LA POST-PRECOMPRESSIONE COME MEZZO SPECIFICO DI RINFORZO DELLE STRUTTURE ESISTENTI

Scopo della presente nota è far rilevare come la tecnica della precompressione, se consente soluzioni razionali ed economiche nelle costruzione ex novo, offre risultati altrettanto interessanti, quando si ha necessità di operare su manufatti preesistenti. Capita frequentemente di dover risolvere problemi statici dati da strutture portanti che, per i motivi più disparati, non sono più in grado di sopportare i carichi che vi gravano. La prima decisione da prendere riguarda la temuta eventualità di dover demolire e ricostruire la struttura con tutti problemi che ciò può comportare. E’ allora che la tecnica della precompressione può rivelarsi estremamente utile in quanto, evitate in toto le demolizioni e quindi i disagi e problemi conseguenti, può trasformare quella che era una struttura inefficiente, in una che offre poi tutte le necessarie garanzie. Si deve, in questo caso parlare di post-precompressione perchè si tratta di una tecnica applicata molto tempo dopo la costruzione della struttura ma comunque prima essa sia caricata.
Quelle che si descrivono non sono metodologie nuove essendo da molto tempo adottate con successo. Si vuole semplicemente far rilevare quali importanti vantaggi possono derivare da una loro sistematica applicazione a strutture esistenti.
Un caso tipico è quello che riguarda le travi portanti siano esse in cemento armato, in acciaio od anche in legno.
Nei primi due casi si tratta di aggiungere alla esistente struttura dei cavi di precompressione, di metterli in tiro e quindi di ancorarli secondo le regole correnti. Da tenere presenti anche la modalità di posa dei cavi già collaudate in molteplici applicazioni reali e che differiscono leggermente da caso a caso. L’applicazione più facile e di sicuro successo è il rinforzo delle putrelle in acciaio. La tecnica, in questo campo, è stata affinata e se ne ritrovano pubblicati molti esempi. Ad esempio l’ing. Vincenzo Nuziata su Internet Illustra con dovizia di particolari ed anche con esempi di travi reali, sia le modalità di posa, sia quelle di calcolo e ne elenca tutti i vantaggi. In pratica si tratta di saldare ai due lati dell’anima della trave a doppio T o di qualsiasi altra sezione, dei robusti supporti metallici muniti di gole di scorrimento delle guaine dei cavi che vanno ad interessare, secondo un tracciato ben definito, tutta la lunghezza del profilato. La messa in tiro dei cavi realizza la precompressione dell’acciaio migliorandone notevolmente (vedi fi.1 allegata) la statica.
Nel caso si debbano rinforzare delle travi in cemento armato la posa dei supporti con le gole di passaggio delle guaine, del tutto analoghi a quelli citati parlando delle travi in acciaio, è un po’ più difficoltosa e richiede quindi delle semplificazione di tracciato, fermi restando in ogni caso i vantaggi ottenibili (vedi fig. 2).
Per le travi in legno si devono distinguere quelle di piccola sezione, come sono ad esempio quelle che costituiscono i comuni solai, per le quali la precompressione ed il rinforzo possono essere ottenuti aggiungendo superiormente una nuova struttura in legno posta in opera con le particolari modalità che sono in dettaglio spiegate nell’apposito articolo di questo sito, oppure le travi di grande sezione e grande luce per le quali la metodologia è analoga a quella indicata per le travi in acciaio. Ovviamente in questo caso, i supporti in ferro destinati a trasmettere alla trave le sollecitazioni dei cavi tesi, saranno fissati in maniera adeguata al materiale ligneo di cui si tratta e, preferibilmente, con barre filettate che attraversando la trave per tutta la sua larghezza ne garantiscono l’ancoraggio. Nella progettazione di quest’ultimo tipo di rinforzo, che non risulta mai effettuata, si dovrà tenere presente la elasticità propria del legno che potrebbe consigliare l’uso di cavi di precompressione anch’essi aventi una certa elasticità quali possono anche essere le comuni funi metalliche.
In ognuno dei casi esaminati si dovranno seguire le regole della buona tecnica di precompressione e pertanto, i cavi, opportunamente dimensionati e staticamente verificati, saranno sempre contenuti entro guaine adottando tutti gli accorgimenti per la loro protezione e per l’ancoraggio di estremità. La loro tesatura tramite martinetto posto sopra la trave è agevole solo se non è impedita dalle murature di testata. Quando ciò avviene a causa delle esistenti strutture in elevazione si deve far uso di pulegge per il rinvio del tiro.
Un buon esempio di reale applicazione della post-precompressione in argomento è quello del rinforzo di una travata di un vecchio cavalcavia mestrino illustrata nella foto allegata. Il cavalcavia, oberato dagli anni e a rischio per l’ingente traffico, è stato rinforzato sottoponendo a precompressione tutte le vecchie travi in origine costituite in normale calcestruzzo armato. L’opera così rinforzata da oltre 10 anni, ha svolto e sta’ svolgendo il suo compito senza inconveniente alcuno.
Si è descritto quale potrebbe essere una metodologia semplice ma di sicuro risultato per la sistemazione e rinforzo di vecchie travi.
Nella presente nota si sono volutamente tralasciate altre e più raffinate soluzioni che richiedono materiali ed una tecnica altamente specialistica come ad esempio l’impiego di fibre di carbonio con un metodo di precompressione brevettato in Austria e dalla quale si ottengono risultati straordinari nel rinforzo delle travi in acciaio o in cemento armato oppure l’aggiunta di profilati in acciaio che consentono un ripristino razionale di travi in legno in quanto si tratta di abbinare due materiali, appunto il legno e l’acciaio che possono benissimo convivere. Non si condivide invece una metodologia, peraltro molto diffusa, con cui si fanno convivere materiali eterogenei come il cemento armato ed il legno. Si tratta di incastrare alla trave di legno una nuova nuova e sovrastante soletta in cemento armato avente il compito di assorbire gli sforzi di compressione mentre la vecchia trave deve assorbire esclusivamente quelli di trazione con una combinazione di un materiale cosi flessibile come il legno con un’altro molto più rigido da cui non possono che derivare, come del resto chi scrive ha avuto modo di accertare in esempi effettivamente realizzati, lesioni di vario genere che finiscono per compromettere seramente i risultati ottenibili.
Altri articoli dello stesso autore su argomenti vari possono essere letti su questo stesso sito.

Fig. 1 = Trave in acciaio post-precompressa

 

Fig. 2 = Trave in C.A. post-precompressa

 

Trave in legno post-precompressa

 

Fig. 4 = Travi in C.A. post-precompresse

 

Fig. 5= Esempio di post-precompressione

 

 

 

 

 

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