UN MAXI SERBATOIO SOTTERRANEO PER VINCERE LA GRANDE SETE DELL’ISOLA D’ELBA

 

serbatoio Isola d’Elba

A) PREMESSA

I quantitativi d’acqua necessari non solo per gli indispensabili usi potabili della popolazione residente e turistica ma anche per altre determinanti necessità della sua economia (irrigazione agricola, annaffiamento giardini e orti, usi industriali ed artigianali, docce, piscine, ecc.). la sua risoluzione, un tempo basata esclusivamente sulle risorse idriche locali, ha incontrato notevoli difficoltà per le caratteristiche climatiche e fisiche del territorio. in particolare la piovosità molto scarsa e quasi inesistente proprio nei periodi estivi di maggior richiesta d’acqua, in uno con una conformazione montagnosa i cui compluvi danno origine a fossi o rii completamente asciutti per la gran parte dell’anno, riducono notevolmente la possibilità di accumulo negli invasi naturali sotterranei di ravvenamento delle sorgenti e quella di soddisfacimento diretto delle altre necessità citate, nel mentre grandi quantitativi del prezioso elemento vengono scaricati a mare durante i brevi periodi di piogge intense. in anni relativamente recenti si è pensato di integrare la produzione locale data dai pozzi e dalle sorgenti con l’approvvigionamento esterno ottenuto tramite la tubazione sottomarina di collegamento con la terraferma e il trasporto con navi cisterna ma, ciononostante, la richiesta idrica non risulta pienamente soddisfatta e si verificano sovente dei periodi di crisi nei quali l’ente gestore degli acquedotti deve ricorrere al razionamento dell’acqua distribuita.
nella planimetria generale della fig. 1 allegata sono schematicamente rappresentate alcune possibilità di alimentazione idrica dell’elba. tra di esse solo la condotta di collegamento con il continente è un’opera realmente esistente ed è quella che contribuisce in maniera determinante, sia pure con crisi alterne, al soddisfacimento della richiesta idropotabile dell’ isola. le altre indicazioni si riferiscono ad ipotesi formulate in varie epoche ma che non hanno ancora trovato applicazione pratica. tali sono, come sarà più avanti spiegato, i bacini artificiali da realizzare mediante dighe di ritenuta  ed il bacino sotterraneo da costruire con diaframmi di impermeabilizzazione nella piana di marina di campo

 

Fig. n. 1 = Veduta panoramica dell’Isola cd’Elba con il tracciato della galleria serbatoio che viene qui proposto

E’ infine rappresentato il tracciato di massima del serbatoio/galleria che, circondando il Monte Capanne, costituisce l’oggetto precipuo del presente lavoro. Si tratta di un’opera totalmente sotterranea che, a prima vista, desterà scetticismo essendo normalmente destinata ad usi completamente diversi da quello qui previsto anche se, in realtà, la sua utilizzazione è abbastanza frequente. Si fa infatti notare come la maggior parte degli impianti idroelettrici a condotta forzata sotterranea siano muniti di vasche di espansione le cui caratteristiche costruttive e di funzionamento idraulico sono del tutto simili a quanto qui proposto. L’opera medesima non è in assoluto una novità nemmeno in campo acquedottistico in quanto risulta realizzata ed utilizzata da oltre mezzo secolo nell’acquedotto di Torino e in quello Campano per scopi idropotabili identici a quelli che di seguito si indicano nonché in analogo serbatoio/galleria costruito, in questi ultimi anni, nei pressi di Latina. A giudizio di chi scrive essa è invece atta ad affrancare l’isola da ogni assoggettamento esterno e ad offrire le più ampie garanzie di soddisfacimento del suo fabbisogno idrico futuro senza provocare danni di sorta nè all’ambiente né all’economia del territorio. Una sua precipua caratteristica che si vuole subito evidenziare è la possibilità di realizzazione dell’opera per stralci successivi tutti immediatamente funzionali e che consentono di dilazionare la spesa nel tempo offrendo immediati e notevoli vantaggi nell’approvvigionamento idrico dell’intera isola.

 

B) FABBISOGNO IDRICO E PIOVOSITA’

Fig. n. 2 = Diagramma giornaliero delle portate d’acqua potabile  che interessano l’Elba

Le grandezze in gioco nel rifornimento idrico dell’Isola d’Elba, sono approssimativamente rappresentate nel grafico della fig. 2 allegata.
Vi sono riportati i volumi d’acqua potabile effettivamente forniti all’utenza mese per mese durante una recente annata e quelli che, in via approssimativa, sarebbero necessari per soddisfare interamente la richiesta dell’utenza per i prossimi 10 anni ed infine i volumi medi di pioggia che sono caduti in questi ultimi anni nella zona ovest dell’Isola d’Elba, zona che interessa particolarmente le opere oggetto della presente relazione per una superficie di circa 30 chilometri quadrati contro i 223 chilometri quadrati dell’intero territorio dell’isola.
Balzano immediatamente agli occhi :
· il grande deficit esistente tra portata massima necessaria (circa 60.000 mc nel giorno di massimo consumo) e quella estiva ora disponibile che ammonta, al massimo, a circa a 35.000 mc al giorno;
· una consistente sovrabbondanza, rispetto a quelli necessari, dei volumi d’acqua di pioggia che precipitano annualmente in isola. L’Isola d’Elba dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni idrici;
· Il notevole divario temporale tra il periodo di elevata richiesta idrica che ha luogo d’estate e quelli di abbondanti precipitazioni atmosferiche che, al contrario, si verificano statisticamente in tutti i periodi dell’anno fatta eccezione appunto per quelli estivi. Da tale fatto deriva la mancata alimentazione delle falde locali ed anche di quelle della Val di Cornia che attualmente fornisce agli acquedotti elbani la maggior parte dell’acqua e quindi il citato deficit idrico e le ripetute crisi del rifornimento idropotabile della popolazione.

Interessante anche il grafico della figura 3 nel quale gli stessi volumi giornalieri che si prevede necessari all’Elba per i prossimi 10 anni sono riportati in ordine decrescente, onde far risaltare le varie classi di consumo. Esse hanno la seguente consistenza:

Fig. 3 = Grafico giornaliero dei consumi idropotabili ordinati preogressivamente

· Le giornate di consumo elevatissimo (circa 60.000 mc giorno) sono molto poche e cioè circa 50 all’anno.
· Il consumo abbastanza elevato (45.000 mc giorno) si verifica mediamente per altre 30 giornate l’anno.
· Per ben 285 giornate dell’anno esaminato si avranno solo consumi bassi (17.000 mc/giorno circa) o bassissimi (10.000 mc/giorno).
Le conclusioni che si possono trarre sono:
1) L’isola d’Elba ha bisogno di un quantitativo d’acqua potabile molto elevato per un periodo assai breve ma che coincide con quello di scarse precipitazioni piovose.
2) I volumi d’acqua che piovono annualmente in isola, se non fossero temporalmente sfalsati rispetto al fabbisogno, sarebbero ampiamente sufficienti alla sua alimentazione idropotabile.
La soluzione del problema appare ovvia: immagazzinare durante i periodi di scarsi consumi l’acqua in esubero e conservarla per poterla utilizzare d’estate durante i brevi periodi di richiesta elevata.

C) I LAGHI ARTIFICIALI E LE ALTRE SOLUZIONI DELL’ENTE GESTORE

Tra le soluzioni che gli Enti addetti hanno in animo di adottare per la risoluzione del problema in argomento alcune sono basate, in maniera del tutto analoga a quanto forma oggetto del presente lavoro, sulla raccolta ed accumulo di grandi volumi d’acqua durante i periodi di pioggia intensa e di scarsi consumi.
Quella che raccoglie i maggiori consensi concerne due bacini artificiali da realizzare a mezzo dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi (vedi planimetria generale fig. 1) e ritenuti atti a contenere i citati volumi d’acqua per utilizzarli nei momenti di maggior bisogno. Tali interventi, attuati con successo in altre località afflitte da carenza idrica, non sono, ad avviso di chi scrive, proponibili in quanto nel caso specifico dell’Isola d’Elba presentano i seguenti gravi inconvenienti:
· difficoltà di reperire ed espropriare aree adatte a ricavare grandi bacini superficiali;
· gravi danni all’ambiente causati dai laghi che d’estate devono essere svuotati onde utilizzarne l’invaso;
· pericolo di franamento delle sponde soggette a ripetuti invasi e svasi;
· rapido interramento del bacino e conseguente sua diminuzione della capacità utile;
· grandi perdite d’acqua causate dall’evaporazione;
· peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’acqua immagazzinata nei laghi superficiali;
· possibilità di atti vandalici
· trattandosi di bacini all’aperto soggetti a notevoli perdite per evaporazione non è consigliabile immettervi, come sarà proposto invece nel serbatoio/galleria, acqua potabile avente costi di produzione relativamente elevati.
Una seconda soluzione per raccogliere le acque di pioggia, ma che non ha avuto seguito, è quella descritta nel lavoro : “Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba” redatto da prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa”. Essa prevede, come sarà meglio spiegato più avanti, di costruire un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo (vedi fig.1).
Gli altri interventi, già in via di parziale esecuzione o comunque di attuazione già decisa dagli enti preposti al servizio idrico dell’Elba, e cioè la costruzione di nuovi pozzi e l’installazione di impianti per la desalinizzazione di acque salmastre o di quelle marine mal si conciliano con le necessità dell’Isola in quanto non sono in grado di fornire portate rilevanti durante il breve periodo estivo. Sono invece atti, gli impianti di desalinizzazione, a fornire portate modeste ma costanti per tutto l’anno ed i pozzi a produrre acqua in tutti i periodi ma con esclusione di quelli estivi durante i quali la falda sotterranea riduce sensibilmente la sua producibilità. In periodi particolarmente siccitosi le falde idriche sotterranee dell’Isola d’Elba ed anche quelle della Val di Cornia accusano infatti degli abbassamenti di livello così marcati da provocare notevoli immissioni di acqua marina o salmastra che le rendono assolutanmente inutilizzabili ai fini potabili.
Una ulteriore proposta riguarda l’utilizzazione, sia ad uso potabile sia quale acqua grezza per usi vari come l’irrigazione e gli usi complementari di quelli potabili, delle acque restituite dalle fognature pubbliche sottoposte ad adeguato trattamento. Anche questa soluzione, spesso adottata in ottemperanza con le indicazioni delle leggi vigenti in materia di disciplina delle acque e quando si è in presenza di scarichi di grandi città aventi notevoli portate d’acqua reflua, mal si presta nel caso dell’Isola d’Elba a causa dell’eccessivo spezzettamento del servizio fognario che comporterebbe una miriade di piccoli impianti di trattamento di difficoltosa e onerosissima gestione cui deve aggiungersi, nel caso dell’acqua grezza, la necessità di costruire e gestire una doppia rete di distribuzione.
Il quadro del tutto negativo della reale situazione elbana è completo quando si consideri l’impossibilità di incrementare la fornitura d’acqua proveniente dalla terraferma e cioè dalla Val di Cornia essendo invece da prevedervi carenze idriche ancora più gravi di quelle attuali per motivi svariati tra cui:
· insufficiente producibilità delle fonti rispetto al fabbisogno dell’utenza che da esse dipende;
· concomitanza delle crisi estive della Val di Cornia con quelle Elbane;
· pericolo di inquinamento delle falde della Val di Cornia da boro;
· impossibilità di aumentare l’adducibilità dell’esistente condotta sottomarina di collegamento con la terraferma.
Per documentare lo stato di crisi della Val di Cornia basterà riportare integralmente la seguente frase riepilogativa delle indagini svoltevi dal CIGRI Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche: ” L’insieme delle conoscenze acquisite disegna un quadro di gravissima emergenza”.

D) DESCRIZIONE DELLE OPERE CHE FORMANO L’OGGETTO DEL PRESENTE LAVORO

II manufatto in progetto consiste in un grande serbatoio per acqua potabile da realizzare mediante escavo di una galleria di notevole sviluppo e di adeguata sezione nel materiale roccioso sottostante i monti Capanne e Perone dove sono più frequenti le piogge. La galleria, posta orizzontalmente alla quota di 150 metri sul mare, con il suo andamento planimetrico che circonda tutta la parte ovest dell’isola, consente di drenare e ricevere gran parte delle acque di pioggia che cadono in essa.

Fig. 4 = Planimetria della parte ovest dell^sola d’Elba

Le sue caratteristiche salienti possono essere così riassunte:
1 – si tratta di un’opera totalmente invisibile e che, pertanto, non arreca nessun danno al paesaggio dell’isola;
2 – il suo grande volume d’invaso consente di accumulare gran parte delle acque di pioggia relative al bacino imbrifero sotteso costituendo una riserva in grado di effettuare la compensazione trimestrale delle portate per usi potabili e per usi vari di oltre 250.000 abitanti equivalenti;
3 – il suo andamento plano-altimetrico consente, come sarà avanti descritto, una facile raccolta delle acque delle sorgenti, dei fossi distribuiti in tutta la zona e delle falde sotterranee, ivi esistenti e che attualmente si scaricano direttamente in mare senza che la loro presenza sia nota.
4 – La quota altimetrica del serbatoio/galleria consente di alimentare gran parte dell’utenza direttamente a gravità riservando il sollevamento tramite pompe alle sole aree abitate poste a quote elevate;
5 – Trattandosi di manufatto sotterraneo l’acqua accumulata può rimanervi per lunghi periodi al riparo da perdite per evaporazione e da agenti esterni vari come l’irraggiamento solare e la possibile immissione di inquinanti e conservare pertanto intatte le sue naturali doti di freschezza ed potabilità;
6 – Essendo formata da numerosi tronchi ognuno dei quali può funzionare indipendentemente dall’altro, sarà possibile effettuare alternativamente i lavori di manutenzione e pulizia senza interrompere l’alimentazione dell’utenza.
7 – Sarà sempre possibile immettere nel serbatoio/galleria eventuali volumi d’acqua provenienti da fonti diverse da quelle descritte come ad esempio quelli addotti dalla Val di Cornia o raccolti da sorgenti poste al di fuori del bacino imbrifero sotteso dalle opere in progetto oppure emunte tramite pompe sommerse da pozzi terebrati nelle falde profonde e che risultino in eccedenza rispetto al fabbisogno momentaneo.
8 – Le opere potranno essere costruite per stralci funzionali in modo da diluire la spesa nel tempo. ( Vedi articolo sulle prome opere da eseguire )
9 – Il serbatoio, essendo assolutamente inaccessibile, è salvaguardato da possibili atti di vandalismo.
10 – L’ubicazione del grande serbatoio nella parte occidentale dell’Isola cioè nel punto diametralmente opposto rispetto a quello di arrivo della condotta di adduzione dell’acqua dalla Val di Cornia, gli conferisce una ottima funzionalità idraulica di compensazione delle portate sia nell’attuale ed autonomo assetto acquedottistico sia in quello futuro integrato nel competente ATO (vedi art. P).
11-L’accumulo di grandi quantitativi d’acqua piovana contribuisce a lenire i danni provocati in caso di eventi piovosi particolarmente intensi.

 

E) CARATTERISTICHE GENERALI DEI MANUFATTI IN PROGETTO

Il serbatoio/galleria consiste principalmente un manufatto a sezione circolare del diametro interno di 10 m. e ad andamento planimetrico ad anello che circonda, a notevole profondità sotto il suolo, il territorio ovest dell’isola e le sue alture tra le quali spiccano il Monte Capanna e Perone aventi rispettivamente una quota alla vetta pari a 1018 e 630 metri sopra il livello del mare ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ). Lungo il perimetro esterno ed in corrispondenza dei principali avallamenti del suolo, sono previsti dei vertici planimetrici nei quali l’opera affiora in superficie rendendo estremamente agevole, tramite modeste opere di presa superficiali, la raccolta ed immissione dei fossi o dei rii previa eventuale decantazione, filtrazione e disinfezione da eseguirsi presumibilmente in galleria, nonché l’immissione diretta delle acque in esubero di qualunque altra provenienza come pozzi o acquedotti locali o quella proveniente dalla Val di Cornia. Altra caratteristica estremamente favorevole è data dalla possibilità di captare lungo il tracciato della galleria le acque di falda presenti nel sottosuolo e che attualmente si scaricano a mare senza nessuna loro segnalazione esterna.

L’andamento planimetrico della galleria che attraversa perpendicolarmente tutti i compluvi e le vallette esistenti nel territorio ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ), garantisce che tutte le vene idriche che si sottopasseranno durante il suo scavo finiranno, grazie alla presenza di faglie o fratture del terreno roccioso, per essere richiamate all’interno come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere. Sarà quindi estremamente agevole creare nei punti di intersezione con la falda le opere per la raccolta e regolazione dell’acqua ferma restando la possibilità della loro intercettazione e deviazione, in caso di bisogno, nella tubazione di drenaggio esterna (vedi fig. 8 =particolari delle immissioni in galleria dell’acqua di falda). Ogni immissione dovrà infatti essere tenuta sotto controllo quantitativo e qualitativo tramite apposite apparecchiature automatiche di misura e trasmissione continuativa dei dati. La presenza di faglie e fratture nel materasso roccioso attraversato dal serbatoio/galleria e che possono assicurare l’immissione, diretta o tramite le opere specifiche di cui al seguente art. G, delle acque di falda in galleria, è documentata nella pubblicazione del Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze “LE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” di Bencini, Pranzini, Giardi e Tacconi =Tacchi Editore – Pisa- contenente le indicazioni tratte da analisi stereoscopica delle foto aeree del territorio isolano

Il serbatoio/galleria ricavato per tutto il suo sviluppo nello strato roccioso, sarà interamente rivestito in calcestruzzo armato al fine di garantirne la tenuta idraulica ed altresì creare una efficace protezione da ogni infiltrazione indesiderata (vedi fig. 7 = sezione tipo).. Nella parte inferiore mediana troverà posto una canaletta interna atta a raccogliere ed evacuare le sabbie di deposito durante i periodici lavori di pulizia e da eseguirsi mediante getto d’acqua fornita dalla tubazione predisposta lungo la volta. Lungo la volta sarà installata la linea elettrica di illuminazione e di alimentazione di eventuali attrezzi necessari per i lavori di manutenzione, i cavi per il comando e controllo delle apparecchiature e per la trasmissione dei dati, la tubazione per il rifornimento dell’acqua in pressione e quella per l’aria compressa, dove ritenuta necessarie. Nella parte inferiore e all’esterno del rivestimento in calcestruzzo troverà posto una tubazione di drenaggio indispensabile per l’evacuazione delle acque di infiltrazione durante i lavori di costruzione e che, in corso di esercizio, servirà alla eliminazione di eventuali acque esterne alla galleria che non avessero i requisiti di accettabilità, e sia di quelle acque che fossero comunque da evacuare sia stabilmente che temporaneamente. La galleria avrà andamento altimetrico orizzontale con platea a leggera pendenza verso i punti di imbocco.
Le considerazioni che hanno portato alla decisione di fissare, in prima approssimazione e salvo migliori determinazione da farsi in sede di progettazione esecutiva, la quota altimetrica del serbatoio a circa 150 metri sul mare sono le seguenti:
1) – la quota deve essere il più bassa possibile al fine di allargare al massimo la superficie del bacino imbrifero sotteso e aumentare quindi le possibilità di raccolta d’acqua piovana;
2) – la quota di imposta del serbatoio deve, al tempo stesso, essere sufficientemente elevata per dare la possibilità di distribuire l’acqua del suo invaso direttamente a gravità alla maggior parte dell’utenza da alimentare.
3) – la scelta altimetrica definitiva deve consentire di immettere l’acqua direttamente nell’esistente rete di adduzione che collega tra di loro tutti gli acquedotti dell’Isola e quindi di alimentare l’intera isola fin dalla prima fase di esercizio utilizzando solo opere esistenti. E’ da rilevare come alla data attuale l’acqua proveniente dalla Val di Cornia una volta giunta all’Elba dopo il percorso sottomarino, percorre l’intera isola da Est verso Ovest tramite opere comprendenti condotte, serbatoi e impianti di sollevamento funzionanti tutti in serie ed aventi il loro punto finale di arrivo in un serbatoio posto in prossimità ed alla stessa quota dei quello sotterraneo in progetto. Fatte salve le necessarie verifiche sulla scorta dei dati reali, è prevedibile che, una volta costruito il nuovo serbatoio sotterraneo ed in attesa della realizzazione della nuova potenziata rete di adduzione e di distribuzione, si possano utilizzare gli stessi impianti a ritroso e cioè da ovest verso est e quindi alimentare da subito tutti gli acquedotti locali.

Considerato che una corretta concezione della rete di distribuzione dell’acquedotto in una zona altimetricamente varia come quella dell’isola richiede comunque delle reti distinte per fasce altimetriche omogenee aventi ciascuna un’altezza massima di circa m. 80 al fine di assicurare corrette pressioni di funzionamento, considerato altresì che la prima fascia, quella che dal livello del mare a circa 100 metri sul mare è la più importante in quanto comprende la maggior parte del territorio abitato da servire, si è pensato di privilegiare la sua alimentazione in diretta e a gravità tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio/galleria, prevedendo che solo gli altri centri abitati posti a quota più elevata siano serviti mediante risollevamento meccanico dell’acqua.
In definitiva, con serbatoio a quota 150 m.s.m. e definita in 50 m. la perdita di carico per il trasporto dell’acqua da serbatoio alle singole reti dei centri posti nella fascia inferiore tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio stesso, rimangono disponibili 100 metri di carico idraulico necessario e sufficiente per il funzionamento a gravità delle reti di distribuzione medesime. In altre parole con la soluzione prospettata è possibile effettuare raccolta, accumulo e trasporto dell’acqua fino al domicilio della stragrande maggioranza degli utenti dell’isola d’Elba senza necessità alcuna di pompaggio ma interamente a gravità
3) – il carico definito come sopra rende possibile anche l’adduzione, sempre a gravità, dei volumi d’acqua diretti ai centri delle fasce superiori ma con la pregiudiziale della loro consegna in una vasca di raccolta posta ad una quota altimetrica pari a circa 100 msm. e nella quale dovranno pescare le pompe di risollevamento di cui ognuno di tali centri dovrà essere dotato per la distribuzione dell’acqua al domicilio dei propri utenti: si raggiunge il duplice scopo di dotare questi ultimi di quella pressione di esercizio che meglio si adatta alla loro posizione altimetrica estremamente variegata e di contenere la spesa energetica di risollevamento dell’acqua, considerato che si tratta in genere di centri di piccola entità aventi esigui fabbisogni idropotabili.
4) – le singole reti locali che attualmente usufruiscono di fonti proprie, possono, nei periodi di scarso consumo dei loro utenti (ad esempio durante le notti delle stagioni invernali), immettere nel serbatoio/galleria la portata in eccedenza rispetto al fabbisogno, tramite funzionamento a ritroso delle descritte condotte che, in questo caso, vi confluiscono a raggiera. In prima fase l’immissione in oggetto potrà aver luogo, per quanto detto, usufruendo della esistente rete acquedottistica di adduzione.
In sede di progettazione esecutiva la quota definitiva del serbatoio/galleria sarà, come tutte le altre caratteristiche costruttive, ridefinita sulla base di approfonditi studi. La quota potrà quindi subire modifiche, anche sostanziali, tenute presenti le conseguenze, sia negative che positive, che ne deriveranno in termini di maggiore o minore estensione del bacino imbrifero sotteso, di estesa della galleria, di qualità dei materiali incontrati, di pressione di funzionamento della rete di distribuzione, di necessità di pompaggio dell’acqua, ecc. ecc.
L’aspetto negativo dell’insieme di opere che il presente lavoro prevede, è rappresentato dalla necessità di smaltire lo smarino di galleria e cioè un quantitativo di oltre due milioni di metri cubi di roccia proveniente dallo scavo. Uno studio approfondito delle modalità esecutive delle opere potrebbe però risolvere brillantemente anche tale problema. Il territorio attraversato, fatti salvi i migliori accertamenti da effettuare in sede di redazione del progetto esecutivo, è infatti composto per la maggior parte da ottimo materiale lapideo che, oltre a fornire le necessarie garanzie circa la fattibilità tecnica della galleria e la stabilità dei terreni durante e dopo la esecuzione dei lavori, potrebbe anche costituire una importante fonte di materiale inerte per calcestruzzi e in genere da costruzione o per rilevati stradali, per la sistemazione di piazzali e campeggi ecc. ecc, sabbie per il ripascimento di arenili erosi dalle mareggiate, se non addirittura di meravigliosi graniti da lavorazione del tutto analoghi a quelli prodotti nelle cave di S. Piero. Il tutto come sarà meglio spiegato più avanti.
E’ inutile sottolineare come la progettazione esecutiva dell’opera debba essere, in ogni caso, preceduta da studi, indagini, rilievi, sondaggi, accertamenti ecc. ecc. atti a verificare le condizioni di fattibilità delle opere, il loro rapporto costi/benefici, le disponibilità idriche effettive del territorio, ed a definire le soluzioni tecnico/economiche ottimali di tracciato, di dimensionamento ed in genere di costituzione dei vari manufatti. Da notare come il tracciato definitivo sotterraneo del serbatoio/galleria sia molto elastico non essendo legato a particolari vincoli planimetrici fatta eccezione soltanto a quello di presentare delle finestre di accesso dall’esterno disposte (se necessario anche in derivazione dall’asse della galleria principale) in modo da facilitare lo scavo della galleria e di consentire l’immissione al suo interno delle acque raccolte in superficie. Il tracciato può pertanto svolgersi seguendo quei percorsi che dagli studi preventivi risulteranno i più idonei per la funzionalità idraulica delle opere e per la natura del sottosuolo e la presenza di faglie o fratture della roccia.

F) ELEMENTI ESSENZIALI DI DIMENSIONAMENTO DEI MANUFATTI

I principali dati sono i seguenti:
– bacino imbrifero sotteso : circa mq 40.000.000
– altezza minima di pioggia annua prevedibile: mm 500
– volume minimo d’acqua di pioggia annua totale: mc 20.000.000 suddiviso come segue:
volume pioggia disperso per evaporazione e traspirazione 58%: mc 11.600.000
volume deflussi superficiali 29%: mc 5.800.000
volume deflussi sotterranei 13%: mc 2.600.000
Totale: mc 20.000.000
– volume annuo raccolto dalla galleria mc 5.800.000 + 2.600.000 = mc 8.400.000
– volume trimestrale medio mc 8.400.000 / 4 = mc 2.100.000
– popolazione equivalente da alimentare: abitanti 250.000 nei periodi di maggior afflusso turistico e abitanti 50.000 nelle stagioni morte
– fabbisogno giornaliero nei giorni di punta: n. 250.000 x 0.300=mc 75.000 negli altri giorni : 50.000 x 0,300 = mc 15.000
– volume necessario per la compensazione trimestrale: gg 90 x mc 75.000 x 0.22 = mc 1.500.000
– volume utile di invaso del serbatoio/galleria: ml 25 600 x mq 76.20 = mc 1.950.000 corrispondente circa all’apporto medio trimestrale di pioggia (mc 2.100.000)

 

G) L’INCREMENTO DELLA PORTATA D’ACQUA POTABILE DA ACCUMULARE IN SERBATOIO

Poiché il serbatoio/galleria, al contrario di altre soluzioni come quelle degli invasi da ricavare mediante dighe di ritenuta o diaframmi sotterranei, è destinato a contenere acqua potabile cioè pronta per essere consegnata, senza alcun trattamento, all’utenza, devono essere poste in atto tutte le possibili attività volte alla captazione di tale prezioso elemento. Tra di esse assume una grande importanza l’immissione diretta in galleria delle falde soprastanti che avrà luogo man mano che procederà lo scavo senza che sia necessario alcun intervento particolare. Potranno però verificarsi dei casi in cui l’immissione in serbatoio di importanti quantitativi di acqua naturalmente potabile contenuta in sacche permeabili o semipermeabili di terreno soprastanti la galleria non abbia luogo per motivi vari come, ad esempio, la mancata fratturazione della roccia di estradosso della galleria che la rende assolutamente impermeabile, la particolare ubicazione planimetrica della sacca, la presenza, nella sacca medesima, di vie di fuga dell’acqua verso valle ecc. ecc. In tali casi sarà possibile favorire la raccolta di detti volumi d’acqua tramite perforazioni della roccia atte a realizzare il mancato collegamento idraulico o tramite diaframmi di impermeabilizzazione del bordo di valle della sacca atti ad eliminare le fughe descritte.  Qualora sussistessero valide motivazioni per non alterare la falda soprastante la galleria, i moderni mezzi di scavo permettono di manutenere  sul fronte di scavo una pressione artificiale in modo da lasciare indisturbate le falde per tutta la durata dei lavoro.

In tutti i casi esaminati si tratta sempre  di opere completamente sotterranee prive di impatto ambientale.

 

H) LA CAPTAZIONE ED IMMISSIONE IN SERBATOIO DELL’ACQUA DEI FOSSI

L’apporto principale di acqua potabile da immettere nel serbatoio/galleria è senz’altro quello fornito, durante i periodi di pioggia intensa, dai fossi e quindi deve essere posta una cura particolare nella realizzazione delle opere atte allo scopo. Esse comprendono una presa da costruire nel fosso e costituita da una briglia e da un pozzetto di raccolta dal quale si diparte una condotta di diametro adeguato all’adduzione dell’acqua alla finestra di accesso alla galleria. La finestra, cioè quel tratto di galleria del diametro di 10 m.e di lunghezza variabile, che collega l’imbocco esterno con la galleria/serbatoio vero e proprio, (vedi figg. 5 e 6 ) può alloggiare, se ritenuto in fase di progettazione esecutiva necessario, tre strutture idrauliche poste una di seguito all’altra a partire dall’interno verso l’esterno:
– la vasca di decantazione dei materiali in sospensione nell’acqua costituita da un primo tronco di galleria della lunghezza massima di circa 100 m;
– la sala filtri che occupa il secondo tronco della lunghezza di circa 20 m;
– la sala pompe posta vicino all’imbocco esterno.
L’acqua del fosso, captata ed immessa nel decantatore come indicato, vi rimarrà per il tempo necessario perché il materiale in sospensione vi sia depositato; attraverso appositi manufatti di sfioro passerà poi nei filtri e quindi nelle sala pompe dove sarà provveduto all’immissione del cloro di disinfezione e quindi al sollevamento per la definitiva adduzione, con percorso a ritroso, nel serbatoio/galleria, dove, come più volte indicato, dovranno essere immesse solo acque potabili.
La canaletta, ricavata nella parte inferiore della finestra, consentirà il periodico asporto del materiale di deposito nonché il lavaggio della vasca di decantazione e dei filtri da eseguirsi come di consueto in installazioni del genere.
Da rilevare come tutte le opere descritte, con la sola eccezione della briglia di presa, siano sotterranee e quindi presentino tutte gli stessi requisiti del serbatoio principale nei confronti dell’impatto ambientale.
In alternativa a quanto precede la briglia di presa e le opere per la decantazione, filtrazione e disinfezione potranno, se particolari condizioni lo richiederanno, essere realizzate indipendentemente dalla galleria sia all’aperto sia in caverna. Potranno, ad esempio, essere ubicate ad una quota altimetrica superiore di quella del serbatoio/galleria con il vantaggio di evitare il sollevamento delle acque, oppure ad una quota inferiore allo scopo di poter aumentare, a fronte dell’onere di dover pompare l’acqua captata, la superficie del bacino imbrifero sotteso.
Le decisioni in merito alla raccolta delle acque dovrà in ogni caso essere preceduta da approfondite indagini sulla piovosità reale, sulle modalità di scolo naturale delle acque fosso per fosso e sulle modalità da seguire per una efficace loro raccolta. Da tali indagini potrà anche derivare la necessità di predisporre dei bacini di accumulo rapido delle acque grezze ben più capaci di quelli ricavabili, come indicato sopra, nelle finestre di accesso della galleria il che comporta una sostanziale modifica delle opere come sarà meglio descritto nei capitoli seguenti.

 

I) I SERBATOI SUPPLEMENTARI PER ACQUA GREZZA

Come già indicato le acque di pioggia che si raccolgono nei compluvi vengono, tramite una briglia posta di traverso alla valletta, deviate e quindi addotte alle vasche di decantazione ricavate all’interno delle finestre di accesso alla galleria/serbatoio vera e propria.
E’ evidente che i volumi d’acqua che si raccolgono sia pur per tempi brevi ma con notevole intensità nei fossi principali che sottendono vasti bacini imbriferi, richiedono invasi altrettanto notevoli che, come tali, potrebbero non essere però compatibili con le citate finestre di accesso. D’altro canto lo smaltimento dei depositi necessario per la pulizia dei decantatori impone di non eccedere nella loro lunghezza, fissata in circa 100 metri massimi.
Da tali considerazioni potrebbero, in sede di progettazione esecutiva, derivare modifiche sostanziali delle vasche di raccolta che da semplici strutture di decantazione delle acque, come previsto, potrebbero invece assumere la caratteristica di veri e propri serbatoi supplementari per acqua grezza. Nel caso, abbandonata l’idea di utilizzare la finestra, dovrà essere prevista la costruzione, a lato di ognuno dei fossi principali, di un serbatoio sotterraneo di grandi dimensioni e posto a quota sufficientemente elevata rispetto alla galleria per consentire lo svolgimento a gravità di tutto il processo depurativo e di adduzione dell’acqua: Essendo ogni serbatoio dal punto di vista idraulico totalmente a sé stante, potrà avere quelle dimensioni, forma, ubicazione che meglio si adatteranno alle circostanze locali sia dal punto di vista idraulico che da quello costruttivo.
Eccezionalmente, quando le condizioni idriche dei luoghi lo richiederanno, il serbatoio in argomento potrà essere costruito anche a quote notevolmente inferiori di quelle della galleria/serbatoio fatta salva, in tal caso, la necessità di prevedere il necessario sollevamento delle acque dopo depurazione.
Ogni serbatoio, con la sua notevole capacità ed essendo normalmente vuoto, resta pronto ad accogliere le acque intense che percorrono il fosso di sua competenza e che vi sono immesse nello stato in cui si trovano cioè torbide avendo subito soltanto la eliminazione delle ghiaie avvenuta ad opera del piccolo invaso posto a monte dell’opera di presa. Viene così attuata non solo la raccolta, in grandi quantitativi, della preziosa acqua piovana ma anche la laminazione delle piene e quindi migliorata la salvaguardia dei territori di valle dai danni che le alluvioni vi provocano spesso. Terminato l’evento piovoso ed avendo accumulato grandi volumi d’acqua, il serbatoio avrà, nelle giornate successive, tutto il tempo per dar corso al processo di decantazione, filtrazione e disinfezione per poter, una volta svuotato per averla scaricata nella sottostante galleria/serbatoio, essere pronto ad accogliere nuova acqua di pioggia.
I serbatoi per acqua grezza di cui si discute costituiranno, nel loro insieme, un notevole volume di invaso che rientra nel bilancio totale dei volumi utili per la compensazione trimestrale delle portate Si deve infatti tener presente che, di regola, essi sono destinati a restar vuoti in attesa della pioggia ma una volta raggiunto il massimo livello con l’acqua immessa nella galleria/serbatoio d’acqua pura, essi possono invece rimanere pieni e costituire quindi un importante volume integrativo da utilizzare anche a notevole distanza di tempo. In sede di definizione progettuale delle opere si potrà, grazie al contributo dato dai serbatoi d’acqua grezza in parola, assegnare alla galleria/serbatoio un volume utile più contenuto di quanto descritto ai capitoli precedenti al limite eccedendo nel volume integrativo dei serbatoi d’acqua grezza. I vantaggi ritraibili in tal caso saranno, come meglio spiegato nel capitolo seguente, notevoli.

L) VARIANTE DELLE OPERE PRINCIPALI CONSEGUENTE ALLA REALIZZAZIONE DEI SERBATOI D’ACQUA GREZZA

Una delle varianti alle opere principali dovuta alla presenza dei serbatoi d’acqua grezza descritti al capitolo precedente è quella basata sulla suddivisione del volume totale di invaso, in via approssimativa stimato in 2.000.000 di metri cubi utili, in due porzioni uguali, delle quali la prima, destinata a contenere acqua pura, è costituita dalla galleria/serbatoio il cui diametro può essere ridotto dai previsti 10 m. a soli 7 m. sufficienti per ottenere, con l’estesa totale prevista in 25 Km circa, il predetto volume utile di mc 1.000.000. La seconda porzione, stimata anch’essa in 1.000.000 di mc sarà realizzata a mezzo dei serbatoi d’acqua grezza che in via preliminare, potranno, ad esempio, essere in numero di 10 unità ognuna delle quali comprendente un vano ricavato nel sottosuolo roccioso con pianta circolare o quadrata della superficie di circa m 35 x 35 ed altezza di circa m 11 e munito di propria finestra per accedervi dall’esterno. L’ ubicazione plano altimetrica sarà definita, serbatoio per serbatoio, in modo che sia facilitato lo svolgimento delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere e cioè la raccolta delle acque di uno o di più fossi ubicati nelle vicinanze, la decantazione ed immissione dell’acqua filtrata e disinfettata nella galleria/serbatoio direttamente a gravità evitando quindi il suo sollevamento meccanico, ed infine l’estrazione del prezioso granito di cui è costituito il sottosuolo attraversato e che richiede lavorazioni del tutto particolari .
Ogni serbatoio, dotato ovviamente di tutte le strutture edilizie necessarie per la stabilità delle pareti e della volta di copertura,. avrà, analogamente a quanto precedentemente indicato per la galleria/serbatoio d’acqua pura, il paramento interno interamente rivestito in calcestruzzo armato allo scopo di garantirne la tenuta idraulica. Come già detto, potranno eccezionalmente essere previsti serbatoi analoghi a quelli in argomento ma posti lontano dalla galleria/serbatoio onde soddisfare a particolari esigenze . Dovranno, in tal caso, essere adottate delle modalità altrettanto particolari come il pompaggio meccanico dell’acqua captata e/o la costruzione di adeguate condotte di adduzione per consentire comunque il recapito finale dell’acqua depurata nella galleria/serbatoio. Nulla vieta che, nei fossi minori, la raccolta e decantazione dell’acqua sia attuata utilizzando la finestra di accesso come previsto nei precedenti capitoli ed evitando quindi la costruzione del serbatoio supplementare. Anche il volume dei piccoli decantatori così previsti rientra nel bilancio totale dei volumi di invaso utili ma il loro ammontare è così modesto da non meritare, in questa sede, alcuna menzione.

 

M) VARIANTE CON DUE SEMIBACINI PER ACQUA POTABILE E GREZZA E CON EVENTUALE PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Una interessante variante costruttiva e di esercizio in alternativa alla precedente di cui ai cap. I-L che aveva per oggetto i serbatoi supplementari per acqua grezza, é quella basata sulla suddivisione della galleria/serbatoio in due grandi semibacini a sezione semicircolare oppure a due circonferenze affiancate e separate da un setto interno verticale che la percorre in mezzeria per tutti i suoi 25 km di estesa. Se ne verrà dimostrata la convenienza, potranno essere previste anche due gallerie separate ed uguali tra di loro, ciascuna del diametro di 3.60 m e necessarie per avere un volume utile complessivo pari ai 2.000.000 mc richiesti. La soluzione a gallerie separate, a fronte di un indubbio maggior onere economico di costruzione, presenta il vantaggio di consentire l’impiego di macchine di scavo e rivestimento di dimensioni più contenute e, qualora se ne presentasse la necessità, di seguire due tracciati diversi e quindi raggiungere con le gallerie punti di particolare interesse.
Nel primo sottobacino, destinato all’accumulo dell’acqua grezza raccolta dai fossi, verranno ricavati, tramite alcuni setti trasversali, dei brevi tronchi posti in prossimità degli imbocchi esterni e destinati ad accogliere l’acqua non appena captata e a conservarla per il tempo necessario alla decantazione del materiale in sospensione. Da quì essa sfiorerà nella restante parte dello stesso semibacino, per restarvi poi a lungo prontamente disponibile per le diverse e possibili destinazioni.

Potrà essere, in dettaglio, derivata ed addotta all’utenza direttamente a gravità, nello stato in cui si trova e tramite una appropriata rete d’acqua grezza che raggiunga almeno i centri più vicini della zona ovest dell’Isola, per gli usi di irrigazione di orti o giardini o per quelli complementari come lavaggi, raffreddamenti, pulizia strade e fognature ecc. ecc. In alternativa il liquido accumulato potrà invece essere immesso, assieme alle altre acque potabili e quindi dopo aver subito il necessario processo di filtrazione e disinfezione, nel secondo semibacino dove costituirà la indispensabile riserva d’acqua potabile in grado di essere distribuita, sempre con funzionamento a gravità, fino al domicilio dell’utenza di tutta l’Isola d’Elba.
Questi gli usi principali cui sarà normalmente destinata l’acqua raccolta dai fossi. Esiste una ulteriore possibilità destinata a svolgere un ruolo importante nell’economia di gestione del servizio idrico e cioé quella della produzione di energia elettrica tanto più preziosa in quanto, grazie al grande volume di invaso, non é in alcun modo vincolata ad orario. Il serbatoio/galleria, dimensionato per il periodo critico estivo e, con ulteriore cautela, sulla base della piovosità minima, nelle restanti stagioni e in tutti i casi di piovosità normale o medio-alta, risulterà nettamente esuberante e quindi, con la sola esclusione del periodo estivo, all’Elba si renderanno disponibili ingenti quantitativi di acqua che, con un salto di 150 m., potranno essere convenientemente utilizzati per la produzione di energia-elettrica.
Da rilevare come alcuni fossi, ubicati all’interno del bacino imbrifero del serbatoio-galleria, nel periodo invernale mantengano per mesi e mesi una portata continua che, opportunamente captata ed immessa nel semibacino d’acqua grezza, costituisce da sola una importante risorsa idrica interamente sfruttabile per la citata produzione di energia elettrica.
La presente variante riguarda, in definitiva, la creazione di due sottobacini con le seguenti diversificate modalità di utilizzazione:
a) Primo sottobacino : accumulo di acqua grezza da sottoporre alla sola decantazione dei materiali in sospensione per un volume idrico totale pari a circa un milione di mc che potrà, a seconda delle necessità contingenti, essere in tutto o in parte distribuita nello stato in cui si trova, e, in alternativa, essere trattata e quindi trasferita nell’altro semibacino per entrare a far parte del volume d’acqua potabile pronto ad entrare nelle varie reti di distribuzione, oppure, terza ed ultima possibilità, essere usato per la produzione di energia elettrica.
b) Secondo semibacino. Accumulo di acqua potabile di diversa provenienza come acque naturalmente potabili delle falde attraversate con la galleria, acque provenienti da pozzi, sorgenti o acquedotti esistenti ed infine acqua derivata dal sottobacino n. 1) e preventivamente potabilizzata. L’intero volume idrico, pari anche in questo caso a circa un milione di mc e, soprattutto nel periodo estivo, integrato come detto dall’acqua grezza potabilizzata per un volume pari, al limite massimo di un altro milione di mc, rimane in quota esclusivamente ad uso potabile dell’intera Isola. Da rilevare come la favorevole circostanza di poter produrre energia elettrica sia dovuta a due fattori concomitanti all’ Elba e ciooè da un lato alla ristretta concentrazione nel periodo estivo dei forti consumi idrici che lascia disponibili per tutto il resto dell’anno ingenti volumi dell’acqua accumulata nel grande serbatoio/galleria e quella continua fluente nei fossi e, dall’altro lato, alla notevole estesa longitudinale della galleria che le permette di sottendere un bacino molto ampio della zona ovest dell’Isola e quindi di poter usufruire di buona parte delle precipitazioni piovose che in tale zona sono particolarmente abbondanti.
Si tratta di un vantaggio in più offerto dal grande serbatoio/galleria che, in sede di progettazione esecutiva varrà la pena di sottoporre ad un’attenta analisi.

N) FATTIBILITA’ DELLE OPERE IN PROGETTO

L’esame di alcuni elementi relativi ai problemi idrici dell’Elba e totalmente estranei al presente elaborato può chiarire alcuni aspetti delle proposte tecniche avanzate.
Ad esempio nel già citato studio effettuato nell’anno 1998 dal dott. Prof. Pier Gino Megale del Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione “P. Celeste” Università degli studi di Pisa intitolato “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA “, trovano sommaria corrispondenza gran parte delle grandezze esposte nel presente lavoro (fabbisogno idropotabile, previsione delle piogge, volume da assegnare al serbatoio di compenso ecc.) e vengono formulati i seguenti concetti di base:
a) Gran parte degli inconvenienti dell’attuale sistema di rifornimento idropotabile dell’Elba sono dovuti agli sfasamenti temporali che si verificano tra punte di consumo e portate disponibili;
b) I volumi d’acqua di pioggia che annualmente precipitano in isola ,se razionalmente utilizzati, sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno idropotabile ed irriguo dell’isola;
c) Le risorse locali dell’Isola d’Elba vengono utilizzate come integrative delle forniture del continente, facendo l’opposto di quello che sarebbe logico immaginare
d) Per risolvere il problema è necessario costruire un serbatoio in grado di accumulare almeno 2 milioni di mc d’acqua.
e) Vista l’impossibilità di creare un bacino in superficie è necessario che il nuovo serbatoio sia ricavato nel sottosuolo.
E’ superfluo rilevare come le affermazioni indicate siano le stesse poste a base delle proposte tecniche qui formulate e che quindi confermino la validità delle scelte operate. Da notare come la brillante soluzione proposta dal Megale e consistente nella costruzione di un serbatoio sotterraneo naturale tramite diaframmi di impermeabilizzazione continui lungo un tratto di costa atti a contenere i necessari volumi d’acqua, per ammissione dell’autore medesimo, presti il fianco a pericoli come la vulnerabilità della falda ed il mancato consolidamento del terreno mentre  tali pericoli non sussistano per il serbatoio qui proposto che, essendo totalmente rivestito in calcestruzzo, consente di tenere sotto controllo ogni immissione d’acqua, nel mentre non viene arrecato alcun danno al sottosuolo attraversato. Il serbatoio-galleria in progetto presenta anche il vantaggio di trovarsi ad una quota sufficiente per alimentare a gravità gran parte degli utenti dell’intera isola mentre quello naturale descritto si trova al di sotto del livello del mare e pertanto richiede il sollevamento di tutta l’acqua a mezzo pompe. Seri dubbi potrebbero essere inoltre avanzati circa le garanzie di impermeabilità di tale serbatoio naturale . Da non dimenticare la caratteristica fondamentale del serbatoio/galleria che è quella di essere destinato a contenere acqua potabile per la quale, al contrario dell’altra soluzione, non è necessario alcun trattamento prima di distribuirla agli utenti.
Anche nell’opera “Le risorse idriche dell’Isola d’Elba” di Bencini A.,Giardi M., Pranzini G. ed altri edita nel 1985 da Tacchi Editore – Pisa, trovano conferma i dati idrologici del presente lavoro.
Uno studio serio e completo sulle possibilità di reperire in Isola venne inoltre eseguito dall’esperto geologo elbano Alberto Segnini il quale dimostro’ come l’acqua esistente poteva essere del tutto sufficiente per l’intera isola.
Altri avvenimenti dai quali è possibili ritrarre utili indicazioni sono le recenti alluvioni che, oltre a confermare il verificarsi in isola di notevoli precipitazioni piovose, fanno considerare estremamente utile la costruzione di un grande bacino come quello in progetto che, con la sua notevole capacità di invaso, è in grado di laminare, almeno in parte, le piene delle valli limitando i danni provocati dalle acque che altrimenti scorrerebbero in superficie.
Utili deduzioni si possono infine trarre dalla constatazione che in tutti i lavori di scavo di gallerie simili a quella qui proposta si verifica il fenomeno, di norma fonte di grandi difficoltà per la prosecuzione dei lavori ma in questo caso provvidenziale in quanto facilita il reperimento delle indispensabili fonti di rifornimento idrico, della immissione nel cunicolo di scavo di tutte le acque esterne che si trovano nel territorio soprastante. Lo stesso fenomeno si è verificato all’Elba negli anni ’60 quando la Montecatini ha costruito alcune gallerie nella valle di Ortano per ricerca di minerali. In tale occasione i quantitativi d’acqua richiamati all’interno furono così rilevanti da costringere la Società ad abbandonare il lavoro.

O) ORDINE DA TENERSI NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

La notevole mole delle opere in progetto assieme alla necessità di affinarne la costituzione man mano che i lavori proseguono e sulla base dell’esperienza di esercizio delle porzioni di serbatoio costruito in precedenza, rendono assolutamente necessario che la costruzione sia effettuata per stralci successivi e tutti funzionali. In particolare sarebbe opportuno eseguire un primo lotto di opere con cui realizzare quanto prima un serbatoio di circa 100.000 mc di capacità utile che consentirebbe, prima di dar corso all’opera completa, di verificare alcuni risultati come ad esempio la reale entità delle immissioni d’acqua di falda, gli introiti effettivi provenienti dalla utilizzazione del materiale di risulta dello scavo e, soprattutto, i vantaggi derivanti al servizio idrico dalla presenza di una capacità di accumulo d’acqua potabile per ben 100.000 mc.
Ultimato il primo lotto ed acquisite tutte le necessarie informazioni dal suo esercizio protratto per un tempo sufficientemente lungo, si potrà procedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione dei restanti stralci fino a raggiungere quella capacità complessiva di accumulo che l’esperienza diretta potrà consigliare.
Da rilevare come la costruzione immediata di un tronco di galleria, e quindi di un serbatoio da 100.000 mc, svolgerebbe un ruolo determinante nell’alimentazione idrica elbana anche nel caso la soluzione prescelta dagli addetti non fosse quella propugnata nel presente lavoro e come , pertanto, la costruzione del primo lotto indicato, sia essenziale per il futuro dell’Isola d’Elba. Ad esempio nel caso si decidesse l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, la presenza di un serbatoio di ben 100.000 atto ad effettuare la compensazione settimanale dell’acqua prodotta, rappresenterebbe l’indispensabile completamento di tali impianti. Altro aspetto da non trascurare è quello inerente la spesa pari a ben 4.000.000 euro che annualmente viene sostenuta per trasportare all’Elba 50.000 mc di acqua potabile con navi cisterna. Ebbene se una volta soltanto venisse impiegata tale cifra per costruire la prima parte del serbatoio/galleria di cui sopra , e la cifra lo consentirebbe, si potrebbe disporre non di 50.000 mc ma del doppio cioè di 100.000 mc di acqua e non per un solo anno ma per tutti gli anni a venire.

P) PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA

La costruzione, in normali condizioni, di una galleria come quella in progetto completa di rivestimento in calcestruzzo armato e di opere accessorie può comportare una spesa di circa 8 miliardi di lire cioè 4.100.000 euro al chilometro. Essendo l’estesa totale prevista in 25 chilometri circa, l’importo complessivo delle opere può essere stimato in 103 milioni di euro. Si tratta di un impegno economico notevole che, a tutta prima, può apparire ingiustificato. Una analisi approfondita delle circostanze particolari dei luoghi può portare a conclusioni differenti. Innanzitutto occorre considerare l’importanza, anche economica, che riveste il problema di un corretto e sicuro rifornimento idropotabile dell’intera isola, rifornimento che nello stato di fatto và incontro a crisi sempre più gravi date dalle difficoltà crescenti che incontrano le fonti della Val di Cornia costituenti la base principale di alimentazione. In secondo luogo bisogna far rientrare nel bilancio economico gli introiti che possono derivare dalla utilizzazione del materiale di scavo della galleria quale ottimo materiale inerte da calcestruzzi, ghiaie e sabbie per riporti utili e per la eventuale ricostituzione della morfologia originaria della bellissima isola onde rimediare ai danni ambientali provocati dalla coltivazione delle cave di granito ed infine di sabbie per il ripascimento di spiagge erose da mareggiate oppure per l’ampliamento di quelle esistenti o la creazione di nuove piccole spiagge. Da tenere in particolare considerazione la produzione di blocchi di granito la cui estrazione, finora effettuata nelle cave all’aperto su concessioni che attualmente stanno per scadere e che sembra abbiano poche probabilità di rinnovo, potrebbe continuare, questa volta, senza arrecare alcun danno all’ambiente. Da rilevare come alla data attuale i locali cavatori siano costretti ad integrare l’insufficiente produzione di granito elbano con quello importato dalla lontana Cina. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare anche la realizzazione di importanti porzioni di serbatoio a costo zero da attuarsi assegnando alle cooperative di cavatori degli spazi sotterranei in cui esercitare in piena libertà la loro attività fatto salvo soltanto il vincolo della quota altimetrica di estrazione del granito che è rigorosamente dettata dai vincoli idraulici del serbatoio. Non si può far a meno di concludere il capitolo inerente gli impegni di spesa senza far rilevare questo aspetto non secondario: i cavatori di quell’ottimo materiale che è il granito elbano invece di procurare immensi squarci alle montagne di S. Piero come fatto nel passato stanno costruendo grandi ed utili vasche sotterranee!

Q) IL SERVIZIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE ACQUE DELL’ATO (Ambito Territoriale Omogeneo)

Abbiamo visto come la costruzione del grande serbatoio/galleria e delle opere di captazione annesse, consenta di rendere il servizio idrico elbano autonomo ed autosufficiente riscattandolo dall’asservimento alla terraferma che tanti problemi sta creando. Questo però non significa che l’Isola sarà in futuro emarginata, essa invece potrà, come tutto il resto del territorio Italiano, entrare a far parte del servizio idrico integrato che riguarda l’intero ciclo delle acque di una più vasta zona (ATO= ambito territoriale ottimale) definita con criteri di razionalità sulla base della legge 36/94 (legge Galli) senza che, per tale motivo, la funzionalità delle opere medesime sia compromessa. Al contrario si potrà, anche in tale occasione, constatare come siano molteplici i benefici che il futuro sistema ATO potrà ritrarne. Innanzitutto poter disporre di una importante fonte d’acqua integrativa ubicata in prossimità di un notevole e decentrato centro di consumo estivo qual è l’Isola d’Elba, significa liberare il grande sistema idrico del gravoso impegno di rifornirla da una terraferma posta ad oltre dieci chilometri di distanza. In secondo luogo la presenza di un serbatoio di estremità come quello qui proposto, quando e se saranno potenziati i collegamenti idraulici con la terraferma, costituisce, con il suo notevole volume di invaso, un fattore di grande sicurezza del servizio idrico dell’intero sistema consentendo, in caso di bisogno, interscambi di portate nei due sensi sempre molto utili tenendo anche presente che in futuro le modalità di reperimento dei notevoli quantitativi d’acqua potabile che il grande sistema idrico richiederà potranno essere notevolmente diversi da quelli attuali. Ad esempio potrà darsi il caso che si debba allora ricorrere al trattamento di acque superficiali, al riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate, alla desalinizzazione dell’acqua salata ecc. ecc. Ebbene sarà in tutte queste evenienze che il serbatoio di estremità si rivelerà ancora una volta utilissimo per la regolarizzazione della produzione che, a fronte di una richiesta idrica variabilissima nel tempo, la sua grande capacità di invaso renderà possibile.

R) IL PRIMO LOTTO – LA RISOLUZIONE IMMEDIATA DELLE CRISI ESTIVE E LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI RETE ALLO SCOPO DI RIDURRE DRASTICAMENTE LE PERDITE

Nel capitolo O) si è proposta la costruzione di un primo lotto di galleria-serbatoio specificandone l’utilità generale. In questo capitolo si ritiene opportuno aggiungere degli importanti dettagli e segnalare come tale opera potrebbe risolvere l’urgente grave problema delle crisi idriche estive utilizzando solo l’acqua potabile fornita dall’esistente acquedotto .
Un punto che riveste un’importanza capitale è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana facendo rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali. Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Si può sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma aumentano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che ciò si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. L’argomento perdite si conclude in questo modo: l’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare e gestire uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Le opere che si possono ragionevolmente prevedere si basano invece sulla ricostruzione delle condotte più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le perdite piuttosto elevate che è necessario tollerare. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile fin dalle opere del primo lotto in argomento.

Le considerazioni su riportate conducono ad una importante conclusione: è fondamentale per l’Elba riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile ed a basso cocosto come quella che forma l’oggetto della proposta galleria-serbatoio.
Si è già visto che la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani è quella di provocare crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno. E’ questo un argomento fondamentale da tenere sempre in mente e che è opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. E’ questo un ulteriore prova della validità del serbatoio-galleria che è appunti destinato a contenere acqua potabile.

Ed ora, si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di una prima parte del serbatoio-galleria (vedi fig. 10 allegata).

Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di invaso pari a soli 100000 mc di acqua potabile la quale,

ig. 10 = veduta prospettica dellle opere del primo lotto esecutivo

secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente prelevabile dalla rete acquedottistica durante i periodi autunno-invernali. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori e di altre complesse apparecchiature ma eventualmente con un solo sistema di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio del presente articolo  e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In sostanza un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

In basso si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione. La vasca viene alimentata tramite valvola di regolazione asservita alla pressione della rete

S) IL TRATTAMENTO PER LA CORREZIONE DELL’ACQUA CAPTATA NELLA VAL DI CORNIA

E’ diffusa in questi giorni (settembre 2011) notizia del “piano anti boro” per l’acqua che scorre dai rubinetti di alcuni comuni della Val di Cornia e dell’isola d’Elba, da sempre alle prese con il problema del’arsenico e boro. Il piano vale 20 milioni di euro e comprende la costruzione e l’esercizio di complesse e costose apparecchiature di trattamento dell’acqua captata nella Val di Cornia e distribuita in tutto il territorio, Isola d’Elba compresa. Nulla è detto riguardo ai maggiori costi di produzione dell’acqua potabile che ne deriveranno nè se ad essi si dovrà far fronte con aumenti tariffari posti a carico dei cittadini.

L’Isola d’Elba da parte sua provoca, suo malgrado e senza colpa alcuna essendo dovuti esclusivamente alla sua particolare condizione di insularità, costi aggiuntivi a quelli citati di trattamento anti boro ed anti arsenico, costi aggiuntivi che si riferiscono al notevole onere di trasporto dell’acqua dalla Val di Cornia ed alle perdite occulte che raddoppiano l’mporto finale di produzione e trasporto di ogni litro d’acqua che giunge all’utente..

Anche l’acqua di ottima qualità presente in Isola in gran quantità durante il periodo autunno-invernale, poiché i programmi dell’Enta gestore prevedono il suo immagazzinamento in una ventina laghetti all’aria aperta e sparpagliati in lungo e largo per l’Isola, finirà per dover subire un trattamento di potabilizzazione assai costoso. e tra l’altro frammentato in piccole porzioni sparse anch’esse in varie parti dell’Isola.

Quanto sopra rende con una sempre maggior evidenza che, per quanto riguarda l’Elba, la strada da percorrere non poteva che essere quella basata sulla costituzione di un grande invaso come quello oggetto del presente lavoro e che sarebbe atto a ricevere e conservare intatta non acqua grezza ma quell’acqua potabile, buonissima e di minimo costo che vi si trova fuori stagione grazie alle abbondanti piogge che si hanno tutti gli anni. Ancora una volta è di mostrata, senza che ce ne fosse bisogno, l’utilità del serbatoio/galleria di grande volume che, oltre ai vantaggi già indicati, avrebbe sicuramente ed in maniera determinante contribuito ad abbassare il costo medio di produzione dell’acqua.

T) CONCLUSIONI

La grande ricchezza del sottosuolo elbano, nota fin dalla preistoria ma da tempo poco sfruttata, viene qui riscoperta per dotare l’Isola di un’opera in grado di risolvere in maniera definitiva uno dei problemi che oggi l’assillano: il rifornimento idropotabile. Si tratta di ricavare nel materasso granitico della parte ovest dell’Isola dove più frequenti sono le piogge, una galleria-serbatoio che circondando il Monte Capanne sia atto a raccogliere ed accumulare la quasi totalità dell’acqua che, concentrata in brevi periodi, vi precipita durante il corso dell’anno, allo scopo di distribuirla all’utenza al momento della sua effettiva e variabilissima richiesta. Un beneficio secondario ma tutt’altro che trascurabile, è quello della laminazione delle piene ad opera della citata raccolta d’acqua piovana dei fossi e che contribuirà a lenire i danni provocati agli abitati posti a valle dalle precipitazione eccezionalmente abbondanti.
Nella trattazione si sono formulate due ipotesi la prima che prevede la costruzione di un serbatoio interamente adibito all’accumulo di acqua potabile per un volume di 2.000.000, la seconda con la suddivisione della capacità totale di invaso in due parti uguali: una per l’acqua pura pronta per essere distribuita all’utenza e l’altra per acqua grezza da raccogliere dai fossi nello stato in cui vi si trova durante i periodi piovosi.
Questa seconda ipotesi si articola in due diversi modi e cioè con o senza possibilità di distribuire, oltre a quella potabile anche acqua grezza per usi vari. Sussiste infine una attività assolutamente innovativa che riveste un ruolo importante per l’economia e l’autosufficienza energetica dell’Isola: la produzione di energia elettrica. La scelta della soluzione definitiva da adottare potrà farsi, come tutte le altre decisioni di dettaglio, soltanto in fase di progettazione esecutiva e dopo aver eseguito tutti i necessari accertamenti.
La quota altimetrica di imposta dell’opera presenta molteplici vantaggi che vanno dalla notevole ampiezza del bacino sotteso, alla possibilità di alimentare in fase definitiva per caduta la quasi totalità dell’utenza evitando quindi l’uso di pompe per il sollevamento dell’acqua ed in prima fase utilizzando in toto la rete di adduzione oggi esistente. Un ulteriore suo vantaggio é dato dalla possibilità di sfruttare una quota così elevata per l’eventuale produzione di energia elettrica.
L’opera proposta è del tutto singolare ma, a giudizio di chi scrive è atta a raggiungere lo scopo senza alterare le caratteristiche ambientali dell’isola ma, al contrario, contribuendo indirettamente a fornire incremento e continuità ad alcune attività locali, al turismo e all’industria edilizia grazie all’ottimo materiale lapideo di risulta dagli scavi. Essa potrà, inoltre, entrare intimamente a far parte del futuro sistema del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli per il competente ambito territoriale ottimale.

lL progetto del maxi serbatoio per l^sola d’Elba è stato pubblicato, in italiano ed inglese, sul n 75 aprile 2005 della rivista “GALLERIE E GRANDI OPERE SOTTERRANEE”nella esatta veste riportata sopra

BIBLIOGRAFIA

Bencini A., Giardi M., Pranzini G.,Tacconi B.M., 1985, Le risorse idriche dell’Isola d’Elba, Tacchi Editore, Pisa
Megale P.G., Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba, Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione ” P.Celeste” – Università degli Studi di Pisa
Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche, Il Piano di risanamento
Braccesi G., La vulnerabilità delle falde Elbane
Marinello G., Carta geologica dell’Isola d’Elba alla scala 1:25000

Ultimo aggiornamento: settembre 2011

AVANTI

LA REGOLAZIONE DEGLI IMPIANTI DI SOLLEVAMENTO DEGLI ACQUEDOTTI

 1. PREMESSA

Impianto di sollevamento acquedotti
Impianto di sollevamento acquedotti

Gli impianti di sollevamento degli acquedotti di tipo tradizionale sono costituiti da una serie di pompe che innalzano l’acqua dal serbatoio annesso agli impianti di produzione a quello superiore di solito previsto in testa alla rete, con asservimento ai livelli di invaso.
Impianti acquedottistici così concepiti hanno svolto per decenni il loro compito in maniera semplice ed affidabile.
Le grandi possibilità offerte dalla moderna tecnica acquedottistica hanno però in questi ultimi tempi promosso una profonda trasformazione del settore con miglioramento del servizio offerto all’utenza ed una notevole economia nelle risorse disponibili e particolarmente nei consumi energetici e nei volumi d’acqua potabile.
I vantaggi ottenibili sono notevoli ma richiedono una attenta risoluzione di numerosi problemi legati alla concezione degli impianti e alle diverse modalità della loro gestione.

2. POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA SERBATOIO E MANDATA IN SERBATOIO

 

Regolazione a massimo livello del serbatoio di arrivo – P = pompa

I serbatoi posti all’aspirazione e alla mandata delle pompe, anche se sempre più spesso sostituiti da altri dispositivi idraulici, svolgono un ruolo molto importante in quanto, attuando la separazione idraulica delle pompe dalla condotta di alimentazione della rete , eliminano ogni trasmissione di colpi d’ariete in essa. Esplicano inoltre, soprattutto se il volume di invaso è cospicuo, una utilissima funzione di compensazione di eventuali sbalzi della portata sempre possibili per i motivi più disparati.
Considerato che il dislivello topografico da vincere con il pompaggio è fisso, questi impianti sono costituiti esclusivamente da pompe a velocità di rotazione costante funzionanti in parallelo e ad intermittenza. Le possibilità di regolazione sono le seguenti.

2.1 Asservimento al livello massimo di invaso del serbatoio di arrivo.

Si tratta del tipo di installazione che si incontra più frequentemente e che forma l’oggetto della trattazione specifica visibile nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti”
In questa sede ci
si limita a ribadire che la soluzione in argomento, produce l’effetto di avere il serbatoio di arrivo sempre al massimo livello il che, se da un lato presenta un notevole vantaggio, dall’altro gli impedisce di svolgere la compensazione delle portate, compensazione che viene in gran parte effettuata direttamente dalla produzione. Altro lato positivo del sistema è dato dalla semplicità ed affidabilità di funzionamento.

2.2 Asservimento ad un grafico giornaliero di riempimento/svuotamento del serbatoio di arrivo.

 

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a livelli imposti del serbatoio di arrivo .- P= pompa – L=misuratore livello – In rosso il collegamento elettrico-elettronico o via radio.- E’ schematizzato io grafico dei livelli imposti

 

grafico livelli serbatoio
Esempio di diagramma dei livelli dgiornalieri  da imporre al serbatoio

 

L’asservimento delle pompe ad un prefissato diagramma giornaliero di riempimento/svuotamento del serbatoio di arrivo, detto anche regolazione a livelli imposti del serbatoio, offre il vantaggio di utilizzarne tutto il volume utile in tutte le giornate dell’anno e quindi di ottenere una buona compensazione delle portate durante le giornate di consumo elevato e, più in generale, una diminuzione della produzione diurna a favore di quella notturna in tutte le giornate in cui i consumi sono bassi o medio bassi, giornate che, come ben noto, sono statisticamente in numero preponderante. Ciò torna particolarmente utile negli acquedotti più complessi ed in caso di acquedotti alimentati da fonti diversificate.
Gli aspetti costruttivi e di esercizio di
un sistema come quello in argomento sono molteplici e sono trattati a parte nell’articolo citato al punto precedente. 

Si sottolinea che  il tipo di regolazione di cui si tratta  rappresenta l’optimum in molti tipi di acquedotto e quindi deve essere tenuto in debita considerazione pet gli ottimi risultati

3 POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA SERBATOIO ED IMMISSIONE DIRETTA IN RETE.

L’eliminazione di uno o di più serbatoio previsti nello schema classico sopra descritto, se da un lato costringe a rinunciare ad alcuni dei benefici che, come detto in precedenza, tali strutture presentano, dall’altro consente di ottenere consistenti vantaggi nel mentre è possibile ovviare alle lamentate deficienze adottando particolari accorgimenti tecnici. Gli impianti possono essere costituiti sia da più pompe di tipo diversificato a seconda delle portate e delle prevalenze da vincere sia da pompe singole a velocità variabile aventi portate e prevalenze anch’esse adeguate al fabbisogno. Sono possibili le seguenti varianti.

3.1 Asservimento alla portata in uscita

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a portata imposta in uscita dalla centrale.- P=pompa .- Q=misuratore di portata

 

Esempio di grande acquedotto regolato in funzione della portata in uscita ed, in variante, a velocità di rotazione delle èompe prefissata

In questi impianti viene installato, nella condotta di uscita e subito a valle delle pompe, un misuratore di portata con trasmissione in tempo reale dei dati al sistema di controllo che provvede automaticamente a variare la portata sollevata in funzione delle richieste della rete. In altri termini quando la portata tende a salire viene messa in moto una pompa più potente o, quando sono presenti pompe munite di inverter o di altro dispositivo di regolazione dei giri, aumentata la velocità di rotazione di quella già in servizio, fino a raggiungere la stabilità della portata in uscita. Al diminuire della richiesta ha luogo il procedimento contrario e cioè la diminuzione della portata sollevata. Impianti di questo tipo non solo consentono di immettere in rete volumi d’acqua sempre adeguati alle richieste dell’utenza ma, soprattutto, consentono di variare, assieme alla portata, anche la pressione di pompaggio. In dettaglio sia con il funzionamento di pompe a giri fissi funzionanti in parallelo sia mediante pompe a giri variabili, è possibile assegnare una maggiore pressione di mandata quando la portata è elevata e quindi vincere le perdite di carico della rete particolarmente elevate in tali frangenti, sia di diminuire la pressione in testa alla rete durante i periodi di bassi consumi soprattutto notturni con il duplice vantaggio di un minore consumo di energia elettrica e di minori perdite occulte di rete. Sono evidenti i vantaggi rispetto agli impianti di sollevamento tradizionali descritti sopra. Tra gli inconvenienti che il sistema presenta è da rilevare innanzitutto la mancanza di stacco idraulico tra mandata delle pompe e condotte che provoca la trasmissione in rete di pericolosi colpi d’ariete cui bisogna far fronte garantendo la gradualità di tutte le manovre delle apparecchiature idrauliche, pompe e saracinesche di chiusura comprese, e mediante installazione di adeguate casse d’aria. Un altro problema è quello inerente la possibilità che la regolazione delle pompe sia influenzata da fattori esterni alla richiesta dell’utenza come può essere la modifica indotta nella portata dai cambiamenti di assetto delle pompe stesse, da cui può derivare un funzionamento del tutto anomalo del sistema. E’ infatti noto come la portata assorbita dalla rete possa essere pesantemente influenzata anche da variazioni della pressione di testa. In particolare quando il dispositivo automatico effettua un aumento o diminuzione nei volumi d’acqua immessi in rete a seguito della corrispondente richiesta di rete, la registrazione del cambiamento di portata effettuata dalla apparecchiatura di controllo provoca una nuova variazione nell’assetto delle pompe dando inizio ad un ciclo ripetitivo che può avere effetti imprevedibili. Il problema va risolto dal computer di comando e controllo il cui programma deve definire le tendenze di consumo consolidate sulla base di una attenta interpretazione dei dati di arrivo e predisporre opportunamente l’intervento delle pompe. Si tratta di procedure ben note e comunemente adottate nei programmi relativi alle automazioni di impianti anche diversi da quelli acquedottistici nei quali è accertata la necessità di effettuare tutte le regolazioni in modo graduale e tenendo conto delle risposte che il sistema riceve a seguito degli ordini impartiti.

 

3.2 Asservimento ad una prefissata pressione di uscita

 

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a pressione imposta all’uscita dalla centrale – P=pompa M= misuratore pressione

 

Si tratta di una regolazione simile a quella precedente ma basata non sul soddisfacimento delle portate richieste dall’utenza bensì sulla necessità di avere una pressione in testa alla rete prefissata ora per ora ed indipendentemente dalla portata stessa. La pressione sarà atta ad ottenere un valore elevato nelle ore di maggior consumo ed un valore minimo durante i bassi consumi e soprattutto la notte al fine di economizzare nell’energia elettrica ed anche nelle perdite occulte che, come ben noto, sono funzione della pressione medesima in condotta. I valori imposti corrisponderanno esattamente a quelli prefissati anche se le portate richieste dall’utenza saranno diversificate : il dispositivo automatico, rilevata la pressione di partenza, la confronta con quella data per l’istante in esame e ordina la variazione nel funzionamento delle pompe onde riportarla esattamente al valore prefissato. L’esperienza diretta effettuata con impiego di questo tipo di regolazione ha dato risultati ottimi  Da rilevare come il grafico di preimpostazione delle pressioni di immissioni in rete può essere modificato stagione per stagione basandosi sui risultati ottenutoi negli anni precedenti ed ottenere quindi il superamento di eventuali deficienze di pressione oppure l’aumento razionale nelle ore diurne nelle quali si verificano statisticamente consumi elevati.

 

 

3.3 Asservimento alla pressione di rete

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a pressione di rete imposta ora per ora. P=pompa M=misuratore pressione di rete. E’ schematizzato il grafico della pressione imposta in rete

grafico delle pressioni acquedotto
Esempio di pressione dei punti caratterisstici della rete da imporre giornalmente

Una regolazione di questo tipo costituisce un notevole miglioramento di quella del punto precedente. La rete viene munita di apparecchiatura per il rilievo e la trasmissione in tempo reale della pressione delle condotte di rete nei punti caratteristici del territorio servito. I dati ricevuti dal calcolatore centrale vengono elaborati in modo da determinare i valori medi di pressione che, confrontati automaticamente con quelli prefissati determinano la variazione di assetto delle pompe. Questa regolazione è quella da preferire a tutte le altre in quanto assicura che i valori finali ai punti di consegna dell’acqua all’utenza siano corretti e garantisce quindi la massima economia di pompaggio. La curva delle pressioni da prefissare per tutti i nodi potrà prevedere ad esempio un carico di 35 m alle 9 del mattino quando si prevede un consumo di punta per calare a 30 m alle 12 e restare su tale valore fino alle 17. Alle ore 18 il valore può salire a 35 m per tornare a 25 m alle 20, 20 m alle 22, 18 m alle 24, 15 m dalle 1 alle 4. Dalle ore 5 ha luogo l’aumento della pressione che passa di ora in ora a 17 m alle 6, 20 alle 7, e quindi tornare a 35 alle 9

 

3.4 A orari prefissati.

Si tratta di prefissare, sulla base dei dati reali di funzionamento relativo a giornate similari, le velocità di rotazione  che le pompe devono assumere minuto per minuto nel corso dell’intera giornata e, con ciclo settimanale, giorno per giorno. Una regolazione di questo tipo sembrerebbe non essere atta, sia negli impianti con pompe a giri fissi e sia in quelli con pompe a giri variabili, ad garantire un buon sollevamento idrico. Esperienze dirette hanno invece dimostrato che tali modalità consentono di dare al pompaggio quelle caratteristiche che il gestore ritiene le migliori per fronteggiare i problemi che la rete e l’utenza presentano. Da rilevare che non si tratta di imporre portate o pressioni ma solo la velocità di rotazione minuto per minuto il che significa, per cuascuna preimpostazkione . di lasciare libertà di presskione e di portata della pompa in funzione della sua curva caratteristica e sulla base delle richieste effettive di rete.
Supponiamo ad esempio di esaminare una rete sottodimensionata che, pertanto, risulta gravemente deficitaria nella consegna dell’acqua all’utenza nelle ore di massimo consumo. Ebbene, essendo ben note le ore nelle quali si verificano i consumi di punta, sarà sufficiente prevedere in tali periodi, una forzatura del pompaggio da attuarsi, nel caso di pompe a giri variabili, fissando una elevata velocità di rotazione della pompa, e, negli altri casi, la messa in moto di una pompa avente maggior prevalenza e portata di quanto normalmente previsto. Tale stato di forzatura si prevederà esclusivamente nelle ore di punta, salvo poi tornare a un pompaggio del tutto normale nelle restanti ore e, naturalmente, rientrare entro valori assolutamente minimali per la notte.
Si deve aggiungere che una volta raggiunta la velocità di rotazione prefissata per un determinato orario oppure messa in moto una determinata pompa, il sistema esegue automaticamente la regolazione di dettaglio in funzione della portata richiesta dalla rete senza grandi variazioni nella pressione considerato che le curve caratteristiche portata/prevalenza di sollevamento sono, soprattutto nelle grosse macchine, poco inclinate. L’esame settimanale dei dati reali di funzionamento consentirà di verificare se i rendimenti siano sempre corretti provvedendo, in caso contrario, a modificare le prevalenze imposte a fine di rientrare entro i valori corretti.

 

4 POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA RETE E MANDATA IN SERBATOIO

Gli impianti compresi in questa categoria sono molto simili, tipo per tipo, a quelli di cui al precedente art. 2 così come simili sono le modalità di regolazione. Pertanto, per le caratteristiche tecniche, si fa riferimento alle descrizioni contenute nell’art. 2 medesimo.
L’aspirazione delle pompe, che nel caso precedente poteva contare su un livello assolutamente stabile quale è quello di invaso, nel caso qui in esame è invece soggetta alle grandi variazioni di pressione che caratterizza la rete. Al vantaggio derivante dal recupero di tutta la pressione residua nelle condotte di aspirazione che consente notevoli economie energetiche date dalla minore prevalenza delle pompe, fa riscontro una grande variabilità nel dislivello da vincere con il sollevamento e quindi delle difficoltà obbiettive nella scelta delle pompe atte a effettuarlo con buoni rendimenti. Vi si può ovviare installando più pompe a velocità variabile funzionanti in parallelo la cui grande elasticità di funzionamento consente di adeguare con continuità il pompaggio, tramite le stesse regolazione prima descritte, alla portata e alla pressione richiesta istante per istante. Un accorgimento necessario è la presenza, all’aspirazione, di dispositivi come le casse d’aria, atte ad attenuare efficacemente, la trasmissione in condotta dei colpi d’ariete.

 

5 POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA RETE ED IMMISSIONE DIRETTA IN RETE

Vale per questa categoria di impianti quanto detto al precedente art-. 3 con la sola differenza che occorre prevedere i dispositivi di attenuazione dei colpi d’ariete sia a monte che a valle delle pompe.

 

6 CONCLUSIONI

Le brevi indicazioni fornite sulla regolazione degli impianti di sollevamento possono solo dare un’idea delle molteplici possibilità che sussistono nel settore e soprattutto a spingere ogni utilizzazione a non accontentarsi delle soluzioni tradizionali molto diffuse ancora oggi e nelle quali tutti gli automatismi di comando delle pompe si riducono ad alcuni galleggianti installati nel serbatoio di arrivo dell’acqua. La ricerca di soluzioni tecniche adatte volta per volta alle condizioni reali della rete e dell’utenza, possono dare risultati importanti. Alcune di tali soluzioni sono descritte in dettaglio nei vari articoli di questo stesso sito.

PORTATE E PERDITE

 

 

Esempio di pressione e portate nel punto di immissione n rete. Da qui in poi nessuno sa nulla dove e come và a finire quest’acqua

Un elemento che caratterizza fortemente gli acquedotti è la portata valutata nelle sue molteplici accezioni. Grave è la mancanza di dati di portata che si registrano in diversi settori del sistema idropotabile . Ad esempio non è nota con sufficiente precisione come si distribuisce realmente nelle condotte di rete la portata totale d’acqua immessa in rete, non si conoscono le perdite reali distinte condotta per condotta ed in maniera analoga non sono note le portate in uscita nodo per nodo ed in tempo reale che sono elementi indispensabili per la esecuzione. dei calcoli di verifica della rete. Il fenomeno viene illustrato nei seguenti sottocapitoli assieme alle soluzioni tecnico economiche da adotttare per una corretta alimentazione idropotabile dei cittadini.

La trattazione è suddivisa in più parti in base alla data di compilazione.

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CARENZA IDRICA ED ALIMENTAZIONE IDROPOTABILE A TURNI ALTERNATI

1. PREMESSA


Un grave inconveniente derivato da prolungati periodi di siccità è quello delle crisi alle fonti che alimentano gli acquedotti e della conseguente necessità di razionamento delle insufficienti risorse idriche allora disponibili. Sono descritti nella nota i frequenti problemi igienici che sorgono ed indicata una loro possibile soluzione.

 

2. EFFETTI DELLA CRISI IDRICA

I provvedimenti che si adottano in caso di grave e temporanea crisi idrica sono nell’ordine:

· In prima fase la sospensione della fornitura d’acqua durante i periodi notturni;
· In seconda fase, da attuare in caso di insuccesso della prima ed in aggiunta ad essa, la sospensione diurna praticata a turni orari alternati mediante chiusura delle saracinesche stradali zona per zona e per periodi più o meno lunghi in funzione della residua disponibilità d’acqua.

Oltre a provocare gravi disagi alla popolazione che si vede privata del rifornimento idrico per molte ore del giorno e per tutta la notte, un servizio turnario del genere comporta anche gravi rischi igienici. E’ infatti ben noto come in ogni realtà acquedottistica siano presenti piccole fessurazioni o rotture delle tubazioni interrate che provocano, durante il normale esercizio, perdite d’acqua per quantitativi pari, in acquedotti in ottimo stato di manutenzione e funzionanti a pressione normale, a circa il 20% del volume totale d’acqua prodotta per arrivare, negli acquedotti vetusti o funzionanti a pressione elevata, fino al 50% di esso ed anche oltre. Fortunatamente la fuoriuscita d’acqua attraverso le piccole fessure, esercita una azione igienicamente protettiva in quanto la forte pressione e velocità che la caratterizza, inibisce ogni immissione all’interno delle tubazioni di liquidi, insetti o altre sostanze inquinanti sempre presenti nei terreni attraversati, azione protettiva che però viene totalmente a mancare quando, per un qualsivoglia motivo, il flusso d’acqua in condotta viene interrotto. Ha luogo, in tal caso, un’azione contraria di aspirazione verso l’interno delle condotte stesse che tendono a svuotarsi per alimentare utenze o perdite poste nelle zone altimetricamente depresse. In definitiva ogni interruzione di funzionamento delle condotte stradali costituisce una probabile fonte di inquinamento che impone, prima della messa in pristino, un accurato lavaggio e disinfezione di tutti i tronchi di tubazione interessati dal disservizio.
Sono evidenti i rischi igienici che si corrono quando l’alimentazione idropotabile di un’intera città viene effettuata, come indicato all’inizio, a turni alternati comportanti ripetute sospensioni e rimesse in servizio dell’intera rete di distribuzione dell’acqua potabile senza che vengano rispettate le regole citate in tema di lavaggio e disinfezione.

 

3. REGOLAZIONE  IDROPOTABILE CORRETTA

La soluzione di molti dei problemi ricorrenti nel rifornimento idropotabile può essere trovata adottando, nella costruzione ed esercizio dei complessi acquedottistici, concetti diversi da quelli tradizionali classici e che presentano, rispetto a questi ultimi, evidenti vantaggi quali economia nelle spese energetiche, minori perdite occulte, corretta consegna dell’acqua all’utenza ed infine una grande elasticità di esercizio che consente di affrontare efficacemente eventuali situazioni di emergenza. Si tratta di una rete di distribuzione, a buon titolo chiamata rete ideale, funzionante a pressione di partenza variabile e che può validamente sostituire quella tradizionale caratterizzata, invece, da vasche di carico poste in testa ad essa con lo scopo di assicurare una pressione costante dell’acqua immessa in rete. L’elemento posto sotto controllo nella rete ideale è invece la pressione finale di consegna dell’acqua all’utenza ritenuta, a ragione, determinante per una corretto esercizio. Per raggiungere tale scopo la vasca di carico, prima descritta per la rete classica, deve essere sostituita da un dispositivo idraulico che, tramite l’impianto di telecontrollo e telecomando dell’acquedotto, varia in continuazione e del tutto automaticamente la pressione con cui l’acqua viene immessa in rete e ciò sulla base di precise modalità di definizione di detta pressione finale costantemente tenuta sotto controllo dal sistema. Quest’ultima dovrà infatti, in ogni giornata, essere elevata nelle ore in cui si verificano le richieste maggiori (ad esempio m. 35 sul tubo), media al pomeriggio quando non si hanno consumi di punta (m.25) ed infine molto bassa (m.15) alla notte quando i consumi sono prossimi a zero. Il dispositivo idraulico, costituito nella rete a sollevamento meccanico da pompe a velocità variabile con immissione diretta in rete ed in quella funzionante a gravità da una o più valvole di riduzione della pressione dotate di servocomando meccanico azionato dall’impianto di telecontrollo, provvede alla regolazione continuativa ed automatica della pressione di testa della rete in modo da riportare quella finale rilevata ai punti caratteristici della rete e trasmessa in continuazione al centro, entro i valori prefissati ora per ora.
Una rete del genere, le cui caratteristiche generali sono meglio spiegate nella memoria ” La razionalizzazione delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” visibile in questo stesso sito, presenta, tra l’altro, il vantaggio di fornire una adeguata soluzione del problema inerente la crisi delle fonti che forma specificatamente l’oggetto della presente memoria. Essa consente infatti di limitare durante prefissati intervalli temporali, i volumi d’acqua da distribuire all’utenza, non già, come si usa fare con troppa disinvoltura chiudendo sic et sempliciter l’acqua zona per zona ma invece abbassando ad arte la pressione di esercizio fino al raggiungimento delle necessarie economie idriche e tutto ciò mantenendo comunque una pressione finale in condotta sempre sufficiente per evitare ogni immissione di sostanze dall’esterno dei tubi.
Si dimostra come anche in regime di funzionamento normale ad una riduzione della pressione di esercizio contenuta comunque entro valori atti ad una corretta alimentazione di tutta l’utenza, corrisponda una sensibile diminuzione del consumo idrico totale che si riscontra non soltanto nelle perdite occulte, molto sensibili alla variazione in oggetto, ma anche nelle richieste dell’utenza (tale fenomeno è spiegato nella memoria “Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” . Quando poi, come accade durante il razionamento turnario che qui si vuole propugnare, la pressione viene ridotta molto al di sotto del limite minimo di esercizio (ad esempio portandola ad un valore di soli 5 m di colonna d’acqua sull’asse tubo), allora si riscontrano anche economie idriche conseguenti al mancato rifornimento di gran parte dell’utenza per cui i volumi totali d’acqua consumati durante l’orario di turno sono prossimi allo zero.
In definitiva un possibile razionamento d’acqua della “rete ideale” è quello che si ottiene abbassando la pressione di consegna, per un numero di ore giornaliero definito in funzione delle reali disponibilità d’acqua, fino a portarla al valore minimo ma sufficiente per evitare che le condotte vadano in depressione. Allora la maggior parte dell’utenza è priva del rifornimento idrico ma viene tutelato l’igiene del servizio assicurando, al tempo stesso, una alimentazione minimale ai rubinetti posti ai piani bassi delle case cui gli utenti possono ricorrere in caso di estrema necessità. La metodologia, consentendo anche il ripristino immediato del normale servizio allo scadere dell’orario prestabilito senza dover ricorrere a straordinari lavaggi e alla disinfezione della rete, possiede tutte le caratteristiche per una risoluzione ottimale del problema “Razionamento idrico mediante turnazione”.
Da rilevare infine una interessante caratteristica della “rete ideale” : quella di poter far fronte alle crisi idriche di modesta entità senza togliere del tutto il rifornimento dell’utenza ma semplicemente abbassando la pressione di funzionamento entro valori compatibili con un normale servizio e con la producibilità reale delle fonti. Ad esempio si dimostra come, in una rete funzionante a 35 m di colonna d’acqua rispetto al suolo, una riduzione spinta fino a 20 m., ancora sufficienti per una corretta alimentazione idropotabile, assicura una economia nei consumi totali dell’utenza di ben il 25%.

 

4. CONCLUSIONI

Si sono descritti i pericoli che, nei riguardi dell’igiene, incombono sul servizio idropotabile quando viene attuata l’alimentazione turnaria per far fronte ad eccezionali carenze delle fonti di alimentazione.
La soluzione prospettata del problema consiste nel sostituire alla chiusura delle condotte stradali che si usa effettuare anche se è causa di probabile inquinamento della rete acquedottistica, la riduzione della pressione di esercizio fino a portarla a valori minimi compatibili con la salvaguardia igienica del servizio. Sono indicate anche le caratteristiche da assegnare alla moderna rete di distribuzione per ottenere, assieme a molti altri vantaggi, già noti, anche la possibilità di attuazione di tali provvedimenti.

La soluzione prospettata si riferisce agli acquedotti che alimentano territori pianeggianti ma. in linea di principio. resta valida anche per quelli aventi territori ad altimetria diversificata salvo adottare una specifica  metodologia di regolazione della pressione come sarà indicato in altri articoli del presente sito.

 

LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIODELLA RETE CON MINIMA DISSIPAZIONE ENERGETICA

 

1) PREMESSA

Uno degli inconvenienti che compromettono l’efficienza di molti acquedotti sono le perdite occulte che in Italia in questi ultimi anni ed a seguito dell’invecchiamento delle strutture acquedottistiche, hanno assunto valori elevatissimi e molto spesso assolutamente ingiustificati anche in considerazione delle difficoltà sempre crescenti di produzione dell’acqua potabile. Uno dei rimedi che si sta imponendo ovunque perché atto a diminuirne sensibilmente l’incidenza senza dover ricorrere al rifacimento totale delle reti, è la regolazione della pressione di esercizio. Assodato che si tratta di un provvedimento di estrema efficacia, si è fatto ricorso a tutti i mezzi possibili per riportare in ogni evenienza ed in ogni situazione la pressione entro limiti corretti. Un intervento spesso magnificato dalla letteratura tecnica nazionale ed internazionale è basato sulla distrettualizzazione cioè sulla suddivisione della rete in tante parti che si possono facilmente tenere sotto controllo. Un altro provvedimento effettivamente realizzato, e che si sta espandendo a macchia d’olio ovunque per i buoni risultati che se ne possono ottenere, si basa sulla posa in opera e gestione automatica di valvole di riduzione della pressione asservite all’impianto centralizzato di telecomando e telecontrollo con le quali non solo si riesce a mantenere la pressione entro un massimo compatibile con la tenuta e la durata delle tubazioni di rete ma anche a modularla diminuendola sensibilmente durante la notte ed in genere tutti i periodi di bassi consumi. È ben noto come sia durante la notte e più in generale durante i periodi di minore richiesta che si concentra la maggior parte delle perdite.
Si deve rilevare ancora una volta che, se la distrettualizzazione rappresenta una vera sconfitta della moderna tecnica acquedottistica in quanto conduce alla perdita di alcuni dei pregi principali delle reti magliate e cioè la sicurezza di esercizio e le ridotte perdite di carico che ne sono alcune delle ottime prerogative, dall’altro lato la riduzione della pressione operata dalle valvole rappresenta una altrettanto ingiustificata dissipazione energetica, dissipazione non tollerabile soprattutto negli acquedotti che funzionano a sollevamento meccanico in quanto rappresenta né più né meno, la distruzione di una parte di ciò che si è appena creato a prezzo di elevati consumi di energia elettrica.
Il fenomeno è identico a quello che accade quando si azionano i freni di una autovettura: si dissipa una notevole parte dell’energia prodotta dal motore a prezzo di un notevole consumo di carburante.
L’esempio del freno delle autovetture porta ad una ulteriore ed interessante similitudine: così come le autovetture di recente concezione riescono a recuperare gran parte dell’energia di frenata ricaricando con essa gli accumulatori elettrici, in maniera del tutto analoga con le opere qui proposte si ricupera quasi per intero il carico che normalmente viene dissipato dalle valvole di regolazione ottenendo suo tramite l’accumulo dell’acqua in serbatoi distribuiti in rete.

 

2) I CONCETTI FONDAMENTALI

Le valvole di regolazione o, per essere più precisi, di riduzione della pressione di cui si è detto, raggiungono il loro scopo trasformando l’energia in calore che viene immediatamente dissipato. Un diverso modo per ottenere lo stesso effetto di riduzione del carico consiste nel mutarne totalmente la destinazione e precisamente restare in campo prettamente acquedottistico ed approfittare di detto esuberante carico per compiere un’azione utile cioè per accumulare l’acqua, e conservarla pronta per l’uso, in un apposito serbatoio ubicato lontano dalla produzione all’interno della rete di distribuzione. In pratica si tratta di sostituire la valvola di regolazione presente in una condotta principale con un serbatoio effettuando così lo scambio di due dispositivi, valvola e serbatoio che in questo caso hanno funzioni simili ma risultati totalmente diversi. Infatti nel primo caso lo scopo è raggiunto strozzando al punto giusto la valvola di riduzione e nell’altro aprendo opportunamente la valvola di immissione dell’acqua nel serbatoio. In questo caso, che è quello che interessa particolarmente, l’abbassamento della pressione è in gran parte dovuto alle maggiori perdite di carico provocate dall’aumento di portata che si è indotto nella rete, aumento di portata che si traduce in un proficuo collettamento idrico da centro di produzione a serbatoio senza alcun ulteriore dispendio energetico all’infuori del carico idraulico già presente in origine e che le valvole di riduzione andrebbero a dissipare. Permane una piccola perdita dovuta alla dissipazione operata dalla valvola di immissione in serbatoio. La differenza abissale tra i due sistemi citati e cioè valvola nel primo e serbatoio nel secondo, è ovvia ed è data dalla facoltà propria del serbatoio ed assolutamente inattuabile nel caso della valvola, di poter non solo abbassare la pressione in eccesso operando secondo le modalità indicate, ma di agire anche in direzione diametralmente opposta e cioè intervenire positivamente nella regolazione della rete quando la sua pressione di esercizio è insufficiente sia pur a prezzo di un modesto consumo energetico. In definitiva quella proposta è una doppia regolazione della pressione ed è quindi atta quindi a soddisfare tutte le necessità del momento.

 

3) LA RETE REGOLATA A MEZZO SERBATOI

La soluzione che si vuole proporre prevede l’inserimento in rete degli impianti di regolazione della pressione notturna ognuno dei quali è costituito da un serbatoio di accumulo con annessa centrale di risollevamento non presidiati da personale ma asserviti al sistema di telecontrollo e telecomando centrale.
Per chiarire meglio i concetti sarà utile un esempio.
Si debba regolare la pressione di una rete come quella di figura 1 avente una grande estensione in territorio pianeggiante e supponendo sia alimentata da un solo centro di produzione e pompaggio.

 

Figura 1 = esempio di rete unificata di tipo tradizionale ed in territorio pianeggiante

La soluzione comunemente adottata è quella di figura 1 avente una vasca di carico (ad esempio serbatoio pensile) ubicata in testa alla rete nei pressi del centro di produzione e posta ad un’altezza di 70 m necessari perché nell’ora di punta la parte terminale del territorio possa contare su almeno 25 m di colonna d’acqua rispetto al suolo. Si tratta di un sistema di approvvigionamento idrico tra i più diffusi e che, a fronte di una grande semplificazione costruttiva e di esercizio, presenta gli inconvenienti ben noti di pressioni di consegna dell’acqua all’utenza molto variabili, perdite occulte elevate soprattutto durante la notte ed i periodi di bassi consumi quando si registrano anche le maggiori pressioni, ed infine dispendio energetico di pompaggio. Da rilevare che si tratta di territorio pianeggiamte

Figura 2 = rete unificata in territorio pianeggiante con alimentazione a pressione regolata

Nella figura 2 è illustrata una prima possibilità di razionalizzazione consistente nell’eliminare la vasca di carico e nell’adottare il pompaggio diretto in rete a pressione regolata in funzione della portata assorbita. i risultati sono notevoli sia in merito al consumo energetico e alle perdite che subiscono un consistente calo. All’inizio occorre fissare una serie di abbinamenti tra portata immessa in rete e pressione di pompaggio. Il sistema si regola in modo da rispettare in ogni caso la citata corrispondenza tra portata totale immessa in rete e pressione di pompaggio la quale pertanto risulterà tanto più elevata quanto maggiore sarà il consumo dell’utenza. La notte, caratterizzata da bassa richiesta idrica, può usufruire di una pressione di esercizio moderata cui corrisponde una notevole riduzione delle perdite occulte.

Figura 3 = Rete unificata con con pompaggio in diretta a pressione variabile e con valvole di regolazione della pressione

Nella fig. 3 è riportato un ulteriore miglioramenti della rete ottenuto aggiungendo alla precedente  versione di fig. n 2 le valvole di regolazione delle condotte principali cui si devono affiancare quelle installate direttamente in corrispondenza del contatore privato degli allacciamenti di utenza collegati alle condotte non regolate. Il risultato è una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale. Unico inconveniente è quello della dissipazione energetica che, come detto in precedenza, viene operata dalle valvole di regolazione.

FIGURA 4= RETE UNIFICATA CON LA REGOLAZIONE IN PROGETTO

 

Infine la fig. 4 illustra la proposta che forma specificatamente l’oggetto del presente lavoro e che è sinteticamente descritta nel seguito.

La centrale è sempre del tipo con pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita all’impianto di telecontrollo. In rete sono presenti tre serbatoi di compenso locale (n.1 vicino alla centrale di produzione, n. 2 in posizione baricentrica e n. 3 nella parte terminale della rete). Ogni serbatoio è alimentato dalla rete tramite una valvola a fuso che consente di modulare la portata derivata dalla rete ed è munito di pompa a velocità variabile destinata a reimmettere di giorno nella rete stessa il volume d’acqua prelevato dalla rete medesima la notte precedente; il tutto non presidiato da personale ma asservito all’impianto centrale di telecontrollo. La capacità totale dei tre serbatoi è bene sia superiore a quella di normale compensazione delle portate giornaliere in quanto il loro ruolo comprende oltre alla compensazione stessa anche la regolazione della pressione di consegna dell’acqua all’utenza. Da rilevare subito che la possibilità di iniettare una portata suppletiva in diversi punti della rete costituisce di per sé un vantaggio notevole sia in merito alle perdite di carico generali che diminuiscono, sia alla facilità di regolazione della pressione ed infine alla compensazione delle portate giornaliere la quale garantisce che gli impianti di produzione possano mantenere una portata pressoché costante per tutte le 24 ore della giornata tipo.

sempio di grafico delle pression
Esempio di grafico delle pressioni da preimpostare per la rete di distribuzione

La procedura da adottare prevede innanzitutto la definizione a priori del diagramma giornaliero delle pressioni da mantenere minuto per minuto nei punti di consegna dell’acqua all’utenza. Essendo anche necessario stabilire nella rete una certa pendenza notturna della superficie piezometrica necessaria per il riempimento dei tre serbatoi, si può fissare approssimativamente di notte una pressione di 25 m all’inizio rete, di 20 m nella parte mediana e di soli 15 m in quella finale. Durante la giornata non sussiste il problema del riempimento dei serbatoi e quindi si fisseranno le stesse pressioni massime in tutto il territorio pari a 40 m nell’ora di punta ( ore 9 del mattino ) per calare man mano fino alle 23. Per quanto riguarda i livelli dei serbatoi di rete occorre tener presente che essi devono riempirsi durante la notte ( ad esempio nell’intervallo dalle ore 23 alle ore 6 del mattino) nel mentre durante il periodo diurno devono svuotarsi completamente.

 

Esempio di grafico dei livelli
Esempio di grafico dei livelli dei serbatoi  da mantenere nelle 24 ore

Allo scopo si dovrà, analogamente alle pressioni, fissare preventivamente anche il grafico giornaliero dei livelli dei serbatoi in parola tenendo presente che non sarà possibile vengano rigorosamente rispettati ma che venga tenuto conto solo del valore risultante dalla media aritmetica dei valori fissati per il medesimo istante di tutti i serbatoi, come si vedrà più avanti.
Quelli citati sono soltanto dati indicativi, le serie di valori effettivi da prefissare potranno essere definiti meglio in sede di gestione reale della rete.

Una parte determinante è rappresentata dall’organizzazione generale di funzionamento data dall’impianto di telecontrollo telecomando che deve soprintendere al funzionamento degli impianti di pompaggio, alla pressione di consegna all’utenza ed ai livelli dei serbatoi.

Una possibile regolazione è la seguente.

– Durante la giornata (ad esempio dalle ore 6 alle 23) la valvola di immissione nei tre serbatoi è chiusa. Tutta la portata emessa dalla centrale principale annessa all’impianto di produzione viene pompata direttamente in rete. In aggiunta a detta portata ognuno dei tre serbatoi immette nella rete stessa il volume precedentemente invasato e lo fà tramite pompa a velocità variabile asservita alla già citata curva preimpostata delle pressioni di rete in modo da farvi coincidere quella effettiva rilevata dai manometri di rete posti nella porzione di utenza di competenza di ciascuno di essi. In questo modo si fa fronte alle punte di consumo senza modificare la portata della centrale principale  che in ogni caso si mantiene pari approssimativamente al valore del consumo medio giornaliero.. Da rilevare come sia la portata immessa dall’impianto principale a soddisfare la base del diagramma dei consumi mentre sono i tre serbatoi locali a fronteggiare le punte di consumo.

– Nel restante periodo notturno le pompe dei tre serbatoi di rete sono ferme e la regolazione della pressione di rete viene attuata variando l’apertura delle tre valvole a fuso di immissione dell’acqua in serbatoio con una modesta perdita di carico. Ad esempio se i manometri segnalano una pressione maggiore di quella del grafico preimpostato, il telecomando ordina una maggiore apertura della valvola cui corrisponde un maggior volume immesso in serbatoio ed inoltre una minor pressione di rete.

– La centrale di pompaggio principale modula la sua pressione e portata giornaliera in funzione della media aritmetica del valore reale dei livelli dei tre serbatoi di rete che vengono in tempo reale corretti riportandoli mediamente e minuto per minuto al valore prefissato nel diagramma giornaliero tramite regolazione della velocità di rotazione della pompa. In questo modo si otterrà, sia pure in maniera approssimativa in quanto la regolazione è unica per tutti i serbatoi, il loro totale e razionale svuotamento e riempimento giornaliero, ferme restando sia la modalità di regolazione delle valvole di immissione in serbatoio e sia quello di pompaggio in rete da parte delle pompe a velocità variabile annesse ai serbatoi e già indicate.

– A favore di una buona regolazione generale del funzionamento della rete giocano il magliaggio con le molteplici interconnessioni che lo caratterizzano e che produrranno una distribuzione omogenea in tutto il territorio anche al verificarsi di anomalie locali sia nell’alimentazione e sia nel prelievo da parte dell’utenza.

– Il risultato finale dell’organizzazione tecnica descritta sarà caratterizzato dai seguenti elementi:

a) La centrale principale funzionerà con una portata sempre di valore prossimo alla media giornaliera di consumo ma con la caratteristica di immettere in rete una maggior portata durante la notte essendo necessaria per il riempimento dei serbatoi. Tutto ciò offre notevoli vantaggi economici nel costo dell’energia elettrica da impiegare e nella possibilità di sfruttare maggiormente le fonti nei periodi notturni che spesso hanno maggior disponibilità. La pressione sarà regolata in funzione dell’andamento dei livelli dei tre serbatoi di rete ed in modo che, durante tutte le 24 ore della giornata tipo, abbiano a seguire mediamente l’andamento dei livelli stessi in conformità con quanto prefissato nel diagramma giornaliero.

b) La pressione di consegna dell’acqua all’utenza sarà quella fissata preliminarmente ora per ora essendo, nel periodo notturno, modulata dai prelievi dei serbatoi ed in quello diurno dal pompaggio a pressione variabile degli impianti annessi ai tre serbatoi di rete.

c) I serbatoi di rete saranno interamente sfruttati in tutte le giornate e quindi anche in quelle di basso consumo dell’utenza. Sarà proprio in tali giornate, statisticamente in numero preponderante durante l’anno, che essi svolgeranno l’importante ruolo di richiedere un maggior pompaggio notturno rispetto a quello giornaliero con conseguente vantaggio dato dai minori costi dell’energia elettrica e nella maggiore disponibilità delle fonti soprattutto nel caso di prelievo di falda.

d) Il bilancio energetico sarà positivo in quanto;

– la centrale principale funziona con portate vicine alla media giornaliera evitando totalmente quelle di punta e con una bassa prevalenza manometrica totale in quanto atta soltanto a riempire i serbatoi utilizzando tutta la rete la cui caratteristica, come ben noto, è quella di effettuare trasporto di grandi portate con basse perdite di carico;

– l’energia consumata per il risollevamento dai serbatoi locali è minima perchè effettuata a bassa prevalenza vista la loro ubicazione in vicinanza dell’utemnza da servire

4) L’APPLICAZIONE PRATICA DELLA METODOLOGIA PROPOSTA

Nel capitolo precedente si è descritto un esempio il cui unico scopo era soltanto rendere comprensibili i concetti base della soluzione che viene proposta. Si vuole ora far rilevare come essa possa essere utilizzata principalmente per sistemare reti esistenti sia a sollevamento meccanico e sia se funzionanti totalmente o parzialmente a gravità, raggiungendo il duplice scopo di regolarne la pressione e al tempo stesso di fronteggiare le punte di consumo eccezionale. Inutile ricordare come siano questi i difetti che spesso lamentano le vecchie reti di distribuzione ed in maniera più accentuata quelle funzionanti a gravità essendo maggiormente soggette ad escursioni di pressione. Piazzare nei punti dove tali inconvenienti si manifestano in maniera più grave un serbatoio che, riempiendosi durante la notte, riesce ad abbassare fino al giusto limite la pressione e che è pronto nella giornata successiva a soddisfare quelle punte di consumo che mettevano in crisi il sistema, rappresenta, a giudizio di chi scrive, un vero successo ma non l’unico. Infatti se i benefici più consistenti si ottengono nei giorni di punta, quelli relativi a tutto il restante periodo non sono da sottovalutare. Come è ben noto, le normali strutture acquedottistiche sono dimensionate per i consumi dell’ora di punta ma sono ben noti anche gli inconvenienti che si verificano quando la richiesta idrica è molto bassa, inconvenienti che, oltre alle pressioni eccessive in rete, mantengono i serbatoi di compenso sempre pieni 24 0re su 24 impedendo loro di effettuare la compensazione delle portate ed obbligando la produzione a variare in continuazione la portata. Ebbene l’inserimento dei nuovi serbatoi che obbligatoriamente si svuotano in tutte le giornate come sono quelli in progetto, esplica una importante azione di regolazione generale del sistema acquedottistico. I risultati sono amplificati dalle innovative modalità di regolazione descritte nri capitoli precedenti.

5) CONCLUSIONI

Si è descritta una rete di distribuzione in territorio pianeggiante che basa le sue costituzione e regolazione sui seguenti elementi:

Una regolazione capillare della pressione di consegna dell’acqua all’utenza essendo proprio questa la condizione di base che determina la buona qualità di un servizio di alimentazione idropotabile;
– Trattandosi di acquedotto a sollevamento meccanico la soluzione presenta notevoli possibilità di economia energetica;
– Un altro punto fondamentale è costituito dalla possibilità di ridurre al minimo le perdite occulte grazie alla oculata regolazione delle pressioni di esercizio;
– È assicurata una ottimale compensazione delle portate giornaliere ottenuta tramite volumi di invaso distribuiti in rete e quindi in prossimità dei consumi;
– Si sfrutta tutta la rete per il trasporto dell’acqua sia fornita direttamente all’utenza sia di riempimento dei serbatoi di rete e quindi le perdite di carico sono contenute al massimo essendo questa una delle prerogative caratteristiche della rete magliata;
le perdite di carico doivute alle valvole di immissione nei serbatoi di rete e quelle delle pompe di risollevamento dei serbatoi di rete sono modeste e rappresentano una piccola percentiuale delle economie energetiche realuzzate dal sistema.

Da rilevare il duplice e molto diversificato regime di esercizio durante le 24 ore della giornata tipo rispettivamente per la notte e per il giorno. L’impiego prioritario di tutta la rete è concentrato nel periodo notturno allo scopo di trasferire nei serbatoi distribuiti in rete una grande volume idrico che vi permane allo scopo di fronteggiare le punte di consumo del giorno dopo. Tale risultato è ottenuto in maniera del tutto particolare e cioè approfittando dello stesso trasporto idrico per contrastare la naturale tendenza della rete ad assumere elevati valori notturni di pressione in condotta. Una volta riempiti in loco i serbatoi diventa estremamente facile ed economico seguire qualunque richiesta idrica che si presenti nel corso della giornata.
Nel corso della trattazione si è anche indicata l’opportunità di utilizzare le stesse modalità per razionalizzare le reti esistenti ed in maniera particolare quelle funzionanti a gravità.

Il risultato complessivo può definirsi ottimale.

 

 

 

 

 

LE BUONE REGOLE DI GESTIONE DEGLI ACQUEDOTTI

DOVE SI METTONO IN PRATICA LE BUONE REGOLE DI GESTIONE DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE CHE IN ITALIA SONO MISCONOSCIUTE

altratecnica-regolazione-pressione
Diagramma giornaliero delle pressioni di rete con regolazione a mezzo valvole

L’importanza che riveste la pressione di esercizio delle reti acquedottistiche costituisce da tempo un elemento fondamentale nella attività di chi scrive. Le proposte da mè avanzate in molteplici occasioni e confermate dai lusinghieri risultati ottenuti nella gestione di acquedotti realmente esistenti, prevedono di abbandonare le reti tradizionali alimentate con pressione costante, a favore di quelle aventi una pressione di testata variabile in funzione dei risultati da ottenere al domicilio dell’utenza. L’ adozione di tali principi, in dettaglio illustrati in molti articoli del presente sito, comporta notevoli vantaggi finali, tutti comprovati in esercizi reali di acquedotti, sopratutto in ordine alle economie energetiche degli acquedotti a sollevamento meccanico e, di drastica riduzione delle perdite occulte in qualsivoglia tipologia acquedottistica. Si deve però constatare come tale metodologia non trovi quella diffusione che essa meriterebbe e si continua invece a preferire reti a pressione di partenza  fissa nel mentre per la riduzione delle perdite occulte, che costituiscono la vera piaga dei servizi idrici, si fa affidamento solo sulla eliminazione delle falle senza tener conto che la presenza delle perdite stesse e i danni che esse provocano dipendono anche e prepotentemente dalla anomala pressione di esercizio. L’impegno del sottoscritto, volto alla diffusione ed attuazione pratica dei principi annunciati, non ha trovato ascolto per decenni, tanto da farmi arrivare al convincimento che è preferibile abbandonare ogni relativa velleità.
Si è invece verificato un fatto nuovo che, dopo tanti anni, finalmente mi dà motivo di continuare nella attività di cui sopra.
E’ accaduto che alcuni lettori dei miei articoli sulla tecnica acquedottistica mi hanno fatto sapere, illustrandomene la modalità di attuazione, che in un paese molto lontano da noi essendo posto addirittura agli antipodi dell’Italia cioè il Brasile, si sta sviluppando la tecnica della regolazione puntuale della pressione in rete ottenendone risultati importanti. Mi è stato fornito anche il nominativo di una società brasiliana che svolge l’attività di intervento su reti esistenti e, tramite inserimento di particolari apparecchiature idrauliche comandate e controllate da sistema automatico computerizzato, regolano con continuità la pressione ottenendo risultati così notevoli da contenere, in alcuni casi, il proprio compenso in una piccola percentuale dei benefici economici che derivano alll’Ente gestore dall’applicazione del metodo. Alcuni dati di questa interessante attività possono essere letti nel suo sito internet http://bbl.com.br nel mentre chi scrive si è già messo in contatto per avere dati su interventi realmente effettuati al fine di poter valutarne in concreto la convenienza e, se l’esito confermerà le premesse, darne ampia divulgazione al fine di promuoverne l’applicazione anche in Italia.
Come considerazione finale è da rilevare che la regolazione praticata in Brasile di cui si è detto ed i cui risultati di per sé sono buoni, costituisce, ad avviso del sottoscritto, solo un primo passo per la regolazione razionale della pressione da adottare negli acquedotti esistenti ma che benefici ancora migliori si possono ottenere modificando radicalmente la costituzione delle reti secondo le regole spiegate negli articoli del sito e sostanzialmente basate sulla regolazione di testata.

aggiornamento novembre 2005.

 

NB.: Gli argomenti di questa sezione continuano  nella parte seguente.

LA CRISI 2011 NEL SERVIZIO IDRICO DELL’ISOLA D’ELBA

PROGRAMMA LAVORI ASA – UNA POSSIBILE VARIANTE


 

Serbatoio Isola d’Elba.

La stampa ha riportato ampi resoconti sulla mole di lavori che ASA ha in programma per fronteggiare la carenza idrica dell’Isola dimostratasi particolarmente critica inell’estate 2011 di predominante tempo secco.
Questo uno dei resoconti:


PORTOFERRAIO. Oltre un milione e 400mila euro per intervenire su riparazioni e sostituzioni di tratti di tubature. Altri tre milioni e 600mila per invasi, nuovi pozzi, interventi sulle così dette prese di superficie. Questo il volume degli investimenti che Asa, la società che si occupa del servizio idrico integrato all’Elba, ha intenzione di attivare nell’arco del 2011 per dissetare l’isola.
Risorse che si aggiungono a quelle previste in Val di Cornia e finalizzate a migliorare, entro il 2012, la qualità dell’acqua proveniente dal continente e ancora oggi problematica a causa di una presenza di boro e arsenico sopra i limiti di legge, fino ad oggi autorizzata con la concessione di deroghe che, tuttavia, non porranno più essere rilasciate come disposto dall’Unione Europea.


Trovo interessante presentare un’ampia discussione motivata solo dalla passione che chi scrive nutre per l’argomento acquedotto e per quello dell’Isola d’Elba in particolare, ed ovviamente condizionata dalle mie opinioni personali sempre suscettibili di critica e di correzione.
Suddividerei le opere che ASA ha in mente di realizzare , e di cui fanno parte anche quelle del programma sopra riportato, in sei categorie: il miglioramento delle fonti della Val di Cornia, la ricerca di nuove fonti locali, la riduzione di materie inquinanti (boro, arsenico) presenti nell’acqua distribuita, la nuova condotta di collegamento con la terraferma, la riduzione delle perdite,  la costruzione nell’Isola di un invaso atto a coprire le punte di consumo estivo ed in futuro destinato ad assicurare l’autonomia ed autosufficienza idrica dell’Elba ed infine l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina-
Preciso subito che non si può che essere d’accordo sulla quasi totalità dell’elenco con una unica eccezione di cui si parlerà alla fine della nota per proporne una variante.
Quello che mi preme è approfondire alcuni punti che conosco bene sorvolando sugli altri che tratterei brevemente come segue.


Totale assenso per molti dei provvedimenti decisi come ad esempio il miglioramento qualitativo e quantitativo della produzione della Val di Cornia facendo però notare come sia un grave errore, di cui è perfettamente cosciente anche l’Ente gestore e cioè l’ASA, la dipendenza idrica, la subordinazione dell’Isola alla Val di Cornia oggi in atto. La disponibilità effettiva di quest’ultima non può e non dovrebbe, a causa della grande portata necessaria, degli onerosi costi di trasporto e del pericolo di rotture, far fronte stabilmente alla maggior parte del fabbisogno dell’Isola, così come avviene al giorno d’oggi. Il collegamento idrico con il continente dovrebbe invece costituire solo una importante alimentazione di riserva. In questo senso anche la nuova condotta che si prevede di realizzare approfittando dei lavori del tutto analoghi che sono in programma per il gas, deve essere vista come una importante possibilità di interscambio nelle due direzioni, una volta che l’Isola avrà raggiunto l’autosufficienza tenendo presente che l’Elba per la maggior parte delle stagioni. esclusa solo quella estiva, potrebbe disporre di grandi portate idriche eccedenti il proprio fabbisogno reale. Sono pienamente condivisibili con l’ASA gli interventi già nei suoi programmi a lunga scadenza sia la necessità di rendere autonoma ed idraulicamente autosufficiente l’Isola e, in maniera del tutto analoga, il già previsto miglioramento della captazione di acqua potabile dalla falda e dalle sorgenti da effettuarsi all’interno dell”Isola. Si tratta di opere estremamente importanti in quanto renderanno disponibili nuovi volumi idrici di ottima acqua potabile ed a costi limitati. Un altro intervento che mi trova assolutamente contrario è l’uso di apparecchiature estremamente costose e quindi adatte solo per territori privi d’acqua come sono quelli desertici, è  l’impiego all’Elba di desalinizzatori.

Un punto sul quale vorrei soffermarmi compiutamente è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana premettendo fin da ora che, anche in questo settore, le conclusioni alle quali potrò pervenire coincidono perfettamente con l’operato ASA. E’ interessante far rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali.
Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (che sembra ammontare al 70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Arrivo a sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento tutta l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma si intensificano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che  si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. Io personalmente concluderei l’argomento perdite in questo modo. L’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Non posso quindi che concordare con la soluzione decisa da ASA e che si basa sulla ricostruzione delle condotte limitatamente a quelle più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le rilevanti perdite che è necessario tollerare. ASA ha anche provveduto a qualche miglioramento della pressione di esercizio delle reti. In questo senso sussistono sicuramente ulteriori possibilità pur senza raggiungere un livello elevato di regolazione e senza adottare un provvedimento oggi molto auspicato chiamato distrettualizzazione anch’esso difficilmente attuabile all’Elba. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile.
Si capisce dalle considerazioni su riportate come la cosa fondamentale per l’Elba sia sempre la stessa e cioè il riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile. Bisogna tenere in debito conto la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani che provocano sistematicamente crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno ed ancor più lo supererà quando saranno portati a termine i lavori previsti nel programma ASA di breve termine sopra indicato che riguardano sia le fonti locali, sia il rifacimento di condotte colabrodo e sia infine il miglioramento della distribuzione idrica e della pressione di esercizio.
E’ questo un argomento importantissimo da tenere sempre in mente e che pertanto ritengo opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. Ne discende immediatamente che gli invasi da costruire sono senza alcuna possibile alternativa, serbatoi d’acqua potabile! Quanto esposto costituisce la prova inconfutabile che prevedere come ha fatto ASA di realizzare il necessario invaso tramite una ventina di laghetti posti in superficie ed alimentati prevalentemente dalle acque di pioggia costituisce un errore pur non essendo il solo in quanto il progetto dei laghetti agisce negativamente in molteplici direzioni che vanno dal degrado di tutta l’acqua potabile che si prevede dovervi accumulare per arrivare ad una vera e propria prolificazione di impianti di potabilizzazione nel mentre è da ritenersi che il territorio elbano, di estensione relativamente modesta, possa giustificare come massimo un solo impianto di potabilizzazione. Vista la natura delle acque piovane che è facile captare dai fossi e dalle vallette subito dopo la pioggia, si pensa debbano al massimo prevedersi impianti di filtrazione e disinfezione che sono una cosa ben diversa dal tipo di impianti necessari per rendere potabili le acque rimaste a marcire per mesi e mesi nei laghetti.
Anche volendo esaminare la questione dal punto di vista della tecnica acquedottistica classica, l’operazione descritta di immagazzinare l’acqua potabile nei momenti di esubero per poterla utilizzare un quelli di scarsità ha un termine tecnico ben preciso. Viene infatti definita “compensazione delle portate” e come tale deve necessariamente essere eseguita mediante serbatoi di adeguata capacità ma sempre di tipo atto a contenere acqua potabile e non mai acqua grezza!
Per giustificare in toto questa necessità primaria di possedere grandi capacità di accumulo di acqua esclusivamente di tipo potabile si accenna alla ulteriore futura necessità di dover integrare la disponibilità idrica dell’Isola con l’acqua di mare sottoposta al complessi trattamenti di desalinizzazione, ebbene anche in questa eventualità poco probabile ma comunque da non escludere a priori, è la presenza di grandi invasi per acqua potabile che consentirebbe di evitare l’installazione di desalinizzatori di grande producibilità aventi un funzionamento limitato ai quaranta giorni estivi di crisi ed optare invece per la costituzione di impianti piccoli ma funzionanti tutto l’anno visto che la loro produzione di acqua pulita può essere accumulata nel grande serbatoio durante i 365 giorni dell’annata.
Ed ora, senza entrare in merito alle caratteristiche generali del serbatoio-galleria che sono visibili in internet ( Un maxi serbatoio per spegnere la grande sete dell’isola d’Elba ) si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di un serbatoio scavato nella roccia del M. Capanne, a sezione circolare, rivestito internamente in calcestruzzo e verniciato con strati epossidici e quindi perfettamente impermeabile.


elbaprimolotto2016bis

Nella figura, in basso si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione.


Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di soli 100000 mc di acqua potabile la quale, secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente ed esclusivamente prelevabile dalla rete acquedottistica. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori ecc. ecc. ma eventualmente con un solo apparecchio di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio della presente nota e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In conclusione un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

Totalmente diverso sarebbe l’esercizio di un sistema acquedottistico elbano che si suppone già dotato dei primi due laghetti superficiali compresi nel programma ASA di imminente attuazione. Con tale conformazione impiantistica si constaterebbe che nelle stagioni autunno invernali i due laghetti sarebbero sistematicamente riempiti da acqua di pioggia rendendo inutile l’utilizzazione dell’acqua potabile resa disponibile dagli acquedotti. Venendo a mancare la maggior richiesta d’acqua dalla rete, vi si manterrebbe quella esuberante pressione da cui derivano, almeno in parte, le fortissime e ben note perdite occulte ed un maggior numero di rotture delle tubazioni di cui si è ampiamente parlato in questa nota.

Le ragioni ampiamente esposte conducono ad una proposta in base alla quale, nel mentre si conferma la validità della stragarnde parte delle opere progettate dall’ASA per la sistemazione iniziale e definitiva del sistema di approvvigionamento idrico elbano ivi compresa la necessità di costituire in Isola una grande invaso, si propone una variante che riguarda solo le modalità di realizzazione del citato invaso da ricavare in Isola e che dovrebbe passare da accumulo di acqua grezza ad accumulo di acqua potabile.
Per concludere di ribadisce come una soluzione da giudicarsi ottimale sia per la risoluzione dei problemi idrici attuali e sia per rendere in un futuro più o meno lontano totalmente autonoma ed idricamente autosufficiente l’Isola d’Elba sia rappresentata dalla costruzione, necessariamente da svolgere pe attraverso gli anni, di un serbatoio-galleria scavato in roccia ed in grado di raccogliere e conservare al buio ed al riparo dai raggi solari e da ogni altro tipo di inconveniente o attentato, acqua potabile in quantitativi via via sufficienti attraverso gli anni per risolvere compiutamente il problema idropotabile dell’Isola.

 

I

AVANTI

IL SERBATOIO SOTTERRANEO DI COMO

GRANDE SERBATOIO SOTTERRANEO PER IL RIFORNIMENTO IDRICO DELLL’ISOLA D’ELBA – UN VALIDO ESEMPIO REALIZZATO A COMO

 

Serbatoio di Como

Da alcuni anni il sottoscritto è impegnato a promuovere la costruzione di un grande serbatoio sotterraneo allo scopo di portare a soluzione l’annoso problema del rifornimento idropotabile dell’Isola d’Elba attualmente soggetto a possibili crisi sopratutto estive dovute alla dipendenza dalle fonti della Val di Cornia poste nel continente e al pericolo di rottura della condotta sottomarina di collegamento con la terraferma . Come risulta dal progetto di massima visibile in internet in questo stesso sito , l’opera proposta consiste in una galleria interamente scavata nella roccia e nella quale immagazzinare e conservare le acque, particolarmente abbondanti fuori stagione, allo scopo di poterne disporre nel periodo estivo normalmente caratterizzato da limitata piovosità e quindi da impoverimento delle fonti degli acquedotti. Si tratta di una soluzione semplice e di sicura efficacia ma che , nonostante i pareri nettamente positivi espressi da eminenti studiosi e da tecnici esperti nei servizi idrici, non trova quell’accoglienza che essa meriterebbe.
Allo scopo si ritiene interessante esaminare quali risultati siano stati recentemente ottenuti dalla esecuzione e gestione di un’opera del tutto simile a quella in argomento e cioè la costruzione dell’impianto di trattamento dell’acqua del lago di Como onde poterla utilizzare a scopi potabili. In tale città si è infatti pensato che, anziché occupare in superficie aree pregiate del territorio urbano, fosse preferibile scavare la roccia ed ubicare la mastodontica opera interamente nel sottosuolo ottenendo, come risulta da uno stralcio di una relazione redatta dall’Ente gestore che si allega, notevoli ulteriori benefici.
Da rilevare come la situazione dell’Elba, vuoi per le determinanti caratteristiche di insularità vuoi per la sua vocazione essenzialmente turistica, sia ancora più indicata di Como al trasferimento nel sottosuolo della opere ingombranti che, se realizzate in superficie, creerebbero notevoli inconvenienti per il bellissimo e relativamente esiguo territorio elbano. Ed ecco lo stralcio conforme della relazione

La Potabilizzazione in Caverna
delle acque del Lago di Como

ACSM Spa è una società da sempre all’avanguardia nell’applicazione delle migliori tecnologie sugli impianti di
pubblica utilità gestiti. Un esempio, unico al mondo, è l’impianto in caverna di potabilizzazione delle acque del Lago di Como, supervisionato da Movicon.
L’indiscussa star della storia recente di Acsm spa è La caverna nella quale si trova l’impianto di potabilizzazione
del Lago di Como. Quando erano ancora in corso i lavori, alle pendici del Monte Baradello avevano già fatto
tappa centinaia fra tecnici e curiosi. Adesso che l’impianto è pronto e a regime, si fa fatica a soddisfare le richieste di tutti i visitatori. La media è di 200 persone la settimana, con una netta prevalenza di alunni, studenti delle superiori, universitari. Nessun dubbio che sia un’opera di grande suggestione. Una via di mezzo fra l’epica pionieristica e l’avanguardia tecnologica.
Nel nostro Paese non ci sono precedenti. Dilatare un circoscritto rifugio anti-aereo che risaliva ai tempi della guerra sino a potervi ospitare un impianto gigantesco in grado di raddoppiare la precedente capacità di trattamento (si è passati dai 300 ai 600 litri al secondo) è stato davvero un salto in avanti rispetto alla cantieristica e all’urbanistica italiana che, finora, sottoterra, ci aveva infilato quasi esclusivamente strade e parcheggi. Prima servivano gli stivaloni (per il fango) adesso basta un elmetto giallo (un gadget più che una reale esigenza di sicurezza) per penetrare il tunnel in cui è stata ricavata la centrale, un dedalo di condotte che consegna l’acqua pescata nel lago ai vasconi e a tre distinte fasi di trattamento.La caverna ha calamitato anche l’attenzione delle telecamere eccellenti della Rai che al tunnel dell’acqua ha dedicato un servizio nella trasmissione SuperQuark di Piero Angela “Da Platone ai norvegesi Orchi e tenebre”.
Ma la caverna nasce con il mito su cui si fonda gran parte del pensiero occidentale. Quello in cui Platone immagina una realtà fittizia, in cui vediamo le ombre della realtà e non la realtà stessa. L’idea di scavare nella montagna la nuova centrale di potabilizzazione di ACSM nasce sulla spinta di una riflessione urbanistica e tecnologica.
Restituire alla città un pezzo di città e ridurre a zero l’impatto visivo e ambientale di una centrale che è un groviglio di tubi e infrastrutture metalliche. Sono risultate indispensabili le competenze delle aziende che hanno partecipato all’impresa, comprese le due ditte specializzate norvegesi che hanno scavato dalla roccia le gallerie. Nel cantiere si sono cimentate la Selmer, la Degremont Italia, la Nessi & Majocchi, la Rini, la Sintertec, la SguasseroN. Da primato anche i tempi di esecuzione, che hanno richiesto solo due anni per la realizzazione, cosa non da poco in un Paese spesso abituato a cantieri dai tempi indefinibili. La firma sul prestigioso progetto è di Fernando De Simone, considerato uno dei massimi esperti a livello internazionale in operazioni del genere.

I numeri dell’impianto unico nel suo genere
35 mila i metri cubi rimossi per formare il tunnel (il materiale è stato riconvertito in manutenzioni stradali). Fra i 15 e i 20 metri la larghezza variabile dei tunnel. 15 metri l’altezza massima. 16 milioni di metri cubi la capacità di trattamento annua (600 litri al secondo, rispetto ai 300 litri al secondo della stazione di potabilizzazione preecedente). 2 anni i tempi di esecuzione dell’intervento.

La Sicurezza della Caverna
La crisi internazionale determinata dall’attacco delle Due Torri di New York registra un ulteriore aggravamento. Gli impianti di ACSM Spa, come tutti quelli delle società chiamate ad assicurare servizi collettivi o comunque di
pubblico interesse, sono stati definiti, per loro stessa natura, obiettivi sensibili, cioè strategici per un’eventuale offensiva terroristica e dunque presidi da proteggere con misure speciali. I controlli, da sempre rigidissimi, sono stati ulteriormente rafforzati, nel quadro di un piano complessivo messo a punto assieme a prefettura e questura. L’azienda, per accentuare garanzie già assicurate sin dall’insediamento della nuova centrale di potabilizzazione (peraltro resa meno vulnerabile dal fatto stesso di essere interamente collocata in una caverna), ha diluito le visite e ridotto il percorso all’interno dell’impianto. Durante riunioni con i massimi livelli istituzionali cittadini, è stata anche ventilata l’ipotesi di sospendere il programma di Tognocchi, rinviandolo di qualche mese: non certo perché sussistano rischi per i bambini bensì per ridurre a zero il rischio di intrusioni.

L’impianto di potabilizzazione
L’impianto è stato alloggiato in una caverna scavata nella roccia dal volume complessivo di 35.000 m³. Le dimensioni della caverna principale sono: 150x18h 8÷16mt. Dall’impianto di potabilizzazione si alimentano con ripompaggio le reti principali nell’Acquedotto di Como facenti capo ai rispettivi serbatoi terminali:
· COMO CENTRO, Serbatoio Baradello, quota 265
· COMO EST, Serbatoio Refrec, quota 310
· COMO SUD, Serbatoio Doss, quota 325
…omissis…

Inutile indicare ora i vantaggi che potrebbero derivare al servizio idrico dell’Elba qualora venisse costruito il serbatoio sotterraneo, vantaggi del resto visibili nell’articolo citato. E’ invece preferibile raffrontare tra di loro le due opere rispettivamente comasca ed elbana.
Da rilevare innanzitutto le notevoli dimensioni della caverna di Como che raggiungono i 20 metri di larghezza ed i 15 m di altezza nel mentre la sezione trasversale del serbatoio elbano è, per tutta la sua lunghezza, rappresentata da una circonferenza di soli 10 metri di diametro. Dal confronto l’opera elbana risulta di gran lunga la più semplice da costruirsi specialmente per la possibilità di impiego delle enormi macchine operatrici automatiche di uso normale nello scavo ed il rivestimento interno delle gallerie circolari che invece non si sono potute impiegare a Como. L’opera è inoltre la meno impattante nei riguardi del massiccio roccioso nel quale essa và inserita, tenuto anche presente che il suo tracciato non è fisso come quello della caverna comasca ma può svolgersi in qualunque direzione a seconda delle caratteristiche del territorio da attraversare essendo totalmente priva di vincoli planimetrici.
Un ulteriore elemento che gioca a favore dell’Elba è dato dal materiale di risulta dello scavo della galleria che, così come accaduto a Como, anche nell’Isola troverà un utile impiego ma sarà qui favorito dal fatto che si tratta di ottimo granito. Rendere disponibili in un’isola sabbie, ghiaie e blocchi di granito in gran quantità e a costi prossimi allo zero, rappresenta un importante beneficio secondario di cui occorre tener presente nella determinazione dei costi da preventivare per la realizzazione del serbatoio-galleria.
In conclusione dall’esperienza della città di Como che, nonostante le maggiori difficoltà costruttive, è riuscita a ricavare grandi vantaggi dall’aver trasferito nel sottosuolo roccioso una imponente opera che fino ad allora si trovava in superficie, si possono dedurre ulteriori conferme per la costruzione del serbatoio sotterraneo dell’Isola d’Elba, conferme questa volta desunte da elementi reali come sono la costruzione e la gestione di un manufatto del tutto simile a quello proposto per l’Isola d’Elba.
Un ulteriore importante risultato cui potrebbero portare queste poche righe sarebbe quello di indurre i responsabili del servizio idrico elbano ad effettuare, così come stanno facendo molte altre personalità, una visita all’impianto del lago di Como in modo da rendersi conto “de visu” dei vantaggi ed anche dell’assenza di problemi di un certo rilievo sia in fase di costruzione e sia durante il suo esercizio.

IL SERBATOIO ADDUTTORE

 

1)PREMESSA

Uno dei problemi che assilleranno in futuro la nostra Società, sarà quello del reperimento di acqua potabile in quantità sufficiente per soddisfarne il fabbisogno. La ragione è da attribuirsi all’accentuarsi del consumo specifico per abitante cui si aggiunge un continuo depauperamento delle fonti d’acqua tradizionali.
Ai rimedi ripetutamente conclamati come il risparmio d’acqua, la riduzione drastica delle perdite occulte degli acquedotti, il miglioramento di funzionalità dei servizi che si tradurrà in una più attenta utilizzazione delle risorse oggi disponibili, deve necessariamente affiancarsi quello della produzione di una maggiore portata d’acqua potabile. E’ in quest’ultimo settore che è necessario concentrare gli sforzi ed è questo anche lo scopo della presente ricerca.

 

2) L’AUMENTO DELLA DISPONIBILITÀ D’ACQUA POTABILE

In molte realtà acquedottistiche, per raggiungere lo scopo di una maggior produzione idrica cui si è fatto cenno, ci si basa esclusivamente nel potenziamento delle fonti, molto spesso eccedendo nei prelievi di falda o di sorgente con conseguenti gravi danni ambientali che vanno dagli abnormi abbassamenti del suolo, al deleterio collegamento diretto tra falde diversificate e ai franamenti del terreno e del sottosuolo. Si tratta quindi di provvedimenti pericolosi da tenere attentamente sotto controllo e, possibilmente, da bandire e sostituire con soluzioni alternative e, tra di esse, con la costituzione di grandi riserve d’acqua in capaci serbatoi. A tale riguardo viene quì proposto di adottare, in sostituzione della compensazione giornaliera della portata d’acqua normalmente effettuata dalla maggior parte degli acquedotti, la compensazione trimestrale e quindi di non limitarsi, come è d’uso, alla sola raccolta degli eccessi d’acqua che si verificano durante la notte ed attuata per coprire le punte di consumo del giorno seguente, si auspica invece l’accumulo di volumi molto più consistenti e resi disponibili grazie ai fenomeni atmosferici particolarmente intensi che nel territorio italiano statisticamente hanno una frequenza come minimo di un evento per trimestre.
Da rilevare come le punte di consumo sia orarie che giornaliere siano statisticamente poco frequenti in ogni realtà acquedottistica e come non sia corretto dimensionare gli impianti, soprattutto di produzione dell’acqua, in funzione delle sole portate massime eccezionali. Adottando la compensazione trimestrale che si vuole quì propugnare, la producibilità delle fonti può essere contenuta entro valori più bassi in grado comunque di coprire, grazie ad un grande serbatoio, anche le punte di consumo elevate.
Gli invasi utilizzabili allo scopo, oggi come oggi, sono rappresentati soltanto dai serbatoi artificiali basati sulla costruzione di dighe di ritenuta ma, per mancanza di aree adatte e soprattutto per i danni che tali imponenti opere provocano al territorio, non si intravede alcuna possibilità di costruirne di nuovi, al contrario stanno sorgendo iniziative volte alla eliminazione di alcuni dei bacini artificiali esistenti e alla messa in pristino dei territori che essi occupano. Significativo l’esempio della diga di Kariba nello Zimbawe dovuta all’intraprendenza e al lavoro italiano e che, assieme alle opere annesse, rappresenta tuttora un mirabile esempio di impianto idroelettrico ad alto rendimento ma che si è in procinto di eliminare per riconsegnare alla popolazione gli ampi territori ora occupati dall’acqua.
La proposta che viene qui formulata non può, ovviamente, prescindere dai grandi invasi di cui si è detto e, vista la difficoltà di costruirne di nuovi, non resta che ricorrere al sottosuolo dove si ritiene ancora possibile ricavare opere mastodontiche come sono quelle in argomento e dove sicuramente l’acqua può trovare un ambiente ideale per la sua accumulazione e conservazione. Seguendo queste regole sono già state fatte interessanti esperienze di ricarica artificiale della falda che consistono nella immissione forzata nel sottosuolo di grandi volumi idrici durante i periodi di piogge intense e prolungate nel tempo, per poterli poi utilizzare altrove e durante la siccità. Senza voler sminuire l’importanza della metodologia appena descritta, si vuole quì proporne una di diversa concezione che, in particolari condizioni ambientali, si ritiene possa dare importanti risultati.


3) L’INVASO SOTTERRANEO

Con le opere che vengono quì proposte si intende intervenire su una conformazione acquedottistica che frequentemente caratterizza gli esistenti servizi idrici e cioè su quella avente le fonti poste a notevole distanza dal territorio da servire ed al quale esse sono collegate tramite lunghe condotte di adduzione. La domanda da porsi in tali casi è questa. Perché invece di costruire delle condotte di adduzione destinate soltanto al trasporto dell’acqua non se ne maggiora la sezione in modo da renderle allo stesso tempo atte anche all’accumulo degli ingenti volumi necessari per le funzioni prima indicate?
In concreto si propone di costruire dei veri e propri serbatoi di accumulo di acqua potabile aventi una sezione trasversale relativamente modesta ma una estesa longitudinale rilevante in grado di abbinare le due funzioni citate prima e cioè accumulo di notevoli volumi idrici e trasporto a grande distanza di rilevati portate. Altre caratteristiche positive della proposta sono da un lato la quasi totale assenza di danni ambientali dovuta al fatto che si tratta di opere sotterranee e dall’altro la facoltà di conservare l’acqua per lunghi periodi, al fresco ed al riparo dal sole e dall’intrusione di sostanze estranee e di insetti.
Da segnalare anche la possibilità di realizzare con relativa facilità i manufatti sotterranei di grande dimensione e posti a grande profondità sotto il suolo grazie alle macchine automatiche di scavo e posa in opera di elementi prefabbricati oggi comunemente usate nella esecuzione di lavori di questo genere. Ancora una delle circostanze particolarmente favorevoli è data dal fatto che l’ubicazione del manufatto a grande profondità garantisce l’assenza di ostacoli come servizi e opere varie che normalmente si incontrano nella posa di comuni condotte a profondità normale. Infine non è da dimenticare che stiamo parlando di serbatoi di dimensione ragguardevole e destinati a contenere acqua potabile e quindi di opere che, a quanto risulta a chi scrive, nessuno è ancora riuscito, di fatto, a realizzare. Le grandi riserve d’acqua che tutti conosciamo sono invece costituite dai bacini artificiali o naturali che non possono che contenere acqua grezza la quale, per essere utilizzata ai fini potabili, deve essere sottoposta a trattamento di potabilizzazione. Ulteriori qualità negative dei bacini artificiali in argomento delle quali sono assolutamente esenti i serbatoi-adduzione in progetto, sono le notevoli perdite d’acqua per l’evaporazione dovuta all’irraggiamento solare, la pericolosità delle sponde ed il continuo interrimento ad opera delle ghiaie e sabbie nonchè  dei limi immessivi dall’acqua in arrivo.
In definitiva ci si propone di riuscire a risolvere i problemi di carenza idrica degli acquedotti senza creazione di nuove fonti ma semplicemente sfruttando meglio quelle esistenti mediante la creazione di grandi serbatoi di accumulo e conservazione dell’acqua potabile per periodi relativamente lunghi e quindi eliminando le disparità, origine di gravi disservizi, sempre presenti tra la produzione che è aleatoria in quanto funzione dell’andamento meteorologico e la richiesta idrica che segue regimi opposti dato che è proprio durante i periodi di siccità, causa della minor portata delle fonti, che si registra un notevole aumento del fabbisogno.
La possibilità di disporre in qualsiasi momento di un notevole deposito d’acqua potabile sempre pronta ad entrare in rete onde far fronte ad eccezionali richieste idriche per spegnimento incendi, per fuori servizio delle fonti, per sopperire a necessità di altri acquedotti con i quali sussistano condotte di interscambio portate e per eventualità varie non prevedibili, conferisce al servizio idrico una garanzia di corretto funzionamento anche nei casi elencati che esulano dal normale esercizio. Ancor più lo sarebbe nel caso di acquedotti concepiti con criteri moderni e cioè con immissione diretta della portata in rete ed a pressione variabile regolata dal sistema di telecontrollo centralizzato. In questi casi, infatti, essi potrebbero, grazie alla loro grande elasticità di funzionamento, variare molto di più dei normali acquedotti, il regime di esercizio ed i prelievi dal serbatoio/adduttore adeguando pressioni e portate alle richieste eccezionali del momento, il tutto come meglio spiegato nell’articolo” LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” di questo sito
Il serbatoio-adduttore di cui si parla non è, ovviamente, scevro da inconvenienti primo fra tutti il suo elevato costo di costruzione che ne potrebbe pregiudicare la realizzazione.
Si può obbiettare che qualunque altra soluzione per realizzare grandi volumi di invaso è costosa. Lo è, ad esempio, la costruzione di una diga ed altrettanto, o forse anche di più lo sarebbe qualunque altro manufatto in cemento armato di pari volume di invaso. Si può invece dire che nella realizzazione del serbatoio-adduttore si potrebbe operare per stralci successivi tutti funzionali il che consentirebbe di diluire la spesa nel tempo e, al tempo stesso, di constatare, fin dalla costruzione delle prime porzioni dell’opera, i notevoli benefici che se ne ritraggono.

 

4) ESEMPIO DI SERBATOIO-ADDUTTORE

Esaminiamo l’esempio, puramente ipotetico ma rappresentativo della soluzione tecnica che si intende propugnare, di una città di 300000 abitanti alimentata da fonti poste a 20 Km di distanza la cui portata media del giorno di massimo consumo sia pari a 1000 l/sec che vengono addotti tramite una condotta di diametro di m.1.00 funzionante in pressione. Le relative perdite di carico ammontano a circa m. 30 cui va fatto fronte tramite sollevamento meccanico. La capacità di invaso necessaria per una compensazione trimestrale come quella auspicata, ammonta approssimativamente a ben mc 2000000 e per realizzarla si prevede di sostituire la condotta da 1.00 m con un serbatoio-adduttore della stessa lunghezza di 20 Km ma del diametro di 12 m. costruito a 5-15 metri di profondità sotto il suolo e con una pendenza dello 0.1% (dieci centimetri al Km). Il dislivello totale del fondo per l’intera lunghezza sarà pari a 2 metri, le quote di fondo condotta vanno da 1.00 a 3.00. Il funzionamento a pelo libero e a condotta non rigurgitata avviene con un’altezza d’acqua di cm 37 circa a velocità media di 1 m/sec. La sezione liquida del corrispondente segmento circolare è pari a mq. 1.00 per un volume totale di mc.20000.
L’utilizzo della condotta come serbatoio di accumulo richiede di rincollare l’acqua facendo crescere di 14 metri il suo livello di valle. L’escursione del serbatoio và da quota 1.00 a 15.00 con un volume utile di stoccaggio pari, come richiesto, a mc.2000000 circa.
Il serbatoio-adduttore sfocia nella vasca di aspirazione delle pompe per la mandata in rete e di decantazione delle sabbie con fondo a quota zero e quota di massimo invaso a 15.00.

Prfilo longitudinale in scala deformata del serbatoio adduttore da mc 2.000.000 di invaso


Come si vede al vantaggio di poter accumulare il volume di ben 2000000 di mc d’acqua si aggiunge quello di una minor prevalenza delle pompe di sollevamento di circa 20 m circa cui va aggiunto il ricupero del carico finale residuo che varia da zero a 10 m circa in funzione del livello del pelo libero nella vasca di aspirazione delle pompe di rete.
Si fa infine rilevare che, se la soluzione serbatoio-adduttore trovasse numerose applicazioni reali, si potrebbero ottenere riduzioni dei costi di costruzione standardizzando le caratteristiche del manufatto e quindi delle macchine operatrici automatiche necessarie per la esecuzione delle opere. Fissato un diametro standard (ad esempio di 12 m), la lunghezza del manufatto costituirebbe la possibile variante
da definire in funzione del volume necessario acquedotto per acquedotto.

 

5) CONCLUSIONI

Nella nota si è formulata un’ipotesi di modifica sostanziale dello schema classico degli acquedotti aventi le fonti di alimentazione poste ad una certa distanza dal territorio da alimentare. In dettaglio si è previsto di sostituire le condotte che collegano le fonti con la rete di distribuzione, con serbatoi-adduttori cioè con vere e proprie gallerie di grandi dimensioni e di pari lunghezza che siano atte a svolgere la doppia funzione di accumulo di notevoli volumi d’acqua potabile ed anche di trasporto di grandi portate. Si tratta di una soluzione innovativa che può destare scetticismo per gli elevati costi di realizzazione ma che, in certe particolari situazioni, sicuramente varrebbe la pena di essere presa in esame tenendo conto dei benefici offerti soprattutto per aumentare la disponibilità idrica e poter coprire le punte di consumo anche a fronte delle diminuzioni di portata che accusano le fonti nei periodi siccitosi. Ulteriori vantaggi consistono nell’ottima conservazione dell’acqua potabile immagazzinata in manufatti ricavati totalmente nel sottosuolo ed inoltre nell’economia energetica per il sollevamento meccanico dell’acqua stessa.
La ricerca effettuata e le conclusioni finali cui si perviene nell’articolo rientrano, assieme a quelle visibili negli articoli “Lo barramento mobile di foce”, “Viaggio fantastico nell’utopia dell’acqua“,” Rete integrata nel territorio“,” Incongruenze e manchevolezze della letteratura tecnica in tema di acquedotti ” di questo sito, in un elenco di interventi ipotetici e forse irrealizzabili, che chi scrive continua a proporre ben conscio del notevole impegno economico da essi richiesto e ma fidando che ne possano derivare spunti utili per la soluzione dei numerosi problemi dei moderni acquedotti.
D’altro canto per risolvere la tremenda crisi idrica che si profila ad un orizzonte sempre più vicino, bisognerà inevitabilmente ricorrere a opere straordinarie, inusitate tra le quali può senz’altro rientrare anche il serbatoio adduttore.
In ogni caso resta a chi scrive l’ambizione di aver contrapposto ritrovati innovativi alla banalità e scarsa funzionalità reale, in altre parole alla arretratezza effettiva, delle soluzioni tecniche che si riscontrano nella gran parte degli acquedotti italiani fatte anch’esse rilevare più volte negli articoli pubblicati dal sottoscritto su questo stesso sito

INDIETRO AVANTI

IL SERBATOIO IDROPNEUMATICO

UN’OPERA CHE PUO’ VANTAGGIOSAMENTE SOSTITUIRE IL SERBATOIO PENSILE DI TESTATA DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

1) PREMESSA

Pianta e sezione schematiche di un serbatoioidropneumatico pensile

Uno dei concetti riaffermati negli articoli di questo sito riguarda i serbatoi pensili posti in testa alla rete di distribuzione degli acquedotti che, a giudizio di chi scrive, rappresentano un ostacolo per il razionale ed economico esercizio delle reti stesse.
Infatti tali opere, a fronte di modesti vantaggi quali la sicurezza di esercizio data dal volume d’acqua in quota e sempre pronto a sopperire ad eventuali brevi disservizi e da un buon funzionamento delle pompe di sollevamento dell’acqua, presentano l’inconveniente di vincolare rigidamente la pressione di rete e quindi di annullare altri notevoli benefici che altrimenti ne deriverebbero quali sono, ad esempio, un risparmio energetico nel sollevamento dell’acqua, minori perdite di rete dovute alla possibilità di funzionare a bassa pressione durante i periodi di scarsi consumi dell’utenza e particolarmente di notte ed infine una migliore consegna dell’acqua vantaggi questi tutti facilmente  raggiungibili come sarà spiegato.

Il dissidio tra i fautori dei serbatoi in parola che li considerano ancora ai nostri giorni come strutture indispensabili della rete ed i loro detrattori, come il sottoscritto che li ritiene dannosi, può essere composto prevedendo di sostituirli con un’opera che presenta tutte le prerogative positive del serbatoio pensile e, al tempo stesso, ne evita tutti gli inconvenienti : il serbatoio idropneumatico che forma l’oggetto del presente articolo.

 

2) IL SERBATOIO IDROPNEUMATICO DI TESTATA DELLE RETI

schemapneumatico-1
Fig. 1 =Schema idraulico

 

 

 

 

 

 

 

Il serbatoio idropneumatico è un grande contenitore interrato o appoggiato al suolo oppure sopraelevato rispetto al suolo, nella cui parte inferiore viene accumulata l’acqua da immettere nella rete di distribuzione dell’acquedotto mentre quella superiore, anch’essa a perfetta tenuta, contiene un consistente cuscino d’aria. L’opera è del tutto simile alla cassa d’aria normalmente usata negli impianti di sollevamento per l’attenuazione dei dannosi effetti del colpo d’ariete se non fosse per le sue dimensioni notevolmente maggiori, che ne differenziano profondamente le modalità di utilizzazione. Opere del genere, caratterizzate da notevoli capacità di invaso, sono state più volte realizzate per esplicare la funzione di compensazione delle portate in acquedotti di medie e piccole dimensioni. Non risultano invece mai impiegate per svolgere un ruolo così importante e loro congeniale come quello di sostituire i serbatoi pensili di testata delle reti che viene qui proposto. La configurazione idraulica tipica di un impianto di compensazione e sollevamento atto allo scopo comprende nell’ordine, come risulta anche dallo schema della fig. 1 e con disposizione in serie:
· Un serbatoio interrato di grandi dimensioni per la raccolta dell’acqua e la compensazione giornaliera delle portate prodotte dalle fonti;
· Un impianto di sollevamento costituito da elettropompe a velocità variabile oppure da una serie di elettropompe a velocità fissa ma comunque in grado alimentare la rete di distribuzione con portate e pressioni ambedue variabili, al limite con funzionamento a gradini di portata e pressione a gradini, in funzione delle necessità dell’utenza;
· Un serbatoio idropneumatico con annessi batteria di compressori d’aria e valvole di scarico dell’aria compressa in eccedenza il tutto destinato a sostituire il tradizionale serbatoio pensile di testata e a consentire il funzionamento a portata e pressione variabili secondo le modalità che saranno appresso indicate.


Esaminiamo ora il comportamento del cuscino d’aria del serbatoio idropneumatico. Esso segue la regola di Mariotte in base alla quale il prodotto tra volume e pressione ha un valore costante e che, per il campo che ci interessa, fornisce i valori riportati nella seguente tabella e rappresentati graficamente nel grafico di fig.1 allegata.

 

 PERCENTUALE DI RIEMPIMENTO D’ACQUA  PRESSIONE bar (curva 1)  PRESSIONE bar (curva 2)  PRESSIONE bar (curva 3)
 0%  1.00  2.00  3.00
 10%  1.11  2.22  3.33
 20%  1.25  2.50  3.75
 30%  1.43  2.86  4.29
 40%  1.67  3.34  5.01
 50%  2.00  4.00  6.00
 60%  2.50  5.00  7.50
 70%  3.33  6.66  9.99
 80%  5.00  10.00  15.00
graficoriempimento
Fig. 2 =Volumi d’acqua in funzione della pressione

Se si esaminano in dettaglio le curve n. 1 e n. 2, del grafico di fig. 2, si nota come siano caratterizzate da un andamento quasi orizzontale per una bassa percentuale di riempimento del serbatoio, hanno poi un punto di flesso ed infine, per un elevato tasso di riempimento, esse si impennano avvicinandosi alla verticale. Se ne deduce immediatamente che la variazione di pressione, minima quando il serbatoio contiene poca acqua, diventa elevata quando il serbatoio è quasi pieno. In altri termini una utilizzazione ottimale per la regolazione di una rete d’acquedotto come quella proposta nel presente lavoro, deve avere un cuscinetto d’aria di volume circa corrispondente a quello dell’acqua contenuta. Far lavorare l’impianto con cuscinetti d’aria di volume minimo significherebbe invece sottoporre l’esercizio a rischi di cattiva regolazione delle pompe per instabilità di pressione.
Vedremo più avanti come questa caratteristica presenti un lato positivo dato dalla possibilità di regolare a piacere i tempi di variazione dell’invaso e della pressione.
Nelle altre curve del grafico il flesso è meno pronunciato, esse presentano una pendenza media piu’ accentuata e valori di pressione sempre elevati il che porta ad escluderle dall’uso che qui si vuole proporre.
In conclusione il funzionamento ottimale è quello rappresentato in grafico dall’area con tratteggio in quanto sono presenti, in tale campo di lavoro, le seguenti caratteristiche:
· una elevata percentuale di riempimento del serbatoio (fino all’83% per le pressioni di funzionamento più elevate) e quindi una buona capacità di riserva in caso di disservizi;
· una variazione di pressione da 2 a 6 bar od anche oltre se necessario, senza eccessivi cambiamenti nel riempimento d’acqua del serbatoio;
In pratica una volta immessa ad una determinata pressione l’aria nel serbatoio vuoto e quindi definita la curva di funzionamento che si sceglie, il serbatoio idropneumatico varia la percentuale di riempimento e la pressione interna dell’aria e dell’acqua secondo detta curva caratteristica senza necessità di alcun intervento ulteriore dell’annesso compressore o della valvola ma seguendo pedissequamente le modalità di pompaggio cioè la pressione impressa dalla pompa all’acqua. Il funzionamento di compressore e valvola sarebbe richiesto solo nel caso si volesse passare da una curva all’altra.
Un esempio chiarirà meglio i concetti.
Supponiamo di voler far funzionare la rete ad una pressione che và da un minimo di 2 bar (ad esempio la notte) ad un massimo di 6 bar (nell’ora di punta). Si potrà allora scegliere la curva n. 1 immettendo preventivamente una pressione d’aria a serbatoio vuoto di 1 bar. Durante il successivo normale funzionamento il serbatoio presenterà i seguenti valori (oltre naturalmente a quelli intermedi anch’essi leggibili nel grafico):

 PRESSIONE bar  PERCENTUALE DI RIEMPIMENTO D’ACQUA NEL SERBATOIO
 1  0%
 2  50%
 3  67%
 4  75%
 5  80%
 6  83%

L’impianto potrà variare la pressione entro i limiti indicati a seconda della velocità o comunque della pressione di mandata della pompa nel mentre, per la regolazione della portata da immettere in rete, si potrà anche far ricorso al funzionamento intermittente delle pompe stesse considerato che sarà il cuscino d’aria a regolarizzare l’immissione in condotta evitando, tra l’altro, che vi siano trasmessi pericolosi colpi d’ariete. In caso di panne del pompaggio, il serbatoio è pronto ad intervenire mandando in rete, anche in mancanza di corrente elettrica e con una pressione via via calante fino a 1 bar, tutto il volume in esso contenuto e variabile da un minimo del 50 % quando funziona a bassa pressione per arrivare fino al 83 % del volume totale nei momento di punta.
Qualora si desiderasse far lavorare l’impianto con valori diversi, per esempio passando alla curva n. 2, lo si potrà in ogni momento fare immettendo aria compressa tramite l’apposito compressore annesso al serbatoio. Al contrario se si volesse passare ad una curva di valore inferiore si dovrebbe scaricare l’aria in eccesso tramite l’apposita valvola. Si deve comunque notare come l’uso di queste ultime apparecchiature (compressore o valvola di scarico) sia molto raro poiché, una volta definita la curva di lavoro che nella pratica di esercizio risulti la più adatta, non sarà necessario alcun altro intervento.
Sarà sempre possibile, invece di funzionare a pressione variabile, mantenere la pressione fissa 24 ore su 24 su uno qualunque dei valori desiderati.
Il serbatoio idropneumatico sarà infine munito di una valvola a galleggiante che si chiude a serbatoio quasi completamente vuoto onde evitare l’immissione in condotta di aria compressa.
Si può constatare come il funzionamento indicato sia del tutto analogo a quello di un serbatoio pensile tradizionale alimentato da pompe a giri fissi con funzionamento intermittente e con un invaso in quota sempre pronto ad entrare in rete in caso di bisogno. Esistono però delle differenze sostanziali tra i due manufatti. Innanzitutto viene a cadere la pregiudiziale principale dei serbatoi pensili che, come ripetutamente affermato, è quella di obbligare la rete a funzionare rigidamente ad una pressione corrispondente all’intervallo altimetrico tra massimo e minimo livello di invaso. Nel nostro caso è’ invece consentito di variare liberamente la pressione di funzionamento della rete, diminuendola per ottenere dei notevoli risparmi energetici od aumentandola, se necessario per vincere le maggiori perdite di carico, fino a valori elevatissimi che non sarebbero assolutamente raggiungibili con i serbatoi pensili. In secondo luogo trattandosi di opere costruite a terra è possibile realizzare serbatoi pneumatici di grande e grandissimo volume cosa difficilmente attuabile nel caso dei pensili il cui volume di invaso è pesantemente condizionato dalle difficoltà tecniche insite nella edificazione di grandi volumi aerei. Infine i costi di costruzione delle opere edili sono molto inferiori quando si lavora a quota terreno.
Per quanto concerne la capacità reale da assegnare al serbatoio idropneumatico di cui si tratta, è da tener presente che la sua funzione precipua non è quella di compensare le portate, funzione riservata invece ad un apposito serbatoio di grandi dimensioni posto più a monte, bensì quella di mantenere un volume di riserva pronto ad entrare in rete in caso di disservizi vari. Pertanto le sue dimensioni saranno in ogni caso contenute così come sono contenute quelle dei serbatoi pensili che esso và a sostituire. Volumi accettabili nella realtà potranno essere dell’ordine di 200 mc per le piccole reti fino ad un massimo di 5000 mc per quelle maggiori. Nulla vieta di costruire serbatoi idropneumatici anche di dimensioni notevolmente superiori. In tali casi occorre però verificare attentamente la compatibilità tra i tempi necessari perché abbiano luogo i cambiamenti nella pressione di esercizio, tempi particolarmente lunghi dati i grandi volumi di invaso in gioco, e le necessità di funzionamento della rete. In altri termini si tratterà di affinare ulteriormente la scelta della curva caratteristica da utilizzare normalmente e più particolarmente quale parte di essa tenuto presente che, come già indicato, la sua parte inferiore è atta a garantire una elevata stabilità nella pressione di funzionamento nel mentre quella superiore ad andamento quasi verticale, da adottare nel caso dei serbatoi di grandi dimensioni di cui si discute, consente le rapide variazioni di pressione che in tal caso sono necessarie. Per quanto concerne i tempi di reazione della rete, ulteriori approfondimenti, da farsi in sede di progettazione esecutiva delle opere, riguardano la possibilità di modificare lo schema di base prevedendo di inserire il serbatoio pneumatico in derivazione anzichè in serie come fatto finora. Tale variante consente di praticare delle strozzature, dello stesso tipo di quelle che si usa fare per le casse d’aria, nel condotto che collega in derivazione il serbatoio con la rete in modo da poter regolare in vario modo i tempi di intervento del serbatoio pneumatico. La regolazione possibile diventa più determinante se la strozzatura è diversa in entrata da quella dell’uscita o, ancora meglio, se è asservita alle condizioni di funzionamento della rete tramite l’impianto di telecontrollo che può arrivare, in particolari e temporanee circostanze, all’esclusione totale del serbatoio pneumatico e quindi al pompaggio diretto in rete.
Altre varianti nel funzionamento del serbatoio idroponeumatico possono ottenersi assegnando particolari caratteristiche ai due manufatti destinati a contenere rispettivamente acqua e aria. Ad esempio in un serbatoio idropneumatico che avesse la forma di una piramide tronca diritta sarebbero notevolmente esaltati i volumi dell’acqua rispetto a quello dell’aria nel mentre l’effetto contrario, con tutte le conseguenze che derivano all’esercizio della rete, si avrebbe nel caso di piramide tronca rovescia.
Tra le varie possibilità di scelta figura anche quella che prevede una netta distinzione tra i due contenitori: un serbatoio inferiore in cemento armato per contenere l’acqua ed una parte del cuscinetto d’aria, un contenitore superiore destinato a contenere esclusivamente aria e consistente in più bomboloni metallici

Esempio di serbatoio idropneumatico tubolare sotterraneo
Esempio di serbatoio idropneumatico tubolare sotterraneo

Una caratteristica negativa del serbatoio idropneumatico di cui si discute è rappresentata dal pericolo che una parte dell’aria che costituisce il cuscino superiore avesse a miscelarsi con la sottostante acqua. Ne deriverebbe un duplice inconveniente dato dalla perdita di un certo volume d’aria che sarebbe necessario di tanto in tanto ripristinare a mezzo compressore, ed inoltre dall’immissione d’aria nelle condotte di rete dell’acquedotto con tutti i fastidi che ciò potrebbe dare. A giudizio di chi scrive questo inconveniente è presente solo nelle autoclavi e nelle piccole casse d’aria essendovi favorito dal vorticoso turbinio cui, per il modesto volume che le caratterizza, è continuamente soggetta l’acqua. Nel nostro caso l’eventuale miscela aria-acqua che si verrebbe a formare costituirebbe uno strato liquido di peso specifico inferiore a uno che permarrebbe in superficie senza alcuna possibilità di essere aspirato dalla condotta di uscita dell’acqua che è derivata dal fondo del serbatoio. Tale fenomeno è pertanto del tutto trascurabile nei serbatoi idropneumatici di grande volume come sono quelli di cui si discute. Anche le pubblicazioni tecniche che descrivono alcuni serbatoio idropneumatici di grande volume effettivamente realizzati (vedi bibliografia in calce) non fanno cenno alcuno al citato inconveniente fornendo una ulteriore dimostrazione della insussistenza dell’inconveniente descritto. .


In definitiva i benefici offerti dal serbatoio idropneumatico posto in testa alla rete in sostituzione del serbatoio pensile possono essere cosi riepilogati:
· un funzionamento ottimale a pressione variabile che è possibile asservire minuto per minuto alle esigenze dell’utenza qualunque sia la portata da immettere in rete;
· in caso di bisogno si possono raggiungere pressione di esercizio notevolmente elevate da considerarsi assolutamente impossibili per i tradizionali serbatoi pensili;
· qualora si desiderasse funzionare a pressione fissa è possibile scegliere il valore della pressione di lavoro che meglio risponde alle esigenze di rete, valore che può essere sempre cambiato, senza esecuzione di nuove opere, per adeguare gli impianti al verificarsi di nuove ed impreviste necessità;
· una assoluta assenza di colpi d’ariete in condotta;
· un elevato volume d’acqua in pressione sempre pronta a supplire a brevi mancanze meccaniche od elettriche dell’impianto di sollevamento;
· costi di costruzione del manufatto estremamente contenuti
· assoluta assenza di perdite per anomalie varie di esercizio come sfiori d’acqua, dissipazione del carico idraulico, cattivi rendimenti meccanici ed elettrici delle pompe;
· la tenuta ermetica del serbatoio offre la massima garanzia igienica vista l’impossibilità che possano penetrarvi insetti, volatili o altri animali oppure che vi si possano compiere atti vandalici;
· essendo edificati a quota suolo è possibile costruire, in testa alla rete, serbatoi pneumatici di grandi od anche di grandissime dimensioni;
· in caso di ampliamento delle reti da alimentare è possibile modificare il regime idrico di normale lavoro senza eseguire alcuna modifica alle opere edili ma semplicemente variando la pressione di esercizio
· grazie all’azione stabilizzatrice del cuscino d’aria, anche in caso di alimentazione a pressione variabile, l’impianto di sollevamento può essere costituito da serie di pompe a giri fissi meno costose di quelle a velocità variabile.

· possibilità di regolare a piacere i tempi necessari perché abbiano compimento le variazioni della pressione di alimentazione della rete.
· in caso di serbatoio in derivazione dalla rete, sono possibili ulteriori regolazioni nei tempi del suo intervento.

 

3) RAFFRONTO TRA SERBATOIO IDROPNEUMATICO E SERBATOIO PENSILE

Un confronto valido tra opere idriche di diverso tipo come sono quelle in oggetto, può farsi prendendo come base un serbatoio pensile da 3000 mc di capacità utile e 50 m. di altezza che può essere considerato, nel suo genere, una delle costruzioni più ardite tra quelle effettivamente realizzate. Esso potrebbe essere validamente sostituito, in una qualunque rete di distribuzione d’acqua potabile, da un serbatoio a terra di tipo pneumatico avente una cubatura interna utile di 5000 mc. Caratteristiche salienti di quest’opera sarebbero un costo nettamente inferiore, la possibilità di mantenere, in caso di disservizi dell’adduzione, una riserva d’acqua pronta ad entrare in rete del volume di 2500 mc alle basse pressioni di esercizio ma di ben 4150 mc a quelle alte. Il serbatoio in argomento consentirebbe inoltre di lavorare ad un qualunque valore di pressione sia fissa che variabile di minuto in minuto ed elevabile fino a 70 m. ed anche oltre, contro una pressione fissa del pensile pari a 50 m. circa. Sono evidenti i vantaggi che presenterebbe il serbatoio idropneumatico sia in fatto di funzionalità idrica sia nei costi di costruzione e di esercizio.

 

4) ESEMPIO PRATICO DI IMPIANTO DI ACCUMULO E SOLLEVAMENTO DOTATO DI SERBATOTIO IDROPNEUMATICO DI TESTATA

Viene descritta la costituzione consigliata per un impianto di accumulo e sollevamento tipo. Il dimensionamento è molto empirico ma può servire a dare un’idea di larga massima della composizione atta a raggiungere gli scopi che qui ci si prefigge.
Si immagini di dover alimentare una città di pianura di 200.000 abitanti.
I dati principali, fatto salvo un calcolo più serio basato su elementi concreti, sono i seguenti:
– Portata media del giorno di massimo consumo: 600 l/sec
– Portata massima nell’ora di punta del giorno di massimo consumo: 1350 l/sec
– Portata minima notturna del giorno di massimo consumo: 360 l/sec
– Volume giornaliero consumato nel del giorno di massimo consumo: mc 78.000 circa
– Volume da assegnare al serbatoio interrato di compensazione: mc 12.000 circa pari al 15 % del volume giornaliero massimo
Si voglia alimentare la rete, di notte, con 15 m di pressione misurata nel punto più depresso di utenza cui corrisponde una pressione di pompaggio di 2 bar in centrale e rispettivamente di 35 m nell’ora di punta cui corrispondono 6 bar in centrale.
Viene scelto un serbatoio idropneumatico da mc 4000 e la curva caratteristica n.1.
I risultati sono i seguenti:
– Volume contenuto nel serbatoio pneumatico alla portata minima e pressione di 2 bar = mc 2000. E’ quindi in grado di far fronte ad un’emergenza per mancato funzionamento del sollevamento di 1,5 ore circa
– Volume contenuto nel serbatoio pneumatico nell’ora di punta a 6 bar: mc 3.300 circa. E’ quindi in grado di far fronte ad un’emergenza di ¾ d’ora circa.
. L’impianto di sollevamento potrà essere equipaggiato con pompe a velocità variabile atte a fornire una portata che và da un minimo di 400 l/sec con prevalenza di 20 m ad un massimo di 1500 l/sec con 60 m di pressione. L’impianto di telecontrollo provvederà a variare la velocità della pompa con asservimento alla pressione finale di arrivo misurata nei punti caratteristici della rete.
Molto più semplicemente l’equipaggiamento potrebbe essere costituito (oltre alle macchine di riserva) da quattro pompe a giri fissi aventi nell’ordine le seguenti caratteristiche:
– Pompa n. 1 : 400 l/sec prevalenza m 25;
– Pompa n. 2 : 600 l/sec prevalenza m 35;
– Pompa n. 3 : 1000 l/sec prevalenza m 45;
– Pompa n. 4 : 1500 l/sec prevalenza m 58;
In quest’ultimo caso l’impianto di telecontrollo provvederà a far funzionare di ora in ora e ad intermittenza la pompa avente le caratteristiche di portata e pressione più adatte per mantenere all’utenza le pressioni di consegna prefissate curando che i rendimenti siano sempre i migliori nel mentre sarà il cuscino d’aria che provvederà a stabilizzare portata e pressione in uscita dalla centrale. L’impianto sarà corredato da una batteria di compressori atti a realizzare, una volta tanto, un cuscino d’aria di circa 2000 mc alla pressione di 2 bar in circa 4 ore di funzionamento. e da una valvola in grado di scaricare l’aria compressa.

 

5) CONCLUSIONI

Il serbatoio idropneumatico, oggetto specifico dell’articolo, è una struttura idrica che nei casi di effettiva utilizzazione pratica, mai è stato visto come sostitutivo dei serbatoi pensili. Nell’articolo si dimostra invece che è proprio in tale inusitata veste che esso dovrebbe trovare diffusa applicazione potendo contribuire efficacemente a liberare le nostre città di pianura da quegli orrendi monumenti all’inutilità che sono, a giudizio di chi scrive, i serbatoi pensili. Il suo ruolo travalica di gran lunga le funzioni svolte da questi ultimi soprattutto grazie alla grande elasticità conferita alla rete di distribuzione tramite il funzionamento a pressione variabile. La convenienza del particolarissimo manufatto, sia in tema di economia di esercizio e sia in quello di impatto ambientale, viene dimostrata analizzando i risultati che si ottengono e paragonandoli con quelli delle reti tradizionali munite di serbatoio pensile di testata
Ulteriori informazioni sul funzionamento a pressione variabile delle reti possono esser lette in altre pagine di questo stesso sito


Bibliografia:
– M. Burin “Le réservoir hydropneumatique de Chantilly” Tecnique e Sciences Municipales -Mars 1969
– J.Cheron “Resérvoir pression de grande capacité” – T.S.M. L’Eau octobre 1988

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