PROPOSTA DI UNA NUOVA INIZIATIVA IMPRENDITORIALE : LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

La regolazione della pressione di rete

1) PREMESSA

Il difetto delle reti acquedottistiche, che forma l’oggetto della presente nota, consiste nelle rilevantissime perdite occulte che la gran parte degli acquedotti italiani accusa.
Trattandosi di un difetto grave che comporta insufficiente produzione delle fonti, rilevanti oneri di esercizio dovuti alla continua ricerca di nuova acqua e alla costruzione ex novo di opere di captazione, adduzione e distribuzione di portate d’acqua inutilmente elevate perché destinate a coprire anche le grandi perdite, vengono sollecitati dagli enti pubblici e privati preposti al servizio idrico interventi volti a risolvere il problema. Tra questi ciò che viene ritenuto risolutivo è il rifacimento delle condotte ammalorate dette con termine molto rappresentativo “colabrodo”. Nella realtà tale rimedio viene attuato solo parzialmente a causa del suo costo elevatissimo ed inoltre perché in realtà non risolve i problemi nella loro totalità. Si deve infatti rilevare come molte perdite occulte siano dovute agli allacciamenti d’utenza per cui devono anch’essi essere compresi nelle opere di rifacimento generale nonostante le difficoltà date dal fatto che la relativa spesa e occupazione del suolo dovrebbero far capo ai privati proprietari del terreno e degli edifici dove gli allacciamenti stessi si trovano. Come dato secondario del rifacimento delle reti è da aggiungere la necessità di intervenire comunque sulla pressione di esercizio secondo le modalità che saranno appresso indicate perché, se fosse invece mantenuto un funzionamento con pressioni eccessive, ciò significherebbe ripristinare entro breve tempo le falle che provocano le elevate percentuali di perdita occulta in argomento.
Da aggiungere come, quando si sostituisce una rete, sia consuetudine consolidata iniziare da monte e operare verso valle per stralci successivi. Così facendo si ottengono delle fasi intermedie di esercizio durante le quali la parte di valle della rete è soggetta alla forte pressione causata dalla porzione di rete appena rinnovata e quindi molto efficiente : ciò provoca un aumento notevole delle perdite occulte della zona ancora ammalorata.
Un altro provvedimento, di dubbia efficacia ma spesso invocato, è quello relativo al risparmio idrico che viene raccomandato all’utenza invitandola a consumare l’acqua potabile con precise regole. Si deve rilevare che anche tale intervento, oltre a mettere dei limiti all’uso di un bene essenziale come l’acqua potabile, non è scevro di problemi dovuti ad esempio all’aumento di pressione che l’auspicato risparmio, se adottato dalla generalità dell’utenza, indurrebbe in rete con conseguente aumento delle perdite occulte e con la logica riduzione dell’efficacia reale del provvedimento.
Sussiste un’ulteriore campagna per la promozione della cosiddetta “distrettualizzazione” che consiste nel frazionare la rete in tante sottoreti alimentate da condotte singole che si possano tenere facilmente sotto controllo ed anche regolare opportunamente nel loro funzionamento. Il giudizio di chi scrive rispetto alla distrettualizzazione è assolutamente negativo in quanto ritiene che agendo in tal modo siano vanificati molti dei vantaggi che sono propri della rete magliata dotata delle molte interconnessioni che verrebbero interrotte dalla distrettualizzazione medesima. In altri termini si tratta di un provvedimento che, in linea teorica, non fa una piega ma assolutamente non è consigliabile nella gestione reale del servizio per i rischi e i maggiori costi di esercizio che vi provoca.
In conclusione gli interventi che ai nostri giorni vanno per la maggiore risultano irrealizzabili per il loro alto costo, sono molto spesso privi di risultati concreti quando non rappresentano addirittura un danno per la costituzione delle moderne reti.
Per questi motivi l’adozione di un intervento che, in attesa dei cospicui finanziamenti che consentirebbero il rifacimento totale degli acquedotti, riuscisse a diminuire seduta stante le perdite in maniera sostanziale in tutte le reti e quindi anche in quelle ammalorate, costituirebbe un risultato notevolissimo.
E’ questo lo scopo che viene perseguito in questa nota.

2) TIPO DI INTERVENTO PROPOSTO

Ai nostri giorni sono disponibili molte ditte che eseguono importanti interventi atti ad apportare un notevole miglioramento all’esercizio degli acquedotti. Alcuni esempi sono rappresentati dalla fornitura, posa in opera ed esercizio di impianti di telecontrollo e telecomando, dalla ricerca delle perdite con diversi e moderni sistemi, dal rilievo e la compilazione delle carte tematiche complete di banca dati relativi alla consistenza delle reti e degli impianti in genere, dalla fornitura e posa di apparecchiature idrauliche di tutti i tipi come pompe, i motori a velocità variabile, le valvole e saracinesche ecc. ecc., dalla compilazione dei modelli matematici e dei calcoli di verifica della rete nelle diverse condizioni di funzionamento: tutti interventi che svolgono una funzione basilare nel rifornimento idrico. Quello che però manca è una organizzazione altamente specializzata nella regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti adottando metodologie nuove ed efficienti. In questa nota viene appunto proposta la costituzione di una ditta che si occupi prevalentemente di tale attività e quindi contribuisca in maniera efficace a far scomparire il fenomeno delle rilevanti perdite, tramite diffuse azioni di regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti a partire da quelli di dimensioni maggiori per estendersi via via a tutti gli acquedotti italiani, il tutto senza precludere altre possibilità come il rifacimento delle condotte.

 

3) L’INTERDIPENDENZA TRA PRESSIONE E PERDITE OCCULTE

La presenza in una condotta d’acquedotto di una perdita è assimilabile ad un foro praticato allo scopo di prelevarvi una portata d’acqua il cui valore, in diretta proporzione con la pressione di funzionamento del momento che si sta esaminando, segue le regole della foronomia che definiscono la portata come funzione diretta della radice quadrata della pressione reale. Possono anche aversi delle variazioni di fuoriuscita dell’acqua dovute a diversificate falle dei tubi come ad esempio la presenza di fessurazioni aventi una geometria variabile in funzione della pressione. Ad esempio nel caso, abbastanza frequente, di difetti per lo più dovuti all’invecchiamento delle guarnizioni elastiche dei giunti delle tubazioni interrate, sussiste la possibilità che la perdita, nulla alle basse pressioni, si manifesti soltanto quando la pressione, superando un certo limite di sforzo interno, le apra provocando perdite assolutamente casuali e difficilmente definibili.
Stabilito che le perdite aumentano notevolmente con l’aumento della pressione, si elencano qui di seguito alcune delle caratteristiche principali che ne mettono particolarmente in luce l’entità e di conseguenza le grandi opportunità offerte dalla regolazione della pressione di cui si parla. Esse hanno luogo in speciale modo in presenza di:
1. Condotte funzionanti a pressioni elevatissime come ad esempio quelle dei territori con notevoli dislivelli del suolo. La fortissima pressione che si instaura nelle zone poste alle quote inferiori causa perdite rilevanti.
2. Periodo di bassi consumi dell’utenza : tutte le reti e quindi anche quelle delle aree pianeggianti, hanno per molte ore al giorno pressioni e perdite inutilmente elevate. Esempio classico sono i periodi notturni e soprattutto quelli delle notti invernali quando i consumi sono prossimi allo zero.
3. Condotte di adduzione che collegano opere di presa poste in alta montagna con acquedotti di pianura posti a centinaia di metri più in basso.

 

4) LA PRIMA FASE DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE

La regolazione più importante e che pertanto deve essere adottata per prima, riguarda la pressione di immissione in rete.

In questo settore  le modalità che sono preferite dai gestori di acquedotti ed anche gli insegnamenti che vengono impartiti dalle Università ai nuovi ingegneri, si basano su un concetto molto diffuso, che sta provocando danni gravi e che consiste nell’imporre, tassativamente ed in ogni tipo di rete di distribuzione, una pressione assolutamente costante in testa all’acquedotto cioè all’inizio rete. La maggior parte delle reti di distribuzione è infatti munita di vasche di carico che, alimentate a livello costante o con una minima escursione dovuta al riempimento/svuotamento dell’invaso, rispettano rigorosamente detta regola. Il fatto di avere in testa alla rete un capiente serbatoio sempre mantenuto al livello massimo consentito dal sistema, conferisce una grande sicurezza di esercizio data in primis dal volume d’acqua sempre presente in quota e quindi in grado di intervenire con funzionamento a gravità per ovviare a eventuali disservizi della produzione ed in secondo luogo perché viene garantita la pressione iniziale e quindi l’alimentazione della rete in ogni caso.
Vale però la pena di osservare quello che succede realmente nelle reti di questo tipo. Nel mentre la pressione di inizio rete si mantiene come detto a valore costante per tutte le 24 ore della giornata e per i 365 giorni dell’anno, la stessa cosa non accade nei punti di consegna dell’acqua all’utente generico dove si verifica un fenomeno che può essere definito paradossale in quanto vi si stabilisce una pressione più elevata nei momenti di consumo minimo quando detta maggior pressione non offre alcun beneficio nel mentre proprio in quelli di richiesta di punta, quando essa sarebbe utilissima allo scopo di potere vincere agevolmente le maggiori perdite di carico della rete pubblica ed anche di quella interna privata, la pressione cala fino a raggiungere i valori minimi fissati nei regolamenti di esercizio ed alle volte anche al di sotto di essi. Il fenomeno diventa più vistoso nei territori ad andamento altimetrico vario nei quali, per assicurare anche nelle aree di quota più elevata ciò che la buona tecnica impone e cioè una pressione di consegna dell’acqua superiore al valore minimo di cui si è detto, si ha cura di mantenere all’inizio rete una pressione sufficientemente alta al fine di assicurare l’alimentazione in tutto il territorio ivi comprese le alture. Ciò significa avere nelle aree depresse e soprattutto durante le ore di consumi bassi, delle pressioni di consegna dell’acqua tanto elevate da dover imporne la regolazione utente per utente tramite valvole di regolazione installate a monte del contatore privato. E’ questa la condizione peggiore in fatto di perdite che aumentano moltissimo concentrandosi soprattutto nei periodi notturni o comunque di basso consumo ,
Si distinguono per le diversificate modalità di attuazione della regolazione di pressione gli acquedotti a sollevamento meccanico da quelli funzionanti a gravità.

 

4.1) ACQUEDOTTI A SOLLEVAMENTO MECCANICO

La prima regolazione che é necessario attuare in questi sistemi idrici è l’abbandono delle vasche di carico che dominano la gran parte degli acquedotti italiani per sostituirle con la modalità di immissione diretta in rete a pressione variabile e regolata in funzione di quella finale di arrivo a casa dell’utente.
Nella risoluzione di questo problema ci si comporterà in funzione delle situazioni locali. La condizione più favorevole di intervento e’ quella di pianura dove è senz’altro da adottare il pompaggio diretto in rete asservito alla pressione finale rilevata in tempo reale nei punti caratteristici della rete e trasmessi automaticamente al centro di comando e controllo. Dei valori finali corretti, misurati nei punti caratteristici di rete su cui si deve basare il pompaggio aumentando o diminuendo la pressione di partenza fino a rispettarli in tempo reale, possono essere ad esempio di soli 15-20 metri sul tubo alla notte dalle ore 1 alle ore 5 per salire gradualmente nelle ore seguenti arrivando al valore di 45-50 m alle ore 9 quando è previsto il maggior consumo, scendere e mantenersi sui 35 m. dalle ore 10 alle 21 per poi diminuire gradualmente fino ad arrivare alle 1 alla quindicina di metri di cui si è detto. Si ribadisce che quelli appena citati sono i valori pressori relativi ai punti più interessanti della rete e cioè in quelli che caratterizzano la consegna dell’acqua nelle case di chi ne usufruisce.
Qualora non fosse possibile ottenere tramite la sola modulazione ottimale della pressione di inizio rete la regolazione finale in tutte le aree servite anche se pianeggianti, sarebbe necessario integrarla con piccoli interventi di regolazione locale da attuarsi con le modalità che saranno più avanti indicate quando si parla della diversificazione altimetrica del territorio servito. La serie di valori giornalieri indicati (che possono essere meglio rappresentati da un diagramma che ne detta l’ammontare minuto per minuto durante tutte le 24 ore della giornata tipo) presentano molteplici vantaggi. Innanzitutto si evita che la notte diventi il periodo di massima perdita, come invece accade normalmente nel mentre viene garantita all’utente una fornitura con buona pressione che gli assicura il funzionamento ottimale dei propri apparecchi interni in tutte le ore diurne. I risultati salienti sono due: in primo luogo vengono dimezzate le perdite occulte il che significa raggiungere lo scopo che ci si è posto in queste note, in secondo luogo aumentano i consumi in bolletta dell’utente a tutto vantaggio dell’ ente gestore in quanto la maggior pressione ottenuta proprio quando essa è utile, spinge l’utente medesimo ad utilizzare in pieno l’acqua ma non per coprire perdite ma invece per soddisfare in toto le proprie esigenze. L’importo di spesa dell’utente non subirà che modifiche di poco conto perché il maggior consumo viene compensato dalle minori perdite cui è ora soggetto l’impianto idrico privato. A sua volta i maggiori introiti del gestore sono giustamente riferiti all’acqua effettivamente utilizzata.
Le cose cambiano totalmente in territori d’altro genere .
Ad esempio in presenza di aree servite aventi un andamento altimetrico variegato, ferme restando le modalità di immissione a pompaggio diretto ed a pressione variabile, sarà da valutare tecnicamente ed economicamente se conviene regolare la pressione di partenza in funzione delle aree di quota più elevata, e poi regolare in posto la pressione zona per zona con valvole di riduzione della pressione asservita all’impianto centrale di telecontrollo, oppure se regolare in funzione della zona pianeggiante di bassa quota avente di solito una grande estensione planimetrica salvo provvedere localmente al risollevamento di modeste portate destinate alla alimentazione delle piccole aree sopraelevate oppure, terza variante di pompaggio regolato sulla quota media del territorio, in modo da soddisfare la stragrande maggioranza dell’utenza (cioè quella posta a quota altimetrica media) salvo poi agire in doppio modo sulle restanti aree e tramite valvole di regolazione o piccoli risollevamenti locali rispettivamente per le aree più alte e per quelle più basse.
Resta per ultima la possibilità di creare reti differenziate ognuna a servizio di un territorio singolo e dotando la centrale di piú serie di pompe ed altrettante condotte di adduzione che consentano un pompaggio, sempre di tipo diretto ed a pressione variabile ognuna regolata in funzione delle caratteristiche altimetriche dell’area di pertinenza.

 

 

 


Nei profili schematici delle figure allegate sono rappresentati alcuni esempi di reti tipiche con le soluzioni possibili. Nella figura n. 1 é rappresentata l’alimentazione dì una città pianeggiante che si suppone poter servire razionalmente mediante la sola regolazione di testa è cioè evitando totalmente gli interventi diffusi in rete.

 

 

 

Nella figura n.2 figura una centro abitato con una parte sopraelevata (tratto B-C) rispetto al resto del territorio servito. Sono possibili due soluzioni : suddividere la rete in due porzioni alimentate in doppio modo dalla centrale ed in dettaglio a pressione piú bassa per il tratto A-B e, tramite una seconda serie di pompe seguita da apposita adduttrice a pressione maggiorata la seconda (tratto B-C). L’altra soluzione prevede di alimentare la zona sopraelevata B-C tramite proprio impianto di risollevamento locale.

 

 

 

Gli stessi concetti sono validi anche per esempio di cui alla figura n. 3 con la sola differenza che le sottoreti a quota altimetrica maggiore sono più di una. Infine l’esempio della figura n. 4 riguarda un’ abitato con un’ampia area situata a quota inferiore del resto della città. Anche in questo caso bisogna ricorrere a due reti separate ed alimentate a pressione differenziata.

 

 

Quello che si vuole sottolineare con gli esempi schematici delle figure n 1-4 è l’opportunità di non seguire le indicazioni della figura n. 5 la quale, in totale conformità con la maggior parte degli acquedotti effettivamente esistenti, si basa su una alimentazione primaria a quota così elevata da garantire il rifornimento di tutte l’area servita e quindi anche quella posta a quota maggiorata, salvo provvedere con valvole locali a dissipare la maggior pressione rispetto a quella di normale utilizzazione dell’utenza. Queste modalità di concepire la distribuzione idropotabile, purtroppo molto diffusa, è, come già detto, una delle cause principali dei molti disservizi degli acquedotti italiani, modalità che sono senza dubbio da evitare soprattutto se la regolazione locale della pressione è attuata tramite valvole inserite utente per utente negli allacciamenti privati e subito a monte del contatore.

 

 

 

4.2) ACQUEDOTTI FUNZIONANTI A GRAVITÀ


La rara e fortunata occasione nella quale l’alimentazione della rete può aver luogo totalmente gravità e cioè senza sollevamento meccanico, rappresenta l’unico caso in cui è consigliabile mantenere lo schema classico della rete munita di vasche di carico adottando sistematicamente la regolazione diffusa in rete attuata tramite una serie di valvole asservite all’impianto di telecomando e telecontrollo. Si tratta cioè di intervenire soltanto con la riduzione programmata della pressione e cioè con le azioni d seconda fase che formano oggetto del seguente cap. 5.

5) LA REGOLAZIONE DIFFUSA DI RETE

Una volta ultimata la sistemazione principale della rete secondo le indicazioni del capitolo 4, un intervento di grandissima importanza è la regolazione minuta, diffusa ovunque la pressione non sia quella regolamentare. Due sono le caratteristiche basilari dell’intervento e si riferiscono prima di tutto alla ubicazione planimetrica in quanto è essenziale che la correzione venga effettuata in tutte le aree che risultano alimentate ad una pressione non regolamentare ed inoltre che la correzione riguardi tutta l’area interessata dall’anomalia.
In secondo luogo è essenziale definire l’entità ed il tipo di correzione che bisogna apportare dì volta in volta e cioè aumento oppure riduzione a seconda che la pressione del momento sia rispettivamente troppo bassa o troppo alta. Nel primo caso si tratta della costruzione dì veri e propri impianti di risollevamento mentre l’alternativa consiste nell’ inserimento di valvole di riduzione asservite in automatico alla pressione di cui tratta specificamente il seguente capitolo 6.

6) LA REGOLAZIONE A MEZZO VALVOLE DI RIDUZIONE

La metodologia si dimostra così importante da essere sovente ritenuta la panacea atta a risolvere tutte le anomalie di pressione di qualsivoglia tipologia di acquedotto superando totalmente le indicazioni fornite ai capitoli precedenti sullo sdoppiamento della regolazione.
Molto spesso ci si trova in presenza di acquedotti che in un primo tempo sollevano l’acqua meccanicamente a prezzo di elevati costi energetici e subito dopo provvedono a dissipare il carico per ricondurre la pressione entro limiti corretti. Questa errata modalità si verifica di solito in acquedotti nati molti anni or sono per servire inizialmente dei centri abitati molto piccoli, acquedotti che sono via via aumentati di importanza attraverso gli anni con successive e disordinate estensioni della rete ed inserimento scoordinato di apparecchiature ed impianti aventi lo scopo di risolvere problemi contingenti. Successivamente la necessità di conglobare la miriade di piccoli servizi idrici in unità grandi e grandissime fino ad assumere caratteristiche regionali ed anche extra regionali, ha dovuto conciliare strutture, di per sé diverse e scoordinate, adottando soluzioni tutt’altro che facili da realizzare e gestire. La pressione di funzionamento delle reti derivata da una situazione del genere è quella che ne ha subito le peggiori conseguenze e solo in quest’ultimo decennio ci si è resi conto della gravità del fenomeno in corso e si è cominciato ad applicare i sistemi di regolazione della pressione stessa potendo così constatare i positivi risultati di tale iniziativa ottenuta grazie all’inserimento diffuso delle valvole di regolazione servoassistite oppure, in questi ultimi anni, anche con l’adozione della distrettualizzazione di cui si è parlato nei capitoli precedenti.
La regolazione che viene proposta in questa nota, detta di seconda fase, fa esclusivamente seguito alla regolazione primaria già indicata pur confermando che negli esempi già realizzati di impiego esclusivo delle valvole si siano comunque ottenuti risultati importanti. Le modalità che si ritengono proponibili sono le seguenti.
Una cosa fondamentale è rappresentata senza dubbio dalla conoscenza sufficientemente dettagliata della rete e degli impianti fino a poterne riprodurre tramite modello matematico il funzionamento nelle diverse condizioni di funzionamento e con un discreto grado di approssimazione dei risultati. Le procedure potranno non essere spinte oltre un certo limite tenendo presente che lo scopo è soltanto quello di definire, tra tante, la soluzione migliore di progettazione delle valvole.
Trattandosi in dettaglio della regolazione minuta zona per zona da eseguirsi tramite valvole di riduzione è importante alternare, a seconda delle circostanze, apparecchiature diverse come ad esempio valvole servoassistite, valvole con comando locale sia asservite alle portate e sia alle pressioni locali, saracinesche servo comandate ecc. con scelte che non possono assolutamente derivare dal mero calcolo ma sono il frutto di un approfondito esame delle disparate modalità di esercizio dell’intera rete svolto dai tecnici con il prezioso ausilio di intere serie di verifiche svolte con ilmodello matematico di calcolo della rete. Tale compito deve essere svolto tenendo presente che, trattandosi di apparecchiature costose e complesse, è necessario ridurre al minimo il numero di valvole ed inoltre limitarsi soltanto a quelle di diametro maggiore. Queste le norme di base orientative delle scelte:
1 – prevedere l’inserimento delle valvole solo nelle condotte che denunciano rilevati escursioni della perdita di carico al variare dei consumi e di solito ubicate nei tronchi che corrono perpendicolarmente alle curve di ugual pressione;
2 – intercettare i collegamenti e gli anelli sovrabbondanti mediante inserimento di saracinesche o valvole a farfalla motorizzate che restano normalmente chiuse ma che possono essere aperte automaticamente nei momenti di necessità accertati dal telecontrollo. Sono sempre da mantenere aperti i tronchi che corrono lungo le curve di livello di ugual pressione in quanto svolgono una azione di equilibratura della pressione senza modificarne il valore in misura determinante;
3 – inserire per prime e solo nelle condotte principali, alcune valvole in numero il più basso possibile ed asservite all’impianto di telecontrollo. Sarà il modello matematico a definire se sono in numero sufficiente;
4 – se necessario aggiungere nelle condotte di minor importanza delle valvole di riduzione della pressione a funzionamento autonomo come ad esempio quelle a pressione fissa a valle o a portata fissa, oppure atte a mantenere a valle una percentuale fissa della pressione di monte oppure temporizzate che consentano maggiori riduzioni di pressione nelle ore notturne.
Per quanto riguarda i tipi di valvole saranno da privilegiare quelle a fuso dotate di cestello anticavitazionale nel mentre si dovrà curare che la loro manovra avvenga molto lentamente per contenere le sovrappressioni di moto vario e che sia evitata la chiusura totale e quindi l’insorgenza di fenomeni di cavitazione.
Una regola importante da tener bene presente in tutte le determinazioni delle caratteristiche da assegnare alle reti di distribuzione e quindi anche a quelle che riguardano l’argomento “valvole di regolazione” riguarda i dati statistici di consumo dell’utenza dai quali risulta chiaramente come i prelievi di punta siano di durata molto limitata verificandosi invece per la maggior parte del tempo consumi bassi e medi. Ne deriva l’opportunità di porre in opera poche valvole servocomandate e di abbondare invece nelle saracinesche motorizzate di cui al punto 2 che vengono automaticamente aperte solo eccezionalmente durante i prelievi di punta i quali, come detto, sono rari.
Gli interventi, condotti adottando rigorosamente questi metodi, produrranno sicuramente risultati importanti del resto già comprovati dalle esperienze compiute.

7) MODALITÀ ESECUTIVE = LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI DA APPORTARE AD UNA RETE ESISTENTE

Come già spiegato, lo scopo della presente nota è promuovere la diffusione di una attività avente lo scopo di praticare la regolazione della pressione di funzionamento degli acquedotti.
All’uopo il ruolo principale è senza dubbio quello svolto da un ufficio tecnico la cui creazione dovrebbe avvenire seguendo le seguenti indicazioni.
1. Disporre di personale altamente qualificato nel campo idraulico e in quello dell’impiego sia progettuale sia di approvvigionamento, posa in opera ed esercizio di componenti elettronici ed elettromeccanici il tutto coordinato tramite computer sia per le verifiche idrauliche ed economiche e sia per il telecontrollo e telecomando delle apparecchiature onde arrivare all’ottimale impiego effettivo delle apparecchiature idrauliche anche servocomandate
2. Impiegare il primo anno di lavoro nel documentarsi sia tramite consultazione approfondita della letteratura tecnica, sia mediante contatti diretti con studiosi e soprattutto con ditte italiane ed estere che praticano la regolazione della pressione sia mediante l’uso delle valvole, sia mediante la distrettualizzazione o con altri mezzi.
3. Fare una ampia indagine sul funzionamento reale degli acquedotti italiani (soprattutto di maggiore importanza) che non sono ancora muniti di sistema di regolazione della pressione, onde capire a fondo i molti difetti e le ragioni vere delle enormi perdite occulte.
4. Pubblicizzare l’iniziata attività proponendo in primo tempo l’offerta di studi eseguiti con basse tariffe.
5. Quando l’attività iniziasse a prosperare, studiare la possibilità di eseguire in proprio e a tariffa piena non solo la progettazione ma anche la fornitura, posa in opera ed anche l’esercizio delle apparecchiature di regolazione. In altri termini costituire una ditta che esegue su incarico la sistemazione dell’acquedotto restando proprietaria delle apparecchiature ed eseguendone in proprio l’esercizio.

8) CONCLUSIONI

Dopo aver descritto la situazione disastrosa degli acquedotti italiani ed in particolare aver insistito sulla assurdità delle grandi perdite occulte che accusano gli acquedotti italiani, si è passati a formulare una proposta di costituzione di una ditta che esegua in proprio lo studio, la costruzione e possibilmente anche la gestione della regolazione della pressione.
Sì ritiene che la situazione economica attuale e le prospettive tutt’altro che rosee dei prossimi anni, che le previsioni future relative sia al fabbisoglano e sia alla producibilità delle fonti, segnalino che le difficoltà, invece di tendere a diminuire, compongano un quadro sempre piú fosco e che pertanto i risultati delle iniziative indicate nel presente lavoro trovino un riscontro destinato ad aumentare con un ritmo sempre piú pressante.
Si auspica perciò che l’imprenditoria pubblica ma soprattutto quella privata faccia propria l’attività di regolazione della pressione delle reti acquedottistiche vista come fonte di sicuro guadagno ed al tempo stesso. come un determinante contributo alla risoluzione di uno dei problemi più pressanti che colpiranno quanto prima la moderna società.

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