TELECONTROLLO E TELECOMANDO NEGLI ACQUEDOTTI OVVERO LA RAGIONE DI UNA RIVOLUZIONE VERA E PROPRIA

Agli impianti di telecontrollo introdotti in questi ultimi anni nella gestione dei sistemi acquedottistici è affidato il compito di effettuare automaticamente gran parte delle manovre e dei controlli un tempo eseguiti manualmente dal personale di servizio. Cio è particolarmente utile nelle reti munite di apparecchiature elettriche o elettromeccaniche disseminate in vasti territori che richiederebbero la presenza fissa o saltuaria del personale di sorveglianza. Si ottiene una migliore esecuzione dei comandi e dei controlli dovuta all’impiego dei programmi applicativi del computer e alla centralizzazione di tutte le operazioni dell’esercizio. Anche la supervisione degli impianti, che in molti casi deve comunque essere effettuata dal personale di servizio, viene resa più agevole non solo a seguito della citata centralizzazione di tutti i segnali e dei comandi ma anche per la possibilità di avere a portata di mano molteplici dati di funzionamento e di verificare in tempo reale l’esito delle manovre, le conseguenze reali dei disservizi, ecc. ecc. Per quanto riguarda l’impiego di personale si può dire che l’avvento del telecontrollo ha ridotto il numero degli addetti richiedendo però loro una maggiore specializzazione. In altri termini nei moderni acquedotti poche persone qualificate possono tenere sotto controllo un vasta rete acquedottistica con buoni risultati sia in ordine alla qualità del controllo e comando che alla rapidità di intervento in caso di bisogno. La descrizione delle caratteristiche specifiche degli impianti di telecontrollo degli acquedotti viene contenuta in queste brevi note che non sono senz’altro esaustive. Ciò che preme qui sottolineare sono invece le profonde trasformazioni che la rete acquedottistica deve subire nella sua costituzione di base a seguito dell’avvento dell’impianto di telecontrollo. E’ questo un compito che trascende da quanto indicato nelle premesse e che apre possibilità tecnico-economiche notevoli. Si tratta di un vero capovolgimento nei concetti di base: non impianti di telecontrollo concepiti in funzione della rete da controllare ma invece rete acquedottistica creata per sfruttare appieno l’impianto di telecontrollo che ne sovrintende le funzioni.
Sono molte le funzioni e gli elementi costitutivi principali e secondari dell’acquedotto che devono essere rivoluzionati. Tra di essi la progettazione e realizzazione degli impianti e della rete, le modalità di produzione dell’acqua, quelle della sua contabilizzazione, quanto attiene alla sicurezza di esercizio ecc. ecc.
Le possibili innovazioni riguardano in particolare:
· le centrali di sollevamento non più equipaggiate da molteplici pompe a prevalenza e portata fissa bensì da poche macchine a giri variabili con asservimento della velocità e quindi della portata e della pressione alle esigenze reali dell’utenza definite in tempo reale e del tutto automaticamente dal sistema;
· la compensazione delle portate che non deve essere più effettuata come un tempo tramite serbatoi inseriti direttamente in rete e quindi di funzionamento anomalo ma tramite serbatoi a terra oppure interrati di più facile costruzione, automaticamente controllati e regolati dall’impianto di telecontrollo;
· la rete di distribuzione a pressione variabile asservita con continuità al fabbisogno istantaneo dell’utenza, che grazie alle nuove caratteristiche costitutive e di esercizio, garantisce risultati ottimali sia in termini di consumi energetici, di dimensionamento delle tubazioni e del contenimento delle perdite occulte che, come ben noto, sono in rapporto diretto con la pressione di esercizio.

Da rilevare la possibilità di collegamento del sistema di telecontrollo e telecomando con la rete internet che consente di effettuare controlli e manovre da un qualunque computer sia fisso e sia portatile o addirittura tramite palmari individuali.

Le modalità da seguire per raggiungere i risultati qui sommariamente elencati sono leggibili negli articoli di questo stesso sito nei quali, oltre ad essere descritte in dettaglio le modalità costruttive e di esercizio di reti di distribuzione di media e piccola grandezza derivate da esperienze dirette di esercizio di acquedotti reali, sono riportate anche delle dimostrazioni teoriche condotte, quando necessario, con l’utilizzazione di speciali programmi applicativi di verifica delle reti magliate complete di apparecchiature e serbatoi inseriti nella rete stessa.

RETE MISTA A GRAVITA’ E SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

 

Rete montana.

Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità
Esempio di piccolo acquedotto funzionante a gravità con integrazione a solevamento meccanico

 

Rete montana,

Allorquando le fonti poste a quota elevata  non presentano una producibilità sufficiente per far fronte alle punte di consumo dell’utenza, si deve per forza ricorrere all’integrazione di portata da fonti poste a quote inferiori o comunque ad acqua di altra origine che deve essere sollevata meccanicamente per essere immessa nelle reti in argomento le quali, per assunto di base, sono reti di tipo montano e come tali altimetricamente elevate. Presupposto di base, in tali casi, è quello di privilegiare l’utilizzazione dell’acqua prodotta dalle fonti in quota atte, come ripetutamente detto, ad evitare ogni consumo di energia elettrica, nel mentre la rete di distribuzione deve, anche in questo caso, rientrare nel tipo indicato come rete ideale nel capitolo “rete montana funzionante a gravità”  (vedi schema idraulico in calce) in quanto rappresenta una razionale soluzione dei relativi problemi. La particolare e già descritta costituzione della rete di distribuzione offre, anche nel caso delle reti miste di cui qui si discute, notevoli vantaggi nel sollevamento della portata integrativa in quanto quest’ultimo può essere relativamente modesto poiché ci si può limitare ad immettere l’intera portata integrativa nelle reti secondarie di distribuzione poste alle quote più basse, contenendo quindi la prevalenza entro valori minimali. Trattandosi di acqua sollevata meccanicamente gli impianti di pompaggio sono del tipo a pressione variabile asservita alla pressione di rete rilevata nei punti caratteru’istici della rete e trasmessa in tempo reale all’impianto di telecontrollo. Ovviamente tutta l’acqua distribuita a gravità viene riservata per intero alle reti secondarie superiori e solo l’eventuale eccedenza a quelle inferiori. In questo senso un importante contributo può derivare dall’utilizzazione di serbatoi regolati a livello imposto ora per ora in quanto consentono di limitare  l’intervento delle pompe suppletive ai soli periodi di insufficienza delle fonti a gravità. Da rilevare invece come il metodo di regolazione con galleggianti, attualmente molto diffuso,  non esclude l’intervento delle pompe anche nelle  giornate in cui la portata immessa a gravità dovrebbe essere sufficiente a coprire il fabbisogno ma invece non lo è perché i galleggianti impongono la messa in moto delle pompe tutte le volte che i livello dei serbatoi cominciano a diminuire-

Schema rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione)
Esempio di rete di ridistribuzione per teritorio ad altimetria molto varia con doppia rete (adduzione e distribuzione) efunzionante interan’ìmente  a gravità

 

RETE MONTANA A SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

Rete montana.

Si tratta di impianti acquedottistici nei quali il carico piezometrico necessario per il trasporto dell’acqua dalla produzione fino al domicilio dell’utente è ottenuto tramite pompaggio. In questi casi il servizio idropotabile non può aver luogo se non previa suddivisione del territorio da alimentare in tante fasce orizzontali dell’altezza di circa 50 m, ciascuna delle quali dotata di propria sottorete idraulicamente separata da quelle viciniori. Il recapito dell’acqua è effettuato tramite diversificati impianti di sollevamento a prevalenza via via crescente a partire dalle fasce poste alla quota più bassa verso quelle più elevate in modo che in ciascuna di esse si mantengano adeguate pressioni di esercizio. Una diversa conformazione degli impianti acquedottistici volta ad estendere su tutto il comprensorio, indipendentemente dal suo andamento altimetrico, una rete di distribuzione unitaria, comporterebbe gravi inconvenienti per cui, nel presente lavoro, non viene nemmeno presa in considerazione anche se tale disposizione trova attuazione in molte realtà acquedottistiche. Essa richiederebbe infatti che tutta l’acqua, e quindi anche quella destinata alle utenze poste alle quote inferiori, fosse innalzata fino ad una pressione corrispondente al punto più elevato del comprensorio salvo, nelle zone basse, provvedere alla dissipazione del carico in eccesso tramite apparecchiature di regolazione disseminate nelle condotte stradali o inserite negli allacciamenti di utenza. Il circolo vizioso che così avrebbe origine produrrebbe elevate ed inutili spese energetiche date dalla prevalenza delle pompe inutilmente alta, nel mentre il funzionamento a forte pressione cui sarebbero sottoposte molte condotte stradali, oltre a richiedere particolari e costosi accorgimenti costruttivi e di esercizio, provocherebbe rilevanti perdite stradali d’acqua con ulteriore danno economico di gestione. La rete normalmente utilizzata per l’alimentazione dei territori collinari, comunque suddivisi come indicato per fasce omogenee orizzontali, prevede che ciascuna sottorete sia munita di un serbatoio di carico situato nella sua parte più elevata ed alimentato da una o più condotte di adduzione totalmente indipendenti dalla rete di distribuzione. Il sollevamento dell’acqua può aver luogo sia tramite un unico impianto ubicato in prossimità della produzione d’acqua e munito di più serie di pompe di adeguata prevalenza (Vedi figura allegata) o, specialmente quando il dislivello da vincere è notevole, mediante più impianti in serie ubicati ad altezze via via crescenti .

Rete montana classica con un unico impianto di sollevamento
Rete montana classica con un unico impianto di sollevamento

I vantaggi di una disposizione come quella descritta, conclamati dalla letteratura tecnica e documentati da molte realtà acquedottistiche, consistono nella costanza della pressione di partenza di ciascuna rete e nella presenza di un invaso in quota atto a garantire il rifornimento idropotabile anche in caso di brevi rotture o fuori servizio della produzione. Fanno riscontro alcuni inconvenienti che, a causa della notevole incidenza delle spese di sollevamento, possono essere definiti di una certa gravità soprattutto se si tengono presenti le grandi possibilità offerte dalla moderna tecnica acquedottistica per ovviarvi come sarà di seguito indicato. Ed ecco la soluzione proposta. La rete, in ogni caso suddivisa per fasce orizzontali di circa 50 m di altezza come indicato nei capitoli precedenti, sarà (vedi schema della figura allegata) contrariamente alla rete di tipo classica, munita di due soli serbatoi di accumulo. Il primo, annesso all’impianto di produzione è destinato alla compensazione giornaliera della quasi totalità delle portate, il secondo, di regola ubicato nella parte più elevata del territorio, delle punte massime locali. Ogni sottorete sarà munita di proprio impianto di sollevamento munito di casse d’aria a valle per quello annesso all’impianto di produzione e a monte e valle per le altre. Il serbatoio di compenso sarà munito di pompa di risollevamento con cassa d’aria solo a valle. Le casse d’aria poste a valle del sollevamento possono essere vantaggiosamente sostituite da serbatoi idropneumatici ottenendo il vantaggio di avere in rete dei volumi d’acqua di riserva cioè pronti ad entrare in rete per fuori servizio del pompaggio.

Profilo schematico rete ideale a servizio di territorio montano

I vantaggi di una disposizione come quella descritta, conclamati dalla letteratura tecnica e documentati da molte realtà acquedottistiche, consistono nella costanza della pressione di partenza di ciascuna rete e nella presenza di un invaso in quota atto a garantire il rifornimento idropotabile anche in caso di brevi rotture o fuori servizio della produzione. Fanno riscontro alcuni inconvenienti che, a causa della notevole incidenza delle spese di sollevamento, possono essere definiti di una certa gravità soprattutto se si tengono presenti le grandi possibilità offerte dalla moderna tecnica acquedottistica per ovviarvi come sarà di seguito indicato. Ed ecco la soluzione proposta. La rete, in ogni caso suddivisa per fasce orizzontali di circa 50 m di altezza come indicato nei capitoli precedenti, sarà (vedi schema della figura  allegata) contrariamente alla rete di tipo classica, munita di due soli serbatoi di accumulo. Il primo, annesso all’impianto di produzione è destinato alla compensazione giornaliera della quasi totalità delle portate, il secondo, di regola ubicato nella parte più elevata del territorio, delle punte massime locali. Ogni sottorete sarà munita di proprio impianto di sollevamento munito di casse d’aria a valle per quello annesso all’impianto di produzione e a monte e valle per le altre. Il serbatoio di compenso sarà munito di pompa di risollevamento con cassa d’aria solo a valle. Le casse d’aria poste a valle del sollevamento possono essere vantaggiosamente  sostituite da serbatoi idropneumatici ottenendo il vantaggio di avere in rete dei volumi d’acqua di riserva cioè pronti ad entrare in rete per fuori servizio del pompaggio.

Ad esempio nel caso di un comprensorio avente tre fasce omogenee (vedi schema semplificato) si avranno le seguenti stazioni:

Stazione P1.

E’ dotata di pompa a velocità variabile della portata massima pari a quella dell’intero territorio (fascia A + B + C) con asservimento del numero di giri al diagramma preimpostato delle pressioni dei nodi critici della rete A . Ciò consente di ottimizzare la pressione di esercizio in funzione delle effettive necessità dell’utenza consegnando l’acqua alla maggior pressione quando maggiori sono le richieste nel mentre durante le ore di bassi consumi e particolarmente durante la notte, la pressione viene abbassata contribuendo non solo ad economizzare nelle spese energetiche di sollevamento ma soprattutto a diminuire le perdite occulte che, come noto, sono funzione diretta della pressione di esercizio. La pompa P1 aspira direttamente dal serbatoio della produzione ed alimenta tutte le utenze della rete A con immissione diretta in rete della portata da esse richiesta e di quella necessaria per le reti superiori e che la pompa P2 aspira dalla stessa rete A.

Stazione P2

E’ dotata di pompa a velocità variabile della portata pari a quella massima dell’intero territorio (fascia A + B + C) con asservimento del numero di giri al diagramma preimpostato delle pressioni dei nodi critici della rete B. Aspira direttamente dalla rete A ed alimenta tutte le utenze della rete B con immissione diretta in rete della portata da esse richiesta e di quella necessaria per la rete superiore e che la pompa P3 aspira dalla stessa rete B.

Stazione P3.

E’ dotata di pompa a velocità variabile che aspira direttamente dalla rete B inferiore e della portata massima pari a quella max dell’intera rete (fascia A + B + C) con asservimento del numero di giri al diagramma preimpostato delle pressioni dei nodi critici della rete C. Per il suo funzionamento viene definito un valore fisso ma tarabile di portata totale massima sollevata (cioè in uscita dalla pompa P1) pari al valore della portata media del giorno di massimo consumo dell’intera rete (rete A + rete B + rete C). Quando la portata richiesta dalla intera rete (e cioè la portata innalzata da P1) raggiunge tale portata di soglia, la pompa P3 in argomento cessa di essere asservita alla pressione dei nodi e la regolazione della sua velocità di rotazione ha luogo in funzione della portata della P1 in modo che tale portata si mantenga costantemente sul valore di soglia prefissato. In altri termini la P3 riduce man mano la portata da essa aspirata dalla rete inferiore in modo che la portata di P1 sia costantemente pari alla portata di soglia normalmente corrispondente alla media del giorno di massimo consumo. Durante la notte la rete immette nel serbatoio i volumi d’acqua necessari per coprire la punta di tutto il territorio (reti A, B, C) tramite la regolazione automatica della valvola di ingresso al serbatoio ed asservita ad un prefissato diagramma giornaliero dei livello che il serbatoio deve assumere. Si tratta di una curva preimpostata simile a quella di cui all’articolo “REGOLAZIONE A LIVELLI IMPOSTI” in quanto impone le modalità di riempimento del serbatoio. In pratica si prefissano i livelli che il serbatoio durante la fase di riempimento deve avere la notte, ad esempio con inizio alle ore 24 e fine alle 5. Il calcolatore centrale, in tale intervallo di tempo, verifica i livelli reali e, se inferiori, li riporta ora per ora a quelli prefissati. Ovviamente nessun riempimento avrà luogo se il livello, nel momento considerato, è di per sé superiore a quello previsto.

Stazione P4

E’ destinata a coprire le portate di punta dell’intero territorio. La pompa, asservita al diagramma giornaliero delle pressioni della rete C, entra in funzione quando la pressione dei nodi critici della stessa rete C non più sorretta dalla pompa P3 che ha raggiunto la portata di soglia, tende a scendere al di sotto dei valori di diagramma prefissato. Ovviamente la valvola di immissione d’acqua nel serbatoio 4 è sempre chiusa quando la pompa 4 è in moto. Il funzionamento degli impianti è il seguente. Durante la notte la pompa P4 è ferma perché la pressione ai nodi è mantenuta dalla pompa P3. Il serbatoio riceve dalla rete i volumi necessari al suo riempimento secondo il diagramma giornaliero prefissato dei livelli in vasca. La pompa P1 regola la propria velocità in modo da mantenere la pressione prefissata ora per ora nei nodi critici della propria rete e solleva tutta la portata richiesta dagli utenti della rete A e quella aspirata dalla pompa P2. Le pompe P2 e P3 funzionano in modo analogo alla P1 con la sola differenza che ognuna di esse si regola in funzione della pressione ai nodi critici della propria rete da alimentare. Al mattino quando il serbatoio è pieno la valvola di immissione si chiude e l’invaso resta al massimo livello. Allorché i consumi dell’utenza iniziano a ad assumere valori via via più rilevanti le P1, P2 e P3 aumentano la velocità di rotazione in modo da seguire la richiesta e mantenere ai nodi critici delle varie reti di appartenenza le pressioni prefissate nel grafico giornaliero preimpostato per qualunque valore di portata e quindi anche durante l’ora di punta. La pompa P3 è la sola che, quando la portata della P1 tende a superare il valore di soglia e cioè la portata media del giorno di massimo consumo, limita la portata che essa stessa aspira dalla rete inferiore e regola automaticamente la velocità di rotazione in modo che la P1 si mantenga costantemente sulla portata di soglia. Da tale istante la pressione dei nodi critici della rete C tende a scendere sotto ai valori preimpostati il che provoca la messa in moto della P4 volta al mantenimento di tali valori mediante asservimento automatico. Alla sera al diminuire delle richieste della rete C e rientrata la pressione entro valori normali, la P4 si fermerà tornando al regime della mattina. Nel caso, puramente ipotetico, in cui il consumo utenza fosse zero, le P1, P2 e P3 solleverebbero ciascuna la portata necessaria per far coincidere i livelli del serbatoio con quelli della curva preimpostata e ciò per una portata massima pari a Qmed.tot. Le P1, P2 e P3 sono comunque dimensionate per il consumo di punta in modo da poter far fronte ad imprevedibili maggiori richieste dovute a consumi eccezionali o a fuori servizio di qualche apparecchiatura o condotta. Il vantaggio più evidente della rete ideale descritta è quello di liberare la pressione di esercizio dai vincoli imposti dai serbatoi di carico presenti nella rete classica e dovuti ai livelli minimo e massimo di invaso di ciascuno di essi entro i quali dovrebbe essere contenuta la pressione di rete perché i serbatoi stessi potessero svolgere il compito loro assegnato nel mentre la pressione di consegna dell’acqua agli utenti che ne deriva può risultare inadeguata. Al contrario nella rete ideale si avrà cura di graduare la pressione di pompaggio, in modo che, mediante asservimento a quella effettiva rilevata in più punti e trasmessa in tempo reale alle centrali di sollevamento, sia più elevata nelle ore di maggior consumo e più bassa nelle ore notturne o comunque di minor richiesta. I vantaggi ottenibili, tanto più importanti quanto più la rete è estesa in senso orizzontale, sono molteplici : – una minor spesa per l’energia di sollevamento; – una diminuita incidenza delle perdite occulte di rete dovuta alla più bassa pressione notturna; – una pressione sempre adeguata alle necessità dell’utenza. Per quanto riguarda la scarsità di invasi in quota che caratterizza la rete ideale e la conseguente mancata presenza di importanti volumi d’acqua pronti ad entrare in rete per ovviare ad eventuali guasti, si vedrà più avanti come vi si possa rimediare mediante particolari accorgimenti tecnici atti ad offrire altrettante se non superiori garanzie di buon funzionamento. Un ulteriore vantaggio è dato dal risparmio energetico che si realizza nella rete ideale per trasportare i volumi d’acqua dalla produzione alle varie reti superiori. Infatti nel mentre nella rete classica tale lavoro viene svolto dalle condotte di adduzione con una rilevante perdita di carico, caratteristica precipua delle condotte singole, nella rete ideale ha luogo mediante utilizzazione della intera rete magliata che, in quanto tale, può svolgerlo con perdite sensibilmente inferiori soprattutto durante i periodi notturni di basso consumo dell’utenza. Tutte le condotte di rete, anche quelle più lontane dalla stazione di pompaggio, concorrono infatti all’adduzione con risultati ottimi per quanto riguarda il risparmio energetico di pompaggio.

Schema planimetrico della variante di rete ideale sollevamento meccanico
Schema planimetrico della variante di rete ideale sollevamento meccanico

 

 

 

 

 

 

 

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LO SBARRAMENTO ATTIVO D’ALVEO

1) Premessa

Le pianure italiane sono attraversate da numerosi corsi d’acqua naturali e da canali artificiali il cui scopo è quello di addurre al mare le acque di scolo di vasti territori essendo caratterizzate di anno in anno da volumi in continua ed inarrestabile crescita cui non è materialmente possibile far fronte per le obbiettive difficoltà che vi si incontrano. Lo scopo della presente nota è la presentazione di una possibile soluzione di alcuni problemi in maniera razionale ed economica.

2) CARATTERISTICHE DEI CANALI DI PIANURA

La parte finale dei corsi d’acqua e cioè quella che interessa gli ultimi tratti prossimi allo sbocco a mare, presenta delle caratteristiche del tutto particolari soprattutto in relazione alla esigua pendenza longitudinale che rende minimo il carico idraulico atto a conferire al canale una portata congruente con i volumi idrici in gioco. In altri termini la resa idrica dei canali, nelle zone pianeggianti che precedono la foce dei corsi d’acqua, è molto modesta e risulta molto difficoltoso aumentarne il valore. Essendo invariabile la pendenza motrice, l’unica possibilità che rimane è l’aumento della sezione liquida anch’essa condizionata da un fattore negativo e cioè dalle quote di minimo e massimo invaso che, a meno di casi del tutto particolari, non è possibile variare. Infatti le quote di fondo alveo sono fissate dalle caratteristiche del mezzo nel punto di sbocco in quanto un eventuale approfondimento del canale con quote finali inferiori rispetto ad esso comporterebbe un funzionamento rigurgitato ed un sicuro innalzamento del fondo del canale dovuto ai depositi di materiale minuto che finirebbe per riempire l’approfondimento stesso annullandone l’efficacia. La stessa cosa può dirsi per le quote di fondo lungo l’asta del corso d’acqua che sono tutte definite dai trasporti solidi in atto e che non possono essere modificati artificialmente. In modo similare l’aumento della sezione non può essere attuato tramite innalzamento degli argini e quindi del pelo libero se non per altezze limitate (ad esempio per un massimo di un solo metro) in quanto ciò si rifletterebbe negativamente sugli affluenti con disastrose conseguenze. Nella situazione normale non resta che allargare il letto fermi restando, per le ragioni indicate, le quote di fondo e di sommità argine. Sovente anche questa operazione è resa impossibile per la mancanza dello spazio fisico nel quale ricavare i citati allargamenti.

 

3) LA SOLUZIONE PROPOSTA

Se si esamina il funzionamento a pelo libero di un canale balza agli occhi come il fattore che interverrebbe più di tutti gli altri nel migliorare la portata da adducibile è rappresentato senza dubbio dalla sua pendenza assoluta. Ad esempio in un canale avente le sponde inclinate a 45 gradi, larghezza al fondo di 5 metri, pendenza del 0.1 per mille (10 cm ogni chilometro compatibili con una normale situazione di pianura italiana ) ed un’altezza massima del tirante in tempo di piena di 5 metri, si ha una portata di circa 50 mc/sec. Supponendo di raddoppiare la larghezza del fondo alveo fermi restando tutti gli altri elementi e cioè la pendenza e l’inclinazione delle sponde si otterrebbe una portata di 85 mc/sec cioè un aumento percentuale del 70 %. Se si considera la sopraelevazione degli argini di un solo metro che può considerarsi fattibile senza sconvolgere tutto il sistema di raccolta e convogliamento acque, si ottiene ancora una portata adducibile di 85 mc/sec con lo stesso incremento del 70%. Se invece si potesse aumentare la pendenza portandola allo 0.5 per mille (50 cm al chilometro) , fermi restando tutti gli altri elementi dimensionali iniziali, la portata arriverebbe a 120 mc/sec con un aumento percentuale di ben il 140 % mentre aumentando la pendenza fino al 1% (un metro al Km) la portata assume un valore di ben 160 mc/sec con un aumento del 220 %!.
E’ quindi evidente come è sulla pendenza che bisogna operare per ottenere benefici di una certa rilevanza. Ovviamente tale risultato non può essere raggiunto per vie naturali ma soltanto adottando artifici meccanici analoghi a quelli normalmente usati per la bonifica di territori depressi ma dai quali però si differenziano sia per una diversa costituzione delle opere sia per le modalità di esercizio che comprendono due distinte fasi. La prima di esse, relativa alle portate idriche di piena che statisticamente hanno durate brevi, consiste nel sollevamento dell’acqua al fine di farle assumere il maggiore carico idraulico di cui si è detto, la seconda, che si riferisce invece a flussi idrici caratterizzati da durate notevolissime ma da portate esigue, ha lo scopo di utilizzare tutto il carico in esubero durante i periodi di portata magra, di media e di morbida per produrre energia elettrica tramite l’utilizzazione di alcune delle stesse pompe idrovore di cui si è detto ma aventi la peculiare caratteristica di essere reversibili. In pratica tali macchine sono costituite da motori elettrici che, quando necessario, possono anche fungere da alternatori atti a produrre, sotto la spinta dell’acqua, energia elettrica. Sono inoltre costituite da pompe che possono essere alternativamente usate anche come turbine per conferire agli alternatori la necessaria forza motrice. Si tratta di apparecchiature elettromeccaniche, spesso usate negli impianti idroelettrici chiamati di accumulo in quanto atti sia ad utilizzare il salto idrico esistente tra due bacini idrici per produrre energia elettrica e sia sfruttare i cascami di energia per risollevare acqua dal bacino inferiore a quello superiore.
Nel caso in esame i risultati cercati vengono ottenuti, come illustrato schematicamente nel profilo longitudinale allegato, suddividendo l’asta del canale in tanti tronchi ed inserendo nel punto di inizio di ciascuno di essi un impianto di sollevamento/produzione elettrica. Tra i tipi opere che si ritiene siano particolarmente adatte si cita lo sbarramento schematicamente illustrato nella planimetria allegata e che comprende un modesto bacino di monte per la immissione delle acque con suddivisione in due semibacini atti a consentire la messa fuori servizio alternativa per eventuali lavori di manutenzione ed un secondo bacino di valle per la restituzione nel canale emissario dei volumi idrici sia in caso di sollevamento sia nel caso di sfruttamento ai fini idroelettrici con le macchine idrauliche reversibili. Tra i due bacini trova posto la barriera contenente al suo interno le macchine idrauliche citate la cui potenzialità e numero di elementi tra di loro uguali devono essere definiti in funzione rispettivamente della portata in gioco e della sua escursione massima. Ciascuna macchina è inserita in apposita condotta forzata munita a monte di gargami per la posa di panconcelli di intercettazione del flusso idrico ed a valle di valvola a farfalla servocomandata e che svolge il doppio ruolo di valvola di ritegno durante il normale esercizio e di intercettazione totale del flusso di valle nel caso di necessità di svuotamento dell’intera condotta e della macchina idraulica. Un limite invalicabile alla applicabilità del sistema quì proposto è dato dalla portata totale da addurre a mare la quale, ovviamente, non può superare la potenzialità massima delle pompe che, sia pur costituite da una nutrita serie di macchine funzionanti in parallelo, non può confrontarsi con quella addotta dai grandi canali in tempo di piena. Gli interventi si riferiscono pertanto a canali di modesta entità.

Come già citato si distinguono due distinte fasi rispettivamente di pompaggio e di produzione idroelettrica. Quella principale che interessa contemporaneamente tutte le barriere consiste nel sollevare la portata in arrivo da monte al fine di aumentare notevolmente le possibilità di evacuazione del canale e quindi fronteggiare anche gli eventi di piena eccezionale. In tal caso le pompe, funzionando in parallelo con le altre, consentono, a parità di prevalenza totale, di adeguare la portata sollevata alle necessità contingenti. In dettaglio i due tronchi di canale posti rispettivamente a monte e a valle di ogni barriera svolgono una duplice azione di richiamo del flusso d’acqua dovuta all’abbassamento operato verso monte dall’aspirazione delle pompe e al corrispondente innalzamento verso valle ad opera della mandata, azione che conferisce al pelo libero la pendenza necessaria per il trasporto della massa liquida con i maggiori valori di portata di cui si è detto. In pratica il pelo libero del corso d’acqua viene modificato assumendo un andamento “a denti di sega” cui corrispondono, lungo il canale, sezioni liquide diverse man mano che se ne percorre l’asta: maggiori in prossimità della barriera e sempre più piccole scendendo verso valle. Opportune verifiche del funzionamento idraulico con un regime vario come quello descritto accerteranno se il canale potrà, senza modifiche sostanziali delle sezioni d’alveo, convogliare a mare le previste portate. Qualora ciò non trovasse conferma si dovrebbe, in fase di costruzione della barriera, correggere per quanto possibile l’alveo del canale in modo da adeguarlo al nuovo profilo a dente di sega. Ciò potrebbe aver luogo con due distinti interventi tesi, il primo a sopraelevare gli argini nel tratti immediatamente a valle della barriera ed il secondo ad allargare la sezione in quello finale in modo da ottenere una superficie utile grosso modo costante per tutta l’estensione del canale durante la fase di pompaggio. Tale risultato potrà essere raggiunto, sia pur in maniera molto approssimativa, con una sopraelevazione degli argini sempre minore man mano che ci si sposta verso valle per cessare del tutto in un punto situato circa a metà della distanza intercorrente tra due barriere successive. Da tale punto ha inizio il citato allargamento degli argini che dovrebbe essere sempre più ampio man mano che ci si avvicina alla fine del tronco. Ovviamente la situazione idrica risulta totalmente diversa durante la seconda fase di utilizzazione delle opere per produzione di energia verificandosi allora un regime di rigurgito con sezioni liquide notevolmente diversificate ed inoltre con una costante azione di deposito di limi e sabbie fini da tenere costantemente sotto controllo provvedendo, se necessario, allo smaltimento forzato.
E’ da mettere in rilievo una caratteristica di gran parte dei canali di pianura molti dei quali possiedono una notevole altezza d’alveo che durante il corso dell’anno che è normalmente utilizzata per la sola canaletta di fondo essendo la rimanente porzione riservata esclusivamente alle portate eccezionali che si verificano in occasione di eventi piovosi eccezionalmente intensi. In tali evenienze, che rappresentano la quasi normalità durante l’intera annata, nel mentre il canale e le opere di sbarramento e sollevamento prima descritte rimangono generalmente aperte ma inattive e quindi non provocano alcuna azione sul transito d’acqua, si utilizza soltanto l’ultima barriera prossima allo sbocco a mare per tenere rincollata l’acqua e costituire quindi il salto idraulico necessario per produrre, con una o più delle sue turbine a seconda della portata in arrivo da monte, tutta l’energia elettrica che i volumi idrici in transito sono in grado di dare. Da rilevare come a monte della barriera venga a costituirsi un bacino di notevole capacità che svolge una utile azione di stabilizzazione del carico e della portata utilizzata dalle turbine. Da rilevare inoltre come, nel caso di canali con pendenza naturale più elevata, sia possibile realizzare, con la utilizzazione alternativa di altre barriere, ulteriori salti idrici simili a quello descritto e quindi aumentare notevolmente la produzione di energia elettrica.
Nei profili schematici allegati sono riportati i diversi regimi di funzionamento del canale nello stato originario ed in quello modificato con l’inserimento della barriera di sollevamento ed infine con l’utilizzazione della barriera per produzione di energia elettrica.

Nelle figure è indicata anche la sezione schematica della barriera utilizzata per il pompaggio. Da notare la condotta forzata con la macchina idraulica a bulbo, lo sgrigliatore automatico delle griglie poste all’imbocco munito di nastro trasportatore per l’evacuazione del materiale raccolto, i panconcelli anteriori atti alla chiusura della condotta forzata per eventuale manutenzione ed infine la valvola a farfalla posta allo sbocco.
In figura è rappresentata anche la paratoia di scarico atta a consentire la messa fuori servizio dell’intero impianto con deviazione laterale del flusso idrico.

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L’ACQUEDOTTO DI PORTOGRUARO – PICCOLA STORIA

Il municipio di Portogruaro dove si è tenuta la conferenza alla presenza di autorità e pubblico

Il giorno 30 novembre 2008 nel Municipio di Portogruaro si è tenuta una conferenza per illustrare la storia dell’acquedotto cittadino in occasione del suo centenario dalla nascita.

Il manifestino che ha pubblicizzato la conferenza

La presentazione alle autorità ed al pubblico è proseguita con la narrazione delle interessanti vicissitudini del rifornimento idropotabile di Portogruaro durante il secolo trascorso dalle sue origini vivissitudini che vengono in parte omesse nella presente nota per passare alla parte conclusiva relativa al lavori di potenziamento aventi un  indubbio interesse attuale.

Anno 1908 – inaugurazione dell’acquedotto di Portogruaro

La situazione precedente gli anni 1974-75 di realizzazione delle opere di sistemazione. presentava uno stato di grave precarietà in quanto l’alimentazione della città era pesantemente condizionata  dal serbatoio pensile di Portovecchio che costituiva il punto di messa in carica della rete di distribuzione ad una quota altimetrica di  soli m. 22 sul suolo ed assolutamente insufficienti per una normale alimentazione dell’utenza come risulta schematicamente dal seguente profilo piezometrico schematico.

La linea piezometrica schematica nella situazione antecedente la esecuzione delle opere di sistemazione (1974-75) A = ora di minimo consumo B = ora di consumo medio C = consumi di punta

portato la demolizione e ricostruzione del serbatoio pensile ad un’altezza adeguata alle caratteristiche di portata e di carico carico .

Schema della soluzione classica di sistemazione. A = ora di minimo consumo B = ora di consumo medio C = consumi di punta.  trattasi di soluzione non realizzata

 

La soluzione effettivamente realizzata è consistita nella costruzione di un grande serbatoio di accumulo  ubicato a terra ed in prossimità del serbatoio pensile di Portovecchio, nel mantenimento dell’esistente serbatoio pensile destinandolo elusivamente al funzionamento in presenza delle basse portate  richieste dall’utenza e nell’adozione di pompaggio a pressione variabile e maggiorata in tempo reale in funzione dell’accresciuto fabbisogno. IL sistema è stato dotato di un capace serbatoio di accumulo e compensazione giornaliera delle portate con annessa nuova centrale di sollevamento automatica a pressione variabile di mandata in rete

 

Schema del funzionamento ad opere di sistemazione ultimate. La pressione di consegna all’utenza si mantiene costante sia di giorno che di notte essendo la pressione di partenza dalla centrale che varia in funzione del fabbisogno. L’esistente serbatoio pensile alimenta la rete solo nelle ore di basso consumo soprattutto notturne

 

Il nuovo serbatoio di accumulo e compensazione con adiacente centrale di sollevamento a pressione variabile delle portate realizzati in prossimità dell’esistente serbatoio pensile

L’esercizio del nuovo sistema acquedottistico ha confermato attraverso i decenni l’alta qualità del servizio idropotabile di Portogruaro con pressioni e portate di consegna sempre ottimali ed economia di esercizio.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO – TERZO ESEMPIO PRATICO

Acquedotti razionali

 

Negli anni 70 l’autore di queste note ha collaborato alla progettazione, costruzione ex novo e messa in servizio attivo dell’acquedotto della città di Pordenone appena diventata capoluogo di provincia e precedentemente alimentata d’acqua potabile casa per casa tramite pozzi artesiani privati. Pur trattandosi di un rifornimento idropotabile le cui caratteristiche contrastano con i concetti di base propugnati in questo lavoro, si ritiene ugualmente di descriverlo in quanto costituisce un valido esempio di acquedotto concepito in funzione del territorio da servire. Alla fine del capitolo si formulerà comunque una ipotesi di soluzione conforme ai nuovi principi constatandone, anche in questo caso, la validità.
Non sono in possesso di chi scrive documenti e dati ufficiali per cui la descrizione delle opere dovrà necessariamente far affidamento solo sulla memoria. Anche in questo come in altri casi, gli elementi che saranno indicati potranno differire o essere carenti rispetto alla realtà, saranno comunque sufficientemente rappresentati i concetti informatori degli impianti e si potrà quindi recepirne la validità tecnica.
Innanzitutto è da ricordare una delle regole che alla citata epoca di redazione del progetto era considerata essenziale nella costituzione degli acquedotti e cioè la presenza di una o più vasche di carico della rete di distribuzione. Nel corso dei vari capitoli di questo lavoro si è invece dimostrato come sia da privilegiare non già la pressione di partenza degli acquedotti che la vasca di carico impone bensì quella finale di arrivo dell’acqua al domicilio all’utente.
Ferma restando la regola citata, i problemi da risolvere al momento della di progettazione erano essenzialmente due.
In primo luogo occorreva garantire una piezometrica sempre parallela ad un suolo come quello del capoluogo di Pordenone caratterizzato da una notevole pendenza longitudinale della sua parte nord e da un’ampia area pianeggiante o con poca pendenza di quella posta a sud.
In secondo luogo era giocoforza razionalizzare la captazione e sollevamento dell’acqua avendo fissato, per motivi di sicurezza, la costruzione di due opere di presa e sollevamento differenziate ed ubicate rispettivamente in località Comina dove la falda, assai ricca, si trovava ad una profondità di circa 50 metri sotto il suolo con risalienza limitata ad una ventina di metri sotto il terreno ed in località Torre dove l’acqua della falda, anch’essa posta a 50 metri sotto il suolo, era artesiana ma con una risalienza naturale fin sopra il terreno.
La soluzione progettuale allora definita e poi realizzata è rappresentata schematicamente nell’allegato profilo della fig.1 e può essere così descritta.
L’opera di presa di Comina, posta a nord cioè nella parte superiore del territorio, comprende un pozzo a raggiera tipo Fehlmann con una canna verticale in cemento armato del diametro di tre metri, profonda 55 m. e con due raggiere orizzontali poste nella falda ghiaiosa a circa 50 m di profondità. Entro il pozzo sono installate le pompe di sollevamento ad asse verticale con motore elettrico posto in alto e linea d’asse lunga una trentina di metri che aziona il corpo pompa immerso in falda a quota 30 m sotto il suolo. Le pompe immettono direttamente l’acqua a 50 sopra il piano campagna nell’adiacente serbatoio pensile da 3000 mc da cui si diparte la rete di distribuzione. Questa soluzione, se da una parte avrebbe assicurato un buon rendimento elettromeccanico di pompaggio che risulta limitato ad una singola breve condotta di mandata, dall’altra faceva nascere il grosso problema della compensazione delle portate in quanto il locale serbatoio pensile, pur rappresentando nel suo genere un’opera eccezionalmente capiente, non avrebbe potuto che effettuare una modesta compensazione nel mentre la sua posizione sopraelevata si prestava bene a costituire una utilissima capacità di riserva a tutela dei disservizi dell’intero territorio pordenonese. La creazione a terra di un capace serbatoio di compensazione giornaliera delle portate è stata scartata a priori in quanto avrebbe comportato un doppio pompaggio con evidenti maggiori costi di costruzione e di esercizio.
D’altro canto non si poteva pensare che, non avendo a disposizione una sufficiente capacità di accumulo, si dovesse far lavorare il pozzo con portate continuamente variabili durante le 24 ore della giornata tipo, essendo invece consigliato un prelievo il più possibile costante e privo di picchi che rappresenta la condizione ideale di sfruttamento della falda artesiana e di sollevamento a mezzo pompe.
Anche in questa occasione un attento esame della situazione locale ha messo in luce delle possibilità veramente interessanti. In dettaglio la risalienza della falda sud ( zona Torre ) che assicurava l’immissione naturale dell’acqua, cioè senza bisogno di pompe, in un grande serbatoio seminterrato, ha consigliato di concentrarvi il volume di compenso di tutta l’utenza e quindi anche quello dell’area nord ( Comina ) nel mentre una particolare costituzione della rete di distribuzione assicurava, come vedremo, per l’impianto di Comina una portata pressoché costante durante le 24 ore della giornata ovviando quindi alla nominata carenza di invaso. Rimaneva compito dell’altro impianto (Torre), immettere in rete, sfruttando in questo caso la notevole capacità del suo serbatoio, una portata variabilissima durante le 24 ore della giornata e quindi atta a coprire l’intera escursione della richiesta idrica di tutta l’utenza pordenonese.

Fig. n. 1 = Profilo schematico dell’acquedotto di Pordenone

Nella figura 1 allegata figurano schematicamente l’andamento del suolo, i due impianti di captazione e sollevamento ed infine la rete di distribuzione caratterizzata da un’area centrale indicata nel disegno come “area urbana ad alimentazione alterna” in quanto rifornita alternativamente dall’uno o dall’altro dei due impianti di produzione descritti. Infatti la rete, pur essendo di tipo unitario per tutta l’area urbana, risulta suddivisa in due parti differenziate per tipo di alimentazione e per dimensioni delle tubazioni stradali da una linea di confine che presenta la caratteristica di regredire verso monte e quindi ridurre notevolmente l’area servita da Comina man mano che aumenta la richiesta idrica e di contro crescere verso valle al verificarsi di basse portate. In pratica durante la giornata, quando sono richiesti grandi quantitativi idrici, la gran parte del capoluogo di Pordenone è alimentato dall’impianto inferiore di Torre nel mentre durante la notte è l’altro impianto ubicato a Comina a rifornire la quasi totalità dell’utenza. Allo scopo le condotte della rete bassa hanno diametri maggiorati ed esplicano quindi un’azione stabilizzatrice della linea piezometrica nel mentre quelle della zona nord alimentata da Comina sono di diametro relativamente piccolo e, a causa della notevole perdita di carico che ne deriva, non possono far fronte ai consumi più rilevanti che, come già detto, sono in gran parte soddisfatti da Torre. Si è potuti giungere a tale risultato progettuale per approssimazioni successive tramite una lunga serie di calcoli di verifica teorica che hanno portato anche all’altro interessante risultato di una buona equivalenza tra i volumi che giornalmente i due impianti producono e immettono in rete e dovuta al fatto che per Torre è determinante soprattutto la portata diurna mentre per Comina è il volume prodotto di notte a consentire detta equiparazione, fermo restando che eventuali discrepanze possono essere via via corrette modificando la regolazione delle valvole di cui si tratta nel seguente capoverso.
Ovviamente il tutto rappresentava soltanto la soluzione teorica del problema nel mentre ben diverse potevano essere le condizioni reali di esercizio e ben diversi i risultati della gestione effettiva degli impianti. Si è quindi deciso di dare all’acquedotto l’elasticità di funzionamento necessaria perché potesse adeguarsi ad ogni evenienza anche diversa da quelle ipotizzate, maggiorando alcune condotte della zona nord e munendole di valvole che consentano una regolazione fine della pressione.

Fig. 2 = Serbatoio pensile di Comina altezza m.50, capacità utile mc 3000. La vasca superiore è dotata di vele radiali atte ad impedire oscillazioni della massa d’acqua in caso di terremoto

 

Il risultato finale è stato quello di una rete avente le seguenti caratteristiche generali.
1. Una doppia alimentazione che dia la massima sicurezza di esercizio e costituita da:
– Un impianto di produzione a nord (Comina) atto a produrre e sollevare una portata abbastanza costante nelle 24 ore della giornata tipo e per un volume giornaliero all’incirca corrispondente alla metà della richiesta totale giornaliera. Il serbatoio pensile da 3000 mc rimane a guardia dell’intero territorio posto ai suoi piedi costituendo una riserva pronta ad entrare in rete in caso di disservizi vari;
2.Un impianto di produzione a sud composto da pozzi a risalienza naturale che alimentano un serbatoio di compensazione di grande capacità atto ad immagazzinare di notte ed a restituire di giorno tutta l’acqua necessaria per coprire le punte di consumo di tutta la città, effettuando la compensazione giornaliera atta a garantire che da ambedue le fonti possa essere captata costantemente la sola portata media giornaliera.
3. Una rete di distribuzione con una piezometrica sempre parallela al suolo e con una pressione sul suolo corretta.
4. La possibilità di regolare l’intervento dei due impianti di produzione e sollevamento tramite manovra delle valvole.

Serbatoio pensile di Torre, altezza m. 40 , capacità utile mc 1000

Alla data attuale chi scrive queste note non è al corrente della situazione corrente dell’acquedotto di Pordenone essendo la descrizione su riportata relativa all’epoca della sua costruzione. Come tale essa rappresenta un valido esempio di progettazione e realizzazione di un complesso acquedottistico importante ed di cui si ritiene utile conservare la documentazione.
Sicuramente una progettazione moderna ne differirebbe notevolmente potendo, ad esempio, consistere nel mantenimento degli stessi concetti base delle opere descritte sopra fatta salva la eliminazione oppure una diversa utilizzazione dei pensili come ad esempio quella raccomandata in uno specifico articolo di questo sito, e l’adozione sistematica del pompaggio diretto in rete tramite pompe a velocità variabile asservite alla pressione di arrivo rilevata presso l’utenza e trasmessa in tempo reale secondo le indicazioni riportate nei vari capitoli di questo lavoro, il tutto integrato da alcune valvole di rete telecomandate ed atte ad una regolazione fine delle pressioni. Una soluzione del genere darebbe agli impianti una maggiore elasticità di funzionamento, una economia di pompaggio dato dalla minor prevalenza delle pompe, una pressione sul suolo regolata ora per ora in base ai consumi ed infine minori perdite occulte a seguito della diminuzione della pressione notturna attuabile in vaste zone confermando, anche in questo esempio, la validità delle soluzioni tecnico-economiche raccomandate in vari articoli di questo sito.

UN PICCOLO INTERVENTO ACQUEDOTTISTICO DI BUON CONTENUTO TECNICO

Soluzione acquedottistica particolare

1. PREMESSA

La cura impiegata nella risoluzione dei problemi che interessano la moderna società, dipende normalmente non tanto, come sarebbe logico pensare, dalle difficoltà intrinseche che li caratterizzano quanto invece dalla loro importanza economica. Ed ecco, da un lato, grandi opere pubbliche progettate e realizzate con dovizia di mezzi e con una attenzione del tutto particolare mentre dall’altro gli interventi minimali per ammontare di spesa sono totalmente trascurati sia come progettazione che come realizzazione pratica. Non è questo il caso delle opere di cui alla presente nota che, pur essendo di importanza economica assai modesta, possiedono qualità tecnica e coerenza con gli scopi da raggiungere. che le rendono meritevoli, a giudizio di chi scrive, di essere segnalate

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

Le opere riguardano il potenziamento di un piccolissimo acquedotto alimentante la frazione di Carpen in Comune di Quero (BL) e costituito, come risulta dallo schema allegato di fig. 1, da una sorgente con annessa vasca di raccolta e carico posta a quota 152 m (vasca superiore), da una condotta di adduzione del diametro di 70 mm e da una piccolissima rete di distribuzione. Divenuta insufficiente la portata di cui sopra, occorreva integrarla con quella di una seconda sorgente munita anch’essa di una camera di raccolta (vasca inferiore) che, essendo posta ad una quota di soli 100 m, comportava il sollevamento meccanico dell’acqua tramite un piccolo impianto di pompaggio da ubicare nelle sue vicinanze e tutto ciò senza modificare le preesistenti modalità di distribuzione dell’acqua. La soluzione più semplice, ma non certo la più economica, sarebbe stata quella inerente il collegamento diretto tra le due vasche mediante una condotta di adduzione che, sviluppandosi lungo un pendio montagnoso per circa 300 m, avrebbe consentito alle pompe di ripristinare il livello massimo nella vasca superiore ogni qualvolta esso scendeva, per l’insufficiente portata della sorgente superiore, al di sotto del limite di sicurezza.

La costituzione delle opere effettivamente realizzate, oltre che risultare più economica sia nella costruzione della condotta di adduzione (limitata a soli 140 m di tracciato pianeggiante) che nella gestione, consente anche di immettere in rete una portata maggiore di quella relativa alla soluzione sbrigativa precedentemente indicata.

 

3. SOLUZIONE SCELTA E VERIFICA DEL FUNZIONAMENTO IDRAULICO

Posto come base che la portata massima da fornire all’utenza nell’ora di punta del giorno di massimo consumo fosse pari a 5 l/sec si doveva ricercare quella soluzione che, sfruttando in pieno la producibilità della sorgente superiore, rendesse il meno frequente possibile l’oneroso funzionamento delle pompe della sorgente bassa. Tale risultato è stato raggiunto realizzando un collegamento idraulico tra le pompe e l’adduttrice preesistente lungo il percorso più breve e più agevole (tronco A – B di soli m 140) e ponendo in opera un cavo elettrico aereo tra vasca superiore e pompe per il funzionamento in automatico di queste ultime. Ne è nato uno schema idrico che consente all’acqua sollevata di immettersi sia direttamente nella rete di distribuzione sia, percorrendo a ritroso una parte della condotta preesistente, nella vasca superiore a seconda della portata totale consumata dall’utenza e di quella prodotta in alto.

I casi limite di verifica idraulica dell’insieme sono:

a) il consumo dell’utenza è nullo e pertanto tutta l’acqua della sorgente inferiore è recapitata nella vasca superiore. I dati, per portate variabili da 0 a 5 l/sec e rappresentati nel grafico dalla curva “a”, sono quelli della seguente tabella 1.

b) il consumo dell’utenza è massimo (5 l/sec) e viene soddisfatto dalle due sorgenti funzionanti in parallelo. Ognuna di esse varia la propria portata da zero ad un massimo di 5 l/sec in funzione della producibilità della sorgente alta cui è data priorità in quanto il galleggiante che comanda le pompe entra in funzione solo quando il livello in tale vasca scende al di sotto della soglia di sicurezza. I dati, nel caso in esame, rappresentati nel grafico dalla curva “c” sono quelli della tabella 2).

E’ chiaro come la fascia di funzionamento contrassegnata con tratteggio nel grafico, essendo delimitata dalle citate curve relative rispettivamente al consumo nullo e al consumo massimo dell’utenza, racchiuda tutte le altre possibili situazioni di esercizio, nessuna esclusa, sia al variare dei consumi totali dell’utenza sia al variare del contributo rispettivo dell’una o dell’altra sorgente. Ad esempio quando la richiesta idrica totale è pari a 2 l/sec, cioè corrispondente pressappoco alla portata media richiesta dall’utenza, si avrà il funzionamento rappresentato dalla curva “b” e dalla  tabella 3) nella quale il segno – rappresenta la portata entrante nella vasca superiore.

 

4. LA SCELTA DELLA POMPA DA INSTALLARE

Nel grafico di fig. 2 è tracciata la curva caratteristica della pompa installata, curva che interseca l’area tratteggiata di funzionamento delle condotte mantenendo, nel corrispondente intervallo,  buoni rendimenti meccanici del gruppo.

I dati principali di funzionamento sono i seguenti:

– con consumi di rete nulli l’intera portata della pompa pari, in tale ipotesi, a 3.5 l/sec, viene addotta alla vasca superiore e il dislivello da vincere è pari a m. 62 (Punto A del grafico);

– con un consumo massimo dell’utenza pari a 5 l/sec la pompa solleva (Punto D) una portata di 4.3 l/sec con una prevalenza di m.58. La restante portata di 0.7 l/sec è fornita dalla sorgente superiore;

– con consumi intermedi dell’utenza le portate e prevalenze della pompa variano entro i limiti sopra descritti ma con la pregiudiziale di pompa ferma se la sorgente superiore è in grado da sola di far fronte al fabbisogno del momento. Ad esempio per consumi di 2 l/sec cioè per la portata media di consumo e se il livello della vasca superiore fosse sceso al di sotto della soglia, la pompa solleverebbe (Punto C) una portata di 4 l/sec dei quali 2 l/sec destinati alla rete ed i restanti 2 l/sec alla vasca superiore per ripristinarne il livello massimo. Nel caso la sorgente superiore avesse una portata pari o superiore a 2 l/sec la pompa rimarrebbe, ovviamente, ferma.

Da rilevare come l’installazione consenta alla sorgente inferiore di far fronte da sola alla quasi totalità dei consumi massimi (ben 4.3 l/sec contro i 5 l/sec), nel mentre in tutti gli altri casi l’acqua sollevata venga in buona parte immessa direttamente nella rete di distribuzione con perdite di carico contenute grazie alla esigua estesa della condotta di collegamento.

Se si fosse invece adottato l’altro schema idraulico consistente, come precedentemente indicato, in una condotta di collegamento diretto tra sollevamento e vasca superiore, la medesima pompa avrebbe avuto un funzionamento (Punto B) di 3.7 l/sec con prevalenza fissa di m 61, essendo allora il funzionamento totalmente indipendente dai consumi. I risultati salienti, paragonati a quelli della soluzione effettivamente realizzata, sarebbero stati, con tale soluzione, i seguenti,.

– una inferiore portata massima della pompa ( 3.7 invece di 4,3 l/sec)

– con un consumo medio dell’utenza ( 2 l/sec), che è quello che si verifica statisticamente con maggior frequenza, la pompa funzionerebbe con una prevalenza di 61 m contro i m 59.5 reali e quindi con un maggior consumo energetico del 2.5 %;

– si otterrebbero risultati migliori solo con consumi dell’utenza prossimi allo zero e pompa che manda tutta la portata nella vasca superiore, ma tali condizioni, nella realtà, non si verificano mai in quanto, in tutti i casi di consumi bassi e bassissimi, la pompa non entra in funzione essendo sufficiente la sola sorgente superiore per coprire il fabbisogno. Sono evidenti i vantaggi ottenuti con lo schema idraulico adottato.

Non resta che da accennare al pericolo, insito in un pompaggio diretto in condotta come quello in argomento, della trasmissione in rete di pericolosi colpi d’ariete. Tale eventualità è stata quasi completamente scongiurata grazie alla installazione, effettuata subito a valle della pompa, di una valvola di ritegno a membrana la quale, chiudendosi rapidamente per effetto della propria elasticità, impedisce che, all’arresto della pompa, il moto dell’acqua abbia da invertirsi.

 

5. CONCLUSIONI

Si è descritto un intervento di potenziamento, mediante installazione di pompe di sollevamento, di un piccolissimo acquedotto un tempo funzionante a gravità. La soluzione scelta ha consentito di realizzare consistenti economie di spesa non solo grazie alla minor estesa della nuova condotta di adduzione ma anche alla sua ubicazione nella sede stradale che ne ha migliorato notevolmente la fattibilità. Ulteriori economie si sono ottenute nelle spese di esercizio a seguito dell’ottimo rendimento meccanico delle apparecchiature installate, confermato da un esercizio durato ininterrottamente per decenni.

Interessante anche la modalità di calcolo idraulico adottata per la definizione delle caratteristiche delle nuove opere.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO SECONDO ESEMPIO PRATICO

 

La pressione regolata

1. PREMESSA

Nell’ordine dal basso: Il serbatoio di compenso a terra, la centrale di sollevamento a pressione variabile, il serbatoio pensile di Sacile

Tra gli impianti acquedottistici meritevoli di essere segnalati per le caratteristiche tecniche conformi ai suggerimenti contenuti nei vari articoli del presente sito, figura senz’altro l’acquedotto di Sacile in provincia di Pordenone, alimentante una popolazione di circa 20.000 abitanti.
Chi scrive questa nota ha lungamente collaborato alla progettazione, costruzione e soprattutto gestione dell’acquedotto in parola ma, non essendo in possesso di alcuna copia dei documenti ufficiali, deve fidare, nella descrizione, solo sul ricordo del lavoro svolto. Alcuni degli elementi di seguito riportati potranno pertanto differire da quelli reali senza però che venga per questo sminuita la validità del lavoro essendo pienamente rispettati i concetti di base della costruzione acquedottistica che sono quelli interessanti ai fini che qui ci si propone.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

L’acquedotto era, in origine, costituito da:
– Opere di presa comprendenti i tre campi acquiferi di Saccon, Picol e Talmasson ognuno dei quali collegato alla centrale di S. Liberale tramite propria condotta di adduzione della lunghezza di circa 5 Km e funzionante a gravità essendo posto a quota altimetrica elevata rispetto alla centrale stessa;
– Centrale di S.Liberale ubicata in testa alla rete di distribuzione e comprendente un serbatoio a terra di raccolta e compensazione delle portate in arrivo dai pozzi, un impianto di sollevamento ed un serbatoio pensile posti sopra il serbatoio a terra;
– la rete di distribuzione a maglie chiuse estesa a tutto il territorio da servire ed alimentata dal serbatoio pensile nel quale erano installati i galleggianti di comando delle pompe.

Il notevole incremento edilizio che ha interessato Sacile a partire dagli anni 60 ha comportato la totale revisione degli impianti acquedottistici divenuti assolutamente insufficienti all’alimentazione della accresciuta popolazione. Il potenziamento ha riguardato l’intero assetto dalle fonti, alla centrale di S.Liberale totalmente cambiata sia nella potenzialità che nelle modalità di esercizio ed infine alla rete di distribuzione in cui sono stati inseriti nuovi importanti anelli idrici di grosse tubazioni. Il tutto come sarà di seguito indicato.

 

3. IL POTENZIAMENTO DELLE FONTI

I tre campi acquiferi erano stati in grado, per un lungo periodo, di alimentare direttamente a gravità, e cioè sfruttando il dislivello topografico esistente tra zona pozzi e serbatoio a terra di S. Liberale, la cittadina allora molto meno popolata di oggi. Il citato incremento di popolazione, l’aumento dei consumi specifici e la contemporanea diminuzione di portata accusata dai pozzi a seguito dei numerosi prelievi effettuati da terzi nella stessa falda artesiana, hanno richiesto un notevole potenziamento realizzato mediante installazione di pompe sommerse in quasi tutti i pozzi. I risultati sono apparsi subito lusinghieri in quanto la ottima falda artesiana si è dimostrata atta a fornire tutta la portata necessaria. Come succede sempre in questi casi la difficoltà risiedeva solo nella regolazione delle pompe cioè nella definizione automatica della durata di funzionamento di ciascuna di esse. E’ infatti ben noto come, dovendo produrre una portata variabilissima da un giorno all’altro e da una stagione all’altra non sia facile ottenere un esercizio ottimale e cioè in grado di produrre i volumi d’acqua via via necessari senza dispendio energetico e con un adeguato sfruttamento delle fonti. La modalità che viene normalmente adottata quando, come a Sacile, le condotte adduttrici si immettono in un serbatoio di arrivo, è quella di dotare quest’ultimo di galleggianti con contatti elettrici che fermano tutte le pompe sommerse dei pozzi a serbatoio pieno e le mettono in moto, una di seguito all’altra, al verificarsi del suo svuotamento progressivo. Si raggiungono, in questo modo, risultati completamente diversi a seconda dell’entità dei consumi giornalieri d’acqua. In dettaglio, durante il giorno di massimo consumo il comportamento degli impianti è buono: le pompe dei pozzi, con un funzionamento pressocchè ininterrotto, forniscono la portata media giornaliera sufficiente per coprire un fabbisogno così elevato nel mentre è il serbatoio che, sfruttando l’intero invaso accumulato di notte, è in grado di fronteggiare la punta di consumo del giorno dopo. Invece nelle giornate di consumo minore e soprattutto in quelle di minimo fabbisogno, si verifica una grave anomalia di funzionamento dovuta al fatto che le pompe dei pozzi, non appena il serbatoio di arrivo tende a svuotarsi, provvedono a ripristinare immediatamente, grazie alla loro esuberante producibilità, il livello di massimo invaso. Ne consegue che durante la notte, essendo il serbatoio già pieno e pur essendo le pompe sommerse ferme, ha luogo lo sfioro di tutta l’acqua che i tre campi pozzi sono comunque in grado di addurre a gravità. L’anomalia appare intollerabile quando si pensi alle giornate nelle quali il volume prodotto a gravità dai pozzi nelle 24 ore della giornata tipo è superiore a quello richiesto dall’utenza nello stesso periodoe, ciononostante, di giorno debbono ugualmente funzionare le pompe dei pozzi nel mentre di notte viene scaricata dagli sfioratori la quasi totalità della portata in arrivo al serbatoio.
A Sacile il problema è stato risolto dotando l’impianto di sollevamento di un automatismo che consente di impostare, non già il livello massimo del serbatoio come accadrebbe con i galleggianti prima citati, ma invece una curva giornaliera dei livelli che deve assumere l’invaso durante le 24 ore della giornata tipo. La curva, definita sulla base della esperienza reale di esercizio ma comunque modificabile in ogni momento può essere del seguente tipo.

 

Esempio di tabella dei livelli imposti durante le 24 ore della giornata tipo

L’automatismo, verificato ad intervalli brevi e regolari il livello effettivo dell’acqua in serbatoio ed effettuato il paragone con il livello teorico prefissato per lo stesso istante nella curva, ordina, nel caso di livello reale più basso di quello teorico, la messa in moto di una nuova pompa e l’arresto in caso contrario. In altri termini è assicurato il riempimento e svuotamento del serbatoio secondo la curva preimpostata ed indipendentemente dalla reale entità dei consumi dell’utenza. Ovviamente nel caso i livelli durante l’intera giornata si mantengano costantemente al di sopra di quelli teorici, il chè può avvenire, ad esempio, quando la portata a gravità è superiore al fabbisogno, le pompe non entrano mai in funzione. Quanto sopra comporta una utilizzazione di tutto il volume utile del serbatoio in tutte le giornate dell’anno, con un risultato ottimale per il giorno di massimo consumo nel quale ha luogo una buona compensazione delle portate ma con un risultato ancora migliore in tutte le giornate di consumi bassi o medio-bassi nei quali l’esuberanza di volume utilizzato rispetto a quello sufficiente per la compensazione, provoca una diminuzione della portata che i pozzi prelevano dalla falda nelle ore diurne ed un aumento durante la notte, o, più esattamente, dalle ore 0 alle ore 7, nelle quali ha luogo l’invaso. Maggiori dettagli, su questo tipo di regolazione, possono essere letti nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti” dove sono riportati anche dei grafici di funzionamento che aiutano nella comprensione delle modalità di utilizzazione del sistema.

Grafico giornaliero dei livelli del serbatoio di compensazione che si può utilizzare in un serbatoio generico di compensazione delle portate di un acquedotto qualsiasi avengte un’altezza di invaso totale di 6 m.

 

4. IL POTENZIAMENTO DELLA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO DI S.LIBERALE

grafico del funzionamento della centrale di sollevamento in una giornata di consumi superiore alla media. Si nota chiaramente il funzionamento notturno a bassa e costante pressione mentre quello diurno segue le punte di consumo dell’utenza

Il problema da risolvere a Sacile riguardava non solo la portata da distribuire all’utenza ma anche la pressione di partenza della rete di distribuzione che. a causa della altezza dell’esistente serbatoio pensile limitata a soli 22 m sul suolo, risultavano ambedue assolutamente insufficienti.
La soluzione che in casi del genere viene suggerita dalla letteratura tecnica e che viene comunemente adottata da molti gestori è quella inerente la demolizione del serbatoio pensile e la sua ricostruzione ad una maggiore altezza pari almeno a 50 m, tale essendo la quota cui sollevare l’acqua per avere in rete una pressione atta a far fronte alle punte di consumo. Si vedrà come l’intervento attuato, anche se ben diverso, ha consentito di ottenere risultati migliori sia in termini di soddisfacimento dell’utenza sia di economia di gestione pur comportando investimenti molto inferiori.
La progettazione delle opere è stato preceduto da una attenta analisi dei consumi reali dell’acquedotto e di quelli prevedibili per un’intera annata del decennio successivo. Ne è risultato che, come sempre accade in acquedotti similari, le portate di punta, mediamente, si verificano per periodi molto brevi nel mentre quelle medie e medio basse sono di gran lunga le più frequenti. E’ apparsa evidente l’opportunità di scegliere due diversi regimi di esercizio degli impianti: per le portate basse e medio-basse che sono quelle che si verificano, durante l’anno, nella stragrande maggioranza delle ore, adottare il primo sistema e cioè utilizzare ancora l’esistente serbatoio pensile visto che, da

Le valvole di regolazione inserite nella colonna montante del serbatoio pensile di Sacile

numerose serie di calcoli di verifica della rete magliata, è risultato ancora atto, in considerazione del loro ammontare relativamente modesto, al rifornimento di dette portate. Sono evidenti i vantaggi ottenibili: evitare la costosa demolizione e ricostruzione del pensile e sollevare l’acqua, per la maggior parte del periodo annuo, a soli 22 m di altezza con ovvia minor spesa energetica e minori perdite occulte di rete che, come ben noto, sono funzione diretta della pressione di condotta.
Il regime di secondo tipo, da attuare automaticamente nei brevi periodi di maggior richiesta d’acqua da parte dell’utenza, doveva dare ambedue i risultati concreti prima indicati e cioè l’aumento della pressione e della portata dell’acqua immessa in rete.
Ed ecco le modalità seguite per l’attuazione pratica dei due regimi di funzionamento.
Le condotte verticali del pensile sono state sostituite con una sola tubazione di grande diametro derivata dal fondo vasca e quindi atta a svolgere la doppia funzione di entrata e di uscita dell’acqua dal serbatoio pensile La tubazione è stata dotata di una valvola motorizzata di intercettazione e di un by-pass con valvola di ritegno che si apre nel senso dell’uscita d’acqua. La valvola motorizzata, se aperta, mette il serbatoio in comunicazione diretta con la rete ripristinando il normale funzionamento della rete con alimentazione da serbatoio di testata. A valvola chiusa il serbatoio è scollegato dalla rete la quale può funzionare, con pompaggio diretto, a pressione completamente indipendente. Il by-pass con valvola di ritegno che si apre quando la pressione di rete scende al di sotto del il livello del serbatoio, consente l’intervento dell’invaso superiore in caso di mancanza di corrente o di panne della centrale di sollevamento. Importante , infine, la possibilità di imporre il valore di soglia, tarabile, della portata che definisce i due regimi.
Il funzionamento degli impianti così modificati è il seguente.
Quando il valore della portata in uscita dalla centrale rilevata dal misuratore e trasmessa in tempo reale al quadro di comando è inferiore alla soglia prefissata, l’automatismo mantiene aperta la valvola motorizzata e fa funzionare la serie di pompe di bassa prevalenza in modo da mantenere il serbatoio al suo massimo livello. La rete funziona allora a bassa pressione con tutti i vantaggi già citati. Non appena la portata aumenta e supera la soglia prefissata, la valvola motorizzata viene chiusa e, da tale momento, il serbatoio rimane pieno d’acqua, separato dalla rete ma pronto ad intervenire in caso di bisogno. Entra in funzione la serie di pompe ad alta pressione asservite alla portata in uscita. Ciò significa che quando la portata aumenta al di sopra di determinati valori, si avvia una nuova pompa. Se la portata diminuisce vengono via via fermate le macchine ad alta pressione finché, superata in diminuzione la soglia prefissata, si torna alle pompe a bassa pressione e all’apertura del serbatoio pensile. Uno dei pericoli cui potrebbe incorrere l’impianto è quello della permanenza, del tutto casuale, della portata per lunghi periodi su valori prossimi a quelli di soglia il che, a prima vista, sembrerebbe causare un continuo alternarsi di comandi e di controcomandi dannosi per l’esercizio. Si deve subito precisare come tale pericolo non sussista affatto in quanto, il passaggio da un regime all’altro come pure l’avvio o l’arresto di una pompa, provocano una importante modifica indotta nella portata assorbita dalla rete che, conferisce all’impianto una grande stabilità . Maggiori dettagli sul fenomeno possono essere letti nel capitolo 2.1 dell’articolo ” La regolazione degli impianti di sollevamento degli acquedotti”.
Un altro punto da chiarire è quello della possibilità che negli impianti con immissione diretta in rete le pompe agiscano fuori rendimento, anche se, a Sacile, tale inconveniente può essere evitato con una attenta regolazione delle soglie di intervento,. A tale riguardo bisogna tener presente come il funzionamento di una macchina al di fuori del punto ottimale possa causare, al massimo, una perdita di rendimento pari a qualche punto percentuale ma come, al tempo stesso, abbassare la prevalenza di pompaggio di qualche decina di metri significhi guadagnare decine e decine di punti percentuali nel rendimento: Il bilancio finale è quindi nettamente favorevole al funzionamento indicato! Passando al caso reale può darsi benissimo che la variazione di pressione che si verifica in rete durante il pompaggio ad alta pressione ed in diretta, porti la pompa allora in moto a lavorare fuori rendimento con perdita, poniamo dell’1% nel rendimento meccanico. Il danno economico è insignificante se paragonato a tutti i periodi, di grande durata durante l’anno tipo, nei quali, abbandonato il pompaggio a 50-60 m di pressione, si passa a quello a 22 m che comporta una spesa energetica di sollevamento pari al 30% di quella che si dovrebbe sostenere per il pompaggio a 50-60 m. Un ulteriore problema è quello della necessità di attenuare i colpi d’ariete che il pompaggio in diretta trasmette inevitabilmente alle condotte con il pompaggio in diretta. Esso è stato risolto in primo luogo dalla valvola di ritegno inserita nella colonna montante del pensile, la quale, al mancare della corrente elettrica o al verificarsi di qualunque inconveniente nelle pompe, aprendosi prontamente, mantiene comunque in rete la pressione del serbatoio. Il secondo elemento moderatore è dato dalla tipologia delle valvole di ritegno installate subito a valle delle pompe, che, essendo del tipo a membrana, si chiudono, al momento dell’arresto delle pompe, prima che abbia luogo l’inversione del flusso d’acqua.

Le òpompe di sollevamento ad asse verticale e con valvola di ritegno a membrana che riduce i danni dei colpi d’ariete

In definitiva gli impianti descritti hanno dimostrato piena validità attraverso decenni di esercizio, Si è potuto constatare come, nella realtà, gli impianti, pur consegnando correttamente l’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio, funzionino a bassa pressione per periodi lunghissimi nel mentre il regime di alta pressione è limitato a poche ore durante giornate particolari e rare quali possono essere per esempio le giornate particolarmente calde delle medie stagioni (primavera ed autunno).e durante quelle di calura estiva. L’alta pressione praticamente non esiste durante l’inverno e le giornate piovose delle altre stagioni. Il tutto si traduce in evidenti economie date non solo dal minor consumo di energia elettrica di pompaggio ma anche dalle diminuzione di perdite occulte dovuta alla minor pressione che si registra in rete in tutti i periodi notturni.
Risultati ancora migliori si sarebbero potuti se la serie di pompe di alta pressione fossero state del tipo a velocità variabile con possibilità, quindi, di mantenere, nel secondo regime (ad alta pressione), una portata e una pressione di alimentazione della rete ambedue variabili con continuità e restando asservite alle richieste dell’utenza. Al momento dell’esecuzione dell’intervento non era però ancora disponibile la tecnologia moderna che rende estremamente economici e facili sia la variazione dei giri che la regolazione dei motori elettrici.

 

5. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

E’ consistito molto semplicemente nella costruzione di condotte di grosso diametro munite delle normali apparecchiature come saracinesche di intercettazione sfiati scarichi ed idranti atte ad integrare la rete esistente potenziandola ed estendendola a tutta la periferia.

 

6. ULTERIORI IMPIEGHI DELLA TECNICA DI POTENZIAMENTO SPERIMENTATA A SACILE

Serbatoio pensile di Portogruaro (VE)

 

Schema funzionamento precedente i lavori di sistemazione e modifica

 

 

Schema funzionamento secondo metodologia classica e non realizzato avendo anche a Portogruaro adottato invece il pompaggio a pressione regolata del tutto simile a quello di Sacile. In pratica di notte funzione il serbatoio pensile e di giorno il pompaggio diretto in rete a pressione maggiorata e regolabile

 

La validità delle scelte operate a Sacile e fin qui descritte hanno trovato piena conferma anche nell’acquedotto di un’altra cittadina avente le medesime caratteristiche e cioè a Portogruaro in provincia di Venezia. Lo schema idraulico di tale acquedotto vedeva campi pozzi, serbatoio di raccolta e compensazione a terra, centrale di sollevamento, serbatoio pensile ed infine rete di distribuzione del tutto simili a quelle descritte. Anche in questo caso invece di sostituire il serbatoio pensile di Portovecchio posto in testa alla rete ed avente un’altezza di soli 20 m con uno di maggior altezza, si è adottato il pompaggio con due regimi rispettivamente a bassa ed alta pressione definiti dalla soglia di portata e con utilizzazione del serbatoio pensile nel regime a bassa pressione. e pompaggio diretto in rete nell’altro. La costituzione degli impianti a potenziamento attuato e la loro gestione che dura ormai da oltre 20 anni sono identiche a quelle descritte prima per Sacile ed identici sono i benefici avuti. Se ne omette pertanto la descrizione limitandosi a confermare la bontà dell’intervento sia per quanto concerne il soddisfacimento dell’utenza sia l’economia di gestione ed, infine, la riduzione delle perdite occulte.

 

7. I PRINCIPALI RISULTATI CONSEGUITI

L’intervento di potenziamento di cui al presente lavoro ha consentito di chiarire importanti concetti sulla reale comportamento delle reti acquedottistiche concetti che, espressi in dettaglio negli altri articoli del sito, possono essere così riepilogati.
– Una rete di distribuzione d’acqua potabile soprattutto se a sollevamento meccanico, deve funzionare a pressione di partenza variabile asservita alle richieste dell’utenza. Deve pertanto essere abbandonata la regola, molto diffusa, in base alla quale tutti gli acquedotti dovrebbero essere dotati di serbatoio di testata che fissa in maniera irreversibile la pressione in testa alla rete.
– I consumi della rete non dipendono solo dalle richieste dell’utenza ma, almeno in parte, dalla pressione di esercizio. Ad esempio se per un determinato periodo la pressione di funzionamento è fatta aumentare, sempre restando entro i limiti di corretta consegna dell’acqua, aumenta anche la portata totale assorbita. Tale fenomeno, spiegato ampiamente nell’articolo “Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” dove sono riprodotti anche dei grafici di funzionamento reale degli impianti qui descritti, è dovuto non solo all’inevitabile crescita delle perdite occulte ma anche a quella del consumo reale dell’utenza.
– Le perdite di rete possono essere notevolmente contenute abbassando di notte la pressione di funzionamento della rete cioè limitandola entro valori appena sufficienti alla distribuzione delle modeste portate che l’utenza richiede durante le ore notturne;
– Occorre sovvertire la regola in atto che vede la produzione giornaliera d’acqua maggiore di quella notturna ed attuare tutti gli artifici possibili per aumentare, invece, la produzione notturna con cui sfruttare varie condizioni di favore come la maggior quota di falda ed il minor costo dell’energia elettrica. Il risultato può essere conseguito con una regolazione dei serbatoi di accumulo diversa da quella normalmente usata (Vedi articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti”)
– La presenza di un efficiente bay-pass e di valvole di ritegno del tipo contrappesate o a membrana atte a chiudersi, per effetto della proprio carico cinetico prima che si inverta il flusso dell’acqua, possono garantire un buon funzionamento degli impianti di sollevamento anche senza dispositivi particolari come le casse d’aria.
– La metodologia usata può essere ulteriormente migliorata usando, per il pompaggio diretto in rete, pompe a velocità variabile asservite al consumo dell’utenza, ed oggi facilmente reperibili in commercio.

 

8. CONCLUSIONI

Si sono descritte sommariamente delle opere effettivamente realizzate per il potenziamento di reti acquedottistiche di centri abitati di piccole dimensioni ma con caratteristiche moderne e razionali.
Da rilevare l’utilizzazione degli impianti esistenti e particolarmente del serbatoio pensile posto in testa alla rete di distribuzione senza dover rinunciare ad alcuni dei notevoli vantaggi che la tecnologia rende oggi disponibili per un esercizio corretto ed economico degli impianti, primo fra tutti il pompaggio diretto in rete a pressione variabile che, secondo l’opinione di chi scrive, ne costituisce uno dei concetti fondamentali.
Si sono fornite utili indicazione per l’attenuazione dei colpi d’ariete che il pompaggio diretto in rete inevitabilmente provoca ed infine per la regolazione dei serbatoi di compenso.
A conclusione dell’articolo corre l’obbligo di citare la “Compagnia Generale delle Acque” Società con sede a Venezia ed ora a Monselice (PD) per la qualità di progettazione, costruzione e gestione degli impianti descritti e, soprattutto, per aver dato modo a chi scrive, pur se in possesso di un titolo di studio modesto come è quello di geometra, di effettuare ampie ricerche e sperimentazioni dal vivo sia in Italia che in Francia presso la società “Compagnie Gènèrale des Eaux” di Parigi nota per l’alta tecnologia dei numerosi impianti dalla stessa costruiti e gestiti in tutta Europa.

 

INDIETRO AVANTI

SULLE CURVE CARATTERISTICHE DELLE POMPE DI SOLLEVAMENTO PER ACQUEDOTTI DA USARE NEI CALCOLI DI VERIFICA IDRAULICA DELLE RETI

curve caratteristiche pompe

1. PREMESSA

Nella progettazione delle reti acquedottistiche si riscontra sovente la necessità di determinare a priori le caratteristiche delle pompe di sollevamento da utilizzare. Il problema diventa arduo quando si è in presenza di sollevamento diretto in rete che, se effettuato con pompe a velocità di rotazione variabile, a fronte di una ottima versatilità, apporta ulteriori incognite. I dati di portata e prevalenza nel punto di inserimento in rete della pompa che soddisfano le varie condizioni di calcolo delle reti idriche complesse sono infatti noti solo alla fine delle iterazioni di calcolo, quando la rete è equilibrata in tutte le sue componenti ivi compresa la pompa stessa. Possono aversi risultati imprevedibili come ad esempio l’utilizzazione della pompa con prevalenze esageratamente elevate e quindi portate quasi nulle oppure prevalenze bassissime e portate cospicue: in ambedue i casi la macchina lavorerebbe con rendimenti inaccettabili.
La soluzione non può che derivare dall’esame di svariate versioni progettuali redatte introducendo nei calcoli le curve caratteristiche di più pompe, esaminandone i dati di funzionamento nelle diverse situazioni e, nel caso della velocità variabile, supponendo di variare anche la velocità di rotazione dei motori dell’intera serie di pompe. Dopo aver definito sia pur a grandi linee quali sono quelle da adottare, si potrà passare alla verifica finale adottando le curve reali relative a pompe effettivamente reperibili in commercio ed aventi caratteristiche similari di quelle calcolate.
Al raggiungimento di tale importante risultato possono contribuire gli accorgimenti suggeriti nel presente articolo.

 

2. POMPE A VELOCITÀ DI ROTAZIONE FISSA

Si usa definire in modo approssimato le caratteristiche di una pompa con due soli elementi: portata e prevalenza. E’ ben noto come dovrebbe invece essere la sua curva caratteristica cioè la funzione matematica che lega la portata alla prevalenza di sollevamento a definirla, potendo la stessa pompa lavorare con portata elevata se è richiesta una modesta prevalenza come pure solo basse portate quando è rilevante il dislivello da vincere.
La curva viene normalmente fornita dal costruttore della macchina ed è la sola che può indicare le sue reali modalità di uso, anche perché consente la verifica dei rendimenti elettromeccanici alle varie condizioni di funzionamento.
Come detto nella premessa è talvolta molto utile poter fissare delle caratteristiche indicative di tali curve che, anche se approssimate, tornano utili per risolvere almeno nelle sue linee generali i problemi idraulici posti dalla rete in esame, tenuto conto oltre alle pompe anche di molteplici fattori anch’essi incerti ed approssimati come sono la costituzione delle maglie, il diametro delle condotte, la presenza o meno di apparecchiature di regolazione, le valvole di riduzione della pressione, i serbatoi presenti in rete ecc. ecc. Si tratta di fattori concomitanti alla cui definizione non si può giungere che per approssimazioni successive.
Allo scopo si ritiene utile porre qui in evidenza alcuni elementi empirici ma che hanno una certa attinenza con quelli effettivi delle pompe di sollevamento in normale uso. Essi sono stati dedotti da un programma applicativo molto usato per la verifica del funzionamento idraulico in moto permanente delle reti di distribuzione degli acquedotti nel quale tali regole sono comunemente adottate.
Si tratta del programma applicativo “EPANET” sviluppato da Water Supply and Water Resources Division (formerly the Drinking Water Research Division) of the U.S. Environmental Protection Agency’s National Risk Management Research Laboratory e diffuse in tutto il mondo.
Le regole consigliate sono le seguenti.
Si inizierà con la definizione di un suo solo punto e cioè della portata e della prevalenza che si pensa sia la più opportuna per il caso in esame. Si tratta del punto Qm/Hm mediano della curva caratteristica da imporre. E’ ben noto come per definire una qualsiasi curva i punti debbano invece essere, come minimo, in numero di tre. Si determineranno gli altri due adottando le regole empiriche riportate nella seguente tabella:

 

 Punto  Portata  Prevalenza
 Q0 (portata zero)  0  1.33 * Hm
 Qm (portata media data)  Qm  Hm
 Qmax (portata massima)  2 * Qm  0

Ad esempio volendo determinare la curva caratteristica di una pompa avente una portata media di 5 l/sec ad una prevalenza di 30 m si otterranno i seguenti dati:

 Punto  Portata  Prevalenza
 Q0 (portata zero)  0  1.33 * 30 = 40 m
 Qm (portata media data)  5  30
 Qmax (portata massima)  2 * 5 = 10 l/sec  0

La rappresentazione grafica della curva è quella indicata con A, B, e C nel grafico allegato di fig.1.

 

Fig. 1 – curve caratteristiche delle pompe

 

3. POMPE A VELOCITA’ DI ROTAZIONE VARIABILE

L’adozione di pompe a velocità variabile, facilitata dalla moderna elettrotecnica ed elettronica che si basa sugli inverter, consente di ottenere grandi benefici per le elevate possibilità di regolazione delle sue portata e prevalenza. Analogamente a quanto detto per le pompe a velocità fissa, anche ed ancor di più per quelle variabili, è essenziale poter introdurre preventivamente nei calcoli le relative caratteristiche sia pure con le inevitabili approssimazioni.
Le regole che legano tra di loro le curve portata/pressione di una stessa pompa al variare della sua velocità di rotazione sono le seguenti, essendo Q la portata, N il numero di giri nell’unità di tempo ed H la prevalenza di pompaggio:

 Velocità di rotazione  Portata  Prevalenza
 N1  Q1  H1
 N2  Q2=Q1*N2/N1  H2= H1/(N1/N2)*(N1/N2)

Facendo riferimento all’esempio prima riportato si avrà quindi:

 Velocità rotazione   Portata  Prevalenza
 N1 = 1 (dato base)  Q0=0  Qm= 5.0l/sec  Qmax= 10 l/sec  H0= 40.0m  Hm= 30.0 m  Hmax = 0
 N = 1.1  Q0=0  Qm= 5.5l/sec  Qmax= 11 l/sec   H0= 48.4m  Hm= 36.3 m  Hmax = 0
 N= 0.9  Q0=0  Qm= 4.5l/sec  Qmax= 9 l/sec  H0= 32.4m  Hm= 24.3 m  Hmax = 0
 N=0.8  Q0=0  Qm= 4.0/sec  Qmax= 8 l/sec   H0= 25.6m  Hm= 19.2 m  Hmax = 0
  N=0.7  Q0=0  Qm= 3.5/sec  Qmax= 7 l/sec  H0= 19.6m  Hm= 14.7 m  Hmax = 0

La rappresentazione grafica delle curve caratteristiche complete è quella della figura n-1  allegata.

4. BREVI CENNI SUI CALCOLI DI VERIFICA DELLE RETI MAGLIATE

Come noto, non è possibile determinare direttamente col calcolo le caratteristiche dei vari componenti delle reti idriche complesse ma bisogna invece procedere per tentativi tramite una successione di verifiche di schemi predefiniti.
Di contro sono notevoli le possibilità offerte dai moderni programmi di calcolo delle reti magliate in quanto, oltre a considerare schemi idrici anche molto complessi per costituzione delle maglie e per la presenza di apparecchiature idriche anche in grande numero e di qualsiasi tipo (valvole, pompe sia a giri fissi che variabili, serbatoi inseriti direttamente in rete, pozzetti di interruzione ecc. ecc.), consentono di simulare lunghe sequenze di reti in moto permanente tenendo conto delle variazioni che intervengono nel periodo temporale da esaminare e definendo tutti gli elementi di funzionamento ivi compresa l’evoluzione dei serbatoi direttamente inseriti in rete. Si tratta di risultati notevolissimi con i quali è possibile prevedere a tavolino le soluzioni ottimali di progetto. Ovviamente la bontà dei risultati dipende dalla qualità dei dati di partenza che bisogna introdurre in quanto, come detto, si debbono sempre fare delle verifiche di una rete fissata a priori. In questo senso, per quanto riguarda specificamente gli impianti di sollevamento, diventa importante la possibilità di potere esaminare il comportamento di diversi gruppi pompa ripetendo più volte la verifica a seconda del tipo e del numero di pompe che si intende provare. Da rilevare, a tale proposito, come una stessa seduta di calcoli, possa comprendere non solo una rete che viene esaminata nella evoluzione di periodi anche prolungati, ma anche più reti diversificate delle quali il computer determina in sequenza tutte le preimpostate varianti rendendo rapida la disamina dei risultati e la scelta della soluzione ottimale. Si potranno quindi vagliare soluzioni che si diversificano nella scelta dei tracciati o dei diametri delle condotte, nella presenza o meno di serbatoi di compensazione, nella diversa evoluzione delle richieste di rete e, in virtù delle indicazioni fornite nel presente articolo, nella portata e prevalenza delle pompe e, a parità di pompa, nel cambiare di ora in ora la sua velocità di rotazione.

5. CONCLUSIONI

Si sono indicate delle regole empiriche per poter tracciare le curve caratteristiche portata/prevalenza di pompe siano esse del tipo tradizionale a giri fissi come pure a velocità variabile. Si tratta di determinarne l’andamento di massima necessario ma sufficiente per le verifiche generali delle reti di distribuzione con il calcolo di insiemi acquedottistici anche complessi, oggi reso possibile dall’uso dei computer.
La procedura qui consigliata consiste nell’effettuare una nutrita serie di verifiche usando, per gli impianti di sollevamento, delle serie di curve caratteristiche delle pompe in modo da determinare la macchina che, nella prima fase di calcoli, risulta ottimale. Si potrà allora effettuare la verifica definitiva ricercando tra quelle disponibili in commercio la pompa di caratteristiche simili a quella suddetta ed utilizzando la curva caratteristica reale fornita assieme dal costruttore della pompa stessa e controllandone, in detta fase, anche i rendimenti elettromeccanici.
Nell’articolo la indicazione delle formule empiriche da usare è completata da un esempio di determinazione pratica delle curve caratteristiche di una pompa considerata funzionante alla tradizionale velocità fissa e, successivamente, determinando una serie di curve anche per la eventuale utilizzazione a diverse velocità di rotazione.
Per maggiori dettagli sull’uso delle pompe vedi “L’utilizzazione delle elettropompe a velocità variabile negli acquedotti” in questo stesso sito

 

L’UTILIZZAZIONE DELLE ELETTROPOMPE A VELOCITÀ’ VARIABILE NEGLI ACQUEDOTTI

Le pompe a velocità variabile

1. PREMESSA

L’impiego delle pompe centrifughe a velocità variabile negli impianti di sollevamento degli acquedotti consente di ottenere notevoli vantaggi sia per quanto riguarda la qualità del servizio offerto all’utenza sia nell’economia di gestione. Accade non di rado che la messa a disposizione di mezzi molto versatili, come sono anche le pompe in argomento, conduca però ad una loro utilizzazione tanto più errata quanto maggiori sono le possibilità che essi offrono. Vengono descritte alcuni di tali errori e le cautele da adottare per evitarli.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

 

2.1. LA VARIAZIONE DELLA VELOCITÀ’ DI ROTAZIONE

La variazione di velocità dei motori elettrici ha più di un secolo, ma inizialmente essa poteva essere attuata soltanto in corrente continua con i problemi che ciò comportava, sia nella costituzione dei motori data la complessità del loro rotore, sia per le difficoltà insite nella produzione della corrente continua. Per parlare di azionamenti in senso moderno occorre arrivare alla fine degli anni ’50 quando, grazie, alla diffusione dei semiconduttori di potenza al silicio, si sono diffuse le applicazioni di motori in corrente alternata controllati da convertitori statici di frequenza (inverter). Negli anni più recenti la disponibilità di microprocessori con tempi di scansione di pochi millisecondi ha permesso di ottenere da motori asincroni la massima regolarità di funzionamento anche alle basse velocità con assenza di pulsazioni di coppia. L’aggiunta di un elettroventilatore incorporato infine ha risolto il problema del raffreddamento garantendo un adeguato flusso d’aria indipendentemente dalla velocità di funzionamento.

 

2.2. LE CURVE CARATTERISTICHE ED I RENDIMENTI MECCANICI DELLA POMPA A VELOCITA’ VARIABILE

 

Fig. 1= Variazione delle curve caratteristiche di una pompa in funzione della velocità di rotazione

Il funzionamento di una pompa centrifuga viene comunemente rappresentato dalla curva portata/prevalenza del liquido sollevato che ogni costruttore fornisce per ciascuna macchina. Un altro elemento caratteristico importante è il rendimento meccanico del gruppo motore-pompa che è molto variabile secondo il punto di funzionamento. Se esaminiamo in particolare la curva A-B-C-D rappresentata con linea tratteggiata grossa nella fig. 1 allegata e relativa ad una comune pompa centrifuga a giri fissi, possiamo notare i seguenti punti di funzionamento:
Punto A. La pompa ha la bocca di mandata chiusa, la portata è zero e la pressione di pompaggio (adimensionalizzata rispetto al valore di funzionamento ottimale) è pari al 110%.
-Punto B. E’ questa la massima prevalenza cui la pompa può innalzare l’acqua (114%). La portata, in tali condizioni, è modesta cioè solo pari al 40% nel mentre il suo rendimento meccanico è molto basso arrivando a meno del 50% rispetto a quello massimo.
Punto C. Rappresenta il funzionamento ottimale. La pompa lavora al 100% di portata, 100% di prevalenza e 100% di rendimento (tutte le grandezze sono adimensionalizzate).
Punto D. La portata massima (del tutto teorica) che la pompa può sollevare è pari a 180% ma la prevalenza è zero.

Nel grafico della figura 2 è rappresentato il funzionamento nel caso di pompaggio in una condotta nella quale siano preminenti le perdite di carico rispetto al dislivello geodetico. Si tratta, ad esempio, di un impianto di sollevamento con una lunghissima condotta di adduzione. Le due curve rispettivamente di pompaggio (curva a) e quelle delle perdite di carico del circuito idraulico (curva b) hanno un andamento atto a determinare in maniera univoca il punto di intersezione che, soddisfacendo ambedue le curve di funzionamento, rappresenta portata e prevalenza che l’insieme condotta/pompa è in grado di fornire.

 

Fig.3 = Schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con pompa a velocità fissa in cui è preminente il dislivello geodetico

Nel grafico della figura 3 è rappresentato il funzionamento nel caso in cui sia invece preminente la prevalenza geodetica. E’ il caso di sollevamento in un serbatoio sopraelevato posto nelle vicinanze della pompa. La curva rappresentativa del circuito idraulico si avvicina molto ad una retta orizzontale che interseca quella rappresentativa del pompaggio nel punto P caratteristico del funzionamento. Anche questo insieme è stabile.
Vediamo ora che cosa succede variando la velocità di rotazione della pompa. Ad ogni nuova velocità corrisponde una nuova curva congruente con quella precedente e quindi ottenibile per semplice traslazione di essa nel mentre collegando tra di loro i punti di pari rendimento meccanico che si registrano nei vari casi si ottengono delle figure elissoidiche come rappresentato nel grafico di fig. 1. In pratica ad ogni variazione della velocità di rotazione della pompa si ottiene una nuova macchina completamente diversa da quella precedente ma con un funzionamento analogo rappresentato in grafico dalla relativa curva caratteristica. La regola, per variazioni di portata direttamente proporzionali al nuovo numero di giri e rendimento costante, indica che la prevalenza varia in proporzione del quadrato del numero di giri e la potenza assorbita, essendo a sua volta proporzionale al prodotto della portata per la prevalenza, varia in funzione del cubo del numero di giri.

Indicando con Q la portata, H la prevalenza, W la potenza assorbita e con i pedici 1 e 2 rispettivamente i riferimenti ai numero di giri si ha.
– per le portate Q2/Q1=n2/n1
– per le prevalenze: H2/H1=(n2/n1)^2
– per le potenze W2/W1= (n2/n1)^3

Ad esempio se si aumenta sia il numero di giri che la portata del 20%, la prevalenza cresce del 44% (1.2 x 1.2 = 1.44) ( punto F della figura n.1) mentre la potenza assorbita aumenta del 73% (1.2 al cubo è pari a 1.73). Analogamente diminuendo giri e portata del 20% (punto G della figura 1) si ha una prevalenza pari al 64% ed una potenza del 51% ri0spetto a quella normale.
Nelle pompe a giri variabili devono essere rispettati alcuni principi fondamentali.
Innanzitutto il motore deve, ovviamente, essere dimensionato sulla base del lavoro da svolgere nelle condizioni più gravose e cioè per la massima velocità il che equivale a dire che il regime di normale lavoro della macchina è quello svolto con il motore che funziona con la corrente elettrica di linea utilizzata così come essa viene consegnata dal gestore. Sarà poi l’inverter che, limitando la propria funzione alla sola riduzione del numero di giri per minuto ottenuta riducendo la frequenza della corrente, conferisce alla macchina la caratteristica di poter modulare portata e pressione. Non è ovviamente possibile far svolgere al motore un lavoro superiore a quello di dimensionamento della pompa e del motore stesso come si verificherebbe nel caso l’inverter facesse, in modo improprio, crescere la velocità oltre a quella di normale regime. Esiste un limite anche per la velocità minima di rotazione considerato che un gruppo pompa-motore costretto a lavorare a velocità di rotazione molto bassa presenta consumi energetici elevati in relazione con il modesto lavoro che, in tale regime, sarebbe destinato a svolgere. In definitiva una pompa a giri variabili è una macchina che, per quanto riguarda la velocità massima e quindi portata e prevalenza massime non è altro che una pompa a giri fissi con inverter fuori servizio, e che, utilizzando tale dispositivo di variazione della frequenza elettrica di alimentazione, può diminuire la propria velocità di rotazione e quindi diminuire a piacere portata e prevalenza, fino ad un limite minimo variabile da pompa a pompa a seconda delle sue caratteristiche.

L’esame dettagliato del grafico di fig. 1 chiarirà meglio i concetti.
Importante, innanzitutto, la curva E-C-H ottenuta congiungendo tra di loro i punti di massimo rendimento alle varie velocità di rotazione, la quale rappresenta, appunto, l’utilizzazione ottimale della macchina per tutto il campo di variazione che le è proprio. Nella pratica risulta assai difficile che la pompa possa seguire esattamente tale curva pur restando accettabile il suo rendimento. Al posto di una curva lineare sarà quindi opportuno considerare una fascia di lavoro come quella tratteggiata nel grafico che è stata ottenuta, in prima approssimazione, tracciando, per traslazione di quella E – C – H le due curve “s” e “d” , fascia che delimita i punti di buon funzionamento della pompa per tutte la possibile escursione di velocità anche se spinta fino ai valori estremi. Caratteristica essenziale della fascia è di aver un andamento molto simile a quello del circuito idraulico sia quando questo è costituito da una condotta singola come pure da una rete di condotte, in cui immettere l’acqua sollevata. In altri termini la funzione che lega la pressione di testata della rete idrica con la portata dell’acqua che la stessa può addurre è molto vicina a quella che lega la prevalenza manometrica totale con la portata che una pompa a giri variabili è in grado di sollevare. Vedremo nel prosieguo come sfruttare appieno tale favorevole circostanza.

Se esaminiamo ora le curve di isorendimento del grafico constatiamo che, come già detto, esse hanno una forma elissoidica (vedi fig. 1 )  il cui asse maggiore è parallelo alla fascia prima indicata. La pompa presenta, pertanto, ottime caratteristiche di utilizzo per la parte centrale in cui sussiste un certo parallelismo tra tali curve e la fascia di lavoro nel mentre nei tratti finali le curve tagliano la fascia stessa denunciando un decadimento di rendimento che diventa sempre più gravoso man mano che ci si avvicina alle velocità estreme cioè a quella massima e a quella minima di rotazione. E’ quindi necessario ricercare i limiti entro i quali deve essere contenuta la velocità di rotazione della pompa al fine di garantirne una corretta utilizzazione. Al riguardo, nel mentre il punto di massima velocità è, come già detto in precedenza, forzatamente definito dal dimensionamento del motore elettrico e corrisponde quindi alla velocità n=100 del grafico, risulta molto difficile fissare la velocità minima per le molte implicazioni che ne derivano. Utile, allo scopo, il grafico di fig 4 relativo al funzionamento reale di una pompa a giri variabili nel quale non figura, per le motivazioni prima addotte, la parte superiore relativa alle velocità superiori al 100%, e dove sono riportate, oltre alle curve di isorendimento, le curve della potenza assorbita ai vari regimi. Vi è indicata anche la fascia di lavoro ottimale in sostituzione di quella prima definita in modo semplicistico dalle due curve “s” e “d” (vedi fig. 1 ) analoghe a quella di massimo rendimento. Vi si ricava che per velocità variabili dal 100% al 80% il rendimento è ottimo essendo pari al 98 %. Esso diminuisce sensibilmente quando si scende al 50% della velocità e peggiora oltre. Si arriva a concludere che la velocità della pompa non dovrebbe scendere mai al di sotto del 60% circa al fine di contenere la perdita di rendimento entro il 6 % circa. A tutt’altri risultati si perviene se si tiene conto di un altro fattore determinante: la potenza assorbita dal motore per l’azionamento della pompa. Si può notare come, alle velocità basse e bassissime contemporaneamente al citato scadimento nel rendimento meccanico ed elettrico, che arriva al massimo ad alcuni punti percentuali, si verifica però un ben più consistente risparmio energetico dovuto alla minor potenza assorbita. Ad esempio, alla velocità del 60% mentre la perdita di rendimento è stimabile nel 6% si ha un risparmio nella potenza pari a ben l’80%, per cui il risultato finale vede, a tale regime, una minor spesa energetica del 74%. Analogamente per velocità del 50% si hanno una perdita di rendimento del 7% ma un recupero nella potenza del 88% e quindi un ricupero finale di ben il 81%; al 40% di velocità la perdita di rendimento raggiunge il 12% ma il risparmio il 95% e quindi l’economia finale arriva all’83%. Passando a velocità inferiori l’economia diventa ancora più sensibile. I consumi energetici alle varie velocità determinati tenendo conto di ambedue i fattori descritti sono quelli della seguente tabella.

Dai dati elencati si arriva a concludere che il rallentamento della velocità di rotazione della pompa, anche se spinto fino a valori estremi, è comunque atto a produrre una notevole economia energetica il che dà una chiara idea di quali siano i vantaggi che si possano ottenere dalla riduzione della pressione di pompaggio e, in definitiva, quanto sia importante la scelta della pressione variabile nell’alimentazione degli acquedotti in sostituzione di quella a pressione di partenza fissa che la maggior parte degli acquedotti attua normalmente. In altre parole tutte le volte che l’utenza non lo richiede, è inutile sollevare l’acqua alle normali elevate prevalenze: molto meglio, in tali casi, ridurre la prevalenza manometrica delle pompe per ottenerne un notevole risparmio energetico cui deve aggiungersi, fattore importantissimo per il servizio idrico, la sensibile riduzione delle perdite occulte d’acqua dalle condotte della rete che si realizza in tal modo.

L’economia ottenibile risulta ancora più evidente qualora si analizzino i dati statistici di consumo degli acquedotti dai quali risulta che i consumi orari elevati, durante un’intera annata, sono in numero veramente esiguo nel mentre per la stragrande maggioranza di tempo si verificano consumi medi o medio-bassi.
E’ evidente che ulteriori marcate economie energetiche potrebbero aversi qualora si riuscisse a contenere i rendimenti meccanici della pompa costantemente entro valori ottimali. Ciò può aver luogo soltanto tramite installazione di più pompe a giri variabili ognuna delle quali funziona da sola quando le caratteristiche di portata e prevalenza richiesta dal circuito idraulico rientrano entro i suoi limiti di corretto funzionamento. Appena tale circostanza non è più verificata deve essere l’automatismo di regolazione che provvede al suo arresto previa messa in moto di un’altra pompa di adeguate capacità.
Dalle considerazioni esposte risulta chiaramente che la scelta dell’assetto definitivo di ogni impianto di sollevamento deve derivare dal raffronto tecnico/economico tra costi di installazione e di esercizio di più gruppi pompa aventi diversificate caratteristiche. Ad esempio in una rete caratterizzata da basse e bassissime richieste dell’utenza molto rare potrà essere conveniente prevedere un’unica pompa a velocità variabile anche se eccezionalmente impiegata fuori rendimento. Nel caso di un’utenza i cui bassi consumi si verificano con una maggiore frequenza, trova invece piena giustificazione l’altra soluzione che prevede più pompe tutte a giri variabili oppure, ed è questa una circostanza che si verifica molto spesso, anche una serie di pompe a giri fissi da affiancare alla pompa principale a velocità variabile.

Fig. 4 = Diagramma pofrtata/prevalenza reali di una pompa a velocità variabile

2.3. COSTITUZIONE DELL’IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO IDEALE

Sulla scorta dei concetti espressi nei capitoli precedenti e tenuta presente la convenienza di adottare nell’esercizio delle reti di distribuzione a sollevamento meccanico, il pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita alle necessità dell’utenza per i molti vantaggi che, come meglio dimostrato nell’articolo “LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” pubblicato anche sulla rivista “L’ACQUA” n. 3/1998, esso presenta, si può realisticamente affermare che un impianto di sollevamento ideale è costituito da:
1. Una sola pompa a giri variabili che, immettendo l’acqua direttamente in rete, sia destinata a svolgere il ruolo principale cioè a coprire le fasce di consumo che vanno dalla portata massima prevista per l’ora di punta del giorno di massimo consumo fino alle basse portate per le quali i rendimenti meccanici ed elettrici sono ancora accettabili. La sua grande flessibilità le consentirà, durante l’anno tipo, di fronteggiare agevolmente le punte di consumo elevate ed elevatissime che, statisticamente, sono rare. Essa sarà destinata a funzionare per la maggior parte dell’anno a velocità moderate consentendo così di ottenere rilevanti economie energetiche vista la minor potenza assorbita a tali regimi. La scelta delle caratteristiche costruttive e di regime della pompa dovrà comunque esser particolarmente curata visto e considerato che è da essa che dipende la maggior parte della spesa energetica di sollevamento dell’intero impianto.
2. Una serie di due o tre piccole pompe a giri fissi di adeguata portata e prevalenza, che, funzionando singolarmente, soddisfino, con ottimi rendimenti meccanici, le basse portate. Si tratta di un ruolo molto importante visto che statisticamente avrà, durante l’anno tipo, una durata notevole e che, grazie alle modesta potenza assorbita, consentirà di avere consistenti economie energetiche. Trova piena giustificazione l’adozione di macchine a giri fissi meno costose che quelle variabili ed atte comunque a svolgere correttamente e senza dissipazione energetica il sollevamento della piccole portate richieste dall’utenza nelle condizioni di regime che qui si esaminano. L’unico inconveniente che può aversi è un funzionamento fuori rendimento per la pompa più piccola quando le portate richieste sono molto basse. Il pompaggio risulterà comunque accettabile in quanto gli eccessi di pressione e il dispendio energetico che ne derivano sono comunque minimi.
3. Una serie di casse d’aria atte ad attenuare gli effetti indotti alla rete dal colpo d’ariete conseguente alla immissione diretta dell’acqua nella rete.
4. L’ installazione delle casse d’aria di cui al punto 3 potrà anche essere evitata con accurate scelte progettuali dell’impianto e particolarmente con:
avvio di tutte le pompe a bocca chiusa con successiva apertura graduale;
– posa in opera di valvole di ritegno contrappesate o di tipo a membrana nelle quali la chiusura avvenga senza inversione del flusso d’acqua;
– costituzione di una condotta di grande diametro munita di valvola di ritegno contrappesata e che, bypassando le pompe, realizzi un collegamento diretto tra fonti e rete atto ad impedire l’arresto rapido della colonna d’acqua al momento della messa fuori servizio rapida della pompa per motivi imprevedibili come ad esempio per mancanza di corrente.

3. LE APPLICAZIONI

3.1. POMPAGGIO CON PREVALENZA FISSA E PORTATA VARIABILE

 

Fig.5 = schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con pompa a velocità variabile e con preminente dislivello geodetico del circuito idraulico

Esaminiamo un circuito idraulico composto da due serbatoi posti a quote altimetriche notevolmente differenti e tra di loro collegati da condotta di adduzione munita di pompa che deve sollevare dall’una all’altra vasca una portata variabile nel tempo (fig. 5). La curva caratteristica portata/prevalenza del circuito idraulico, considerando trascurabili le perdite di carico della condotta e le escursioni di livello dell’acqua nei due serbatoio in quanto valori relativamente modesti nei confronti del dislivello geodetico da vincere con il pompaggio, è rappresentata nel grafico di fig.5 con una retta sub-orizzontale che interseca, come rappresentato con linea grossa, la fascia di lavoro della pompa a giri variabili. Se ne arguisce che le modalità di regola zione della velocità sono molto ridotte e che, pertanto, la caratteristica precipua della pompa a giri variabili cioè la sua grande versatilità è praticamente nulla. Molto meglio, in un’applicazione come quella in oggetto, scegliere una pompa a giri fissi di portata pari a quella di massima richiesta che, con semplice funzionamento pulsante regolato da un galleggiante posto nel serbatoio superiore, è in grado di immettervi i volumi d’acqua richiesti e per qualsivoglia portata. Sarà il serbatoio superiore, opportunamente dimensionato, a compensare gli scostamenti tra portata pulsante ma di valore costante che vi arriva e quella continuamente variabile in uscita dallo stesso.
Una possibile variante nel pompaggio a prevalenza fissa e portata variabile di cui si discute, è quella relativa al sollevamento da serbatoio a rete di distribuzione. Anche in questo caso, pur mancando il serbatoio di arrivo che rende possibile un funzionamento pulsante della pompa, è da escludersi l’impiego di pompe a giri variabili per gli stessi motivi prima addotti. Sarà invece opportuna l’installazione di più pompe a giri fissi aventi tutte la medesima prevalenza ma portate differenziate in modo da coprire con funzionamento singolo pompa per pompa o mediante loro accoppiamento in parallelo, tutte le richieste escursioni di portata
Si constata come non sia raro, in applicazioni reali simili a quelle delle applicazioni descritte, assistere all’uso di pompe a velocità variabile con la motivazione che esse possono modulare senza soluzione di continuità la portata sollevata così come richiesto dal servizio. Si tratta evidentemente di un uso improprio della pompa a giri variabili che la costringe a lavorare quasi sempre fuori rendimento. I risultati sono evidenti: impianto inutilmente complesso con costi elevati sia nella installazione che nell’esercizio.

3.2. POMPAGGIO CON PORTATA E PREVALENZA VARIABILI E ARRIVO IN SERBATOIO

 

Fig. 6 = Schema di funzionamento di un im pianto di sollevamento con una sola pompa a velocità variabile e con premionenti perdite di carico del circuuito idraulico

E’ questo il caso di un circuito idraulico di alimentazione di un serbatoio posto in alto e a notevole distanza dalla produzione dell’acqua. La condotta di collegamento accusa perdite di carico che variano notevolmente con il variare della portata addotta. Considerato che esiste il serbatoio di arrivo, il pompaggio potrebbe avvenire tramite pompa a giri fissi con funzionamento intermittente ed avente una prevalenza manometrica totale determinata in funzione della portata massima. Si tratta comunque di uno dei casi di impiego ottimale della pompa a giri variabili in quanto atta a sollevare con continuità la sola portata richiesta e quindi con una minor spesa energetica rispetto a quella che si dovrebbe sostenere con la pompa a giri fissi costretta invece a lavorare sempre con la portata massima. Come risulta dal grafico della fig. 6 la curva caratteristica del circuito idraulico attraversa la fascia di lavoro della pompa a giri variabili per una zona molto estesa il che consente un’ampia regolazione della portata sollevata.
Una particolare cura dovrà essere posta nella regolazione automatica del numero di giri che il motore deve via via assumere. Si deve, infatti, notare come la citata similitudine tra curva portata/prevalenza del circuito idraulico e la fascia di lavoro ottimale della pompa a giri variabili se da un lato assicura il soddisfacimento con buoni rendimenti della richiesta idrica per tutte le portate d’acqua in gioco, dall’altro, appunto perché privo di una soluzione univoca, conferisce al sistema una totale instabilità cui deve essere posto rimedio dall’impianto di regolazione automatica. Un esempio chiarirà meglio il concetto. Immaginiamo che la velocità della pompa sia asservita alla portata in uscita allo scopo di poter automaticamente seguire la richiesta. L’automatismo dovrebbe cioè aumentare o diminuire la velocità di rotazione, e quindi la portata e la pressione di sollevamento, in funzione della tendenza alle variazioni in più o in meno della portata in uscita rilevate da apposito misuratore. Il sistema, nel mentre funziona benissimo per le pompe a giri fissi in quanto la loro curva caratteristica, essendo sempre secante, con angolo vicino a quello retto, rispetto a quella del circuito idraulico conferisce, come già detto, stabilità al sistema, nel caso della pompa a giri variabili potrebbero produrre risultati imprevedibili. In pratica al verificarsi del primo aumento di portata, la velocità della pompa inizierebbe a crescere provocando un nuovo aumento di portata e pressione che a sua volta darebbe origine ad un nuovo aumento di giri. Il ciclo potrebbe ripetersi con risultati disastrosi.
Per risolvere razionalmente il problema sarà necessario asservire la velocità della pompa ad elementi del tutto estranei al sistema pompa/condotta. Si potrà, ad esempio, asservirla ai livelli che si desidera avere nel serbatoio di arrivo. L’esempio classico è quello di un serbatoio di arrivo che si vuole mantenere costantemente al suo massimo livello di invaso. In tal caso l’automatismo farà aumentare la velocità di rotazione della pompa di mandata ogni qual volta il livello scende per diminuirlo in caso contrario. La pompa sarà fermata qualora il livello tenda a superare quello di massimo invaso. Sarà anche possibile, in maniera analoga, assegnare al serbatoio superiore livelli variabili nel tempo sulla base di un prefissato diagramma giornaliero o settimanale di riempimento/svuotamento. Con le citate modalità di regolazione la pompa, una volta assunta una determinata velocità, si comporta esattamente come una pompa a giri fissi avente una sua curva caratteristica che interseca in modo ottimale la curva del circuito idraulico in quanto le due tangenti passanti per il punto di loro intersezione hanno direzioni tra di loro pressocchè perpendicolari. Per tutto il periodo in cui la velocità si mantiene costante siamo quindi in presenza di un sistema stabile con portata e pressione di pompaggio date dal citato punto di intersezione tra curva caratteristica della pompa e quella del circuito idraulico in maniera del tutto analoga a quanto indicato prima per le pompe a giri fissi. Al variare della velocità di rotazione sarà la nuova curva caratteristica a fissare nuove ed altrettanto valide modalità di funzionamento. Una buona regola, normalmente adottata nella costruzione degli impianti di regolazione automatica come quelli in oggetto, è quella di imporre manovre graduali che danno al sistema tempi ragionevolmente lunghi e quindi atti a consentirgli di mettersi a regime ad ogni variazione di giri della pompa.

Fig. 7 = schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con due pompe a velocità variabile e con preminenti perdite di carico del circuito idraulico

Quando, nonostante la cura posta nella progettazione della rete di condotte, si è in presenza di una rete di condotte la cui curva caratteristica fuoriesce per una porzione determinante dalla fascia di lavoro della pompa, sarà necessario prevedere l’installazione di più pompe a velocità variabile in modo da poter soddisfare l’intera gamma di portate da sollevare, come figura nel grafico di fig. 7 nella quale la maggior parte del lavoro è svolto dalla pompa più grande alla quale ne è stata affiancata una più piccola atta a coprire le basse portate. Una buona regola è di curare la progettazione dell’impianto in modo da avere una sola pompa a giri variabili che sia in grado di coprire una gamma di portate il più ampia possibile e di affiancare ad essa, per le minori, delle pompe a giri fissi che, con un funzionamento più semplice possano far fronte alle piccole portate sia pur non rispettando in pieno la prevalenza richiesta. Trattandosi di basse portate i risultati saranno ottimi anche se la pressione effettiva alle piccole portate è leggermente diversa da quella teorica ( fig.8)
Particolari sulla regolazione del serbatoio di arrivo, sempre congruenti con le citate regole di buon funzionamento della pompa a giri variabili, possono essere letti nell’articolo ” La regolazione dei serbatoi di compenso” visibile in questo stesso sito

 

 

3.3. POMPAGGIO CON PORTATA E PREVALENZA VARIABILI MA CON ARRIVO IN UNA RETE DI CONDOTTE

Fig. 8 = schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con una pompa a velocità variabile ed una a velocità fissa e con preminenti perdite di carico del circuito idraulico

Esempio di grafico giornaliero delle pressioni imposte ai punti carattristici della rete

E’ questo un caso del tutto analogo a quello esaminato nel capitolo precedente ma con la variante che la pressione finale di arrivo non è fissa ma dipende da numerosi fattori tra i quali la velocità della pompa (e quindi portata e pressione di partenza) e la tipologia del prelievo. Anche in questo caso la pompa a giri variabili è atta a soddisfare in toto la richiesta, qualsiasi siano le portate che l’utenza richiede nel mentre assume rilievo particolare la regolazione della velocità. Una delle modalità che possono dare buoni risultati consiste nell’asservire il numero di giri della pompa alla pressione ai nodi finali della rete rilevati in tempo reale nei punti caratteristici della stessa e trasmessi all’impianto di telecomando se è richiesta una pressione finale assolutamente costante nel tempo, come pure quando la stessa deve cambiare di ora in ora sulla base di un prefissato digramma.
Da rilevare come la caratteristica peculiare del sistema descritto che consente di variare pressione e portata di esercizio della rete alimentata sia atto a far seguire le richieste dell’utenza anche in presenza di sostanziali modifiche come sono quelle relative ad un importante incremento delle aree abitate.

 

3.4. L’ACCOPPIAMENTO IN PARALLELO DI PIU’ POMPE

La caratteristica principale della pompa a velocità variabile è, come ripetutamente spiegato, quella di consentire un sollevamento differenziato dell’acqua essendo portate e pressioni variabili l’una assieme all’altra e con continuità al fine di soddisfare le diverse esigenze del circuito idrico.
Si è già fatto rilevare come l’escursione massima di ciascuna macchina è condizionata da numerosi fattori costruttivi e di rendimento per cui deve essere contenuta entro limiti che variano di volta in volta. Non è raro il caso in cui non sia possibile reperire in commercio pompe atte a coprire tutta la gamma di portate e pressioni che sono richieste. Non resta allora che ricorrere alla installazione di più pompe di potenza via via crescente e che entrino alternativamente in funzione per coprire le gamme di competenza di ciascuna di esse. Ne deriva un impianto di sollevamento la cui fascia generale di lavoro data dalla sovrapposizione degli elementi singoli può contenere agevolmente la curva caratteristica del circuito idraulico e quindi garantire il funzionamento ottimale dell’insieme. E’ questo pertanto il tipo di installazione che deve essere adottato.
Non è raro invece constatare come il problema citato venga risolto, pensando di economizzare nei costi, tramite installazione di due o più pompe uguali e regolate da un unico inverter. Il funzionamento di un impianto di questo tipo, che è assolutamente da evitare, ha luogo con le seguenti modalità. All’inizio entra in funzione la pompa n. 1 che fornisce le basse portate regolate a mezzo dell’inverter con progressivo aumento della velocità di rotazione fino a raggiungere, a pieno regime, la massima potenzialità della pompa. Se la portata richiesta aumenta ancora la pompa citata viene sostituita dalla pompa n. 2 identica alla n. 1 ma a giri fissi mentre quella variabile viene azzerata. Quest’ultima è allora in grado di soddisfare ulteriori aumenti di portata dando luogo ad un nuovo ciclo uguale al precedente al termine del quale, se necessario, entrerà in funzione la pompa n. 3 a velocità costante. Il ciclo può ripetersi fino ad avviare tutte le pompe che compongono l’impianto, salvo provvedere a diminuire le velocità e quindi ad arrestare via via le pompe quando la richiesta di portata diminuisce.
Pur essendo quello descritto un impianto atto a coprire tutta la possibile gamma di portata che il circuito può richiedere, si tratta di una modalità assolutamente da evitare per i pessimi rendimenti meccanici delle pompe costrette a lavorare quasi sempre fuori rendimento come succede quando ha luogo l’accoppiamento in parallelo di una pompa a pieni giri con un’altra che gira a bassa velocità. Se si redige il grafico portata/prevalenza delle pompe delle relative fasce di corretto funzionamento, si constata come la curva del circuito idraulico ne fuoriesca per la quasi totalità dei possibili regimi, denunciando un funzionamento assolutamente scorretto. Balzerà anche agli occhi come le pompe n. 2 e seguenti sono costrette, per gran parte dei regimi di bassa velocità, addirittura a girare a vuoto cioè senza sollevare la benché minima portata d’acqua ma dissipando in calore tutta l’energia assorbita. Si tratta pertanto di un tipo di installazione spesso usato ma totalmente errato.

 

3.5 ESEMPIO DI SOLLEVAMENTO A PRESSIONE VARIABILE

Si vuole raffrontare il funzionamento delle pompe tradizionali a giri fissi con quello delle pompe a velocità variabile in un circuito idrico del tipo indicato al cap. 3.3 e che, essendo caratterizzato da una grande escursione nella pressione di esercizio, si presta ottimamente all’ impiego di queste ultime.
Il circuito è composto da un’adduttrice che alimenta in diretta una rete di distribuzione posta a notevole distanza e che, nella soluzione a giri variabili, si intende far funzionare a pressione regolata di ora in ora al fine di evitare inutili carichi residui sopratutto notturni.
Esaminiamo quale sarebbe il funzionamento se fossero installate pompe tradizionali a giri fissi.
Il dimensionamento viene fatto considerando il consumo di punta convenzionalmente fissato nel 100% ed una pressione manometrica totale di pompaggio pari 70 m che diventa di 35 m a fine adduzione e cioè in corrispondenza della utenza essendo pari a 35 m la perdita di carico supposta nell’adduttrice stessa. Per la portata minima, corrispondente al 30%, ferma restando la pressione di pompaggio a 70m e supponendo la relativa perdita di carico ridotta a soli 8 m, si ottiene una pressione in testa alla rete di 62 m. Si tratta di un carico idraulico eccessivo e quindi fonte di una spesa energetica inutilmente elevata e per giunta di un considerevole aumento delle perdite occulte.
Esaminiamo ora la soluzione con pompa a velocità variabile che permette di eliminare l’inconveniente regolando la pressione di partenza in funzione di quella di arrivo in rete. Resta confermato un sollevamento a 70 m di colonna d’acqua solo per i periodi di consumo massimo mentre, per quelli di consumo medio e basso, che statisticamente sono di gran lunga i più frequenti, la pressione di pompaggio si riduce notevolmente. Ad esempio per la portata minima notturna, come detto definita nel 30% di quella massima, la pressione di pompaggio è pari a soli 23 m che, a seguito della perdita di carico di 8 m dell’adduttrice, comportano una pressione di soli 15 m in testa alla rete ma sufficienti per distribuire la ridotta portata. Da notare come la portata minima notturna, ad esempio quella relativa al periodo dalle ore 1 alle ore 4 del mattino si riferisce quasi esclusivamente alle perdite occulte.
Nella seguente tabella sono messi a confronto i dati di funzionamento nelle due soluzioni al variare della portata. Per ottenere un raffronto significativo si è tenuto conto delle durate statistiche medie, in acquedotti di piccole e medie dimensioni, della portata oraria durante un’intera annata ed indicate nella colonna 3 della tabella.
Nel diagra

 

 

 

Fig. ) = Esempio utilizzazione pompa a velocità variabile

 

Nel diagramma di fig. 9 contenente tutti gli elementi rappresentativi del funzionamento della pompa, si è sovrapposta la curva 1-2-3-4-5 relativa al comportamento idraulico della condotta adduttrice in esame, il tutto con valori adimensionali.
Si sono quindi potuti leggere i valori di pressione di pompaggio, potenza impegnata ed energia consumata al variare della portata indicati in grafico con altrettanti punti e riportati nelle colonne da 1 a 5 della tabella. Nella colonna N. 6 sono invece elencati i consumi della pompa a giri fissi che si suppone abbia da sollevare le stesse portate di quella variabile e per le stesse durate, ma con prevalenza fissa di 70 m. Il risultato saliente è dato dalla notevole differenza nell’energia totale impiegata nell’uno e nell’altro caso. Il risparmio, pur non essendo la pompa variabile utilizzata con i rendimenti meccanici migliori, è pari a circa il 60%, e, assieme alla notevole diminuzione delle perdite occulte assicurata dalla minor pressione notturna, fornisce una prova tangibile della validità dell’impiego della pompa a giri variabili in un circuito del tipo quì preso come esempio.

 

 

4. CONCLUSIONI

Dopo una sommaria descrizione delle moderne apparecchiature di variazione della velocità di rotazione dei motori elettrici, si sono spiegati quali importanti vantaggi si possono ritrarre dal loro impiego nell’azionamento delle pompe di sollevamento degli acquedotti ed in particolare nel funzionamento a pressione variabile delle reti di distribuzione. Si sono indicate, mediante grafici di funzionamento, quali sono le caratteristiche principali e le diverse possibilità di impiego mettendo in guardia sui pericoli di un impiego errato.
Si è infine determinato, tramite elaborazione di un esempio teorico, il risparmio energetico che si può conseguire sostituendo le pompe tradizionali con quelle a giri variabili. Si è fatto rilevare un altro importante beneficio: la notevole riduzione delle perdite occulte dovuta alla diminuzione nella pressione di esercizio in tutti i periodi di basso consumo che tale apparecchiatura consente.

 

 

tCopertina della Rivista”L’ACQUA” N. 6/2004 con articolo di Marcello Meneghin “L’UTILIZZAZIONE DELLE ELETTROPOMPE A VELOCITÀ’ VARIABILE NEGLI ACQUEDOTTI”Questo articolo è stato pubblicato sul n. 6/2004  de “L’Acqua” organo ufficiale dell’Associazione

Idrotecnica italiana

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