LA FIONDA

 

Tra i passatempi giovanili da raccontare non può essere dimenticato l’uso della fionda e dei danni provocati facendo a gara su chi rompeva le lampadine della pubblica illuminazione oppure le targhette in ceramica con la scritta dei nomi delle vie!

La fionda autocostruita da noi ragazzi

Le uniche targhette che non hanno mai costituito il nostro bersaglio ma per le quali nutrivamo un profondo rispetto, erano quelle che, come pochi Queresi sanno, ornavano La Via Rimembranza. Tale strada, notevole esempio di manufatto in rilevato artificiale viste le sue particolarità costruttive per l’epoca di realizzazione di cui ho in dettaglio parlato al cap. 2.1, era affiancata in ambedue i lati da grossi paracarri alternati ad alberi ornamentali. Nel fusto di ognuno di questi alberi era applicata una targhetta in ceramica delle dimensioni di circa 10 x 10 cm recante la foto ed il nome di un caduto della prima grande guerra. Col passare degli anni sia gli alberi che le targhette sono spariti tanto che oggi non se ravvede nemmeno l’ombra (esiste ancora qualcuno dei grossi paracarri) ma, in questa nefasta azione i giovani del tempo non hanno alcuna colpa. La colpa ricade piuttosto sulla pubblica autorità che non ha provveduto alla manutenzione e al ripristino di questa bella iniziativa volta a ricordare quei caduti.

La costruzione delle fionde rappresentava per noi una gara su chi riusciva a produrre l’arma migliore trattandosi di un’operazione tutt’altro che facile. Ed ecco in dettaglio la procedura che seguivamo in quel tempo.
Innanzitutto bisognava trovare un ramo di un’essenza legnosa scelta tra i cespugli più resistenti, in primo luogo il corniolo e più frequentemente il nocciolo, per ricavarvi la forcella, elemento base dell’arma. Essa doveva avere una costituzione particolare e cioè una forma a Y con i due braccetti perfettamente simmetrici rispetto al tronco principale destinato a costituire l’impugnatura. Occorreva poi trovare tra le vecchie “cameradarie” di automobile quella costituita da gomma molto elastica ed infine ricavare da una vecchia scarpa, anch’essa con determinate caratteristiche di flessibilità, la “curamela” cioè la sacca destinata ad alloggiare il proiettile che non era altro che una piccola pietra tondeggiante. Una volta legati con sottilissimo spago tra di loro questi elementi la fionda era pronta per essere usata sopratutto per il raggiungimento del nostro massimo traguardo, del resto mai realizzato da nessuno di noi se si esclude, perché qui non pertinente, quello che descriverò al cap. 3.1: uccidere, appunto con la fionda, un passero.

Targhetta in ceramica col nome della via usata come bersaglio della fionda da noi monelli queresi.

LA FIONDA  – Racconto di autore ignoto    

 

 

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