UNA RIVOLUZIONARIA METODOLOGIA DI VERIFICA PRATICA DELLE RETI

verifica pratica acquedotti

1) PREMESSA


La letteratura tecnica ed anche la stampa qualificata si profondono in articoli, pubblicazioni di pregevoli manuali, relazioni ecc. ecc. aventi per oggetto le modalità da seguire per risolvere i gravi problemi che colpiscono il sistema di approvvigionamento idropotabile e quello italiano in particolare.
Vi si leggono sofisticate teorie sulla efficienza dei complessi acquedottistici, sui calcoli di verifica, su nuovi schemi idrici, sulla regolazione della pressione di esercizio, sulla ricerca ed eliminazione delle perdite occulte ecc. ecc.
Chi, come chi scrive, si dedica alla pratica di esercizio degli acquedotti, non può che essere entusiasta di tanta tecnica nuova ma non può allo stesso tempo non rilevare alcune incongruenze e suggerire degli interventi semplici atti ad assicurare risultati immediati da affiancare a quelli che possono derivare da tanta pregiata teoria.
Una regola spesso raccomandata è quella del risparmio idrico da realizzarsi non solo con un attento uso dell’acquedotto domestico ma anche con l’applicazione di frangigetto atti a ridurre la portata erogata dai rubinetti dove vengono applicati. A tale riguardo, pur ritenendo necessario scongiurare un inutile sperpero della preziosa acqua, si rileva come quella indicata sia una metodologia che, anche nel caso del tutto improbabile di una sua adozione generalizzata, darebbe comunque risultati ben modesti nel mentre costituirebbe sicuramente un disagio per l’utenza costretta ad economizzare su un bene di prima necessità come l’acqua. Infatti una diminuzione dei consumi spinta all’osso, produrrebbe un immediato aumento della pressione di rete cui conseguirebbe un’altrettanto immediato aumento delle perdite occulte accusato dalle condotte colabrodo che costituiscono la generalità degli acquedotti nostrani. Si può affermare che una buona parte dell’acqua economizzata come detto, sarebbe subito dispersa per l’aumento delle perdite occulte provocata dalla maggiore pressione di rete.
Da rilevare anche l’aspetto economico che impone, a tutte le aziende di gestione, un bilancio di gestione in pareggio e che pertanto deve contare su entrate non soggette a forzature come quella del risparmio idrico. Il risultato non potrebbe che comportare un aumento delle tariffe di vendita dell’acqua teso anch’esso ad annullare il supposto beneficio economico di una minor spesa dell’utente.
Un’altro provvedimento che va per la maggiore è quello definito distrettualizzazione e che, sia in caso di impiego tipo temporaneo e sia definitivo, ha comunque lo scopo di consentire un controllo puntuale delle perdite di rete ed anche una regolazione ottimale della pressione di esercizio che contribuirebbe in maniera notevole alla riduzione delle perdite stesse. Anche in questo caso si devono evidenziare i lati negativi di una metodologia basata sulla suddivisione delle reti in tante piccole porzioni, chiamate appunto distretti, il che significherebbe né più ne meno che una deleteria rinuncia degli enormi vantaggi presentati da una rete di distribuzione ben interconnessa, suddivisione che nessun gestore dovrebbe essere disposto ad accettare.

 

2) LA TECNICA PROPOSTA

Si propone un sistema di controllo molto semplice ed atto a dare immediati notevoli vantaggi reali di esercizio delle reti acquedottistiche .
Innanzitutto bisogna far rilevare come sussista in tutti gli acquedotti moderni un elemento che da solo è in grado di definire, con rapidità ed in continuo, il funzionamento effettivo del servizio in tutte le sue componenti.
Tale elemento è la pressione dell’acqua in rete.
E’ ben noto come un fuori servizio di una parte qualsiasi dell’acquedotto si traduca immediatamente in una anomalia di pressione che possiede , come vedremo, alcune interessanti proprietà. Gli esempi sono molteplici. Se una fonte viene chiusa per un qualunque motivo, se una pompa va fuori servizio, se una condotta accusa una perdita improvvisa, se un utente effettua un prelievo eccezionalmente elevato, in tutti questi ed anche in molti altri casi è la pressione di rete a risentirne tramite un abbassamento del proprio valore pressorio e cioè della superficie piezometrica. E’ quindi chiaro che, per avere sotto controllo l’acquedotto in tutte le sue parti, è sufficiente l’esame dettagliato della pressione di consegna dell’acqua all’utenza. Ovviamente per raggiungere tale risultato è necessario installare in rete un grande numero di manometri atti a rilevare e trasmettere al centro di controllo in automatico ed in tempo reale la pressione effettiva di più punti caratteristici della rete. Una volta in possesso dei dati di pressione che definiscono la superficie piezometrica della rete minuto per minuto, sarebbe possibile effettuare, grazie alla moderna tecnica di telecontrollo, delle sofisticate elaborazioni come la compilazione in automatico di profili della linea piezometrica e del terreno secondo varie direzioni, effettuare complesse statistiche e controlli dei dati con emissione, sempre in automatico, di allarmi tutte le volte che vengono superati certi limiti ecc, ecc. Senza voler sminuire l’importanza di detti accorgimenti, nella presente nota si vuole proporre una tecnica completamente diversa che impone al personale di servizio di seguire personalmente l’evolversi della situazione del servizio idrico ma con una metodologia basata sul raffronto mnemonico e continuativo della superficie piezometrica allo scopo rappresentata graficamente con una simbologia semplificata atta ad essere facilmente memorizzata e seguita mentalmente di ora in ora e di giorno in giorno. Chi scrive ritiene che la gestione di un servizio così importante come quello idropotabile non possa affidarsi prevalentemente alla automatizzazione sia pur tenuto conto delle grandi possibilità di verifica multipla dei moderni sistemi centralizzati di telecomando e telecontrollo, ma che sia anche auspicabile che il personale di servizio sia chiamato a seguire costantemente il funzionamento reale del complesso acquedottistico. In questo senso, le modalità di cui alla presente nota costituiscono sicuramente un valido esempio.
Questa la proposta in dettaglio. Tenuto presente che, in caso di un qualsiasi disservizio, l’abbassamento misurato da ciascun manometro è tanto più rilevante quanto più il manometro stesso è vicino al punto in cui si verifica una anomalia, si comprende come dall’andamento delle curve di ugual pressione se ne possa dedurre anche l’ubicazione in quanto, con la citata rappresentazione planimetrica della superficie piezometrica, l’anomalia stessa si materializza con un cono di depressione il cui vertice ne rappresenta il baricentro.
La modalità per raggiungere lo scopo è quella illustrata, sia pure in modo schematico, nelle figure allegate, concernenti la rete di una grande città. 

Figura n. 1 = trete con consumi massimi

Nella fig. n. 1 è riportato lo schema semplificato delle maglie principali di condotte e, in sovrapposizione e con diversificazione di colori, le fasce di pressione sul suolo in un periodo di grande consumo dell’utenza. Nel prosieguo di tempo l’evoluzione planimetrica delle fasce colorate dell’immagine consentirà di seguire in maniera intuitiva l’andamento della pressione e quindi verificare la correttezza di funzionamento del sistema. Ad esempio nelle ore notturne la situazione normalmente diventa quella rappresentata nella figura 2 dove si nota una diminuzione ed una unificazione della pressione in tutto il territorio servito e data dalla minor pressione di immissione dell’acqua in rete da parte degli impianti di produzione e sollevamento e dalle diminuite perdite di carico della rete stessa dovuta ai più bassi consumi .

Figura 2 =  rete con consumi minimi notturni


La metodologia, oltre alla constatazione del regolare evolversi della pressione che si ha tutte le volte che le sue variazioni rientrano tra i limiti ben noti in quanto vi si ripetono giorno dopo giorno, fa risaltare in maniera molto evidente quelle di diverso tipo e causate da ogni possibile disservizio e, in tale malaugurata occasione, il personale di servizio ne prende immediata coscienza e può predisporre il pronto intervento e le manovre necessarie. Ad esempio nel caso di rottura di qualche condotta, ha luogo la depressione conica che, subito rilevata dai manometri e trasmessa automaticamente al centro, viene segnalata in rete con le modalità schematicamente riportate nella fig. 3 nella quale il vertice e quindi l’ubicazione della perdita è indicato dalla immagine circolare di colore più scuro.

Figura 3 = rete con un guasto in condotta

 

Da rilevare come il formarsi d una rottura molto spesso non avvenga repentinamente ma sia preceduta un fenomeno progressivo cui corrisponde una grafica che mette anzitempo in allarme il personale di controllo segnalandogli l’inizio e il continuo aggravarsi dell’anomalia e pertanto l’opportunità di mettersi in preallarme. Importante anche ricordare che non sempre le rotture sono evidenziate sul terreno dall’affioramento in superficie dell’acqua di perdita ma, in caso di terreni permeabili o di presenza di drenaggi sotterranei dovuti a tubazioni di vario tipo, l’acqua rimane nel sottosuolo e la rottura incognita. In questi casi una segnalazione come quella descritta esplica in pieno la sua utilità.

Figura 4 = rete con un impianto di produzione afunzionamnto ionsufficente


Un altro esempio riportato nella fig. 4 è quello di una cattivo funzionamento con diminuzione della portata immessa in rete da parte di uno dei due impianti di produzione. Le conseguenze indotte in rete sono evidenziate graficamente dal notevole spostamento planimetrico delle fasce di pressione più elevata e cioè di quelle di colore giallo e verde.
E’ importante confermare quanto già detto e cioè che la rappresentazione di cui si parla riguarda non la pressione assoluta della rete bensì quella relativa al terreno e quindi i concetti esposti sono validi per le reti che alimentano territori pianeggianti, come sono quelli delle figure allegate, ma anche per quelli collinari o montani: l’importante è che i dati oggetto della verifica si riferiscano, in ogni caso, alla pressione in condotta espressa in metri sul suolo. Ovviamente il sistema deve compilare anche una banca dati con raccolta ed archiviazione dei valori di pressione intervallati per  periodi brevi come ad esempio una mezz’ora in modo da rendere possibile, se necessario, il confronto di funzionamento della rete da una giornata all’altra.

Si è ben compreso come lo scopo della procedura che viene qui segnalata sia concentrato sulla rappresentazione grafica semplificata e continua della pressione di rete direttamente rapportata con le aree servite dalla rete acquedottistica cioè sulla conoscenza visiva ed in planimetria, sia pur semplificata ed approssimativa, del variare della pressione zona per zona e minuto per minuto. Ciò comporta notevoli vantaggi non solo nei casi segnalati di disservizi di varia natura ma anche nella normale gestione della rete grazie ad un sistema di comunicazione grafico che è percepibile in maniera molto più immediata di quanto potrebbe aversi da altre metodologie come ad esempio dalla consultazione di una serie di valori numerici od anche di profili longitudinali. Si elencano alcuni esempi significativi. E’ ben noto come si stiano diffondendo ovunque diverse tecniche di regolazione della pressione di funzionamento degli acquedotti basate sull’impiego di valvole di riduzione asservite all’impianto di telecomando, sulla sostituzione delle vasche di carico con sofisticati sistemi di immissione diretta in rete dell’acqua a pressione variabile, sulla distrettualizzazione ecc.ecc. essendo assodati i notevoli benefici che si ottengono in fatto di riduzione delle perdite, di guasto delle condotte e di risparmio energetico con la citata ed intelligente regolazione di pressione. Ebbene le modalità di segnalazione propugnate nella presente nota, consentiranno di tener agevolmente sotto controllo i risultati effettivi potendoli esaminare anche in momenti particolari come sono ad esempio quelli, anche se di breve durata, di consumo massimo dell’utenza oppure quelli di consumo minimo notturno. Anche l’adozione delle vasche di cacciata che effettuano ad intervalli regolari la pulizia tramite acqua potabile di certe condotte della fognatura, oppure l’interscambio di notevoli portate con altri acquedotti vicini, come anche l’apertura di scarichi per lavaggio della rete oppure la chiusura di condotte per lavori di manutenzione, tutte queste eventualità rappresentano momenti di normale esercizio acquedottistico nei quali la conoscenza della situazione planimetrica della pressione effettiva di rete offre un potente ed immediato mezzo di controllo.
Ed ora qualche dettaglio sulle caratteristiche di ciascuna postazione manometrica. Vista la natura dei segnali da trasmettere, sicuramente caratterizzati da una richiesta molto limitata di energia elettrica, si possono ragionevolmente prevedere delle postazioni standard che, evitando la proliferazione degli allacciamenti alla rete Enel, siano autoalimentate tramite pannelli fotovoltaici ed accumulatori nel mentre la trasmissione dei dati sia fatta via radio.

Infine si segnala che la metodologia proposta per la segnalazione grafica dell’andamento della superficie piezometrica, di per sè estremamente semplice, può essere resa visibile non solo nella sede centrale di controllo dell’esercizio ma, via internet e previa conoscenza di adatte password, in qualsiasi altra parte e quindi negli uffici periferici dell’Ente di gestione, nell’abitazione del personale che resta in preallarme in casa e perfino direttamente dal personale in servizio ed anche fuori servizio, tramite palmari individuali che siano in grado di ricevere internet.

 

3) CONCLUSIONI

A conclusione della nota si vuol far rilevare come a sofisticate procedure pratiche e teoriche di controllo del funzionamento degli acquedotto, quest’ultime svolte a tavolino e necessariamente in tempi diversi da quello in cui ha luogo una anomalia di funzionamento, sarebbe utile affiancare di fatto una procedura come quella descritta in queste righe e che si ritiene atta a segnalare tempestivamente ed in maniera evidente tutti i difetti di esercizio della rete non appena vengono alla luce. Nel caso specifico si propone una rappresentazione grafica della pressione in rete attuata con una simbologia molto semplice ed intuitiva che mette subito in risalto le anomalie ed anche la loro ubicazione planimetrica. Per raggiungere lo scopo è necessaria la presenza di un grande numero di manometri di rete il che comporta un notevole impegno di spesa ma che si ritiene costituisca comunque una buona regola di gestione che occorrerebbe in ogni caso adottare essendo accertata l’importanza basilare di avere sempre una buona conoscenza generale dell’esercizio reale degli acquedotti, nel mentre l’aver un mezzo per evidenziarla in maniera semplice ed intuitiva come quella proposta specificamente nella nota tramite le fasce colorate di uguale valore pressorio, si ritiene possa contribuire in maniera determinante ad un corretto esercizio dell’acquedotto ivi compresa una ottimale regolazione della pressione. A tutto questo vanno aggiunte le molteplici possibilità di prenderne conoscenza in tempo reale rese possibili dalla rete internet.

LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIODELLA RETE CON MINIMA DISSIPAZIONE ENERGETICA

 

1) PREMESSA

Uno degli inconvenienti che compromettono l’efficienza di molti acquedotti sono le perdite occulte che in Italia in questi ultimi anni ed a seguito dell’invecchiamento delle strutture acquedottistiche, hanno assunto valori elevatissimi e molto spesso assolutamente ingiustificati anche in considerazione delle difficoltà sempre crescenti di produzione dell’acqua potabile. Uno dei rimedi che si sta imponendo ovunque perché atto a diminuirne sensibilmente l’incidenza senza dover ricorrere al rifacimento totale delle reti, è la regolazione della pressione di esercizio. Assodato che si tratta di un provvedimento di estrema efficacia, si è fatto ricorso a tutti i mezzi possibili per riportare in ogni evenienza ed in ogni situazione la pressione entro limiti corretti. Un intervento spesso magnificato dalla letteratura tecnica nazionale ed internazionale è basato sulla distrettualizzazione cioè sulla suddivisione della rete in tante parti che si possono facilmente tenere sotto controllo. Un altro provvedimento effettivamente realizzato, e che si sta espandendo a macchia d’olio ovunque per i buoni risultati che se ne possono ottenere, si basa sulla posa in opera e gestione automatica di valvole di riduzione della pressione asservite all’impianto centralizzato di telecomando e telecontrollo con le quali non solo si riesce a mantenere la pressione entro un massimo compatibile con la tenuta e la durata delle tubazioni di rete ma anche a modularla diminuendola sensibilmente durante la notte ed in genere tutti i periodi di bassi consumi. È ben noto come sia durante la notte e più in generale durante i periodi di minore richiesta che si concentra la maggior parte delle perdite.
Si deve rilevare ancora una volta che, se la distrettualizzazione rappresenta una vera sconfitta della moderna tecnica acquedottistica in quanto conduce alla perdita di alcuni dei pregi principali delle reti magliate e cioè la sicurezza di esercizio e le ridotte perdite di carico che ne sono alcune delle ottime prerogative, dall’altro lato la riduzione della pressione operata dalle valvole rappresenta una altrettanto ingiustificata dissipazione energetica, dissipazione non tollerabile soprattutto negli acquedotti che funzionano a sollevamento meccanico in quanto rappresenta né più né meno, la distruzione di una parte di ciò che si è appena creato a prezzo di elevati consumi di energia elettrica.
Il fenomeno è identico a quello che accade quando si azionano i freni di una autovettura: si dissipa una notevole parte dell’energia prodotta dal motore a prezzo di un notevole consumo di carburante.
L’esempio del freno delle autovetture porta ad una ulteriore ed interessante similitudine: così come le autovetture di recente concezione riescono a recuperare gran parte dell’energia di frenata ricaricando con essa gli accumulatori elettrici, in maniera del tutto analoga con le opere qui proposte si ricupera quasi per intero il carico che normalmente viene dissipato dalle valvole di regolazione ottenendo suo tramite l’accumulo dell’acqua in serbatoi distribuiti in rete.

 

2) I CONCETTI FONDAMENTALI

Le valvole di regolazione o, per essere più precisi, di riduzione della pressione di cui si è detto, raggiungono il loro scopo trasformando l’energia in calore che viene immediatamente dissipato. Un diverso modo per ottenere lo stesso effetto di riduzione del carico consiste nel mutarne totalmente la destinazione e precisamente restare in campo prettamente acquedottistico ed approfittare di detto esuberante carico per compiere un’azione utile cioè per accumulare l’acqua, e conservarla pronta per l’uso, in un apposito serbatoio ubicato lontano dalla produzione all’interno della rete di distribuzione. In pratica si tratta di sostituire la valvola di regolazione presente in una condotta principale con un serbatoio effettuando così lo scambio di due dispositivi, valvola e serbatoio che in questo caso hanno funzioni simili ma risultati totalmente diversi. Infatti nel primo caso lo scopo è raggiunto strozzando al punto giusto la valvola di riduzione e nell’altro aprendo opportunamente la valvola di immissione dell’acqua nel serbatoio. In questo caso, che è quello che interessa particolarmente, l’abbassamento della pressione è in gran parte dovuto alle maggiori perdite di carico provocate dall’aumento di portata che si è indotto nella rete, aumento di portata che si traduce in un proficuo collettamento idrico da centro di produzione a serbatoio senza alcun ulteriore dispendio energetico all’infuori del carico idraulico già presente in origine e che le valvole di riduzione andrebbero a dissipare. Permane una piccola perdita dovuta alla dissipazione operata dalla valvola di immissione in serbatoio. La differenza abissale tra i due sistemi citati e cioè valvola nel primo e serbatoio nel secondo, è ovvia ed è data dalla facoltà propria del serbatoio ed assolutamente inattuabile nel caso della valvola, di poter non solo abbassare la pressione in eccesso operando secondo le modalità indicate, ma di agire anche in direzione diametralmente opposta e cioè intervenire positivamente nella regolazione della rete quando la sua pressione di esercizio è insufficiente sia pur a prezzo di un modesto consumo energetico. In definitiva quella proposta è una doppia regolazione della pressione ed è quindi atta quindi a soddisfare tutte le necessità del momento.

 

3) LA RETE REGOLATA A MEZZO SERBATOI

La soluzione che si vuole proporre prevede l’inserimento in rete degli impianti di regolazione della pressione notturna ognuno dei quali è costituito da un serbatoio di accumulo con annessa centrale di risollevamento non presidiati da personale ma asserviti al sistema di telecontrollo e telecomando centrale.
Per chiarire meglio i concetti sarà utile un esempio.
Si debba regolare la pressione di una rete come quella di figura 1 avente una grande estensione in territorio pianeggiante e supponendo sia alimentata da un solo centro di produzione e pompaggio.

 

Figura 1 = esempio di rete unificata di tipo tradizionale ed in territorio pianeggiante

La soluzione comunemente adottata è quella di figura 1 avente una vasca di carico (ad esempio serbatoio pensile) ubicata in testa alla rete nei pressi del centro di produzione e posta ad un’altezza di 70 m necessari perché nell’ora di punta la parte terminale del territorio possa contare su almeno 25 m di colonna d’acqua rispetto al suolo. Si tratta di un sistema di approvvigionamento idrico tra i più diffusi e che, a fronte di una grande semplificazione costruttiva e di esercizio, presenta gli inconvenienti ben noti di pressioni di consegna dell’acqua all’utenza molto variabili, perdite occulte elevate soprattutto durante la notte ed i periodi di bassi consumi quando si registrano anche le maggiori pressioni, ed infine dispendio energetico di pompaggio. Da rilevare che si tratta di territorio pianeggiamte

Figura 2 = rete unificata in territorio pianeggiante con alimentazione a pressione regolata

Nella figura 2 è illustrata una prima possibilità di razionalizzazione consistente nell’eliminare la vasca di carico e nell’adottare il pompaggio diretto in rete a pressione regolata in funzione della portata assorbita. i risultati sono notevoli sia in merito al consumo energetico e alle perdite che subiscono un consistente calo. All’inizio occorre fissare una serie di abbinamenti tra portata immessa in rete e pressione di pompaggio. Il sistema si regola in modo da rispettare in ogni caso la citata corrispondenza tra portata totale immessa in rete e pressione di pompaggio la quale pertanto risulterà tanto più elevata quanto maggiore sarà il consumo dell’utenza. La notte, caratterizzata da bassa richiesta idrica, può usufruire di una pressione di esercizio moderata cui corrisponde una notevole riduzione delle perdite occulte.

Figura 3 = Rete unificata con con pompaggio in diretta a pressione variabile e con valvole di regolazione della pressione

Nella fig. 3 è riportato un ulteriore miglioramenti della rete ottenuto aggiungendo alla precedente  versione di fig. n 2 le valvole di regolazione delle condotte principali cui si devono affiancare quelle installate direttamente in corrispondenza del contatore privato degli allacciamenti di utenza collegati alle condotte non regolate. Il risultato è una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale. Unico inconveniente è quello della dissipazione energetica che, come detto in precedenza, viene operata dalle valvole di regolazione.

FIGURA 4= RETE UNIFICATA CON LA REGOLAZIONE IN PROGETTO

 

Infine la fig. 4 illustra la proposta che forma specificatamente l’oggetto del presente lavoro e che è sinteticamente descritta nel seguito.

La centrale è sempre del tipo con pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita all’impianto di telecontrollo. In rete sono presenti tre serbatoi di compenso locale (n.1 vicino alla centrale di produzione, n. 2 in posizione baricentrica e n. 3 nella parte terminale della rete). Ogni serbatoio è alimentato dalla rete tramite una valvola a fuso che consente di modulare la portata derivata dalla rete ed è munito di pompa a velocità variabile destinata a reimmettere di giorno nella rete stessa il volume d’acqua prelevato dalla rete medesima la notte precedente; il tutto non presidiato da personale ma asservito all’impianto centrale di telecontrollo. La capacità totale dei tre serbatoi è bene sia superiore a quella di normale compensazione delle portate giornaliere in quanto il loro ruolo comprende oltre alla compensazione stessa anche la regolazione della pressione di consegna dell’acqua all’utenza. Da rilevare subito che la possibilità di iniettare una portata suppletiva in diversi punti della rete costituisce di per sé un vantaggio notevole sia in merito alle perdite di carico generali che diminuiscono, sia alla facilità di regolazione della pressione ed infine alla compensazione delle portate giornaliere la quale garantisce che gli impianti di produzione possano mantenere una portata pressoché costante per tutte le 24 ore della giornata tipo.

sempio di grafico delle pression
Esempio di grafico delle pressioni da preimpostare per la rete di distribuzione

La procedura da adottare prevede innanzitutto la definizione a priori del diagramma giornaliero delle pressioni da mantenere minuto per minuto nei punti di consegna dell’acqua all’utenza. Essendo anche necessario stabilire nella rete una certa pendenza notturna della superficie piezometrica necessaria per il riempimento dei tre serbatoi, si può fissare approssimativamente di notte una pressione di 25 m all’inizio rete, di 20 m nella parte mediana e di soli 15 m in quella finale. Durante la giornata non sussiste il problema del riempimento dei serbatoi e quindi si fisseranno le stesse pressioni massime in tutto il territorio pari a 40 m nell’ora di punta ( ore 9 del mattino ) per calare man mano fino alle 23. Per quanto riguarda i livelli dei serbatoi di rete occorre tener presente che essi devono riempirsi durante la notte ( ad esempio nell’intervallo dalle ore 23 alle ore 6 del mattino) nel mentre durante il periodo diurno devono svuotarsi completamente.

 

Esempio di grafico dei livelli
Esempio di grafico dei livelli dei serbatoi  da mantenere nelle 24 ore

Allo scopo si dovrà, analogamente alle pressioni, fissare preventivamente anche il grafico giornaliero dei livelli dei serbatoi in parola tenendo presente che non sarà possibile vengano rigorosamente rispettati ma che venga tenuto conto solo del valore risultante dalla media aritmetica dei valori fissati per il medesimo istante di tutti i serbatoi, come si vedrà più avanti.
Quelli citati sono soltanto dati indicativi, le serie di valori effettivi da prefissare potranno essere definiti meglio in sede di gestione reale della rete.

Una parte determinante è rappresentata dall’organizzazione generale di funzionamento data dall’impianto di telecontrollo telecomando che deve soprintendere al funzionamento degli impianti di pompaggio, alla pressione di consegna all’utenza ed ai livelli dei serbatoi.

Una possibile regolazione è la seguente.

– Durante la giornata (ad esempio dalle ore 6 alle 23) la valvola di immissione nei tre serbatoi è chiusa. Tutta la portata emessa dalla centrale principale annessa all’impianto di produzione viene pompata direttamente in rete. In aggiunta a detta portata ognuno dei tre serbatoi immette nella rete stessa il volume precedentemente invasato e lo fà tramite pompa a velocità variabile asservita alla già citata curva preimpostata delle pressioni di rete in modo da farvi coincidere quella effettiva rilevata dai manometri di rete posti nella porzione di utenza di competenza di ciascuno di essi. In questo modo si fa fronte alle punte di consumo senza modificare la portata della centrale principale  che in ogni caso si mantiene pari approssimativamente al valore del consumo medio giornaliero.. Da rilevare come sia la portata immessa dall’impianto principale a soddisfare la base del diagramma dei consumi mentre sono i tre serbatoi locali a fronteggiare le punte di consumo.

– Nel restante periodo notturno le pompe dei tre serbatoi di rete sono ferme e la regolazione della pressione di rete viene attuata variando l’apertura delle tre valvole a fuso di immissione dell’acqua in serbatoio con una modesta perdita di carico. Ad esempio se i manometri segnalano una pressione maggiore di quella del grafico preimpostato, il telecomando ordina una maggiore apertura della valvola cui corrisponde un maggior volume immesso in serbatoio ed inoltre una minor pressione di rete.

– La centrale di pompaggio principale modula la sua pressione e portata giornaliera in funzione della media aritmetica del valore reale dei livelli dei tre serbatoi di rete che vengono in tempo reale corretti riportandoli mediamente e minuto per minuto al valore prefissato nel diagramma giornaliero tramite regolazione della velocità di rotazione della pompa. In questo modo si otterrà, sia pure in maniera approssimativa in quanto la regolazione è unica per tutti i serbatoi, il loro totale e razionale svuotamento e riempimento giornaliero, ferme restando sia la modalità di regolazione delle valvole di immissione in serbatoio e sia quello di pompaggio in rete da parte delle pompe a velocità variabile annesse ai serbatoi e già indicate.

– A favore di una buona regolazione generale del funzionamento della rete giocano il magliaggio con le molteplici interconnessioni che lo caratterizzano e che produrranno una distribuzione omogenea in tutto il territorio anche al verificarsi di anomalie locali sia nell’alimentazione e sia nel prelievo da parte dell’utenza.

– Il risultato finale dell’organizzazione tecnica descritta sarà caratterizzato dai seguenti elementi:

a) La centrale principale funzionerà con una portata sempre di valore prossimo alla media giornaliera di consumo ma con la caratteristica di immettere in rete una maggior portata durante la notte essendo necessaria per il riempimento dei serbatoi. Tutto ciò offre notevoli vantaggi economici nel costo dell’energia elettrica da impiegare e nella possibilità di sfruttare maggiormente le fonti nei periodi notturni che spesso hanno maggior disponibilità. La pressione sarà regolata in funzione dell’andamento dei livelli dei tre serbatoi di rete ed in modo che, durante tutte le 24 ore della giornata tipo, abbiano a seguire mediamente l’andamento dei livelli stessi in conformità con quanto prefissato nel diagramma giornaliero.

b) La pressione di consegna dell’acqua all’utenza sarà quella fissata preliminarmente ora per ora essendo, nel periodo notturno, modulata dai prelievi dei serbatoi ed in quello diurno dal pompaggio a pressione variabile degli impianti annessi ai tre serbatoi di rete.

c) I serbatoi di rete saranno interamente sfruttati in tutte le giornate e quindi anche in quelle di basso consumo dell’utenza. Sarà proprio in tali giornate, statisticamente in numero preponderante durante l’anno, che essi svolgeranno l’importante ruolo di richiedere un maggior pompaggio notturno rispetto a quello giornaliero con conseguente vantaggio dato dai minori costi dell’energia elettrica e nella maggiore disponibilità delle fonti soprattutto nel caso di prelievo di falda.

d) Il bilancio energetico sarà positivo in quanto;

– la centrale principale funziona con portate vicine alla media giornaliera evitando totalmente quelle di punta e con una bassa prevalenza manometrica totale in quanto atta soltanto a riempire i serbatoi utilizzando tutta la rete la cui caratteristica, come ben noto, è quella di effettuare trasporto di grandi portate con basse perdite di carico;

– l’energia consumata per il risollevamento dai serbatoi locali è minima perchè effettuata a bassa prevalenza vista la loro ubicazione in vicinanza dell’utemnza da servire

4) L’APPLICAZIONE PRATICA DELLA METODOLOGIA PROPOSTA

Nel capitolo precedente si è descritto un esempio il cui unico scopo era soltanto rendere comprensibili i concetti base della soluzione che viene proposta. Si vuole ora far rilevare come essa possa essere utilizzata principalmente per sistemare reti esistenti sia a sollevamento meccanico e sia se funzionanti totalmente o parzialmente a gravità, raggiungendo il duplice scopo di regolarne la pressione e al tempo stesso di fronteggiare le punte di consumo eccezionale. Inutile ricordare come siano questi i difetti che spesso lamentano le vecchie reti di distribuzione ed in maniera più accentuata quelle funzionanti a gravità essendo maggiormente soggette ad escursioni di pressione. Piazzare nei punti dove tali inconvenienti si manifestano in maniera più grave un serbatoio che, riempiendosi durante la notte, riesce ad abbassare fino al giusto limite la pressione e che è pronto nella giornata successiva a soddisfare quelle punte di consumo che mettevano in crisi il sistema, rappresenta, a giudizio di chi scrive, un vero successo ma non l’unico. Infatti se i benefici più consistenti si ottengono nei giorni di punta, quelli relativi a tutto il restante periodo non sono da sottovalutare. Come è ben noto, le normali strutture acquedottistiche sono dimensionate per i consumi dell’ora di punta ma sono ben noti anche gli inconvenienti che si verificano quando la richiesta idrica è molto bassa, inconvenienti che, oltre alle pressioni eccessive in rete, mantengono i serbatoi di compenso sempre pieni 24 0re su 24 impedendo loro di effettuare la compensazione delle portate ed obbligando la produzione a variare in continuazione la portata. Ebbene l’inserimento dei nuovi serbatoi che obbligatoriamente si svuotano in tutte le giornate come sono quelli in progetto, esplica una importante azione di regolazione generale del sistema acquedottistico. I risultati sono amplificati dalle innovative modalità di regolazione descritte nri capitoli precedenti.

5) CONCLUSIONI

Si è descritta una rete di distribuzione in territorio pianeggiante che basa le sue costituzione e regolazione sui seguenti elementi:

Una regolazione capillare della pressione di consegna dell’acqua all’utenza essendo proprio questa la condizione di base che determina la buona qualità di un servizio di alimentazione idropotabile;
– Trattandosi di acquedotto a sollevamento meccanico la soluzione presenta notevoli possibilità di economia energetica;
– Un altro punto fondamentale è costituito dalla possibilità di ridurre al minimo le perdite occulte grazie alla oculata regolazione delle pressioni di esercizio;
– È assicurata una ottimale compensazione delle portate giornaliere ottenuta tramite volumi di invaso distribuiti in rete e quindi in prossimità dei consumi;
– Si sfrutta tutta la rete per il trasporto dell’acqua sia fornita direttamente all’utenza sia di riempimento dei serbatoi di rete e quindi le perdite di carico sono contenute al massimo essendo questa una delle prerogative caratteristiche della rete magliata;
le perdite di carico doivute alle valvole di immissione nei serbatoi di rete e quelle delle pompe di risollevamento dei serbatoi di rete sono modeste e rappresentano una piccola percentiuale delle economie energetiche realuzzate dal sistema.

Da rilevare il duplice e molto diversificato regime di esercizio durante le 24 ore della giornata tipo rispettivamente per la notte e per il giorno. L’impiego prioritario di tutta la rete è concentrato nel periodo notturno allo scopo di trasferire nei serbatoi distribuiti in rete una grande volume idrico che vi permane allo scopo di fronteggiare le punte di consumo del giorno dopo. Tale risultato è ottenuto in maniera del tutto particolare e cioè approfittando dello stesso trasporto idrico per contrastare la naturale tendenza della rete ad assumere elevati valori notturni di pressione in condotta. Una volta riempiti in loco i serbatoi diventa estremamente facile ed economico seguire qualunque richiesta idrica che si presenti nel corso della giornata.
Nel corso della trattazione si è anche indicata l’opportunità di utilizzare le stesse modalità per razionalizzare le reti esistenti ed in maniera particolare quelle funzionanti a gravità.

Il risultato complessivo può definirsi ottimale.

 

 

 

 

 

RETE ACQUEDOTTISTICA INTEGRATA NEL TERRITORIO

1) PREMESSA

Gli insegnamenti impartiti ai giovani ingegneri: alimentare gli acquedotti con alte pressioni di notte quando i consumi sono minimi ed abbassarla quando la richiesta è elevata.

L’alimentazione idrica dei territori pianeggianti risulta razionalmente risolta tramite le reti di distribuzione magliate in uso con risultati soddisfacenti nella gran generalità dei casi. Non é così per le aree montane, collinari o comunque altimetricamente variegate che presentano problemi cui non si é ancora trovato adeguata soluzione tanto é vero che si é sovente costretti a far funzionare la rete di distribuzione con pressioni eccessivamente elevate ma necessarie per vincere i dislivelli altimetrici del territorio salvo poi riportarle entro valori compatibili con l’uso tramite le valvole di riduzione di cui sono muniti gli allacciamenti privati d’utenza delle aree depresse.
Ne é derivata una notevole semplificazione costruttiva degli impianti idrici generalmente costituiti da reti unificate anche in presenza d’aree abitate poste a grandi dislivelli altimetrici l’una dall’altra, cui fanno riscontro inconvenienti di vario genere e, primo fra tutti, quello che costituisce una vera piaga dei moderni acquedotti consistente in  una perdita occulta d’importanti volumi d’acqua.
Scopo del presente lavoro é la descrizione di tali inconvenienti e la formulazione d’alcune ipotesi di una rete di distribuzione atta al funzionamento ottimale qualunque sia l’andamento altimetrico del suolo del territorio alimentato.
Poiché i problemi da risolvere sono, come detto, quelli dei territori aventi notevoli dislivelli altimetrici, é su di loro che viene incentrata gran parte della trattazione. Si vedrà nella parte finale dell’articolo come le opere proposte siano atte all’alimentazione idrica anche dei territori pianeggianti.

 

2) DIFETTI DELLA RETE UNIFICATA

Il funzionamento ad alta pressione é facilitato quando le fonti di un acquedotto si trovano a quote così elevate da consentire l’alimentazione a gravità dell’intera rete di distribuzione di tipo unificato per tutta l’estensione del territorio da servire. Sussistono anche in questo caso gravi problemi quali la necessità di impiegare tubazioni ed apparecchi in grado di sopportare l’anomala pressione, l’usura cui sono necessariamente sottoposti gli impianti, la possibilità tutt’altro che remota dei frequenti guasti che una pressione così alta e soprattutto le relative sovrappressioni per colpi d’ariete, provocano. Ma sono le rilevanti perdite occulte che sempre si verificano in reti di questo tipo a giocare un ruolo fondamentale ed altamente dannoso. Occorre rilevare come la loro presenza rappresenti la condizione “sine qua non” per questi tipi di reti in quanto sono le perdite stesse, e la notevole portata che comportano in condotta, ad impedire che, in presenza di consumi nulli o molto bassi dell’utenza, la rete si metta in idrostatica e quindi sottoponga le zone poste alle quote inferiori a pressioni inaccettabili. In pratica la percentuale di perdita d’acqua delle reti di cui si discute raggiunge e supera il 50% dei volumi immessi rappresentando un onere assolutamente ingiustificato, soprattutto in considerazione della scarsità d’acqua che incombe sulla moderna società.
Ma é nelle reti a sollevamento meccanico che si registra la situazione paradossale di un servizio che, oltre agli inconvenienti citati, accusa anche un notevole dispendio energetico dovuto al pompaggio all’alta pressione d’esercizio di cui si discute, pressione che, come già detto, deve successivamente essere in buona parte dissipata!
Sono quelli indicati i motivi che spingono ad una continua ricerca di risoluzioni nuove basate su un razionale uso dei notevoli mezzi che la tecnologia acquedottistica mette a disposizione. Tra tutte, quella che viene qui illustrata rappresenta un modo per affrontare il problema con metodologie mai sperimentate ma che vengono proposte per iniziarne la discussione ed affrontarne la critica con la speranza di giungere ad una possibile soluzione reale.

 

3) LA RETE PROPOSTA

La rete idrica atta a risolvere i problemi indicati deve possedere i seguenti requisiti principali che, a quanto risulta a chi scrive, non sono mai stati raggiunti a causa delle obiettive difficoltà che sussistono:
a) Una linea piezometrica che, in qualsivoglia territorio sia pianeggiante sia collinare o montano, rimanga parallela al suolo in tutte le condizioni di funzionamento e quindi anche durante i periodi di basso consumo dell’utenza soprattutto notturni;
b) Una pressione di funzionamento sul suolo regolabile in funzione dei consumi e quindi più elevata durante le ore di maggior consumo e, compatibilmente con una alimentazione pur sempre adeguata dell’utenza, più bassa in quelle notturne caratterizzate, oltre che da una più modesta richiesta idrica, anche da minori perdite di carico delle condotte sia stradali che interne alle abitazioni.
Viene esaminata una rete di tipo unificato analoga a quelle citate e comunemente adottate ma dalle quali si distingue nettamente per la presenza di fasce stabilizzatrici poste a quota opportuna ed in linea di massima ogni 50 metri di dislivello. Ogni fascia, avente lo scopo di controllo e regolazione della pressione di rete, é costituita essenzialmente da un serbatoio idropneumatico ad alimentazione propria e da una condotta trasversale di grosso diametro e che si sviluppa all’incirca lungo un’unica curva di livello del terreno e quindi intersecando tutte le condotte longitudinali di rete che, con diametri nettamente inferiori, scendono seguendo, all’incirca, le linee di massima pendenza del suolo. Le caratteristiche del serbatoio idropneumatico, in dettaglio visibili nell’articolo omonimo presente in questo sito sono date, sinteticamente, dalla particolare costituzione della sua vasca che, essendo interamente a tenuta ermetica, é in grado di contenere, oltre ad un gran volume d’acqua, anche, nella sua parte superiore, un notevole cuscino d’aria che gli permette di funzionare a pressione variabile in funzione di quella dell’acqua immessavi dalla condotta d’adduzione e di costituire, al tempo stesso, una riserva d’acqua in pressione pronta ad entrare automaticamente in rete per coprire eventuali picchi di consumo dell’utenza. Sono queste peculiari caratteristiche del serbatoio idropneumatico e la presenza della citata condotta trasversale che, opportunamente regolati dall’impianto di telecomando e telecontrollo, permettono di giungere, come sarà spiegato, agli auspicati risultati.
Sia ad esempio da alimentare, con sollevamento meccanico dell’acqua, un territorio come quello illustrato nella figura 1 e caratterizzato da un dislivello di 130 metri e produzione dell’acqua a quota zero.

 

Fig. 1 = Planimetria rete di distribuzione in territorio a pendenza uniforme

 

La rete di distribuzione che viene proposta é costituita da due distinti tipi di condotte: di piccolo diametro quelle longitudinali ad andamento che segue la linea di massima pendenza e di grande diametro quelle trasversali poste tassativamente lungo le varie curve di livello per costituire la chiusura delle maglie e, in alcuni casi, le citate fasce di stabilizzazione della pressione. Una siffatta disposizione delle condotte garantirà, unitamente a particolari modalità d’alimentazione idrica, un sufficiente parallelismo tra linee piezometriche e profilo del suolo anche per condizioni di funzionamento molto diversificate.
Le tre fasce stabilizzatrici ed i relativi serbatoi idropneumatici sono, nell’esempio, posti rispettivamente a quota 30, 80 e 130 metri e ognuno di loro é in grado di rifornire la rete con una pressione che può andare, in normale esercizio, da un minimo di 15 ad un massimo di 60 metri circa rispetto al suolo dove é ubicato il serbatoio stesso, ma che, in caso d’emergenza, può variare a piacere. Sarà la centrale di sollevamento, tramite i gruppi di pompe e le relative condotte d’adduzione di cui é dotata, uno per ciascun serbatoio idropneumatico e regolati dall’impianto di telecomando e telecontrollo, a fissare la pressione che di ora in ora ogni serbatoio deve mantenere essendo il loro funzionamento asservito alle pressioni reali della rete.
In alcuni casi i serbatoi inferiori risulteranno sempre alimentati dalla rete che li sovrasta la quale ricorre a detto artificio per regolare la sua pressione sempre esuberante rispetto al fabbisogno. Da quest’ultimi serbatoi, i quali, per quanto spiegato, possono anche essere privi di condotta adduttrice, pescheranno alcune pompe sussidiarie di sollevamento regolate in modo da far lavorare in maniera opportuna il serbatoio d’aspirazione stesso.
A questo punto é importante rilevare come sia la pressione della fascia stabilizzatrice a fissare l’andamento della superficie piezometrica, variando di conseguenza la portata in uscita o, al limite, anche in entrata nel serbatoio idropneumatico.
Allo scopo la rete sarà munita di strumenti per la misura e la trasmissione in tempo reale alla centrale di sollevamento di tutti i dati di funzionamento ed in particolare delle pressioni nei punti caratteristici della rete, le portate e pressioni in uscita o in entrata nei serbatoi idropneumatici e dalla centrale di sollevamento, i livelli dell’acqua all’interno di tutti i serbatoi. Per dare possibilità di adeguare la rete alle condizioni reali di funzionamento alcune delle condotte longitudinali in pendenza saranno di diametro superiore a quello di dimensionamento teorico e saranno munite di valvola servocomandata che sarà mantenuta normalmente chiusa o strozzata a seconda delle necessità reali.
La rete descritta sarà dimensionata in modo da soddisfare, sotto la supervisione dell’impianto centrale di telecontrollo e telecomando, le seguenti condizioni:
Durante i periodi di richiesta minima notturna, il serbatoio superiore dovrà immettere in rete la quasi totalità dell’acqua necessaria nel mentre il suo flusso percorrendo l’intera estesa delle condotte longitudinali che, come già precisato, sono di piccolo diametro, assumerà una superficie piezometrica parallela al suolo e ad un’altezza minima da esso data la bassa pressione in cui sono mantenuti i serbatoi. L’andamento di detta superficie piezometrica sarà garantito dalle tre fasce chiamate appunto stabilizzatrici le quali, mantenute appositamente a bassa pressione, interverranno fornendo o ricevendo acqua dalla rete a seconda che questa tenda ad assumere rispettivamente livelli inferiori o superiori di quelli desiderati. Il tutto sulla base delle pressioni reali misurate nei punti caratteristici dell’intera rete e trasmessi in tempo reale al centro.
Quando si arriva all’orario in cui cominciano ad aumentare i consumi dell’utenza, l’impianto deve riportare le pressioni in rete alle quote prefissate per tale orario e detto risultato viene ottenuto aumentando via via le pressioni ai vari serbatoi idropneumatici e curando che, di ora in ora, siano assicurate ai nodi di rete le quote prefissate indipendentemente dalla portata richiesta dall’utenza. Anche in questo caso l’andamento della superficie piezometrica sarà assicurato dalle fasce stabilizzatrici alla cui pressione si adegueranno le condotte collegate variando, di conseguenza, la portata che esse prelevano o immettono nei vari serbatoi.
Nell’ora di massimo consumo i serbatoi tenderanno a portarsi verso le pressioni più alte allo scopo di adeguare le pressioni rilevate in rete ai valori loro prefissati per tale orario e ciò indipendentemente dalla portata realmente richiesta nella giornata in esame.
In definitiva il funzionamento della rete é basato sul mantenimento di una superficie piezometrica sempre sufficientemente parallela al suolo, bassa nelle ore di minor consumo e che aumenta man mano fino ad assumere il suo valore più elevato nell’ora di punta per poi ridiscendere ai valori minimi durante la sera. Se le opere sono correttamente dimensionate, di notte la portata consumata dall’utenza proviene, in massima parte, dal serbatoio superiore ed accusa perdite di carico perfettamente congruenti con l’andamento altimetrico del suolo. Essendo questa una condizione puramente teorica difficilmente attuabile nella realtà, saranno le fasce stabilizzatrici ad intervenire con modeste correzioni nel mentre, qualora tali interventi risultassero eccessivi, sarebbe sempre possibile adeguare la rete operando sulle valvole di regolazione di cui sono, allo scopo, munite alcune delle condotte longitudinali.
Un elemento da tenere sotto controllo é il volume d’acqua che ogni serbatoio rifornisce giornalmente alla rete in quanto, trattandosi d’acqua soggetta a sollevamento meccanico, i costi energetici sono tanto più elevati quanto é maggiore la quota dei serbatoio di arrivo e di conseguenza la prevalenza manometrica delle pompe. Dovrà quindi essere favorita, tramite una attenta progettazione della rete ed un accurato esercizio degli impianti, l’utilizzazione dei serbatoi posti alle quote inferiori e ridotto al minimo l’intervento di quelli più elevati tenuto presente che quest’ultimi, in tutti i periodi di bassi consumi, immettono nella rete la quasi totalità dell’acqua necessaria ma che, trattandosi appunto di consumi ridotti, i relativi volumi d’acqua sono comunque modesti. Sarà soprattutto durante le ore di maggiore richiesta idrica che, compatibilmente con la pressione di rete tenuta costantemente sotto controllo, occorre far funzionare i serbatoi inferiori alla massima pressione e ridurre quella del serbatoio più alto, il tutto reso possibile dalla grande elasticità del sistema e dalla pronta risposta di ogni serbatoio, in fatto di portata emessa, alla variazione della sua pressione di funzionamento. Da rilevare come l’immissione dell’acqua della rete in uno dei serbatoi più bassi effettuata allo scopo di riportare la pressione di rete stessa ai valori prefissati, non comporta la dissipazione del carico idraulico posseduto in quel momento. Al contrario il volume in entrata mantiene la pressione e resta pronto a tornare in rete direttamente oppure tramite le pompe sussidiarie già citate essendo questa una delle caratteristiche precipue dei serbatoi idropneumatici. E’ evidente la profonda diversità con i normali serbatoi di accumulo per i quali ogni immissione d’acqua dalla rete significa portarla immediatamente a contatto con l’atmosfera e quindi perdere tutto il carico idraulico posseduto. Un’altra caratteristica favorevole del sistema é data dalla compensazione oraria di portata che viene in continuo operata dai serbatoi idropneumatici con conseguente eliminazione delle punte massime di prelievo. La portata da sollevare potrà quindi corrispondere, come valore massimo, alla portata media oraria evitando così di usare la condotta di adduzione con le maggiori perdite di carico che le punte di consumo provocherebbero.

 

4) LA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO

Il cuore di tutto il sistema idrico che viene qui proposto é dato, per le modalità del tutto particolari di esercizio, dalla centrale di sollevamento.
Essa comprenderà, oltre alle apparecchiature di riserva che dovranno assicurare come minimo un’alimentazione di base in caso di guasto delle apparecchiature principali, altrettanti gruppi di sollevamento ed adduzione quanti sono i serbatoi idropneumatici presenti in rete. Ogni gruppo sarà composto principalmente da una pompa a velocità variabile atta a sollevare con buoni rendimenti elettromeccanici l’intera gamma di portate richieste e da una condotta per l’adduzione di tali portate nel serbatoio di competenza. Le pompe a velocità variabile, come meglio spiegato nell’omonimo articolo visibile nel sito , sono delle normali pompe centrifughe che, essendo abbinate ad un dispositivo elettrico di regolazione della loro velocità di rotazione chiamato inverter, possono cambiare automaticamente ed in continuazione portata e pressione dell’acqua sollevata sulla base agli ordini ricevuti dall’impianto centralizzato di comando e controllo.
I serbatoi più bassi, essendo sempre riforniti dalla rete, in alcuni casi, sono privi d’adduzione propria e sono invece muniti di pompe sussidiarie del tutto analoghe alle altre, destinate però a svolgere lo stesso ruolo di regolazione del livello con modalità completamente diverse cioè non tramite immissione d’acqua ma tramite prelievo dal serbatoio idropneumatico di loro competenza. In pratica queste pompe, anch’esse con asservimento alle pressioni dei nodi, aspirano dai serbatoi inferiori ed immettono la portata in quelli superiori regolando di conseguenza la pressione dell’acqua nel serbatoio di presa.
Molto importante l’impianto di telecomando e telecontrollo che sovrintende al funzionamento di tutte le apparecchiature della centrale e di quelle della rete. Il programma di gestione dovrà consentire innanzi tutto che vengano memorizzati i dati di pressione dell’acqua in condotta che di ora in ora si desidera venga mantenuta nei punti caratteristici della rete, dati che si deve poter variare ed aggiornare in ogni momento sulla base dei risultati reali d’esercizio. L’impianto, ricevute in tempo reale le pressioni effettive di rete, provvederà a modificare la velocità di rotazione fino a riportarle al valore prefissato per ognuno dei punti tenuti sotto controllo. Tale risultato dovrà essere ottenuto facendo intervenire per primi i serbatoi più bassi, e solo quando essi si dimostrano insufficienti, via via quelli posti a quota più elevata. Se necessario l’impianto ordinerà la regolazione delle valvole poste su alcune condotte longitudinali allo scopo di ridurre l’intervento del serbatoio superiore soprattutto di notte

 

5) ESEMPIO DI RETE INTEGRATA

Le modalità di funzionamento della rete di distribuzione acquedottistica che si vuole qui proporre, sono rese meglio comprensibili con un esempio. Per semplicità viene esaminata una rete composta da una condotta singola posta a servizio di un territorio in pendenza. Il suo funzionamento idraulico é simile a quello di una rete magliata destinata a servire la stessa area per cui identiche risultano le conclusioni che se ne possono trarre. La condotta si svolge lungo la linea di massima pendenza del terreno ed é munita di tre serbatoi idropneumatici posti ad un dislivello di circa 50 metri l’uno dall’altro.

 

Fig. 2 = Profilo schematico rete di distribuzione in territori a pendenza uniforme

 

Nel profilo allegato di figura 2 sono riportati i prelievi e i dati di funzionamento per la portata media giornaliera, per quella massima dell’ora di punta ed infine per quella minima notturna. Si vede come, con la regolazione supposta nell’esempio, siano soddisfatte le due condizioni poste come base dell’intera idea progettuale e cioè una piezometrica sufficientemente parallela al terreno ed una pressione sul suolo regolata in funzione dei consumi e quindi rispettivamente alta, media e bassa per le portate massima, media e minima.
Questi i dati salienti di alimentazione dei tre serbatoi. In quello alto (S3) nelle 24 ore viene addotta, tramite propria condotta adduttrice in derivazione dalla centrale di sollevamento, una portata variabile da 28 l/sec a 64 l/sec con una pressione di pompaggio che va da un minimo di 169 m circa ad un massimo di 231. In quello medio (S2) una portata da 17 a 84 l/sec con una pressione da 113 a 189 m e quindi notevolmente inferiore di quella precedentemente indicata per S3. Nel serbatoio inferiore (S1) per la portata massima dell’utenza si ha un’adduzione di 31 l/sec. ad una pressione di 103 m. circa, per la portata media l’acqua in arrivo da monte (1 l/sec.) è quasi nulla a fronte di quella in uscita dal nodo(13 l/sec) per cui l’adduzione ammonta a 12 l/sec. circa mentre per i consumi minimi il serbatoio riceve dalla rete una portata di soli 9 l/sec. (13 – 4) ad una pressione di 61 m. atta a dissipare il carico in eccesso e riportarla quindi entro i valori prestabiliti. Sarà quindi munito di proprio impianto di risollevamento, non indicato nel profilo di fig. 2, che immette quest’ultima portata nel serbatoio medio (S2) con pompaggio asservito alla pressione di rete.
Si rileva come, generalmente, l’impiego delle pompe risulti congruo con una buona economia energetica di sollevamento in quanto i volumi d’acqua addotta sono equamente distribuiti tra i due serbatoi superiori con leggera prevalenza di quello più basso (S2), nel mentre é modesto il volume che, di notte, la rete immette nel serbatoio inferiore (S1) e che, pertanto, deve essere risollevato.
Sussiste un ulteriore fattore che gioca a favore del risparmio energetico dato dall’assenza di picchi di portata dell’acqua da sollevare e quindi delle maggiori perdite di carico, dovuto alla azione di compensazione oraria normalmente svolta dai serbatoi idropneumatici grazie alla quale la portata massima pompata é la Q media oraria.
Interessante rilevare l’importanza del ruolo svolto dal serbatoio S2 nella regolazione della pressione di funzionamento il quale, a tale scopo, varia continuamente la portata immessa in rete. Nell’ora di punta degli 84 l/sec in arrivo dalla centrale, 20 l/sec escono localmente dal nodo, 16 l/sec entrano in rete verso monte e 48 l/sec verso valle. Con consumi medi vi vengono addotti 62 l/sec dei quali 42 l/sec sono diretti verso valle e 7 l/sec verso monte, mentre la notte, con consumi minimi dell’utenza, riceve virtualmente da monte 12 l/sec per mandarne a valle 25: la portata realmente derivata dalla centrale é, quindi, di 17 l/sec dei quali 4 rappresentano il consumo del nodo.
Poichè le difficoltà maggiori di un circuito come quello dell’esempio sono quelle relative alle portate minori, si è spinta la ricerca fino al limite estremo non attuabile nella realtà cioè al caso, puramente ipotetico, di richiesta nulla dell’utenza riportando nel profilo di fig. 2 i relativi dati di funzionamento e l’andamento della linea piezometrica. Anche in tale ipotesi la piezometrica mantiene un buon parallelismo con i suolo. Ne risulta una portata di 18 l/sec contro i 9 l/sec reali con portate minime notturne, portata che, partendo dal serbatoio superiore, percorre la condotta per l’intera sua lunghezza con dissipazione di tutto il carico posseduto, viene immessa nel serbatoio inferiore per essere poi risollevata nuovamente in alto. Il ciclo si ripete per tutto il tempo in cui la portata prelevata dall’utenza è pari a zero.
Quella che appare evidente nell’esempio é la grande elasticità del sistema che consente molteplici varianti d’esercizio e pertanto, senza bisogno di costruire nuove opere, di adeguare il servizio idrico alle più disparate necessità contingenti come sarebbero pressioni di esercizio in tutto o in parte diverse da quelle indicate in profilo. Qualora lo si volesse, si potrebbe anche mantenere in rete una pressione di consegna dell’acqua costante giorno e notte.
E’ da rilevare inoltre come le scelte operate nell’esempio non siano affatto univoche ma che sussistano varianti atte ad adeguare veramente la rete alle caratteristiche del territorio. Basti pensare alla quota altimetrica di progetto dei serbatoi idropneumatici da cui possono derivare sostanziali differenze costitutive e di esercizio della rete. Nell’esempio i serbatoi sono stati posti ad un dislivello di circa 50 metri l’uno dall’altro. In sede di progettazione esecutiva sono invece da esaminare attentamente tutti gli elementi che influiscono sulle quote potendo scegliere anche un dislivello notevolmente maggiore (ad esempio 100 metri) da uno all’altro come pure uno inferiore come ad esempio 20 soli metri. Nel primo caso si otterrebbero una struttura acquedottistica più semplice e minori spese di costruzione ma un onere di esercizio più elevato dato dalla maggior prevalenza delle pompe e da una maggiore dissipazione di carico idraulico. Nell’altro caso si avrebbero risultati opposti dati dalla grande facilità e possibilità di regolazione che il modesto intervallo altimetrico allora esistente da un serbatoio all’altro e la grande escursione di pompaggio propria delle pompe a velocità variabile consentirebbero di attuare, il tutto a prezzo di un più elevato costo delle opere.
E’ interessante anche esaminare quale sarebbe il funzionamento di una rete di tipo tradizionale che sostituisse, nell’esempio, la rete integrata descritta. Trattandosi di rete unificata l’intera portata dovrebbe essere sollevata alla massima pressione, valutabile in circa 230 metri, non solo di giorno ma anche nei periodi notturni di scarso consumo idrico. Per tutta la durata di questi ultimi l’intera rete tenderebbe a lavorare in idrostatica cioè con una pressione di circa 180 metri e quindi assolutamente inadeguata per le zone basse. Inutile far rilevare come questa sia una condizione puramente teorica in quanto nella realtà sono le perdite occulte che, aumentando tassativamente e vertiginosamente, assicurano una pressione notturna inferiore.
Ciò spiega l’insorgere nella rete tradizionale di tipo unificato dei difetti già elencati e soprattutto le rilevanti perdite occulte che tali reti inevitabilmente accusano.


6) APPLICABILITA’ DEL SISTEMA

Si é visto come la rete integrata descritta nei capitoli precedenti sia atta alla distribuzione dell’acqua in territori ad elevata pendenza del suolo. Si vuole ora far rilevare come le sue doti di grande flessibilità costruttiva e di esercizio le consentano di ottenere lusinghieri risultati qualunque sia l’andamento del terreno da servire.
Esaminiamo il caso, tutt’altro che raro, di una città composta da un’ampia zona pianeggiante a bassa quota dalla quale emergono aree collinari abbastanza elevate. In tale situazione una rete di tipo tradizionale con una superficie piezometrica che segua le bizze del terreno é assolutamente impensabile tanto é vero che vi si rinuncia a priori e si ricorre frequentemente ad una rete unificata funzionante con la pressione necessaria per superare il culmine delle aree collinari nonostante vi trovino origine tutti gli inconvenienti elencati nell’apposito capitolo.
Anche ad una situazione così critica si può porre rimedio con una rete integrata che sia munita di serbatoi idropneumatici ubicati uno su ogni sommità collinare ed uno o più serbatoi dello stesso tipo posti a tutela dell’area pianeggiante.

 

Fig. 3 = Schema di rete di distribuzione in territorio collinare

 

Come risulta dalla planimetria schematica della figura N. 3 allegata, le condotte longitudinali di rete di piccolo diametro si dirameranno dal serbatoio di sommità a raggiera e seguendo le linee di massima pendenza di ogni collina mentre saranno previste in orizzontale le fasce di stabilizzazione della pressione nelle aree più basse composte, come già spiegato, da condotte di grande diametro per la chiusura delle varie maglie. Anche in questo caso troveranno conferma le ottime caratteristiche della rete integrata che consentiranno, pur in presenza di un territorio così difficile, di realizzare una vera e propria modellazione della superficie piezometrica perfettamente congruente con il suolo di cui segue la complessa configurazione plano-altimetrica.
Molto interessante risulta l’adozione della rete integrata nei grandi e grandissimi agglomerati urbani con notevoli dislivelli altimetrici ma lieve pendenza del suolo e quindi con grande estesa delle aree da servire. In tale evenienza, distribuendo i serbatoi idropneumatici e le annesse fasce di stabilizzazione uniformemente in tutta l’area e ad un dislivello molto limitato uno dall’altro, pari ad esempio a soli 20 metri, é possibile operare con continuità una regolazione fine della superficie piezometrica della rete con ottimi risultati di gestione.
Se, come ripetutamente dimostrato, la rete integrata risulta particolarmente adatta alla alimentazione idrica dei territori altimetricamente variegati, essa si dimostra valida, con una sola riserva, anche in caso di territori pianeggianti. La grande elasticità di esercizio che deriva dall’abbinamento tra serbatoi idropneumatici e pompe a velocità variabile utilizzati secondo le modalità quì riportate, unitamente ad una oculata ubicazione dei serbatoi stessi nel baricentro delle zone abitate dove sono concentrati i maggiori consumi idrici o comunque nelle zone dove si vuole tener sotto controllo la pressione di esercizio, ubicazione in questo caso resa possibile dalla planarità delle aree da servire, conferiscono alla rete integrata dei territori pianeggianti notevoli vantaggi che si aggiungono a quelli elencati per le aree collinari e che sono dati soprattutto dalle ancora più avanzate possibilità di regolazione del pompaggio che dette reti consentono. Resta da sciogliere la riserva rappresentata dalle perdite di carico accusate dalle condotte adduttrici che alimentano i serbatoi idropneumatici il cui ammontare può risultare eccessivo e far propendere, nelle aree pianeggianti di cui si discute, per soluzioni tradizionali basate sulla adduzione dell’acqua tramite la stessa rete magliata e quindi con eliminazione delle adduttrici stesse.
In definitiva si può affermare che la rete integrata che forma l’oggetto della presente nota si presta all’alimentazione idrica di qualsivoglia territorio essendo sufficiente un’attenta ubicazione dei serbatoi idropneumatici e delle fasce di stabilizzazione per ottenere ottimi risultati sia per quanto riguarda le spese energetiche di pompaggio in quanto é possibile graduare in continuità la prevalenza delle pompe, sia per il contenimento delle perdite occulte reso possibile dalla riduzione notturna della pressione di rete, sia per le minori spese di manutenzione della rete che può lavorare sempre a pressioni contenute ed infine nella corretta pressione di consegna dell’acqua all’utenza essendo sempre possibile graduarla in funzione dei risultati che si vuole ottenere. Le sue caratteristiche di esercizio la rendono particolarmente adatta a risolvere i gravi problemi che nascono quando il territorio da servire è altimetricamente variegato.

7) INTEGRAZIONE DELLE RETI ESISTENTI

Nei capitoli precedenti si è illustrata una metodologia innovativa per la costruzione “ex novo” di acquedotti in territori comunque disposti e particolarmente per quelli ad andamento altimetrico variegato.
Nella reale situazione del rifornimento idrico delle nazioni evolute, si rileva come sia molto raro dovervi costruire nuovi acquedotti mentre sussiste un sentito bisogno di sistemare un gran numero di quelli esistenti che, per le ragioni più disparate, accusano i gravi difetti di esercizio di cui si é ripetutamente discusso. Il caso più frequente é quello di servizi idrici, soprattutto se relativi a territori vasti e difficili da alimentare, che sono derivati da una serie d’interventi succedutisi disordinatamente attraverso gli anni per seguire l’evolversi della richiesta idrica. Alcune volte, é stata la scarsa disponibilità economica in fase di realizzazione a provocare le gravi anomalie di costituzione degli impianti.
In tutti questi casi l’adozione della metodologia quì propugnata consente di razionalizzarne le esistenti reti di distribuzione senza modificare la loro costituzione di base. Si tratterà semplicemente di aggiungere al loro interno i serbatoi idropneumatici con le relative fasce di stabilizzazione ubicati in posizione opportuna e di modificare il sistema di sollevamento ed adduzione dell’acqua tramite installazione di pompe a velocità variabile, annesse condotte adduttrici ed impianto di telecomando e telecontrollo, il tutto in ottemperanza alle indicazioni fornite ai capitoli precedenti.
Si fa notare come le fasce stabilizzatrici della pressione da inserire in rete e che dovrebbero svilupparsi, come precedentemente indicato, in orizzontale, possano anche seguire un andamento altimetrico qualsiasi purché ognuna di esse ritorni in quota in corrispondenza di tutte le sue intersezioni e collegamenti con le condotte longitudinali, essendo la condizione sufficiente perché esse conservino la loro funzionalità di base. Questa possibilità facilita la esecuzione delle fasce stabilizzatrici tutte le volte che, sopratutto nelle aree già servite d’acquedotto come quelle di cui si parla, la situazione dei luoghi imponga tracciati che divergono rispetto alle curve di livello prestabilite salvo poi risalire o discendere in vicinanza e parallelamente alle condotte esistenti fino a realizzarne il collegamento esattamente in quota.
Qualora le condotte longitudinali di rete esistente che corrono lungo le linee di massima pendenza del suolo risultassero sovrabbondanti, dovrebbero esservi inserite delle valvole tarabili di riduzione per arrivare, nei casi estremi, alla loro chiusura totale.
Dall’insieme di opere descritte si otterranno risultati notevoli prima tra tutti la completa modellazione della superficie piezometrica di funzionamento che ovvierà al difetto principale e cioè alla inadeguata pressione di consegna dell’acqua.
In definitiva gli interventi di sistemazione di acquedotti esistenti che gli aumentati costi di gestione e le difficoltà di reperimento d’acqua rendono sempre più pressanti e diffusi, costituiscono un vasto settore di applicazione delle metodologie quì propugnate.
Da rilevare come l’inserimento delle nuove opere in un abitato sia facilitato dal fatto che esse non contemplano manufatti fuori terra ma solo condotte di adduzione e serbatoi idropneumatici la cui ubicazione ideale è nel sottosuolo e quindi senza problemi di impatto ambientale. Ben diversa e, ad avviso di chi scrive tecnicamente errata, la soluzione molto spesso adottata per ottenere gli stessi risultati mediante edificazione di serbatoi pensili. La loro presenza nelle città, oltre all’ingombro di opere alte una trentina di metri, comporta, dal punto di vista idraulico, risultati di esercizio completamente diversi da quelli auspicabili e cioè una piezometrica fissa per qualsivoglia richiesta idrica dell’utenza il che significa contravvenire ad un regola fondamentale di corretto esercizio. Essa provoca inoltre, per i consumi minimi, lo sfioro di rilevanti volumi della sempre più preziosa acqua resi necessari per riportare la piezometrica al valore prefissato.

8) CONCLUSIONI

Le difficoltà ed i poco confortanti risultati di esercizio, primo tra tutti la persistenza di perdite occulte elevatissime, fanno annoverare gli acquedotti a servizio delle aree montane, collinari o comunque ad andamento altimetrico molto vario, tra i più difficili da realizzare e gestire.
Nell’articolo, dopo un’accurata disamina dei difetti presenti nei sistemi acquedottistici in tali casi comunemente adottati, si descrive una rete di distribuzione di nuova concezione, basata essenzialmente sull’abbinamento tra pompe a velocità variabile e serbatoi idropneumatici ed opportunamente definita “integrata” in quanto si adatta perfettamente al territorio servito. Nell’articolo si dimostra come essa sia atta ad effettuare una corretta ed economica alimentazione idrica di territori aventi una qualsivoglia configurazione altimetrica ma particolarmente di quelli caratterizzati, appunto, da notevoli dislivelli del suolo. Sono illustrate, con l’ausilio di schemi e profili piezometrici, le caratteristiche costruttive e di esercizio delle opere mettendo in risalto i vantaggi ottenibili e resi ancora più evidenti dal raffronto tra rete integrata e reti tradizionali.
Viene messo in evidenza come la nuova metodologia possa trovare un utilissimo impiego anche nella razionalizzazione di reti di distribuzione esistenti e funzionanti, soprattutto in aree altimetricamente variegate, in modo anomalo.
La dimostrazione, presente alla fine dell’articolo, che le opere proposte sono atte a svolgere un ruolo fondamentale anche per l’alimentazione di territori pianeggianti, non può che far crescere l’interesse per gli innovativi schemi idrici proposti anche se meramente immaginari e quì indicati al solo scopo di promuovere la ricerca di soluzioni valide di problemi così importanti e a tutt’oggi mai risolti come sono quelli evidenziati.

Bibliografia

– M. Meneghin – Il serbatoio idropneumatico – L’ACQUA n. 2/2003

– M. Meneghin – L’utilizzazione delle elettropompe a velocità variabile negli acquedotti – L’ACQUA n. 6/2004

– M.Meneghin – Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico – L’ACQUA n. 4/1999

– M. Burin – Le réservoir hydropneumatique de Chantilly – Tecnique e Sciences Municipales – Mars 1969

– J.Cheron – Resérvoir pression de grande capacité – T.S.M. L’Eau octobre 1988

 

aggiornato novembre 2005

IL CALCOLO DELLE RETI

EPANET = PROGRAMMA GRATUITO DI CALCOLO DELLE RETI MAGLIATE DEGLI ACQUEDOTTI

1) GENERALITA’

Schema idraulico di calcolo di una frete magliata
Schema idraulico di calcolo di una frete magliata

Per l’esecuzione del calcolo di verifica delle reti magliate considerate in moto permanente, sono disponibili numerosi buoni programmi. Tra tutti si segnala l’americano “Epanet” in quanto alle rimarchevoli doti di completezza di analisi, di calcolo e di presentazione dei risultati aggiunge la piena e gratuita disponibilità su internet (http://www.onenature.com/download1.html) .Le modalità di simulazione del funzionamento di reti anche complesse e per lunghi periodi di esercizio sono spiegate nelle istruzioni annesse al programma dove sono riportati anche degli esempi risolti e un tutorial con il quale si può seguire passo passo una serie completa di calcoli e quindi capirne l’uso. In questa sede ci si limita a riportare letteralmente la parte introduttiva di dette istruzioni che ne riassume le caratteristiche principali.
Da rilevare come sia possibile effettuare la simulazione completa del funzionamento relativo a periodi sufficientemente estesi di reti acquedottistiche anche complesse potendo introdurre nei calcoli le variazioni della portata erogata ai nodi di tempo in tempo e zona per zona ed anche le variazioni di tutti gli altri elementi di input. Si ottengono le serie complete dei dati di funzionamento delle strutture che compongono la rete ivi compresi la variazione di livello dei serbatoi e di consumo energetico per i pompaggi con i relativi costi nonché tutti gli elementi inerenti la immissione e diffusione in rete di disinfettanti come il cloro.
I traguardi raggiunti nella simulazione teorica del funzionamento idraulico delle reti e il fatto che essa sia a portata di qualsivoglia utilizzatore sono così ragguardevoli da auspicare che il suo impiego, di solito limitato alla sola fase di progettazione degli acquedotti, venga esteso anche alla verifica teorica dell’esercizio effettivo. Come noto la simulazione di una rete effettivamente funzionante seguita dal confronto dei dati di calcolo teorico con quelli reali consente di :
1) verificare il corretto funzionamento idraulico della rete con indicazione della natura e dell’ubicazione delle eventuali anomalie nonché della eventuale presenza di perdite occulte di una certa entità,
2) prevedere in anticipo quali possono essere le conseguenze di eventi straordinari come il funzionamento di idranti antincendio, le forniture particolari d’acqua, l’incremento o la diminuzione dei consumi, il fuori servizio di alcune strutture necessario per l’esecuzione di lavori o dovuto a guasti, l’effetto di una prevista estensione della rete ecc.,
3) verificare la funzionalità delle opere in progetto,
4) tenere sotto controllo le operazioni di disinfezione ed il cloro residuo in rete .
Per quanto riguarda i dati di input necessari per i calcoli sono da distinguere, in base alle difficoltà che presentano, tre categorie principali.
La prima riguarda tracciati, diametri e materiali costituenti le condotte di rete, ubicazione e caratteristiche di tutte le apparecchiature e impianti e in genere la costituzione della rete. Si tratta di elementi ben noti a chi gestisce l’acquedotto per cui non c’è nulla da spiegare.
La seconda categoria comprende i dati di funzionamento reale come portate e pressioni in uscita dalle centrali, pressioni in rete ecc. Si tratta di elementi facilmente determinabili a condizione che siano presenti apparecchi di misura in numero sufficiente e di buona qualità. E’ questo un elemento importantissimo per la corretta gestione di ogni acquedotto per cui non si finirà mai di raccomandarne un impiego molto diffuso ed accurato. Oltre alle apparecchiature principali di misura di cui devono essere dotati gli impianti di produzione ed immissione in rete, è importante si installino anche nei punti principali della rete misuratori automatici di pressione e portata nonché di cloro residuo.
Infine la terza categoria comprende gli elementi di difficile determinazione e cioè la portata erogata ai nodi della rete ora per ora e la scabrezza reale delle tubazioni. E’ facilmente intuibile come sia perfettamente inutile poter usare sofisticati programmi e perfezionate formule di calcolo delle perdite di carico, quando permangono le ben note imprecisioni nella determinazione di questi due dati essenziali.
Per il calcolo del primo elemento cioè delle portate realmente erogate ai nodi della rete, nelle quali si usa comprendere anche le perdite occulte, sono state sperimentate numerose metodologie. Alcune sono basate sulla calibrazione delle portate cioè sulla esecuzione di molteplici calcoli della rete condotti correggendo per tentativi successivi le portate inizialmente determinate con metodi sbrigativi, fino a renderle atte a soddisfare le condizioni calcolate in uno o più momenti di esercizio reale della rete. Ad avviso di chi scrive non è questa la metodologia da usare in quanto tende a sostituirsi a quella vera basata sui dati reali di consumo ed inoltre perchè è inficiata in partenza da fattori determinanti quali la scabrezza effettiva delle tubazioni, assolutamente incognita e le eventuali anomalie degli impianti che, tra l’altro, costituiscono non un dato di base ma uno dei difetti da scoprire ed eliminare grazie alla simulazione. Alcune regole che si consiglia di adottare in alternativa sono riportate negli articoli “FABBISOGNO, CONSUMI, PORTATE E PERDITE NELLA PRATICA DI ESERCIZIO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO”, “INCONGRUENZE E MANCHEVOLEZZE DELLA LETTERATURA TECNICA IN TEMA DI ACQUEDOTTI” .
Si tratta essenzialmente di organizzare la metodologia di lettura, contabilizzazione ed infine l’elaborazione dei dati di consumo rilevati ai contatori degli utenti in modo da renderli atti allo scopo qui indicato. Da rilevare che la soluzione vera del problema si otterrà allorchè si provvederà alla sostituzione dei contatori di utenza con  apparecchiature multifunzione  come viene spiegato lell’articolo contatori multifunzione   ma visto e considerato che di tale importante intervento non sono non è prevista la prossima esecuzipone ma addirittura la si giudica inattuabile  per kil suo elevato costo, llora non resta che l’utilizzazione degli strumenti oggi esistenti. A questo punto della trattazione è necessario aggiungere un evento importante che provocherà una vera rivoluzione nei sistemi di verifica delle reti acquedottistiche e che consiste nell’imminente sostituzione dei contatori d’utenza soprattutto nel caso che, come consigliato dalla moderna tecnica, i nuovi contatori consistessero in apparecchi multifunzione e come tali atti a trasmettere in automatico portate e pressioni dell’acqua consegnata agli utenti ( per maggiori dettagli cliccare qui )

Per quanto riguarda il secondo fattore di incertezza e cioè la s cabrezza reale delle tubazioni di rete il metodo consigliabile è quello prima citato della calibrazione cioè della esecuzione di diverse simulazioni di funzionamento reale e ben noto della rete utilizzando diverse serie di scabrezze al fine di individuare quella che fornisce i dati più vicini a quelli reali.

Esempio di rappresentazione grafica dei risutati di verifica della rete acquedottistica di Venezia eseguito negli anni 70

2) DESCRIZIONE DEL PROGRAMMA

Epanet è un programma Windows 95/98 NT che esegue la simulazione di un lungo periodo di comportamento idraulico e di qualità dell’acqua entro una rete di condotte in pressione.
Una rete può consistere in tronchi di condotte, nodi (giunti di collegamento ), pompe, valvole, vasche di raccolta o serbatoi.
Epanet determina la portata d’acqua in ciascun tronco di condotta, la pressione in ciascun nodo, l’altezza dell’acqua nei serbatoi, e la concentrazione delle componenti chimiche dell’intera rete nel periodo di simulazione comprensivo di molteplici intervalli di tempo.
Oltre alle caratteristiche chimiche, possono essere simulati il tracciato dall’inizio e l’età dell’acqua.
La versione Windows di Epanet fornisce un ambiente integrato per l’edizione dei dati di input della rete, della simulazione del funzionamento idraulico e della qualità dell’acqua con presentazione dei risultati in vari formati.
Sono incluse mappe con colori codificati, tabelle dati, serie di grafici temporali, disegno di profili.
Epanet è stato sviluppato da Water Supply and Water Resources Division (formerly the Drinking Water Research Division) of the U.S.
Environmental Protection Agency’s National Risk Management Research Laboratory.
E’ un programma “public domain software” che può essere liberamente copiato e distribuito.

Capacità

Epanet fornisce un pacchetto completo per analisi idraulica di periodi estesi con cui si può:
– trattare sistemi di qualsiasi dimensione,
– calcolare le perdite di carico usando le formule di Hazen-Williams, Darcy-Weisbach, o Chezy-Manning,
– considerare le piccole perdite di carico dovute alle curve, strozzature ecc.,
– considerare pompe a giri fissi o a velocità variabile,
– calcolare l’energia consumata dalle pompe ed i costi,
– considerare vari tipi di valvole incluse quelle di ritegno, chiusura, regolazione della pressione e controllo della portata,
– permette di calcolare lo stoccaggio nei serbatoi aventi sezioni variegate (per esempio diametro variabile in funzione dell’altezza)
– considerare molteplici categorie di richiesta idrica ai nodi ciascuna con proprie modallità di variazione nel tempo,
– modello delle pressioni dovute alla portata degli idranti (impianti antincendio),
– viene assunto come base del sistema di calcolo il semplice livello dei serbatoi oppure tenendo conto del controllo dei tempi come pure di complessi schemi di base.
In più l’analizzatore di qualità dell’acqua Epanet può:
– modellare il movimento di sostanze non reattive,
– definire il tracciato delle sostanze attraverso la rete al passare del tempo,
– modellare il movimento e la destinazione di un composto reattivo man mano che esso aumenta (esempio disinfezione tramite prodotti ) oppure diminuisce nel tempo (esempio il cloro residuo),
– modellare l’età dell’acqua in tutta la rete,
– tracciare la percentuale di portata di un dato nodo rispetto a quella di tutti gli altri nodi per il periodo di tempo considerato,
– modello di reazione sia dell’intera portata sia di una zona circoscritta di tronchi di condotta,
– prevedere l’aumento o la diminuzione delle reazioni fino a raggiungere il limite di concentrazione,
– utilizzare il tasso globale del coefficiente di reazione che può essere modificato tronco per tronco di condotta,
– consentire la concentrazione o la immissione totale al variare del tempo in ogni punto della rete,
– modellare lo stoccaggio nei serbatoi in caso di completa miscelazione, arresto della portata o a due compartimenti di reazione
– l’interfaccia windows di utilizzazione di Epanet fornisce un editore di visualizzazione della rete che semplifica il processo di costruzione del modello di rete e di edizione delle sue proprietà.
– I rapporti dei vari dati e la visualizzazione degli strumenti sono usati in modo da assistere nell’interpretazione dei risultati o nell’analisi della rete.
– sono possibili delle vedute grafiche (disegno delle serie di tempi, disegno dei profili, disegno dele zone ecc.), presentazioni tabellari e speciali rapporti (energia impiegata, reazione e calibrazione dei rapporti).
Il programma e tutti gli allegati sono in lingua inglese. Chi scrive ha avuto notizia di una verisone del programma totalmente tradotto in italiano e sarebbe grato ai lettori che dessero qualche indicazione sulle modalità da seguire per poter entrarne in possesso e per poterlo utilizzare

3) CONCLUSIONI

Si sono descritte, anche utilizzando parte delle istruzioni annesse al programma, le caratteristiche principali del programma Epanet, facendone rilevare alcuni aspetti positivi che lo rendono atto a molteplici applicazioni ivi compresa la verifica del funzionamento di reti esistenti di cui, nell’articolo, viene attribuita una basilare importanza.
Si sono anche citati i titoli di alcuni articoli visibili su questo stesso sito dai quali possono essere tratti ulteriori elementi utili per il corretto impiego del programma.

aggiornato ottobre 2005

DISPOSITIVO ANTIABUSO

DISPOSITIVO CONTRO IL PRELIEVO ABUSIVO D’ACQUA IN ACQUEDOTTI A PRESSIONE INSUFFICIENTE PER LA NORMALE ALIMENTAZIONE DELL’UTENZA

1. PREMESSA

altratecnica-fig-6-antiabuso
Il dispositivo anti abuso

Nelle regioni affette da una sistematica crisi idrica nelle quali si usa adottare la modalità  di esercizio  chiamata alimentazione turnaria ed  assolutamente vietata ,e causa di insufficiente alimentazione idropotabile di gran parte della cittadinanza, viene spesso installata nell’impianto idrico privato una pompa che, aspirando direttamente dalla condotta del pubblico acquedotto, consente un rifornimento idrico anche in condizioni di scarsa pressione della rete. Si tratta di u perché, a seguito della depressione che viene a crearsi nelle tubazioni, favorisce l’immissione all’interno delle condotte stradali stesse di materie inquinanti spesso presenti nel sottosuolo. Alle gravi conseguenze che possono così derivare per la salute dei cittadini deve aggiungersi una inaccettabile sperequazione tra gli utenti normalmente allacciati e quelli abusivamente muniti di pompa. Chi intende disporre di apparecchiatura privata di sollevamento deve farlo previa interruzione idraulica tra impianto interno e rete acquedottistica pubblica che la vigente legge testualmente prescrive come segue: “a monte dell’impianto di autoclave deve essere installato un serbatoio di preaccumulo chiuso, che impedisca l’aspirazione diretta dalla rete pubblica.”
Le condizioni di grande disagio in cui versano molti acquedotti fanno si che impianti abusivi di risollevamento come quelli indicati vengano, di fatto, tollerati pur essendo l’Ente gestore ben conscio del pericolo che rappresentano.
Esiste però un dispositivo brevettato che è in grado di regolare i prelievi intervenendovi con diverse modalità a seconda della situazione locale.
Ne vengono qui descritte le caratteristiche per l’interesse che esso può suscitare negli addetti ai lavori e sopratutto per auspicarne l’applicazione diffusa visto che si tratta di un accessorio che unisce ad un costo modesto un sicuro risultato.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

Il problema da risolvere consiste nel regolare il rifornimento idrico di un utente ogni qual volta esso tende ad aspirare meccanicamente dalla condotta pubblica. Se si esaminano attentamente le valvole di riduzione della pressione che esistono in commercio si può constatare come quelle munite di servocomando idraulico siano atte, previo rispetto di appropriate regole di installazione, ad intervenire in tutte le condizioni di funzionamento, nessuna esclusa. Esiste, ad esempio, un tipo di valvola che sarebbe in grado di chiudere la condotta stradale quando essa và in depressione ma non è questo il risultato da raggiungere. Occorre invece che detta chiusura sia relativa ad ogni singolo allacciamento privato e che sia operata nel suo punto terminale cioè in corrispondenza del contatore al fine di garantire che nessun utente possa effettuare i prelievi abusivi di cui si è detto. Ciò non può avvenire tramite le citate valvole in quanto non esistono per diametri piccoli come quelli dei normali allacciamenti d’utenza ed in quanto sono molto costose.
Invece l’apparecchiatura che viene qui descritta si presta ottimamente allo scopo poiché abbina un costo di acquisto molto contenuto con la possibilità di regolare, in presenza di basse pressioni di rete, il prelievo del singolo utente nel mentre, quando la rete funziona normalmente, essa rimane completamente aperta e non provoca che modeste perdite di carico.

 

3. PARTICOLARI COSTRUTTIVI

Fig. 1 = sezione longitudinale della valvola

La valvola è costituita (vedi Figura 1) da un piccolo tronco di tubo, dello stesso diametro di quello dell’allacciamento di utenza da porre sotto controllo, con le estremità filettate per consentirne il montaggio e chiuso in mezzeria da un diaframma circolare interno. A monte ed a valle di quest’ultimo si trovano dei fori che consentono all’acqua di uscire all’esterno del piccolo tubo e di rientrarvi subito dopo per by-passarlo percorrendo una intercapedine formata da un manicotto concentrico, di maggior diametro ed avente le estremità ancorate al tubo stesso tramite apposite fascette. Il manicotto esterno costituisce l’organo sensibile di regolazione della valvola in quanto, in normale funzionamento cioè quando l’acquedotto è in pressione, il materiale flessibile di cui è costituito tende a farlo aumentare di diametro e quindi consente il transito dall’acqua con perdite di carico estremamente contenute. Quando invece l’utente aspira dalla rete, si produce una depressione che tende a far aderire il tubo esterno flessibile a quello interno fino a ridurre la sezione libera dei fori di passaggio dell’acqua causando delle perdite di carico più o meno rilevanti in funzione delle condizioni di funzionamento, per arrivare alla chiusura totale del flusso quando la rete è di per sé in depressione.
L’interesse per il dispositivo è dimostrato dal fatto che esso è stato fatto oggetto di specifiche tesi di laurea in ingegneria e sottoposto, allo scopo, a molteplici prove di funzionamento.
In questa sede, per documentarne la funzionalità, vengono ripresi e commentati alcuni di tali risultati aggiungendo alle conclusioni cui sono pervenuti gli autori alcune considerazioni derivate da chi scrive e che si ritiene siano utili per l’applicazione pratica del dispositivo.

Fig. 2 = grafico ricavato dalla tesi di laurea

 

In figura 2 è riprodotto fedelmente un diagramma che rappresenta una serie di rilievi della tesi ” Indagine sperimentale su un dispositivo per il controllo dei prelievi tramite sollevamento diretto dalla rete acquedottistica” del laureando Gianluca Storaci Relatore Chiar.mo prof. Ing. Carlo Modica e correlatore Dott. Ing. Alberto Campisano dell’Università di Catania Facoltà di Ingegneria.

Fig. 3 = grafico delle perdite di carico della valvola

 

Nella figura 3, che ripete lo stesso grafico con alcune aggiunte, si è evidenziato come la curva A B C non sia altro che la rappresentazione grafica delle pressioni che durante le prove si riscontravano a monte del dispositivo. Poiché in corso di misura si erano rilevati e quindi riportati in diagramma le perdite di carico provocate dall’intervento della valvola al variare della pressione preesistente a monte del dispositivo, è bastato congiungere tra di loro i punti di massima perdita di carico indotta nei vari casi, per ottenere la curva E F G che rappresenta la massima depressione operata dalla valvola stessa per qualsivoglia valore della pressione di monte nell’intervallo esaminato che va da 1 a 13 metri di colonna d’acqua. La prima considerazione da fare riguarda l’ammontare di detta depressione che, a meno delle approssimazioni che sono proprie di tutte le prove pratiche, è pari a 9 metri. In altri termini l’intervento della valvola provoca, in tutte le varie fasi esaminate, una perdita di carico massima di valore costante e corrispondente all’incirca alla pressione atmosferica. Si deve subito dire che il risultato non poteva essere che questo visto e considerato che la forza che spinge la valvola a chiudersi è esclusivamente quella dovuta alla pressione atmosferica che si esercita sulla guaina flessibile quando la pompa dell’utente tende a provocare, aspirando da valle, una depressione!
Un secondo elemento interessante che si può rilevare dal grafico è relativo ai punti di inizio dell’intervento della valvola, cioè ai punti in cui le linee rappresentative della perdita di carico della valvola stessa in fase di chiusura, si staccano dalla curva A B C per andare a raggiungere la curva E F G . Si può notare come tali punti, che qui vengono chiamati punti critici, siano funzione della pressione di monte.
Ad esempio con pressione di rete pari a 3 metri per ottenere l’inizio di chiusura della valvola, bisogna prelevare almeno una portata di 0.4 l/sec, con la pressione di 13 metri la portata aumenta passando a 0.8 l/sec.

fihg. 4 = grafico dei punti critici della valvola

 

Se la pressione cresce ulteriormente, il punto critico si colloca in corrispondenza di portate via via maggiori. L’andamento dei punti critici e quindi la portata prelevabile senza provocare alcun intervento della valvola è, al variare della pressione di monte, quello risultante dal grafico di figura 5 nel quale si sono estrapolati i valori misurati fino a pressioni di monte pari ad una trentina di metri.
Se ne deduce che per annullare l’efficacia della valvola basta, al variare della pressione di monte, contenere sempre la portata prelevata al di sotto dei vari punti critici.
In un acquedotto dotato delle valvole e che mantiene delle pressioni normali cioè dell’ordine di 25 o 30 metri, la portata prelevabile dall’utente può superare anche 1 l/sec e quindi essere di tutto rispetto senza che la valvola provochi alcun inconveniente restando invece alla sua massima apertura e quindi con perdite di carico molto contenute. Si capisce come sia questa una prerogativa molto importante di un dispositivo come quello in oggetto che deve intervenire solo quando il prelievo dell’utente diventa anomalo.
Quanto finora citato, grafici di funzionamento, considerazioni e conclusioni, si riferisce però al funzionamento con pressioni di rete acquedottistica superiori allo zero.
La cosa cambia completamente quando l’acquedotto a monte della valvola ha di per se una pressione negativa. Allora, alla perdita di carico provocata dalla valvola che, come detto arriva al massimo a 8-9 metri, si aggiunge la depressione propria dell’acquedotto il che significa ottenere valori superiori alla pressione atmosferica e quindi rendere impossibile l’aspirazione della pompa dell’utente (in realtà l’aspirazione di una pompa “NPS” arriva al massimo a 8 metri). Come dire che, in un acquedotto funzionante in depressione o con pressioni di esercizio molto basse dal quale tramite pompa sarebbe possibile prelevare portate d’acqua relativamente consistenti, la presenza della valvola Meli inibisce il prelievo anche minimale ed anche in presenta di pompa aspirante fatta funzionare dall’utente.
E’ importante rilevare come, in caso di allacciamenti privati costituiti da derivazioni di piccolo diametro e di grande estesa, l’avviamento della pompa di valle, la maggior portata e le relative perdite di carico che ne derivano, conducano ad avere, in corrispondenza del contatore, una pressione negativa anche in presenza di modeste pressioni positive dell’acquedotto facendo rientrare anche questi casi tra quelli indicati che producono la chiusura totale della valvola.
In definitiva in un allacciamento privato che è munito della valvola Meli si distinguono tre regimi che ne caratterizzano la funzione come appresso indicato:
1) Regime con acquedotto funzionante a pressione normale cioè pari a 20-30 metri di colonna d’acqua. Per il rifornimento dell’utente non è necessario l’impiego della pompa privata. La valvola rimane completamente aperta ed assicura una normale alimentazione qualsiasi siano le modalità di prelievo.
2) Regime con acquedotto funzionante a bassa pressione ad esempio da 2 a 13 metri di colonna d’acqua. L’utente, in questo caso, per ottenere una normale alimentazione della sua rete interna deve necessariamente essere munito di propria pompa. Quando questa aspira direttamente dalla rete la valvola interviene in triplice modo. Se la portata prelevata dalla pompa è comunque inferiore a quella dei punti critici la valvola stessa rimane aperta ed inattiva, se il limite è superato essa comincia la sua funzione mitigando il prelievo tramite una perdita di carico supplementare pari a 9 metri. Infine, terzo modo, essa resta pronta a chiudersi nel caso la pressione di monte, come sarà indicato al seguente punto 3), dovesse scendere al di sotto dello zero.
3) Regime con tubazione di rete in depressione. La valvola chiude totalmente il flusso dell’utente che tenta, tramite la sua pompa, di prelevare in aspirazione. La valvola esplica quindi in pieno la sua funzione che è quella di impedire che ogni utente contribuisca al funzionamento in depressione dell’acquedotto.
Importante rilevare come, a seguito di una precisa richiesta dello scrivente, il titolare del brevetto abbia effettuato delle prove tramite un circuito idraulico sperimentale dalle quali è derivata una ulteriore conferma che la valvola, nei tre casi citati, si comporta esattamente come sopra indicato.
E’ così dimostrato come l’inserimento di una apparecchiatura costruttivamente molto semplice e quindi di costo limitato, possa esplicare del tutto automaticamente e senza bisogno di servocomandi o di apparecchiature complicate, una efficace azione di controllo e correzione di prelievi anomali dalle condotte di una rete acquedottistica.
Per gli acquedotti che soffrono di frequenti crisi nella produzione dell’acqua si ottiene una equa distribuzione della poca acqua disponibile tra tutti gli utenti siano essi con o senza pompa di aspirazione ottemperando ad un principio del vivere civile tanto più basilare in quanto riguarda un bene di vitale importanza come è l’acqua potabile. Invece un normale assetto acquedottistico e cioè totalmente privo delle valvole Meli crea, in regime di bassa pressione di esercizio, evidenti sperequazioni agevolando uno solo o i pochi privati che aspirano con la propria pompa dalla condotta del pubblico acquedotto e tutto ciò a scapito della restante utenza che, essendo priva di pompa, non può ricevere dalla rete la benché minima fornitura d’acqua. Nel secondo dei due casi esaminati non solo viene disatteso il principio basilare di cui si è detto ma viene addirittura premiato colui che agisce in contrasto con la legge la quale vieta nella maniera più assoluta l’aspirazione diretta dalle condotte di rete.
Da rilevare ancora come attualmente la valvola, di cui è recentemente iniziata la produzione in serie, stia per essere installata in Sicilia allo scopo di testarne la effettiva efficacia, in un quartiere campione le cui caratteristiche di funzionamento rientrano tra quelle da porre sotto controllo. Non appena saranno noti i risultati, chi scrive non mancherà di pubblicarli.
Da segnalare anche che il nuovo dispositivo Meli è stato presentato nel convegno : “Acqua e città. I Convegno Nazionale di Idraulica Urbana”, Sant’Agnello (NA), 28-30 settembre 2005.

 

4. ESEMPIO DI FUNZIONAMENTO DI ALLACCIAMENTO MUNITO DI POMPA E DI VALVOLA MELI

altratecnica-fig-4-antiabusoNella figura 4 è rappresentato il funzionamento di un allacciamento munito di valvola e di pompa con aspirazione diretta dalla condotta acquedottistica funzionante a pressione troppo bassa per una normale alimentazione dell’utente. Il grafico non contempla, ovviamente, la possibilità di acquedotto in depressione in quanto, in tal caso, la valvola si chiude totalmente e la portata dell’allacciamento è pari a zero.
Si tratta dello stesso grafico della figura 1 nel quale si è riportata in sovrapposizione la curva H I L che rappresenta la curva caratteristica della pompa dell’utente i cui elementi di base sono i seguenti:
Prevalenza 30 m portata 0.2 l/sec
Prevalenza 25 m portata 0.5 l/sec
Prevalenza 19 m portata 0.8 l/sec

Il funzionamento a valvola strozzata M N O è stato ottenuto ricavandone gli elementi dal grafico come segue.
Per ognuno dei punti da n. 1 a n. 6: pressione a monte più prevalenza pompa e meno perdita di carico della valvola considerata alla massima strozzatura.
Si ottengono i seguenti risultati.
Punto 1: portata =0.27; press.monte=+1; prev.pompa=+28; perd.car.valvola=-8; risultato=+21
Punto 2: portata =0.50; press.monte=+3; prev.pompa=+27; perd.car.valvola=-13; risultato=+17
Punto 3: portata =0.60; press.monte=+5; prev.pompa=+22; perd.car.valvola=-15; risultato=+12
Punto 4: portata =0.71; press.monte=+7; prev.pompa=+18; perd.car.valvola=-17; risultato=+8
Punto 5: portata =0.81; press.monte=+10; prev.pompa=+15; perd.car.valvola=-20; risultato=+5
Punto 6: portata =0.93; press.monte=+13; prev.pompa=+8; perd.car.valvola=-24; risultato=-3

Come si può vedere la curva di funzionamento M N O è parallela a quella H I L caratteristica della pompa dalla quale differisce per circa 9 m di prevalenza. Ciò conferma che la valvola non chiude totalmente ma, come già indicato, quando è alla massima strozzatura diminuisce la pressione di 9 m. L’utente viene penalizzato in quanto può prelevare dalla rete solo portate inferiori a 0.70 l/sec per avere una pressione di mandata come minimo superiore ai 10 m necessari per la rete privata interna. Per portate più elevate la pressione scende a valori insufficienti e diventa negativa per la portata massima pari a 0.9 l/sec.

 

5. CONCLUSIONI

Si è dimostrato, anche utilizzando gli elementi di una tesi di laurea, come un dispositivo brevettato chiamato valvola Meli dal nome del suo inventore, si presti ottimamente alla regolazione di prelievi d’acqua potabile effettuati con uso di una pompa che aspira direttamente dalla rete del pubblico acquedotto. In particolare si è messo in evidenza come la funzionalità del dispositivo si adatti automaticamente alle modalità di funzionamento della rete penalizzandone il prelievo quando la pressione di rete è bassa ma inibendolo totalmente quando la rete tende ad andare in depressione. Il dispositivo dovrebbe pertanto far parte obbligatoriamente degli allacciamenti privati di utenza in quegli acquedotti dove sussiste il pericolo che venga operato, abusivamente, l’aspirazione diretta di acqua dalle condotte pubbliche.

RETE DI DISTRIBUZIONE CON PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

 

Viene qui ripresa in esame la rete di distribuzione nell’articolo “LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI DI NOTEVOLE DISLIVELLO TOPOGRAFICO CON SERBATOI DI COMPENSAZIONE GIORNALIERA DIFFUSI” la quale, essendo alimentata da una fonte sita a quota elevata, può funzionare interamente a gravità e si presta a interessanti considerazioni sulla possibilità produrre energia elettrica.

altratecnica-retemontanae

Fig 1 = Schema idraulico della soluzione originale di rete con serbatoi diffusi 

Per promemoria ne viene riprodotto nella fig. 1 lo schema idraulico.La prima deduzione logica è quella di prevedere che le valvole che in detto articolo sono previste per regolare i livelli dei serbatoi di compensazione giornaliera siano sostituite da turbine-alternatori del tipo di quelli precedentemente descritti ottenendo il vantaggio di trasformare, come già indicato, la dissipazione del carico in produzione di energia.
Viene ora proposta una variante in grado di offrire, in alcuni casi, diversi vantaggi ed in particolare una notevole semplificazione nella costituzione e nell’esercizio della rete, un miglioramento della pressione generale di esercizio ed infine una buona produzione di energia elettrica ottenuta dallo sfruttamento dell’eccesso di carico idraulico che spesso vi sussiste.
E’ ben noto come nelle reti montane o comunque in grado di alimentare l’utenza direttamente a gravità, risulti difficoltoso mantenere una piezometrica parallela al suolo in tutte le condizioni di esercizio. Si tratta di strutture dimensionate per un funzionamento ottimale nel periodo critico e cioè durante i consumi di punta e che pertanto nelle restanti situazioni denunciano una piezometrica che tende tanto più ad avvicinarsi alla linea idrostatica quanto più diminuiscono i consumi. Ne derivano un eccessivo aumento della pressione di funzionamento delle condotte, una anomala consegna del’acqua all’utenza e dannose perdite occulte d’acqua. In altri termini il funzionamento ottimale degli acquedotti di cui si discute sarebbe quello a portata pressoché costante che fosse in grado quindi di escludere le piccole portate. In questo senso è altresì noto il provvedimento, provvidenziale per il miglioramento della pressione di esercizio ma che sarebbe assolutamente da evitare per i danni che ne derivano, attuato da madre natura in molte reti e cioè il notevole aumento delle perdite occulte che si viene ad avere tutte le volte che la pressione aumenta e che attua l’imperativo citato di portata comunque elevata in condotta (vedi articolo “PERDITE OCCULTE  DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DEGLI ACQUEDOTTI MONTANI: UN MALE NECESSARIUO?“. Si arriva alla conclusione paradossale in base alla quale le perdite occulte degli acquedotti sarebbero del tutto vantaggiose. Essendo evidente la necessità di raggiungere il risultato in altro modo, si illustra una soluzione che ha origine proprio dal concetto appena esposto e cioè dalla opportunità di mantenere in condotta una portata pressoché costante.

Le condizioni di base qui considerate consistono in fonti naturali che si presumono a portata costante e poste in posizione sopraelevata rispetto all’utenza rendendo realistiche due condizioni necessarie per attuare la nominata costanza di portata e cioè poter disporre di:
1) acqua in quantità esuberante rispetto al fabbisogno;
2) carico idraulico in eccesso rispetto alle necessità per il suo trasporto fino all’utente.

Per poter evitare ogni diminuzione nella portata addotta al verificarsi di un minor fabbisogno dell’utenza, è qui previsto di destinare tutta l’eccedenza d’acqua alla produzione di energia elettrica ottenuta tramite le turbine-alternatori di cui si è parlato nel capitoli precedenti.
Un esempio di rete relativa alla alimentazione dello stesso territorio di cui all’articolo prima citato che si ritiene atta a rendere più evidenti le varianti da apportare e più facili i confronti dei risultati, viene illustrata nella fig. 2 allegata.

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Fig 2 = Schema idraulico della rete con serbatoi diffusi modificata

Si può notare come il nuovo schema idrico sia anch’esso composto da una rete di adduzione munita di serbatoi diffusi e da altrettante valvole di regolazione ognuna delle quali, inserita a valle del punto di alimentazione del serbatoio annesso, è asservita alla curva di riempimento-svuotamento del serbatoio medesimo. Nel punto più basso del territorio si trova la centrale di produzione della corrente elettrica tramite turbine alternatori dello stesso tipo di quelli già descritti e quindi in grado di modulare la portata in arrivo sulla base delle necessità di pressione che bisogna conservare minuto per minuto in rete. Ogni valvola (in figura ubicate nei punti B,C,D,E,F), ovviamente comandata dall’impianto di telecontrollo centrale, chiude di più l’adduttrice quando il livello del suo serbatoio deve crescere e la apre in caso contrario. Ad esempio quando un serbatoio si trova ad un livello inferiore di quello stabilito per l’orario del momento, la valvola strozza un po’ l’adduttrice in modo da aumentare l’immissione d’acqua, quando invece il serbatoio ha raggiunto il livello prestabilito la valvola si apre completamente facendo defluire tutta la portata verso valle. Una modulazione delle valvole così concepita è atta ad alimentare minuto per minuto i vari serbatoi secondo la curva giornaliera di livello preimpostata, senza ridurre minimamente la portata totale addotta e con il risultato essenziale di una pressione generale dell’adduzione parallela al suolo per tutta la gamma di possibili consumi dell’utenza a partire da quelli massimi dell’ora di punta in cui tutta la portata viene consegnata all’utenza assieme a quella precedentemente invasata dai serbatoi, passando per quelli minimi notturni con serbatoi in fase di riempimento in cui la portata è equamente divisa tra serbatoi e turbina e per finire a quella minima notturna con utenti a consumo prossimo allo zero e con serbatoi già pieni, in cui tutta la portata prodotta dalle fonti viene deviata nella turbina per produrre energia elettrica. Al soddisfacimento dello scopo di partenza così raggiunto deve aggiungersi un ulteriore importante risultato e cioè la possibilità di eliminare ogni altra regolazione della rete di distribuzione secondaria la quale, essendo costituita da condotte ad andamento pressoché orizzontale a partire dai punti di allacciamento con le condotte adduttrici fino ad arrivare all’utenza, può usufruirne senza bisogno delle valvole di regolazione e delle apparecchiature di misura e trasmissione delle pressioni condotta per condotta che erano prescritte nella soluzione originale dell’articolo prima citato. Si tratta quindi di una notevole semplificazione costruttiva e di esercizio che rende la soluzione in argomento particolarmente interessante.


Da rilevare come nelle ore diurne tutta la portata eventualmente in eccesso rispetto alla richiesta idrica dell’utenza rimanga nella rete di adduzione e possa quindi essere interamente sfruttata nel punto G per l’azionamento della turbina-alternatore nel mentre in tutti i periodi notturni dell’anno tipo ed allorché i serbatoi hanno raggiunto il livello di massimo invaso, tutte le valvole siano completamente aperte e l’intera portata delle fonti resti disponibile per l’azionamento della turbina. E’ altrettanto evidente che, essendo le punte di consumo statisticamente poco frequenti durante un’intera annata, si avranno molteplici e prolungate occasioni di grande disponibilità di acqua ai fini idroelettrici.
Per quanto riguarda l’esercizio delle turbine alternatori restano validi i concetti già spiegati e cioè che deve trattarsi di turbine con possibilità di regolazione tramite il sistema centralizzato di telecontrollo e telecomando della rete il quale deve modularne il funzionamento in funzione dei carichi idraulici che si rendono via via disponibili e garantendo una pressione sufficiente per l’alimentazione dei vari serbatoi a loro volta muniti di valvola di regolazione della portata immessa in funzione della curva giornaliera dei livelli da mantenere minuto per minuto.

Per far risaltare i vantaggi della innovativa soluzione qui proposta , e per rendere più chiari i concetti di base viene descritta un’applicazione della metodologia su una rete semplice e che nella realtà si riscontra frequentemente.

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Fig. 3 = Profilo schematico di una rete tradizionale funzionante a gravità e con serbatoio di carico della rete di distribuzione regolato tramite valvola di efflusso a galleggiante

Come risulta dalla figura n. 3 allegata si tratta di una rete di distribuzione alimentata da un serbatoio di compensazione e carico cui perviene, tramite una lunga condotta di adduzione, l’acqua di una fonte posta molto in alto. La regolazione classica normalmente adottata consiste esclusivamente in una valvola di efflusso a galleggiante che si chiude quando il serbatoio raggiunge il massimo livello di invaso. Ne risultano le piezometriche schematicamente indicate nel profilo di fig. 3 da cui si rileva per la distribuzione una funzionalità da ritenersi valida mentre invece per l’adduzione si riscontra gran parte dei difetti precedentemente descritti e cioè una piezometrica corretta solo quando viene addotta la portata massima. Non appena la valvola di efflusso si chiude avendo il livello in serbatoio raggiunto quello di massimo invaso, la piezometrica tende ad avvicinarsi alla linea idrostatica provocando i ben noti inconvenienti.

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Fig. 4 = Profilo schematico di una rete modificata funzionante a gravità e con serbatoio di carico della rete di distribuzione regolato tramite turbina alternatore

Nella figura n. 4 allegata è rappresentata la stessa rete modificata per adeguarla alle modalità che si vogliono propugnare. Si notino la valvola di regolazione della adduttrice, posta a valle del serbatoio ed asservita alla curva giornaliera dei livelli che deve osservare l’invaso e le linee piezometriche di funzionamento. Interessante il particolare della condotta adduttrice che ha una pressione costante e sempre parallela al suolo e quindi, qualora vi fossero delle derivazioni, esse sarebbero alimentate con un carico idraulico sempre corretto. A sua volta la centrale di produzione idroelettrica svolge il duplice ruolo di regolazione della pressione ottenuta derivando tutta la portata in eccedenza rispetto ai consumi dell’utenza ed inoltre quello secondario di sfruttamento di tutta la portata disponibile per produrre energia elettrica.

Da ultimo si fa rilevare come lo schema idrico descritto ed i risultati che se ne possono avere siano validi anche per reti diverse da quelle prese come esempio. Saranno quindi pienamente compatibili reti magliate anche complesse come pure quelle ramificate, munite di uno o più serbatoi e funzionanti, come raccomandato in questo lavoro, a curva giornaliera imposta ed altresì, seguendo modalità molto diffuse tra gli enti gestori, con invaso sempre al suo massimo livello.

Una critica da farsi al sistema qui proposto riguarda la destinazione finale di una quota parte dell’acqua delle fonti che in realtà viene sottratta al rifornimento idropotabile dell’utenza per essere destinata a tutt’altro scopo come è quello della produzione idroelettrica. Si deve infatti rilevare che soltanto nel giorno di massimo consumo, peraltro a frequenza molto rara durante l’anno tipo, tutta la produzione viene consumata dall’utenza essendo le valvole di regolazione poste a valle dei serbatoi sempre chiuse onde poter trattenere in rete tutta l’acqua disponibile e consentire che i serbatoi compiano il loro compito di compensazione delle portate. Negli altri giorni, e soprattutto in quelli di minor consumo, non viene praticata nessuna economia d’acqua né diminuendo la produzione delle fonti né provvedendo ad immagazzinare quella prodotta in più ma sono invece le turbine ad esplicare in pieno la loro azione sfruttando tutta l’acqua che le fonti riescono a produrre in eccedenza rispetto al fabbisogno.
Sussiste quindi una differenza sostanziale rispetto ai sistemi acquedottistici propugnati nei vari capitoli di questo sito dove viene ripetutamente raccomandata la massima economia nelle fonti ottenuta, tra l’altro, tramite accumulo d’acqua e un razionale sfruttamento dei serbatoi con riduzione della produzione diurna a favore di quella notturna. Invece nella concezione acquedottistica di cui si tratta, l’effetto è diametralmente opposto essendo rivolto verso il totale sfruttamento delle fonti qualunque sia la richiesta idrica dell’utenza. La conclusione è evidente : l’uso qui indicato delle turbine va riservato solo ai casi particolari e caratterizzati da una esuberante captazione d’acqua all’origine. Un valido esempio è rappresentato da una sorgente di acqua naturalmente potabile che scaturisce dalla roccia con portate sempre rilevanti e che aumentano ulteriormente in periodi di piogge intense e prolungate nel tempo. In un acquedotto del genere tutto ciò che viene prodotto in più della richiesta dovrebbe necessariamente essere mandato a rifiuto fin dall’origine qualora non esistessero le turbine di cui si tratta e che, pertanto, svolgono un ruolo determinante. Diverso il caso, invece, di acqua potabile che, pur se posta a quota molto elevata rispetto all’utenza, provenisse da un rio previo trattamento di potabilizzazione oppure da una falda povera. Alla installazione e uso delle turbine sarebbe allora da preferire una produzione limitata allo stretto necessario ed una regolazione della pressione di funzionamento della rete di tutt’altro genere.
Resta in ogni caso confermata la regola generale in base alla quale in tutti gli acquedotti comunque costituiti, ma che siano funzionanti a gravità e che possano essere alimentati da fonti poste a quote particolarmente elevate rispetto ai punti di consegna dell’acqua all’utenza, è conveniente esaminare se esiste o meno la possibilità di produzione energetica di cui si sono proposte alcune varianti. Da tenere in evidenza la funzione assegnata in questo capitolo alla turbina-alternatore di compiere la regolazione della pressione della rete di adduzione declassando ad un ruolo secondario ma ugualmente utile la produzione di energia elettrica.

RETE MONTANA

LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI CON NOTEVOLI DISLIVELLI TOPOGRAFICI

Esempio di rete montana
Esempio di rete montana

La rete montana.

L’alimentazione idropotabile delle aree abitate ad andamento altimetrico molto vario e con dislivelli notevoli del suolo, presenta gravi problemi dovuti alla notevole pressione e alla eccessiva variazione del suo valore che si registrano nelle condotte durante la giornata. In particolare le perdite occulte, nella quasi totalità dei casi, assumono valori inammissibili nel mentre la costruzione e la manutenzione degli impianti e delle reti di condotte, sempre a causa della eccessiva pressione di esercizio, richiedono particolari e costosi accorgimenti tecnici ed altrettanto particolari materiali ed apparecchiature idrauliche. Sussistono, per quanto concerne le modalità di esercizio, profonde differenziazioni a seconda si tratti di reti alimentate a gravità che si caratterizzano per la presenza di rilevanti perdite occulte per il cui contenimento occorrono particolari accorgimenti, di reti a sollevamento meccanico nelle quali è preminente l’economia energetica ed infine di reti di tipo misto a gravità /sollevamento meccanico per le quali è opportuno privilegiare il funzionamento a gravità e attribuire quindi al sollevamento meccanico una funzione di integrazione delle portate onde limitarne lo sfruttamento ai soli periodi di maggior richiesta. Da segnalare come la presenza dei notevoli dislivelli consenta molto spesso di utilizzare, per la produzione di energia elettrica, carichi idraulici in esubero. Nei seguenti sottocapitoli descritte alcune delle modalità atte allo scopo.

CONTINUA NEI SOTTOCAPITOLI

 

RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

1) INTRODUZIONE


Le reti di distribuzione d’acquedotto dei tipi classici più diffusi rappresentani lo scoopo del presente lavoro nel qiuale vengono documentate  le incongruenze di funzionamento  mentre nel contempo venmgono esaminate  la possibilità di ovviarvi con soluzioni razionali ed economiche.
Si assume come esempio una rete semplice (vedi fig.1) ma atta ad evidenziare i fenomeni che si vuole descrivere. In ossequio alle migliori tradizioni acquedottistiche e ai dettami della letteratura tecnica, essa presenta le seguenti caratteristiche:
· insieme di condotte a maglie chiuse e aperte estese a tutto il territorio da servire costituito da un nucleo centrale a maggior consumo, una periferia con consumi distribuiti e con alcuni utenti particolari (nodi 105,116,117 );
· alimentazione tramite un unico impianto di produzione e sollevamento a prevalenza fissa destinato ad immettere in rete la portata media giornaliera e munito di vasca di carico (S1) avente la funzione di stabilizzare la pressione di partenza della rete;
– compensazione delle portate effettuata a mezzo dei tre serbatoi pensili di rete (S2,S3,S4) (quindi acqua in quota) che accumulano durante i periodi di bassi consumi (presumibilmente la notte) i volumi d’acqua in eccedenza rispetto alle richieste dell’utenza per reimmetterli in condotta onde far fronte alle punte di consumo.

Schema rete di distribuzione con serbatoi pensili
Schema rete di distribuzione con serbatoi pensili

Una rete come quella descritta, secondo le opinioni maggiormente diffuse, costituisce l’optimum in quanto è in grado di garantire costanza e sicurezza di funzionamento assieme a stabilità della pressione di esercizio dovute alla presenza della vasca di carico in testa alla rete ed altresì economia nella spesa energetica di sollevamento dato che centrale e condotte principali recapitano con continuità la sola portata media evitando il funzionamento di punta che comporterebbe invece onerose dissipazioni energetiche.
Lunghe esperienze di attento esercizio hanno dimostrato che le cose si svolgono, nella realtà spesso incognita anche allo stesso gestore, in maniera totalmente diversa:
· nel mentre l’utenza proprio nei periodi di maggior consumo viene alimentata con le pressioni più basse a causa delle perdite di carico in tali evenienze particolarmente elevate, si verificano invece pressioni di consegna esuberanti durante i periodi notturni o comunque di basse portate cui consegue un duplice danno: quello dovuto all’ovvio dispendio energetico e quello dovuto alle perdite di rete che, a causa della maggior pressione, aumentano notevolmente.
I serbatoi di rete, essendo dimensionati per la punta di consumo, funzionano correttamente solo per periodi brevissimi mentre per la stragrande maggioranza delle giornate rimangono inattivi quando addirittura non sfiorano mandando a scarico importanti quantitativi d’acqua preziosa;

Come è ben noto, la portata che un serbatoio di rete come quelli in argomento può derivare o immettere in condotta è, in ogni istante, funzione di numerosi e variabili fattori tra cui la pressione di esercizio, quella di consegna all’utenza da cui dipende, in parte, il consumo, il livello dell’acqua nel serbatoio stesso che è funzione, a sua volta, dei volumi invasati o svasati in precedenza, ecc. ecc. Tale portata, pertanto, difficilmente viene a coincidere con quella necessaria per la compensazione delle portate, compensazione che viene quindi ed in buona parte a mancare.
Nella pratica gestione degli acquedotti, si rimedia maggiorando le condotte di rete in modo che gli impianti di produzione vi possano immettere, nelle ore di punta, una portata superiore a quella media prevista in origine e modulare la loro portata mediante dissipazione del carico idraulico ottenuta strozzando la valvola posta a valle della vasca di carico o facendo funzionare a canaletta le condotte in uscita dalla vasca stessa.
La diminuzione di pressione che tale operazione comporta nella rete, provoca il provvidenziale intervento dell’invaso ancora contenuto nei serbatoi.
Il risultato finale che così si ottiene è caratterizzato da:
· compensazione giornaliera delle portate effettuata solo in parte dai serbatoi di rete ed in parte dagli impianti di produzione;
· utilizzazione dei serbatoi a prezzo di una diminuzione della pressione di rete che a volte si rivela inadatta ad una corretta alimentazione dell’utenza;
· onerosa dissipazione di energia necessaria per abbassare la pressione di pompaggio subito a valle della vasca di carico.
· mancata utilizzazione della rete per il riempimento dei serbatoi nei periodi di bassi consumi. L’invaso viene invece effettuato durante i periodi di consumo medio quando le perdite di carico delle condotte sono ancora rilevanti.
In definitiva viene a mancare, per i serbatoi di compensazione in rete, l’assunto di base. Essi rimangono quasi sempre pieni mentre, nella migliore delle ipotesi, viene utilizzata solo una parte del loro volume utile, a prezzo di un funzionamento anomalo delle condotte di rete e degli impianti di
 produzione. Un altro fenomeno che ha luogo nei giorni di alto consumo dell’utenza è lo svuotamento anticipato dei serbatoi i quali, molto spesso, al momento della punta di consumo sono già vuoti e quindi non collaborano affatto a a soddisfarla.

 

2) VERIFICA DELLA RETE CLASSICA

 

Volendo verificare anche dal punto di vista teorico i concetti esposti, viene esaminata in dettaglio la rete di esempio: le conclusioni cui si perviene, confortanti quelle sperimentali, potranno, in un secondo tempo, essere estese anche a reti complesse.
Definito il diagramma giornaliero dei consumi dell’utenza del tipo che comunemente si può riscontrare in cittadine medie, si è passati alla verifica del funzionamento idraulico in moto permanente dell’insieme centrale di alimentazione/condotte/serbatoi.
Per i calcoli si è utilizzato un programma per personal computer che, oltre a consentire il calcolo della rete a maglie chiuse in un determinato istante tenuto conto della situazione degli impianti e dei consumi ai nodi nell’istante medesimo, permette anche di definire l’evoluzione nel tempo dei serbatoi ed in genere di tutta la rete, in funzione della variazione dei consumi dell’utenza secondo il citato diagramma di consumo giornaliero.


Si sono fissate le seguenti ipotesi di base:
1 – compensazione giornaliera delle portate effettuata dai serbatoi inseriti in rete (anche se in alcuni casi ciò non ha luogo che parzialmente)
2 – serbatoi a sezione costante
3 – serbatoi ad altezza infinita (le quote di minimo e massimo livello vengono determinate in un secondo tempo)
4 – esame della rete nell’intero arco della giornata tipo mediante serie di calcoli di verifica del suo funzionamento idraulico (moto permanente) per intervalli temporali brevi (15 minuti) in modo da rendere ininfluente, ai fini del calcolo del livello dei serbatoi, la differenziazione di portata entrante od uscente dai serbatoi stessi durante l’intervallo considerato.
5 – ripetizione delle serie di calcoli per almeno cinque giornate consecutive con identico diagramma di consumo dell’utenza in modo da raggiungere la stabilità del ciclo giornaliero sia per quanto riguarda i livelli dei serbatoi che la portata immessa in rete dalla centrale.
Nella prima serie di calcoli si sono ripetute le verifiche considerando diversi tipi di serbatoi in modo da esaminarne il comportamento in funzione della loro superficie utile. I risultati sono riportati nella seguente tabella I e nei grafici delle figure n. 2 e 3.

 

Esaminiamo il comportamento nel giorno di massimo consumo della rete alimentata dalla centrale o dal serbatoio a pressione o livello costanti (calcoli n. 1/I, 2/I 3/I, 4/I e figg. 2, 3).
Innanzitutto viene confermato che, essendo presenti serbatoi collegati alla rete senza interposizione di apparecchiature di sorta, non è possibile che la centrale immetta in rete una portata costante e di valore pari alla media giornaliera e che i serbatoi di rete, pur se di altezza infinita, abbiano da attuare la totale compensazione delle portate.
La inevitabile variazione di portata della centrale, pari a 290.2 l/s per serbatoi da 200 mq di sezione diventa sempre più’ piccola man mano che aumenta la sezione utile (è pari a 114.3 l/s per serbatoi da 1000 mq) e di conseguenza la curva rappresentativa della portata della centrale nelle 24 ore si appiattisce sempre di più’ avvicinandosi (senza mai eguagliarla) alla retta della portata media giornaliera.
Si constata come i serbatoi effettuino, trattandosi della giornata di massimo consumo, una buona compensazione del consumo di punta che alle ore 8-9 ammonta a 1350 l/s risultando sufficiente, per tale periodo, una portata della centrale prossima a quella media giornaliera (900 l/s). La portata della centrale raggiunge il valore massimo al pomeriggio quando i serbatoi sono vicini allo svuotamento totale e non, come a prima vista sembrerebbe logico, al mattino quando i consumi dell’utenza sono più elevati.
Il riempimento dei serbatoi ha luogo, in tutti i quattro casi esaminati, dalle ore 21 alle ore 6 circa quando essi raggiungono il loro livello massimo. Ha inizio allora la loro fase attiva con immissione in rete dell’acqua accumulata. Viene qui in luce una delle incongruenze del sistema in quanto il volume prezioso d’acqua in quota non viene, nel periodo di tempo che va dalla sei alle sette circa, utilizzato per coprire le punte di consumo, ma va invece ad alimentare una utenza avente consumi addirittura inferiori alla portata media e che, in quanto tali, potrebbero benissimo essere soddisfatti direttamente dalla centrale.
Per quanto concerne la funzionalità dei serbatoi risulta che, aumentando la loro superficie utile (da 200 a 1000 mq cadauno nell’esempio), si ottiene una miglior utilizzazione del volume disponibile il cui quantitativo passa dai 9100 mc con serbatoi da 200 mq a 10370 con serbatoio da 1000 mq, senza però raggiungere la cubatura necessaria per la totale compensazione che ammonterebbe a 11200 mc circa. Con la superficie maggiore (1000 mq) si ottiene, ovviamente, una minore escursione di livello di tutti i serbatoi e quindi anche della rete ed una minore escursione di portata tra mattina e sera nella centrale di sollevamento.
Esaminando il grafico (v. fig. 4) che rappresenta il volume utilizzato in funzione della superficie dei serbatoi si constata però come l’aumento di volume ottenibile dalla maggior sezione dei serbatoi non sia direttamente proporzionale alla superficie stessa ma segua una curva quadratica per cui i benefici ottenibili si attenuano all’aumentare della superficie. La soluzione ottimale dipende pertanto dalle caratteristiche proprie di ciascuna rete e dai costi di costruzione e di esercizio che le varie soluzioni comportano.

 

Le altezze utili che dovrebbero assumere i serbatoi nell’esempio sono esagerate sia per le difficoltà costruttive che ne deriverebbero sia per le eccessive escursioni di pressione che esse indurrebbero nella rete. Sono state scelte perché, trattandosi di una mera esercitazione teorica, rendono più evidenti i fenomeni che si vogliono qui illustrare.
Definite come sopra le caratteristiche geometriche dei serbatoi e supposto che siano dotati di valvola di efflusso a galleggiante che si chiude quando il serbatoio è pieno onde evitarne gli sfiori, si è passati all’esame del loro comportamento durante il resto dell’anno sempre considerando che la centrale di pompaggio funzioni a pressione costante (100 msm).
E’ in questa fase che vengono alla luce le più gravi carenze del sistema acquedottistico in esame. I serbatoi, dimensionati per un corretto funzionamento nel giorno di punta, diventano scarsamente utilizzabili in tutti gli altri giorni a causa delle minori perdite di carico che si verificano in rete.
Se si considera la curva di frequenza dei consumi medi giornalieri di un acquedotto tipo (vedi fig. 13.1 più avanti) dalla quale risulta che essi assumono valori elevati (normalmente utilizzati per il dimensionamento degli impianti) per pochissime giornate, e che pertanto i benefici ottenibili dai serbatoi nella misura sopra descritta si limitano a pochissimi casi mentre durante tutto il resto dell’anno la loro funzionalità è notevolmente ridotta, si può concludere che il sistema di alimentazione delle reti con centrali a pressione fissa deve essere abbandonato.

Ad esempio se si esaminano i risultati del calcolo n. 5/I riportati in tabella e nel grafico di fig. 5 e che sono relativi a serbatoi da 200 mq di sezione con quote di sfioro e fondo definite come sopra e ad un giorno nel quale gli utenti hanno un consumo corrispondente alla media annua (cioè con portata media giornaliera pari a 600 l/s) si constata come la pressione di rete sia per molte ore più elevata del livello massimo dei serbatoi i quali, durante tale periodo, rimangono chiusi e quindi inoperosi. Il contributo che essi prestano alla rete è limitato al periodo che và dalle ore 7 alle ore 11 durante il quale, immettendo in rete un volume totale di 1080 mc, riescono ad contenere la portata massima della centrale entro 763 l/s circa a fronte di un consumo istantaneo massimo dell’utenza di 900 l/s. L’accumulo di detto volume ha luogo nelle ore immediatamente successive e cioè dalle ore 11 alle 16 circa. Viene così a mancare totalmente la loro funzione precipua che dovrebbe essere quella di accumulare di notte i volumi d’acqua da restituire alla rete il giorno successivo. I serbatoi, la cui capacità totale è pari a 9280 mc, vengono utilizzati nella giornata di consumo corrispondente alla media annua, come già detto, per totali mc. 1080 corrispondenti ad una percentuale del solo 12%. Per quanto riguarda la pressione di consegna dell’acqua all’utenza si rileva come essa sia corretta solo durante i periodi di consumo elevato mentre per buona parte della giornata e per tutta la notte si verifichi un inutile carico residuo. Da tener presente che nei periodi notturni quando il consumo dell’utenza diventa quasi nullo ed i serbatoi sono pieni e quindi con la valvola di efflusso chiusa, la piezometrica di rete diventa quasi coincidente con la statica (100 msm) il che significa raddoppiare la pressione di consegna con tutti i danni che ne derivano. Se si tiene conto che i consumi per lunghi periodi si mantengono su valori ancora inferiori di quello medio annuo appena considerato, si giunge all’ovvia conclusione che, nella realtà, i serbatoi sopraelevati della rete alimentata a pressione fissa sono praticamente sempre pieni ed inutilizzati e che la pressione di consegna è quasi costantemente troppo elevata.
Prescindendo momentaneamente dalla reale consistenza della rete precedentemente descritta, si è passati a verificare quali sarebbero le sue condizioni di funzionamento qualora, soppressa idealmente la vasca di carico posta in testa, la centrale di sollevamento fosse del tipo ad immissione diretta in rete ed a portata costante per tutte le 24 ore della giornata. Tali modalità, che possiamo definire di tipo scolastico in quanto non attuabili nella pratica di esercizio, sono state esaminate al solo scopo di costituire la soluzione teorica ideale cui paragonare tutte le altre.

I risultati, relativi al giorno di max consumo e riportati in colonna n. 6/I

ed illustrati nel grafico di fig. n. 6, confermano che la centrale, per mantenere costante durante il corso della giornata la sua portata, dovrebbe variare notevolmente la pressione di pompaggio mentre i serbatoi, per poter effettuare tutta la compensazione, dovrebbero avere altezze utili di invaso maggiori di quelle determinate come sopra. Nel caso in esame si passa da un pompaggio massimo di 113,98 msm al mattino ad un minimo di 94,04 la sera mantenendo all’incirca un dislivello costante durante l’arco di tutta la giornata, rispetto ai livelli dei serbatoi.

Nella colonna 7/I nel grafico della fig. 7 sono riportati i risultati del calcolo di verifica nel giorno con consumi corrispondenti alla media annua (600 l/s) con centrale a portata fissa pari a 600 l/s e serbatoi da 200 mq che effettuano la compensazione delle portate. Il risultato più saliente è dato dal notevole abbassamento della prevalenza di pompaggio con una compensazione totale delle portate mediante utilizzazione di una capacità di 7464 mc.
Le conclusioni finali ricavate dalle serie di calcoli di verifica sopra riportati sono le seguenti:
· la rete classica, essendo dotata di vasca di carico che stabilizza la pressione di partenza ed essendo la quota di tale vasca definita in funzione delle portate di punta, lavora per lunghi periodi con valori di pressione di consegna dell’acqua inutilmente elevati il che comporta, oltre che un anomalo ed inutilmente dispendioso rifornimento idropotabile anche un aumento delle perdite notturne di rete con maggiori costi di produzione d’acqua;
· i serbatoi di compenso in rete sono per la maggior parte dell’anno scarsamente utilizzati costringendo la centrale ad immettere in rete portate quasi nulle durante la notte ed in genere i periodi di bassi consumi e maggiori della media giornaliera nelle ore di punta. Ne deriva necessità di maggiori diametri delle condotte di rete ed una loro anomala utilizzazione con maggiori perdite di carico ed ovvie maggiori spese di sollevamento.

 

3) LA RETE IDEALE

Nella ricerca di una soluzione atta ad ovviare ai difetti descritti si adotta una filosofia completamente diversa da quella che caratterizza la rete classica: attribuire priorità assoluta alla pressione di consegna dell’acqua all’utenza considerato che essa è l’elemento determinante dell’esercizio. Tutto il funzionamento dell’insieme acquedottistico sarà condizionato al raggiungimento di tale risultato. 
In pratica vengono prefissati valori di pressione all’utenza:
· elevati per il soddisfacimento del fabbisogno di punta;
· medi per i periodi di consumo medio bassi;
· minimi per le ore notturne caratterizzare da bassi consumi.
L’assetto degli impianti viene rivoluzionato: non più vasca di carico che fissa inderogabilmente la pressione di partenza ma centrale ad immissione diretta in rete e a pressione variabile con asservimento a quella finale dei nodi più rappresentativi della rete rilevata e trasmessa con continuità ed automaticamente alla centrale.
Anche i serbatoi di compenso in rete devono essere diversi da quelli descritti: non più serbatoi pensili che richiederebbero per il loro funzionamento una piezometrica di rete rigidamente definita dalle loro quote di fondo e di sfioro ma un grande serbatoio a terra munito di proprio impianto di risollevamento anch’esso a prevalenza variabile, il tutto adatto alle pressioni di esercizio le più disparate.
Tutti i sollevamenti devono ovviamente essere dotati delle apparecchiature (casse d’aria, casse d’acqua, alimentazione a mezzo by-pass ecc. ecc.) di attenuazione dei dannosi effetti dei colpi d’ariete che vengono inevitabilmente trasmessi alle condotte.

 

3.1) VERIFICA DELLA RETE IDEALE

La seguente serie di calcoli di verifica riguarda la rete di cui ai capitoli 1) e 2) alla quale sono però state apportate le modifiche necessarie per trasformarla in rete ideale.

Le sue caratteristiche sono:
· rete magliata unificata destinata sia all’alimentazione dell’utenza che a quella notturna del serbatoio di compenso;
· centrale di sollevamento con pompaggio diretto in rete a pressione e portata variabili (quindi con pompe a giri variabili) dotata di proprio serbatoio del tipo a terra e destinato a compensare la quasi totalità delle portate giornaliere. La pompa varia in continuazione la velocità di rotazione in modo che la pressione ai nodi rappresentativi della rete (nel caso specifico il nodo n. 118) coincida con quella del grafico preimpostato per tutta la giornata tipo e con un prefissato valore massimo di portata chiamato soglia di intervento. In altri termini la centrale, all’aumentare o diminuire della richiesta di rete, regola pressione e portata per seguirne il fabbisogno ma con una pregiudiziale data dal limite massimo di portata (soglia prefissata e tarabile) che non deve essere in nessun caso superato.
· serbatoio per la residua compensazione in rete ed a terra, ubicato in posizione baricentrica rispetto ai consumi, alimentato dalla stessa rete e munito di proprio impianto di risollevamento a portata e pressione variabili (quindi anch’esso con pompe a giri variabili). La regolazione del serbatoio ha luogo in fase di riempimento mediante modulazione della valvola di immissione con asservimento dell’invaso ad un grafico giornaliero preimpostato dei livelli in vasca da assumere ora per ora ed in fase di svuotamento con asservimento del numero di giri della pompa al grafico preimpostato della pressione ai nodi indicato al paragrafo precedente. Il risollevamento entra in funzione solo allorquando la pressione ai nodi, non più sorretta dalla centrale principale la cui portata ha raggiunto il valore di soglia, tende a scendere al di sotto dei valori preimpostati.
· impianto di telecontrollo e telecomando atto ad effettuare in automatico le regolazioni dei sollevamenti in funzione delle pressioni ai nodi rilevate e trasmesse in continuo, la regolazione dell’immissione d’acqua in serbatoio di compenso in funzione di una predefinita curva giornaliera dei livelli da assumere ora per ora ed in genere il controllo di funzionamento dell’insieme acquedottistico.
·
Poiché la rete che qui si vuol verificare riassume tutte le caratteristiche positive che con il presente lavoro si vogliono propugnare, ci si è dilungati nell’esaminare il suo funzionamento idraulico nelle varie e disparate condizioni paragonandone i risultati con quelli di una rete analoga ma di tipo tradizionale con serbatoi pensili di compensazione ed impianto di produzione funzionante a portata fissa pari a quella media giornaliera. Il confronto è quindi effettuato con un sistema acquedottistico di tipo classico avente il minore dispendio energetico possibile anche se, come spiegato, non attuabile nella realtà dell’esercizio. Per consentire anche un raffronto realistico dei consumi energetici si sono indicati nelle colonne 9/II e 10/II i dati di funzionamento relativi ad un acquedotto di tipo tradizionale identico a quello classico suddetto ma dotato, come di norma, di una centrale di pompaggio a pressione fissa e pari a quella massima necessaria per l’ora di punta e con regolazione della pressione di mandata ottenuta strozzando la valvola di uscita e quindi dissipando il carico in eccesso.
La serie di calcoli è riepilogata nella tabella II, mentre la loro rappresentazione grafica forma l’oggetto delle fig. da n. 9 a n. 12. Nella tabella sono replicati nelle colonne n. 1/II e n. 6/II i dati delle col. 6/I e 7/I già esaminate per facilitare il confronto dei risultati.

Per una visione completa del funzionamento della rete vengono esaminate molte possibilità di utilizzazione della capacità di compenso giornaliero del suo serbatoio: da quella minima (nessun volume di compenso da parte del serbatoio di rete) a quella massima con immissione in rete dell’intero volume utile e quindi con totale compensazione della portata da parte del serbatoio.
Tra i due estremi esistono infinite possibilità intermedie definite dalla soglia di pompaggio massimo che si può preimpostare.
Le prime verifiche riguardano l’ipotesi in cui tutta l’utenza è alimentata dalla centrale costretta, in tal caso, a seguire le portate richieste dalla stessa
Nella pratica tale funzionamento sarebbe ottenuto fissando un valore di soglia più elevato della portata massima degli utenti cioè superiore a 1350 l/s.
I risultati sono riportati nella allegata tabella II.

Schema rete di distribuzione con serbatoio a terra
Schema rete di distribuzione con serbatoio a terra

Nel giorno di massimo consumo (n. 2/II fig. 9) la centrale varia la pressione di pompaggio fino a raggiungere, nell’ora di punta, i 137 msm circa. Il bilancio energetico denuncia un dispendio superiore a quello con serbatoi pensili del 5% (v. n. 1/II fig. 6) e rilevanti perdite di carico che la rete deve sopportare per il trasporto delle portate di punta. Nei giorni di consumo medio (600 l/s v. col. 8/II fig. 12) la pressione massima di pompaggio si abbassa fino a 100 msm con un dispendio energetico pari a quello che si avrebbe con la corrispondente soluzione con serbatoi pensili (v. n. 6/II fig. 7).
Da quanto precede risulta che per portate rilevanti è conveniente utilizzare al massimo i serbatoi di rete e diminuire quindi la portata innalzata dalla centrale durante le ore di punta mentre per i consumi medio-bassi la soluzione migliore è quella con l’intera portata sollevata direttamente dalla centrale evitando totalmente il risollevamento da parte del serbatoio in rete.

E’ fuori di dubbio che la soluzione più razionale non può essere che quella mista che soddisfa ambedue le condizioni e quindi con serbatoi in rete che intervengono solo quando la portata totale (cioè il consumo dell’utenza) supera una certa soglia critica. Quando ciò non avviene tutta la portata è sollevata dal solo impianto di produzione (regolazione “a soglia prefissata”).
Visto il funzionamento della rete senza intervento dei serbatoi si passa ora ad esaminare l’efficacia di quest’ultimi iniziando con modesti volumi di utilizzazione per passare via via a più marcati valori fino a giungere alla utilizzazione del volume massimo di compensazione. Nella pratica tale regolazione avviene fissando via via valori sempre inferiori di soglia fino a giungere al suo valore minimo cioè pari alla portata media del giorno di massimo consumo, nell’esempio 900 l/s.
Soluzione con soglia prefissata a 1120 l/s (v. n. 3/II fig. 10).

 

 

 

La centrale segue le richieste dell’utenza per portate inferiori o pari a 1120 l/s mentre il serbatoio rimane pieno. Quando tale valore viene superato, la centrale mantiene la sua portata sempre al valore di soglia (1120 l/s ottenuto variando in continuazione la pressione di pompaggio) mentre ha inizio lo svuotamento del serbatoio di compenso che, tramite risollevamento, immette in rete tutte le portate di inte

grazione necessarie per coprire il fabbisogno di punta dell’utenza.

Nel giorno di massimo consumo l’intervento complessivo del serbatoio è minimo e cioè pari a soli mc 1600 ma consente di abbassare la pressione massima di pompaggio portandola a 119 msm contro i 137 msm che si avrebbero senza di esso (v. fig. n. 9 precedente). Si vede come la sua utilizzazione, anche se modesta, permette di ottenere un notevole beneficio nella pressione di esercizio riportandola entro valori appropriati. Per quanto riguarda invece i consumi energetici non si ottiene alcun beneficio rispetto alla soluzione precedente (stesso dispendio energetico dovuto alla necessità di dissipare il carico durante il riempimento del serbatoio e di risollevare durante le ore di punta l’acqua precedentemente accumulata nel serbatoio).

In tutti gli altri giorni il consumo energetico migliora. Ad esempio nel giorno di consumi medi (v. n. 8/II fig. 12) esso è pari alla soluzione con serbatoi pensili (v. n. 6/II fig. 7) e quindi estremamente contenuto.
Si esamina ora il funzionamento della rete con una soglia massima di funzionamento della centrale fissata a 1000 l/s. L’intervento del serbatoio, nel giorno di massimo consumo, comincia a diventare importante (mc. 5930) mentre la centrale limita la sua portata ai 1000 l/s di soglia (v.n. 4/II). Rispetto alla soluzione con serbatoi pensili si ottiene una maggior impiego di energia pari soltanto all’uno per cento.
Il più marcato intervento del serbatoio provoca un appiattimento della pressione di pompaggio che, nel giorno di consumo max (v. n. 4/II), varia da un massimo di 111 msm ad un minimo di 76 msm. Nel giorno di consumo medio ( funzionamento identico a quello sopra esaminato v. n. 8/II fig. 12 ) la pressione di pompaggio, pur non verificandosi alcun intervento del serbatoio di compenso, si abbassa ulteriormente rientrando tra un massimo di 100 msm raggiunti per un breve periodo alle ore 9 circa ed un minimo di 62 msm durante le ore notturne.
Passiamo all’esame del funzionamento con una soglia prefissata pari alla media del giorno di massimo consumo. E’ questa la regolazione ottimale degli impianti in quanto consente, a parità di alimentazione dell’utenza, la maggior economia di energia di sollevamento. Il dispendio energetico è addirittura inferiore a quello della soluzione (non attuabile nella realtà) con serbatoi pensili e centrale di sollevamento portata costante per tutta la giornata.
Infatti durante tutte le 24 ore del giorno di massimo consumo la centrale solleva la portata media (nell’esempio 900 l/s) e pertanto la rete può effettuare il trasporto dei necessari volumi d’acqua con le perdite di carico minime (v. n. 5/II fig 11). Tutta la capacità utile del serbatoio viene utilizzata per effettuare la totale compensazione giornaliera delle portate. La pressione di pompaggio della centrale principale è quasi livellata essendo di giorno pari a 102-105 msm e di notte a 87 msm circa. Il serbatoio di compenso, tramite il suo impianto di pompaggio, risolleva un volume di 11200 mc ad una pressione massima di 103 msm per un breve periodo alle ore 9 e poi a circa 78 msm dalle ore 10 alle 20 circa. La rete viene utilizzata anche durante la notte per addurre, oltre alla portata richiesta dall’utenza, anche il volume d’acqua da accumulare nel serbatoio.
Nel giorno di consumo medio (600 l/s) si ha lo stesso funzionamento dei casi precedenti con la centrale principale che immette da sola tutta la portata non essendo mai superata la soglia preimpostata di 900 l/s e ciò ha luogo con una pressione variabile da 100 a 62 msm (v. n. 8/II fig. 12).
Risultato finale della regolazione in esame (soglia pari alla media giornaliera) è un consumo energetico nelle 24 ore estremamente contenuto essendo pari a quello che si avrebbe con rete dotata di serbatoi pensili.
Per dimostrare come tale risultato nella reale gestione sia veramente interessante, si sono tracciati i grafici di funzionamento giornaliero dell’ acquedotto di cui alle verifiche precedenti nelle varie giornate dell’anno tipo. Sono state scelte quattro giornate con portate gradualmente decrescenti di 100 l/s da quella di consumo massimo (900 l/s), a quella di consumo corrispondente alla media annua (600 l/s). Si è supposto, come consigliato sopra, di mantenere fissa e pari alla media del giorno di consumo massimo (900 l/s) in ogni condizione di esercizio e di consumo giornaliero la soglia di pompaggio dell’impianto principale determinando il volume di utilizzazione del serbatoio di rete nei vari casi.
I dati di funzionamento possono essere così riassunti:

 

 portata media l/s  coeff vol.utilizz.  serbat. mc  %  frequenza giorni
 900  1,50  11200  100  1
 800  1,33  4800  41   20
 700  1,17   1000  9   37
 600  1,00  0  0  182

Riportando i dati in grafico (v. fig. 13 parte sinistra) si constata come la percentuale di utilizzazione del serbatoio di rete, massima per il giorno di consumo elevato (corrispondente a 1.5 volte quello medio annuo) nel quale viene utilizzato per la compensazione tutto il volume di invaso (punto a), decresce rapidamente fino ad un valore pari a solo il 10% circa di tale volume per consumi pari a 1.2 volte quello medio (punto c) e per azzerarsi quando i consumi corrispondono al consumo medio annuo (punto d). Per consumi ancora inferiori non si ha alcuna utilizzazione del serbatoio. I dati, integrati da quelli di frequenza statistica media annua dei consumi conducono a risultati veramente strabilianti. La curva rappresentativa delle percentuali di utilizzazione del serbatoio (v. fig.13 parte destra) ha un andamento quasi parallelo e molto vicino agli assi con accentuato punto di flesso ubicato in corrispondenza dei 35 giorni dell’anno a consumo più elevato. Se ne deduce che per una metà dell’anno l’utilizzazione del serbatoio è nulla, per altri 148 giorni circa essa rimane bassissima mentre le alte percentuali sono tutte concentrate nei rimanenti 35 giorni durante i quali, essendo superato il punto di flesso, passa dal 10% al 100%. L’intervento sostanziale del serbatoio di compenso in rete è, quindi, limitato mediamente a sole 35 giornate all’anno mentre per circa le 330 giornate rimanenti i consumi avranno un valore pari o inferiori a 1.17 volte la media giornaliera annua ed il serbatoio sarà utilizzato per soli 1000 mc. pari al 9% del volume totale, oppure per volumi ancora inferiori.
Se nel diagramma citato si considera l’area indicata con tratteggio e compresa tra gli assi fondamentali e la curva delle percentuali di utilizzazione del serbatoio, e che rappresenta l’utilizzazione totale annua del serbatoio, si vede come essa corrisponda appena al 6% della utilizzazione massima del serbatoio stesso (100% per 365 giorni).
Per far risaltare il risparmio energetico offerto dalla soluzione a soglia ottimale (900 l/s) si è anche verificato quale sarebbero i risultati ottenibili modificando la soglia fino a farla coincidere di giorno in giorno con la portata media del giorno medesimo. A prima vista sembrerebbe questa la soluzione ideale in quanto, in tale ipotesi, la rete dovrebbe effettuare, in ogni giornata tipo, il trasporto delle sole portate medie lasciando al serbatoio il compito di integrare la portata immessa in rete per coprire le punte di consumo. Si riscontra invece un peggioramento della situazione con consumi energetici che, ad esempio nella giornata di consumo medio (v. n. 7/II ) e cioè 600 l/s superano del 3% quelli ottenibili con la soglia elevata (v. n. 8/II fig. 12). Risultati ancora peggiori si riscontrerebbero, ovviamente, nelle giornate di consumo inferiore che, come più volte citato, si verificano con grande frequenza durante l’anno.
Come indicato i raffronti energetici sono effettuati con un acquedotto di tipo tradizionale munito di serbatoi pensili di compenso e con un funzionamento puramente ipotetico della centrale principale considerata come atta a sollevare ed immettere in rete, in tutti i casi in esame, la portata media giornaliera variando con continuità la propria pressione di pompaggio (colonna n. 1/II fig. 6). La realtà è ben lontana da tale ipotesi semplificativa essendo gli acquedotti classici dotati, nella maggior parte dei casi, di vasca di carico in testa alla rete e, come tali, da considerarsi a pressione di pompaggio fissa. Nelle colonne 9/II e 10/II si sono riportati anche i dati di funzionamento di un acquedotto di questo tipo mettendo in rilievo gli inconvenienti che esso presenta.
In pratica si è supposto di modificare lo schema acquedottistico della colonna n. 1/II sostituendo la centrale a pressione variabile con una a pressione fissa per qualunque condizione di esercizio. La quota di pompaggio e quindi l’ubicazione altimetrica della vasca di carico, definite dal funzionamento critico della rete e cioè dell’ora di punta, risultano pari a 114 msm e di conseguenza la pressione di esercizio, adeguata nel brevissimo periodo di richiesta massima dell’utenza (ora di punta) e solo in quello, diventa sovrabbondante per tutto il tempo rimanente durante il quale l’inutile carico residuo deve, per consentire il funzionamento dei serbatoi di rete, venir dissipato o mediante regolazione della valvola posta al piede della vasca o mediante funzionamento a canaletta della prima parte della tubazione di uscita dalla stessa con tutti gli inconvenienti che derivano dall’immissione di aria in condotta. Questo fatto si traduce in un notevole dispendio energetico che, nell’esempio di tabella, raggiunge il 10% nel giorno di consumo massimo e ben il 42% in quello di consumo medio per essere ancora percentualmente più elevato nei giorni di consumo ancora inferiore.
L’immagine del tutto positiva che si aveva dell’acquedotto tradizionale con la sua vasca di carico che garantisce e stabilizza la pressione di partenza di tutta la rete, con i serbatoi pensili di rete che con i loro grandi volumi d’acqua in quota garantiscono la corretta alimentazione dell’utenza in ogni condizione di esercizio, esce malconcia dalla serie di risultati che precedono. Si tratta, nella realtà spesso incognita, di una rete inutilmente sovradimesionata che, in quanto tale, deve dissipare continuamente l’esuberanza di carico. In alcuni acquedotti, per evitare tale dissipazione, si mantiene, anche durante i periodi di bassi consumi, tutta la pressione data dalla vasca di carico con la logica conseguenza che i serbatoi, fatta eccezione per le giornate di consumo massimo, rimangono sempre pieni o quasi pieni e quindi ha luogo, durante tali periodi, una spesa energetica ancora maggiore cui si aggiunge l’ulteriore inconveniente di una eccessiva e dannosa pressione in rete (la pressione si avvicina all’idrostatica). La realtà è molto spesso ancora peggiore: la pressione non raggiunge tali massimi per il semplice motivo che di notte l’aumento della pressione di rete fa crescere vertiginosamente le fughe d’acqua dovute alle piccole rotture fino a farle raggiungere volumi così elevati (l’acqua dissipata annualmente nel terreno può superare il 50% del totale prodotto!) che anche durante tale periodo la portata d’acqua immessa in rete si mantiene elevata.
Risultano evidenti i vantaggi che presenta la rete ideale propugnata nel presente lavoro. Si ribadisce quì che essa garantisce una adeguata pressione di consegna dell’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio. Ciò significa che nei periodi critici, come ad esempio l’ora di punta del giorno di massimo consumo, anche gli utenti più lontani sono alimentati con pressione adeguata mentre nei periodi di bassi consumi come possono essere quelli notturni delle basse stagioni viene abbassata la pressione di consegna evitando in tal modo inutili e costose sovrappressioni fonte, oltre che di dispendio energetico, di maggiori perdite i rete. Si può affermare che la differenza sostanziale fra le reti classica e quella ideale consiste nel fatto che la prima è composta da un sistema rigido la cui gestione è strettamente vincolata alle sue caratteristiche costruttive e soltanto a quelle. Come tale, deve sempre funzionare alla sua massima potenzialità con tutti gli inconvenienti che ne conseguono: dispendio energetico, frequente ed inutile esuberanza di carico idraulico, impossibilità di adeguarsi a maggiori ed imprevedibili richieste dell’utenza se non tramite esecuzione di nuove opere. La gestione della rete ideale, al contrario, è estremamente elastica essendo funzione diretta dell’utenza e dei suoi fabbisogni di cui può seguire puntualmente tutte le variazioni con la massima economia energetica di sollevamento garantendo, al tempo stesso, una pressione di consegna sempre ottimale. E’ possibile far fronte alle eventuali maggiori ed imprevedibili richieste senza esecuzione di nuove opere ma semplicemente con una maggiore spesa energetica di sollevamento.
Esaurito l’esame del comportamento generale della rete ideale si è evidenziato il suo funzionamento nei momenti salienti delle giornate di massimo consumo ed in quella di consumo medio annuo riportando sugli schemi planimetrici (che per brevità si omettono) i risultati dei calcoli di verifica e ricavando da essi il profilo idraulico nelle varie condizioni di funzionamento (v. fig. n. 14) da cui si possono trarre, a conferma dei concetti esposti sopra, importanti conclusioni.

Si nota innanzitutto come le forti escursioni della pressione di partenza che si verificano passando da una condizione all’altra, non provocano alcun inconveniente all’utenza in quanto non interessano la rete di distribuzione vera e propria ma solo il suo primo tratto (nodi 1 – 101) nel quale non ci sono prelievi. Si tratta, nell’esempio e molto spesso anche nella realtà, di una condotta singola di collegamento della rete magliata con l’impianto di produzione posto fuori del centro da servire e che, come tale, per portate di una certa entità necessita di notevoli carichi idraulici. D’altro canto non conviene abbondare eccessivamente nel dimensionamento di tale tubazione considerato che i periodi di portata elevata sono statisticamente poco frequenti e che pertanto, come risulta anche dai conteggi sopra riportati, il consumo energetico annuo risulta comunque contenuto.
La rete magliata, al contrario, conferma le sue ottime caratteristiche effettuando il trasporto di grandi portate d’acqua con modeste perdite di carico e quindi senza grandi variazioni della pressione di consegna. La centrale funziona alla massima pressione manometrica (100-105 msm) soltanto nei momenti di effettivo bisogno quali sono ad esempio, nel giorno di consumo massimo il periodo che va dal consumo medio giornaliero (900 l/s) a quello di punta (1350 l/s) e nel giorno di consumo medio annuo, la sola ora di punta (900 l/s). Durante tutti gli altri periodi, ivi compreso anche quello di riempimento del serbatoio nel giorno di consumo massimo, la centrale è in grado di far fronte ai fabbisogni con una pressione media e medio-bassa.
In particolare per consumi pari circa alla media annua (600 l/s) ed anche per il riempimento notturno del serbatoio nei giorni di massimo consumo, è sufficiente una pressione di pompaggio di 80-85 msm mentre per tutti i periodi di bassi consumi notturni la pressione si abbassa fino a circa 65 msm. Tutto ciò si traduce in evidenti economie nell’energia consumata annualmente per il sollevamento.
Nel territorio abitato le pressioni sono livellate essendo concentrate, in tutti i casi esaminati, compresi quelli estremi, in due fasce (v. zone tratteggiate nella fig. 14): quella del funzionamento diurno nella quale di ha una pressione assoluta massima di msm 84 ed una minima di 70 msm., quella del funzionamento notturno con pressione da m. 52 a m. 65. La pressione di consegna nel nodo 118, assunto come rappresentativo della rete, è di m 70 di giorno e m. 60 di notte come da diagramma prefissato.
Per quanto riguarda il funzionamento delle condotte di rete, dall’esame dei risultati dei calcoli, si è rilevato come tutti i tronchi concorrano solidalmente al trasporto dei richiesti volumi d’acqua che pertanto ha luogo, in ogni condizione di funzionamento, con perdite di carico estremamente contenute. Ciò si evidenzia particolarmente durante la notte del giorno di max consumo quando, con consumi quasi nulli dell’utenza e con il serbatoio di rete in fase di riempimento, anche le condotte più lontane dalla centrale, invertendo la direzione di moto dell’acqua, riescono ad addurre, nonostante la loro ubicazione idraulicamente sfavorevole, notevoli volumi d’acqua al serbatoio stesso.
In definitiva si può affermare che, nella rete dell’esempio, il carico idraulico disponibile viene sempre utilizzato in modo ottimale, con perdite di carico contenute e non senza garantire una corretta consegna dell’acqua all’utenza.

 

3.2) LA SCELTA DELLE POMPE

Nei grafici relativi al funzionamento della rete ideale nelle varie giornate tipo e secondo tutte le modalità di funzionamento possibili, alcune delle quali formano oggetto delle fig. da n. 9 a n. 12 mentre altre non sono riportate nel presente testo, si sono evidenziati con un circoletto numerato i punti salienti di sollevamento dell’impianto principale che, riportati sul grafico cartesiano di fig. n. 15, hanno consentito di definire, con un congruo margine di sicurezza, la fascia caratteristica del pompaggio.

Pur non escludendo la possibilità di realizzare la stazione di pompaggio con una serie di pompe a velocità fissa al fine di raggiungere buoni risultati con costi più contenuti, dal grafico risulta che la soluzione ottimale sarebbe quella con pompe a velocità variabile più adatte a cop

rire interamente l’area di lavoro. Si noterà come la fascia sia caratterizzata da una minor pendenza e larghezza nella parte bassa del grafico il che ha consigliato di dividere il campo in due parti ben definite ed indicate in disegno con diverso tratteggio. Sono state quindi scelte due pompe a velocità variabile dimostratesi atte a coprire, con buone caratteristiche funzionali, tutto il campo di lavoro.
Quella più piccola con portata variabile da 150 a 600 l/s circa e prevalenza da circa 35 m a 55 m. resta in funzione per un tempo pari a circa il 40% del totale annuo tale essendo la percentuale statistica di frequenza delle portate orarie pari o inferiori alla media annua.
L’altra pompa avente portata, a basso numero di giri, pari a 600 l/s e, alla velocità massima, 1300 l/s circa con una prevalenza da 55 a 115 m circa farà fronte, oltre che al riempimento notturno dei serbatoi di compenso, anche ai rimanenti fabbisogni dell’utenza.
Si fa notare come le apparecchiature di sollevamento descritte consentano di soddisfare i fabbisogni della rete in tutte le più disparate condizioni anche in quelle improbabili ma pur sempre possibili. Per la definizione della fascia di lavoro delle pompe, sono stati infatti utilizzati grafici di funzionamento relativi ai giorni di consumo massimo, medio e minimo considerando per ognuno di essi vari modi di sfruttamento della capacità di compenso dei serbatoi che vanno dall’utilizzazione dell’intero volume di invaso fino ad una utilizzazione nulla. Le pompe scelte e la rete esaminata saranno quindi in grado di far fronte, a prezzo soltanto di una maggior spesa energetica, anche a situazioni eccezionali quali sono, ad esempio, il fuori servizio del serbatoio di compenso nel giorno e nell’ora di punta.

 

4) CONCLUSIONI

Il lavoro svolto riguarda la razionalizzazione di una rete elementare di costituzione molto semplice in quanto ritenuta sufficiente a comprovarne la validità. Le metodologie proposte allo scopo sono però applicabili, con buoni risultati, anche a reti complesse quali sono, ad esempio, quelle dotate di più impianti di produzione, quelle alimentanti territori variegati sia dal punto di vista altimetrico che da quello dei consumi specifici nelle quali si avrà cura di asservire ogni centrale di sollevamento o di risollevamento ai nodi della sottorete di appartenenza. Si potrà, anche allora, constatare come il funzionamento a pressione di esercizio variabile e la grande elasticità di funzionamento propri della “rete ideale” si prestino ottimamente a risolvere problemi anche ardui in una costante ottica di contenimento dei costi energetici.
Alcuni esempi: nel caso di reti alimentate con fonti diversificate sia per ubicazione che per qualità (acqua potabilizzata e acqua naturalmente potabile), si potrà abbassare il costo medio di produzione facendo funzionare alla sua massima producibilità 24 ore su 24 l’impianto che ha costi di produzione inferiori; nel caso di reti sottodimensionate si potrà rimediare aumentando la pressione diurna di esercizio; nei periodi o nelle aree caratterizzate da deficienza delle fonti si potrà economizzare mediante alimentazione ad una pressione il più bassa possibile ecc. ecc..
I concetti di base da cui trova origine tutta l’impostazione progettuale e di esercizio qui propugnata possono essere così riepilogati:
· il pompaggio a pressione variabile che comporta la messa al bando dei serbatoi pensili ma consente la massima elasticità ed economicità di esercizio;
· le modalità di compensazione giornaliera delle portate da effettuarsi per la maggior parte con serbatoi a terra annessi alla produzione e, per la parte restante, con serbatoi a terra ubicati in posizione baricentrica dell’utenza;
· le modalità di pompaggio a soglia preimpostata;
· la preimpostazione delle pressioni che durante la giornata devono essere assicurate nei vari punti della rete;
· l’utilizzazione della rete sia per l’adduzione dei volumi d’acqua ai serbatoi di compenso in rete sia per la distribuzione agli utenti;
· il telecomando e telecontrollo della rete a mezzo impianto automatico.

Le soluzioni proposte consentono:
1) Rilevanti economie sia costruttive che di gestione dell’insieme acquedottistico;
2) La possibilità di far fronte ad imprevedibili necessità grazie alle grandi doti di elasticità possedute dalla rete;
3) La razionale utilizzazione dei volumi d’acqua accumulati nei serbatoi sia nei giorni di punta, sia in quelli di portata minima e sia per far fronte ad impreviste necessità:
4) di graduare le pressioni di rete in funzione delle effettive necessità dell’utenza garantendo in ogni condizione di esercizio la consegna dell’acqua alla pressione adeguata.

In definitiva l’ esercizio delle reti e dei relativi impianti condotto secondo le modalità descritte nel presente lavoro costituisce un modo corretto, razionale ed economico di gestione.
Chi scrive ha potuto verificare tali risultati nell’esercizio di più acquedotti che, pur essendo dotati di apparecchiature di regolazione meno sofisticate di quelle necessarie per la rete ideale citata, funzionano automaticamente a pressione variabile asservita alle richieste di rete da oltre vent’anni.
Caratteristica saliente un sollevamento che, pur garantendo una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale, si è svolto per la quasi totalità delle ore di funzionamento di tutto il ventennio a bassa pressione essendo quello ad alta limitato a periodi brevissimi: è evidente l’economia realizzata nella spesa di sollevamento.
Un’altra esperienza che si è potuta fare è quella relativa ai vantaggi offerti dalla riduzione della pressione notturna di pompaggio. A tale scopo si è, durante la notte, forzatamente alimentata la rete a pressioni maggiori di quelle normali constatando come le portate minime immesse in rete (costituite in tal caso quasi esclusivamente da perdite di rete) subissero, per effetto dell’aumento di pressione (da 20 a 45 m.), un incremento corrispondente circa al raddoppio di valore.
Come già detto tutte le soluzioni proposte nel presente lavoro riguardano acquedotti di medie dimensioni. Certamente i grandi sistemi acquedottistici richiedono tecnologie migliori. Si tratterà ad esempio di più sofisticate procedure di calcolo per l’ottimizzazione in continuo della produzione, accumulo, pompaggio e trasporto dell’acqua, di nuove metodologie di determinazione della pressione ottimale di consegna all’utenza, di verifica e localizzazione in automatico delle perdite di rete e di verifica automatica del funzionamento idraulico dell’insieme acquedottistico. Su alcuni punti però troveranno conferma, senza tema di smentita, le tecniche qui proposte: nel funzionamento a pressione variabile degli impianti, nella parziale compensazione giornaliera delle portate da effettuarsi in rete mediante serbatoi a terra, nell’utilizzazione della rete sia per l’adduzione che per la distribuzione dell’acqua ed infine sull’importanza che riveste l’impianto di telecontrollo e telecomando della rete.
Ciò è dovuto ad alcune delle prerogative insite nella natura stessa delle reti, nelle leggi che ne regolano il funzionamento idraulico ed infine nelle usuali modalità di consumo dell’utenza, prerogative di cui, con il progredire della tecnica, non si potrà trascurare lo sfruttamento.
Merito del presente lavoro si ritiene sia quello di averne messo in luce, enfatizzato e documentato con esempio di verifica teorica le caratteristiche.
Merito ulteriore, anche se di minor rilievo, quello di contribuire affinché nella città futura non siano presenti gli ingombranti ed antiestetici serbatoi pensili messi al bando dalla diversa tecnologia quì proposta.

 

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UN MAXI SERBATOIO PER L’ISOLA D’ELBA

Un maxi serbatoio sotterraneo per spegnere la grande sete dell’isola d’Elba

Articolo pubblicato nel n. 75, Gennaio-Aprile 2005, della rivista “Gallerie e Grandi Opere Sotterranee”, Patron Editore, periodico della Società Italiana Gallerie riconosciuto dal C.N.R.


A) PREMESSA

ig. 1 = Planimetria dell’Isola d’Elba con il tracciato della galleria-serbatoio

 

Serbatoio isola d’Elba

Un problema fondamentale per l’isola d’Elba è quello di poter disporre dei quantitativi d’acqua necessari non solo per gli indispensabili usi potabili della popolazione residente e turistica ma anche per altre determinanti necessità della sua economia (irrigazione agricola, annaffiamento giardini e orti, usi industriali ed artigianali, docce, piscine, ecc.). La sua risoluzione, un tempo basata esclusivamente sulle risorse idriche locali, ha incontrato notevoli difficoltà per le caratteristiche climatiche e fisiche del territorio. In particolare la piovosità molto scarsa e quasi inesistente proprio nei periodi estivi di maggior richiesta d’acqua, in uno con una conformazione montagnosa i cui compluvi danno origine a fossi o rii completamente asciutti per la gran parte dell’anno, riducono notevolmente la possibilità di accumulo negli invasi naturali sotterranei di ravvenamento delle sorgenti e quella di soddisfacimento diretto delle altre necessità citate, nel mentre grandi quantitativi del prezioso elemento vengono scaricati a mare durante i brevi periodi di piogge intense. In anni relativamente recenti si è pensato di integrare la produzione locale data dai pozzi e dalle sorgenti con l’approvvigionamento esterno ottenuto tramite la tubazione sottomarina di collegamento con la terraferma e il trasporto con navi cisterna ma, ciononostante, la richiesta idrica non risulta pienamente soddisfatta e si verificano sovente dei periodi di crisi nei quali l’Ente gestore degli acquedotti deve ricorrere al razionamento dell’acqua distribuita.
Nella planimetria generale della fig. 1 allegata sono schematicamente rappresentate alcune possibilità di alimentazione idrica dell’Elba. Tra di esse solo la condotta di collegamento con il continente è un’opera realmente esistente ed è quella che contribuisce in maniera determinante, sia pure con pericolo crisi alterne, al soddisfacimento della richiesta idropotabile dell’ isola. Le altre indicazioni si riferiscono ad ipotesi formulate in varie epoche ma che non hanno ancora trovato applicazione pratica. Tali sono, come sarà più avanti spiegato, i bacini artificiali da realizzare mediante dighe di ritenuta a Pomonte e a Patresi soluzione sostituita da quella inerente la costruzione di 21 laghetti sparsi in tutta l’Isola ed infine il bacino sotterraneo da costruire con diaframmi di impermeabilizzazione nella piana di Marina di Campo.

Veduta dell'Isola d'Elba con il tracciato del serbatoio-galleria
Veduta dell’Isola d’Elba con il tracciato del serbatoio-galleria

E’ infine rappresentato il tracciato di massima del serbatoio/galleria che, circondando il Monte Capanne, costituisce l’oggetto precipuo del presente lavoro. Si tratta di un’opera totalmente sotterranea che, a prima vista, desterà scetticismo essendo normalmente destinata ad usi completamente diversi da quello qui previsto anche se, in realtà, la sua utilizzazione è abbastanza frequente. Si fa infatti notare come la maggior parte degli impianti idroelettrici a condotta forzata sotterranea siano muniti di vasche di espansione le cui caratteristiche costruttive e di funzionamento idraulico sono del tutto simili a quanto qui proposto. L’opera medesima non è in assoluto una novità nemmeno in campo acquedottistico in quanto risulta realizzata ed utilizzata da oltre mezzo secolo nell’acquedotto di Torino e in quello Campano per scopi idropotabili identici a quelli che di seguito si indicano nonché in analogo serbatoio/galleria costruito, in questi ultimi anni, nei pressi di Latina. A giudizio di chi scrive essa è invece atta ad affrancare l’isola da ogni assoggettamento esterno e ad offrire le più ampie garanzie di soddisfacimento del suo fabbisogno idrico futuro senza provocare danni di sorta nè all’ambiente né all’economia del territorio. Una sua precipua caratteristica che si vuole subito evidenziare è la possibilità di realizzazione dell’opera per stralci successivi tutti immediatamente funzionali e che consentono di dilazionare la spesa nel tempo offrendo immediati e notevoli vantaggi nell’approvvigionamento idrico dell’intera isola.

B) FABBISOGNO IDRICO E PIOVOSITA’

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Fig.2 = Consumi idrici anno 1997 e piovosità media anni 1965/1985


Le grandezze in gioco nel rifornimento idrico dell’Isola d’Elba, sono approssimativamente rappresentate nel grafico della fig. 2 allegata.
Vi sono riportati i volumi d’acqua potabile effettivamente forniti all’utenza mese per mese durante una passata annata e quelli che, in via approssimativa, sarebbero necessari per soddisfare interamente la richiesta dell’utenza per i prossimi 10 anni ed infine i volumi medi di pioggia che sono caduti in questi ultimi anni nella zona ovest dell’Isola d’Elba, zona che interessa particolarmente le opere oggetto della presente relazione per una superficie di circa 30 chilometri quadrati contro i 223 chilometri quadrati dell’intero territorio dell’isola.
Balzano immediatamente agli occhi :
· il grande deficit esistente tra portata massima necessaria (circa 60.000 mc nel giorno di massimo consumo) e quella estiva ora disponibile che ammonta, al massimo, a circa a 35.000 mc al giorno;
· una consistente sovrabbondanza, rispetto a quelli necessari, dei volumi d’acqua di pioggia che precipitano annualmente in isola. L’Isola d’Elba dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni idrici;
· Il notevole divario temporale tra il periodo di elevata richiesta idrica che ha luogo d’estate e quelli di abbondanti precipitazioni atmosferiche che, al contrario, si verificano statisticamente in tutti i periodi dell’anno fatta eccezione appunto per quelli estivi. Da tale fatto derivano la mancata alimentazione delle falde locali ed anche di quelle della Val di Cornia che attualmente fornisce agli acquedotti elbani la maggior parte dell’acqua e quindi il citato deficit idrico e le ripetute crisi del rifornimento idropotabile della popolazione.
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Interessante anche il grafico della figura 3 nel quale gli stessi volumi giornalieri che si prevede necessari all’Elba per i prossimi 10 anni sono riportati in ordine decrescente, onde far risaltare le varie classi di consumo. Esse hanno la seguente consistenza:

· Le giornate di consumo elevatissimo (circa 60.000 mc giorno) sono molto poche e cioè circa 50 all’anno.
· Il consumo abbastanza elevato (45.000 mc giorno) si verifica mediamente per altre 30 giornate l’anno.
· Per ben 285 giornate dell’anno esaminato si avranno solo consumi bassi (17.000 mc/giorno circa) o bassissimi (10.000 mc/giorno).
Le conclusioni che si possono trarre sono:
1) L’isola d’Elba ha bisogno di un quantitativo d’acqua potabile molto elevato per un periodo assai breve ma che coincide con quello di scarse precipitazioni piovose.
2) I volumi d’acqua che piovono annualmente in isola, se non fossero temporalmente sfalsati rispetto al fabbisogno, sarebbero ampiamente sufficienti alla sua alimentazione idropotabile.
La soluzione del problema appare ovvia: immagazzinare durante i periodi di scarsi consumi l’acqua in esubero e conservarla per poterla utilizzare d’estate durante i brevi periodi di richiesta elevata.

C) I LAGHI ARTIFICIALI E LE ALTRE SOLUZIONI DELL’ENTE GESTORE

Tra le soluzioni che gli Enti addetti hanno in animo di adottare per la risoluzione del problema in argomento alcune sono basate, in maniera del tutto analoga a quanto forma oggetto del presente lavoro, sulla raccolta ed accumulo di grandi volumi d’acqua durante i periodi di pioggia intensa e di scarsi consumi.
Quella che raccoglieva consensi concerne due bacini artificiali da realizzare a mezzo dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi (vedi planimetria generale fig. 1) e ritenuti atti a contenere i citati volumi d’acqua per utilizzarli nei momenti di maggior bisogno. Tali interventi, attuati con successo in altre località afflitte da carenza idrica, non sono, ad avviso di chi scrive, proponibili in quanto nel caso specifico dell’Isola d’Elba presentano i seguenti gravi inconvenienti:
· difficoltà di reperire ed espropriare aree adatte a ricavare grandi bacini superficiali;
· gravi danni all’ambiente causati dai laghi che d’estate devono essere svuotati onde utilizzarne l’invaso;
· pericolo di franamento delle sponde soggette a ripetuti invasi e svasi;
· rapido interramento del bacino e conseguente sua diminuzione della capacità utile;
· grandi perdite d’acqua causate dall’evaporazione;
· peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’acqua immagazzinata nei laghi superficiali;
· possibilità di atti vandalici
· trattandosi di bacini all’aperto soggetti a notevoli perdite per evaporazione non è consigliabile immettervi, come sarà proposto invece nel serbatoio/galleria, acqua potabile avente costi di produzione relativamente elevati. 
In anni più recenti al posto dei due bacini di Pomonte e Patresi si erano progettati 21 laghetti sparsi un pò dovunque nell’Isola ma anche questa soluzione è morta sul nascere
Una terza soluzione per raccogliere le acque di pioggia, ma che non ha avuto seguito, è quella descritta nel lavoro : “Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba” redatto da prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa”. Essa prevede, come sarà meglio spiegato più avanti, di costruire un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo (vedi fig.1).
Gli altri interventi, già in via di parziale esecuzione o comunque di attuazione già decisa dagli enti preposti al servizio idrico dell’Elba, e cioè la costruzione di nuovi pozzi e l’installazione di impianti per la desalinizzazione di acque salmastre o di quelle marine mal si conciliano con le necessità dell’Isola in quanto non sono in grado di fornire portate rilevanti durante il breve periodo estivo. Sono invece atti, gli impianti di desalinizzazione, a fornire portate modeste ma costanti per tutto l’anno ed i pozzi a produrre acqua in tutti i periodi ma con esclusione di quelli estivi durante i quali la falda sotterranea riduce sensibilmente la sua producibilità. In periodi particolarmente siccitosi le falde idriche sotterranee dell’Isola d’Elba ed anche quelle della Val di Cornia accusano infatti degli abbassamenti di livello così marcati da provocare notevoli immissioni di acqua marina o salmastra che le rendono assolutamente inutilizzabili ai fini potabili. La situazione è aggravata dalla insufficiente possibilità di costituire nell’Isola invasi d’acqua potabile poichè nelle progettazioni dei nuovi desalinizzatori non è  affatto prevista la costruzione di serbatoi di compensazione delle portate, compensazione oltremodo necessaria visto la notevole diversità che esiste tra portata prodotta che è costante nel tempo e portata richiesta dall’utenza che invece è variabilissima. Da rilevare che la particolare conformazione della rete di distribuzione elbana composta da oltre una cinquantina di reti separate e molto spesso in serie l’una con l’altra e quindi con sequenze idrauliche del tutto casuali che rendono quasi impossibile alla cinquantina di  serbatoi esistenti di compiere perfino  la compensazione giornaliera.La conseguenza è la necessità , matematicamente impossibile da attuare, di immettere direttamente in rete portate continuamente variabili. Ne è riprova il fatto che la punta estiva di consumo non viene mai coperta se non immettendo in rete acque salmastre oppure addirittura  sospendendo alternativamente zona per zona  la fornitura dell’acqua.
Una ulteriore proposta riguarda l’utilizzazione, sia ad uso potabile sia quale acqua grezza per usi vari come l’irrigazione e gli usi complementari di quelli potabili, delle acque restituite dalle fognature pubbliche sottoposte ad adeguato trattamento. Anche questa soluzione, spesso adottata in ottemperanza con le indicazioni delle leggi vigenti in materia di disciplina delle acque e quando si è in presenza di scarichi di grandi città aventi notevoli portate d’acqua reflua, mal si presta nel caso dell’Isola d’Elba a causa dell’eccessivo spezzettamento del servizio fognario che comporterebbe una miriade di piccoli impianti di trattamento di difficoltosa e onerosissima gestione cui deve aggiungersi, nel caso dell’acqua grezza, la necessità di costruire e gestire una doppia rete di distribuzione.
Il quadro del tutto negativo della reale situazione elbana è completo quando si consideri l’impossibilità di incrementare la fornitura d’acqua proveniente dalla terraferma e cioè dalla Val di Cornia essendo invece da prevedervi carenze idriche ancora più gravi di quelle attuali per motivi svariati tra cui:
· insufficiente producibilità delle fonti rispetto al fabbisogno dell’utenza che da esse dipende;
· concomitanza delle crisi estive della Val di Cornia con quelle Elbane;
· eccessivo inquinamento delle falde della Val di Cornia da boro e da arsenico cui si è posto rimedio con costosi trattamenti ubicati nella Val di Cornia in prossimità delle fonti principali;
· impossibilità di aumentare l’adducibilità dell’esistente condotta sottomarina di collegamento con la terraferma.
Per documentare lo stato di crisi della Val di Cornia basterà riportare integralmente la seguente frase riepilogativa delle indagini svoltevi dal CIGRI Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche: ” L’insieme delle conoscenze acquisite disegna un quadro di gravissima emergenza”.

D) DESCRIZIONE DELLE OPERE CHE FORMANO L’OGGETTO DEL PRESENTE LAVORO

II manufatto in progetto consiste in un grande serbatoio per acqua potabile da realizzare mediante escavo di una galleria di notevole sviluppo e di adeguata sezione nel materiale roccioso sottostante i monti Capanne e Perone dove sono più frequenti le piogge. La galleria, posta orizzontalmente alla quota di 150 metri sul mare, con il suo andamento planimetrico che circonda tutta la parte ovest dell’isola, consente di drenare e ricevere gran parte delle acque di pioggia che cadono in essa.

Fig. 4 = Planimetria della parte ovest dell’Isola d’Elba

Le sue caratteristiche salienti possono essere così riassunte:
1 – si tratta di un’opera totalmente invisibile e che, pertanto, non arreca nessun danno al paesaggio dell’isola;
2 – il suo grande volume d’invaso consente di accumulare gran parte delle acque di pioggia relative al bacino imbrifero sotteso costituendo una riserva in grado di effettuare la compensazione trimestrale delle portate per usi potabili e per usi vari di oltre 250.000 abitanti equivalenti;
3 – il suo andamento plano-altimetrico consente, come sarà avanti descritto, una facile raccolta delle acque delle sorgenti, dei fossi distribuiti in tutta la zona e delle falde sotterranee, ivi esistenti e che attualmente si scaricano direttamente in mare senza che la loro presenza sia nota.
4 – La quota altimetrica del serbatoio/galleria consente di alimentare una buona  parte dell’utenza direttamente a gravità riservando il sollevamento tramite pompe alle sole aree abitate poste a quote elevate;
5 – Trattandosi di manufatto sotterraneo l’acqua accumulata può rimanervi per lunghi periodi al riparo da perdite per evaporazione e da agenti esterni vari come l’irraggiamento solare e la possibile immissione di inquinanti e conservare pertanto intatte le sue naturali doti di freschezza ed potabilità;
6 – Essendo formata da numerosi tronchi ognuno dei quali può funzionare indipendentemente dall’altro, sarà possibile effettuare alternativamente i lavori di manutenzione e pulizia senza interrompere l’alimentazione dell’utenza.
7 – Sarà sempre possibile immettere nel serbatoio/galleria eventuali volumi d’acqua provenienti da fonti diverse da quelle descritte come ad esempio quelli prodotti per desalinizzazione dell’acqua del mare oppure come quelli addotti dalla Val di Cornia, raccolti da sorgenti poste al di fuori del bacino imbrifero sotteso dalle opere in progetto oppure emunte tramite pompe sommerse da pozzi terebrati nelle falde profonde e che risultino in eccedenza rispetto al fabbisogno momentaneo.
8 – Le opere potranno essere costruite per stralci funzionali in modo da diluire la spesa nel tempo.
9 – Il serbatoio, essendo assolutamente inaccessibile a tutte le persone estranee al servizio acquedottistico è salvaguardato da possibili atti di vandalismo.
10 – L’ubicazione del grande serbatoio nella parte occidentale dell’Isola cioè nel punto diametralmente opposto rispetto a quello di arrivo della condotta di adduzione dell’acqua dalla Val di Cornia, gli conferisce una ottima funzionalità idraulica di compensazione delle portate sia nell’attuale ed autonomo assetto acquedottistico sia in quello futuro integrato nel competente ATO (vedi art. P).
11-L’accumulo di grandi quantitativi d’acqua piovana contribuisce a lenire i danni provocati in caso di eventi piovosi particolarmente intensi.

E) CARATTERISTICHE GENERALI DEI MANUFATTI IN PROGETTO


Il serbatoio/galleria consiste principalmente un manufatto a sezione circolare del diametro interno di 10 m. e ad andamento planimetrico ad anello che circonda, a notevole profondità sotto il suolo, il territorio ovest dell’isola e le sue alture tra le quali spiccano il Monte Capanna e Perone aventi rispettivamente una quota alla vetta pari a 1018 e 630 metri sopra il livello del mare ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ). Lungo il perimetro esterno ed in corrispondenza dei principali avallamenti del suolo, sono previsti dei vertici planimetrici nei quali l’opera affiora in superficie rendendo estremamente agevole, tramite modeste opere di presa superficiali, la raccolta ed immissione dei fossi o dei rii previa eventuale decantazione, filtrazione e disinfezione da eseguirsi presumibilmente in galleria, nonché l’immissione diretta delle acque in esubero di qualunque altra provenienza come pozzi o acquedotti locali o quella proveniente dalla Val di Cornia o infine dalla desalinizzazione dell’acqua dl mare. Altra caratteristica estremamente favorevole è data dalla possibilità di captare lungo il tracciato della galleria le acque di falda presenti nel sottosuolo e che attualmente si scaricano a mare senza nessuna loro segnalazione esterna.

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L’andamento planimetrico della galleria che attraversa perpendicolarmente tutti i compluvi e le vallette esistenti nel territorio ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ), garantisce che tutte le vene idriche che si sottopasseranno durante il suo scavo finiranno, grazie alla presenza di faglie o fratture del terreno roccioso, per essere richiamate all’interno come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere. Sarà quindi estremamente agevole creare, nei punti di intersezione con la falda, le opere per la raccolta e regolazione dell’acqua, ferma restando la possibilità della loro intercettazione e deviazione, in caso di bisogno, nella tubazione di drenaggio esterna (vedi fig. 8 =particolari delle immissioni in galleria dell’acqua di falda). Ogni immissione dovrà infatti essere tenuta sotto controllo quantitativo e qualitativo tramite apposite apparecchiature automatiche di misura e trasmissione continuativa dei dati. La presenza di faglie e fratture nel materasso roccioso attraversato dal serbatoio/galleria e che possono assicurare l’immissione, diretta o tramite le opere specifiche di cui al seguente art. G, delle acque di falda in galleria, è documentata nella pubblicazione del Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze “LE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” di Bencini, Pranzini, Giardi e Tacconi =Tacchi Editore – Pisa- contenente le indicazioni tratte da analisi stereoscopica delle foto aeree del territorio isolano. Si deve infine  rilevare che, qualora intervenissero delle serie motivazioni per evitare ogni interferenza con le falde idriche  esterne all’opera, la moderna tecnologia di scavo e di rivestimento della galleria-serbatoio consentirebbe anche di operare previa immissione di acqua un pressione all’esterno del cantiere garantendo ogni turbativa della falda naturale,

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Fiog. 7 = sezione tipo del serbatoio-galleria

Il serbatoio/galleria ricavato per tutto il suo sviluppo nello strato roccioso, sarà interamente rivestito in calcestruzzo armato al fine di garantirne la tenuta idraulica ed altresì creare una efficace protezione da ogni infiltrazione indesiderata (vedi fig. 7 = sezione tipo). Nella parte inferiore mediana troverà posto una canaletta interna atta a raccogliere ed evacuare le sabbie di deposito durante i periodici lavori di pulizia e da eseguirsi mediante getto d’acqua fornita dalla tubazione predisposta lungo la volta. Lungo la volta stessa sarà installata la linea elettrica di illuminazione e di alimentazione di eventuali attrezzi necessari per i lavori di manutenzione, i cavi per il comando e controllo delle apparecchiature e per la trasmissione dei dati, la tubazione per il rifornimento dell’acqua in pressione e quella per l’aria compressa, dove ritenuta necessarie. Nella parte inferiore e all’esterno del rivestimento in calcestruzzo troverà posto una tubazione di drenaggio indispensabile per l’evacuazione delle acque di infiltrazione durante i lavori di costruzione e che, in corso di esercizio, servirà alla eliminazione di eventuali acque esterne alla galleria che non avessero i requisiti di accettabilità, e sia di quelle acque che fossero comunque da evacuare sia stabilmente che temporaneamente. La galleria avrà andamento altimetrico orizzontale con platea a leggera pendenza verso i punti di imbocco.
Le considerazioni che hanno portato alla decisione di fissare, in prima approssimazione e salvo migliori determinazione da farsi in sede di progettazione esecutiva, la quota altimetrica del serbatoio a circa150 metri sul mare sono le seguenti:
1) – la quota deve essere il più bassa possibile al fine di allargare al massimo la superficie del bacino imbrifero sotteso e aumentare quindi le possibilità di raccolta d’acqua piovana;
2) – la quota di imposta del serbatoio deve, al tempo stesso, essere sufficientemente elevata per dare la possibilità di distribuire l’acqua del suo invaso direttamente a gravità alla maggior parte dell’utenza da alimentare.
3) – la scelta altimetrica definitiva deve consentire di immettere l’acqua direttamente nell’esistente rete di adduzione che collega tra di loro tutti gli acquedotti dell’Isola e quindi di alimentare l’intera isola fin dalla prima fase di esercizio utilizzando solo opere esistenti. E’ da rilevare come alla data attuale l’acqua proveniente dalla Val di Cornia una volta giunta all’Elba dopo il percorso sottomarino, percorre l’intera isola da Est verso Ovest tramite opere comprendenti condotte, serbatoi e impianti di sollevamento funzionanti tutti in serie ed aventi il loro punto finale di arrivo in un serbatoio posto in prossimità ed alla stessa quota dei quello sotterraneo in progetto. Fatte salve le necessarie verifiche sulla scorta dei dati reali, è prevedibile che, una volta costruito il nuovo serbatoio sotterraneo ed in attesa della realizzazione della nuova potenziata rete di adduzione e di distribuzione, si possano utilizzare gli stessi impianti a ritroso e cioè da ovest verso est e quindi alimentare da subito tutti gli acquedotti locali.

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Fig. 8 = Particolari dell’immissione in galleria della falda


Considerato che una corretta concezione della rete di distribuzione dell’acquedotto in una zona altimetricamente varia come quella dell’isola richiede comunque delle reti distinte per fasce altimetriche omogenee aventi ciascuna un’altezza massima di circa m. 80 al fine di assicurare corrette pressioni di funzionamento, considerato altresì che la prima fascia, quella che dal livello del mare a circa 100 metri sul mare è la più importante in quanto comprende la maggior parte del territorio abitato da servire, si è pensato di privilegiare la sua alimentazione in diretta e a gravità tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio/galleria, prevedendo che solo gli altri centri abitati posti a quota più elevata siano serviti mediante risollevamento meccanico dell’acqua.
In definitiva, con serbatoio a quota 150 m.s.m. e definita in 50 m. la perdita di carico per il trasporto dell’acqua da serbatoio alle singole reti dei centri posti nella fascia inferiore tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio stesso, rimangono disponibili 100 metri di carico idraulico necessario e sufficiente per il funzionamento a gravità delle reti di distribuzione medesime. In altre parole con la soluzione prospettata è possibile effettuare raccolta, accumulo e trasporto dell’acqua fino al domicilio di una buona parte degli utenti dell’isola d’Elba senza necessità alcuna di pompaggio ma interamente a gravità
3) – il carico definito come sopra rende possibile anche l’adduzione, sempre a gravità, dei volumi d’acqua diretti ai centri delle fasce superiori ma con la pregiudiziale della loro consegna in una vasca di raccolta posta ad una quota altimetrica pari a circa 100 msm. e nella quale dovranno pescare le pompe di risollevamento di cui ognuno di tali centri dovrà essere dotato per la distribuzione dell’acqua al domicilio dei propri utenti: si raggiunge il duplice scopo di dotare questi ultimi di quella pressione di esercizio che meglio si adatta alla loro posizione altimetrica estremamente variegata e di contenere la spesa energetica di risollevamento dell’acqua, considerato che si tratta in genere di centri di piccola entità aventi esigui fabbisogni idropotabili.
4) – le singole reti locali che attualmente usufruiscono di fonti proprie, possono, nei periodi di scarso consumo dei loro utenti (ad esempio durante le notti delle stagioni invernali), immettere nel serbatoio/galleria la portata in eccedenza rispetto al fabbisogno, tramite funzionamento a ritroso delle descritte condotte che, in questo caso, vi confluiscono a raggiera. In prima fase l’immissione in oggetto potrà aver luogo, per quanto detto, usufruendo della esistente rete acquedottistica di adduzione.
In sede di progettazione esecutiva la quota definitiva del serbatoio/galleria sarà, come tutte le altre caratteristiche costruttive, ridefinita sulla base di approfonditi studi. La quota potrà quindi subire modifiche, anche sostanziali, tenute presenti le conseguenze, sia negative che positive, che ne deriveranno in termini di maggiore o minore estensione del bacino imbrifero sotteso, di estesa della galleria, di qualità dei materiali incontrati, di pressione di funzionamento della rete di distribuzione, di necessità di pompaggio dell’acqua, ecc. ecc.
L’aspetto negativo dell’insieme di opere che il presente lavoro prevede, è rappresentato dalla necessità di smaltire lo smarino di galleria e cioè un quantitativo di oltre due milioni di metri cubi di roccia proveniente dallo scavo. Uno studio approfondito delle modalità esecutive delle opere potrebbe però risolvere brillantemente anche tale problema. Il territorio attraversato, fatti salvi i migliori accertamenti da effettuare in sede di redazione del progetto esecutivo, è infatti composto per la maggior parte da ottimo materiale lapideo che, oltre a fornire le necessarie garanzie circa la fattibilità tecnica della galleria e la stabilità dei terreni durante e dopo la esecuzione dei lavori, potrebbe anche costituire una importante fonte di materiale inerte per calcestruzzi e in genere da costruzione o per rilevati stradali, per la sistemazione di piazzali e campeggi ecc. ecc, sabbie per il ripascimento di arenili erosi dalle mareggiate, se non addirittura di meravigliosi graniti da lavorazione del tutto analoghi a quelli prodotti nelle cave di S. Piero. Il tutto come sarà meglio spiegato più avanti.
E’ inutile sottolineare come la progettazione esecutiva dell’opera debba essere, in ogni caso, preceduta da studi, indagini, rilievi, sondaggi, accertamenti ecc. ecc. atti a verificare le condizioni di fattibilità delle opere, il loro rapporto costi/benefici, le disponibilità idriche effettive del territorio, ed a definire le soluzioni tecnico/economiche ottimali di tracciato, di dimensionamento ed in genere di costituzione dei vari manufatti. Da notare come il tracciato definitivo sotterraneo del serbatoio/galleria sia molto elastico non essendo legato a particolari vincoli planimetrici fatta eccezione soltanto a quello di presentare delle finestre di accesso dall’esterno disposte (se necessario anche in derivazione dall’asse della galleria principale) in modo da facilitare lo scavo della galleria e di consentire l’immissione al suo interno delle acque raccolte in superficie. Il tracciato può pertanto svolgersi seguendo quei percorsi che dagli studi preventivi risulteranno i più idonei per la funzionalità idraulica delle opere e per la natura del sottosuolo e la presenza di faglie o fratture della roccia.

F) ELEMENTI ESSENZIALI DI DIMENSIONAMENTO DEI MANUFATTI

I principali dati sono i seguenti:
– bacino imbrifero sotteso : circa mq 40.000.000
– altezza minima di pioggia annua prevedibile: mm 500
– volume minimo d’acqua di pioggia annua totale: mc 20.000.000 suddiviso come segue:
volume pioggia disperso per evaporazione e traspirazione 58%: mc 11.600.000
volume deflussi superficiali 29%: mc 5.800.000
volume deflussi sotterranei 13%: mc 2.600.000
Totale: mc 20.000.000
– volume annuo raccolto dalla galleria mc 5.800.000 + 2.600.000 = mc 8.400.000
– volume trimestrale medio mc 8.400.000 / 4 = mc 2.100.000
– popolazione equivalente da alimentare: abitanti 250.000 nei periodi di maggior afflusso turistico e abitanti 50.000 nelle stagioni morte
– fabbisogno giornaliero nei giorni di punta: n. 250.000 x 0.300=mc 75.000 negli altri giorni : 50.000 x 0,300 = mc 15.000
– volume necessario per la compensazione trimestrale: gg 90 x mc 75.000 x 0.22 = mc 1.500.000
– volume utile di invaso del serbatoio/galleria: ml 25 600 x mq 76.20 = mc 1.950.000 corrispondente circa all’apporto medio trimestrale di pioggia (mc 2.100.000)

G) L’INCREMENTO DELLA PORTATA D’ACQUA POTABILE DA ACCUMULARE IN SERBATOIO

Poiché il serbatoio/galleria, al contrario di altre soluzioni come quelle degli invasi da ricavare mediante dighe di ritenuta o diaframmi sotterranei, è destinato a contenere acqua potabile cioè pronta per essere consegnata, senza alcun trattamento, all’utenza, devono essere poste in atto tutte le possibili attività volte alla captazione di tale prezioso elemento. Tra di esse assume una grande importanza l’immissione diretta in galleria delle falde soprastanti che avrà luogo man mano che procederà lo scavo senza che sia necessario alcun intervento particolare. Potranno però verificarsi dei casi in cui l’immissione in serbatoio di importanti quantitativi di acqua naturalmente potabile contenuta in sacche permeabili o semipermeabili di terreno soprastanti la galleria non abbia luogo per motivi vari come, ad esempio, la mancata fratturazione della roccia di estradosso della galleria che la rende assolutamente impermeabile, la particolare ubicazione planimetrica della sacca, la presenza, nella sacca medesima, di vie di fuga dell’acqua verso valle ecc. ecc. In tali casi sarà possibile favorire la raccolta di detti volumi d’acqua tramite perforazioni della roccia atte a realizzare il mancato collegamento idraulico o tramite diaframmi di impermeabilizzazione del bordo di valle della sacca atti ad eliminare le fughe descritte. Anche in questo caso si tratta di opere completamente sotterranee prive di impatto ambientale. Esiste una eccezione alla fregola espressa. Quando si dovesse dimostratre che le faldo sotterranee del m. Capanne non dovessero essere minimamente modificata esiste la possibilità di effettuare gli scavi ed il rivestimento della galleria con emissione verso l’esterno di acqua in pressione che tutela in toto l’ambiente esterno ai lavori.

H) LA CAPTAZIONE ED IMMISSIONE IN SERBATOIO DELL’ACQUA DEI FOSSI

L’apporto principale di acqua potabile da immettere nel serbatoio/galleria è senz’altro quello fornito, durante i periodi di pioggia intensa, dai fossi e quindi deve essere posta una cura particolare nella realizzazione delle opere atte allo scopo. Esse comprendono una presa da costruire nel fosso o nella valletta e costituita da una briglia e da un pozzetto di raccolta dal quale si diparte una condotta di diametro adeguato all’adduzione dell’acqua alla finestra di accesso alla galleria. La finestra, cioè quel tratto di galleria del diametro di 10 m.e di lunghezza variabile, che collega l’imbocco esterno con la galleria/serbatoio vero e proprio, (vedi figg. 5 e 6 ) può alloggiare, se ritenuto in fase di progettazione esecutiva necessario, tre strutture idrauliche poste una di seguito all’altra a partire dall’interno verso l’esterno:
– la vasca di decantazione dei materiali in sospensione nell’acqua costituita da un primo tronco di galleria della lunghezza massima di circa 100 m;
– la sala filtri che occupa il secondo tronco della lunghezza di circa 20 m;
– la sala pompe posta vicino all’imbocco esterno.
L’acqua del fosso, captata ed immessa nel decantatore come indicato, vi rimarrà per il tempo necessario perché il materiale in sospensione vi sia depositato; attraverso appositi manufatti di sfioro passerà poi nei filtri e quindi nelle sala pompe dove sarà provveduto all’immissione del cloro o altri mezzi di  di disinfezione e quindi al sollevamento per la definitiva adduzione, con percorso a ritroso, nel serbatoio/galleria, dove, come più volte indicato, dovranno essere immesse solo acque potabili.
La canaletta, ricavata nella parte inferiore della finestra, consentirà il periodico asporto del materiale di deposito nonché il lavaggio della vasca di decantazione e dei filtri da eseguirsi come di consueto in installazioni del genere.
Da rilevare come tutte le opere descritte, con la sola eccezione della briglia di presa, siano sotterranee e quindi presentino tutte gli stessi requisiti del serbatoio principale nei confronti dell’impatto ambientale.
In alternativa a quanto precede, la briglia di presa e le opere per la decantazione, filtrazione e disinfezione potranno, se particolari condizioni lo richiederanno, essere realizzate indipendentemente dalla galleria sia all’aperto sia in caverna. Potranno, ad esempio, essere ubicate ad una quota altimetrica superiore di quella del serbatoio/galleria con il vantaggio di evitare il sollevamento delle acque, oppure ad una quota inferiore allo scopo di poter aumentare, a fronte dell’onere di dover pompare l’acqua captata, la superficie del bacino imbrifero sotteso.
Le decisioni in merito alla raccolta delle acque dovrà in ogni caso essere preceduta da approfondite indagini sulla piovosità reale, sulle modalità di scolo naturale delle acque fosso per fosso e sulle modalità da seguire per una efficace loro raccolta. Da tali indagini potrà anche derivare la necessità di predisporre dei bacini di accumulo rapido delle acque grezze ben più capaci di quelli ricavabili, come indicato sopra, nelle finestre di accesso della galleria il che comporta una sostanziale modifica delle opere come sarà meglio descritto nei capitoli seguenti.

I) I SERBATOI SUPPLEMENTARI PER ACQUA GREZZA

Come già indicato le acque di pioggia che si raccolgono nei compluvi vengono, tramite una briglia posta di traverso alla valletta, deviate e quindi addotte alle vasche di decantazione ricavate all’interno delle finestre di accesso alla galleria/serbatoio vera e propria.
E’ evidente che i volumi d’acqua che si raccolgono sia pur per tempi brevi ma con notevole intensità nei fossi principali che sottendono vasti bacini imbriferi, richiedono invasi altrettanto notevoli che, come tali, potrebbero non essere però compatibili con le citate finestre di accesso. D’altro canto lo smaltimento dei depositi necessario per la pulizia dei decantatori impone di non eccedere nella loro lunghezza, fissata in circa 100 metri massimi.
Da tali considerazioni potrebbero, in sede di progettazione esecutiva, derivare modifiche sostanziali delle vasche di raccolta che da semplici strutture di decantazione delle acque, come previsto, potrebbero invece assumere la caratteristica di veri e propri serbatoi supplementari per acqua grezza. Nel caso, abbandonata l’idea di utilizzare la finestra, dovrà essere prevista la costruzione, a lato di ognuno dei fossi principali, di un serbatoio sotterraneo di grandi dimensioni e posto a quota sufficientemente elevata rispetto alla galleria per consentire lo svolgimento a gravità di tutto il processo depurativo e di adduzione dell’acqua: Essendo ogni serbatoio dal punto di vista idraulico totalmente a sé stante, potrà avere quelle dimensioni, forma, ubicazione che meglio si adatteranno alle circostanze locali sia dal punto di vista idraulico che da quello costruttivo.
Eccezionalmente, quando le condizioni idriche dei luoghi lo richiederanno, il serbatoio in argomento potrà essere costruito anche a quote notevolmente inferiori di quelle della galleria/serbatoio fatta salva, in tal caso, la necessità di prevedere il necessario sollevamento delle acque dopo depurazione.
Ogni serbatoio, con la sua notevole capacità ed essendo normalmente vuoto, resta pronto ad accogliere le acque intense che percorrono il fosso di sua competenza e che vi sono immesse nello stato in cui si trovano cioè torbide avendo subito soltanto la eliminazione delle ghiaie avvenuta ad opera del piccolo invaso posto a monte dell’opera di presa. Viene così attuata non solo la raccolta, in grandi quantitativi, della preziosa acqua piovana ma anche la laminazione delle piene e quindi migliorata la salvaguardia dei territori di valle dai danni che le alluvioni vi provocano spesso. Terminato l’evento piovoso ed avendo accumulato grandi volumi d’acqua, il serbatoio avrà, nelle giornate successive, tutto il tempo per dar corso al processo di decantazione, filtrazione e disinfezione per poter, una volta svuotato per averla scaricata nella sottostante galleria/serbatoio, essere pronto ad accogliere nuova acqua di pioggia.
I serbatoi per acqua grezza di cui si discute costituiranno, nel loro insieme, un notevole volume di invaso che rientra nel bilancio totale dei volumi utili per la compensazione trimestrale delle portate Si deve infatti tener presente che, di regola, essi sono destinati a restar vuoti in attesa della pioggia ma una volta raggiunto il massimo livello con l’acqua immessa nella galleria/serbatoio d’acqua pura, essi possono invece rimanere pieni e costituire quindi un importante volume integrativo da utilizzare anche a notevole distanza di tempo. In sede di definizione progettuale delle opere si potrà, grazie al contributo dato dai serbatoi d’acqua grezza in parola, assegnare alla galleria/serbatoio un volume utile più contenuto di quanto descritto ai capitoli precedenti al limite eccedendo nel volume integrativo dei serbatoi d’acqua grezza. I vantaggi ritraibili in tal caso saranno, come meglio spiegato nel capitolo seguente, notevoli.

L) VARIANTE DELLE OPERE PRINCIPALI CONSEGUENTE ALLA REALIZZAZIONE DEI SERBATOI D’ACQUA GREZZA

Una delle varianti alle opere principali dovuta alla presenza dei serbatoi d’acqua grezza descritti al capitolo precedente è quella basata sulla suddivisione del volume totale di invaso, in via approssimativa stimato in 2.000.000 di metri cubi utili, in due porzioni uguali, delle quali la prima, destinata a contenere acqua pura, è costituita dalla galleria/serbatoio il cui diametro può essere ridotto dai previsti 10 m. a soli 7 m. sufficienti per ottenere, con l’estesa totale prevista in 25 Km circa, il predetto volume utile di mc 1.000.000. La seconda porzione, stimata anch’essa in 1.000.000 di mc sarà realizzata a mezzo dei serbatoi d’acqua grezza che in via preliminare, potranno, ad esempio, essere in numero di 10 unità ognuna delle quali comprendente un vano ricavato nel sottosuolo roccioso con pianta circolare o quadrata della superficie di circa m 35 x 35 ed altezza di circa m 11 e munito di propria finestra per accedervi dall’esterno. L’ ubicazione plano altimetrica sarà definita, serbatoio per serbatoio, in modo che sia facilitato lo svolgimento delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere e cioè la raccolta delle acque di uno o di più fossi ubicati nelle vicinanze, la decantazione ed immissione dell’acqua filtrata e disinfettata nella galleria/serbatoio direttamente a gravità evitando quindi il suo sollevamento meccanico, ed infine l’estrazione del prezioso granito di cui è costituito il sottosuolo attraversato e che richiede lavorazioni del tutto particolari .
Ogni serbatoio, dotato ovviamente di tutte le strutture edilizie necessarie per la stabilità delle pareti e della volta di copertura,. avrà, analogamente a quanto precedentemente indicato per la galleria/serbatoio d’acqua pura, il paramento interno interamente rivestito in calcestruzzo armato allo scopo di garantirne la tenuta idraulica. Come già detto, potranno eccezionalmente essere previsti serbatoi analoghi a quelli in argomento ma posti lontano dalla galleria/serbatoio onde soddisfare a particolari esigenze . Dovranno, in tal caso, essere adottate delle modalità altrettanto particolari come il pompaggio meccanico dell’acqua captata e/o la costruzione di adeguate condotte di adduzione per consentire comunque il recapito finale dell’acqua depurata nella galleria/serbatoio. Nulla vieta che, nei fossi minori, la raccolta e decantazione dell’acqua sia attuata utilizzando la finestra di accesso come previsto nei precedenti capitoli ed evitando quindi la costruzione del serbatoio supplementare. Anche il volume dei piccoli decantatori così previsti rientra nel bilancio totale dei volumi di invaso utili ma il loro ammontare è così modesto da non meritare, in questa sede, alcuna menzione.

M) VARIANTE CON DUE SEMIBACINI PER ACQUA POTABILE E GREZZA E CON EVENTUALE PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Una interessante variante costruttiva e di esercizio in alternativa alla precedente di cui ai cap. I-L che aveva per oggetto i serbatoi supplementari per acqua grezza, é quella basata sulla suddivisione della galleria/serbatoio in due grandi semibacini a sezione semicircolare oppure a due circonferenze affiancate e separate da un setto interno verticale che la percorre in mezzeria per tutti i suoi 25 km di estesa. Se ne verrà dimostrata la convenienza, potranno essere previste anche due gallerie separate ed uguali tra di loro, ciascuna del diametro di 3.60 m e necessarie per avere un volume utile complessivo pari ai 2.000.000 mc richiesti. La soluzione a gallerie separate, a fronte di un indubbio maggior onere economico di costruzione, presenta il vantaggio di consentire l’impiego di macchine di scavo e rivestimento di dimensioni più contenute e, qualora se ne presentasse la necessità, di seguire due tracciati diversi e quindi raggiungere con le gallerie punti di particolare interesse.
Nel primo sottobacino, destinato all’accumulo dell’acqua grezza raccolta dai fossi, verranno ricavati, tramite alcuni setti trasversali, dei brevi tronchi posti in prossimità degli imbocchi esterni e destinati ad accogliere l’acqua non appena captata e a conservarla per il tempo necessario alla decantazione del materiale in sospensione. Da quì essa sfiorerà nella restante parte dello stesso semibacino, per restarvi poi a lungo prontamente disponibile per le diverse e possibili destinazioni.

altratecnica-galleria-doppiaPotrà essere, in dettaglio, derivata ed addotta all’utenza direttamente a gravità, nello stato in cui si trova e tramite una appropriata rete d’acqua grezza che raggiunga almeno i centri più vicini della zona ovest dell’Isola, per gli usi di irrigazione di orti o giardini o per quelli complementari come lavaggi, raffreddamenti, pulizia strade e fognature ecc. ecc. In alternativa il liquido accumulato potrà invece essere immesso, assieme alle altre acque potabili e quindi dopo aver subito il necessario processo di filtrazione e disinfezione, nel secondo semibacino dove costituirà la indispensabile riserva d’acqua potabile in grado di essere distribuita, sempre con funzionamento a gravità, fino al domicilio dell’utenza di tutta l’Isola d’Elba.
Questi gli usi principali cui sarà normalmente destinata l’acqua raccolta dai fossi. Esiste una ulteriore possibilità destinata a svolgere un ruolo importante nell’economia di gestione del servizio idrico e cioé quella della produzione di energia elettrica tanto più preziosa in quanto, grazie al grande volume di invaso, non é in alcun modo vincolata ad orario. Il serbatoio/galleria, dimensionato per il periodo critico estivo e, con ulteriore cautela, sulla base della piovosità minima, nelle restanti stagioni e in tutti i casi di piovosità normale o medio-alta, risulterà nettamente esuberante e quindi, con la sola esclusione del periodo estivo, all’Elba si renderanno disponibili ingenti quantitativi di acqua che, con un salto di 150 m., potranno essere convenientemente utilizzati per la produzione di energia-elettrica.
Da rilevare come alcuni fossi, ubicati all’interno del bacino imbrifero del serbatoio-galleria, nel periodo invernale mantengano per mesi e mesi una portata continua che, opportunamente captata ed immessa nel semibacino d’acqua grezza, costituisce da sola una importante risorsa idrica interamente sfruttabile per la citata produzione di energia elettrica.
La presente variante riguarda, in definitiva, la creazione di due sottobacini con le seguenti diversificate modalità di utilizzazione:
a) Primo sottobacino : accumulo di acqua grezza da sottoporre alla sola decantazione dei materiali in sospensione per un volume idrico totale pari a circa un milione di mc che potrà, a seconda delle necessità contingenti, essere in tutto o in parte distribuita nello stato in cui si trova, e, in alternativa, essere trattata e quindi trasferita nell’altro semibacino per entrare a far parte del volume d’acqua potabile pronto ad entrare nelle varie reti di distribuzione, oppure, terza ed ultima possibilità, essere usato per la produzione di energia elettrica.
b) Secondo semibacino. Accumulo di acqua potabile di diversa provenienza come acque naturalmente potabili delle falde attraversate con la galleria, acque provenienti da pozzi, sorgenti o acquedotti esistenti ed infine acqua derivata dal sottobacino n. 1) e preventivamente potabilizzata. L’intero volume idrico, pari anche in questo caso a circa un milione di mc e, soprattutto nel periodo estivo, integrato come detto dall’acqua grezza potabilizzata per un volume pari, al limite massimo di un altro milione di mc, rimane in quota esclusivamente ad uso potabile dell’intera Isola. Da rilevare come la favorevole circostanza di poter produrre energia elettrica sia dovuta a due fattori concomitanti all’ Elba e cioè da un lato alla ristretta concentrazione nel periodo estivo dei forti consumi idrici che lascia disponibili per tutto il resto dell’anno ingenti volumi dell’acqua accumulata nel grande serbatoio/galleria e quella continua fluente nei fossi e, dall’altro lato, alla notevole estesa longitudinale della galleria che le permette di sottendere un bacino molto ampio della zona ovest dell’Isola e quindi di poter usufruire di buona parte delle precipitazioni piovose che in tale zona sono particolarmente abbondanti.
Si tratta di un vantaggio in più offerto dal grande serbatoio/galleria che, in sede di progettazione esecutiva varrà la pena di sottoporre ad un’attenta analisi.

N) FATTIBILITÀ DELLE OPERE IN PROGETTO

L’esame di alcuni elementi relativi ai problemi idrici dell’Elba e totalmente estranei al presente elaborato può chiarire alcuni aspetti delle proposte tecniche avanzate.
Ad esempio nel già citato studio effettuato nell’anno 1998 dal dott. Prof. Pier Gino Megale del Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione “P. Celeste” Università degli studi di Pisa intitolato “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA “, trovano sommaria corrispondenza gran parte delle grandezze esposte nel presente lavoro (fabbisogno idropotabile, previsione delle piogge, volume da assegnare al serbatoio di compenso ecc.) e vengono formulati i seguenti concetti di base:
a) Gran parte degli inconvenienti dell’attuale sistema di rifornimento idropotabile dell’Elba sono dovuti agli sfasamenti temporali che si verificano tra punte di consumo e portate disponibili;
b) I volumi d’acqua di pioggia che annualmente precipitano in isola ,se razionalmente utilizzati, sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno idropotabile ed irriguo dell’isola;
c) Le risorse locali dell’Isola d’Elba vengono utilizzate come integrative delle forniture del continente, facendo l’opposto di quello che sarebbe logico immaginare
d) Per risolvere il problema è necessario costruire un serbatoio in grado di accumulare almeno 2 milioni di mc d’acqua.
e) Vista l’impossibilità di creare un bacino in superficie è necessario che il nuovo serbatoio sia ricavato nel sottosuolo.
E’ superfluo rilevare come le affermazioni indicate siano le stesse poste a base delle proposte tecniche qui formulate e che quindi confermino la validità delle scelte operate. Da notare come la brillante soluzione proposta dal Megale e consistente nella costruzione di un serbatoio sotterraneo naturale tramite diaframmi di impermeabilizzazione continui lungo un tratto di costa atti a contenere i necessari volumi d’acqua, per ammissione dell’autore medesimo, presti il fianco a pericoli come la vulnerabilità della falda ed il mancato consolidamento del terreno mentre il tali pericoli non sussistano per il serbatoio qui proposto che, essendo totalmente rivestito in calcestruzzo, consente di tenere sotto controllo ogni immissione d’acqua, nel mentre non viene arrecato alcun danno al sottosuolo attraversato. Il serbatoio-galleria in progetto presenta anche il vantaggio di trovarsi ad una quota sufficiente per alimentare a gravità gran parte degli utenti dell’intera isola mentre quello naturale descritto si trova al di sotto del livello del mare e pertanto richiede il sollevamento di tutta l’acqua a mezzo pompe. Seri dubbi potrebbero essere inoltre avanzati circa le garanzie di impermeabilità di tale serbatoio naturale . Da non dimenticare la caratteristica fondamentale del serbatoio/galleria che è quella di essere destinato a contenere acqua potabile per la quale, al contrario dell’altra soluzione, non è necessario alcun trattamento prima di distribuirla agli utenti.
Anche nell’opera “Le risorse idriche dell’Isola d’Elba” di Bencini A.,Giardi M., Pranzini G. ed altri edita nel 1985 da Tacchi Editore – Pisa, trovano conferma i dati idrologici del presente lavoro.

Fresa per lo scavo delle gallerie in roccia
Grande fresa per lo scavo delle gallerie in roccia. Entro circoletto nero la figura di un lavoratore per avere un’indicazione delle dimensioni

Uno studio serio e completo sulle possibilità di reperire in Isola venne inoltre eseguito dall’esperto geologo elbano Alberto Segnini il quale dimostro’ come l’acqua esistente poteva essere del tutto sufficiente per l’intera isola.
Altri avvenimenti dai quali è possibili ritrarre utili indicazioni sono le recenti alluvioni che, oltre a confermare il verificarsi in isola di notevoli precipitazioni piovose, fanno considerare estremamente utile la costruzione di un grande bacino come quello in progetto che, con la sua notevole capacità di invaso, è in grado di laminare, almeno in parte, le piene delle valli limitando i danni provocati dalle acque che altrimenti scorrerebbero in superficie.

 Utili deduzioni si possono infine trarre dalla constatazione che in tutti i lavori di scavo di gallerie simili a quella qui proposta si verifica il fenomeno, di norma fonte di grandi difficoltà per la prosecuzione dei lavori ma in questo caso provvidenziale in quanto facilita il reperimento delle indispensabili fonti di rifornimento idrico, della immissione nel cunicolo di scavo di tutte le acque esterne che si trovano nel territorio soprastante. Lo stesso fenomeno si è verificato all’Elba negli anni ’60 quando la Montecatini ha costruito alcune gallerie nella valle di Ortano per ricerca di minerali. In tale occasione i quantitativi d’acqua richiamati all’interno furono così rilevanti da costringere la Società ad abbandonare il lavoro. Si fa però notare come, nel caso sia necessario per tutelare la situazione del sottosuolo attraversato dalla galleria-serbatoio, i potenti mezzi attualmente in uso per l’esecuzione dei lavori consentono di far precedere l’avanzamento dello scavo da acqua in pressione che impedisce qualunque sconvolgimento delle falde attraversate rinunciando quindi al predetto utilizzo dell’acqua delle falde locali.

O) ORDINE DA TENERSI NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

La notevole mole delle opere in progetto assieme alla necessità di affinarne la costituzione man mano che i lavori proseguono e sulla base dell’esperienza di esercizio delle porzioni di serbatoio costruito in precedenza, rendono assolutamente necessario che la costruzione sia effettuata per stralci successivi e tutti funzionali. In particolare sarebbe opportuno eseguire un primo lotto di opere con cui realizzare quanto prima un serbatoio di circa 100.000 mc di capacità utile che consentirebbe, prima di dar corso all’opera completa, di verificare alcuni risultati come ad esempio la reale entità delle immissioni d’acqua di falda, gli introiti effettivi provenienti dalla utilizzazione del materiale di risulta dello scavo e, soprattutto, i vantaggi derivanti al servizio idrico dalla presenza di una capacità di accumulo d’acqua potabile per ben 100.000 mc.
Ultimato il primo lotto ed acquisite tutte le necessarie informazioni dal suo esercizio protratto per un tempo sufficientemente lungo, si potrà procedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione dei restanti stralci fino a raggiungere quella capacità complessiva di accumulo che l’esperienza diretta potrà consigliare.
Da rilevare come la costruzione immediata di un tronco di galleria, e quindi di un serbatoio da 100.000 mc, svolgerebbe un ruolo determinante nell’alimentazione idrica elbana anche nel caso la soluzione prescelta dagli addetti non fosse quella propugnata nel presente lavoro e come , pertanto, la costruzione del primo lotto indicato, sia essenziale per il futuro dell’Isola d’Elba. Ad esempio nel caso si decidesse l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, la presenza di un serbatoio di ben 100.000 atto ad effettuare la compensazione settimanale dell’acqua prodotta, rappresenterebbe l’indispensabile completamento di tali impianti.

 

P) PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA

La costruzione, in normali condizioni, di una galleria come quella in progetto completa di rivestimento in calcestruzzo armato e di opere accessorie può comportare una spesa di circa  4.100.000 euro al chilometro. Essendo l’estesa totale prevista in 25 chilometri circa, l’importo complessivo delle opere può essere stimato in  103 milioni di euro. Si tratta di un impegno economico notevole che, a tutta prima, può apparire ingiustificato. Una analisi approfondita delle circostanze particolari dei luoghi può portare a conclusioni differenti. Innanzitutto occorre considerare l’importanza, anche economica, che riveste il problema di un corretto e sicuro rifornimento idropotabile dell’intera isola, rifornimento che nello stato di fatto và incontro a crisi sempre più gravi date dalle difficoltà crescenti che incontrano le fonti della Val di Cornia costituenti la base principale di alimentazione. In secondo luogo bisogna far rientrare nel bilancio economico gli introiti che possono derivare dalla utilizzazione del materiale di scavo della galleria quale ottimo materiale inerte da calcestruzzi, ghiaie e sabbie per riporti utili e per la eventuale ricostituzione della morfologia originaria della bellissima isola onde rimediare ai danni ambientali provocati dalla coltivazione delle cave di granito ed infine di sabbie per il ripascimento di spiagge erose da mareggiate oppure per l’ampliamento di quelle esistenti o la creazione di nuove piccole spiagge. Da tenere in particolare considerazione la produzione di blocchi di granito la cui estrazione, finora effettuata nelle cave all’aperto su concessioni che attualmente stanno per scadere e che sembra abbiano poche probabilità di rinnovo, potrebbe continuare, questa volta, senza arrecare alcun danno all’ambiente. Da rilevare come alla data attuale i locali cavatori siano costretti ad integrare l’insufficiente produzione di granito elbano con quello importato dalla lontana Cina. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare anche la realizzazione di importanti porzioni di serbatoio a costo zero da attuarsi assegnando alle cooperative di cavatori degli spazi sotterranei in cui esercitare in piena libertà la loro attività fatto salvo soltanto il vincolo della quota altimetrica di estrazione del granito che è rigorosamente dettata dai vincoli idraulici del serbatoio. Non si può far a meno di concludere il capitolo inerente gli impegni di spesa senza far rilevare questo aspetto non secondario: i cavatori di quell’ottimo materiale che è il granito elbano invece di procurare immensi squarci alle montagne di S. Piero come fatto nel passato stanno costruendo grandi ed utili vasche sotterranee!

Q) IL SERVIZIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE ACQUE DELL’ATO (Ambito Territoriale Omogeneo)

Abbiamo visto come la costruzione del grande serbatoio/galleria e delle opere di captazione annesse, consenta di rendere il servizio idrico elbano autonomo ed autosufficiente riscattandolo dall’asservimento alla terraferma che tanti problemi sta creando. Questo però non significa che l’Isola sarà in futuro emarginata, essa invece potrà, come tutto il resto del territorio Italiano, entrare a far parte del servizio idrico integrato che riguarda l’intero ciclo delle acque di una più vasta zona (ATO= ambito territoriale ottimale) definita con criteri di razionalità sulla base della legge 36/94 (legge Galli) e di quelle eventuali che le succederanno senza che, per tale motivo, la funzionalità delle opere medesime sia compromessa. Al contrario si potrà, anche in tale occasione, constatare come siano molteplici i benefici che il futuro sistema ATO potrà ritrarne. Innanzitutto poter disporre di una importante fonte d’acqua integrativa ubicata in prossimità di un notevole e decentrato centro di consumo estivo qual è l’Isola d’Elba, significa liberare il grande sistema idrico del gravoso impegno di rifornirla da una terraferma posta ad oltre dieci chilometri di distanza. In secondo luogo la presenza di un serbatoio di estremità come quello qui proposto, quando e se saranno potenziati i collegamenti idraulici con la terraferma, costituisce, con il suo notevole volume di invaso, un fattore di grande sicurezza del servizio idrico dell’intero sistema consentendo, in caso di bisogno, interscambi di portate nei due sensi sempre molto utili tenendo anche presente che in futuro le modalità di reperimento dei notevoli quantitativi d’acqua potabile che il grande sistema idrico richiederà potranno essere notevolmente diversi da quelli attuali. Ad esempio potrà darsi il caso che si debba allora ricorrere al trattamento di acque superficiali, al riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate, alla desalinizzazione dell’acqua salata ecc. ecc. Ebbene sarà in tutte queste evenienze che il serbatoio di estremità si rivelerà ancora una volta utilissimo per la regolarizzazione della produzione che, a fronte di una richiesta idrica variabilissima nel tempo, la sua grande capacità di invaso renderà possibile.

R) IL PRIMO LOTTO – LA RISOLUZIONE IMMEDIATA DELLE CRISI ESTIVE E LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI RETE ALLO SCOPO DI RIDURRE DRASTICAMENTE LE PERDITE

Nel capitolo O) si è proposta la costruzione di un primo lotto di galleria-serbatoio specificandone l’utilità generale. In questo capitolo si ritiene opportuno aggiungere degli importanti dettagli e segnalare come tale opera potrebbe risolvere l’urgente grave problema delle crisi idriche estive utilizzando solo l’acqua potabile fornita dall’esistente acquedotto .
Un punto che riveste un’importanza capitale è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana facendo rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali. Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Si può sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma aumentano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che ciò si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. L’argomento perdite si conclude in questo modo: l’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare e gestire uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Le opere che si possono ragionevolmente prevedere si basano invece sulla ricostruzione delle condotte più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le perdite piuttosto elevate che è necessario tollerare. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile fin dalle opere del primo lotto in argomento.

Le considerazioni su riportate conducono ad una importante conclusione: è fondamentale per l’Elba riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile.
Si è già visto che la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani è quella di provocare crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno. E’ questo un argomento fondamentale da tenere sempre in mente e che è opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. E’ questo un ulteriore prova della validità del serbatoio-galleria che è appunti destinato a contenere acqua potabile.

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Fig.10 = Veduta schematica della prima fase di costruzione del serbatoio

Ed ora, si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di una prima parte del serbatoio-galleria (vedi fig. 10 allegata).

Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di invaso pari a soli 100000 mc di acqua potabile la quale, secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente prelevabile dalla rete acquedottistica durante i periodi autunno-invernali. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori e di altre complesse apparecchiature ma eventualmente con un solo sistema di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio della presente nota e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In sostanza un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

Nella fig. 10 si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione. La vasca viene alimentata tramite valvola di regolazione asservita alla pressione della rete.

S) IL TRATTAMENTO PER LA CORREZIONE DELL’ACQUA CAPTATA NELLA VAL DI CORNIA

E’ diffusa in questi giorni (settembre 2011) notizia del “piano anti boro” per l’acqua che scorre dai rubinetti di alcuni comuni della Val di Cornia e dell’isola d’Elba, da sempre alle prese con il problema del’arsenico e boro. Il piano vale 20 milioni di euro e comprende la costruzione e l’esercizio di complesse e costose apparecchiature di trattamento dell’acqua captata nella Val di Cornia e distribuita in tutto il territorio, Isola d’Elba compresa. Nulla è detto riguardo ai maggiori costi di produzione dell’acqua potabile che ne deriveranno nè se ad essi si dovrà far fronte con aumenti tariffari posti a carico dei cittadini.

L’Isola d’Elba da parte sua provoca, suo malgrado e senza colpa alcuna essendo dovuti esclusivamente alla sua particolare condizione di insularità, costi aggiuntivi a quelli citati di trattamento anti boro ed anti arsenico, costi aggiuntivi che si riferiscono al notevole onere di trasporto dell’acqua dalla Val di Cornia ed alle perdite occulte che raddoppiano l’mporto finale di produzione e trasporto di ogni litro d’acqua che giunge all’utente.

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Planimetria dei 21 laghetti che si sarebbero dovuti realizzare per accumulare 2 milioni di metricubi d’acqua-

Anche l’acqua di ottima qualità presente in Isola in gran quantità durante il periodo autunno-invernale, poiché i programmi dell’Enta gestore prevedevano il suo immagazzinamento in una ventina laghetti all’aria aperta e sparpagliati in lungo e largo per l’Isola, finirebbe per dover subire un trattamento di potabilizzazione assai costoso. e tra l’altro frammentato in piccole porzioni sparse anch’esse in varie parti dell’Isola. C’è motivo di credere che la costruzione dei 21 laghetti, anche se iniziata con la realizzazione del laghetto “Condotto” non abbia affatto da aver luogo per motivazioni che non sono state diffuse.

Quanto sopra rende con una sempre maggior evidenza che, per quanto riguarda l’Elba, la strada da percorrere non poteva che essere quella basata sulla costituzione di un grande invaso come quello oggetto del presente lavoro e che sarebbe atto a ricevere e conservare intatta non acqua grezza ma quell’acqua potabile, buonissima e di minimo costo che vi si trova fuori stagione grazie alle abbondanti piogge che si hanno tutti gli anni. Ancora una volta è di mostrata, senza che ce ne fosse bisogno, l’utilità del serbatoio/galleria di grande volume che, oltre ai vantaggi già indicati, avrebbe sicuramente ed in maniera determinante contribuito ad abbassare il costo medio di produzione dell’acqua.

T) CONCLUSIONI

La grande ricchezza del sottosuolo elbano, nota fin dalla preistoria ma da tempo poco sfruttata, viene qui riscoperta per dotare l’Isola di un’opera in grado di risolvere in maniera definitiva uno dei problemi che oggi l’assillano: il rifornimento idropotabile. Si tratta di ricavare nel materasso granitico della parte ovest dell’Isola dove più frequenti sono le piogge, una galleria-serbatoio che circondando il Monte Capanne sia atto a raccogliere ed accumulare la quasi totalità dell’acqua che, concentrata in brevi periodi, vi precipita durante il corso dell’anno, allo scopo di distribuirla all’utenza al momento della sua effettiva e variabilissima richiesta. Un beneficio secondario ma tutt’altro che trascurabile, è quello della laminazione delle piene ad opera della citata raccolta d’acqua piovana dei fossi e che contribuirà a lenire i danni provocati agli abitati posti a valle dalle precipitazione eccezionalmente abbondanti.
Nella trattazione si sono formulate due ipotesi la prima che prevede la costruzione di un serbatoio interamente adibito all’accumulo di acqua potabile per un volume di 2.000.000, la seconda con la suddivisione della capacità totale di invaso in due parti uguali: una per l’acqua pura pronta per essere distribuita all’utenza e l’altra per acqua grezza da raccogliere dai fossi nello stato in cui vi si trova durante i periodi piovosi.
Questa seconda ipotesi si articola in due diversi modi e cioè con o senza possibilità di distribuire, oltre a quella potabile anche acqua grezza per usi vari. Sussiste infine una attività assolutamente innovativa che riveste un ruolo importante per l’economia e l’autosufficienza energetica dell’Isola: la produzione di energia elettrica. La scelta della soluzione definitiva da adottare potrà farsi, come tutte le altre decisioni di dettaglio, soltanto in fase di progettazione esecutiva e dopo aver eseguito tutti i necessari accertamenti.
La quota altimetrica di imposta dell’opera presenta molteplici vantaggi che vanno dalla notevole ampiezza del bacino sotteso, alla possibilità di alimentare in fase definitiva per caduta una buona  dell’utenza evitando quindi l’uso di pompe per il sollevamento dell’acqua ed in prima fase utilizzando in toto la rete di adduzione oggi esistente. Un ulteriore suo vantaggio é dato dalla possibilità di sfruttare una quota così elevata per l’eventuale produzione di energia elettrica.
L’opera proposta è del tutto singolare ma, a giudizio di chi scrive è atta a raggiungere lo scopo senza alterare le caratteristiche ambientali dell’isola ma, al contrario, contribuendo indirettamente a fornire incremento e continuità ad alcune attività locali, al turismo e all’industria edilizia grazie all’ottimo materiale lapideo di risulta dagli scavi. Essa potrà, inoltre, entrare intimamente a far parte del futuro sistema del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli per il competente ambito territoriale ottimale.

BIBLIOGRAFIA

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Megale P.G., Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba, Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione ” P.Celeste” – Università degli Studi di Pisa
Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche, Il Piano di risanamento
Braccesi G., La vulnerabilità delle falde Elbane
Marinello G., Carta geologica dell’Isola d’Elba alla scala 1:25000


Ultimo aggiornamento: settembre 2