RINFORZO VECCHI SOLAI IN LEGNO TRAMITE PRECOMPRESSIONE

In presenza di solai in legno di vecchi edifici in discreto stato soprattutto per quanto riguarda la conservazione delle travi portanti, alla loro sostituzione è spesso preferita l’esecuzione di opere di rinforzo.
Una delle modalità molto in uso è quella consistente nel getto,al di sopra della pavimentazione in legno, di una soletta in C.A. leggermente armata collaborante con la travatura a mezzo di ferri verticali infissi ed incollati alle sottostanti travi in legno. Ne risulta una struttura mista cemento/legno costituita da travi a T affiancate ed aventi l’ala superiore del T in calcestruzzo che lavora a compressione e l’anima inferiore in legno che lavora a trazione. Gli sforzi longitudinali di taglio sono sopportati dai ferri verticali di collegamento cemento/legno chiamati connettori e di cui esistono in commercio diversi tipi . La soletta in calcestruzzo è quindi pronta per sopportare le pavimentazioni di qualunque tipo (anche in piastrelle di ceramica).
L’applicazione descritta, pur se molto utilizzata in questi ultimi anni, è, a giudizio di chi scrive, assolutamente sconsigliabile per i seguenti motivi:
– Vengono abbinate due strutture eterogenee come il calcestruzzo ed il legno la cui convivenza non è facile: il legno è un materiale elastico che alla fine provoca fessurazioni nella struttura rigida in calcestruzzo soprastante;
– Il solaio deve sopportare il sovraccarico dato dal notevole peso proprio del calcestruzzo e dalla sua armatura in ferro;
– La presenza della soletta in calcestruzzo impedisce la traspirazione del solaio e favorisce la formazione di condensa nella superficie di contatto tra cemento e legno e, di conseguenza, a lungo andare la parte superiore delle travi in legno marcisce.
La soluzione che viene qui proposta, come del resto lo sono anche altre spesso adottate e nelle quali è bandito l’uso del calcestruzzo a favore del legno o dell’acciaio, è priva di tutti gli inconvenienti descritti e, oltre ad un minor costo, fornisce ottimi risultati, dal punto di vista statico e da quello estetico ed inoltre dà la possibilità di aumentare l’isolamento acustico di solito assai precario nei solai in legno.
Anche in questo caso si tratta di trasformare le travi portanti in legno da sezione rettangolare come quella normalmente usata, in sezione a T molto più adatta a sopportare carichi. L’operazione, a differenza di quella sopra indicata, ha luogo utilizzando interamente materiali lignei.
Le fasi del lavoro per ciascuna trave sono le seguenti:
1. Spinta verso l’alto a mezzo martinetto, binda a cremagliera oppure con doppi cunei in legno e ferro posti sotto la mezzeria del solaio in modo da curvare la trave verso l’alto con una freccia di almeno 3 cm. (vedi figura n. 1) Tale operazione provoca la precompressione finale della struttura.
2. Posa in opera della ala della struttura a T e consistente, per ciascuna delle travi preesistenti, nella chiodatura longitudinale di un asse in legno della sezione di mm 300-350 x mm 35 e di lunghezza corrispondente alla luce netta della trave, posto al di sopra del pavimento in legno preesistente. La chiodatura ha luogo utilizzando chiodi di almeno 18/20 cm di lunghezza e quindi infissi per almeno 10/12 cm nella trave. I chiodi sono posti ad una distanza di cm 15/20 vicino agli appoggi della trave, più radi nella parte mediana. Ad evitare la formazione di fessurazioni sia sull’asse soprastante sia sulla trave, la posa del chiodo è preceduta da un foro fatto con il trapano attraverso l’asse e la parte iniziale della trave. Per lo stesso motivo i chiodi non sono allineati ma sfalsati alternativamente verso destra o sinistra dell’asse trave e non sono infissi verticalmente ma inclinati, alternativamente, verso il centro della trave.
3. Lievo d’opera del martinetto di spinta. Il solaio assume la posizione iniziale e l’asse soprastante in legno subisce la precompressione che la mette sotto carico. Da questo momento si può constatare come le travi abbiano assunto una grande rigidezza il che conferma l’aumento della loro portanza.
4. Esecuzione delle opere di finitura della stanza (rifacimento intonaci, impianti elettrici ed idraulici ecc. ecc.) senza tema di rovinare la pavimentazione.
5. Posa in opera di pannelli fonoassorbenti dello spessore di mm 35 tra le varie ali dei T di cui sopra.
6. Posa in opera del nuovo pavimento in legno soprastante le travi a T.

I risultati ottenibili adottando la metodologia descritta consistono in una notevole rigidezza del solaio data dalla collaborazione tra la nuova struttura portante (ala del T in legno precompresso) e la vecchia trave che si traduce nell’eliminazione quasi totale delle vibrazioni che caratterizzano i normali solai in legno, nel buon isolamento acustico dato dalla presenza di un doppio pavimento in legno (quello preesistente e quello nuovo) e dalla presenza dei pannelli fonoassorbenti e, soprattutto, nel consentire la riutilizzazione di tutto il materiale ligneo della struttura preesistente.

Nel caso sia impossibile, per le motivazioni più disparate come ad esempio impossibilità di accedere con il cantiere nel piano inferiore, presenza di una soffittatura che non si vuole danneggiare ecc. ecc, e non si possa quindi applicare alle travi la spinta verso l’alto con martinetto, spinta assolutamente necessaria per sottoporre l’opera a precompressione, esiste la possibilità di arrivare allo stesso risultato prima indicato operando esclusivamente dal di sopra. La procedura da seguire trave per trave è, in tal caso, la seguente. Posizionato lungo una di esse l’asse di rinforzo in legno della sezione di circa mm 350 x 35 e destinata a costituire l’ala del T, si interporrà tra pavimento e asse stessa ed in corrispondenza della mezzeria della luce libera, un listello in legno di spessore adeguato alla flessione preventiva che si è deciso di dare alla trave, ad esempio tre/cinque cm. Quindi si passa a fissare l’asse alla sottostante trave non più usando chiodi ma invece robuste viti da legno della lunghezza di 18-25 cm ed atte ad attuare la trazione della trave anche grazie alla rondella del diametro di almeno tre cm di cui sono munite. L’infissione delle viti sarà fatta in due fasi distinte. La prima consiste nell’ancoraggio a pavimento delle due estremità dell’asse da effettuarsi con la messa in opera di sole quattro viti (due per ciascuna estremità) avvitate con forza fino a provocare la flessione dell’asse stessa essendo la sua parte mediana sollevata per la presenza del listello di legno. (vedi figura n. 2) .A questo punto quest’ultimo deve essere estratto senza che per questo l’asse, bloccata alle due estremità, abbia da modificare in maniera sensibile la propria curvatura longitudinale. Saranno le viti poste in opera successivamente che, esercitando, man mano che procede il loro avvitamento, una trazione sulla sottostante trave otterranno il duplice risultato di raddrizzare l’asse e di praticarne la precompressione in maniera del tutto analoga a quanto si sarebbe ottenuto agendo dal basso con il martinetto. L’operazione che si stà descrivendo riveste un’importanza basilare per la buona riuscita del lavoro e richiede pertanto una cura particolare. In pratica sarà necessario predisporre nella loro sede tutte le viti ed avvitarle a poco a poco in successione l’una rispetto all’altra in modo che la trazione della sottostante trave verso l’alto venga operata uniformemente su tutta la sua lunghezza. Anche la stretta finale delle viti sarà portata a termine con piccoli interventi successivi vite per vite fino a giungere a fine corsa con l’asse di rinforzo perfettamente rettilinea e a contatto con il sottostante pavimento per tutta la lunghezza, e quindi già sottoposta alla necessaria precompressione. Da questo punto in poi il lavoro prosegue analogamente a quanto indicato ai precedenti punti 4,5,6 della soluzione di base, nel mentre l’intera operazione sarà ripetuta per tutte le altre travi. Si sarà allora ottenuto un risultato finale identico a quello della soluzione di base e cioè un rilevante calo di flessibilità ed un notevole aumento di portata del solaio. L’impiego di materiale pregiato come sono le viti rispetto ai chiodi che verrebbero usati con la procedura normale, se comporta una lieve maggiorazione della spesa, d’altro lato offre una miglior resistenza al taglio, e, aspetto tutt’altro che trascurabile, evita totalmente di lavorare al piano inferiore. Tale notevole vantaggio può indurre a preferire il sistema testé descritto a quello di base anche quando non sussistono problemi di sorta per operare dal basso con il martinetto. Essendo le due soluzioni perfettamente equivalenti è possibile adottare di volta in volta quella che meglio si adatta alla situazione contingente.
Risultato secondario ma da non trascurare la possibilità di verificare lo stato delle vecchie travi percepibile durante l’infissione dei chiodi.

Quello che manca nella metodologia in argomento è la sperimentazione in laboratorio onde poter costruire un modello di calcolo, definire l’efficacia della precompressione ed anche la sua durata nel tempo. Augurandomi che qualche ente possa dedicarsi a dette prove e determinazioni, non posso che affermare che, in solai esistenti che presentavano debolezza strutturale resa evidente soprattutto dalle vibrazioni verticali, il rinforzo condotto con le regole citate ha in effetto dato lusinghieri risultati aumentando notevolmente la portata ed eliminando quasi totalmente le oscillazioni.

Alla luce di quanto detto, il dimensionamento teorico della struttura completa e la sua verifica di stabilità ai carichi non può attualmente che essere eseguita seguendo le normali regole di calcolo delle strutture lignee trascurando gli effetti della precompressione che del resto è ora difficilmente determinabile. Quest’ultima costituirà un elemento in più per garantire la stabilità del solaio. Sarà buona regola maggiorare, rispetto al calcolo, la sezione dei connettori che lavorano al taglio.

Nelle figure allegate n. 1-4 sono illustrate le modalità costruttive e l’opera finita. Si allegano anche due foto di un solaio effettivamente realizzato e che ha dato ottimi risultati reali.

 

 

FOTOGRAFIE DI UN SOLAIO DURANTE I LAVORI DI RINFORZO

Il solaio con le nuovi assi già poste in opera

 

Il solaio con le nuovi assi già poste in opera

 

L’articolo è stato pubblicato anche su una qualificata rivista tecnica che tratta esclusivamente il legno. Viene riportata la foto della copertina che riporta in basso a destra un chiaro richiamo dell’articolo stesso ed inoltre la foto della prima pagina (n. 20) nel mentre nelle pagine seguenti figurano testo e disegni.

 

AGGIORNAMENTO AL GENNAIO 2013

La pubblicazione dell’ articolo “RINFORZO SOLAI LEGNO TRAMITE PRECOMPRESSIONE” sia nel sito http://altratecnica.it e sia su alcuni blog che trattano i problemi inerenti l’edilizia, ha avuto un grande numero di lettori ed ha anche promosso tante applicazioni effettive del metodo in esso promulgato. Ad esempio nel sito “http://edilweb.it” l’articolo primeggia in assoluto da molto tempo risultando il più letto tra tutti quelli ivi pubblicati ed avendo avuto a tutto gennaio 2013 ben 26000 letture contro le 16000 dell’articolo che figura al secondo posto. Dalle notizie fornitemi da coloro che hanno messo in pratica la metodologia proposta, sono da rilevare alcune migliorie ed alternative che essi hanno effettivamente attuato fornendo interessanti indicazioni per completare e migliorare ulteriormente un tipo di rinforzo dei vecchi solai in legno che sta dando ottimi risultati in ognuna delle applicazioni effettivamente portate a termine.
Il primo accorgimento da sottolineare riguarda un elemento fondamentale dei solai in legno di remota costruzione e cioè l’appoggio/incastro delle travi in legno nella muratura. E’ infatti proprio questo il punto più delicato di tutta la struttura e che bisognerebbe accuratamente verificare prima di procedere alla ristrutturazione. Per un controllo sicuro bisognerebbe accedere alle teste delle travi effettuando la demolizione delle murature circostanti spesso difficoltosa quando addirittura non attuabile per svariate ragioni e, in ogni caso, abbastanza dispendiosa. Qui di seguito la risoluzione proposta in alternativa in quei casi in cui si teme esistano problemi nelle teste delle vecchie travi. Escluso a priori il complicato esame delle testate di cui si è detto, è possibile ottenere una normale efficienza della struttura lignea modificando radicalmente il preesistente tipo di appoggio/incastro delle travi in legno stesse grazie alla presenza del nuovo asse superiore al quale può essere assegnata, come sarà più avanti spiegato, una funzione supplementare rispetto a quella precipua che riguarda la resistenza alla flessione.
Per rendere più chiaro il concetto supponiamo di operare su una vecchia trave larga 15 cm, luce netta di 4 metri e di sovrapporvi un nuovo asse largo 35 cm per 4 cm di spessore destinato a costituire l’ala della nuova trave a T.
La soluzione si basa sull’allungamento di 20 cm per ogni estremità in modo che la lunghezza totale del nuovo asse in legno sia di m. 4,40. A questo punto si farà affidamento sulla maggior larghezza di 20 cm della nuova ala superiore rispetto alla vecchia trave per crearvi degli appoggi efficienti. A tale scopo, creata nel muro ed esattamente alla quota della vecchia pavimentazione una nicchia per ciascuna estrenìmità trave di lunghezza adeguata per potervi infilare l’asse lungo 4.40 m, vi si predisporrà un solido piano orizzontale in malta di cemento con soprastante lastra in ferro da 20 per 35 cm e spessa almeno 5 mm atta a ripartire il carico e sulla quale si andrà ad appoggiare il nuovo asse. La nicchia verrà poi chiusa accuratamente utilizzando anche malte antiritiro oppure altri materiali atti a realizzare un buon appoggio ed incastro della trave nella muratura.
In pratica il risultato da raggiungere in ciascuna trave consiste nel trasmettere il suo carico su una larghezza di cm. 35 invece dei precedenti 15 cm annullando quindi le eventuali deficienze che possono essere presenti nella testa della trave originaria. (vedi fig. 6)
Si comprende l’importanza che viene ad assumere la presenza delle viti poste in prossimità dei muri portanti dovendo resistere non soltanto agli sforzi di taglio ma anche a quelli di trazione che derivano dal nuovo assetto.
Un’altra interessante opportunità messa in atto da un utilizzatore riguarda le modalità usate per la precompressione. Fermo restando il concetto di base di imporre in anteprima la spinta verso l’alto della mezzeria di ogni trave, spinta assolutamente necessaria per ottenere la precompressione, in alternativa ai metodi già indicati si può operare trave per trave utilizzando un paio di funi metalliche e relativi accessori come risulta nella figura 5 allegata. Le due funi provvisoriamente installate ai fianchi di una trave sono dotati di tenditore che, opportunamente azionato, esercita la richiesta spinta verso l’alto della mezzeria della trave. Gli accessori necessari consentono di fissare in alto le quattro estremità delle funi in prossimità dei muri portanti e dì esercitare la spinta della mezzeria tramite una piastra metallica munita di due gole di scorrimento delle funi posta in opera sotto la trave. Ovviamente il dispositivo a fune dì cui si tratta, consiste in un’attrezzatura di servizio la quale, non appena terminata la posa di un’asse di rinforzo, viene tolta d’opera per essere utilizzata nelle restanti.
A conclusione dell’articolo non si può far altro che affermare che la tecnica di rinforzo sopra descritta, ora arricchita di nuovi interessanti dettagli esecutivi, continua a fornire elementi dì conferma della sua validità, elementi che riguardano non solo i buoni risultati inerenti la statica della struttura ma anche la soddisfazione di aver utilizzato una metodologia nuova, funzionale ed economica, soddisfazione comprovata dall’impegno degli utilizzatori nel ricercare interventi volti a migliorarne l’utilizzo.

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