RETE MONTANA A SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

Rete montana.

Si tratta di impianti acquedottistici nei quali il carico piezometrico necessario per il trasporto dell’acqua dalla produzione fino al domicilio dell’utente è ottenuto tramite pompaggio. In questi casi il servizio idropotabile non può aver luogo se non previa suddivisione del territorio da alimentare in tante fasce orizzontali dell’altezza di circa 50 m, ciascuna delle quali dotata di propria sottorete idraulicamente separata da quelle viciniori. Il recapito dell’acqua è effettuato tramite diversificati impianti di sollevamento a prevalenza via via crescente a partire dalle fasce poste alla quota più bassa verso quelle più elevate in modo che in ciascuna di esse si mantengano adeguate pressioni di esercizio. Una diversa conformazione degli impianti acquedottistici volta ad estendere su tutto il comprensorio, indipendentemente dal suo andamento altimetrico, una rete di distribuzione unitaria, comporterebbe gravi inconvenienti per cui, nel presente lavoro, non viene nemmeno presa in considerazione anche se tale disposizione trova attuazione in molte realtà acquedottistiche. Essa richiederebbe infatti che tutta l’acqua, e quindi anche quella destinata alle utenze poste alle quote inferiori, fosse innalzata fino ad una pressione corrispondente al punto più elevato del comprensorio salvo, nelle zone basse, provvedere alla dissipazione del carico in eccesso tramite apparecchiature di regolazione disseminate nelle condotte stradali o inserite negli allacciamenti di utenza. Il circolo vizioso che così avrebbe origine produrrebbe elevate ed inutili spese energetiche date dalla prevalenza delle pompe inutilmente alta, nel mentre il funzionamento a forte pressione cui sarebbero sottoposte molte condotte stradali, oltre a richiedere particolari e costosi accorgimenti costruttivi e di esercizio, provocherebbe rilevanti perdite stradali d’acqua con ulteriore danno economico di gestione. La rete normalmente utilizzata per l’alimentazione dei territori collinari, comunque suddivisi come indicato per fasce omogenee orizzontali, prevede che ciascuna sottorete sia munita di un serbatoio di carico situato nella sua parte più elevata ed alimentato da una o più condotte di adduzione totalmente indipendenti dalla rete di distribuzione. Il sollevamento dell’acqua può aver luogo sia tramite un unico impianto ubicato in prossimità della produzione d’acqua e munito di più serie di pompe di adeguata prevalenza (Vedi figura allegata) o, specialmente quando il dislivello da vincere è notevole, mediante più impianti in serie ubicati ad altezze via via crescenti .

Rete montana classica con un unico impianto di sollevamento
Rete montana classica con un unico impianto di sollevamento

I vantaggi di una disposizione come quella descritta, conclamati dalla letteratura tecnica e documentati da molte realtà acquedottistiche, consistono nella costanza della pressione di partenza di ciascuna rete e nella presenza di un invaso in quota atto a garantire il rifornimento idropotabile anche in caso di brevi rotture o fuori servizio della produzione. Fanno riscontro alcuni inconvenienti che, a causa della notevole incidenza delle spese di sollevamento, possono essere definiti di una certa gravità soprattutto se si tengono presenti le grandi possibilità offerte dalla moderna tecnica acquedottistica per ovviarvi come sarà di seguito indicato. Ed ecco la soluzione proposta. La rete, in ogni caso suddivisa per fasce orizzontali di circa 50 m di altezza come indicato nei capitoli precedenti, sarà (vedi schema della figura allegata) contrariamente alla rete di tipo classica, munita di due soli serbatoi di accumulo. Il primo, annesso all’impianto di produzione è destinato alla compensazione giornaliera della quasi totalità delle portate, il secondo, di regola ubicato nella parte più elevata del territorio, delle punte massime locali. Ogni sottorete sarà munita di proprio impianto di sollevamento munito di casse d’aria a valle per quello annesso all’impianto di produzione e a monte e valle per le altre. Il serbatoio di compenso sarà munito di pompa di risollevamento con cassa d’aria solo a valle. Le casse d’aria poste a valle del sollevamento possono essere vantaggiosamente sostituite da serbatoi idropneumatici ottenendo il vantaggio di avere in rete dei volumi d’acqua di riserva cioè pronti ad entrare in rete per fuori servizio del pompaggio.

Profilo schematico rete ideale a servizio di territorio montano

I vantaggi di una disposizione come quella descritta, conclamati dalla letteratura tecnica e documentati da molte realtà acquedottistiche, consistono nella costanza della pressione di partenza di ciascuna rete e nella presenza di un invaso in quota atto a garantire il rifornimento idropotabile anche in caso di brevi rotture o fuori servizio della produzione. Fanno riscontro alcuni inconvenienti che, a causa della notevole incidenza delle spese di sollevamento, possono essere definiti di una certa gravità soprattutto se si tengono presenti le grandi possibilità offerte dalla moderna tecnica acquedottistica per ovviarvi come sarà di seguito indicato. Ed ecco la soluzione proposta. La rete, in ogni caso suddivisa per fasce orizzontali di circa 50 m di altezza come indicato nei capitoli precedenti, sarà (vedi schema della figura  allegata) contrariamente alla rete di tipo classica, munita di due soli serbatoi di accumulo. Il primo, annesso all’impianto di produzione è destinato alla compensazione giornaliera della quasi totalità delle portate, il secondo, di regola ubicato nella parte più elevata del territorio, delle punte massime locali. Ogni sottorete sarà munita di proprio impianto di sollevamento munito di casse d’aria a valle per quello annesso all’impianto di produzione e a monte e valle per le altre. Il serbatoio di compenso sarà munito di pompa di risollevamento con cassa d’aria solo a valle. Le casse d’aria poste a valle del sollevamento possono essere vantaggiosamente  sostituite da serbatoi idropneumatici ottenendo il vantaggio di avere in rete dei volumi d’acqua di riserva cioè pronti ad entrare in rete per fuori servizio del pompaggio.

Ad esempio nel caso di un comprensorio avente tre fasce omogenee (vedi schema semplificato) si avranno le seguenti stazioni:

Stazione P1.

E’ dotata di pompa a velocità variabile della portata massima pari a quella dell’intero territorio (fascia A + B + C) con asservimento del numero di giri al diagramma preimpostato delle pressioni dei nodi critici della rete A . Ciò consente di ottimizzare la pressione di esercizio in funzione delle effettive necessità dell’utenza consegnando l’acqua alla maggior pressione quando maggiori sono le richieste nel mentre durante le ore di bassi consumi e particolarmente durante la notte, la pressione viene abbassata contribuendo non solo ad economizzare nelle spese energetiche di sollevamento ma soprattutto a diminuire le perdite occulte che, come noto, sono funzione diretta della pressione di esercizio. La pompa P1 aspira direttamente dal serbatoio della produzione ed alimenta tutte le utenze della rete A con immissione diretta in rete della portata da esse richiesta e di quella necessaria per le reti superiori e che la pompa P2 aspira dalla stessa rete A.

Stazione P2

E’ dotata di pompa a velocità variabile della portata pari a quella massima dell’intero territorio (fascia A + B + C) con asservimento del numero di giri al diagramma preimpostato delle pressioni dei nodi critici della rete B. Aspira direttamente dalla rete A ed alimenta tutte le utenze della rete B con immissione diretta in rete della portata da esse richiesta e di quella necessaria per la rete superiore e che la pompa P3 aspira dalla stessa rete B.

Stazione P3.

E’ dotata di pompa a velocità variabile che aspira direttamente dalla rete B inferiore e della portata massima pari a quella max dell’intera rete (fascia A + B + C) con asservimento del numero di giri al diagramma preimpostato delle pressioni dei nodi critici della rete C. Per il suo funzionamento viene definito un valore fisso ma tarabile di portata totale massima sollevata (cioè in uscita dalla pompa P1) pari al valore della portata media del giorno di massimo consumo dell’intera rete (rete A + rete B + rete C). Quando la portata richiesta dalla intera rete (e cioè la portata innalzata da P1) raggiunge tale portata di soglia, la pompa P3 in argomento cessa di essere asservita alla pressione dei nodi e la regolazione della sua velocità di rotazione ha luogo in funzione della portata della P1 in modo che tale portata si mantenga costantemente sul valore di soglia prefissato. In altri termini la P3 riduce man mano la portata da essa aspirata dalla rete inferiore in modo che la portata di P1 sia costantemente pari alla portata di soglia normalmente corrispondente alla media del giorno di massimo consumo. Durante la notte la rete immette nel serbatoio i volumi d’acqua necessari per coprire la punta di tutto il territorio (reti A, B, C) tramite la regolazione automatica della valvola di ingresso al serbatoio ed asservita ad un prefissato diagramma giornaliero dei livello che il serbatoio deve assumere. Si tratta di una curva preimpostata simile a quella di cui all’articolo “REGOLAZIONE A LIVELLI IMPOSTI” in quanto impone le modalità di riempimento del serbatoio. In pratica si prefissano i livelli che il serbatoio durante la fase di riempimento deve avere la notte, ad esempio con inizio alle ore 24 e fine alle 5. Il calcolatore centrale, in tale intervallo di tempo, verifica i livelli reali e, se inferiori, li riporta ora per ora a quelli prefissati. Ovviamente nessun riempimento avrà luogo se il livello, nel momento considerato, è di per sé superiore a quello previsto.

Stazione P4

E’ destinata a coprire le portate di punta dell’intero territorio. La pompa, asservita al diagramma giornaliero delle pressioni della rete C, entra in funzione quando la pressione dei nodi critici della stessa rete C non più sorretta dalla pompa P3 che ha raggiunto la portata di soglia, tende a scendere al di sotto dei valori di diagramma prefissato. Ovviamente la valvola di immissione d’acqua nel serbatoio 4 è sempre chiusa quando la pompa 4 è in moto. Il funzionamento degli impianti è il seguente. Durante la notte la pompa P4 è ferma perché la pressione ai nodi è mantenuta dalla pompa P3. Il serbatoio riceve dalla rete i volumi necessari al suo riempimento secondo il diagramma giornaliero prefissato dei livelli in vasca. La pompa P1 regola la propria velocità in modo da mantenere la pressione prefissata ora per ora nei nodi critici della propria rete e solleva tutta la portata richiesta dagli utenti della rete A e quella aspirata dalla pompa P2. Le pompe P2 e P3 funzionano in modo analogo alla P1 con la sola differenza che ognuna di esse si regola in funzione della pressione ai nodi critici della propria rete da alimentare. Al mattino quando il serbatoio è pieno la valvola di immissione si chiude e l’invaso resta al massimo livello. Allorché i consumi dell’utenza iniziano a ad assumere valori via via più rilevanti le P1, P2 e P3 aumentano la velocità di rotazione in modo da seguire la richiesta e mantenere ai nodi critici delle varie reti di appartenenza le pressioni prefissate nel grafico giornaliero preimpostato per qualunque valore di portata e quindi anche durante l’ora di punta. La pompa P3 è la sola che, quando la portata della P1 tende a superare il valore di soglia e cioè la portata media del giorno di massimo consumo, limita la portata che essa stessa aspira dalla rete inferiore e regola automaticamente la velocità di rotazione in modo che la P1 si mantenga costantemente sulla portata di soglia. Da tale istante la pressione dei nodi critici della rete C tende a scendere sotto ai valori preimpostati il che provoca la messa in moto della P4 volta al mantenimento di tali valori mediante asservimento automatico. Alla sera al diminuire delle richieste della rete C e rientrata la pressione entro valori normali, la P4 si fermerà tornando al regime della mattina. Nel caso, puramente ipotetico, in cui il consumo utenza fosse zero, le P1, P2 e P3 solleverebbero ciascuna la portata necessaria per far coincidere i livelli del serbatoio con quelli della curva preimpostata e ciò per una portata massima pari a Qmed.tot. Le P1, P2 e P3 sono comunque dimensionate per il consumo di punta in modo da poter far fronte ad imprevedibili maggiori richieste dovute a consumi eccezionali o a fuori servizio di qualche apparecchiatura o condotta. Il vantaggio più evidente della rete ideale descritta è quello di liberare la pressione di esercizio dai vincoli imposti dai serbatoi di carico presenti nella rete classica e dovuti ai livelli minimo e massimo di invaso di ciascuno di essi entro i quali dovrebbe essere contenuta la pressione di rete perché i serbatoi stessi potessero svolgere il compito loro assegnato nel mentre la pressione di consegna dell’acqua agli utenti che ne deriva può risultare inadeguata. Al contrario nella rete ideale si avrà cura di graduare la pressione di pompaggio, in modo che, mediante asservimento a quella effettiva rilevata in più punti e trasmessa in tempo reale alle centrali di sollevamento, sia più elevata nelle ore di maggior consumo e più bassa nelle ore notturne o comunque di minor richiesta. I vantaggi ottenibili, tanto più importanti quanto più la rete è estesa in senso orizzontale, sono molteplici : – una minor spesa per l’energia di sollevamento; – una diminuita incidenza delle perdite occulte di rete dovuta alla più bassa pressione notturna; – una pressione sempre adeguata alle necessità dell’utenza. Per quanto riguarda la scarsità di invasi in quota che caratterizza la rete ideale e la conseguente mancata presenza di importanti volumi d’acqua pronti ad entrare in rete per ovviare ad eventuali guasti, si vedrà più avanti come vi si possa rimediare mediante particolari accorgimenti tecnici atti ad offrire altrettante se non superiori garanzie di buon funzionamento. Un ulteriore vantaggio è dato dal risparmio energetico che si realizza nella rete ideale per trasportare i volumi d’acqua dalla produzione alle varie reti superiori. Infatti nel mentre nella rete classica tale lavoro viene svolto dalle condotte di adduzione con una rilevante perdita di carico, caratteristica precipua delle condotte singole, nella rete ideale ha luogo mediante utilizzazione della intera rete magliata che, in quanto tale, può svolgerlo con perdite sensibilmente inferiori soprattutto durante i periodi notturni di basso consumo dell’utenza. Tutte le condotte di rete, anche quelle più lontane dalla stazione di pompaggio, concorrono infatti all’adduzione con risultati ottimi per quanto riguarda il risparmio energetico di pompaggio.

Schema planimetrico della variante di rete ideale sollevamento meccanico
Schema planimetrico della variante di rete ideale sollevamento meccanico

 

 

 

 

 

 

 

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LA CAPTAZIONE D’ACQUA TRAMITE POZZI PROFONDI

1) PREMESSA

La captazione di acque sotterranee mediante pozzi tubolari è diventata, in questi ultimi anni, una delle principali fonti di alimentazione degli acquedotti grazie alla facilità di reperimento di ottima acqua ed in grandi quantitativi che essa ha reso possibile. I problemi posti nella progettazione, costruzione ed esercizio delle opere non sono però di facile risoluzione essendo estremamente difficile conoscere i fenomeni naturali che regolano la materia anche per effetto della grande varietà che si riscontra nel sottosuolo da una regione all’altra se non, addirittura, da una località a quella vicina. La letteratura tecnica detta alcune regole in ordine alla determinazione della potenzialità della falda, ai criteri da seguire per non depauperarla in maniera eccessiva ed infine per una sua regolare utilizzazione, regole spesso totalmente disattese vuoi per tornaconto vuoi per incompetenza degli utilizzatori. Senza voler sminuirne l’importanza e la validità si indicano nel presente lavoro delle modalità pratiche di semplice attuazione augurandoci che, almeno queste, trovino applicazione nell’esercizio delle opere di presa in argomento.

2) DEFINIZIONI

Falda freatica: strato acquifero, di solito superficiale, nel quale il flusso dell’acqua ha luogo a pelo libero.
Falda artesiana: strato acquifero profondo nel quale il flusso idrico avviene in pressione essendo compreso tra strati impermeabili . La perforazione dello strato superiore ad opera del pozzo provoca la risalita dell’acqua verso l’alto, risalita tanto più elevata quanto maggiore è la pressione di falda. Quando la quota del suolo è inferiore al livello statico della falda artesiana, l’acqua è in grado di sgorgare da sola al suolo. Negli altri casi, e quando si vuole aumentare la portata, l’emungimento deve essere effettuato tramite sollevamento meccanico.
Livello statico di falda: quota piezometrica dell’acqua di falda in corrispondenza del pozzo quando non si ha alcun emungimento dal pozzo medesimo.
Livello dinamico di falda: idem come al punto precedente quando ha luogo l’emungimento.
Depressione di falda: differenza tra livello statico e livello dinamico di falda. Esiste una relazione diretta tra portata e depressione di falda.
Curva caratteristica del pozzo: equazioni matematiche che definiscono la portata emungibile in funzione delle depressioni dinamiche di falda (curva Q/H).
Punto critico della curva caratteristica: è così chiamato il punto di flesso della curva caratteristica del pozzo. Esso definisce il limite massimo di sfruttamento consigliabile per il pozzo allo scopo di evitare il suo danneggiamento.
Cono di depressione: volume d’acqua a forma di un cono rovescio che viene sottratto dalla falda a seguito dell’emungimento del pozzo.

3) CARATTERISTICHE GENERALI DEL POZZO

Forma specificatamente l’oggetto della presente nota il funzionamento idraulico del pozzo artesiano prescindendo completamente dalle sue caratteristiche costruttive la cui descrizione non viene qui nemmeno presa in conto. Basterà dire che il pozzo tipico di cui si discute è formato da una canna per lo più metallica di diametro variabile da 10 a 50 cm, con filtro costituito da semplice fenestratura a ponte nel caso di falda in ghiaia grossa e da rete speciale per pozzi negli altri casi, munito o no di prefiltro in ghiaia o sabbia grossa a seconda delle caratteristiche dello strato acquifero e per profondità variabili da 40 a 500 m. Una sua caratteristica costruttiva fondamentale è data dal fatto che il pozzo qui esaminato attinge acqua da una sola falda.
L’abitudine, purtroppo talvolta messa in atto dai perforatori, di aumentare la producibilità inserendo nella stessa canna più filtri sovrapposti in corrispondenza di altrettante falde costituisce un errore gravissimo in quanto mette in collegamento tra di loro falde aventi diverse caratteristiche di pressione e di qualità dell’acqua con possibili gravissimi danni. Qualora si vogliano sfruttare più falde è necessario costruire altrettanti pozzi anche se ubicati uno vicino all’altro ma ognuno con prelievo su una unica falda.
Elemento fondamentale di conoscenza del pozzo in argomento è la sua curva caratteristica cioè l’equazione matematica che lega la portata emungibile alla depressione di falda necessaria allo scopo, lquazione avente, di solito, le caratteristiche rappresentate graficamente nel diagramma della fig. 1.
Sono riportate nell’asse delle ascisse le portate emungibili ed in quello delle ordinate i corrispondenti livelli di falda e definibili in duplice modo: in quota assoluta o mediante il dislivello tra falda indisturbata e falda sottoposta ad emungimento. E’ quest’ultima grandezza definita con termine tecnico appropriato “depressione di falda” quella da utilizzare. E’ infatti noto come il livello di una falda possa subire importanti variazioni nel tempo a causa della presenza di nuovi prelievi, di particolari condizioni metereologiche che modificano l’alimentazione di falda, ecc.ecc.. E’ quindi privo di senso definire la portata in funzione di valori variabili nel tempo. Al contrario è dimostrato come la funzione che lega la portata emunta con la depressione di falda sia una costante per il pozzo anche quando cambiano le condizioni intrinseche della falda stessa. Ad esempio se, nei periodi di livello statico è elevato, è necessario deprimere la falda di un metro per ottenere una portata di 20 l/sec, la stessa portata si otterrà in altra epoca quando il livello generale di falda si è abbassato per esempio di due metri: La sola condizione “sine qua non” è quella di utilizzare il pozzo, anche in quest’ultimo caso, con la stessa depressione di un metro rispetto al livello statico del momento. La motivazione tecnica di tale corrispondenza và ricercata nel fatto che la portata emungibile dipende essenzialmente dalla scabrezza del mezzo (in questo caso lo strato ghiaioso) attraversato dall’acqua, scabrezza che non varia al variare del livello statico di falda. La modificazione della curva caratteristica può aversi solo in caso di mutamenti nella consistenza del materiale costituente lo strato acquifero (ad esempio a causa di franamento di alcune parti oppure in caso di modificazioni del filtro di presa, per effetto di incrostrazioni nella fenestratura della parete del pozzo o di depositi di materiale che ne ostruiscano la luce).
L’esame della curva caratteristica del pozzo presenta molti aspetti interessanti.
In primo luogo è da notare come la sua prima parte che va dal punto a (livello statico) al punto b (punto critico della curva) sia caratterizzata da un andamento rettilineo (quando il materiale della falda è ghiaioso) o quasi rettilineo (in caso di strati acquiferi costituiti da materiali fini ) il chè sta ad indicare come la portata, limitatamente a tale tratto, sia direttamente proporzionale alla depressione, nel mentre la sua pendenza rispetto agli assi rappresenta la portata specifica emungibile con il pozzo.
Il rilievo del tratto di curva in questione, ripetuto ad intervalli regolari, dà la prova della buona conservazione del pozzo nel tempo o, in caso contrario, del peggioramento delle condizioni dello strato acquifero nelle immediate vicinanze del pozzo o dello stato dei filtri.
Per avere l’indicazione delle condizioni generali di falda occorre invece esaminare l’andamento nel tempo del livello statico di falda cioè del punto a. In regime normale tale livello dovrebbe subire soltanto variazioni cicliche dovute alle condizioni climatiche della zona dove ha luogo l’alimentazione della falda e quindi, ad ogni diminuzione di quota verificantesi in periodi di siccità dovrebbe far sempre seguito un ritorno alle condizioni di quota iniziali. Quando invece le quote precedenti non vengono più ripristinate ma gli abbassamenti aumentano in progressione, si è in presenza di un degrado irreversibile, presumibilmente dovuto a nuovi importanti prelievi d’acqua dalla falda. Il provvedimento che normalmente si adotta per ovviare alla conseguente scarsità di portata, consiste in un progressivo abbassamento del livello dinamico assoluto di falda durante l’emungimento: ciò può aver luogo, in caso di sollevamento meccanico mediante aumento della prevalenza delle pompe, in caso di funzionamento a gravità mediante modifica della bocca di presa. E’ evidente che agendo in tal modo viene innescata una pericolosa spirale di depauperamento della falda in quanto ogni utilizzatore, in pratica, tutela il proprio prelievo sottraendo, tramite detto abbassamento di livello dinamico, una certa portata al vicino. La cosa, ripetuta più e più volte in ciascuna opera di presa esistente, finisce per danneggiare la falda, provocando modificazioni nella consistenza del materasso ghiaioso o sabbioso con i disastrosi risultati che si sono constatati in molte zone ricche di acqua di falda artesiana.
Continuando nell’esame della curva caratteristica del pozzo e precisamente della sua parte inferiore, si noterà come al termine della parte rettilinea prima descritta sia presente una curva marcata cui fa seguito la parte finale caratterizzata da una pendenza molto accentuata e che tende, verso il basso, a diventare ancora più ripida. Tale stato di cose porta a concludere che il campo di lavoro del pozzo deve tassativamente essere quello rappresentato dal tratto rettilineo a-b . Infatti qualora si decidesse di spingere lo sfruttamento del pozzo verso portate superiori non si otterrebbero risultati soddisfacenti anzi, si arriverebbe al paradosso di non ottenere alcun aumento di portata nonostante i successivi aumenti di depressione. Le ragioni sono da ascriversi agli attriti del materasso permeabile o del filtro di presa del pozzo che presentano un limite ben definito oltre il quale non bisogna andare. I risultati pratici che si otterrebbero in tali casi sono il danneggiamento della falda come ad esempio asporto di materiale sabbioso, frane del materiale permeabile e, in ogni caso, dispendio energetico.
La curva caratteristica di cui si discute diventa particolarmente utile quando sia da realizzare un intero campo acquifero. Le caratteristiche del terreno di falda sono infatti variabilissime e, alle volte, anche uno spostamento di alcune decine di metri nell’ubicazione di un pozzo può portare a risultati completamente diversi da quelli che ci si aspetta. E’ allora importante far precedere la costruzione di ogni nuovo pozzo dalla comparazione delle curve caratteristiche di quelli precedentemente eseguiti e spostare il cantiere in continuazione verso le zone che si rivelano migliori. Man mano che si procederà nei lavori saranno in particolare da tenere sotto controllo la pendenza del primo tratto delle curve caratteristiche in quanto sicuro indice della loro portata specifica nonchè la posizione del punto critico poichè da essa dipende, come spiegato, la portata emungibile. Qualora un pozzo denunci caratteristiche chiaramente peggiori degli altri, sarà necessario abbandonarlo non prima di aver proceduto alla sua cementazione onde non depauperare inutilmente la falda, e spostare le ricerche d’acqua in tutt’altra zona.

 

4) LE PROVE DI PORTATA

Ultimata la costruzione di un pozzo ed eseguiti lo spurgo ed i lavaggi continuati fino ad avere la garanzia che il filtro di presa ed il cono di depressione sono stati depurati del materiale instabile ivi presente come sabbie fini e materiali usati per la terebrazione (fanghi bentonitici ecc.) si deve dar corso alle prove di portata che sono di due tipi:

– prove iniziali da effettuare prima dell’inizio della utilizzazione del pozzo e che sono necessarie per la definizione delle sue caratteristiche;
– prove di controllo da effettuare ad intervalli regolari di due/tre anni onde verificarne lo stato di conservazione.

Tenuto presente che ogni prelievo di acqua sia tramite pompa sommersa e sia, per i pozzi a risalienza naturale, tramite semplice apertura della saracinesca di presa, provoca, nella falda di attingimento, delle modificazioni dinamiche estremamente variabili nel tempo per cui la misura effettuata in tali condizioni di instabilità non darebbe alcuna indicazione utile, le regole da seguire tassativamente nelle operazioni di rilievo del pozzo impongono che l’emungimento della portata di ciascuna misura sia proseguito, senza alcuna ulteriore manovra, fintantocchè da almeno tre rilievi fatti in successione e ad intervalli più o meno lunghi a seconda delle caratteristiche della falda ma in ogni caso non inferiori ad quarto d’ora uno dall’altro, non risultino valori di portata e livello assolutamente identici tra di loro. Ovviamente sono solo questi ultimi i valori definitivi da utilizzare.

Una prova completa, sia del primo che del secondo tipo, deve inoltre essere costituita da almeno 7 o 8 misure condotte secondo le regole citate e con la seguente successione.

Primo punto di misura.
Consiste nella misura del livello statico da effettuare a falda assolutamente indisturbata e quindi dopo un lungo periodo di non utilizzazione del pozzo. Data l’importanza che riveste, l’operazione deve essere effettuata con tutta la cura possibile. Si deve quindi operare tramite misura diretta evitando l’uso di strumenti come i manometri che non offrono sufficienti garanzie di precisione. In caso di pozzi a risalienza naturale si avrà cura di montare un tubo di gomma trasparente verticale con l’estremità alta posta ad altezza superiore al livello massimo raggiungibile dalla falda. Invece il livello, anche molto profondo, all’interno del pozzo può essere rilevato mediante semplice introduzione nella canna di un tondino di ferro da cemento armato.

Misure seguenti.
Fissata la portata massima che si prevede di emungere dal pozzo, si inizierà con un prelievo di circa un quinto di essa ottenuto, nel caso di salienza naturale, mediante semplice apertura parziale della saracinesca di prelievo e, nel caso sia necessario l’uso di una pompa sommersa, mediante avviamento della pompa a bocca chiusa e successiva apertura parziale della saracinesca posta nella mandata. Saranno rilevati il livello falda e la portata emunta. Per la misura del livello si adotteranno le stesse modalità descritte per il rilievo del livello statico mentre per quella della portata sarà da preferire il metodo volumetrico consistente nell’uso si un capace recipiente e di cronometro. In caso di portate rilevanti è consentito l’uso di normali misuratori di portata preventivamente tarati.
Ultimata la prima misura si procederà in modo analogo per le seguenti 4 con successive aperture della saracinesca atte ad aumentare via via il prelievo della stessa quantità fissata in precedenza e cioè di circa 1/5 della portata massima prevedibile. Eseguiti i primi 4 rilievi e quindi raggiunta la portata massima del pozzo, si dovrà continuare nelle misure oltrepassando tale valore con ulteriori due o tre determinazioni in modo da poter conoscere il comportamento della falda anche con emungimento molto spinto. Ciò tornerà utile, come vedremo più avanti, per definire il punto critico di funzionamento del pozzo. A questo punto è possibile tracciare il grafico cartesiano della funzione che lega portata e livello secondo quanto indicato al cap 3. Supponiamo ad esempio di aver costruito un pozzo in falda artesiana avente livello statico pari a 100 msm e che, dalle misure preliminari già effettuate, risulti in grado di dare una portata di circa 30 l/s, Si vogliano determinarne in dettaglio le caratteristiche di producibilità nonchè le regole da seguire per il suo ottimale sfruttamento. Fissato in 8 l/s circa l’intervallo di portata tra una misura e l’altra (circa un quinto della portata massima) si siano rilevati i dati della seguente talbella :

Fig.1 = curva caratteristica del pozzo

Il grafico, riportato in fig. 1 fornisce tutte le indicazioni del caso. Si nota innanzitutto come il tratto superiore della curva caratteristica che va da zero a 40 l/s circa sia caratterizzato da un tracciato rettilineo il che conferma che nelle portate iniziali esiste una proporzione diretta tra portata emungibile e depressione di falda essendo la portata specifica di circa 6.9 l/sec per metro di depressione. E’ questo l’intervallo da utilizzare per un uso del pozzo atto a conferirne la massima sicurezza di esercizio. Il punto critico ( b ), ubicato al termine del tratto rettilineo, definisce in 40 l/sec circa la portata massima emungibile cui corrisponde una depressione di falda di 5.80 m e quindi un livello, alla data delle misure, pari a 94.20 msm. Per portate superiori a 40 l/s l’aumento anomalo delle perdite di carico del mezzo attraversato dall’acqua è denunciato dalla forma della curva che non è più rettilinea ma diventa parabolica con una impennata verso il basso. Qualora si decidesse di effettuare il prelievo d’acqua in tali condizioni, oltre ad un sicuro dispendio energetico, potrebbe verificarsi instabilità nel materasso acquifero con continuo trasporto di materiali fini e probabili franamenti interni o intasamento dei filtri e quindi il rapido deterioramento del pozzo. Uno sfruttamento corretto consiste invece nel prelevare una portata che garantisca di non oltrepassare in nessun caso il punto critico nemmeno in particolari condizioni di falda quali possono essere per esempio quelle che si riscontrano in periodi eccezionalmente siccitosi. La portata massima consigliabile potrà essere, ad esempio, quella di 35 l/s.
Nel corso degli anni seguenti le prove di portata, da eseguirsi con le stesse modalità sopra descritte, dovranno essere ripetute ad intervalli regolari di quattro o cinque anni. Si avrà modo così di confermare il buono stato del pozzo oppure, in caso di falda in via di deterioramento, di definire le nuove condizioni ottimali di sfruttamento. Normalmente e se vengono rispettate le cautele citate, la curva portata/depressione si mantiene assolutamente costante nel tempo. Ciò che è soggetto a facili cambiamenti è il livello statico della falda il quale, sia a causa di nuovi prelievi, sia per particolari condizioni metereologiche, può subire dei cali anche importanti. Potrà ad esempio accadere che, ferma restando la curva caratteristica, il livello statico del pozzo sia passato dai 100 msm iniziali a 98 msm. In tal caso si potrà comunque continuare a prelevare la portata ottimale di 35 l/s a condizione che il corrispondente livello dinamico di falda, in precedenza pari a 95 msm, sia modificato portandolo, tramite una nuova pompa più potente della precedente, a 93 msm necessari affinchè venga mantenuta la stessa depressione di falda di 5 m necessaria e sufficiente perchè il pozzo, anche con il nuovo livello statico, possa fornire tale portata.

5) CONCLUSIONI

Si sono descritte le prove da effettuare per conoscere e tenere sotto controllo i pozzi artesiani. In particolare si è spiegato come definire il punto critico che stabilisce quali sono i limiti massimi di emungimento dell’acqua. Si tratta di proposte della massima semplicità e comprensione che l’autore della nota ha personalmente sperimentato in più realtà acquedottistiche trovandole di facile attuazione pratica e di sicuro risultato per cui, senza voler nulla togliere alle ben più importanti e complesse determinazioni riportate nella letteratura tecnica in questo campo, ne consiglia caldamente l’attuazione.

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A PROPOSITO DI GALLERIE

 

Le conseguenze derivate dalla realizzazione delle due gallerie autostradali nei confronti della falda acquifera

Le grandi frese oggi usate per lo scavo delle gallerie consentono di avanzare con le opere senza produrre danno all’ambiente

La struttura idrogeologica del Gran Sasso rappresenta la più importante fonte di alimentazione idropotabile dell’intero Abruzzo (le acque convogliate ed immesse nei due principali acquedotti delle Province di Teramo e L’Aquila sono destinate al fabbisogno idrico di circa 800 mila abitanti), è caratterizzata dalla presenza di varie successioni litostratigrafiche con brusche variazioni laterali e verticali di facies e di spessore che rendono la geologia della catena del Gran Sasso molto complessa ed è difficile prevedere con esattezza gli effetti idrogeologici di nuovi interventi.

La realizzazione delle gallerie autostradali ha incontrato nei lavori di scavo in sotterraneo enormi difficoltà a causa delle complesse condizioni idrogeologiche, in particolare per la presenza di notevoli carichi idrostatici (fino a 64 atmosfere) e di faglie marcate da spesse fasce di cataclasiti sotto forti pressioni idriche. Il rilevante drenaggio operato dagli scavi del traforo ha determinato, sulla verticale delle gallerie, un abbassamento di circa 600 metri della superficie piezometrica della falda di fondo (all’incirca da 1600 metri sulla superficie del livello del mare fino alla quota del piano autostradale).

Il progetto originario, redatto per la realizzazione delle gallerie autostradali e dei laboratori, non prevedeva la captazione delle acque sorgive per scopo idropotabile ma solo un loro rudimentale convogliamento.

Le acque drenate dagli scavi che hanno raggiunto inizialmente portate con punte massime di 750 litri al secondo sul versante aquilano e di 2150 litri al secondo sul versante teramano, si sono progressivamente ridotte fino ad una portata media di circa 1.5 metri cubi al secondo e sono state successivamente utilizzate per usi idropotabili sia dall’ASAR nel teramano (1000 litri al secondo) e dall’acquedotto La Ferriera nell’aquilano (480 litri al secondo).

INDIETRO AVANTI

UN MAXI SERBATOIO SOTTERRANEO PER VINCERE LA GRANDE SETE DELL’ISOLA D’ELBA

 

serbatoio Isola d’Elba

A) PREMESSA

I quantitativi d’acqua necessari non solo per gli indispensabili usi potabili della popolazione residente e turistica ma anche per altre determinanti necessità della sua economia (irrigazione agricola, annaffiamento giardini e orti, usi industriali ed artigianali, docce, piscine, ecc.). la sua risoluzione, un tempo basata esclusivamente sulle risorse idriche locali, ha incontrato notevoli difficoltà per le caratteristiche climatiche e fisiche del territorio. in particolare la piovosità molto scarsa e quasi inesistente proprio nei periodi estivi di maggior richiesta d’acqua, in uno con una conformazione montagnosa i cui compluvi danno origine a fossi o rii completamente asciutti per la gran parte dell’anno, riducono notevolmente la possibilità di accumulo negli invasi naturali sotterranei di ravvenamento delle sorgenti e quella di soddisfacimento diretto delle altre necessità citate, nel mentre grandi quantitativi del prezioso elemento vengono scaricati a mare durante i brevi periodi di piogge intense. in anni relativamente recenti si è pensato di integrare la produzione locale data dai pozzi e dalle sorgenti con l’approvvigionamento esterno ottenuto tramite la tubazione sottomarina di collegamento con la terraferma e il trasporto con navi cisterna ma, ciononostante, la richiesta idrica non risulta pienamente soddisfatta e si verificano sovente dei periodi di crisi nei quali l’ente gestore degli acquedotti deve ricorrere al razionamento dell’acqua distribuita.
nella planimetria generale della fig. 1 allegata sono schematicamente rappresentate alcune possibilità di alimentazione idrica dell’elba. tra di esse solo la condotta di collegamento con il continente è un’opera realmente esistente ed è quella che contribuisce in maniera determinante, sia pure con crisi alterne, al soddisfacimento della richiesta idropotabile dell’ isola. le altre indicazioni si riferiscono ad ipotesi formulate in varie epoche ma che non hanno ancora trovato applicazione pratica. tali sono, come sarà più avanti spiegato, i bacini artificiali da realizzare mediante dighe di ritenuta  ed il bacino sotterraneo da costruire con diaframmi di impermeabilizzazione nella piana di marina di campo

 

Fig. n. 1 = Veduta panoramica dell’Isola cd’Elba con il tracciato della galleria serbatoio che viene qui proposto

E’ infine rappresentato il tracciato di massima del serbatoio/galleria che, circondando il Monte Capanne, costituisce l’oggetto precipuo del presente lavoro. Si tratta di un’opera totalmente sotterranea che, a prima vista, desterà scetticismo essendo normalmente destinata ad usi completamente diversi da quello qui previsto anche se, in realtà, la sua utilizzazione è abbastanza frequente. Si fa infatti notare come la maggior parte degli impianti idroelettrici a condotta forzata sotterranea siano muniti di vasche di espansione le cui caratteristiche costruttive e di funzionamento idraulico sono del tutto simili a quanto qui proposto. L’opera medesima non è in assoluto una novità nemmeno in campo acquedottistico in quanto risulta realizzata ed utilizzata da oltre mezzo secolo nell’acquedotto di Torino e in quello Campano per scopi idropotabili identici a quelli che di seguito si indicano nonché in analogo serbatoio/galleria costruito, in questi ultimi anni, nei pressi di Latina. A giudizio di chi scrive essa è invece atta ad affrancare l’isola da ogni assoggettamento esterno e ad offrire le più ampie garanzie di soddisfacimento del suo fabbisogno idrico futuro senza provocare danni di sorta nè all’ambiente né all’economia del territorio. Una sua precipua caratteristica che si vuole subito evidenziare è la possibilità di realizzazione dell’opera per stralci successivi tutti immediatamente funzionali e che consentono di dilazionare la spesa nel tempo offrendo immediati e notevoli vantaggi nell’approvvigionamento idrico dell’intera isola.

 

B) FABBISOGNO IDRICO E PIOVOSITA’

Fig. n. 2 = Diagramma giornaliero delle portate d’acqua potabile  che interessano l’Elba

Le grandezze in gioco nel rifornimento idrico dell’Isola d’Elba, sono approssimativamente rappresentate nel grafico della fig. 2 allegata.
Vi sono riportati i volumi d’acqua potabile effettivamente forniti all’utenza mese per mese durante una recente annata e quelli che, in via approssimativa, sarebbero necessari per soddisfare interamente la richiesta dell’utenza per i prossimi 10 anni ed infine i volumi medi di pioggia che sono caduti in questi ultimi anni nella zona ovest dell’Isola d’Elba, zona che interessa particolarmente le opere oggetto della presente relazione per una superficie di circa 30 chilometri quadrati contro i 223 chilometri quadrati dell’intero territorio dell’isola.
Balzano immediatamente agli occhi :
· il grande deficit esistente tra portata massima necessaria (circa 60.000 mc nel giorno di massimo consumo) e quella estiva ora disponibile che ammonta, al massimo, a circa a 35.000 mc al giorno;
· una consistente sovrabbondanza, rispetto a quelli necessari, dei volumi d’acqua di pioggia che precipitano annualmente in isola. L’Isola d’Elba dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni idrici;
· Il notevole divario temporale tra il periodo di elevata richiesta idrica che ha luogo d’estate e quelli di abbondanti precipitazioni atmosferiche che, al contrario, si verificano statisticamente in tutti i periodi dell’anno fatta eccezione appunto per quelli estivi. Da tale fatto deriva la mancata alimentazione delle falde locali ed anche di quelle della Val di Cornia che attualmente fornisce agli acquedotti elbani la maggior parte dell’acqua e quindi il citato deficit idrico e le ripetute crisi del rifornimento idropotabile della popolazione.

Interessante anche il grafico della figura 3 nel quale gli stessi volumi giornalieri che si prevede necessari all’Elba per i prossimi 10 anni sono riportati in ordine decrescente, onde far risaltare le varie classi di consumo. Esse hanno la seguente consistenza:

Fig. 3 = Grafico giornaliero dei consumi idropotabili ordinati preogressivamente

· Le giornate di consumo elevatissimo (circa 60.000 mc giorno) sono molto poche e cioè circa 50 all’anno.
· Il consumo abbastanza elevato (45.000 mc giorno) si verifica mediamente per altre 30 giornate l’anno.
· Per ben 285 giornate dell’anno esaminato si avranno solo consumi bassi (17.000 mc/giorno circa) o bassissimi (10.000 mc/giorno).
Le conclusioni che si possono trarre sono:
1) L’isola d’Elba ha bisogno di un quantitativo d’acqua potabile molto elevato per un periodo assai breve ma che coincide con quello di scarse precipitazioni piovose.
2) I volumi d’acqua che piovono annualmente in isola, se non fossero temporalmente sfalsati rispetto al fabbisogno, sarebbero ampiamente sufficienti alla sua alimentazione idropotabile.
La soluzione del problema appare ovvia: immagazzinare durante i periodi di scarsi consumi l’acqua in esubero e conservarla per poterla utilizzare d’estate durante i brevi periodi di richiesta elevata.

C) I LAGHI ARTIFICIALI E LE ALTRE SOLUZIONI DELL’ENTE GESTORE

Tra le soluzioni che gli Enti addetti hanno in animo di adottare per la risoluzione del problema in argomento alcune sono basate, in maniera del tutto analoga a quanto forma oggetto del presente lavoro, sulla raccolta ed accumulo di grandi volumi d’acqua durante i periodi di pioggia intensa e di scarsi consumi.
Quella che raccoglie i maggiori consensi concerne due bacini artificiali da realizzare a mezzo dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi (vedi planimetria generale fig. 1) e ritenuti atti a contenere i citati volumi d’acqua per utilizzarli nei momenti di maggior bisogno. Tali interventi, attuati con successo in altre località afflitte da carenza idrica, non sono, ad avviso di chi scrive, proponibili in quanto nel caso specifico dell’Isola d’Elba presentano i seguenti gravi inconvenienti:
· difficoltà di reperire ed espropriare aree adatte a ricavare grandi bacini superficiali;
· gravi danni all’ambiente causati dai laghi che d’estate devono essere svuotati onde utilizzarne l’invaso;
· pericolo di franamento delle sponde soggette a ripetuti invasi e svasi;
· rapido interramento del bacino e conseguente sua diminuzione della capacità utile;
· grandi perdite d’acqua causate dall’evaporazione;
· peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’acqua immagazzinata nei laghi superficiali;
· possibilità di atti vandalici
· trattandosi di bacini all’aperto soggetti a notevoli perdite per evaporazione non è consigliabile immettervi, come sarà proposto invece nel serbatoio/galleria, acqua potabile avente costi di produzione relativamente elevati.
Una seconda soluzione per raccogliere le acque di pioggia, ma che non ha avuto seguito, è quella descritta nel lavoro : “Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba” redatto da prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa”. Essa prevede, come sarà meglio spiegato più avanti, di costruire un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo (vedi fig.1).
Gli altri interventi, già in via di parziale esecuzione o comunque di attuazione già decisa dagli enti preposti al servizio idrico dell’Elba, e cioè la costruzione di nuovi pozzi e l’installazione di impianti per la desalinizzazione di acque salmastre o di quelle marine mal si conciliano con le necessità dell’Isola in quanto non sono in grado di fornire portate rilevanti durante il breve periodo estivo. Sono invece atti, gli impianti di desalinizzazione, a fornire portate modeste ma costanti per tutto l’anno ed i pozzi a produrre acqua in tutti i periodi ma con esclusione di quelli estivi durante i quali la falda sotterranea riduce sensibilmente la sua producibilità. In periodi particolarmente siccitosi le falde idriche sotterranee dell’Isola d’Elba ed anche quelle della Val di Cornia accusano infatti degli abbassamenti di livello così marcati da provocare notevoli immissioni di acqua marina o salmastra che le rendono assolutanmente inutilizzabili ai fini potabili.
Una ulteriore proposta riguarda l’utilizzazione, sia ad uso potabile sia quale acqua grezza per usi vari come l’irrigazione e gli usi complementari di quelli potabili, delle acque restituite dalle fognature pubbliche sottoposte ad adeguato trattamento. Anche questa soluzione, spesso adottata in ottemperanza con le indicazioni delle leggi vigenti in materia di disciplina delle acque e quando si è in presenza di scarichi di grandi città aventi notevoli portate d’acqua reflua, mal si presta nel caso dell’Isola d’Elba a causa dell’eccessivo spezzettamento del servizio fognario che comporterebbe una miriade di piccoli impianti di trattamento di difficoltosa e onerosissima gestione cui deve aggiungersi, nel caso dell’acqua grezza, la necessità di costruire e gestire una doppia rete di distribuzione.
Il quadro del tutto negativo della reale situazione elbana è completo quando si consideri l’impossibilità di incrementare la fornitura d’acqua proveniente dalla terraferma e cioè dalla Val di Cornia essendo invece da prevedervi carenze idriche ancora più gravi di quelle attuali per motivi svariati tra cui:
· insufficiente producibilità delle fonti rispetto al fabbisogno dell’utenza che da esse dipende;
· concomitanza delle crisi estive della Val di Cornia con quelle Elbane;
· pericolo di inquinamento delle falde della Val di Cornia da boro;
· impossibilità di aumentare l’adducibilità dell’esistente condotta sottomarina di collegamento con la terraferma.
Per documentare lo stato di crisi della Val di Cornia basterà riportare integralmente la seguente frase riepilogativa delle indagini svoltevi dal CIGRI Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche: ” L’insieme delle conoscenze acquisite disegna un quadro di gravissima emergenza”.

D) DESCRIZIONE DELLE OPERE CHE FORMANO L’OGGETTO DEL PRESENTE LAVORO

II manufatto in progetto consiste in un grande serbatoio per acqua potabile da realizzare mediante escavo di una galleria di notevole sviluppo e di adeguata sezione nel materiale roccioso sottostante i monti Capanne e Perone dove sono più frequenti le piogge. La galleria, posta orizzontalmente alla quota di 150 metri sul mare, con il suo andamento planimetrico che circonda tutta la parte ovest dell’isola, consente di drenare e ricevere gran parte delle acque di pioggia che cadono in essa.

Fig. 4 = Planimetria della parte ovest dell^sola d’Elba

Le sue caratteristiche salienti possono essere così riassunte:
1 – si tratta di un’opera totalmente invisibile e che, pertanto, non arreca nessun danno al paesaggio dell’isola;
2 – il suo grande volume d’invaso consente di accumulare gran parte delle acque di pioggia relative al bacino imbrifero sotteso costituendo una riserva in grado di effettuare la compensazione trimestrale delle portate per usi potabili e per usi vari di oltre 250.000 abitanti equivalenti;
3 – il suo andamento plano-altimetrico consente, come sarà avanti descritto, una facile raccolta delle acque delle sorgenti, dei fossi distribuiti in tutta la zona e delle falde sotterranee, ivi esistenti e che attualmente si scaricano direttamente in mare senza che la loro presenza sia nota.
4 – La quota altimetrica del serbatoio/galleria consente di alimentare gran parte dell’utenza direttamente a gravità riservando il sollevamento tramite pompe alle sole aree abitate poste a quote elevate;
5 – Trattandosi di manufatto sotterraneo l’acqua accumulata può rimanervi per lunghi periodi al riparo da perdite per evaporazione e da agenti esterni vari come l’irraggiamento solare e la possibile immissione di inquinanti e conservare pertanto intatte le sue naturali doti di freschezza ed potabilità;
6 – Essendo formata da numerosi tronchi ognuno dei quali può funzionare indipendentemente dall’altro, sarà possibile effettuare alternativamente i lavori di manutenzione e pulizia senza interrompere l’alimentazione dell’utenza.
7 – Sarà sempre possibile immettere nel serbatoio/galleria eventuali volumi d’acqua provenienti da fonti diverse da quelle descritte come ad esempio quelli addotti dalla Val di Cornia o raccolti da sorgenti poste al di fuori del bacino imbrifero sotteso dalle opere in progetto oppure emunte tramite pompe sommerse da pozzi terebrati nelle falde profonde e che risultino in eccedenza rispetto al fabbisogno momentaneo.
8 – Le opere potranno essere costruite per stralci funzionali in modo da diluire la spesa nel tempo. ( Vedi articolo sulle prome opere da eseguire )
9 – Il serbatoio, essendo assolutamente inaccessibile, è salvaguardato da possibili atti di vandalismo.
10 – L’ubicazione del grande serbatoio nella parte occidentale dell’Isola cioè nel punto diametralmente opposto rispetto a quello di arrivo della condotta di adduzione dell’acqua dalla Val di Cornia, gli conferisce una ottima funzionalità idraulica di compensazione delle portate sia nell’attuale ed autonomo assetto acquedottistico sia in quello futuro integrato nel competente ATO (vedi art. P).
11-L’accumulo di grandi quantitativi d’acqua piovana contribuisce a lenire i danni provocati in caso di eventi piovosi particolarmente intensi.

 

E) CARATTERISTICHE GENERALI DEI MANUFATTI IN PROGETTO

Il serbatoio/galleria consiste principalmente un manufatto a sezione circolare del diametro interno di 10 m. e ad andamento planimetrico ad anello che circonda, a notevole profondità sotto il suolo, il territorio ovest dell’isola e le sue alture tra le quali spiccano il Monte Capanna e Perone aventi rispettivamente una quota alla vetta pari a 1018 e 630 metri sopra il livello del mare ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ). Lungo il perimetro esterno ed in corrispondenza dei principali avallamenti del suolo, sono previsti dei vertici planimetrici nei quali l’opera affiora in superficie rendendo estremamente agevole, tramite modeste opere di presa superficiali, la raccolta ed immissione dei fossi o dei rii previa eventuale decantazione, filtrazione e disinfezione da eseguirsi presumibilmente in galleria, nonché l’immissione diretta delle acque in esubero di qualunque altra provenienza come pozzi o acquedotti locali o quella proveniente dalla Val di Cornia. Altra caratteristica estremamente favorevole è data dalla possibilità di captare lungo il tracciato della galleria le acque di falda presenti nel sottosuolo e che attualmente si scaricano a mare senza nessuna loro segnalazione esterna.

L’andamento planimetrico della galleria che attraversa perpendicolarmente tutti i compluvi e le vallette esistenti nel territorio ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ), garantisce che tutte le vene idriche che si sottopasseranno durante il suo scavo finiranno, grazie alla presenza di faglie o fratture del terreno roccioso, per essere richiamate all’interno come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere. Sarà quindi estremamente agevole creare nei punti di intersezione con la falda le opere per la raccolta e regolazione dell’acqua ferma restando la possibilità della loro intercettazione e deviazione, in caso di bisogno, nella tubazione di drenaggio esterna (vedi fig. 8 =particolari delle immissioni in galleria dell’acqua di falda). Ogni immissione dovrà infatti essere tenuta sotto controllo quantitativo e qualitativo tramite apposite apparecchiature automatiche di misura e trasmissione continuativa dei dati. La presenza di faglie e fratture nel materasso roccioso attraversato dal serbatoio/galleria e che possono assicurare l’immissione, diretta o tramite le opere specifiche di cui al seguente art. G, delle acque di falda in galleria, è documentata nella pubblicazione del Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze “LE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” di Bencini, Pranzini, Giardi e Tacconi =Tacchi Editore – Pisa- contenente le indicazioni tratte da analisi stereoscopica delle foto aeree del territorio isolano

Il serbatoio/galleria ricavato per tutto il suo sviluppo nello strato roccioso, sarà interamente rivestito in calcestruzzo armato al fine di garantirne la tenuta idraulica ed altresì creare una efficace protezione da ogni infiltrazione indesiderata (vedi fig. 7 = sezione tipo).. Nella parte inferiore mediana troverà posto una canaletta interna atta a raccogliere ed evacuare le sabbie di deposito durante i periodici lavori di pulizia e da eseguirsi mediante getto d’acqua fornita dalla tubazione predisposta lungo la volta. Lungo la volta sarà installata la linea elettrica di illuminazione e di alimentazione di eventuali attrezzi necessari per i lavori di manutenzione, i cavi per il comando e controllo delle apparecchiature e per la trasmissione dei dati, la tubazione per il rifornimento dell’acqua in pressione e quella per l’aria compressa, dove ritenuta necessarie. Nella parte inferiore e all’esterno del rivestimento in calcestruzzo troverà posto una tubazione di drenaggio indispensabile per l’evacuazione delle acque di infiltrazione durante i lavori di costruzione e che, in corso di esercizio, servirà alla eliminazione di eventuali acque esterne alla galleria che non avessero i requisiti di accettabilità, e sia di quelle acque che fossero comunque da evacuare sia stabilmente che temporaneamente. La galleria avrà andamento altimetrico orizzontale con platea a leggera pendenza verso i punti di imbocco.
Le considerazioni che hanno portato alla decisione di fissare, in prima approssimazione e salvo migliori determinazione da farsi in sede di progettazione esecutiva, la quota altimetrica del serbatoio a circa 150 metri sul mare sono le seguenti:
1) – la quota deve essere il più bassa possibile al fine di allargare al massimo la superficie del bacino imbrifero sotteso e aumentare quindi le possibilità di raccolta d’acqua piovana;
2) – la quota di imposta del serbatoio deve, al tempo stesso, essere sufficientemente elevata per dare la possibilità di distribuire l’acqua del suo invaso direttamente a gravità alla maggior parte dell’utenza da alimentare.
3) – la scelta altimetrica definitiva deve consentire di immettere l’acqua direttamente nell’esistente rete di adduzione che collega tra di loro tutti gli acquedotti dell’Isola e quindi di alimentare l’intera isola fin dalla prima fase di esercizio utilizzando solo opere esistenti. E’ da rilevare come alla data attuale l’acqua proveniente dalla Val di Cornia una volta giunta all’Elba dopo il percorso sottomarino, percorre l’intera isola da Est verso Ovest tramite opere comprendenti condotte, serbatoi e impianti di sollevamento funzionanti tutti in serie ed aventi il loro punto finale di arrivo in un serbatoio posto in prossimità ed alla stessa quota dei quello sotterraneo in progetto. Fatte salve le necessarie verifiche sulla scorta dei dati reali, è prevedibile che, una volta costruito il nuovo serbatoio sotterraneo ed in attesa della realizzazione della nuova potenziata rete di adduzione e di distribuzione, si possano utilizzare gli stessi impianti a ritroso e cioè da ovest verso est e quindi alimentare da subito tutti gli acquedotti locali.

Considerato che una corretta concezione della rete di distribuzione dell’acquedotto in una zona altimetricamente varia come quella dell’isola richiede comunque delle reti distinte per fasce altimetriche omogenee aventi ciascuna un’altezza massima di circa m. 80 al fine di assicurare corrette pressioni di funzionamento, considerato altresì che la prima fascia, quella che dal livello del mare a circa 100 metri sul mare è la più importante in quanto comprende la maggior parte del territorio abitato da servire, si è pensato di privilegiare la sua alimentazione in diretta e a gravità tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio/galleria, prevedendo che solo gli altri centri abitati posti a quota più elevata siano serviti mediante risollevamento meccanico dell’acqua.
In definitiva, con serbatoio a quota 150 m.s.m. e definita in 50 m. la perdita di carico per il trasporto dell’acqua da serbatoio alle singole reti dei centri posti nella fascia inferiore tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio stesso, rimangono disponibili 100 metri di carico idraulico necessario e sufficiente per il funzionamento a gravità delle reti di distribuzione medesime. In altre parole con la soluzione prospettata è possibile effettuare raccolta, accumulo e trasporto dell’acqua fino al domicilio della stragrande maggioranza degli utenti dell’isola d’Elba senza necessità alcuna di pompaggio ma interamente a gravità
3) – il carico definito come sopra rende possibile anche l’adduzione, sempre a gravità, dei volumi d’acqua diretti ai centri delle fasce superiori ma con la pregiudiziale della loro consegna in una vasca di raccolta posta ad una quota altimetrica pari a circa 100 msm. e nella quale dovranno pescare le pompe di risollevamento di cui ognuno di tali centri dovrà essere dotato per la distribuzione dell’acqua al domicilio dei propri utenti: si raggiunge il duplice scopo di dotare questi ultimi di quella pressione di esercizio che meglio si adatta alla loro posizione altimetrica estremamente variegata e di contenere la spesa energetica di risollevamento dell’acqua, considerato che si tratta in genere di centri di piccola entità aventi esigui fabbisogni idropotabili.
4) – le singole reti locali che attualmente usufruiscono di fonti proprie, possono, nei periodi di scarso consumo dei loro utenti (ad esempio durante le notti delle stagioni invernali), immettere nel serbatoio/galleria la portata in eccedenza rispetto al fabbisogno, tramite funzionamento a ritroso delle descritte condotte che, in questo caso, vi confluiscono a raggiera. In prima fase l’immissione in oggetto potrà aver luogo, per quanto detto, usufruendo della esistente rete acquedottistica di adduzione.
In sede di progettazione esecutiva la quota definitiva del serbatoio/galleria sarà, come tutte le altre caratteristiche costruttive, ridefinita sulla base di approfonditi studi. La quota potrà quindi subire modifiche, anche sostanziali, tenute presenti le conseguenze, sia negative che positive, che ne deriveranno in termini di maggiore o minore estensione del bacino imbrifero sotteso, di estesa della galleria, di qualità dei materiali incontrati, di pressione di funzionamento della rete di distribuzione, di necessità di pompaggio dell’acqua, ecc. ecc.
L’aspetto negativo dell’insieme di opere che il presente lavoro prevede, è rappresentato dalla necessità di smaltire lo smarino di galleria e cioè un quantitativo di oltre due milioni di metri cubi di roccia proveniente dallo scavo. Uno studio approfondito delle modalità esecutive delle opere potrebbe però risolvere brillantemente anche tale problema. Il territorio attraversato, fatti salvi i migliori accertamenti da effettuare in sede di redazione del progetto esecutivo, è infatti composto per la maggior parte da ottimo materiale lapideo che, oltre a fornire le necessarie garanzie circa la fattibilità tecnica della galleria e la stabilità dei terreni durante e dopo la esecuzione dei lavori, potrebbe anche costituire una importante fonte di materiale inerte per calcestruzzi e in genere da costruzione o per rilevati stradali, per la sistemazione di piazzali e campeggi ecc. ecc, sabbie per il ripascimento di arenili erosi dalle mareggiate, se non addirittura di meravigliosi graniti da lavorazione del tutto analoghi a quelli prodotti nelle cave di S. Piero. Il tutto come sarà meglio spiegato più avanti.
E’ inutile sottolineare come la progettazione esecutiva dell’opera debba essere, in ogni caso, preceduta da studi, indagini, rilievi, sondaggi, accertamenti ecc. ecc. atti a verificare le condizioni di fattibilità delle opere, il loro rapporto costi/benefici, le disponibilità idriche effettive del territorio, ed a definire le soluzioni tecnico/economiche ottimali di tracciato, di dimensionamento ed in genere di costituzione dei vari manufatti. Da notare come il tracciato definitivo sotterraneo del serbatoio/galleria sia molto elastico non essendo legato a particolari vincoli planimetrici fatta eccezione soltanto a quello di presentare delle finestre di accesso dall’esterno disposte (se necessario anche in derivazione dall’asse della galleria principale) in modo da facilitare lo scavo della galleria e di consentire l’immissione al suo interno delle acque raccolte in superficie. Il tracciato può pertanto svolgersi seguendo quei percorsi che dagli studi preventivi risulteranno i più idonei per la funzionalità idraulica delle opere e per la natura del sottosuolo e la presenza di faglie o fratture della roccia.

F) ELEMENTI ESSENZIALI DI DIMENSIONAMENTO DEI MANUFATTI

I principali dati sono i seguenti:
– bacino imbrifero sotteso : circa mq 40.000.000
– altezza minima di pioggia annua prevedibile: mm 500
– volume minimo d’acqua di pioggia annua totale: mc 20.000.000 suddiviso come segue:
volume pioggia disperso per evaporazione e traspirazione 58%: mc 11.600.000
volume deflussi superficiali 29%: mc 5.800.000
volume deflussi sotterranei 13%: mc 2.600.000
Totale: mc 20.000.000
– volume annuo raccolto dalla galleria mc 5.800.000 + 2.600.000 = mc 8.400.000
– volume trimestrale medio mc 8.400.000 / 4 = mc 2.100.000
– popolazione equivalente da alimentare: abitanti 250.000 nei periodi di maggior afflusso turistico e abitanti 50.000 nelle stagioni morte
– fabbisogno giornaliero nei giorni di punta: n. 250.000 x 0.300=mc 75.000 negli altri giorni : 50.000 x 0,300 = mc 15.000
– volume necessario per la compensazione trimestrale: gg 90 x mc 75.000 x 0.22 = mc 1.500.000
– volume utile di invaso del serbatoio/galleria: ml 25 600 x mq 76.20 = mc 1.950.000 corrispondente circa all’apporto medio trimestrale di pioggia (mc 2.100.000)

 

G) L’INCREMENTO DELLA PORTATA D’ACQUA POTABILE DA ACCUMULARE IN SERBATOIO

Poiché il serbatoio/galleria, al contrario di altre soluzioni come quelle degli invasi da ricavare mediante dighe di ritenuta o diaframmi sotterranei, è destinato a contenere acqua potabile cioè pronta per essere consegnata, senza alcun trattamento, all’utenza, devono essere poste in atto tutte le possibili attività volte alla captazione di tale prezioso elemento. Tra di esse assume una grande importanza l’immissione diretta in galleria delle falde soprastanti che avrà luogo man mano che procederà lo scavo senza che sia necessario alcun intervento particolare. Potranno però verificarsi dei casi in cui l’immissione in serbatoio di importanti quantitativi di acqua naturalmente potabile contenuta in sacche permeabili o semipermeabili di terreno soprastanti la galleria non abbia luogo per motivi vari come, ad esempio, la mancata fratturazione della roccia di estradosso della galleria che la rende assolutamente impermeabile, la particolare ubicazione planimetrica della sacca, la presenza, nella sacca medesima, di vie di fuga dell’acqua verso valle ecc. ecc. In tali casi sarà possibile favorire la raccolta di detti volumi d’acqua tramite perforazioni della roccia atte a realizzare il mancato collegamento idraulico o tramite diaframmi di impermeabilizzazione del bordo di valle della sacca atti ad eliminare le fughe descritte.  Qualora sussistessero valide motivazioni per non alterare la falda soprastante la galleria, i moderni mezzi di scavo permettono di manutenere  sul fronte di scavo una pressione artificiale in modo da lasciare indisturbate le falde per tutta la durata dei lavoro.

In tutti i casi esaminati si tratta sempre  di opere completamente sotterranee prive di impatto ambientale.

 

H) LA CAPTAZIONE ED IMMISSIONE IN SERBATOIO DELL’ACQUA DEI FOSSI

L’apporto principale di acqua potabile da immettere nel serbatoio/galleria è senz’altro quello fornito, durante i periodi di pioggia intensa, dai fossi e quindi deve essere posta una cura particolare nella realizzazione delle opere atte allo scopo. Esse comprendono una presa da costruire nel fosso e costituita da una briglia e da un pozzetto di raccolta dal quale si diparte una condotta di diametro adeguato all’adduzione dell’acqua alla finestra di accesso alla galleria. La finestra, cioè quel tratto di galleria del diametro di 10 m.e di lunghezza variabile, che collega l’imbocco esterno con la galleria/serbatoio vero e proprio, (vedi figg. 5 e 6 ) può alloggiare, se ritenuto in fase di progettazione esecutiva necessario, tre strutture idrauliche poste una di seguito all’altra a partire dall’interno verso l’esterno:
– la vasca di decantazione dei materiali in sospensione nell’acqua costituita da un primo tronco di galleria della lunghezza massima di circa 100 m;
– la sala filtri che occupa il secondo tronco della lunghezza di circa 20 m;
– la sala pompe posta vicino all’imbocco esterno.
L’acqua del fosso, captata ed immessa nel decantatore come indicato, vi rimarrà per il tempo necessario perché il materiale in sospensione vi sia depositato; attraverso appositi manufatti di sfioro passerà poi nei filtri e quindi nelle sala pompe dove sarà provveduto all’immissione del cloro di disinfezione e quindi al sollevamento per la definitiva adduzione, con percorso a ritroso, nel serbatoio/galleria, dove, come più volte indicato, dovranno essere immesse solo acque potabili.
La canaletta, ricavata nella parte inferiore della finestra, consentirà il periodico asporto del materiale di deposito nonché il lavaggio della vasca di decantazione e dei filtri da eseguirsi come di consueto in installazioni del genere.
Da rilevare come tutte le opere descritte, con la sola eccezione della briglia di presa, siano sotterranee e quindi presentino tutte gli stessi requisiti del serbatoio principale nei confronti dell’impatto ambientale.
In alternativa a quanto precede la briglia di presa e le opere per la decantazione, filtrazione e disinfezione potranno, se particolari condizioni lo richiederanno, essere realizzate indipendentemente dalla galleria sia all’aperto sia in caverna. Potranno, ad esempio, essere ubicate ad una quota altimetrica superiore di quella del serbatoio/galleria con il vantaggio di evitare il sollevamento delle acque, oppure ad una quota inferiore allo scopo di poter aumentare, a fronte dell’onere di dover pompare l’acqua captata, la superficie del bacino imbrifero sotteso.
Le decisioni in merito alla raccolta delle acque dovrà in ogni caso essere preceduta da approfondite indagini sulla piovosità reale, sulle modalità di scolo naturale delle acque fosso per fosso e sulle modalità da seguire per una efficace loro raccolta. Da tali indagini potrà anche derivare la necessità di predisporre dei bacini di accumulo rapido delle acque grezze ben più capaci di quelli ricavabili, come indicato sopra, nelle finestre di accesso della galleria il che comporta una sostanziale modifica delle opere come sarà meglio descritto nei capitoli seguenti.

 

I) I SERBATOI SUPPLEMENTARI PER ACQUA GREZZA

Come già indicato le acque di pioggia che si raccolgono nei compluvi vengono, tramite una briglia posta di traverso alla valletta, deviate e quindi addotte alle vasche di decantazione ricavate all’interno delle finestre di accesso alla galleria/serbatoio vera e propria.
E’ evidente che i volumi d’acqua che si raccolgono sia pur per tempi brevi ma con notevole intensità nei fossi principali che sottendono vasti bacini imbriferi, richiedono invasi altrettanto notevoli che, come tali, potrebbero non essere però compatibili con le citate finestre di accesso. D’altro canto lo smaltimento dei depositi necessario per la pulizia dei decantatori impone di non eccedere nella loro lunghezza, fissata in circa 100 metri massimi.
Da tali considerazioni potrebbero, in sede di progettazione esecutiva, derivare modifiche sostanziali delle vasche di raccolta che da semplici strutture di decantazione delle acque, come previsto, potrebbero invece assumere la caratteristica di veri e propri serbatoi supplementari per acqua grezza. Nel caso, abbandonata l’idea di utilizzare la finestra, dovrà essere prevista la costruzione, a lato di ognuno dei fossi principali, di un serbatoio sotterraneo di grandi dimensioni e posto a quota sufficientemente elevata rispetto alla galleria per consentire lo svolgimento a gravità di tutto il processo depurativo e di adduzione dell’acqua: Essendo ogni serbatoio dal punto di vista idraulico totalmente a sé stante, potrà avere quelle dimensioni, forma, ubicazione che meglio si adatteranno alle circostanze locali sia dal punto di vista idraulico che da quello costruttivo.
Eccezionalmente, quando le condizioni idriche dei luoghi lo richiederanno, il serbatoio in argomento potrà essere costruito anche a quote notevolmente inferiori di quelle della galleria/serbatoio fatta salva, in tal caso, la necessità di prevedere il necessario sollevamento delle acque dopo depurazione.
Ogni serbatoio, con la sua notevole capacità ed essendo normalmente vuoto, resta pronto ad accogliere le acque intense che percorrono il fosso di sua competenza e che vi sono immesse nello stato in cui si trovano cioè torbide avendo subito soltanto la eliminazione delle ghiaie avvenuta ad opera del piccolo invaso posto a monte dell’opera di presa. Viene così attuata non solo la raccolta, in grandi quantitativi, della preziosa acqua piovana ma anche la laminazione delle piene e quindi migliorata la salvaguardia dei territori di valle dai danni che le alluvioni vi provocano spesso. Terminato l’evento piovoso ed avendo accumulato grandi volumi d’acqua, il serbatoio avrà, nelle giornate successive, tutto il tempo per dar corso al processo di decantazione, filtrazione e disinfezione per poter, una volta svuotato per averla scaricata nella sottostante galleria/serbatoio, essere pronto ad accogliere nuova acqua di pioggia.
I serbatoi per acqua grezza di cui si discute costituiranno, nel loro insieme, un notevole volume di invaso che rientra nel bilancio totale dei volumi utili per la compensazione trimestrale delle portate Si deve infatti tener presente che, di regola, essi sono destinati a restar vuoti in attesa della pioggia ma una volta raggiunto il massimo livello con l’acqua immessa nella galleria/serbatoio d’acqua pura, essi possono invece rimanere pieni e costituire quindi un importante volume integrativo da utilizzare anche a notevole distanza di tempo. In sede di definizione progettuale delle opere si potrà, grazie al contributo dato dai serbatoi d’acqua grezza in parola, assegnare alla galleria/serbatoio un volume utile più contenuto di quanto descritto ai capitoli precedenti al limite eccedendo nel volume integrativo dei serbatoi d’acqua grezza. I vantaggi ritraibili in tal caso saranno, come meglio spiegato nel capitolo seguente, notevoli.

L) VARIANTE DELLE OPERE PRINCIPALI CONSEGUENTE ALLA REALIZZAZIONE DEI SERBATOI D’ACQUA GREZZA

Una delle varianti alle opere principali dovuta alla presenza dei serbatoi d’acqua grezza descritti al capitolo precedente è quella basata sulla suddivisione del volume totale di invaso, in via approssimativa stimato in 2.000.000 di metri cubi utili, in due porzioni uguali, delle quali la prima, destinata a contenere acqua pura, è costituita dalla galleria/serbatoio il cui diametro può essere ridotto dai previsti 10 m. a soli 7 m. sufficienti per ottenere, con l’estesa totale prevista in 25 Km circa, il predetto volume utile di mc 1.000.000. La seconda porzione, stimata anch’essa in 1.000.000 di mc sarà realizzata a mezzo dei serbatoi d’acqua grezza che in via preliminare, potranno, ad esempio, essere in numero di 10 unità ognuna delle quali comprendente un vano ricavato nel sottosuolo roccioso con pianta circolare o quadrata della superficie di circa m 35 x 35 ed altezza di circa m 11 e munito di propria finestra per accedervi dall’esterno. L’ ubicazione plano altimetrica sarà definita, serbatoio per serbatoio, in modo che sia facilitato lo svolgimento delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere e cioè la raccolta delle acque di uno o di più fossi ubicati nelle vicinanze, la decantazione ed immissione dell’acqua filtrata e disinfettata nella galleria/serbatoio direttamente a gravità evitando quindi il suo sollevamento meccanico, ed infine l’estrazione del prezioso granito di cui è costituito il sottosuolo attraversato e che richiede lavorazioni del tutto particolari .
Ogni serbatoio, dotato ovviamente di tutte le strutture edilizie necessarie per la stabilità delle pareti e della volta di copertura,. avrà, analogamente a quanto precedentemente indicato per la galleria/serbatoio d’acqua pura, il paramento interno interamente rivestito in calcestruzzo armato allo scopo di garantirne la tenuta idraulica. Come già detto, potranno eccezionalmente essere previsti serbatoi analoghi a quelli in argomento ma posti lontano dalla galleria/serbatoio onde soddisfare a particolari esigenze . Dovranno, in tal caso, essere adottate delle modalità altrettanto particolari come il pompaggio meccanico dell’acqua captata e/o la costruzione di adeguate condotte di adduzione per consentire comunque il recapito finale dell’acqua depurata nella galleria/serbatoio. Nulla vieta che, nei fossi minori, la raccolta e decantazione dell’acqua sia attuata utilizzando la finestra di accesso come previsto nei precedenti capitoli ed evitando quindi la costruzione del serbatoio supplementare. Anche il volume dei piccoli decantatori così previsti rientra nel bilancio totale dei volumi di invaso utili ma il loro ammontare è così modesto da non meritare, in questa sede, alcuna menzione.

 

M) VARIANTE CON DUE SEMIBACINI PER ACQUA POTABILE E GREZZA E CON EVENTUALE PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Una interessante variante costruttiva e di esercizio in alternativa alla precedente di cui ai cap. I-L che aveva per oggetto i serbatoi supplementari per acqua grezza, é quella basata sulla suddivisione della galleria/serbatoio in due grandi semibacini a sezione semicircolare oppure a due circonferenze affiancate e separate da un setto interno verticale che la percorre in mezzeria per tutti i suoi 25 km di estesa. Se ne verrà dimostrata la convenienza, potranno essere previste anche due gallerie separate ed uguali tra di loro, ciascuna del diametro di 3.60 m e necessarie per avere un volume utile complessivo pari ai 2.000.000 mc richiesti. La soluzione a gallerie separate, a fronte di un indubbio maggior onere economico di costruzione, presenta il vantaggio di consentire l’impiego di macchine di scavo e rivestimento di dimensioni più contenute e, qualora se ne presentasse la necessità, di seguire due tracciati diversi e quindi raggiungere con le gallerie punti di particolare interesse.
Nel primo sottobacino, destinato all’accumulo dell’acqua grezza raccolta dai fossi, verranno ricavati, tramite alcuni setti trasversali, dei brevi tronchi posti in prossimità degli imbocchi esterni e destinati ad accogliere l’acqua non appena captata e a conservarla per il tempo necessario alla decantazione del materiale in sospensione. Da quì essa sfiorerà nella restante parte dello stesso semibacino, per restarvi poi a lungo prontamente disponibile per le diverse e possibili destinazioni.

Potrà essere, in dettaglio, derivata ed addotta all’utenza direttamente a gravità, nello stato in cui si trova e tramite una appropriata rete d’acqua grezza che raggiunga almeno i centri più vicini della zona ovest dell’Isola, per gli usi di irrigazione di orti o giardini o per quelli complementari come lavaggi, raffreddamenti, pulizia strade e fognature ecc. ecc. In alternativa il liquido accumulato potrà invece essere immesso, assieme alle altre acque potabili e quindi dopo aver subito il necessario processo di filtrazione e disinfezione, nel secondo semibacino dove costituirà la indispensabile riserva d’acqua potabile in grado di essere distribuita, sempre con funzionamento a gravità, fino al domicilio dell’utenza di tutta l’Isola d’Elba.
Questi gli usi principali cui sarà normalmente destinata l’acqua raccolta dai fossi. Esiste una ulteriore possibilità destinata a svolgere un ruolo importante nell’economia di gestione del servizio idrico e cioé quella della produzione di energia elettrica tanto più preziosa in quanto, grazie al grande volume di invaso, non é in alcun modo vincolata ad orario. Il serbatoio/galleria, dimensionato per il periodo critico estivo e, con ulteriore cautela, sulla base della piovosità minima, nelle restanti stagioni e in tutti i casi di piovosità normale o medio-alta, risulterà nettamente esuberante e quindi, con la sola esclusione del periodo estivo, all’Elba si renderanno disponibili ingenti quantitativi di acqua che, con un salto di 150 m., potranno essere convenientemente utilizzati per la produzione di energia-elettrica.
Da rilevare come alcuni fossi, ubicati all’interno del bacino imbrifero del serbatoio-galleria, nel periodo invernale mantengano per mesi e mesi una portata continua che, opportunamente captata ed immessa nel semibacino d’acqua grezza, costituisce da sola una importante risorsa idrica interamente sfruttabile per la citata produzione di energia elettrica.
La presente variante riguarda, in definitiva, la creazione di due sottobacini con le seguenti diversificate modalità di utilizzazione:
a) Primo sottobacino : accumulo di acqua grezza da sottoporre alla sola decantazione dei materiali in sospensione per un volume idrico totale pari a circa un milione di mc che potrà, a seconda delle necessità contingenti, essere in tutto o in parte distribuita nello stato in cui si trova, e, in alternativa, essere trattata e quindi trasferita nell’altro semibacino per entrare a far parte del volume d’acqua potabile pronto ad entrare nelle varie reti di distribuzione, oppure, terza ed ultima possibilità, essere usato per la produzione di energia elettrica.
b) Secondo semibacino. Accumulo di acqua potabile di diversa provenienza come acque naturalmente potabili delle falde attraversate con la galleria, acque provenienti da pozzi, sorgenti o acquedotti esistenti ed infine acqua derivata dal sottobacino n. 1) e preventivamente potabilizzata. L’intero volume idrico, pari anche in questo caso a circa un milione di mc e, soprattutto nel periodo estivo, integrato come detto dall’acqua grezza potabilizzata per un volume pari, al limite massimo di un altro milione di mc, rimane in quota esclusivamente ad uso potabile dell’intera Isola. Da rilevare come la favorevole circostanza di poter produrre energia elettrica sia dovuta a due fattori concomitanti all’ Elba e ciooè da un lato alla ristretta concentrazione nel periodo estivo dei forti consumi idrici che lascia disponibili per tutto il resto dell’anno ingenti volumi dell’acqua accumulata nel grande serbatoio/galleria e quella continua fluente nei fossi e, dall’altro lato, alla notevole estesa longitudinale della galleria che le permette di sottendere un bacino molto ampio della zona ovest dell’Isola e quindi di poter usufruire di buona parte delle precipitazioni piovose che in tale zona sono particolarmente abbondanti.
Si tratta di un vantaggio in più offerto dal grande serbatoio/galleria che, in sede di progettazione esecutiva varrà la pena di sottoporre ad un’attenta analisi.

N) FATTIBILITA’ DELLE OPERE IN PROGETTO

L’esame di alcuni elementi relativi ai problemi idrici dell’Elba e totalmente estranei al presente elaborato può chiarire alcuni aspetti delle proposte tecniche avanzate.
Ad esempio nel già citato studio effettuato nell’anno 1998 dal dott. Prof. Pier Gino Megale del Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione “P. Celeste” Università degli studi di Pisa intitolato “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA “, trovano sommaria corrispondenza gran parte delle grandezze esposte nel presente lavoro (fabbisogno idropotabile, previsione delle piogge, volume da assegnare al serbatoio di compenso ecc.) e vengono formulati i seguenti concetti di base:
a) Gran parte degli inconvenienti dell’attuale sistema di rifornimento idropotabile dell’Elba sono dovuti agli sfasamenti temporali che si verificano tra punte di consumo e portate disponibili;
b) I volumi d’acqua di pioggia che annualmente precipitano in isola ,se razionalmente utilizzati, sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno idropotabile ed irriguo dell’isola;
c) Le risorse locali dell’Isola d’Elba vengono utilizzate come integrative delle forniture del continente, facendo l’opposto di quello che sarebbe logico immaginare
d) Per risolvere il problema è necessario costruire un serbatoio in grado di accumulare almeno 2 milioni di mc d’acqua.
e) Vista l’impossibilità di creare un bacino in superficie è necessario che il nuovo serbatoio sia ricavato nel sottosuolo.
E’ superfluo rilevare come le affermazioni indicate siano le stesse poste a base delle proposte tecniche qui formulate e che quindi confermino la validità delle scelte operate. Da notare come la brillante soluzione proposta dal Megale e consistente nella costruzione di un serbatoio sotterraneo naturale tramite diaframmi di impermeabilizzazione continui lungo un tratto di costa atti a contenere i necessari volumi d’acqua, per ammissione dell’autore medesimo, presti il fianco a pericoli come la vulnerabilità della falda ed il mancato consolidamento del terreno mentre  tali pericoli non sussistano per il serbatoio qui proposto che, essendo totalmente rivestito in calcestruzzo, consente di tenere sotto controllo ogni immissione d’acqua, nel mentre non viene arrecato alcun danno al sottosuolo attraversato. Il serbatoio-galleria in progetto presenta anche il vantaggio di trovarsi ad una quota sufficiente per alimentare a gravità gran parte degli utenti dell’intera isola mentre quello naturale descritto si trova al di sotto del livello del mare e pertanto richiede il sollevamento di tutta l’acqua a mezzo pompe. Seri dubbi potrebbero essere inoltre avanzati circa le garanzie di impermeabilità di tale serbatoio naturale . Da non dimenticare la caratteristica fondamentale del serbatoio/galleria che è quella di essere destinato a contenere acqua potabile per la quale, al contrario dell’altra soluzione, non è necessario alcun trattamento prima di distribuirla agli utenti.
Anche nell’opera “Le risorse idriche dell’Isola d’Elba” di Bencini A.,Giardi M., Pranzini G. ed altri edita nel 1985 da Tacchi Editore – Pisa, trovano conferma i dati idrologici del presente lavoro.
Uno studio serio e completo sulle possibilità di reperire in Isola venne inoltre eseguito dall’esperto geologo elbano Alberto Segnini il quale dimostro’ come l’acqua esistente poteva essere del tutto sufficiente per l’intera isola.
Altri avvenimenti dai quali è possibili ritrarre utili indicazioni sono le recenti alluvioni che, oltre a confermare il verificarsi in isola di notevoli precipitazioni piovose, fanno considerare estremamente utile la costruzione di un grande bacino come quello in progetto che, con la sua notevole capacità di invaso, è in grado di laminare, almeno in parte, le piene delle valli limitando i danni provocati dalle acque che altrimenti scorrerebbero in superficie.
Utili deduzioni si possono infine trarre dalla constatazione che in tutti i lavori di scavo di gallerie simili a quella qui proposta si verifica il fenomeno, di norma fonte di grandi difficoltà per la prosecuzione dei lavori ma in questo caso provvidenziale in quanto facilita il reperimento delle indispensabili fonti di rifornimento idrico, della immissione nel cunicolo di scavo di tutte le acque esterne che si trovano nel territorio soprastante. Lo stesso fenomeno si è verificato all’Elba negli anni ’60 quando la Montecatini ha costruito alcune gallerie nella valle di Ortano per ricerca di minerali. In tale occasione i quantitativi d’acqua richiamati all’interno furono così rilevanti da costringere la Società ad abbandonare il lavoro.

O) ORDINE DA TENERSI NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

La notevole mole delle opere in progetto assieme alla necessità di affinarne la costituzione man mano che i lavori proseguono e sulla base dell’esperienza di esercizio delle porzioni di serbatoio costruito in precedenza, rendono assolutamente necessario che la costruzione sia effettuata per stralci successivi e tutti funzionali. In particolare sarebbe opportuno eseguire un primo lotto di opere con cui realizzare quanto prima un serbatoio di circa 100.000 mc di capacità utile che consentirebbe, prima di dar corso all’opera completa, di verificare alcuni risultati come ad esempio la reale entità delle immissioni d’acqua di falda, gli introiti effettivi provenienti dalla utilizzazione del materiale di risulta dello scavo e, soprattutto, i vantaggi derivanti al servizio idrico dalla presenza di una capacità di accumulo d’acqua potabile per ben 100.000 mc.
Ultimato il primo lotto ed acquisite tutte le necessarie informazioni dal suo esercizio protratto per un tempo sufficientemente lungo, si potrà procedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione dei restanti stralci fino a raggiungere quella capacità complessiva di accumulo che l’esperienza diretta potrà consigliare.
Da rilevare come la costruzione immediata di un tronco di galleria, e quindi di un serbatoio da 100.000 mc, svolgerebbe un ruolo determinante nell’alimentazione idrica elbana anche nel caso la soluzione prescelta dagli addetti non fosse quella propugnata nel presente lavoro e come , pertanto, la costruzione del primo lotto indicato, sia essenziale per il futuro dell’Isola d’Elba. Ad esempio nel caso si decidesse l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, la presenza di un serbatoio di ben 100.000 atto ad effettuare la compensazione settimanale dell’acqua prodotta, rappresenterebbe l’indispensabile completamento di tali impianti. Altro aspetto da non trascurare è quello inerente la spesa pari a ben 4.000.000 euro che annualmente viene sostenuta per trasportare all’Elba 50.000 mc di acqua potabile con navi cisterna. Ebbene se una volta soltanto venisse impiegata tale cifra per costruire la prima parte del serbatoio/galleria di cui sopra , e la cifra lo consentirebbe, si potrebbe disporre non di 50.000 mc ma del doppio cioè di 100.000 mc di acqua e non per un solo anno ma per tutti gli anni a venire.

P) PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA

La costruzione, in normali condizioni, di una galleria come quella in progetto completa di rivestimento in calcestruzzo armato e di opere accessorie può comportare una spesa di circa 8 miliardi di lire cioè 4.100.000 euro al chilometro. Essendo l’estesa totale prevista in 25 chilometri circa, l’importo complessivo delle opere può essere stimato in 103 milioni di euro. Si tratta di un impegno economico notevole che, a tutta prima, può apparire ingiustificato. Una analisi approfondita delle circostanze particolari dei luoghi può portare a conclusioni differenti. Innanzitutto occorre considerare l’importanza, anche economica, che riveste il problema di un corretto e sicuro rifornimento idropotabile dell’intera isola, rifornimento che nello stato di fatto và incontro a crisi sempre più gravi date dalle difficoltà crescenti che incontrano le fonti della Val di Cornia costituenti la base principale di alimentazione. In secondo luogo bisogna far rientrare nel bilancio economico gli introiti che possono derivare dalla utilizzazione del materiale di scavo della galleria quale ottimo materiale inerte da calcestruzzi, ghiaie e sabbie per riporti utili e per la eventuale ricostituzione della morfologia originaria della bellissima isola onde rimediare ai danni ambientali provocati dalla coltivazione delle cave di granito ed infine di sabbie per il ripascimento di spiagge erose da mareggiate oppure per l’ampliamento di quelle esistenti o la creazione di nuove piccole spiagge. Da tenere in particolare considerazione la produzione di blocchi di granito la cui estrazione, finora effettuata nelle cave all’aperto su concessioni che attualmente stanno per scadere e che sembra abbiano poche probabilità di rinnovo, potrebbe continuare, questa volta, senza arrecare alcun danno all’ambiente. Da rilevare come alla data attuale i locali cavatori siano costretti ad integrare l’insufficiente produzione di granito elbano con quello importato dalla lontana Cina. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare anche la realizzazione di importanti porzioni di serbatoio a costo zero da attuarsi assegnando alle cooperative di cavatori degli spazi sotterranei in cui esercitare in piena libertà la loro attività fatto salvo soltanto il vincolo della quota altimetrica di estrazione del granito che è rigorosamente dettata dai vincoli idraulici del serbatoio. Non si può far a meno di concludere il capitolo inerente gli impegni di spesa senza far rilevare questo aspetto non secondario: i cavatori di quell’ottimo materiale che è il granito elbano invece di procurare immensi squarci alle montagne di S. Piero come fatto nel passato stanno costruendo grandi ed utili vasche sotterranee!

Q) IL SERVIZIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE ACQUE DELL’ATO (Ambito Territoriale Omogeneo)

Abbiamo visto come la costruzione del grande serbatoio/galleria e delle opere di captazione annesse, consenta di rendere il servizio idrico elbano autonomo ed autosufficiente riscattandolo dall’asservimento alla terraferma che tanti problemi sta creando. Questo però non significa che l’Isola sarà in futuro emarginata, essa invece potrà, come tutto il resto del territorio Italiano, entrare a far parte del servizio idrico integrato che riguarda l’intero ciclo delle acque di una più vasta zona (ATO= ambito territoriale ottimale) definita con criteri di razionalità sulla base della legge 36/94 (legge Galli) senza che, per tale motivo, la funzionalità delle opere medesime sia compromessa. Al contrario si potrà, anche in tale occasione, constatare come siano molteplici i benefici che il futuro sistema ATO potrà ritrarne. Innanzitutto poter disporre di una importante fonte d’acqua integrativa ubicata in prossimità di un notevole e decentrato centro di consumo estivo qual è l’Isola d’Elba, significa liberare il grande sistema idrico del gravoso impegno di rifornirla da una terraferma posta ad oltre dieci chilometri di distanza. In secondo luogo la presenza di un serbatoio di estremità come quello qui proposto, quando e se saranno potenziati i collegamenti idraulici con la terraferma, costituisce, con il suo notevole volume di invaso, un fattore di grande sicurezza del servizio idrico dell’intero sistema consentendo, in caso di bisogno, interscambi di portate nei due sensi sempre molto utili tenendo anche presente che in futuro le modalità di reperimento dei notevoli quantitativi d’acqua potabile che il grande sistema idrico richiederà potranno essere notevolmente diversi da quelli attuali. Ad esempio potrà darsi il caso che si debba allora ricorrere al trattamento di acque superficiali, al riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate, alla desalinizzazione dell’acqua salata ecc. ecc. Ebbene sarà in tutte queste evenienze che il serbatoio di estremità si rivelerà ancora una volta utilissimo per la regolarizzazione della produzione che, a fronte di una richiesta idrica variabilissima nel tempo, la sua grande capacità di invaso renderà possibile.

R) IL PRIMO LOTTO – LA RISOLUZIONE IMMEDIATA DELLE CRISI ESTIVE E LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI RETE ALLO SCOPO DI RIDURRE DRASTICAMENTE LE PERDITE

Nel capitolo O) si è proposta la costruzione di un primo lotto di galleria-serbatoio specificandone l’utilità generale. In questo capitolo si ritiene opportuno aggiungere degli importanti dettagli e segnalare come tale opera potrebbe risolvere l’urgente grave problema delle crisi idriche estive utilizzando solo l’acqua potabile fornita dall’esistente acquedotto .
Un punto che riveste un’importanza capitale è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana facendo rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali. Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Si può sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma aumentano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che ciò si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. L’argomento perdite si conclude in questo modo: l’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare e gestire uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Le opere che si possono ragionevolmente prevedere si basano invece sulla ricostruzione delle condotte più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le perdite piuttosto elevate che è necessario tollerare. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile fin dalle opere del primo lotto in argomento.

Le considerazioni su riportate conducono ad una importante conclusione: è fondamentale per l’Elba riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile ed a basso cocosto come quella che forma l’oggetto della proposta galleria-serbatoio.
Si è già visto che la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani è quella di provocare crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno. E’ questo un argomento fondamentale da tenere sempre in mente e che è opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. E’ questo un ulteriore prova della validità del serbatoio-galleria che è appunti destinato a contenere acqua potabile.

Ed ora, si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di una prima parte del serbatoio-galleria (vedi fig. 10 allegata).

Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di invaso pari a soli 100000 mc di acqua potabile la quale,

ig. 10 = veduta prospettica dellle opere del primo lotto esecutivo

secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente prelevabile dalla rete acquedottistica durante i periodi autunno-invernali. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori e di altre complesse apparecchiature ma eventualmente con un solo sistema di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio del presente articolo  e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In sostanza un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

In basso si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione. La vasca viene alimentata tramite valvola di regolazione asservita alla pressione della rete

S) IL TRATTAMENTO PER LA CORREZIONE DELL’ACQUA CAPTATA NELLA VAL DI CORNIA

E’ diffusa in questi giorni (settembre 2011) notizia del “piano anti boro” per l’acqua che scorre dai rubinetti di alcuni comuni della Val di Cornia e dell’isola d’Elba, da sempre alle prese con il problema del’arsenico e boro. Il piano vale 20 milioni di euro e comprende la costruzione e l’esercizio di complesse e costose apparecchiature di trattamento dell’acqua captata nella Val di Cornia e distribuita in tutto il territorio, Isola d’Elba compresa. Nulla è detto riguardo ai maggiori costi di produzione dell’acqua potabile che ne deriveranno nè se ad essi si dovrà far fronte con aumenti tariffari posti a carico dei cittadini.

L’Isola d’Elba da parte sua provoca, suo malgrado e senza colpa alcuna essendo dovuti esclusivamente alla sua particolare condizione di insularità, costi aggiuntivi a quelli citati di trattamento anti boro ed anti arsenico, costi aggiuntivi che si riferiscono al notevole onere di trasporto dell’acqua dalla Val di Cornia ed alle perdite occulte che raddoppiano l’mporto finale di produzione e trasporto di ogni litro d’acqua che giunge all’utente..

Anche l’acqua di ottima qualità presente in Isola in gran quantità durante il periodo autunno-invernale, poiché i programmi dell’Enta gestore prevedono il suo immagazzinamento in una ventina laghetti all’aria aperta e sparpagliati in lungo e largo per l’Isola, finirà per dover subire un trattamento di potabilizzazione assai costoso. e tra l’altro frammentato in piccole porzioni sparse anch’esse in varie parti dell’Isola.

Quanto sopra rende con una sempre maggior evidenza che, per quanto riguarda l’Elba, la strada da percorrere non poteva che essere quella basata sulla costituzione di un grande invaso come quello oggetto del presente lavoro e che sarebbe atto a ricevere e conservare intatta non acqua grezza ma quell’acqua potabile, buonissima e di minimo costo che vi si trova fuori stagione grazie alle abbondanti piogge che si hanno tutti gli anni. Ancora una volta è di mostrata, senza che ce ne fosse bisogno, l’utilità del serbatoio/galleria di grande volume che, oltre ai vantaggi già indicati, avrebbe sicuramente ed in maniera determinante contribuito ad abbassare il costo medio di produzione dell’acqua.

T) CONCLUSIONI

La grande ricchezza del sottosuolo elbano, nota fin dalla preistoria ma da tempo poco sfruttata, viene qui riscoperta per dotare l’Isola di un’opera in grado di risolvere in maniera definitiva uno dei problemi che oggi l’assillano: il rifornimento idropotabile. Si tratta di ricavare nel materasso granitico della parte ovest dell’Isola dove più frequenti sono le piogge, una galleria-serbatoio che circondando il Monte Capanne sia atto a raccogliere ed accumulare la quasi totalità dell’acqua che, concentrata in brevi periodi, vi precipita durante il corso dell’anno, allo scopo di distribuirla all’utenza al momento della sua effettiva e variabilissima richiesta. Un beneficio secondario ma tutt’altro che trascurabile, è quello della laminazione delle piene ad opera della citata raccolta d’acqua piovana dei fossi e che contribuirà a lenire i danni provocati agli abitati posti a valle dalle precipitazione eccezionalmente abbondanti.
Nella trattazione si sono formulate due ipotesi la prima che prevede la costruzione di un serbatoio interamente adibito all’accumulo di acqua potabile per un volume di 2.000.000, la seconda con la suddivisione della capacità totale di invaso in due parti uguali: una per l’acqua pura pronta per essere distribuita all’utenza e l’altra per acqua grezza da raccogliere dai fossi nello stato in cui vi si trova durante i periodi piovosi.
Questa seconda ipotesi si articola in due diversi modi e cioè con o senza possibilità di distribuire, oltre a quella potabile anche acqua grezza per usi vari. Sussiste infine una attività assolutamente innovativa che riveste un ruolo importante per l’economia e l’autosufficienza energetica dell’Isola: la produzione di energia elettrica. La scelta della soluzione definitiva da adottare potrà farsi, come tutte le altre decisioni di dettaglio, soltanto in fase di progettazione esecutiva e dopo aver eseguito tutti i necessari accertamenti.
La quota altimetrica di imposta dell’opera presenta molteplici vantaggi che vanno dalla notevole ampiezza del bacino sotteso, alla possibilità di alimentare in fase definitiva per caduta la quasi totalità dell’utenza evitando quindi l’uso di pompe per il sollevamento dell’acqua ed in prima fase utilizzando in toto la rete di adduzione oggi esistente. Un ulteriore suo vantaggio é dato dalla possibilità di sfruttare una quota così elevata per l’eventuale produzione di energia elettrica.
L’opera proposta è del tutto singolare ma, a giudizio di chi scrive è atta a raggiungere lo scopo senza alterare le caratteristiche ambientali dell’isola ma, al contrario, contribuendo indirettamente a fornire incremento e continuità ad alcune attività locali, al turismo e all’industria edilizia grazie all’ottimo materiale lapideo di risulta dagli scavi. Essa potrà, inoltre, entrare intimamente a far parte del futuro sistema del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli per il competente ambito territoriale ottimale.

lL progetto del maxi serbatoio per l^sola d’Elba è stato pubblicato, in italiano ed inglese, sul n 75 aprile 2005 della rivista “GALLERIE E GRANDI OPERE SOTTERRANEE”nella esatta veste riportata sopra

BIBLIOGRAFIA

Bencini A., Giardi M., Pranzini G.,Tacconi B.M., 1985, Le risorse idriche dell’Isola d’Elba, Tacchi Editore, Pisa
Megale P.G., Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba, Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione ” P.Celeste” – Università degli Studi di Pisa
Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche, Il Piano di risanamento
Braccesi G., La vulnerabilità delle falde Elbane
Marinello G., Carta geologica dell’Isola d’Elba alla scala 1:25000

Ultimo aggiornamento: settembre 2011

AVANTI

FONTI

Una utopistica rete nazionale di interconnessione di tutti gli acquedotti italiani

Le fonti costituiscono il seme chè consente la vita della pianta ” ACQUEDOTTO”. La loro  caratteristica fondamentale  è il poter fornire acqua di  ubicazione, qualità e quantità atte a coprire il fabbisogno. Nel settore acqua l’Italia vanta una ricchezza notevole però con alcune sperequazioni ed effettivi  difetti nella  dislocazione, nella  presenza di regioni molto ricche ed altre carenti, e nella temporalità della produzione in base alla quale si alternano periodi di piogge abbondantissime ad altri di intensa siccità. Anche in merito alle qualità proprie dell’acqua  si verificano delle anomalie anche gravi denunciando delle storture con conseguenti difficoltà nel  corretto soddisfacimento del fabbisogno. Il problema è  trattato per esteso  nel sito con proposte di risoluzione tramite   metodologie ottimali  tra le quali si distinguono una oculata compensazione delle portate, un uso proprio della produzione ed infine le modalità di unificazione dei vari sistemi acquedottistici tesa a migliorare notevolmente l’interscambio di portate  da acquedotto e acquedotto.

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