IL SERBATOIO ADDUTTORE

 

1)PREMESSA

Uno dei problemi che assilleranno in futuro la nostra Società, sarà quello del reperimento di acqua potabile in quantità sufficiente per soddisfarne il fabbisogno. La ragione è da attribuirsi all’accentuarsi del consumo specifico per abitante cui si aggiunge un continuo depauperamento delle fonti d’acqua tradizionali.
Ai rimedi ripetutamente conclamati come il risparmio d’acqua, la riduzione drastica delle perdite occulte degli acquedotti, il miglioramento di funzionalità dei servizi che si tradurrà in una più attenta utilizzazione delle risorse oggi disponibili, deve necessariamente affiancarsi quello della produzione di una maggiore portata d’acqua potabile. E’ in quest’ultimo settore che è necessario concentrare gli sforzi ed è questo anche lo scopo della presente ricerca.

 

2) L’AUMENTO DELLA DISPONIBILITÀ D’ACQUA POTABILE

In molte realtà acquedottistiche, per raggiungere lo scopo di una maggior produzione idrica cui si è fatto cenno, ci si basa esclusivamente nel potenziamento delle fonti, molto spesso eccedendo nei prelievi di falda o di sorgente con conseguenti gravi danni ambientali che vanno dagli abnormi abbassamenti del suolo, al deleterio collegamento diretto tra falde diversificate e ai franamenti del terreno e del sottosuolo. Si tratta quindi di provvedimenti pericolosi da tenere attentamente sotto controllo e, possibilmente, da bandire e sostituire con soluzioni alternative e, tra di esse, con la costituzione di grandi riserve d’acqua in capaci serbatoi. A tale riguardo viene quì proposto di adottare, in sostituzione della compensazione giornaliera della portata d’acqua normalmente effettuata dalla maggior parte degli acquedotti, la compensazione trimestrale e quindi di non limitarsi, come è d’uso, alla sola raccolta degli eccessi d’acqua che si verificano durante la notte ed attuata per coprire le punte di consumo del giorno seguente, si auspica invece l’accumulo di volumi molto più consistenti e resi disponibili grazie ai fenomeni atmosferici particolarmente intensi che nel territorio italiano statisticamente hanno una frequenza come minimo di un evento per trimestre.
Da rilevare come le punte di consumo sia orarie che giornaliere siano statisticamente poco frequenti in ogni realtà acquedottistica e come non sia corretto dimensionare gli impianti, soprattutto di produzione dell’acqua, in funzione delle sole portate massime eccezionali. Adottando la compensazione trimestrale che si vuole quì propugnare, la producibilità delle fonti può essere contenuta entro valori più bassi in grado comunque di coprire, grazie ad un grande serbatoio, anche le punte di consumo elevate.
Gli invasi utilizzabili allo scopo, oggi come oggi, sono rappresentati soltanto dai serbatoi artificiali basati sulla costruzione di dighe di ritenuta ma, per mancanza di aree adatte e soprattutto per i danni che tali imponenti opere provocano al territorio, non si intravede alcuna possibilità di costruirne di nuovi, al contrario stanno sorgendo iniziative volte alla eliminazione di alcuni dei bacini artificiali esistenti e alla messa in pristino dei territori che essi occupano. Significativo l’esempio della diga di Kariba nello Zimbawe dovuta all’intraprendenza e al lavoro italiano e che, assieme alle opere annesse, rappresenta tuttora un mirabile esempio di impianto idroelettrico ad alto rendimento ma che si è in procinto di eliminare per riconsegnare alla popolazione gli ampi territori ora occupati dall’acqua.
La proposta che viene qui formulata non può, ovviamente, prescindere dai grandi invasi di cui si è detto e, vista la difficoltà di costruirne di nuovi, non resta che ricorrere al sottosuolo dove si ritiene ancora possibile ricavare opere mastodontiche come sono quelle in argomento e dove sicuramente l’acqua può trovare un ambiente ideale per la sua accumulazione e conservazione. Seguendo queste regole sono già state fatte interessanti esperienze di ricarica artificiale della falda che consistono nella immissione forzata nel sottosuolo di grandi volumi idrici durante i periodi di piogge intense e prolungate nel tempo, per poterli poi utilizzare altrove e durante la siccità. Senza voler sminuire l’importanza della metodologia appena descritta, si vuole quì proporne una di diversa concezione che, in particolari condizioni ambientali, si ritiene possa dare importanti risultati.


3) L’INVASO SOTTERRANEO

Con le opere che vengono quì proposte si intende intervenire su una conformazione acquedottistica che frequentemente caratterizza gli esistenti servizi idrici e cioè su quella avente le fonti poste a notevole distanza dal territorio da servire ed al quale esse sono collegate tramite lunghe condotte di adduzione. La domanda da porsi in tali casi è questa. Perché invece di costruire delle condotte di adduzione destinate soltanto al trasporto dell’acqua non se ne maggiora la sezione in modo da renderle allo stesso tempo atte anche all’accumulo degli ingenti volumi necessari per le funzioni prima indicate?
In concreto si propone di costruire dei veri e propri serbatoi di accumulo di acqua potabile aventi una sezione trasversale relativamente modesta ma una estesa longitudinale rilevante in grado di abbinare le due funzioni citate prima e cioè accumulo di notevoli volumi idrici e trasporto a grande distanza di rilevati portate. Altre caratteristiche positive della proposta sono da un lato la quasi totale assenza di danni ambientali dovuta al fatto che si tratta di opere sotterranee e dall’altro la facoltà di conservare l’acqua per lunghi periodi, al fresco ed al riparo dal sole e dall’intrusione di sostanze estranee e di insetti.
Da segnalare anche la possibilità di realizzare con relativa facilità i manufatti sotterranei di grande dimensione e posti a grande profondità sotto il suolo grazie alle macchine automatiche di scavo e posa in opera di elementi prefabbricati oggi comunemente usate nella esecuzione di lavori di questo genere. Ancora una delle circostanze particolarmente favorevoli è data dal fatto che l’ubicazione del manufatto a grande profondità garantisce l’assenza di ostacoli come servizi e opere varie che normalmente si incontrano nella posa di comuni condotte a profondità normale. Infine non è da dimenticare che stiamo parlando di serbatoi di dimensione ragguardevole e destinati a contenere acqua potabile e quindi di opere che, a quanto risulta a chi scrive, nessuno è ancora riuscito, di fatto, a realizzare. Le grandi riserve d’acqua che tutti conosciamo sono invece costituite dai bacini artificiali o naturali che non possono che contenere acqua grezza la quale, per essere utilizzata ai fini potabili, deve essere sottoposta a trattamento di potabilizzazione. Ulteriori qualità negative dei bacini artificiali in argomento delle quali sono assolutamente esenti i serbatoi-adduzione in progetto, sono le notevoli perdite d’acqua per l’evaporazione dovuta all’irraggiamento solare, la pericolosità delle sponde ed il continuo interrimento ad opera delle ghiaie e sabbie nonchè  dei limi immessivi dall’acqua in arrivo.
In definitiva ci si propone di riuscire a risolvere i problemi di carenza idrica degli acquedotti senza creazione di nuove fonti ma semplicemente sfruttando meglio quelle esistenti mediante la creazione di grandi serbatoi di accumulo e conservazione dell’acqua potabile per periodi relativamente lunghi e quindi eliminando le disparità, origine di gravi disservizi, sempre presenti tra la produzione che è aleatoria in quanto funzione dell’andamento meteorologico e la richiesta idrica che segue regimi opposti dato che è proprio durante i periodi di siccità, causa della minor portata delle fonti, che si registra un notevole aumento del fabbisogno.
La possibilità di disporre in qualsiasi momento di un notevole deposito d’acqua potabile sempre pronta ad entrare in rete onde far fronte ad eccezionali richieste idriche per spegnimento incendi, per fuori servizio delle fonti, per sopperire a necessità di altri acquedotti con i quali sussistano condotte di interscambio portate e per eventualità varie non prevedibili, conferisce al servizio idrico una garanzia di corretto funzionamento anche nei casi elencati che esulano dal normale esercizio. Ancor più lo sarebbe nel caso di acquedotti concepiti con criteri moderni e cioè con immissione diretta della portata in rete ed a pressione variabile regolata dal sistema di telecontrollo centralizzato. In questi casi, infatti, essi potrebbero, grazie alla loro grande elasticità di funzionamento, variare molto di più dei normali acquedotti, il regime di esercizio ed i prelievi dal serbatoio/adduttore adeguando pressioni e portate alle richieste eccezionali del momento, il tutto come meglio spiegato nell’articolo” LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” di questo sito
Il serbatoio-adduttore di cui si parla non è, ovviamente, scevro da inconvenienti primo fra tutti il suo elevato costo di costruzione che ne potrebbe pregiudicare la realizzazione.
Si può obbiettare che qualunque altra soluzione per realizzare grandi volumi di invaso è costosa. Lo è, ad esempio, la costruzione di una diga ed altrettanto, o forse anche di più lo sarebbe qualunque altro manufatto in cemento armato di pari volume di invaso. Si può invece dire che nella realizzazione del serbatoio-adduttore si potrebbe operare per stralci successivi tutti funzionali il che consentirebbe di diluire la spesa nel tempo e, al tempo stesso, di constatare, fin dalla costruzione delle prime porzioni dell’opera, i notevoli benefici che se ne ritraggono.

 

4) ESEMPIO DI SERBATOIO-ADDUTTORE

Esaminiamo l’esempio, puramente ipotetico ma rappresentativo della soluzione tecnica che si intende propugnare, di una città di 300000 abitanti alimentata da fonti poste a 20 Km di distanza la cui portata media del giorno di massimo consumo sia pari a 1000 l/sec che vengono addotti tramite una condotta di diametro di m.1.00 funzionante in pressione. Le relative perdite di carico ammontano a circa m. 30 cui va fatto fronte tramite sollevamento meccanico. La capacità di invaso necessaria per una compensazione trimestrale come quella auspicata, ammonta approssimativamente a ben mc 2000000 e per realizzarla si prevede di sostituire la condotta da 1.00 m con un serbatoio-adduttore della stessa lunghezza di 20 Km ma del diametro di 12 m. costruito a 5-15 metri di profondità sotto il suolo e con una pendenza dello 0.1% (dieci centimetri al Km). Il dislivello totale del fondo per l’intera lunghezza sarà pari a 2 metri, le quote di fondo condotta vanno da 1.00 a 3.00. Il funzionamento a pelo libero e a condotta non rigurgitata avviene con un’altezza d’acqua di cm 37 circa a velocità media di 1 m/sec. La sezione liquida del corrispondente segmento circolare è pari a mq. 1.00 per un volume totale di mc.20000.
L’utilizzo della condotta come serbatoio di accumulo richiede di rincollare l’acqua facendo crescere di 14 metri il suo livello di valle. L’escursione del serbatoio và da quota 1.00 a 15.00 con un volume utile di stoccaggio pari, come richiesto, a mc.2000000 circa.
Il serbatoio-adduttore sfocia nella vasca di aspirazione delle pompe per la mandata in rete e di decantazione delle sabbie con fondo a quota zero e quota di massimo invaso a 15.00.

Prfilo longitudinale in scala deformata del serbatoio adduttore da mc 2.000.000 di invaso


Come si vede al vantaggio di poter accumulare il volume di ben 2000000 di mc d’acqua si aggiunge quello di una minor prevalenza delle pompe di sollevamento di circa 20 m circa cui va aggiunto il ricupero del carico finale residuo che varia da zero a 10 m circa in funzione del livello del pelo libero nella vasca di aspirazione delle pompe di rete.
Si fa infine rilevare che, se la soluzione serbatoio-adduttore trovasse numerose applicazioni reali, si potrebbero ottenere riduzioni dei costi di costruzione standardizzando le caratteristiche del manufatto e quindi delle macchine operatrici automatiche necessarie per la esecuzione delle opere. Fissato un diametro standard (ad esempio di 12 m), la lunghezza del manufatto costituirebbe la possibile variante
da definire in funzione del volume necessario acquedotto per acquedotto.

 

5) CONCLUSIONI

Nella nota si è formulata un’ipotesi di modifica sostanziale dello schema classico degli acquedotti aventi le fonti di alimentazione poste ad una certa distanza dal territorio da alimentare. In dettaglio si è previsto di sostituire le condotte che collegano le fonti con la rete di distribuzione, con serbatoi-adduttori cioè con vere e proprie gallerie di grandi dimensioni e di pari lunghezza che siano atte a svolgere la doppia funzione di accumulo di notevoli volumi d’acqua potabile ed anche di trasporto di grandi portate. Si tratta di una soluzione innovativa che può destare scetticismo per gli elevati costi di realizzazione ma che, in certe particolari situazioni, sicuramente varrebbe la pena di essere presa in esame tenendo conto dei benefici offerti soprattutto per aumentare la disponibilità idrica e poter coprire le punte di consumo anche a fronte delle diminuzioni di portata che accusano le fonti nei periodi siccitosi. Ulteriori vantaggi consistono nell’ottima conservazione dell’acqua potabile immagazzinata in manufatti ricavati totalmente nel sottosuolo ed inoltre nell’economia energetica per il sollevamento meccanico dell’acqua stessa.
La ricerca effettuata e le conclusioni finali cui si perviene nell’articolo rientrano, assieme a quelle visibili negli articoli “Lo barramento mobile di foce”, “Viaggio fantastico nell’utopia dell’acqua“,” Rete integrata nel territorio“,” Incongruenze e manchevolezze della letteratura tecnica in tema di acquedotti ” di questo sito, in un elenco di interventi ipotetici e forse irrealizzabili, che chi scrive continua a proporre ben conscio del notevole impegno economico da essi richiesto e ma fidando che ne possano derivare spunti utili per la soluzione dei numerosi problemi dei moderni acquedotti.
D’altro canto per risolvere la tremenda crisi idrica che si profila ad un orizzonte sempre più vicino, bisognerà inevitabilmente ricorrere a opere straordinarie, inusitate tra le quali può senz’altro rientrare anche il serbatoio adduttore.
In ogni caso resta a chi scrive l’ambizione di aver contrapposto ritrovati innovativi alla banalità e scarsa funzionalità reale, in altre parole alla arretratezza effettiva, delle soluzioni tecniche che si riscontrano nella gran parte degli acquedotti italiani fatte anch’esse rilevare più volte negli articoli pubblicati dal sottoscritto su questo stesso sito

INDIETRO AVANTI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *