita tra tutti i nodi si potrebbe infine applicare zona per zona un coefficiente correttivo che tenesse conto della incidenza della pressione media di consegna.
Come già detto con le metodologie descritte, ivi compresa anche quella più sofisticata, si determinano soltanto i coefficienti medi di proporzionalità da utilizzare per distribuire tra tutti i nodi la portata effettiva immessa in rete dalle centrali nell’istante considerato e depurata delle perdite. Anche tale operazione può essere fonte di errori in quanto i coefficienti di proporzionalità vengono applicati all’utenza considerata come omogenea mentre, in realtà, potrebbe non esserlo.
Si ricorda infine che la portata prelevata dagli utenti, come già spiegato  è funzione anche della pressione di consegna la cui variazione nel tempo e da zona a zona introduce un ulteriore fattore di imprecisione nelle determinazioni di cui si discute.
Per eliminare o ridurre gli errori inevitabilmente presenti è necessario suddividere la rete in più sottozone inserendo dei misuratori nelle condotte di collegamento in modo da conoscere per ciascuna di esse, la portata in entrata ed in uscita, quella minima notturna che rappresenta le perdite ed infine gli utenti alimentati e poter quindi operare la suddivisione zona per zona.
Quando ciò risulti materialmente impossibile (ad esempio per la eccessiva presenza di condotte che collegano tra di loro le varie sottozone) si inseriranno dei misuratori solo nei tronchi principali di connessione il che consentirà, in sede di taratura del modello matematico della rete, di effettuare, oltre ai controlli generali di congruenza, anche il confronto tra le portate istantanee calcolate e quelle effettive che transitano in detti tronchi e, in caso di differenze non trascurabili, esaminarne le caratteristiche ed applicare dei coefficienti correttivi zona per zona.
Ciò è reso possibile dal fatto che, essendo noti i sensi di percorrenza dell’acqua in tutte le condotte, sono definite le linee di “displuvio” che delimitano la zona di pertinenza di ciascun punto di misura e quindi i nodi da correggere zona per zona.

Ulteriori e preziose indicazioni non possono che provenire dalla sperimentazione diretta e continuativa effettuata durante il normale esercizio e che risulterà tanto più efficace quanto più numerose saranno le apparecchiature di misura installate a macchia d’olio in tutto il territorio servito come ad esempio venturimetri e manometri di rete di cui non si finirà mai di sottolineare l’importanza. Ad esempio qualora il sistema di verifica automatica segnalasse in alcune zone e durante il periodo notturno di bassi consumi una pressione reale sensibilmente inferiore a quella calcolata ciò starebbe ad indicare che le piccole perdite invece di essere uniformemente distribuite nell’area servita come supposto a priori e come è auspicabile, sono, al contrario, maggiormente concentrate in dette zone. In tale evenienza due sarebbero le strade da seguire: modificare le portate di perdita attribuita ai nodi oppure intensificare la ricerca ed eliminazione delle perdite nelle zone critiche. Ambedue le procedure conducono ad un miglioramento dei risultati dei calcoli di verifica. Non si può far a meno di sottolineare l’importanza della seconda procedura con la quale si raggiunge un importante risultato: quello di orientare in continuazione la ricerca ed eliminazione delle perdite diffuse verso quelle zone dove queste sono maggiormente presenti.
Dalle esperienze fatte nella verifica del funzionamento idraulico di reti reali nelle quali si sono potuti confrontare i risultati teorici con i dati effettivi, si è constatato che gli elementi definiti secondo la procedura sbrigativa sopra descritta sono sufficientemente precisi. Le portate finali che si ottengono, essendo basate sul consumo medio trimestrale, rappresentano il fabbisogno istantaneo più probabile di ogni singolo nodo depurato dalle eventuali e precarie anomalie e tenuto conto di tutte le circostanze reali di alimentazione dell’utenza tra cui anche la pressione media effettiva di consegna dell’acqua zona per zona che, come ben noto, influenza i consumi specifici.
D’altro canto lo scopo del calcolo di verifica, da effettuare durante il normale esercizio, non è quello di rappresentare matematicamente e pedissequamente il comportamento reale della rete nei vari istanti bensì quello di evidenziare gli scostamenti tra dati di funzionamento ideale negli istanti medesimi e la reale situazione. Le portate da introdurre nel calcolo sono pertanto quelle mediamente auspicabili e non quelle effettive condizionate dalle anomalie del momento.
In definitiva le verifiche condurranno ai seguenti risultati:
–  in regime di normale funzionamento le portate determinate secondo le modalità descritte si avvicinano a quelle reali e pertanto i valori risultanti dai calcoli corrispondono a quelli reali;
–  al verificarsi di una anomalia (rottura di condotta, grande prelievo abusivo d’acqua, apertura di uno scarico, sfioro di un serbatoio ecc. ecc.) la conseguente maggior portata in uscita, prontamente registrata dai misuratori delle centrali di sollevamento, invece di venir attribuita al nodo competente va a distribuirsi, essendo applicate le regole sopra enunciate, tra tutti i nodi. Ne consegue una portata al nodo dove si è verificata la perdita nettamente inferiore a quella reale e quindi una pressione di calcolo notevolmente superiore di quella effettiva, mentre per i rimanenti nodi, cui vengono attribuite portate approssimate per eccesso, i risultati del calcolo di verifica denunciano pressioni inferiori rispetto a quelle reali. In altri termini i calcoli, al verificarsi dell’anomalia, denunciano pressioni di tutta tranquillità per tutti i nodi della rete eccettuati quelli interessati dalla nuova perdita per i quali viene invece segnalata una depressione addirittura superiore a quella effettiva. Sono in tal modo enfatizzati gli effetti provocati in rete dalla perdita e consistenti in un cono rovescio di depressione con vertice in corrispondenza della perdita medesima che pertanto diventa facilmente ubicabile.

 

7) CONCLUSIONI

 

Alcuni dei problemi che assillano l’esercizio degli acquedotti, come ad esempio la presenza di rilevanti perdite di rete, sono stati descritti nei loro aspetti pratici con motivazioni ed alcune verifiche teoriche. Ciò ha consentito di formulare proste per il miglioramento funzionale ed economico dell’esercizio dei complessi acquedottistici con particolare riguardo per quelli a sollevamento meccanico.
Sempre in tema di portata si sono esaminate nel punto 6) le modalità da seguire per determinare con buona approssimazione le erogazioni effettive ai nodi della rete in servizio normale. E’ questo un compito arduo ma essenziale per la messa a punto delle procedure di verifica idraulica continuativa ed automatica basate sul calcolo della rete magliata in moto permanente effettuato in tempo reale e che costituiscono un vero salto di qualità nella gestione automatizzata della rete. L’avvio di tali procedure, più volte annunciato da importanti Enti di Gestione, non risulta, a chi scrive queste note, ancora attuato con successo per le molte difficoltà che, in sede di applicazione pratica, sorgono proprio per le determinazioni in argomento. In tal senso, lungi dal poter considerare chiuso l’argomento, si confida di aver fornito, con il presente lavoro, degli spunti per intravederne la soluzione.

I

AVANTI