RETE DI DISTRIBUZIONE CON PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

 

Viene qui ripresa in esame la rete di distribuzione nell’articolo “LA RETE DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE DEI TERRITORI DI NOTEVOLE DISLIVELLO TOPOGRAFICO CON SERBATOI DI COMPENSAZIONE GIORNALIERA DIFFUSI” la quale, essendo alimentata da una fonte sita a quota elevata, può funzionare interamente a gravità e si presta a interessanti considerazioni sulla possibilità produrre energia elettrica.

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Fig 1 = Schema idraulico della soluzione originale di rete con serbatoi diffusi 

Per promemoria ne viene riprodotto nella fig. 1 lo schema idraulico.La prima deduzione logica è quella di prevedere che le valvole che in detto articolo sono previste per regolare i livelli dei serbatoi di compensazione giornaliera siano sostituite da turbine-alternatori del tipo di quelli precedentemente descritti ottenendo il vantaggio di trasformare, come già indicato, la dissipazione del carico in produzione di energia.
Viene ora proposta una variante in grado di offrire, in alcuni casi, diversi vantaggi ed in particolare una notevole semplificazione nella costituzione e nell’esercizio della rete, un miglioramento della pressione generale di esercizio ed infine una buona produzione di energia elettrica ottenuta dallo sfruttamento dell’eccesso di carico idraulico che spesso vi sussiste.
E’ ben noto come nelle reti montane o comunque in grado di alimentare l’utenza direttamente a gravità, risulti difficoltoso mantenere una piezometrica parallela al suolo in tutte le condizioni di esercizio. Si tratta di strutture dimensionate per un funzionamento ottimale nel periodo critico e cioè durante i consumi di punta e che pertanto nelle restanti situazioni denunciano una piezometrica che tende tanto più ad avvicinarsi alla linea idrostatica quanto più diminuiscono i consumi. Ne derivano un eccessivo aumento della pressione di funzionamento delle condotte, una anomala consegna del’acqua all’utenza e dannose perdite occulte d’acqua. In altri termini il funzionamento ottimale degli acquedotti di cui si discute sarebbe quello a portata pressoché costante che fosse in grado quindi di escludere le piccole portate. In questo senso è altresì noto il provvedimento, provvidenziale per il miglioramento della pressione di esercizio ma che sarebbe assolutamente da evitare per i danni che ne derivano, attuato da madre natura in molte reti e cioè il notevole aumento delle perdite occulte che si viene ad avere tutte le volte che la pressione aumenta e che attua l’imperativo citato di portata comunque elevata in condotta (vedi articolo “PERDITE OCCULTE  DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE DEGLI ACQUEDOTTI MONTANI: UN MALE NECESSARIUO?“. Si arriva alla conclusione paradossale in base alla quale le perdite occulte degli acquedotti sarebbero del tutto vantaggiose. Essendo evidente la necessità di raggiungere il risultato in altro modo, si illustra una soluzione che ha origine proprio dal concetto appena esposto e cioè dalla opportunità di mantenere in condotta una portata pressoché costante.

Le condizioni di base qui considerate consistono in fonti naturali che si presumono a portata costante e poste in posizione sopraelevata rispetto all’utenza rendendo realistiche due condizioni necessarie per attuare la nominata costanza di portata e cioè poter disporre di:
1) acqua in quantità esuberante rispetto al fabbisogno;
2) carico idraulico in eccesso rispetto alle necessità per il suo trasporto fino all’utente.

Per poter evitare ogni diminuzione nella portata addotta al verificarsi di un minor fabbisogno dell’utenza, è qui previsto di destinare tutta l’eccedenza d’acqua alla produzione di energia elettrica ottenuta tramite le turbine-alternatori di cui si è parlato nel capitoli precedenti.
Un esempio di rete relativa alla alimentazione dello stesso territorio di cui all’articolo prima citato che si ritiene atta a rendere più evidenti le varianti da apportare e più facili i confronti dei risultati, viene illustrata nella fig. 2 allegata.

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Fig 2 = Schema idraulico della rete con serbatoi diffusi modificata

Si può notare come il nuovo schema idrico sia anch’esso composto da una rete di adduzione munita di serbatoi diffusi e da altrettante valvole di regolazione ognuna delle quali, inserita a valle del punto di alimentazione del serbatoio annesso, è asservita alla curva di riempimento-svuotamento del serbatoio medesimo. Nel punto più basso del territorio si trova la centrale di produzione della corrente elettrica tramite turbine alternatori dello stesso tipo di quelli già descritti e quindi in grado di modulare la portata in arrivo sulla base delle necessità di pressione che bisogna conservare minuto per minuto in rete. Ogni valvola (in figura ubicate nei punti B,C,D,E,F), ovviamente comandata dall’impianto di telecontrollo centrale, chiude di più l’adduttrice quando il livello del suo serbatoio deve crescere e la apre in caso contrario. Ad esempio quando un serbatoio si trova ad un livello inferiore di quello stabilito per l’orario del momento, la valvola strozza un po’ l’adduttrice in modo da aumentare l’immissione d’acqua, quando invece il serbatoio ha raggiunto il livello prestabilito la valvola si apre completamente facendo defluire tutta la portata verso valle. Una modulazione delle valvole così concepita è atta ad alimentare minuto per minuto i vari serbatoi secondo la curva giornaliera di livello preimpostata, senza ridurre minimamente la portata totale addotta e con il risultato essenziale di una pressione generale dell’adduzione parallela al suolo per tutta la gamma di possibili consumi dell’utenza a partire da quelli massimi dell’ora di punta in cui tutta la portata viene consegnata all’utenza assieme a quella precedentemente invasata dai serbatoi, passando per quelli minimi notturni con serbatoi in fase di riempimento in cui la portata è equamente divisa tra serbatoi e turbina e per finire a quella minima notturna con utenti a consumo prossimo allo zero e con serbatoi già pieni, in cui tutta la portata prodotta dalle fonti viene deviata nella turbina per produrre energia elettrica. Al soddisfacimento dello scopo di partenza così raggiunto deve aggiungersi un ulteriore importante risultato e cioè la possibilità di eliminare ogni altra regolazione della rete di distribuzione secondaria la quale, essendo costituita da condotte ad andamento pressoché orizzontale a partire dai punti di allacciamento con le condotte adduttrici fino ad arrivare all’utenza, può usufruirne senza bisogno delle valvole di regolazione e delle apparecchiature di misura e trasmissione delle pressioni condotta per condotta che erano prescritte nella soluzione originale dell’articolo prima citato. Si tratta quindi di una notevole semplificazione costruttiva e di esercizio che rende la soluzione in argomento particolarmente interessante.


Da rilevare come nelle ore diurne tutta la portata eventualmente in eccesso rispetto alla richiesta idrica dell’utenza rimanga nella rete di adduzione e possa quindi essere interamente sfruttata nel punto G per l’azionamento della turbina-alternatore nel mentre in tutti i periodi notturni dell’anno tipo ed allorché i serbatoi hanno raggiunto il livello di massimo invaso, tutte le valvole siano completamente aperte e l’intera portata delle fonti resti disponibile per l’azionamento della turbina. E’ altrettanto evidente che, essendo le punte di consumo statisticamente poco frequenti durante un’intera annata, si avranno molteplici e prolungate occasioni di grande disponibilità di acqua ai fini idroelettrici.
Per quanto riguarda l’esercizio delle turbine alternatori restano validi i concetti già spiegati e cioè che deve trattarsi di turbine con possibilità di regolazione tramite il sistema centralizzato di telecontrollo e telecomando della rete il quale deve modularne il funzionamento in funzione dei carichi idraulici che si rendono via via disponibili e garantendo una pressione sufficiente per l’alimentazione dei vari serbatoi a loro volta muniti di valvola di regolazione della portata immessa in funzione della curva giornaliera dei livelli da mantenere minuto per minuto.

Per far risaltare i vantaggi della innovativa soluzione qui proposta , e per rendere più chiari i concetti di base viene descritta un’applicazione della metodologia su una rete semplice e che nella realtà si riscontra frequentemente.

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Fig. 3 = Profilo schematico di una rete tradizionale funzionante a gravità e con serbatoio di carico della rete di distribuzione regolato tramite valvola di efflusso a galleggiante

Come risulta dalla figura n. 3 allegata si tratta di una rete di distribuzione alimentata da un serbatoio di compensazione e carico cui perviene, tramite una lunga condotta di adduzione, l’acqua di una fonte posta molto in alto. La regolazione classica normalmente adottata consiste esclusivamente in una valvola di efflusso a galleggiante che si chiude quando il serbatoio raggiunge il massimo livello di invaso. Ne risultano le piezometriche schematicamente indicate nel profilo di fig. 3 da cui si rileva per la distribuzione una funzionalità da ritenersi valida mentre invece per l’adduzione si riscontra gran parte dei difetti precedentemente descritti e cioè una piezometrica corretta solo quando viene addotta la portata massima. Non appena la valvola di efflusso si chiude avendo il livello in serbatoio raggiunto quello di massimo invaso, la piezometrica tende ad avvicinarsi alla linea idrostatica provocando i ben noti inconvenienti.

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Fig. 4 = Profilo schematico di una rete modificata funzionante a gravità e con serbatoio di carico della rete di distribuzione regolato tramite turbina alternatore

Nella figura n. 4 allegata è rappresentata la stessa rete modificata per adeguarla alle modalità che si vogliono propugnare. Si notino la valvola di regolazione della adduttrice, posta a valle del serbatoio ed asservita alla curva giornaliera dei livelli che deve osservare l’invaso e le linee piezometriche di funzionamento. Interessante il particolare della condotta adduttrice che ha una pressione costante e sempre parallela al suolo e quindi, qualora vi fossero delle derivazioni, esse sarebbero alimentate con un carico idraulico sempre corretto. A sua volta la centrale di produzione idroelettrica svolge il duplice ruolo di regolazione della pressione ottenuta derivando tutta la portata in eccedenza rispetto ai consumi dell’utenza ed inoltre quello secondario di sfruttamento di tutta la portata disponibile per produrre energia elettrica.

Da ultimo si fa rilevare come lo schema idrico descritto ed i risultati che se ne possono avere siano validi anche per reti diverse da quelle prese come esempio. Saranno quindi pienamente compatibili reti magliate anche complesse come pure quelle ramificate, munite di uno o più serbatoi e funzionanti, come raccomandato in questo lavoro, a curva giornaliera imposta ed altresì, seguendo modalità molto diffuse tra gli enti gestori, con invaso sempre al suo massimo livello.

Una critica da farsi al sistema qui proposto riguarda la destinazione finale di una quota parte dell’acqua delle fonti che in realtà viene sottratta al rifornimento idropotabile dell’utenza per essere destinata a tutt’altro scopo come è quello della produzione idroelettrica. Si deve infatti rilevare che soltanto nel giorno di massimo consumo, peraltro a frequenza molto rara durante l’anno tipo, tutta la produzione viene consumata dall’utenza essendo le valvole di regolazione poste a valle dei serbatoi sempre chiuse onde poter trattenere in rete tutta l’acqua disponibile e consentire che i serbatoi compiano il loro compito di compensazione delle portate. Negli altri giorni, e soprattutto in quelli di minor consumo, non viene praticata nessuna economia d’acqua né diminuendo la produzione delle fonti né provvedendo ad immagazzinare quella prodotta in più ma sono invece le turbine ad esplicare in pieno la loro azione sfruttando tutta l’acqua che le fonti riescono a produrre in eccedenza rispetto al fabbisogno.
Sussiste quindi una differenza sostanziale rispetto ai sistemi acquedottistici propugnati nei vari capitoli di questo sito dove viene ripetutamente raccomandata la massima economia nelle fonti ottenuta, tra l’altro, tramite accumulo d’acqua e un razionale sfruttamento dei serbatoi con riduzione della produzione diurna a favore di quella notturna. Invece nella concezione acquedottistica di cui si tratta, l’effetto è diametralmente opposto essendo rivolto verso il totale sfruttamento delle fonti qualunque sia la richiesta idrica dell’utenza. La conclusione è evidente : l’uso qui indicato delle turbine va riservato solo ai casi particolari e caratterizzati da una esuberante captazione d’acqua all’origine. Un valido esempio è rappresentato da una sorgente di acqua naturalmente potabile che scaturisce dalla roccia con portate sempre rilevanti e che aumentano ulteriormente in periodi di piogge intense e prolungate nel tempo. In un acquedotto del genere tutto ciò che viene prodotto in più della richiesta dovrebbe necessariamente essere mandato a rifiuto fin dall’origine qualora non esistessero le turbine di cui si tratta e che, pertanto, svolgono un ruolo determinante. Diverso il caso, invece, di acqua potabile che, pur se posta a quota molto elevata rispetto all’utenza, provenisse da un rio previo trattamento di potabilizzazione oppure da una falda povera. Alla installazione e uso delle turbine sarebbe allora da preferire una produzione limitata allo stretto necessario ed una regolazione della pressione di funzionamento della rete di tutt’altro genere.
Resta in ogni caso confermata la regola generale in base alla quale in tutti gli acquedotti comunque costituiti, ma che siano funzionanti a gravità e che possano essere alimentati da fonti poste a quote particolarmente elevate rispetto ai punti di consegna dell’acqua all’utenza, è conveniente esaminare se esiste o meno la possibilità di produzione energetica di cui si sono proposte alcune varianti. Da tenere in evidenza la funzione assegnata in questo capitolo alla turbina-alternatore di compiere la regolazione della pressione della rete di adduzione declassando ad un ruolo secondario ma ugualmente utile la produzione di energia elettrica.

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