ACQUEDOTTI ITALIANI : TRADIZIONI O ANOMALIE?

Acquedotti: tradizioni o anomalie?

1) PREMESSA

Le notizie diffuse su un problema essenziale come quello del rifornimento idrico in generale e specificamente su quello idropotabile si riferiscono sempre più spesso alla crisi incombente che lo porterà in primo piano per la sua gravità. Si invocano provvedimenti i più disparati come il risparmio del prezioso elemento, rifare le reti acquedottistiche al fine di ridurre le enormi perdite occulte che vi si riscontrano ma, ad avviso di chi scrive, si omette di spiegare con sufficiente chiarezza come la gran parte degli acquedotti italiani siano, nella realtà, affetti da mali che si vuole ignorare e che pertanto diventano impossibili da curare ed infine come molti di essi siano, con piena coscienza dei responsabili, concepiti con sistemi antiquati fonte di gravi inconvenienti. Sono queste anomalie che formano l’oggetto della presente nota. Alcune di esse sono meglio documentate negli articoli specifici del presente sito, ma fornirne qui un elenco che le raggruppa tutte assieme è comunque utile per disegnare un quadro sintetico ma realistico della situazione attuale.

2) DIFETTI SOSTANZIALI MOLTO DIFFUSI

La prima deficienza degli acquedotti italiani da menzionare è la endemica scarsità di apparecchiature di misura e controllo che li affligge in maniera inammissibile nonostante che, a tale riguardo, esistano precise disposizioni di legge. Moltissimi acquedotti sono privi dei più elementari mezzi di controllo delle portate e pressioni in gioco e, quando anche presenti, tali mezzi sono per lo più affetti da irregolarità dovute alla mancata manutenzione. Non è infatti raro imbattersi in strumenti che, funzionando da decenni senza essere mai stati assoggettati alle indispensabili operazioni di controllo e taratura, forniscono false informazione sui dati di esercizio reale così come esistono enti gestori che, per effettuare le determinazioni e le denuncie di legge, utilizzano dati estremamente aleatori come ad esempio la portata teorica di una pompa o quella, ancora più aleatoria, di un pozzo che da anni non vengono più sottoposti a verifiche di portata. Anche i contatori delle utenze private dopo una decina di anni dalla loro installazione non possono garantire dei buoni risultati e denunciano una inerzia iniziale che porta a trascurare tutti i piccoli prelievi. In conclusione sussiste molta incertezza sull’entità dei volumi d’acqua che il gestore consegna agli utenti nel periodo di fatturazione, ed in quelle immesse in rete sia totali periodo per periodo sia istantaneamente minuto per minuto: ne derivano inevitabili errori in tutte le determinazioni tecniche ed economiche di gestione degli impianti ed altresì nei dati diffusi dai giornali o in quelli posti in discussione da tecnici ed autorità.
Da questo disastrato stato di fatto deriva un danno ancora più grave e cioè la mancata determinazione, da parte di molti servizi acquedottistici, delle perdite d’acqua reali del sistema e quindi una gestione alla cieca degli impianti oppure, soluzione ancora più grave, un esercizio basato su dati fasulli che possono portare alla assunzione di decisioni importanti ma di nessun risultato pratico quando non siano addirittura dannose.
Passando ad un elemento importante come quello del controllo della pressione, non ci si rende conto quanto sia utile tenerla sotto controllo non solo nel punto iniziale della rete di distribuzione, come si usa fare nella migliore delle ipotesi, ma anche in tutti gli altri punti caratteristici della rete e delle condotte di adduzione! Opportuno quì ribadire il principio ben noto che attribuisce agli eccessi di pressione molti dei mali degli acquedotti, primi tra tutti le enormi perdite occulte accusate dalla gran parte degli acquedotti italiani.
Altre misure importanti sono quelle di controllo della qualità dell’acqua che non è sufficiente vengano effettuate solo in uscita dagli impianti di produzione ma invece devono essere diffuse in rete in modo da consentire il controllo di qualità continuativo in tutti i punti caratteristici del territorio servito .
La presenza delle apparecchiature sinteticamente descritte riporta la discussione su un altro tema importante e cioè sugli impianti di telecontrollo e telecomando centralizzati che ne costituiscono un utilissimo complemento. Molti acquedotti ne sono assolutamente privi, altri hanno impianti rudimentali che eseguono solo qualcuna delle funzioni che vi sono predisposte. Il fatto più eclatante è la assoluta mancanza, nella quasi totalità degli acquedotti, dell’uso vero delle apparecchiature in oggetto. Non si è capito che l’avvento dei moderni sistemi con possibilità di ricevere in tempo reale i dati reali di funzionamento dell’intero servizio idrico a partire dalle fonti per arrivare, passando per tutte le apparecchiature intermedie, fino all’ultimo utente, ed al tempo stesso di prendere in automatico le decisioni più appropriate, consente di concepire reti acquedottistiche diverse da quelle tradizionali. Nulla di tutto questo: si sono automatizzate le stesse operazioni che un tempo erano compiute manualmente ma lo schema di funzionamento degli impianti è lo stesso di 50 anni fa con volontaria rinuncia degli enormi benefici di cui si è detto e che la moderna tecnologia offre.
Un’altro gravissimo inconveniente che interessa tutta l’area italiana è la mancanza di una tutela vera dall’inquinamento delle falde che si sarebbe per tempo dovuta attuare intervenendo efficacemente, come prescrive la legge, in tutte le aree di protezione. Ne è derivata la necessità di sostanziali modifiche nelle varie captazioni con abbandono di falde ottime ed abbondanti per privilegiarne altre più sicure dal punto di vista sanitario ma di qualità e portata nettamente inferiori. Tipico esempio nel veneto la falda artesiana di una cinquantina di metri di profondità. Forniva enormi portate di ottima acqua fresca e la si è dovuta abbandonare sostituendola con prelievi a 300 e più metri di profondità di acqua peggiore e non altrettanto costante come portata.

3) LE ANOMALIE SPECIFICHE

La breve e senz’altro incompleta panoramica dei difetti più comuni degli acquedotti italiani inizia dalle fonti e particolarmente dai pozzi artesiani. In questo campo si sono commesse irregolarità di ogni tipo. Quelle più rilevanti sono la quasi totale mancanza di dati reali delle falde sia prima della costruzione sia successivamente durante il suo sfruttamento. Le conseguenze sono incredibili: pozzi che prelevano portate superiori alla disponibilità della falda con conseguenze gravi che in certi casi sono arrivate ai cedimenti del suolo. Pozzi che, per aumentare la portata emunta, pescano contemporaneamente da più falde aventi caratteristiche diversificate sia come qualità dell’acqua sia in fatto di pressione: a causa del collegamento diretto ha luogo il travaso dell’acqua dall’una all’altra falda con danni gravissimi. In altri casi si attua una continua opera di potenziamento ottenuta con tutti i mezzi possibili e cioè con aumento del pompaggio o del numero dei pozzi in funzione, potenziamento reso necessario dal continuo peggioramento della falda e dalla necessità di mantenere la portata in concessione. Si entra in un inarrestabile circolo chiuso che porta inevitabilmente alla crisi.
Una volta captata l’acqua è, di norma, immessa nei serbatoi di compensazione delle portate aventi cioè la funzione di accumulare l’acqua in esubero rispetto al fabbisogno per renderla disponibile durante i consumi di punta. Anche questa azione è generalmente scorretta. La stragrande maggioranza dei serbatoi sono regolati in funzione del livello di massimo invaso, raggiunto il quale la produzione viene sospesa o diminuita per essere ripresa quando il livello decresce. Si tratta di una regolazione trogloditica vista con favore dai gestori i quali ritengono che i serbatoi sempre pieni rappresentino una grande sicurezza di esercizio. Non si è invece capito che un funzionamento del genere, adottato nella stragrande maggioranza dei casi, annulla i benefici della funzione propria degli invasi per la gran parte delle giornate annue in quanto il serbatoio si svuota, collaborando efficacemente a migliorare il servizio, soltanto nei giorni di forti consumi, mentre in tutti gli altri casi, che sono la maggioranza, il serbatoio è sempre pieno e le fonti sono costrette a modulare la portata seguendo pedissequamente le richieste istantanee dell’utenza il che è come dire produzioni nulle la notte e massime nelle ore di punta. Al contrario una razionale utilizzazione delle capacità di invaso dei serbatoi consentirebbe di capovolgere tale stato di fatto mediando la produzione o, addirittura maggiorando la produzione notturna rispetto quella giornaliera con vantaggi per lo sfruttamento delle fonti e per il minor costo dell’energia elettrica notturna quando necessaria per l’emungimento.
Volendo parlare del trasporto dell’acqua dalle fonti al serbatoio di accumulo, che molto spesso è ubicato molto lontano, bisogna distinguere tre sistemi : a gravità quando le fonti si trovano a quote superiori della rete di distribuzione, a sollevamento meccanico nel caso contrario e misto gravità-sollevamento quando il dislivello è modesto ed è necessaria l’integrazione saltuaria delle pompe.
Le anomalie più notevoli si riscontrano nelle metodologie di pompaggio. Il problema da risolvere è dato dal fatto che la portata da sollevare non è costante ma varia in funzione delle richieste dell’utenza. In tali casi il sistema più diffuso di modulazione è quello già citato basato sull’azione del galleggiante presente nel serbatoio di arrivo che ferma la pompa a serbatoio pieno e la rimette in moto quando il livello comincia a calare. Un altro sistema più sofisticato di recente adottato è l’uso di pompe a velocità variabile che sono in grado di modulare la portata in funzione del livello del serbatoio di arrivo: la portata è massima a serbatoio vuoto per diminuire ai livelli alti dell’invaso. Ambedue i sistemi sarebbero da bandire perché, come già detto, riducono enormemente la funzionalità del serbatoio per seguire direttamente con la produzione la portata richiesta dall’utenza. Un funzionamento ottimale sarebbe invece quello, raccomandato dalla letteratura tecnica ma mai messo in pratica, che solleva 24 ore su 24 una portata costante e pari alla media giornaliera. Sono evidenti i vantaggi: sfruttamento continuo a portata più bassa e quindi ottimale delle fonti e minima perdita di carico delle condotte e quindi economia energetica di pompaggio.
Un metodo ancora migliore, a giudizio di chi scrive, sarebbe quello che, tutte le volte che le condizioni del momento lo consentono, pompasse di più alla notte che al giorno il che è attuabile con una diversa regolazione del serbatoio come ad esempio quella a livelli imposti ora per ora.
I difetti citati si accentuano nel terzo sistema di adduzione cioè in quello misto gravità/sollevamento meccanico. In questo caso si fa intervenire la pompa tutte le volte che la sola adduzione a gravità non ce la fa a coprire il fabbisogno e cioè quando ha luogo il calo del livello del serbatoio al di sotto di un determinato punto di guardia. Con i normali comandi a galleggiante che, come detto limitano la funzionalità del serbatoio tendendo sempre a mantenerlo pieno, si constata come anche nei giorni di bassi consumi per i quali sarebbe più che sufficiente la portata addotta a gravità, ha luogo ugualmente l’intervento giornaliero delle pompe in quanto esse tendono, come già spiegato, a mantenere il serbatoio pieno, mentre durante la notte l’acqua in arrivo a gravità è costretta a sfiorare.
Passiamo ora a discutere dell’elemento base degli acquedotti nel quale si riscontrano le anomalie più eclatanti: la rete di distribuzione. Si può affermare senza tema di smentita che in tutte le nostre case di abitazione, se servite direttamente dall’acquedotto senza interposizione di apparecchiature di regolazione individuale, si registra un fenomeno assurdo: di notte quando l’uso dell’acqua è limitatissimo si ha una pressione inutilmente elevata e di giorno, soprattutto nel momento di maggior bisogno, la pressione di consegna cala. Questo fenomeno, dovuto alla diffusissima ed errata consuetudine di porre in testa alla rete il serbatoio di carico, è causa di gravi mali, primo tra tutti un vertiginoso aumento notturno delle perdite occulte. Esempio classico di una concezione sbagliata delle reti di distribuzione è la presenza dei serbatoi pensili che dominano il panorama delle pianure italiane: opere costose, brutte, ingombranti, di scarsa utilità pratica e fonte, spesso, delle citate anomalie di esercizio. Molti di essi sono fuori servizio da anni, altri devono essere abbattuti.

Il serbatoio pensile di Marghera (Venezia). Un’opera mastodontica completamente inutile

I provvedimenti, nella realtà poco adottati, consistono prima di tutto nel funzionamento a pressione variabile della rete con asservimento alle pressioni rilevate in tempo reale nei punti strategici ed in secondo luogo nella regolazione della pressione della rete con valvole di modulazione anch’esse asservite alla pressione effettiva. Si tratta di metodi di sicuro successo ma poco citati dalle letteratura tecnica e poco usati dai gestori.
Un’ultima anomalia: l’improprio impiego delle pompe a velocità variabile. La caratteristica precipua di dette macchine è quella di poter variare sia la portata sia la pressione di pompaggio in funzione delle necessità contingenti. Esse quindi si prestano ottimamente nel caso sia necessario che ad un aumento della portata sollevata corrisponda anche un aumento della pressione di pompaggio. Caso tipico quello dell’alimentazione di una condotta molto lunga la quale ad ogni aumento di portata richiede anche una maggior pressione. Ma non sempre è così. Ad esempio nel caso di sollevamento dell’acqua da un serbatoio ad un altro posto immediatamente sopra, si ha una prevalenza di sollevamento pressoché costante anche al variare della portata ed in questo caso adottare le pompe a velocità variabile, come spesso si usa fare per la facilità di modulazione della portata innalzata, è un errore! Molto meglio, in questi casi caratterizzati da prevalenza costante, usare pompe tradizionali a giri fissi meno costose e di migliore rendimento.

4) CONCLUSIONI

Si è fatta una breve disamina di alcuni dei gravi difetti di costituzione e di gestione presenti negli acquedotti italiani e dovuti ad un tempo alla tecnica troppo tradizionalista dei progettisti e dei gestori, ed inoltre alle false indicazioni della letteratura tecnica e ad una istruzione anch’essa sorpassata impartita ai tecnici ed agli ingegneri durante i loro studi. Nella breve nota, alla descrizione delle anomalie macroscpiche, fa seguito un accenno di alcuni rimedi. Maggiori dettagli e dimostrazioni possono essere letti in altre parti del presente sito.

INCONGRUENZE E MANCHEVOLEZZE DELLA LETTERATURA TECNICA IN TEMA DI ACQUEDOTTI

1. PREMESSA

L’analisi delle pubblicazioni tecniche riguardanti la materia “acquedotti” conduce, a giudizio di chi scrive, a due conclusioni nettamente contrapposte. Da un alto emerge che molti dei concetti di base ripetutamente conclamati sono da considerarsi ormai superati dalla moderna tecnica acquedottistica. Ne sono la riprova i molti acquedotti realizzati secondo modelli totalmente diversi da quelli classici e che, ciononostante, funzionano da tempo con ottimi risultati sia tecnici che economici.
Il secondo aspetto è quello concernente gran parte delle recenti ricerche scientifiche che sono da considerarsi, invece, come troppo distaccate dalla realtà. Si tratta di un’ampia produzione di nuove metodologie, studi, formulari ecc. ecc. da cui si dovrebbero ritrarre notevoli vantaggi reali ma che, invece, restano solo delle mere esercitazioni teoriche con scarse applicazioni pratiche.
Scopo del presente lavoro è la documentazione degli inconvenienti citati e la ricerca di un possibile rimedio.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

A dimostrazione di quanto precede si riportano degli esempi tratti da esperienze dirette di gestione e catalogati in base alla appartenenza all’una o all’altra delle due categorie citate. Alcuni di essi sono già stati in dettaglio illustrati in altri lavori redatti da chi scrive e visibili in questo stesso sito o nella rivista “L’Acqua” organo ufficiale della Associazione Idrotecnica Italiana. Essi vengono qui ripresi ed integrati nella lista onde costituirne una raccolta ordinata.

 

2.1. ESEMPI NEI QUALI LA LETTERATURA TECNICA RISULTA SUPERATA DALLA REALTÀ’ ACQUEDOTTISTICA

Le anomalie che caratterizzano i casi reali elencati nel presente sottocapitolo sono eclatanti in quanto, pur trattandosi di realizzazioni non conformi alle indicazioni della letteratura tecnica, sono in grado di fornire ottimi risultati.

 

2.1.1. L’USO IMPROPRIO DEL TELECONTROLLO
Una rete di distribuzione per territori montani molto particolare

Nella scelta del telecontrollo e telecomando, oggi molto diffusi nella gestione degli acquedotti, si adottano impianti, spesso derivati da sistemi complessi di controllo dei processi industriali, dotati di una gamma di funzioni così vasta che, per un corretto svolgimento del servizio, è sufficiente utilizzarne solo una minima parte. Un aspetto che la letteratura tecnica evita di mettere in luce ma che invece è della massima importanza, concerne la necessità che, data la presenza di impianti di telecontrollo e telecomando così sofisticati, sia non solo rivoluzionato il modo di comandare e controllare le apparecchiature ma che debba essere soprattutto la costituzione stessa delle reti, degli impianti di sollevamento, dei serbatoi ecc. a dover subire una profonda trasformazione. Pertanto, come già sperimentato con ottimi risultati in molte realtà acquedottistiche, non telecontrollo studiato in funzione della rete cui è applicato bensì complesso acquedottistico interamente concepito in funzione del telecontrollo. Si tratta di un vero capovolgimento dei concetti di base! .I vantaggi che ne derivano vanno dalla migliorata qualità dell’esercizio ad una importante economia sia nella costituzione sia nella gestione del servizio. Alcune di tali soluzioni sono ampiamente descritte, assieme ai risultati conseguiti negli articoli “Razionalizzazione delle Reti di distribuzione d’acqua potabile“, “L’alimentazione idropotabile dei territori montani” presenti nel sito

 

2.1.2. L’ASSERVIMENTO DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIO ALLE RICHIESTE DELL’UTENZA
La dimostrazione dei metodi classici di alimentazione delle reti tramite sebatoi sopraelevati che fissano irrazionalmente le pressioni di esercizio della rete.

La letteratura tecnica propone costantemente di dotare le reti di distribuzione d’acqua di vasca di carico posta in testa alla rete stessa allo scopo di assicurare una pressione costante di partenza da cui deriverebbe un funzionamento ottimale del rifornimento idropotabile. Si è largamente dimostrato invece come la pressione da tener sotto controllo sia quella finale di consegna in quanto, oltre a migliorare le condizioni di prelievo se ne ottengono notevoli vantaggi di gestione.

 

2.1.3. L’INTEGRAZIONE DEL TELECONTROLLO NELLA RETE INTERNET

Si è prima spiegato come l’avvento degli impianti di telecontrollo richiedano, in campo acquedottistico, soluzioni nuove atte ad utilizzare appieno le grandi possibilità proprie di tali impianti. Esiste un altro aspetto che la letteratura tecnica trascura completamente: l’integrazione degli impianti di telecontrollo medesimi con la rete Internet. Si tratta di una metodologia usata in Francia da molto tempo, basata, visto che ancora Internet non esisteva, sulla rete Minitel allora molto diffusa in quel paese e grazie alla quale il personale addetto al controllo degli impianti acquedottistici poteva effettuarne la supervisione standosene in un qualunque ufficio oppure comodamente a casa propria. La rete Internet, ora così diffusa in tutto il mondo, si presta ancora meglio in queste operazioni consentendo non solo di conoscere in qualunque momento ed in un qualunque luogo dove esista un personal o  addirittura un semplice telefonino portatile  collegato ad Internet, lo stato degli impianti comunque ubicati ma anche di intervenire, se necessario, con il comando delle varie apparecchiature delle centrali e delle reti nonché di ricevere  gli allarmi in caso di un qualunque disservizio. Sono evidenti i vantaggi che se ne ritraggono in termini di economia di personale unitamente ad una migliore funzionalità degli impianti e ad una tempestiva azione di correzione di eventuali irregolarità o di riparazione degli eventuali guasti.

 

2.1.4. IL FUNZIONAMENTO ANOMALO DEI SERBATOI INSERITI IN RETE

Gli schemi classici di rete di distribuzione prevedono la presenza di serbatoi di compenso inseriti direttamente in rete senza interposizione di apparecchiature idrauliche particolari in quanto tale disposizione consentirebbe ai serbatoi medesimi di svolgere efficacemente la funzione di compensazione delle portate loro assegnata. Nel reale esercizio delle reti di distribuzione si constata come tale funzione venga svolta solo in circostanze del tutto eccezionali nel mentre essa viene a mancare nella stragrande maggioranza delle giornate dell’anno tipo. Per ovviarvi si sono realizzate reti totalmente diverse basate su una diversa utilizzazione dei serbatoi e sul funzionamento a pressione variabile asservita all’utenza, che si sono dimostrate atte a risolvere ottimamente il problema. Alcuni modalità di costruzione ed esercizio di reti come quelle indicate sono descritte in altre parti del presente sito.

 

2.1.5. LA RELAZIONE INTERCORRENTE TRA PERDITE OCCULTE E PRESSIONE DI RETE

Uno dei mali maggiori che affliggono il rifornimento idropotabile è la presenza di perdite occulte che provocano una dissipazione nel terreno di quantitativi enormi d’acqua in tutti i tipi di rete di distribuzione anche in quelle in ottimo stato di manutenzione. Ebbene, non è sufficientemente spiegato nella letteratura tecnica che tali perdite possono esser notevolmente diminuite eliminando gli eccessi di pressione che si verificano frequentemente nelle reti medesime e soprattutto nei periodi di bassi consumi. Una soluzione, sperimentata con esito favorevole in molte realtà acquedottistiche, consiste nel regolare la pressione di esercizio in funzione delle richieste di rete. Ciò significa assegnare nelle ore di forti consumi dell’utenza una pressione elevata ed atta quindi a vincere le perdite di carico richieste dalla portata di punta e una pressione ribassata in tutti gli altri periodi di minore richiesta idrica. Alla notte la pressione può essere portata ad un valore molto basso ma sufficiente per addurre la portata allora richiesta ed il cui valore è prossimo allo zero.

 

2.1.6. L’INTERCETTAZIONE DEI SERBATOI DI RETE

Un accorgimento tecnico assolutamente consigliabile è quello inerente la presenza nei serbatoi di un dispositivo automatico che li intercetti dalla rete tutte le volte che la pressione di esercizio, in ottemperanza al funzionamento a pressione variabile descritto nei precedenti capitoli, si venga a trovare al di sopra o al di sotto dell’invaso dei serbatoi medesimi, pur restando, in particolari casi di necessità, totalmente utilizzabile il volume d’acqua precedentemente invasato. Tale circostanza, non prevista nelle reti di tipo classico, ma anch’essa ampiamente sperimentata nella realtà, consente di avere in rete degli importanti volumi d’acqua in quota pronti ad entrare in rete in caso di bisogno ma che non vincolano in alcun modo la pressione di rete entro ristretti limiti con tutti gli inconvenienti che ciò comporta e che sono meglio spiegati nell’articolo “I serbatoi pensili delle reti di distribuzione d’acqua potabile: monumenti all’inutilità o indispensabili strutture?”

 

2.1.7. I COLPI D’ARIETE TRASMESSI DALLE VALVOLE DI RITEGNO

La trasmissione in condotta di pericolosi colpi d’ariete viene attribuita, nella letteratura tecnica, a manovre di esercizio rapide. Si deve però rilevare come la maggior parte delle normali apparecchiature in pratica non possano provocare una chiusura del flusso cosi veloce da provocare tali effetti in quanto il tempo realmente necessario per chiudere una saracinesca, per arrestare o per portare a regime una pompa è, come minimo, pari a parecchie decine di secondi il che non comporta che modeste irregolarità nel flusso d’acqua. L’unica apparecchiatura che provoca veramente pericolose onde di pressione è la valvola di ritegno a battente quando, se sprovvista di servocomando, essa viene chiusa dall’inversione del flusso d’acqua. Tutti avranno notato come al momento dell’arresto delle elettropompe munite di valvola di ritegno a battente abbia origine una tremenda botta, chiaramente percepibile e che si trasmette pericolosamente alla condotta di mandata. Anche questo è un dettaglio che, nonostante i problemi che ne derivano, non viene sufficientemente spiegato. Non viene soprattutto spiegato come, per evitare quasi totalmente il botto, è sufficiente dotare la valvola di un dispositivo (ad esempio un contrappeso opportunamente tarato), la cui presenza provochi la chiusura della valvola man mano che viene a diminuire la velocità del flusso d’acqua e quindi anticipando ed impedendo l’inversione del flusso d’acqua. In altri termini la chiusura della valvola deve essere insita nella sua stessa natura e non dovuta, come sovente accade, all’inversione del flusso d’acqua. Tale circostanza è facilmente constatabile impiegando valvole di ritegno di tipo a membrana nelle quali la chiusura ha luogo per effetto dell’elasticità propria della membrana stessa. Si constaterà come, a fronte di un aumento delle perdite di carico, l’arresto della pompa non provochi, in tali impianti, alcun botto.

 

2.1.8. L’UTILIZZAZIONE RAZIONALE DEI VOLUMI DI INVASO DEI SERBATOIO DI COMPENSO A TERRA
Esempio di grafico giornaliero dei livelli imòosti ai serbatoi di compensazione giornaliera

Nei grandi complessi acquedottistici le modalità di svuotamento e riempimento dei serbatoi di compenso di tipo a terra, soprattutto se inseriti in gran numero e in vaste reti di adduzione, sono definite, in tempo reale ed in funzione delle previsioni di consumo e della producibilità delle fonti, dalle complesse procedure degli impianti di telecontrollo e telecomando.
Negli acquedotti di medie e piccole dimensioni, invece, la regolazione dei serbatoi a terra ha luogo molto semplicemente tramite valvole di efflusso a galleggiante o corrispondenti dispositivi idraulici automatici che provvedono a chiudere l’immissione quando il serbatoio ha raggiunto il massimo livello e a riaprire il flusso man mano che esso scende. In questo modo si ottiene il vantaggio di avere i serbatoi sempre al massimo livello possibile e quindi di poter disporre di grandi quantitativi d’acqua pronta ad essere utilizzata soprattutto nelle giornate di consumo medio e medio-basso quando il volume reale di compenso risulta in esubero rispetto a quanto necessario.
Il fatto di avere serbatoi sempre pieni o quasi pieni, con la sola eccezione delle giornate di consumo elevato, se da un lato offre un vantaggio, dall’altro impedisce loro di svolgere compiutamente quella importante azione che è la compensazione giornaliera delle portate. Sono gli impianti di produzione, che in teoria dovrebbero dare una portata costante nel tempo e pari alla media giornaliera, a dover invece modulare ora per ora il loro funzionamento in funzione della richiesta dell’utenza. Se si tiene conto che, in genere, le opere di adduzione degli acquedotti vengono, per evidenti ragioni di cautela, sovradimensionate, si giunge alla conclusione che l’acqua distribuita dagli acquedotto è prodotta per la sua maggior parte durante le ore diurne cioè quando peggiori sono le condizioni obbiettive per farlo. Si fa rilevare inoltre come il funzionamento dei serbatoi, se in numero elevato e con diversa dislocazione all’interno della medesima rete di adduzione, è assai anomalo presentando alcuni invasi sempre al massimo livello ed altri che si svuotano troppo presto. Anche in questo frangente è l’impianto di produzione che deve rimediare al mancato intervento di compensazione aumentando la produzione giornaliera rispetto a quella notturna.
Un diverso sistema di regolazione come ad esempio quello descritto nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti“, basato sull’asservimento delle portate da immettere nei serbatoi di compenso ad un prefissato diagramma giornaliero dei livelli che deve assumere l’acqua durante le 24 ore, assicura lo svuotamento diurno razionale e preordinato dei serbatoi stessi, non solo nei giorni di consumo elevato ed elevatissimo, ma anche in tutte le altre giornate dell’annata. Ciò significa utilizzare, in ogni condizione di funzionamento, il medesimo quantitativo dell’acqua prodotta durante le ore notturne e quindi distribuire nelle giornate di bassi consumi, che statisticamente sono le più frequenti, quasi esclusivamente acqua prodotta la notte con evidenti vantaggi economici dati dalla possibilità di utilizzare energia elettrica di costo inferiore come è quella messa a disposizione dall’Enel nei periodi notturni, e dalla migliore producibilità che presentano, in tali periodi, le falde.
In conclusione, anche nel settore inerente la regolazione dei serbatoi di compenso in argomento, si registra una grave carenza della letteratura tecnica: il problema, anche se molto sentito da chi segue la reale gestione acquedottistica, è ivi quasi totalmente ignorato.

 

2.2. ESEMPI NEI QUALI LA RICERCA SCIENTIFICA E’ AVULSA DALLA REALTA’

Gli esempi riportati nel presente sottocapitolo rappresentano, come quelli precedentemente elencati, delle anomalie eclatanti per motivazioni totalmente diverse da quelle. In questi casi, infatti, la mancata utilizzazione pratica dei ritrovati tecnici propri della letteratura tecnica, è dovuta alla eccessiva teorizzazione che è loro propria.

 

2.2.1. L’ANALISI DEI COSTI DI TRASPORTO DELL’ACQUA

Numerosi studi riguardano le modalità di trasporto dell’acqua e quindi le caratteristiche da assegnare alle tubazioni onde migliorare le modalità di esercizio. Si tratta di ricerche molto importanti in quanto atte ad ottenere, da una razionale definizione delle condotte di rete, economie energetiche che possono arrivare ad esempio al 2 – 3%. Si deve però notare come la semplice riduzione della pressione di pompaggio durante la notte, come meglio spiegato nell’articolo ” Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” può portare a delle economie di ben il 30%. Non si capisce quindi come nella ricerca ci si preoccupi tanto di trovare una economia così modesta e si trascuri un provvedimento, meno complicato, ma atto ad offrire economie energetiche ben maggiori.
Si deve concludere che le modalità indicate possono essere adottate solo a posteriori e cioè non prima dell’adozione della pressione variabile di esercizio.

 

2.2.2. LA SEMPLIFICAZIONE DEGLI SCHEMI IDRAULICI DI CALCOLO DELLE RETI

Un altro esempio in cui è facile rilevare un profondo divario tra pratica e teoria è quello relativo alla semplificazione degli schemi di calcolo delle reti di distribuzione. Nella esecuzione di tali verifiche si usa, per alleggerire le procedure di calcolo, considerare le sole condotte principali della rete e cioè quelle di diametro maggiore. Ci si è però accorti che l’eliminazione delle condotte di minor diametro in quanto erroneamente ritenute ininfluenti nei riguardi del risultato finale, rappresentano nella realtà una grande estesa di tubazioni che lavorano in parallelo alle altre e, in quanto tali, rivestono anch’esse un’importanza determinante ai fini del risultato finale. Si sono allora eseguiti molti studi nei quali la semplificazione dello schema viene orientata sia nella scelta delle condotte da eliminare sia nella sostituzione di gruppi anche consistenti di condotte secondarie con condotte singole aventi equivalenti caratteristiche idrauliche allo scopo di definire uno schema finale della rete ridotto ma che possa validamente rappresentare quello reale. Si tratta di studi molto complessi ma che, a giudizio di chi scrive non possono risolvere il problema. E’ ben noto come il funzionamento di una rete magliata, specie se molto complessa, possa subire profondi cambiamenti a seconda del variare delle richieste dell’utenza, dell’andamento della stagione, della variazione della pressione di un impianto di produzione rispetto all’altro ecc. ecc. La sostituzione di condotte cui si è fatto cenno, pur se da ritenersi valida per le condizioni di funzionamento esaminate nella procedura di calcolo presa ad esempio, non lo è sicuramente in tutte le altre per cui la semplificazione di cui si discute è da ritenersi errata. Alle considerazioni fatte deve aggiungersi la impossibilità di determinare le portate ai nodi utilizzate nei calcoli in quanto la eliminazione delle condotte minori, alle quali di solito sono allacciati molti utenti, rende impossibile assegnare ai nodi restanti la relativa portata il che introduce un ulteriore fattore di grave errore nella procedura. In definitiva si può affermare come per il calcolo di verifica di una rete magliata, devono essere prese in conto tutte le condotte, nessuna esclusa, pena la nullità dei risultati e che, pertanto, tutti gli studi condotti nel settore portano ad errori grossolani.

 

2.2.3. LA DETERMINAZIONE DELLE PORTATE AI NODI DELLE RETI MAGLIATE

Nella determinazione delle portate esterne ai nodi di una rete di distribuzione d’acqua potabile in normale esercizio o, in altri termini, della domanda idrica effettiva dell’utenza distinta nodo per nodo ed istante per istante che costituisce una delle operazioni fondamentali, non ancora risolta, per poter ottenere dai calcoli di verifica della rete stessa dei risultati validi, sono stati effettuati molti studi tra i quali tutta una serie basata sulla “calibrazione delle portate erogate nelle reti di distribuzione idrica”. Con tale metodologia le portate ai nodi sono calcolate partendo da valori iniziali approssimati e che vengono via via affinati tramite calcoli iterativi di verifica idraulica del modello matematico della rete in base ai valori di pressione e portata reali della rete stessa quali risultano dai misuratori in essa installati. In altri termini, scelte alcune situazioni caratteristiche di funzionamento della rete reale e rilevati i dati salienti (portata immessa in rete, livello dei serbatoi, pressioni in vari punti della rete ecc.), saranno ritenute valide le portate ai nodi che soddisfano tutte le condizioni teoriche di funzionamento. I risultati, opportunamente estrapolati, dovrebbero potersi utilizzare nel prosieguo per tutti i calcoli sia di verifica del funzionamento reale sia di verifica in sede progettuale.
Alcuni autori darebbero a capire che il metodo è atto a trasformare i dati iniziali in dati finali esatti indipendentemente dalla loro validità il che potrebbe anche significare che i valori iniziali di portata ai nodi da introdurre nel calcolo potrebbero anche essere completamente errati : sarà la successione dei calcoli che provvederà ad adeguarli fino ad arrivare alla congruità con tutte le condizioni teoriche di funzionamento idraulico dell’insieme acquedottistico in esame.
Per convincersi che questo concetto di base è completamente errato basta pensare alle molte incognite presenti nel funzionamento della rete soprattutto se complessa come, ad esempio, la qualità dell’utenza che è estremamente variabile, la scabrezza effettiva delle tubazioni anch’essa diversa condotta per condotta e che, pertanto può portare a risultati completamente errati, ecc. ecc.
Nel caso specifico si deve invece ritenere il metodo in oggetto atto soltanto ad apportare la correzione finale a portate che di per sé siano vicine a quelle reali.
In altri termini la metodologia da ritenersi valida dovrebbe contemplare, in alternativa ed in aggiunta a quanto indicato dagli autori, la seguente procedura:
· Determinazione delle portate esterne ai nodi con le modalità indicate nella memoria “ Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” e quindi in funzione di diversi fattori reali come sono l’attribuzione ai vari nodi delle portate effettivamente consumate dagli utenti e misurate ai contatori privati nonché di quella delle portate di perdita occulta, l’esame critico dei grandi utenti con formazione di nodi fittizi, la determinazione dei coefficienti reali di scabrezza. ecc. ecc..
· Calcolo di verifica di molteplici condizioni di funzionamento reale della rete basata sui consumi determinati come detto .
· Confronto tra risultati dei calcoli e dati reali. Nel caso di discordanze superiori ad una tolleranza ammissibile, ricerca ed eliminazione dei possibili errori : schema idraulico errato, saracinesche di rete erroneamente chiuse o strozzate, errata valutazione dei coefficienti di scabrezza delle varie tipologie di condotte, errato rilievo dei dati reali di funzionamento ecc. ecc.
· Effettuata la taratura completa del modello matematico, e solo allora, applicazione del metodo teorico di calibrazione prima descritto per rendere perfettamente congruenti tutti i dati.

 

2.2.4. MODALITA’ DI POMPAGGIO NELLE RETI A SOLLEVAMENTO MECCANICO

Numerosi sono gli studi condotti allo scopo di migliorare le modalità di pompaggio negli acquedotti a sollevamento meccanico. Si tratta in genere di elaborazione statistica delle modalità reali di pompaggio condotta con le metodologie più disparate e moderne, con dettagliati esami delle varie possibilità e con definizione di quelle più interessanti dal punto di vista della spesa energetica.
Anche in questo caso i risultati sono modesti soprattutto se confrontati con quelli ottenibili adottando schemi idraulici della rete diversi come sono quelli elencati negli articoli precedenti.

 

3. CONCLUSIONI

Si è cercato di dimostrare, mediante una elencazione di elementi reali di esercizio d’acquedotto, come molte delle indicazioni fornite dalla letteratura tecnica tramite i testi classici ed anche attraverso le numerose pubblicazioni esistenti, nella pratica acquedottistica sono scarsamente utilizzate sia perché in tale sede si sono potute adottare soluzioni diverse ma in grado di dare risultati reali nettamente migliori, sia per averle riscontrate troppo distaccate dalla realtà e quindi prive di reali applicazioni.
La trattazione è condotta allo scopo di illustrare succintamente ma ordinatamente alcuni vantaggi che, nella reale gestione degli acquedotti, si possono e si devono comunque ritrarre dalla moderna tecnologia acquedottistica e, previa adozione di particolari e preventivi accorgimenti pratici, dai dettami teorici .
In tal senso ulteriori dettagli possono essere rilevati in questo stesso sito dove sono riportate diverse esperienze reali di esercizio complete di dati di funzionamento e di dimostrazione analitica dei risultati ottenibili.

 

L’ACQUEDOTTO DI PORTOGRUARO – PICCOLA STORIA

Il municipio di Portogruaro dove si è tenuta la conferenza alla presenza di autorità e pubblico

Il giorno 30 novembre 2008 nel Municipio di Portogruaro si è tenuta una conferenza per illustrare la storia dell’acquedotto cittadino in occasione del suo centenario dalla nascita.

Il manifestino che ha pubblicizzato la conferenza

La presentazione alle autorità ed al pubblico è proseguita con la narrazione delle interessanti vicissitudini del rifornimento idropotabile di Portogruaro durante il secolo trascorso dalle sue origini vivissitudini che vengono in parte omesse nella presente nota per passare alla parte conclusiva relativa al lavori di potenziamento aventi un  indubbio interesse attuale.

Anno 1908 – inaugurazione dell’acquedotto di Portogruaro

La situazione precedente gli anni 1974-75 di realizzazione delle opere di sistemazione. presentava uno stato di grave precarietà in quanto l’alimentazione della città era pesantemente condizionata  dal serbatoio pensile di Portovecchio che costituiva il punto di messa in carica della rete di distribuzione ad una quota altimetrica di  soli m. 22 sul suolo ed assolutamente insufficienti per una normale alimentazione dell’utenza come risulta schematicamente dal seguente profilo piezometrico schematico.

La linea piezometrica schematica nella situazione antecedente la esecuzione delle opere di sistemazione (1974-75) A = ora di minimo consumo B = ora di consumo medio C = consumi di punta

portato la demolizione e ricostruzione del serbatoio pensile ad un’altezza adeguata alle caratteristiche di portata e di carico carico .

Schema della soluzione classica di sistemazione. A = ora di minimo consumo B = ora di consumo medio C = consumi di punta.  trattasi di soluzione non realizzata

 

La soluzione effettivamente realizzata è consistita nella costruzione di un grande serbatoio di accumulo  ubicato a terra ed in prossimità del serbatoio pensile di Portovecchio, nel mantenimento dell’esistente serbatoio pensile destinandolo elusivamente al funzionamento in presenza delle basse portate  richieste dall’utenza e nell’adozione di pompaggio a pressione variabile e maggiorata in tempo reale in funzione dell’accresciuto fabbisogno. IL sistema è stato dotato di un capace serbatoio di accumulo e compensazione giornaliera delle portate con annessa nuova centrale di sollevamento automatica a pressione variabile di mandata in rete

 

Schema del funzionamento ad opere di sistemazione ultimate. La pressione di consegna all’utenza si mantiene costante sia di giorno che di notte essendo la pressione di partenza dalla centrale che varia in funzione del fabbisogno. L’esistente serbatoio pensile alimenta la rete solo nelle ore di basso consumo soprattutto notturne

 

Il nuovo serbatoio di accumulo e compensazione con adiacente centrale di sollevamento a pressione variabile delle portate realizzati in prossimità dell’esistente serbatoio pensile

L’esercizio del nuovo sistema acquedottistico ha confermato attraverso i decenni l’alta qualità del servizio idropotabile di Portogruaro con pressioni e portate di consegna sempre ottimali ed economia di esercizio.

UN PICCOLO INTERVENTO ACQUEDOTTISTICO DI BUON CONTENUTO TECNICO

Soluzione acquedottistica particolare

1. PREMESSA

La cura impiegata nella risoluzione dei problemi che interessano la moderna società, dipende normalmente non tanto, come sarebbe logico pensare, dalle difficoltà intrinseche che li caratterizzano quanto invece dalla loro importanza economica. Ed ecco, da un lato, grandi opere pubbliche progettate e realizzate con dovizia di mezzi e con una attenzione del tutto particolare mentre dall’altro gli interventi minimali per ammontare di spesa sono totalmente trascurati sia come progettazione che come realizzazione pratica. Non è questo il caso delle opere di cui alla presente nota che, pur essendo di importanza economica assai modesta, possiedono qualità tecnica e coerenza con gli scopi da raggiungere. che le rendono meritevoli, a giudizio di chi scrive, di essere segnalate

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

Le opere riguardano il potenziamento di un piccolissimo acquedotto alimentante la frazione di Carpen in Comune di Quero (BL) e costituito, come risulta dallo schema allegato di fig. 1, da una sorgente con annessa vasca di raccolta e carico posta a quota 152 m (vasca superiore), da una condotta di adduzione del diametro di 70 mm e da una piccolissima rete di distribuzione. Divenuta insufficiente la portata di cui sopra, occorreva integrarla con quella di una seconda sorgente munita anch’essa di una camera di raccolta (vasca inferiore) che, essendo posta ad una quota di soli 100 m, comportava il sollevamento meccanico dell’acqua tramite un piccolo impianto di pompaggio da ubicare nelle sue vicinanze e tutto ciò senza modificare le preesistenti modalità di distribuzione dell’acqua. La soluzione più semplice, ma non certo la più economica, sarebbe stata quella inerente il collegamento diretto tra le due vasche mediante una condotta di adduzione che, sviluppandosi lungo un pendio montagnoso per circa 300 m, avrebbe consentito alle pompe di ripristinare il livello massimo nella vasca superiore ogni qualvolta esso scendeva, per l’insufficiente portata della sorgente superiore, al di sotto del limite di sicurezza.

La costituzione delle opere effettivamente realizzate, oltre che risultare più economica sia nella costruzione della condotta di adduzione (limitata a soli 140 m di tracciato pianeggiante) che nella gestione, consente anche di immettere in rete una portata maggiore di quella relativa alla soluzione sbrigativa precedentemente indicata.

 

3. SOLUZIONE SCELTA E VERIFICA DEL FUNZIONAMENTO IDRAULICO

Posto come base che la portata massima da fornire all’utenza nell’ora di punta del giorno di massimo consumo fosse pari a 5 l/sec si doveva ricercare quella soluzione che, sfruttando in pieno la producibilità della sorgente superiore, rendesse il meno frequente possibile l’oneroso funzionamento delle pompe della sorgente bassa. Tale risultato è stato raggiunto realizzando un collegamento idraulico tra le pompe e l’adduttrice preesistente lungo il percorso più breve e più agevole (tronco A – B di soli m 140) e ponendo in opera un cavo elettrico aereo tra vasca superiore e pompe per il funzionamento in automatico di queste ultime. Ne è nato uno schema idrico che consente all’acqua sollevata di immettersi sia direttamente nella rete di distribuzione sia, percorrendo a ritroso una parte della condotta preesistente, nella vasca superiore a seconda della portata totale consumata dall’utenza e di quella prodotta in alto.

I casi limite di verifica idraulica dell’insieme sono:

a) il consumo dell’utenza è nullo e pertanto tutta l’acqua della sorgente inferiore è recapitata nella vasca superiore. I dati, per portate variabili da 0 a 5 l/sec e rappresentati nel grafico dalla curva “a”, sono quelli della seguente tabella 1.

b) il consumo dell’utenza è massimo (5 l/sec) e viene soddisfatto dalle due sorgenti funzionanti in parallelo. Ognuna di esse varia la propria portata da zero ad un massimo di 5 l/sec in funzione della producibilità della sorgente alta cui è data priorità in quanto il galleggiante che comanda le pompe entra in funzione solo quando il livello in tale vasca scende al di sotto della soglia di sicurezza. I dati, nel caso in esame, rappresentati nel grafico dalla curva “c” sono quelli della tabella 2).

E’ chiaro come la fascia di funzionamento contrassegnata con tratteggio nel grafico, essendo delimitata dalle citate curve relative rispettivamente al consumo nullo e al consumo massimo dell’utenza, racchiuda tutte le altre possibili situazioni di esercizio, nessuna esclusa, sia al variare dei consumi totali dell’utenza sia al variare del contributo rispettivo dell’una o dell’altra sorgente. Ad esempio quando la richiesta idrica totale è pari a 2 l/sec, cioè corrispondente pressappoco alla portata media richiesta dall’utenza, si avrà il funzionamento rappresentato dalla curva “b” e dalla  tabella 3) nella quale il segno – rappresenta la portata entrante nella vasca superiore.

 

4. LA SCELTA DELLA POMPA DA INSTALLARE

Nel grafico di fig. 2 è tracciata la curva caratteristica della pompa installata, curva che interseca l’area tratteggiata di funzionamento delle condotte mantenendo, nel corrispondente intervallo,  buoni rendimenti meccanici del gruppo.

I dati principali di funzionamento sono i seguenti:

– con consumi di rete nulli l’intera portata della pompa pari, in tale ipotesi, a 3.5 l/sec, viene addotta alla vasca superiore e il dislivello da vincere è pari a m. 62 (Punto A del grafico);

– con un consumo massimo dell’utenza pari a 5 l/sec la pompa solleva (Punto D) una portata di 4.3 l/sec con una prevalenza di m.58. La restante portata di 0.7 l/sec è fornita dalla sorgente superiore;

– con consumi intermedi dell’utenza le portate e prevalenze della pompa variano entro i limiti sopra descritti ma con la pregiudiziale di pompa ferma se la sorgente superiore è in grado da sola di far fronte al fabbisogno del momento. Ad esempio per consumi di 2 l/sec cioè per la portata media di consumo e se il livello della vasca superiore fosse sceso al di sotto della soglia, la pompa solleverebbe (Punto C) una portata di 4 l/sec dei quali 2 l/sec destinati alla rete ed i restanti 2 l/sec alla vasca superiore per ripristinarne il livello massimo. Nel caso la sorgente superiore avesse una portata pari o superiore a 2 l/sec la pompa rimarrebbe, ovviamente, ferma.

Da rilevare come l’installazione consenta alla sorgente inferiore di far fronte da sola alla quasi totalità dei consumi massimi (ben 4.3 l/sec contro i 5 l/sec), nel mentre in tutti gli altri casi l’acqua sollevata venga in buona parte immessa direttamente nella rete di distribuzione con perdite di carico contenute grazie alla esigua estesa della condotta di collegamento.

Se si fosse invece adottato l’altro schema idraulico consistente, come precedentemente indicato, in una condotta di collegamento diretto tra sollevamento e vasca superiore, la medesima pompa avrebbe avuto un funzionamento (Punto B) di 3.7 l/sec con prevalenza fissa di m 61, essendo allora il funzionamento totalmente indipendente dai consumi. I risultati salienti, paragonati a quelli della soluzione effettivamente realizzata, sarebbero stati, con tale soluzione, i seguenti,.

– una inferiore portata massima della pompa ( 3.7 invece di 4,3 l/sec)

– con un consumo medio dell’utenza ( 2 l/sec), che è quello che si verifica statisticamente con maggior frequenza, la pompa funzionerebbe con una prevalenza di 61 m contro i m 59.5 reali e quindi con un maggior consumo energetico del 2.5 %;

– si otterrebbero risultati migliori solo con consumi dell’utenza prossimi allo zero e pompa che manda tutta la portata nella vasca superiore, ma tali condizioni, nella realtà, non si verificano mai in quanto, in tutti i casi di consumi bassi e bassissimi, la pompa non entra in funzione essendo sufficiente la sola sorgente superiore per coprire il fabbisogno. Sono evidenti i vantaggi ottenuti con lo schema idraulico adottato.

Non resta che da accennare al pericolo, insito in un pompaggio diretto in condotta come quello in argomento, della trasmissione in rete di pericolosi colpi d’ariete. Tale eventualità è stata quasi completamente scongiurata grazie alla installazione, effettuata subito a valle della pompa, di una valvola di ritegno a membrana la quale, chiudendosi rapidamente per effetto della propria elasticità, impedisce che, all’arresto della pompa, il moto dell’acqua abbia da invertirsi.

 

5. CONCLUSIONI

Si è descritto un intervento di potenziamento, mediante installazione di pompe di sollevamento, di un piccolissimo acquedotto un tempo funzionante a gravità. La soluzione scelta ha consentito di realizzare consistenti economie di spesa non solo grazie alla minor estesa della nuova condotta di adduzione ma anche alla sua ubicazione nella sede stradale che ne ha migliorato notevolmente la fattibilità. Ulteriori economie si sono ottenute nelle spese di esercizio a seguito dell’ottimo rendimento meccanico delle apparecchiature installate, confermato da un esercizio durato ininterrottamente per decenni.

Interessante anche la modalità di calcolo idraulico adottata per la definizione delle caratteristiche delle nuove opere.

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO SECONDO ESEMPIO PRATICO

 

La pressione regolata

1. PREMESSA

Nell’ordine dal basso: Il serbatoio di compenso a terra, la centrale di sollevamento a pressione variabile, il serbatoio pensile di Sacile

Tra gli impianti acquedottistici meritevoli di essere segnalati per le caratteristiche tecniche conformi ai suggerimenti contenuti nei vari articoli del presente sito, figura senz’altro l’acquedotto di Sacile in provincia di Pordenone, alimentante una popolazione di circa 20.000 abitanti.
Chi scrive questa nota ha lungamente collaborato alla progettazione, costruzione e soprattutto gestione dell’acquedotto in parola ma, non essendo in possesso di alcuna copia dei documenti ufficiali, deve fidare, nella descrizione, solo sul ricordo del lavoro svolto. Alcuni degli elementi di seguito riportati potranno pertanto differire da quelli reali senza però che venga per questo sminuita la validità del lavoro essendo pienamente rispettati i concetti di base della costruzione acquedottistica che sono quelli interessanti ai fini che qui ci si propone.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

L’acquedotto era, in origine, costituito da:
– Opere di presa comprendenti i tre campi acquiferi di Saccon, Picol e Talmasson ognuno dei quali collegato alla centrale di S. Liberale tramite propria condotta di adduzione della lunghezza di circa 5 Km e funzionante a gravità essendo posto a quota altimetrica elevata rispetto alla centrale stessa;
– Centrale di S.Liberale ubicata in testa alla rete di distribuzione e comprendente un serbatoio a terra di raccolta e compensazione delle portate in arrivo dai pozzi, un impianto di sollevamento ed un serbatoio pensile posti sopra il serbatoio a terra;
– la rete di distribuzione a maglie chiuse estesa a tutto il territorio da servire ed alimentata dal serbatoio pensile nel quale erano installati i galleggianti di comando delle pompe.

Il notevole incremento edilizio che ha interessato Sacile a partire dagli anni 60 ha comportato la totale revisione degli impianti acquedottistici divenuti assolutamente insufficienti all’alimentazione della accresciuta popolazione. Il potenziamento ha riguardato l’intero assetto dalle fonti, alla centrale di S.Liberale totalmente cambiata sia nella potenzialità che nelle modalità di esercizio ed infine alla rete di distribuzione in cui sono stati inseriti nuovi importanti anelli idrici di grosse tubazioni. Il tutto come sarà di seguito indicato.

 

3. IL POTENZIAMENTO DELLE FONTI

I tre campi acquiferi erano stati in grado, per un lungo periodo, di alimentare direttamente a gravità, e cioè sfruttando il dislivello topografico esistente tra zona pozzi e serbatoio a terra di S. Liberale, la cittadina allora molto meno popolata di oggi. Il citato incremento di popolazione, l’aumento dei consumi specifici e la contemporanea diminuzione di portata accusata dai pozzi a seguito dei numerosi prelievi effettuati da terzi nella stessa falda artesiana, hanno richiesto un notevole potenziamento realizzato mediante installazione di pompe sommerse in quasi tutti i pozzi. I risultati sono apparsi subito lusinghieri in quanto la ottima falda artesiana si è dimostrata atta a fornire tutta la portata necessaria. Come succede sempre in questi casi la difficoltà risiedeva solo nella regolazione delle pompe cioè nella definizione automatica della durata di funzionamento di ciascuna di esse. E’ infatti ben noto come, dovendo produrre una portata variabilissima da un giorno all’altro e da una stagione all’altra non sia facile ottenere un esercizio ottimale e cioè in grado di produrre i volumi d’acqua via via necessari senza dispendio energetico e con un adeguato sfruttamento delle fonti. La modalità che viene normalmente adottata quando, come a Sacile, le condotte adduttrici si immettono in un serbatoio di arrivo, è quella di dotare quest’ultimo di galleggianti con contatti elettrici che fermano tutte le pompe sommerse dei pozzi a serbatoio pieno e le mettono in moto, una di seguito all’altra, al verificarsi del suo svuotamento progressivo. Si raggiungono, in questo modo, risultati completamente diversi a seconda dell’entità dei consumi giornalieri d’acqua. In dettaglio, durante il giorno di massimo consumo il comportamento degli impianti è buono: le pompe dei pozzi, con un funzionamento pressocchè ininterrotto, forniscono la portata media giornaliera sufficiente per coprire un fabbisogno così elevato nel mentre è il serbatoio che, sfruttando l’intero invaso accumulato di notte, è in grado di fronteggiare la punta di consumo del giorno dopo. Invece nelle giornate di consumo minore e soprattutto in quelle di minimo fabbisogno, si verifica una grave anomalia di funzionamento dovuta al fatto che le pompe dei pozzi, non appena il serbatoio di arrivo tende a svuotarsi, provvedono a ripristinare immediatamente, grazie alla loro esuberante producibilità, il livello di massimo invaso. Ne consegue che durante la notte, essendo il serbatoio già pieno e pur essendo le pompe sommerse ferme, ha luogo lo sfioro di tutta l’acqua che i tre campi pozzi sono comunque in grado di addurre a gravità. L’anomalia appare intollerabile quando si pensi alle giornate nelle quali il volume prodotto a gravità dai pozzi nelle 24 ore della giornata tipo è superiore a quello richiesto dall’utenza nello stesso periodoe, ciononostante, di giorno debbono ugualmente funzionare le pompe dei pozzi nel mentre di notte viene scaricata dagli sfioratori la quasi totalità della portata in arrivo al serbatoio.
A Sacile il problema è stato risolto dotando l’impianto di sollevamento di un automatismo che consente di impostare, non già il livello massimo del serbatoio come accadrebbe con i galleggianti prima citati, ma invece una curva giornaliera dei livelli che deve assumere l’invaso durante le 24 ore della giornata tipo. La curva, definita sulla base della esperienza reale di esercizio ma comunque modificabile in ogni momento può essere del seguente tipo.

 

Esempio di tabella dei livelli imposti durante le 24 ore della giornata tipo

L’automatismo, verificato ad intervalli brevi e regolari il livello effettivo dell’acqua in serbatoio ed effettuato il paragone con il livello teorico prefissato per lo stesso istante nella curva, ordina, nel caso di livello reale più basso di quello teorico, la messa in moto di una nuova pompa e l’arresto in caso contrario. In altri termini è assicurato il riempimento e svuotamento del serbatoio secondo la curva preimpostata ed indipendentemente dalla reale entità dei consumi dell’utenza. Ovviamente nel caso i livelli durante l’intera giornata si mantengano costantemente al di sopra di quelli teorici, il chè può avvenire, ad esempio, quando la portata a gravità è superiore al fabbisogno, le pompe non entrano mai in funzione. Quanto sopra comporta una utilizzazione di tutto il volume utile del serbatoio in tutte le giornate dell’anno, con un risultato ottimale per il giorno di massimo consumo nel quale ha luogo una buona compensazione delle portate ma con un risultato ancora migliore in tutte le giornate di consumi bassi o medio-bassi nei quali l’esuberanza di volume utilizzato rispetto a quello sufficiente per la compensazione, provoca una diminuzione della portata che i pozzi prelevano dalla falda nelle ore diurne ed un aumento durante la notte, o, più esattamente, dalle ore 0 alle ore 7, nelle quali ha luogo l’invaso. Maggiori dettagli, su questo tipo di regolazione, possono essere letti nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti” dove sono riportati anche dei grafici di funzionamento che aiutano nella comprensione delle modalità di utilizzazione del sistema.

Grafico giornaliero dei livelli del serbatoio di compensazione che si può utilizzare in un serbatoio generico di compensazione delle portate di un acquedotto qualsiasi avengte un’altezza di invaso totale di 6 m.

 

4. IL POTENZIAMENTO DELLA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO DI S.LIBERALE

grafico del funzionamento della centrale di sollevamento in una giornata di consumi superiore alla media. Si nota chiaramente il funzionamento notturno a bassa e costante pressione mentre quello diurno segue le punte di consumo dell’utenza

Il problema da risolvere a Sacile riguardava non solo la portata da distribuire all’utenza ma anche la pressione di partenza della rete di distribuzione che. a causa della altezza dell’esistente serbatoio pensile limitata a soli 22 m sul suolo, risultavano ambedue assolutamente insufficienti.
La soluzione che in casi del genere viene suggerita dalla letteratura tecnica e che viene comunemente adottata da molti gestori è quella inerente la demolizione del serbatoio pensile e la sua ricostruzione ad una maggiore altezza pari almeno a 50 m, tale essendo la quota cui sollevare l’acqua per avere in rete una pressione atta a far fronte alle punte di consumo. Si vedrà come l’intervento attuato, anche se ben diverso, ha consentito di ottenere risultati migliori sia in termini di soddisfacimento dell’utenza sia di economia di gestione pur comportando investimenti molto inferiori.
La progettazione delle opere è stato preceduto da una attenta analisi dei consumi reali dell’acquedotto e di quelli prevedibili per un’intera annata del decennio successivo. Ne è risultato che, come sempre accade in acquedotti similari, le portate di punta, mediamente, si verificano per periodi molto brevi nel mentre quelle medie e medio basse sono di gran lunga le più frequenti. E’ apparsa evidente l’opportunità di scegliere due diversi regimi di esercizio degli impianti: per le portate basse e medio-basse che sono quelle che si verificano, durante l’anno, nella stragrande maggioranza delle ore, adottare il primo sistema e cioè utilizzare ancora l’esistente serbatoio pensile visto che, da

Le valvole di regolazione inserite nella colonna montante del serbatoio pensile di Sacile

numerose serie di calcoli di verifica della rete magliata, è risultato ancora atto, in considerazione del loro ammontare relativamente modesto, al rifornimento di dette portate. Sono evidenti i vantaggi ottenibili: evitare la costosa demolizione e ricostruzione del pensile e sollevare l’acqua, per la maggior parte del periodo annuo, a soli 22 m di altezza con ovvia minor spesa energetica e minori perdite occulte di rete che, come ben noto, sono funzione diretta della pressione di condotta.
Il regime di secondo tipo, da attuare automaticamente nei brevi periodi di maggior richiesta d’acqua da parte dell’utenza, doveva dare ambedue i risultati concreti prima indicati e cioè l’aumento della pressione e della portata dell’acqua immessa in rete.
Ed ecco le modalità seguite per l’attuazione pratica dei due regimi di funzionamento.
Le condotte verticali del pensile sono state sostituite con una sola tubazione di grande diametro derivata dal fondo vasca e quindi atta a svolgere la doppia funzione di entrata e di uscita dell’acqua dal serbatoio pensile La tubazione è stata dotata di una valvola motorizzata di intercettazione e di un by-pass con valvola di ritegno che si apre nel senso dell’uscita d’acqua. La valvola motorizzata, se aperta, mette il serbatoio in comunicazione diretta con la rete ripristinando il normale funzionamento della rete con alimentazione da serbatoio di testata. A valvola chiusa il serbatoio è scollegato dalla rete la quale può funzionare, con pompaggio diretto, a pressione completamente indipendente. Il by-pass con valvola di ritegno che si apre quando la pressione di rete scende al di sotto del il livello del serbatoio, consente l’intervento dell’invaso superiore in caso di mancanza di corrente o di panne della centrale di sollevamento. Importante , infine, la possibilità di imporre il valore di soglia, tarabile, della portata che definisce i due regimi.
Il funzionamento degli impianti così modificati è il seguente.
Quando il valore della portata in uscita dalla centrale rilevata dal misuratore e trasmessa in tempo reale al quadro di comando è inferiore alla soglia prefissata, l’automatismo mantiene aperta la valvola motorizzata e fa funzionare la serie di pompe di bassa prevalenza in modo da mantenere il serbatoio al suo massimo livello. La rete funziona allora a bassa pressione con tutti i vantaggi già citati. Non appena la portata aumenta e supera la soglia prefissata, la valvola motorizzata viene chiusa e, da tale momento, il serbatoio rimane pieno d’acqua, separato dalla rete ma pronto ad intervenire in caso di bisogno. Entra in funzione la serie di pompe ad alta pressione asservite alla portata in uscita. Ciò significa che quando la portata aumenta al di sopra di determinati valori, si avvia una nuova pompa. Se la portata diminuisce vengono via via fermate le macchine ad alta pressione finché, superata in diminuzione la soglia prefissata, si torna alle pompe a bassa pressione e all’apertura del serbatoio pensile. Uno dei pericoli cui potrebbe incorrere l’impianto è quello della permanenza, del tutto casuale, della portata per lunghi periodi su valori prossimi a quelli di soglia il che, a prima vista, sembrerebbe causare un continuo alternarsi di comandi e di controcomandi dannosi per l’esercizio. Si deve subito precisare come tale pericolo non sussista affatto in quanto, il passaggio da un regime all’altro come pure l’avvio o l’arresto di una pompa, provocano una importante modifica indotta nella portata assorbita dalla rete che, conferisce all’impianto una grande stabilità . Maggiori dettagli sul fenomeno possono essere letti nel capitolo 2.1 dell’articolo ” La regolazione degli impianti di sollevamento degli acquedotti”.
Un altro punto da chiarire è quello della possibilità che negli impianti con immissione diretta in rete le pompe agiscano fuori rendimento, anche se, a Sacile, tale inconveniente può essere evitato con una attenta regolazione delle soglie di intervento,. A tale riguardo bisogna tener presente come il funzionamento di una macchina al di fuori del punto ottimale possa causare, al massimo, una perdita di rendimento pari a qualche punto percentuale ma come, al tempo stesso, abbassare la prevalenza di pompaggio di qualche decina di metri significhi guadagnare decine e decine di punti percentuali nel rendimento: Il bilancio finale è quindi nettamente favorevole al funzionamento indicato! Passando al caso reale può darsi benissimo che la variazione di pressione che si verifica in rete durante il pompaggio ad alta pressione ed in diretta, porti la pompa allora in moto a lavorare fuori rendimento con perdita, poniamo dell’1% nel rendimento meccanico. Il danno economico è insignificante se paragonato a tutti i periodi, di grande durata durante l’anno tipo, nei quali, abbandonato il pompaggio a 50-60 m di pressione, si passa a quello a 22 m che comporta una spesa energetica di sollevamento pari al 30% di quella che si dovrebbe sostenere per il pompaggio a 50-60 m. Un ulteriore problema è quello della necessità di attenuare i colpi d’ariete che il pompaggio in diretta trasmette inevitabilmente alle condotte con il pompaggio in diretta. Esso è stato risolto in primo luogo dalla valvola di ritegno inserita nella colonna montante del pensile, la quale, al mancare della corrente elettrica o al verificarsi di qualunque inconveniente nelle pompe, aprendosi prontamente, mantiene comunque in rete la pressione del serbatoio. Il secondo elemento moderatore è dato dalla tipologia delle valvole di ritegno installate subito a valle delle pompe, che, essendo del tipo a membrana, si chiudono, al momento dell’arresto delle pompe, prima che abbia luogo l’inversione del flusso d’acqua.

Le òpompe di sollevamento ad asse verticale e con valvola di ritegno a membrana che riduce i danni dei colpi d’ariete

In definitiva gli impianti descritti hanno dimostrato piena validità attraverso decenni di esercizio, Si è potuto constatare come, nella realtà, gli impianti, pur consegnando correttamente l’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio, funzionino a bassa pressione per periodi lunghissimi nel mentre il regime di alta pressione è limitato a poche ore durante giornate particolari e rare quali possono essere per esempio le giornate particolarmente calde delle medie stagioni (primavera ed autunno).e durante quelle di calura estiva. L’alta pressione praticamente non esiste durante l’inverno e le giornate piovose delle altre stagioni. Il tutto si traduce in evidenti economie date non solo dal minor consumo di energia elettrica di pompaggio ma anche dalle diminuzione di perdite occulte dovuta alla minor pressione che si registra in rete in tutti i periodi notturni.
Risultati ancora migliori si sarebbero potuti se la serie di pompe di alta pressione fossero state del tipo a velocità variabile con possibilità, quindi, di mantenere, nel secondo regime (ad alta pressione), una portata e una pressione di alimentazione della rete ambedue variabili con continuità e restando asservite alle richieste dell’utenza. Al momento dell’esecuzione dell’intervento non era però ancora disponibile la tecnologia moderna che rende estremamente economici e facili sia la variazione dei giri che la regolazione dei motori elettrici.

 

5. IL POTENZIAMENTO DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

E’ consistito molto semplicemente nella costruzione di condotte di grosso diametro munite delle normali apparecchiature come saracinesche di intercettazione sfiati scarichi ed idranti atte ad integrare la rete esistente potenziandola ed estendendola a tutta la periferia.

 

6. ULTERIORI IMPIEGHI DELLA TECNICA DI POTENZIAMENTO SPERIMENTATA A SACILE

Serbatoio pensile di Portogruaro (VE)

 

Schema funzionamento precedente i lavori di sistemazione e modifica

 

 

Schema funzionamento secondo metodologia classica e non realizzato avendo anche a Portogruaro adottato invece il pompaggio a pressione regolata del tutto simile a quello di Sacile. In pratica di notte funzione il serbatoio pensile e di giorno il pompaggio diretto in rete a pressione maggiorata e regolabile

 

La validità delle scelte operate a Sacile e fin qui descritte hanno trovato piena conferma anche nell’acquedotto di un’altra cittadina avente le medesime caratteristiche e cioè a Portogruaro in provincia di Venezia. Lo schema idraulico di tale acquedotto vedeva campi pozzi, serbatoio di raccolta e compensazione a terra, centrale di sollevamento, serbatoio pensile ed infine rete di distribuzione del tutto simili a quelle descritte. Anche in questo caso invece di sostituire il serbatoio pensile di Portovecchio posto in testa alla rete ed avente un’altezza di soli 20 m con uno di maggior altezza, si è adottato il pompaggio con due regimi rispettivamente a bassa ed alta pressione definiti dalla soglia di portata e con utilizzazione del serbatoio pensile nel regime a bassa pressione. e pompaggio diretto in rete nell’altro. La costituzione degli impianti a potenziamento attuato e la loro gestione che dura ormai da oltre 20 anni sono identiche a quelle descritte prima per Sacile ed identici sono i benefici avuti. Se ne omette pertanto la descrizione limitandosi a confermare la bontà dell’intervento sia per quanto concerne il soddisfacimento dell’utenza sia l’economia di gestione ed, infine, la riduzione delle perdite occulte.

 

7. I PRINCIPALI RISULTATI CONSEGUITI

L’intervento di potenziamento di cui al presente lavoro ha consentito di chiarire importanti concetti sulla reale comportamento delle reti acquedottistiche concetti che, espressi in dettaglio negli altri articoli del sito, possono essere così riepilogati.
– Una rete di distribuzione d’acqua potabile soprattutto se a sollevamento meccanico, deve funzionare a pressione di partenza variabile asservita alle richieste dell’utenza. Deve pertanto essere abbandonata la regola, molto diffusa, in base alla quale tutti gli acquedotti dovrebbero essere dotati di serbatoio di testata che fissa in maniera irreversibile la pressione in testa alla rete.
– I consumi della rete non dipendono solo dalle richieste dell’utenza ma, almeno in parte, dalla pressione di esercizio. Ad esempio se per un determinato periodo la pressione di funzionamento è fatta aumentare, sempre restando entro i limiti di corretta consegna dell’acqua, aumenta anche la portata totale assorbita. Tale fenomeno, spiegato ampiamente nell’articolo “Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” dove sono riprodotti anche dei grafici di funzionamento reale degli impianti qui descritti, è dovuto non solo all’inevitabile crescita delle perdite occulte ma anche a quella del consumo reale dell’utenza.
– Le perdite di rete possono essere notevolmente contenute abbassando di notte la pressione di funzionamento della rete cioè limitandola entro valori appena sufficienti alla distribuzione delle modeste portate che l’utenza richiede durante le ore notturne;
– Occorre sovvertire la regola in atto che vede la produzione giornaliera d’acqua maggiore di quella notturna ed attuare tutti gli artifici possibili per aumentare, invece, la produzione notturna con cui sfruttare varie condizioni di favore come la maggior quota di falda ed il minor costo dell’energia elettrica. Il risultato può essere conseguito con una regolazione dei serbatoi di accumulo diversa da quella normalmente usata (Vedi articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti”)
– La presenza di un efficiente bay-pass e di valvole di ritegno del tipo contrappesate o a membrana atte a chiudersi, per effetto della proprio carico cinetico prima che si inverta il flusso dell’acqua, possono garantire un buon funzionamento degli impianti di sollevamento anche senza dispositivi particolari come le casse d’aria.
– La metodologia usata può essere ulteriormente migliorata usando, per il pompaggio diretto in rete, pompe a velocità variabile asservite al consumo dell’utenza, ed oggi facilmente reperibili in commercio.

 

8. CONCLUSIONI

Si sono descritte sommariamente delle opere effettivamente realizzate per il potenziamento di reti acquedottistiche di centri abitati di piccole dimensioni ma con caratteristiche moderne e razionali.
Da rilevare l’utilizzazione degli impianti esistenti e particolarmente del serbatoio pensile posto in testa alla rete di distribuzione senza dover rinunciare ad alcuni dei notevoli vantaggi che la tecnologia rende oggi disponibili per un esercizio corretto ed economico degli impianti, primo fra tutti il pompaggio diretto in rete a pressione variabile che, secondo l’opinione di chi scrive, ne costituisce uno dei concetti fondamentali.
Si sono fornite utili indicazione per l’attenuazione dei colpi d’ariete che il pompaggio diretto in rete inevitabilmente provoca ed infine per la regolazione dei serbatoi di compenso.
A conclusione dell’articolo corre l’obbligo di citare la “Compagnia Generale delle Acque” Società con sede a Venezia ed ora a Monselice (PD) per la qualità di progettazione, costruzione e gestione degli impianti descritti e, soprattutto, per aver dato modo a chi scrive, pur se in possesso di un titolo di studio modesto come è quello di geometra, di effettuare ampie ricerche e sperimentazioni dal vivo sia in Italia che in Francia presso la società “Compagnie Gènèrale des Eaux” di Parigi nota per l’alta tecnologia dei numerosi impianti dalla stessa costruiti e gestiti in tutta Europa.

 

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ACQUEDOTTI CON ELEVATE CAPACITA’ DI COMPENSAZIONE DELLE PORTATE E DI ACCUMULO ENERGETICO

 

Accumulo acqua ed energia

1) PREMESSA

Uno degli interventi basilari che in un futuro sempre più prossimo dovrà essere sistematicamente adottato per la risoluzione dei problemi legati all’approvvigionamento idropotabile, riguarda senza dubbio la costruzione di capaci serbatoi di accumulo atti ad effettuare la compensazione delle portate per periodi ben più lunghi di quelli giornalieri comunemente in atto. Si deve notare come, in una annata tipo, i periodi di consumo molto elevato sono statisticamente in numero limitato e quindi il modo più razionale per farvi fronte è proprio quello dell’accumulo delle eccedenze di portata operate nei giorni di basso consumo per renderle disponibili durante i successivi di grande richiesta e statisticamente di breve durata. Tale circostanza, se da un lato risolve un problema della massima importanza, dall’altro fa rilevare un grave difetto proprio dei sistemi acquedottistici e cioè un pieno uso delle strutture molto limitato nel tempo mentre per la stragrande maggioranza esse restano sottoutilizzate. Se poi si considerano le usuali modalità di progettazione degli acquedotti che impongono di dimensionarli in funzione del consumo massimo dell’ora di punta e per di più maggiorato, per ulteriore garanzia, di un buon 50% si arriva alla constatazione che i servizi idropotabili presentano di solito elevatissimi costi di costruzione ma una utilizzazione effettivamente molto scarsa che incide notevolmente nei costi di esercizio.
Lo scopo di questa nota è dimostrare come sia possibile costruire acquedotti che svolgono al meglio il loro compito 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, potendo disporre di due diversi regimi di esercizio: il primo che, impiegando interamente ed a soli fini acquedottistici tutte le risorse disponibili, fa fronte ai brevi periodi di consumo elevato, il secondo che le utilizza, durante tutto il tempo restante, in parte per alimentare l’utenza ed in parte per produrre energia elettrica. Se ne ricava un impiego costantemente razionale ed economicamente valido dei complessi e costosi impianti.

2) LA SOLUZIONE PROPOSTA

Fig. 1 = Schema idraulico

Il problema in argomento può essere ricondotto alla modalità di risoluzione dell’accumulo dell’energia eccedente il fabbisogno del momento allo scopo di poterla utilizzare nei successivi periodi di grande fabbisogno energetico. I dispositivi atti allo scopo e di cui è nota l’esistenza, sono costituiti soltanto dagli accumulatori elettrici che hanno però il grave difetto di una potenza molto limitata e dagli impianti idroelettrici reversibili basati su un doppio uso e cioè produrre energia elettrica di giorno e pompaggio d’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore sfruttando i cascami di energia elettrica durante la notte o durante i periodi di sovrabbondanza energetica. In questi ultimi tempi si sta pensando, con gli stessi scopi, all’impiego dell’idrogeno. Altre modalità in corso di sperimentazione concernono lo stoccaggio di di aria compressa a pressioni elevatissime ma trovano ostacolo nel riscaldamento che ne deriva e che provoca rilevanti dispersioni energetiche. Gli esempi sono comunque molto pochi e si può considerare ancora inesistente un valido metodo di accumulo energetico.
La soluzione che viene qui proposta è basata sull’impiego di un capace serbatoio idropneumatico atto allo stoccaggio di acqua in pressione durante i periodi in cui si rende disponibile energia elettrica a bassi costi.

Lo schema idrico del sistema, riportato nella fig. 1 allegata comprende:

– un serbatoio di accumulo di tipo tradizionale, avente una capacità pari almeno al 50% del consumo totale previsto per il giorno di massimo consumo, posto all’arrivo dell’adduzione e nel quale pescano tutte le pompe di sollevamento. Nulla vieta l’adozione di serbatoi di maggiore capacità con cui poter effettuare la compensazione multi giornaliera od addirittura multi settimanale ottenendo, sia ai fini acquedottistici e sia a quelli idroelettrici, risultati ancora più eclatanti di quelli di cui si parla in dettaglio nella presente nota e di cui si è fatto cenno nell’introduzione;

– l’impianto di pompaggio con immissione in rete per alimentarla in diretta tramite pompa a velocità variabile asservita alle pressioni anch’esse variabili che di ora in ora bisogna mantenere in rete;

– un secondo impianto di pompaggio per l’alimentazione del serbatoio idropneumatico tramite una serie di pompe a velocità fissa a funzionamento pulsante ma con diversificate pressioni di mandata, oppure tramite pompe a velocità variabile atte a coprire tutta la gamma di sollevamento di cui si discute;

– il collegamento diretto tra serbatoio tradizionale e serbatoio idropneumatico tramite condotta di collegamento munita di apparecchiatura di intercettazione servo comandata ;

– l’impianto per la produzione di energia elettrica tramite una serie di turbine alternatori (T) funzionanti a velocità e potenza variabili atte a sfruttare l’esistente carico idraulico tra i due serbatoi anch’esso variabile ;

un serbatoio idropneumatico di cubatura identica a quello tradizionale prima citato ed in grado di accogliere l’acqua con una pressione variabile in funzione del momento ma che può arrivare anche a 100 m ed oltre di colonna d’acqua.

Il concetto di base della soluzione proposta è dato dalla presenza dei due serbatoi funzionanti il primo alla pressione atmosferica ed il secondo a pressione maggiorata ad arte e quindi dalla possibilità che tutta l’acqua in arrivo durante la notte, ed in pratica per tutto il periodo in cui si può disporre di energia elettrica a basso costo, possa essere pompata nel serbatoio idropneumatico onde poterla sfruttare durante periodi successivi con il duplice scopo di alimentare l’utenza ed al tempo stesso di produrre energia elettrica preziosa che normalmente viene immessa nella rete Enel. Come detto anche l’acqua utilizzata per produrre energia elettrica viene restituita nel serbatoio tradizionale dove torna ad essere disponibile per l’alimentazione dell’utenza.

Sono previste due strutture innovative come il serbatoio idropneumatico e la turbina/alternatore funzionante a velocità variabile le cui caratteristiche principali possono essere riepilogate come segue.

1) Il serbatoio idropneumatico.
Si tratta di una struttura del tutto simile alle autoclavi normalmente utilizzate per aumentare la pressione di esercizio delle piccole reti acqedottistiche con la sola differenza delle dimensioni che, in questo caso, sono molto maggiori. In sostanza è un grande contenitore a tenuta ermetica che accumula acqua nella parte inferiore ed aria compressa superiormente. Ciò gli consente di svolgere le stesse funzioni di un serbatoio sopraelevato ma con il vantaggio di poter variare a piacere la pressione di uscita dell’acqua. Nel caso specifico è in grado di contenere grandi volumi d’acqua ad una pressione tanto maggiore quanto più alta è la potenza disponibile per il pompaggio di immissione. È munito di compressore per realizzare una volta tanto il cuscinetto d’aria e le valvole di scarico dell’aria stessa. Maggiori delucidazione del serbatoio idropneumatico possono leggersi nell’omonimo articolo presente nel sito e direttamente cliccando qui

2) La turbina-alternatore.
Si tratta di una serie di macchine in grado di funzionare a portata e pressione diversificate producendo energia elettrica in quantità variabile in funzione dei volumi e delle pressioni che si rendono via via disponibili ma avente tutte le caratteristiche per poter essere accolta dalla rete Enel. Gli alternatori dovranno quindi possedere organi di regolazione dell’eccitazione o qualche altra modalità di modulazione di funzione  che gli consentano di funzionare a velocità diversificate in funzione dei salti utili disponibili ma con buoni rendimenti ed inoltre possedere un sistema di inverter atti a stabilizzare la frequenza della corrente prodotta.
Il funzionamento normale sarà il seguente.
Nei periodi di grandi consumi tutti gli impianti devono essere adibiti alla funzione specifica dell’acquedotto e cioè all’alimentazione idropotabile dell’utenza. A tale scopo i due serbatoi funzioneranno in parallelo ed ambedue a pressione atmosferica essendo aperte le condotte di collegamento e le valvole dell’aria. Essi contribuiranno pertanto con il loro intero volume di invaso alla compensazione delle portate consentendo di far fronte ai picchi di richiesta dell’utenza grazie alla loro notevole capacità. Nel caso si sia scelta la soluzione di grande capacità si potrà dar luogo alla compensaziine settimanale o addirittura a quella quindicinale con tutti i vantaggi che ne derivano.
Terminato il periodo critico il serbatoio idropneumatico inizierà a svolgere la sua azione e saranno pertanto chiuse le valvole di collegamento con l’altro serbatoio e le valvole di scarico dell’aria mentre sarà ripristinato, con i compressori, il cuscinetto d’aria compressa e si darà inizio all’accumulo dell’acqua in arrivo in due diversi modi e cioè nel serbatoio idropneumatico ogni qualvolta si rende disponibile energia elettrica a basso costo come ad esempio durante la notte, oppure nell’altro serbatoio di tipo tradizionale negli altri casi.
La rete acquedottistica viene alimentata da una pompa a velocità variabile che pesca dal serbatoio tradizionale ed immette l’acqua direttamente in rete a pressione variabile in funzione delle richieste dell’utenza e quindi elevata di giorno quando esse sono massime e bassa di notte e nei periodi di basso consumo. Durante il giorno ed in genere quando la corrente elettrica è a costo maggiorato, entrano in funzione le turbine che producono corrente elettrica preziosa sfruttando l’acqua in pressione del serbatoio idropneumatico e che viene scaricata nel serbatoio tradizionale onde renderla disponibile per l’utenza.
A sua volta quest’ultimo serbatoio svolge un duplice ruolo potendo sia rifornire la rete seguendone a puntino le richieste oppure rifornire il serbatoio idropneumatico.
Interessante far notare la grande capacità di accumulo totale d’acqua dato dalla presenza dei due serbatoi ambedue in grado, tutte le volte che si presenta la necessità, di far pervenire in rete tutto il volume invasato in precedenza.

Ed ecco la descrizione di una normale giornata di funzionamento rappresentata nel grafico della fig. 2 e nella tabella allegati.

Fig. 2 = Grafico di funzionamento della giornata tipo

Durante la precedente notte tutta l’acqua in arrivo nel serbatoio tradizionale e quella accumulata in precedenza sono state pompate a pressione elevata nel serbatoio idropneumatico fatta eccezione per la piccola parte che è servita per alimentare in diretta l’utenza. Il sollevamento ha avuto luogo tramite la serie di pompe a giri fissi con funzionamento pulsante oppure, a seconda dell’installazione fatta, da pompe a velocità variabile, onde adeguare portata sollevata e la pressione alle condizioni del momento.

Al mattino (ore 5 nell’esempio) il serbatoio tradizionale è quasi vuoto mentre l’altro è al massimo invaso. Quando iniziano ad aumentare i consumi dell’utenza (ore 7) il serbatoio idropnematico comincia a svuotarsi per alimentare le turbine che producono corrente elettrica. Nel serbatoio tradizionale entra sia l’acqua dell’adduzione e sia quella scaricata dalle turbine e quindi c’è la disponibilità massima per l’ alimentazione dell’utenza nel mentre l’acqua in esubero rispetto ai consumi è immagazzinata nel serbatoio tradizionale stesso. Alle ore 17 il serbatoio idropneumatico è vuoto ed ha termine la produzione di energia elettrica. La notte successiva il ciclo si ripete con riempimento del serbatoio idropneumatico ed alimentazione in diretta della rete a bassa pressione.

Da notare come la notevole capacità di invaso dei due serbatoi consenta di utilizzare al meglio gli impianti di produzione idroelettrica potendo nelle ore notturne immettere nel serbatoio idropneumatico non solo la portata in arrivo dall’adduzione ma anche quella accumulata in precedenza nel serbatoio tradizionale. Ciò sarà meglio comprensibile esaminando il grafico ed i dati dell’esempio di una giornata tipo.

Resta da definire la pressione di funzionamento del serbatoio idropneumatico per la quale sussiste un buon grado di libertà per cui si può impostare il regime che meglio si adatta alle condizioni del momento. Infatti il funzionamento di tale struttura segue la regola di “Mariotte” raffigurata  nel grafico a lato dove sono visibili  le variazioni delle percentuali di riempimento in funzione della pressione. Sono tracciate in linea continua 6 diverse curve di esercizio che sono funzione dalla pressione iniziale dell’aria compressa immessa dai compressori. Ad esempio se si adotta la curva n. 2 è necessario all’inizio (ed una volta soltanto) immettere aria compressa a due bar il che significa appunto una pressione di due bar a serbatoio vuoto. Tramite pompaggio si otterrà un riempimento del 20% del volume totale del serbatoio con una pressione di 2.5 bar, del 50% con 4. Il limite massimo corrisponde ad un 80% di riempimento del serbatoio con 10 bar di pressione. La stessa pressione descritta si rende poi disponibile per il funzionamento delle turbine, ovviamente fatte salve le perdite di rendimento dell’insieme. Qualora si volesse operare a maggior pressione occorre scegliere una curva di valore più elevato come ad esempio la curva n.3. Si ritiene però consigliabile di contenere la pressione massima al valore di 10 bar per facilitare la regolazione delle turbine ed inoltre per contenere il riscaldamento-raffreddamento del cuscino d’aria durante le fasi di compressione-decompresione.

Nell’applicazione descritta si verificano variazioni di temperatura del cuscino d’aria temperatura che tende ad aumentare durante la compressione ed a diminuire in caso contrario. Si tratta degli stessi problemi che si sono incontrati nella ricerca di realizzare una modalità di accumulo di energia del tutto simile a quella qui presentata con la sostanziale differenza dell’impiego di aria compressa immagazzinata a pressioni elevatissime (fino a 500 bar), problemi che, in quegli esperimenti, si è tentato di superare immagazzinando il calore prodotto in speciali piastre metalliche ad alto assorbimento calorico ma che alla fine hanno decretato il fallimento di tale tecnica di accumulo energetico . Si ritiene che il problema non sussista nella soluzione quì proposta perché in questo caso il calore prodotto è modesto sia perché la variazioni di pressione in serbatoio è molto lenta sia perché è di valore molto piccolo. Nell’esempio riportato si passa da 2 a 10 bar in cinque ore durante le quali tutto il maggior calore dell’aria viene assorbito dal grande volume d’acqua che vi si trova a contatto e che pertanto aumenterà leggermente di temperatura. Il fenomeno contrario avrà luogo durante la successiva fase attiva di produzione energetica con decompressione dell’aria che avrà ben 10 ore a disposizione. Il cuscinetto d’aria, grazie al passaggio da 10 a 2 bar, si raffredderà facendo ritornare fresca anche l’acqua con cui è a contatto e che riprenderà la temperatura originale, fatte salve piccole perdite energetiche di valore del tutto trascurabile.

3) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema idrico atto a realizzare in primo luogo una notevole compensazione delle portate degli acquedotti e cioè di immagazzinare il surplus di portata caratteristica peculiare di certi periodi per restituirlo successivamente al verificarsi di richieste eccezionalmente elevate. Trova così compimento una operazione che, potendo riguardare perfino la compensazione quindicinale o addirittura mensile delle portate, rappresenta un risultato importantissimo nella gestione dei moderni acquedotti assillati da una carenza delle fonti sempre più sentita e difficile da colmare.
Il secondo scopo che si raggiunge è la piena utilizzazione di opere come quelle necessarie per l’accumulo di ingenti volumi idrici le quali in un regime acquedottistico normale rimarrebbero sottoutilizzate per lunghi periodi. Con le opere proposte si approfitta della notevole disponibilità di invaso per lunghi periodi per produrre energia elettrica preziosa in quanto prodotta nelle ore diurne di maggior pregio.
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UN MAXI SERBATOIO SOTTERRANEO PER VINCERE LA GRANDE SETE DELL’ISOLA D’ELBA

 

serbatoio Isola d’Elba

A) PREMESSA

I quantitativi d’acqua necessari non solo per gli indispensabili usi potabili della popolazione residente e turistica ma anche per altre determinanti necessità della sua economia (irrigazione agricola, annaffiamento giardini e orti, usi industriali ed artigianali, docce, piscine, ecc.). la sua risoluzione, un tempo basata esclusivamente sulle risorse idriche locali, ha incontrato notevoli difficoltà per le caratteristiche climatiche e fisiche del territorio. in particolare la piovosità molto scarsa e quasi inesistente proprio nei periodi estivi di maggior richiesta d’acqua, in uno con una conformazione montagnosa i cui compluvi danno origine a fossi o rii completamente asciutti per la gran parte dell’anno, riducono notevolmente la possibilità di accumulo negli invasi naturali sotterranei di ravvenamento delle sorgenti e quella di soddisfacimento diretto delle altre necessità citate, nel mentre grandi quantitativi del prezioso elemento vengono scaricati a mare durante i brevi periodi di piogge intense. in anni relativamente recenti si è pensato di integrare la produzione locale data dai pozzi e dalle sorgenti con l’approvvigionamento esterno ottenuto tramite la tubazione sottomarina di collegamento con la terraferma e il trasporto con navi cisterna ma, ciononostante, la richiesta idrica non risulta pienamente soddisfatta e si verificano sovente dei periodi di crisi nei quali l’ente gestore degli acquedotti deve ricorrere al razionamento dell’acqua distribuita.
nella planimetria generale della fig. 1 allegata sono schematicamente rappresentate alcune possibilità di alimentazione idrica dell’elba. tra di esse solo la condotta di collegamento con il continente è un’opera realmente esistente ed è quella che contribuisce in maniera determinante, sia pure con crisi alterne, al soddisfacimento della richiesta idropotabile dell’ isola. le altre indicazioni si riferiscono ad ipotesi formulate in varie epoche ma che non hanno ancora trovato applicazione pratica. tali sono, come sarà più avanti spiegato, i bacini artificiali da realizzare mediante dighe di ritenuta  ed il bacino sotterraneo da costruire con diaframmi di impermeabilizzazione nella piana di marina di campo

 

Fig. n. 1 = Veduta panoramica dell’Isola cd’Elba con il tracciato della galleria serbatoio che viene qui proposto

E’ infine rappresentato il tracciato di massima del serbatoio/galleria che, circondando il Monte Capanne, costituisce l’oggetto precipuo del presente lavoro. Si tratta di un’opera totalmente sotterranea che, a prima vista, desterà scetticismo essendo normalmente destinata ad usi completamente diversi da quello qui previsto anche se, in realtà, la sua utilizzazione è abbastanza frequente. Si fa infatti notare come la maggior parte degli impianti idroelettrici a condotta forzata sotterranea siano muniti di vasche di espansione le cui caratteristiche costruttive e di funzionamento idraulico sono del tutto simili a quanto qui proposto. L’opera medesima non è in assoluto una novità nemmeno in campo acquedottistico in quanto risulta realizzata ed utilizzata da oltre mezzo secolo nell’acquedotto di Torino e in quello Campano per scopi idropotabili identici a quelli che di seguito si indicano nonché in analogo serbatoio/galleria costruito, in questi ultimi anni, nei pressi di Latina. A giudizio di chi scrive essa è invece atta ad affrancare l’isola da ogni assoggettamento esterno e ad offrire le più ampie garanzie di soddisfacimento del suo fabbisogno idrico futuro senza provocare danni di sorta nè all’ambiente né all’economia del territorio. Una sua precipua caratteristica che si vuole subito evidenziare è la possibilità di realizzazione dell’opera per stralci successivi tutti immediatamente funzionali e che consentono di dilazionare la spesa nel tempo offrendo immediati e notevoli vantaggi nell’approvvigionamento idrico dell’intera isola.

 

B) FABBISOGNO IDRICO E PIOVOSITA’

Fig. n. 2 = Diagramma giornaliero delle portate d’acqua potabile  che interessano l’Elba

Le grandezze in gioco nel rifornimento idrico dell’Isola d’Elba, sono approssimativamente rappresentate nel grafico della fig. 2 allegata.
Vi sono riportati i volumi d’acqua potabile effettivamente forniti all’utenza mese per mese durante una recente annata e quelli che, in via approssimativa, sarebbero necessari per soddisfare interamente la richiesta dell’utenza per i prossimi 10 anni ed infine i volumi medi di pioggia che sono caduti in questi ultimi anni nella zona ovest dell’Isola d’Elba, zona che interessa particolarmente le opere oggetto della presente relazione per una superficie di circa 30 chilometri quadrati contro i 223 chilometri quadrati dell’intero territorio dell’isola.
Balzano immediatamente agli occhi :
· il grande deficit esistente tra portata massima necessaria (circa 60.000 mc nel giorno di massimo consumo) e quella estiva ora disponibile che ammonta, al massimo, a circa a 35.000 mc al giorno;
· una consistente sovrabbondanza, rispetto a quelli necessari, dei volumi d’acqua di pioggia che precipitano annualmente in isola. L’Isola d’Elba dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni idrici;
· Il notevole divario temporale tra il periodo di elevata richiesta idrica che ha luogo d’estate e quelli di abbondanti precipitazioni atmosferiche che, al contrario, si verificano statisticamente in tutti i periodi dell’anno fatta eccezione appunto per quelli estivi. Da tale fatto deriva la mancata alimentazione delle falde locali ed anche di quelle della Val di Cornia che attualmente fornisce agli acquedotti elbani la maggior parte dell’acqua e quindi il citato deficit idrico e le ripetute crisi del rifornimento idropotabile della popolazione.

Interessante anche il grafico della figura 3 nel quale gli stessi volumi giornalieri che si prevede necessari all’Elba per i prossimi 10 anni sono riportati in ordine decrescente, onde far risaltare le varie classi di consumo. Esse hanno la seguente consistenza:

Fig. 3 = Grafico giornaliero dei consumi idropotabili ordinati preogressivamente

· Le giornate di consumo elevatissimo (circa 60.000 mc giorno) sono molto poche e cioè circa 50 all’anno.
· Il consumo abbastanza elevato (45.000 mc giorno) si verifica mediamente per altre 30 giornate l’anno.
· Per ben 285 giornate dell’anno esaminato si avranno solo consumi bassi (17.000 mc/giorno circa) o bassissimi (10.000 mc/giorno).
Le conclusioni che si possono trarre sono:
1) L’isola d’Elba ha bisogno di un quantitativo d’acqua potabile molto elevato per un periodo assai breve ma che coincide con quello di scarse precipitazioni piovose.
2) I volumi d’acqua che piovono annualmente in isola, se non fossero temporalmente sfalsati rispetto al fabbisogno, sarebbero ampiamente sufficienti alla sua alimentazione idropotabile.
La soluzione del problema appare ovvia: immagazzinare durante i periodi di scarsi consumi l’acqua in esubero e conservarla per poterla utilizzare d’estate durante i brevi periodi di richiesta elevata.

C) I LAGHI ARTIFICIALI E LE ALTRE SOLUZIONI DELL’ENTE GESTORE

Tra le soluzioni che gli Enti addetti hanno in animo di adottare per la risoluzione del problema in argomento alcune sono basate, in maniera del tutto analoga a quanto forma oggetto del presente lavoro, sulla raccolta ed accumulo di grandi volumi d’acqua durante i periodi di pioggia intensa e di scarsi consumi.
Quella che raccoglie i maggiori consensi concerne due bacini artificiali da realizzare a mezzo dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi (vedi planimetria generale fig. 1) e ritenuti atti a contenere i citati volumi d’acqua per utilizzarli nei momenti di maggior bisogno. Tali interventi, attuati con successo in altre località afflitte da carenza idrica, non sono, ad avviso di chi scrive, proponibili in quanto nel caso specifico dell’Isola d’Elba presentano i seguenti gravi inconvenienti:
· difficoltà di reperire ed espropriare aree adatte a ricavare grandi bacini superficiali;
· gravi danni all’ambiente causati dai laghi che d’estate devono essere svuotati onde utilizzarne l’invaso;
· pericolo di franamento delle sponde soggette a ripetuti invasi e svasi;
· rapido interramento del bacino e conseguente sua diminuzione della capacità utile;
· grandi perdite d’acqua causate dall’evaporazione;
· peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’acqua immagazzinata nei laghi superficiali;
· possibilità di atti vandalici
· trattandosi di bacini all’aperto soggetti a notevoli perdite per evaporazione non è consigliabile immettervi, come sarà proposto invece nel serbatoio/galleria, acqua potabile avente costi di produzione relativamente elevati.
Una seconda soluzione per raccogliere le acque di pioggia, ma che non ha avuto seguito, è quella descritta nel lavoro : “Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba” redatto da prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa”. Essa prevede, come sarà meglio spiegato più avanti, di costruire un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo (vedi fig.1).
Gli altri interventi, già in via di parziale esecuzione o comunque di attuazione già decisa dagli enti preposti al servizio idrico dell’Elba, e cioè la costruzione di nuovi pozzi e l’installazione di impianti per la desalinizzazione di acque salmastre o di quelle marine mal si conciliano con le necessità dell’Isola in quanto non sono in grado di fornire portate rilevanti durante il breve periodo estivo. Sono invece atti, gli impianti di desalinizzazione, a fornire portate modeste ma costanti per tutto l’anno ed i pozzi a produrre acqua in tutti i periodi ma con esclusione di quelli estivi durante i quali la falda sotterranea riduce sensibilmente la sua producibilità. In periodi particolarmente siccitosi le falde idriche sotterranee dell’Isola d’Elba ed anche quelle della Val di Cornia accusano infatti degli abbassamenti di livello così marcati da provocare notevoli immissioni di acqua marina o salmastra che le rendono assolutanmente inutilizzabili ai fini potabili.
Una ulteriore proposta riguarda l’utilizzazione, sia ad uso potabile sia quale acqua grezza per usi vari come l’irrigazione e gli usi complementari di quelli potabili, delle acque restituite dalle fognature pubbliche sottoposte ad adeguato trattamento. Anche questa soluzione, spesso adottata in ottemperanza con le indicazioni delle leggi vigenti in materia di disciplina delle acque e quando si è in presenza di scarichi di grandi città aventi notevoli portate d’acqua reflua, mal si presta nel caso dell’Isola d’Elba a causa dell’eccessivo spezzettamento del servizio fognario che comporterebbe una miriade di piccoli impianti di trattamento di difficoltosa e onerosissima gestione cui deve aggiungersi, nel caso dell’acqua grezza, la necessità di costruire e gestire una doppia rete di distribuzione.
Il quadro del tutto negativo della reale situazione elbana è completo quando si consideri l’impossibilità di incrementare la fornitura d’acqua proveniente dalla terraferma e cioè dalla Val di Cornia essendo invece da prevedervi carenze idriche ancora più gravi di quelle attuali per motivi svariati tra cui:
· insufficiente producibilità delle fonti rispetto al fabbisogno dell’utenza che da esse dipende;
· concomitanza delle crisi estive della Val di Cornia con quelle Elbane;
· pericolo di inquinamento delle falde della Val di Cornia da boro;
· impossibilità di aumentare l’adducibilità dell’esistente condotta sottomarina di collegamento con la terraferma.
Per documentare lo stato di crisi della Val di Cornia basterà riportare integralmente la seguente frase riepilogativa delle indagini svoltevi dal CIGRI Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche: ” L’insieme delle conoscenze acquisite disegna un quadro di gravissima emergenza”.

D) DESCRIZIONE DELLE OPERE CHE FORMANO L’OGGETTO DEL PRESENTE LAVORO

II manufatto in progetto consiste in un grande serbatoio per acqua potabile da realizzare mediante escavo di una galleria di notevole sviluppo e di adeguata sezione nel materiale roccioso sottostante i monti Capanne e Perone dove sono più frequenti le piogge. La galleria, posta orizzontalmente alla quota di 150 metri sul mare, con il suo andamento planimetrico che circonda tutta la parte ovest dell’isola, consente di drenare e ricevere gran parte delle acque di pioggia che cadono in essa.

Fig. 4 = Planimetria della parte ovest dell^sola d’Elba

Le sue caratteristiche salienti possono essere così riassunte:
1 – si tratta di un’opera totalmente invisibile e che, pertanto, non arreca nessun danno al paesaggio dell’isola;
2 – il suo grande volume d’invaso consente di accumulare gran parte delle acque di pioggia relative al bacino imbrifero sotteso costituendo una riserva in grado di effettuare la compensazione trimestrale delle portate per usi potabili e per usi vari di oltre 250.000 abitanti equivalenti;
3 – il suo andamento plano-altimetrico consente, come sarà avanti descritto, una facile raccolta delle acque delle sorgenti, dei fossi distribuiti in tutta la zona e delle falde sotterranee, ivi esistenti e che attualmente si scaricano direttamente in mare senza che la loro presenza sia nota.
4 – La quota altimetrica del serbatoio/galleria consente di alimentare gran parte dell’utenza direttamente a gravità riservando il sollevamento tramite pompe alle sole aree abitate poste a quote elevate;
5 – Trattandosi di manufatto sotterraneo l’acqua accumulata può rimanervi per lunghi periodi al riparo da perdite per evaporazione e da agenti esterni vari come l’irraggiamento solare e la possibile immissione di inquinanti e conservare pertanto intatte le sue naturali doti di freschezza ed potabilità;
6 – Essendo formata da numerosi tronchi ognuno dei quali può funzionare indipendentemente dall’altro, sarà possibile effettuare alternativamente i lavori di manutenzione e pulizia senza interrompere l’alimentazione dell’utenza.
7 – Sarà sempre possibile immettere nel serbatoio/galleria eventuali volumi d’acqua provenienti da fonti diverse da quelle descritte come ad esempio quelli addotti dalla Val di Cornia o raccolti da sorgenti poste al di fuori del bacino imbrifero sotteso dalle opere in progetto oppure emunte tramite pompe sommerse da pozzi terebrati nelle falde profonde e che risultino in eccedenza rispetto al fabbisogno momentaneo.
8 – Le opere potranno essere costruite per stralci funzionali in modo da diluire la spesa nel tempo. ( Vedi articolo sulle prome opere da eseguire )
9 – Il serbatoio, essendo assolutamente inaccessibile, è salvaguardato da possibili atti di vandalismo.
10 – L’ubicazione del grande serbatoio nella parte occidentale dell’Isola cioè nel punto diametralmente opposto rispetto a quello di arrivo della condotta di adduzione dell’acqua dalla Val di Cornia, gli conferisce una ottima funzionalità idraulica di compensazione delle portate sia nell’attuale ed autonomo assetto acquedottistico sia in quello futuro integrato nel competente ATO (vedi art. P).
11-L’accumulo di grandi quantitativi d’acqua piovana contribuisce a lenire i danni provocati in caso di eventi piovosi particolarmente intensi.

 

E) CARATTERISTICHE GENERALI DEI MANUFATTI IN PROGETTO

Il serbatoio/galleria consiste principalmente un manufatto a sezione circolare del diametro interno di 10 m. e ad andamento planimetrico ad anello che circonda, a notevole profondità sotto il suolo, il territorio ovest dell’isola e le sue alture tra le quali spiccano il Monte Capanna e Perone aventi rispettivamente una quota alla vetta pari a 1018 e 630 metri sopra il livello del mare ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ). Lungo il perimetro esterno ed in corrispondenza dei principali avallamenti del suolo, sono previsti dei vertici planimetrici nei quali l’opera affiora in superficie rendendo estremamente agevole, tramite modeste opere di presa superficiali, la raccolta ed immissione dei fossi o dei rii previa eventuale decantazione, filtrazione e disinfezione da eseguirsi presumibilmente in galleria, nonché l’immissione diretta delle acque in esubero di qualunque altra provenienza come pozzi o acquedotti locali o quella proveniente dalla Val di Cornia. Altra caratteristica estremamente favorevole è data dalla possibilità di captare lungo il tracciato della galleria le acque di falda presenti nel sottosuolo e che attualmente si scaricano a mare senza nessuna loro segnalazione esterna.

L’andamento planimetrico della galleria che attraversa perpendicolarmente tutti i compluvi e le vallette esistenti nel territorio ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ), garantisce che tutte le vene idriche che si sottopasseranno durante il suo scavo finiranno, grazie alla presenza di faglie o fratture del terreno roccioso, per essere richiamate all’interno come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere. Sarà quindi estremamente agevole creare nei punti di intersezione con la falda le opere per la raccolta e regolazione dell’acqua ferma restando la possibilità della loro intercettazione e deviazione, in caso di bisogno, nella tubazione di drenaggio esterna (vedi fig. 8 =particolari delle immissioni in galleria dell’acqua di falda). Ogni immissione dovrà infatti essere tenuta sotto controllo quantitativo e qualitativo tramite apposite apparecchiature automatiche di misura e trasmissione continuativa dei dati. La presenza di faglie e fratture nel materasso roccioso attraversato dal serbatoio/galleria e che possono assicurare l’immissione, diretta o tramite le opere specifiche di cui al seguente art. G, delle acque di falda in galleria, è documentata nella pubblicazione del Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze “LE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” di Bencini, Pranzini, Giardi e Tacconi =Tacchi Editore – Pisa- contenente le indicazioni tratte da analisi stereoscopica delle foto aeree del territorio isolano

Il serbatoio/galleria ricavato per tutto il suo sviluppo nello strato roccioso, sarà interamente rivestito in calcestruzzo armato al fine di garantirne la tenuta idraulica ed altresì creare una efficace protezione da ogni infiltrazione indesiderata (vedi fig. 7 = sezione tipo).. Nella parte inferiore mediana troverà posto una canaletta interna atta a raccogliere ed evacuare le sabbie di deposito durante i periodici lavori di pulizia e da eseguirsi mediante getto d’acqua fornita dalla tubazione predisposta lungo la volta. Lungo la volta sarà installata la linea elettrica di illuminazione e di alimentazione di eventuali attrezzi necessari per i lavori di manutenzione, i cavi per il comando e controllo delle apparecchiature e per la trasmissione dei dati, la tubazione per il rifornimento dell’acqua in pressione e quella per l’aria compressa, dove ritenuta necessarie. Nella parte inferiore e all’esterno del rivestimento in calcestruzzo troverà posto una tubazione di drenaggio indispensabile per l’evacuazione delle acque di infiltrazione durante i lavori di costruzione e che, in corso di esercizio, servirà alla eliminazione di eventuali acque esterne alla galleria che non avessero i requisiti di accettabilità, e sia di quelle acque che fossero comunque da evacuare sia stabilmente che temporaneamente. La galleria avrà andamento altimetrico orizzontale con platea a leggera pendenza verso i punti di imbocco.
Le considerazioni che hanno portato alla decisione di fissare, in prima approssimazione e salvo migliori determinazione da farsi in sede di progettazione esecutiva, la quota altimetrica del serbatoio a circa 150 metri sul mare sono le seguenti:
1) – la quota deve essere il più bassa possibile al fine di allargare al massimo la superficie del bacino imbrifero sotteso e aumentare quindi le possibilità di raccolta d’acqua piovana;
2) – la quota di imposta del serbatoio deve, al tempo stesso, essere sufficientemente elevata per dare la possibilità di distribuire l’acqua del suo invaso direttamente a gravità alla maggior parte dell’utenza da alimentare.
3) – la scelta altimetrica definitiva deve consentire di immettere l’acqua direttamente nell’esistente rete di adduzione che collega tra di loro tutti gli acquedotti dell’Isola e quindi di alimentare l’intera isola fin dalla prima fase di esercizio utilizzando solo opere esistenti. E’ da rilevare come alla data attuale l’acqua proveniente dalla Val di Cornia una volta giunta all’Elba dopo il percorso sottomarino, percorre l’intera isola da Est verso Ovest tramite opere comprendenti condotte, serbatoi e impianti di sollevamento funzionanti tutti in serie ed aventi il loro punto finale di arrivo in un serbatoio posto in prossimità ed alla stessa quota dei quello sotterraneo in progetto. Fatte salve le necessarie verifiche sulla scorta dei dati reali, è prevedibile che, una volta costruito il nuovo serbatoio sotterraneo ed in attesa della realizzazione della nuova potenziata rete di adduzione e di distribuzione, si possano utilizzare gli stessi impianti a ritroso e cioè da ovest verso est e quindi alimentare da subito tutti gli acquedotti locali.

Considerato che una corretta concezione della rete di distribuzione dell’acquedotto in una zona altimetricamente varia come quella dell’isola richiede comunque delle reti distinte per fasce altimetriche omogenee aventi ciascuna un’altezza massima di circa m. 80 al fine di assicurare corrette pressioni di funzionamento, considerato altresì che la prima fascia, quella che dal livello del mare a circa 100 metri sul mare è la più importante in quanto comprende la maggior parte del territorio abitato da servire, si è pensato di privilegiare la sua alimentazione in diretta e a gravità tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio/galleria, prevedendo che solo gli altri centri abitati posti a quota più elevata siano serviti mediante risollevamento meccanico dell’acqua.
In definitiva, con serbatoio a quota 150 m.s.m. e definita in 50 m. la perdita di carico per il trasporto dell’acqua da serbatoio alle singole reti dei centri posti nella fascia inferiore tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio stesso, rimangono disponibili 100 metri di carico idraulico necessario e sufficiente per il funzionamento a gravità delle reti di distribuzione medesime. In altre parole con la soluzione prospettata è possibile effettuare raccolta, accumulo e trasporto dell’acqua fino al domicilio della stragrande maggioranza degli utenti dell’isola d’Elba senza necessità alcuna di pompaggio ma interamente a gravità
3) – il carico definito come sopra rende possibile anche l’adduzione, sempre a gravità, dei volumi d’acqua diretti ai centri delle fasce superiori ma con la pregiudiziale della loro consegna in una vasca di raccolta posta ad una quota altimetrica pari a circa 100 msm. e nella quale dovranno pescare le pompe di risollevamento di cui ognuno di tali centri dovrà essere dotato per la distribuzione dell’acqua al domicilio dei propri utenti: si raggiunge il duplice scopo di dotare questi ultimi di quella pressione di esercizio che meglio si adatta alla loro posizione altimetrica estremamente variegata e di contenere la spesa energetica di risollevamento dell’acqua, considerato che si tratta in genere di centri di piccola entità aventi esigui fabbisogni idropotabili.
4) – le singole reti locali che attualmente usufruiscono di fonti proprie, possono, nei periodi di scarso consumo dei loro utenti (ad esempio durante le notti delle stagioni invernali), immettere nel serbatoio/galleria la portata in eccedenza rispetto al fabbisogno, tramite funzionamento a ritroso delle descritte condotte che, in questo caso, vi confluiscono a raggiera. In prima fase l’immissione in oggetto potrà aver luogo, per quanto detto, usufruendo della esistente rete acquedottistica di adduzione.
In sede di progettazione esecutiva la quota definitiva del serbatoio/galleria sarà, come tutte le altre caratteristiche costruttive, ridefinita sulla base di approfonditi studi. La quota potrà quindi subire modifiche, anche sostanziali, tenute presenti le conseguenze, sia negative che positive, che ne deriveranno in termini di maggiore o minore estensione del bacino imbrifero sotteso, di estesa della galleria, di qualità dei materiali incontrati, di pressione di funzionamento della rete di distribuzione, di necessità di pompaggio dell’acqua, ecc. ecc.
L’aspetto negativo dell’insieme di opere che il presente lavoro prevede, è rappresentato dalla necessità di smaltire lo smarino di galleria e cioè un quantitativo di oltre due milioni di metri cubi di roccia proveniente dallo scavo. Uno studio approfondito delle modalità esecutive delle opere potrebbe però risolvere brillantemente anche tale problema. Il territorio attraversato, fatti salvi i migliori accertamenti da effettuare in sede di redazione del progetto esecutivo, è infatti composto per la maggior parte da ottimo materiale lapideo che, oltre a fornire le necessarie garanzie circa la fattibilità tecnica della galleria e la stabilità dei terreni durante e dopo la esecuzione dei lavori, potrebbe anche costituire una importante fonte di materiale inerte per calcestruzzi e in genere da costruzione o per rilevati stradali, per la sistemazione di piazzali e campeggi ecc. ecc, sabbie per il ripascimento di arenili erosi dalle mareggiate, se non addirittura di meravigliosi graniti da lavorazione del tutto analoghi a quelli prodotti nelle cave di S. Piero. Il tutto come sarà meglio spiegato più avanti.
E’ inutile sottolineare come la progettazione esecutiva dell’opera debba essere, in ogni caso, preceduta da studi, indagini, rilievi, sondaggi, accertamenti ecc. ecc. atti a verificare le condizioni di fattibilità delle opere, il loro rapporto costi/benefici, le disponibilità idriche effettive del territorio, ed a definire le soluzioni tecnico/economiche ottimali di tracciato, di dimensionamento ed in genere di costituzione dei vari manufatti. Da notare come il tracciato definitivo sotterraneo del serbatoio/galleria sia molto elastico non essendo legato a particolari vincoli planimetrici fatta eccezione soltanto a quello di presentare delle finestre di accesso dall’esterno disposte (se necessario anche in derivazione dall’asse della galleria principale) in modo da facilitare lo scavo della galleria e di consentire l’immissione al suo interno delle acque raccolte in superficie. Il tracciato può pertanto svolgersi seguendo quei percorsi che dagli studi preventivi risulteranno i più idonei per la funzionalità idraulica delle opere e per la natura del sottosuolo e la presenza di faglie o fratture della roccia.

F) ELEMENTI ESSENZIALI DI DIMENSIONAMENTO DEI MANUFATTI

I principali dati sono i seguenti:
– bacino imbrifero sotteso : circa mq 40.000.000
– altezza minima di pioggia annua prevedibile: mm 500
– volume minimo d’acqua di pioggia annua totale: mc 20.000.000 suddiviso come segue:
volume pioggia disperso per evaporazione e traspirazione 58%: mc 11.600.000
volume deflussi superficiali 29%: mc 5.800.000
volume deflussi sotterranei 13%: mc 2.600.000
Totale: mc 20.000.000
– volume annuo raccolto dalla galleria mc 5.800.000 + 2.600.000 = mc 8.400.000
– volume trimestrale medio mc 8.400.000 / 4 = mc 2.100.000
– popolazione equivalente da alimentare: abitanti 250.000 nei periodi di maggior afflusso turistico e abitanti 50.000 nelle stagioni morte
– fabbisogno giornaliero nei giorni di punta: n. 250.000 x 0.300=mc 75.000 negli altri giorni : 50.000 x 0,300 = mc 15.000
– volume necessario per la compensazione trimestrale: gg 90 x mc 75.000 x 0.22 = mc 1.500.000
– volume utile di invaso del serbatoio/galleria: ml 25 600 x mq 76.20 = mc 1.950.000 corrispondente circa all’apporto medio trimestrale di pioggia (mc 2.100.000)

 

G) L’INCREMENTO DELLA PORTATA D’ACQUA POTABILE DA ACCUMULARE IN SERBATOIO

Poiché il serbatoio/galleria, al contrario di altre soluzioni come quelle degli invasi da ricavare mediante dighe di ritenuta o diaframmi sotterranei, è destinato a contenere acqua potabile cioè pronta per essere consegnata, senza alcun trattamento, all’utenza, devono essere poste in atto tutte le possibili attività volte alla captazione di tale prezioso elemento. Tra di esse assume una grande importanza l’immissione diretta in galleria delle falde soprastanti che avrà luogo man mano che procederà lo scavo senza che sia necessario alcun intervento particolare. Potranno però verificarsi dei casi in cui l’immissione in serbatoio di importanti quantitativi di acqua naturalmente potabile contenuta in sacche permeabili o semipermeabili di terreno soprastanti la galleria non abbia luogo per motivi vari come, ad esempio, la mancata fratturazione della roccia di estradosso della galleria che la rende assolutamente impermeabile, la particolare ubicazione planimetrica della sacca, la presenza, nella sacca medesima, di vie di fuga dell’acqua verso valle ecc. ecc. In tali casi sarà possibile favorire la raccolta di detti volumi d’acqua tramite perforazioni della roccia atte a realizzare il mancato collegamento idraulico o tramite diaframmi di impermeabilizzazione del bordo di valle della sacca atti ad eliminare le fughe descritte.  Qualora sussistessero valide motivazioni per non alterare la falda soprastante la galleria, i moderni mezzi di scavo permettono di manutenere  sul fronte di scavo una pressione artificiale in modo da lasciare indisturbate le falde per tutta la durata dei lavoro.

In tutti i casi esaminati si tratta sempre  di opere completamente sotterranee prive di impatto ambientale.

 

H) LA CAPTAZIONE ED IMMISSIONE IN SERBATOIO DELL’ACQUA DEI FOSSI

L’apporto principale di acqua potabile da immettere nel serbatoio/galleria è senz’altro quello fornito, durante i periodi di pioggia intensa, dai fossi e quindi deve essere posta una cura particolare nella realizzazione delle opere atte allo scopo. Esse comprendono una presa da costruire nel fosso e costituita da una briglia e da un pozzetto di raccolta dal quale si diparte una condotta di diametro adeguato all’adduzione dell’acqua alla finestra di accesso alla galleria. La finestra, cioè quel tratto di galleria del diametro di 10 m.e di lunghezza variabile, che collega l’imbocco esterno con la galleria/serbatoio vero e proprio, (vedi figg. 5 e 6 ) può alloggiare, se ritenuto in fase di progettazione esecutiva necessario, tre strutture idrauliche poste una di seguito all’altra a partire dall’interno verso l’esterno:
– la vasca di decantazione dei materiali in sospensione nell’acqua costituita da un primo tronco di galleria della lunghezza massima di circa 100 m;
– la sala filtri che occupa il secondo tronco della lunghezza di circa 20 m;
– la sala pompe posta vicino all’imbocco esterno.
L’acqua del fosso, captata ed immessa nel decantatore come indicato, vi rimarrà per il tempo necessario perché il materiale in sospensione vi sia depositato; attraverso appositi manufatti di sfioro passerà poi nei filtri e quindi nelle sala pompe dove sarà provveduto all’immissione del cloro di disinfezione e quindi al sollevamento per la definitiva adduzione, con percorso a ritroso, nel serbatoio/galleria, dove, come più volte indicato, dovranno essere immesse solo acque potabili.
La canaletta, ricavata nella parte inferiore della finestra, consentirà il periodico asporto del materiale di deposito nonché il lavaggio della vasca di decantazione e dei filtri da eseguirsi come di consueto in installazioni del genere.
Da rilevare come tutte le opere descritte, con la sola eccezione della briglia di presa, siano sotterranee e quindi presentino tutte gli stessi requisiti del serbatoio principale nei confronti dell’impatto ambientale.
In alternativa a quanto precede la briglia di presa e le opere per la decantazione, filtrazione e disinfezione potranno, se particolari condizioni lo richiederanno, essere realizzate indipendentemente dalla galleria sia all’aperto sia in caverna. Potranno, ad esempio, essere ubicate ad una quota altimetrica superiore di quella del serbatoio/galleria con il vantaggio di evitare il sollevamento delle acque, oppure ad una quota inferiore allo scopo di poter aumentare, a fronte dell’onere di dover pompare l’acqua captata, la superficie del bacino imbrifero sotteso.
Le decisioni in merito alla raccolta delle acque dovrà in ogni caso essere preceduta da approfondite indagini sulla piovosità reale, sulle modalità di scolo naturale delle acque fosso per fosso e sulle modalità da seguire per una efficace loro raccolta. Da tali indagini potrà anche derivare la necessità di predisporre dei bacini di accumulo rapido delle acque grezze ben più capaci di quelli ricavabili, come indicato sopra, nelle finestre di accesso della galleria il che comporta una sostanziale modifica delle opere come sarà meglio descritto nei capitoli seguenti.

 

I) I SERBATOI SUPPLEMENTARI PER ACQUA GREZZA

Come già indicato le acque di pioggia che si raccolgono nei compluvi vengono, tramite una briglia posta di traverso alla valletta, deviate e quindi addotte alle vasche di decantazione ricavate all’interno delle finestre di accesso alla galleria/serbatoio vera e propria.
E’ evidente che i volumi d’acqua che si raccolgono sia pur per tempi brevi ma con notevole intensità nei fossi principali che sottendono vasti bacini imbriferi, richiedono invasi altrettanto notevoli che, come tali, potrebbero non essere però compatibili con le citate finestre di accesso. D’altro canto lo smaltimento dei depositi necessario per la pulizia dei decantatori impone di non eccedere nella loro lunghezza, fissata in circa 100 metri massimi.
Da tali considerazioni potrebbero, in sede di progettazione esecutiva, derivare modifiche sostanziali delle vasche di raccolta che da semplici strutture di decantazione delle acque, come previsto, potrebbero invece assumere la caratteristica di veri e propri serbatoi supplementari per acqua grezza. Nel caso, abbandonata l’idea di utilizzare la finestra, dovrà essere prevista la costruzione, a lato di ognuno dei fossi principali, di un serbatoio sotterraneo di grandi dimensioni e posto a quota sufficientemente elevata rispetto alla galleria per consentire lo svolgimento a gravità di tutto il processo depurativo e di adduzione dell’acqua: Essendo ogni serbatoio dal punto di vista idraulico totalmente a sé stante, potrà avere quelle dimensioni, forma, ubicazione che meglio si adatteranno alle circostanze locali sia dal punto di vista idraulico che da quello costruttivo.
Eccezionalmente, quando le condizioni idriche dei luoghi lo richiederanno, il serbatoio in argomento potrà essere costruito anche a quote notevolmente inferiori di quelle della galleria/serbatoio fatta salva, in tal caso, la necessità di prevedere il necessario sollevamento delle acque dopo depurazione.
Ogni serbatoio, con la sua notevole capacità ed essendo normalmente vuoto, resta pronto ad accogliere le acque intense che percorrono il fosso di sua competenza e che vi sono immesse nello stato in cui si trovano cioè torbide avendo subito soltanto la eliminazione delle ghiaie avvenuta ad opera del piccolo invaso posto a monte dell’opera di presa. Viene così attuata non solo la raccolta, in grandi quantitativi, della preziosa acqua piovana ma anche la laminazione delle piene e quindi migliorata la salvaguardia dei territori di valle dai danni che le alluvioni vi provocano spesso. Terminato l’evento piovoso ed avendo accumulato grandi volumi d’acqua, il serbatoio avrà, nelle giornate successive, tutto il tempo per dar corso al processo di decantazione, filtrazione e disinfezione per poter, una volta svuotato per averla scaricata nella sottostante galleria/serbatoio, essere pronto ad accogliere nuova acqua di pioggia.
I serbatoi per acqua grezza di cui si discute costituiranno, nel loro insieme, un notevole volume di invaso che rientra nel bilancio totale dei volumi utili per la compensazione trimestrale delle portate Si deve infatti tener presente che, di regola, essi sono destinati a restar vuoti in attesa della pioggia ma una volta raggiunto il massimo livello con l’acqua immessa nella galleria/serbatoio d’acqua pura, essi possono invece rimanere pieni e costituire quindi un importante volume integrativo da utilizzare anche a notevole distanza di tempo. In sede di definizione progettuale delle opere si potrà, grazie al contributo dato dai serbatoi d’acqua grezza in parola, assegnare alla galleria/serbatoio un volume utile più contenuto di quanto descritto ai capitoli precedenti al limite eccedendo nel volume integrativo dei serbatoi d’acqua grezza. I vantaggi ritraibili in tal caso saranno, come meglio spiegato nel capitolo seguente, notevoli.

L) VARIANTE DELLE OPERE PRINCIPALI CONSEGUENTE ALLA REALIZZAZIONE DEI SERBATOI D’ACQUA GREZZA

Una delle varianti alle opere principali dovuta alla presenza dei serbatoi d’acqua grezza descritti al capitolo precedente è quella basata sulla suddivisione del volume totale di invaso, in via approssimativa stimato in 2.000.000 di metri cubi utili, in due porzioni uguali, delle quali la prima, destinata a contenere acqua pura, è costituita dalla galleria/serbatoio il cui diametro può essere ridotto dai previsti 10 m. a soli 7 m. sufficienti per ottenere, con l’estesa totale prevista in 25 Km circa, il predetto volume utile di mc 1.000.000. La seconda porzione, stimata anch’essa in 1.000.000 di mc sarà realizzata a mezzo dei serbatoi d’acqua grezza che in via preliminare, potranno, ad esempio, essere in numero di 10 unità ognuna delle quali comprendente un vano ricavato nel sottosuolo roccioso con pianta circolare o quadrata della superficie di circa m 35 x 35 ed altezza di circa m 11 e munito di propria finestra per accedervi dall’esterno. L’ ubicazione plano altimetrica sarà definita, serbatoio per serbatoio, in modo che sia facilitato lo svolgimento delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere e cioè la raccolta delle acque di uno o di più fossi ubicati nelle vicinanze, la decantazione ed immissione dell’acqua filtrata e disinfettata nella galleria/serbatoio direttamente a gravità evitando quindi il suo sollevamento meccanico, ed infine l’estrazione del prezioso granito di cui è costituito il sottosuolo attraversato e che richiede lavorazioni del tutto particolari .
Ogni serbatoio, dotato ovviamente di tutte le strutture edilizie necessarie per la stabilità delle pareti e della volta di copertura,. avrà, analogamente a quanto precedentemente indicato per la galleria/serbatoio d’acqua pura, il paramento interno interamente rivestito in calcestruzzo armato allo scopo di garantirne la tenuta idraulica. Come già detto, potranno eccezionalmente essere previsti serbatoi analoghi a quelli in argomento ma posti lontano dalla galleria/serbatoio onde soddisfare a particolari esigenze . Dovranno, in tal caso, essere adottate delle modalità altrettanto particolari come il pompaggio meccanico dell’acqua captata e/o la costruzione di adeguate condotte di adduzione per consentire comunque il recapito finale dell’acqua depurata nella galleria/serbatoio. Nulla vieta che, nei fossi minori, la raccolta e decantazione dell’acqua sia attuata utilizzando la finestra di accesso come previsto nei precedenti capitoli ed evitando quindi la costruzione del serbatoio supplementare. Anche il volume dei piccoli decantatori così previsti rientra nel bilancio totale dei volumi di invaso utili ma il loro ammontare è così modesto da non meritare, in questa sede, alcuna menzione.

 

M) VARIANTE CON DUE SEMIBACINI PER ACQUA POTABILE E GREZZA E CON EVENTUALE PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Una interessante variante costruttiva e di esercizio in alternativa alla precedente di cui ai cap. I-L che aveva per oggetto i serbatoi supplementari per acqua grezza, é quella basata sulla suddivisione della galleria/serbatoio in due grandi semibacini a sezione semicircolare oppure a due circonferenze affiancate e separate da un setto interno verticale che la percorre in mezzeria per tutti i suoi 25 km di estesa. Se ne verrà dimostrata la convenienza, potranno essere previste anche due gallerie separate ed uguali tra di loro, ciascuna del diametro di 3.60 m e necessarie per avere un volume utile complessivo pari ai 2.000.000 mc richiesti. La soluzione a gallerie separate, a fronte di un indubbio maggior onere economico di costruzione, presenta il vantaggio di consentire l’impiego di macchine di scavo e rivestimento di dimensioni più contenute e, qualora se ne presentasse la necessità, di seguire due tracciati diversi e quindi raggiungere con le gallerie punti di particolare interesse.
Nel primo sottobacino, destinato all’accumulo dell’acqua grezza raccolta dai fossi, verranno ricavati, tramite alcuni setti trasversali, dei brevi tronchi posti in prossimità degli imbocchi esterni e destinati ad accogliere l’acqua non appena captata e a conservarla per il tempo necessario alla decantazione del materiale in sospensione. Da quì essa sfiorerà nella restante parte dello stesso semibacino, per restarvi poi a lungo prontamente disponibile per le diverse e possibili destinazioni.

Potrà essere, in dettaglio, derivata ed addotta all’utenza direttamente a gravità, nello stato in cui si trova e tramite una appropriata rete d’acqua grezza che raggiunga almeno i centri più vicini della zona ovest dell’Isola, per gli usi di irrigazione di orti o giardini o per quelli complementari come lavaggi, raffreddamenti, pulizia strade e fognature ecc. ecc. In alternativa il liquido accumulato potrà invece essere immesso, assieme alle altre acque potabili e quindi dopo aver subito il necessario processo di filtrazione e disinfezione, nel secondo semibacino dove costituirà la indispensabile riserva d’acqua potabile in grado di essere distribuita, sempre con funzionamento a gravità, fino al domicilio dell’utenza di tutta l’Isola d’Elba.
Questi gli usi principali cui sarà normalmente destinata l’acqua raccolta dai fossi. Esiste una ulteriore possibilità destinata a svolgere un ruolo importante nell’economia di gestione del servizio idrico e cioé quella della produzione di energia elettrica tanto più preziosa in quanto, grazie al grande volume di invaso, non é in alcun modo vincolata ad orario. Il serbatoio/galleria, dimensionato per il periodo critico estivo e, con ulteriore cautela, sulla base della piovosità minima, nelle restanti stagioni e in tutti i casi di piovosità normale o medio-alta, risulterà nettamente esuberante e quindi, con la sola esclusione del periodo estivo, all’Elba si renderanno disponibili ingenti quantitativi di acqua che, con un salto di 150 m., potranno essere convenientemente utilizzati per la produzione di energia-elettrica.
Da rilevare come alcuni fossi, ubicati all’interno del bacino imbrifero del serbatoio-galleria, nel periodo invernale mantengano per mesi e mesi una portata continua che, opportunamente captata ed immessa nel semibacino d’acqua grezza, costituisce da sola una importante risorsa idrica interamente sfruttabile per la citata produzione di energia elettrica.
La presente variante riguarda, in definitiva, la creazione di due sottobacini con le seguenti diversificate modalità di utilizzazione:
a) Primo sottobacino : accumulo di acqua grezza da sottoporre alla sola decantazione dei materiali in sospensione per un volume idrico totale pari a circa un milione di mc che potrà, a seconda delle necessità contingenti, essere in tutto o in parte distribuita nello stato in cui si trova, e, in alternativa, essere trattata e quindi trasferita nell’altro semibacino per entrare a far parte del volume d’acqua potabile pronto ad entrare nelle varie reti di distribuzione, oppure, terza ed ultima possibilità, essere usato per la produzione di energia elettrica.
b) Secondo semibacino. Accumulo di acqua potabile di diversa provenienza come acque naturalmente potabili delle falde attraversate con la galleria, acque provenienti da pozzi, sorgenti o acquedotti esistenti ed infine acqua derivata dal sottobacino n. 1) e preventivamente potabilizzata. L’intero volume idrico, pari anche in questo caso a circa un milione di mc e, soprattutto nel periodo estivo, integrato come detto dall’acqua grezza potabilizzata per un volume pari, al limite massimo di un altro milione di mc, rimane in quota esclusivamente ad uso potabile dell’intera Isola. Da rilevare come la favorevole circostanza di poter produrre energia elettrica sia dovuta a due fattori concomitanti all’ Elba e ciooè da un lato alla ristretta concentrazione nel periodo estivo dei forti consumi idrici che lascia disponibili per tutto il resto dell’anno ingenti volumi dell’acqua accumulata nel grande serbatoio/galleria e quella continua fluente nei fossi e, dall’altro lato, alla notevole estesa longitudinale della galleria che le permette di sottendere un bacino molto ampio della zona ovest dell’Isola e quindi di poter usufruire di buona parte delle precipitazioni piovose che in tale zona sono particolarmente abbondanti.
Si tratta di un vantaggio in più offerto dal grande serbatoio/galleria che, in sede di progettazione esecutiva varrà la pena di sottoporre ad un’attenta analisi.

N) FATTIBILITA’ DELLE OPERE IN PROGETTO

L’esame di alcuni elementi relativi ai problemi idrici dell’Elba e totalmente estranei al presente elaborato può chiarire alcuni aspetti delle proposte tecniche avanzate.
Ad esempio nel già citato studio effettuato nell’anno 1998 dal dott. Prof. Pier Gino Megale del Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione “P. Celeste” Università degli studi di Pisa intitolato “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA “, trovano sommaria corrispondenza gran parte delle grandezze esposte nel presente lavoro (fabbisogno idropotabile, previsione delle piogge, volume da assegnare al serbatoio di compenso ecc.) e vengono formulati i seguenti concetti di base:
a) Gran parte degli inconvenienti dell’attuale sistema di rifornimento idropotabile dell’Elba sono dovuti agli sfasamenti temporali che si verificano tra punte di consumo e portate disponibili;
b) I volumi d’acqua di pioggia che annualmente precipitano in isola ,se razionalmente utilizzati, sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno idropotabile ed irriguo dell’isola;
c) Le risorse locali dell’Isola d’Elba vengono utilizzate come integrative delle forniture del continente, facendo l’opposto di quello che sarebbe logico immaginare
d) Per risolvere il problema è necessario costruire un serbatoio in grado di accumulare almeno 2 milioni di mc d’acqua.
e) Vista l’impossibilità di creare un bacino in superficie è necessario che il nuovo serbatoio sia ricavato nel sottosuolo.
E’ superfluo rilevare come le affermazioni indicate siano le stesse poste a base delle proposte tecniche qui formulate e che quindi confermino la validità delle scelte operate. Da notare come la brillante soluzione proposta dal Megale e consistente nella costruzione di un serbatoio sotterraneo naturale tramite diaframmi di impermeabilizzazione continui lungo un tratto di costa atti a contenere i necessari volumi d’acqua, per ammissione dell’autore medesimo, presti il fianco a pericoli come la vulnerabilità della falda ed il mancato consolidamento del terreno mentre  tali pericoli non sussistano per il serbatoio qui proposto che, essendo totalmente rivestito in calcestruzzo, consente di tenere sotto controllo ogni immissione d’acqua, nel mentre non viene arrecato alcun danno al sottosuolo attraversato. Il serbatoio-galleria in progetto presenta anche il vantaggio di trovarsi ad una quota sufficiente per alimentare a gravità gran parte degli utenti dell’intera isola mentre quello naturale descritto si trova al di sotto del livello del mare e pertanto richiede il sollevamento di tutta l’acqua a mezzo pompe. Seri dubbi potrebbero essere inoltre avanzati circa le garanzie di impermeabilità di tale serbatoio naturale . Da non dimenticare la caratteristica fondamentale del serbatoio/galleria che è quella di essere destinato a contenere acqua potabile per la quale, al contrario dell’altra soluzione, non è necessario alcun trattamento prima di distribuirla agli utenti.
Anche nell’opera “Le risorse idriche dell’Isola d’Elba” di Bencini A.,Giardi M., Pranzini G. ed altri edita nel 1985 da Tacchi Editore – Pisa, trovano conferma i dati idrologici del presente lavoro.
Uno studio serio e completo sulle possibilità di reperire in Isola venne inoltre eseguito dall’esperto geologo elbano Alberto Segnini il quale dimostro’ come l’acqua esistente poteva essere del tutto sufficiente per l’intera isola.
Altri avvenimenti dai quali è possibili ritrarre utili indicazioni sono le recenti alluvioni che, oltre a confermare il verificarsi in isola di notevoli precipitazioni piovose, fanno considerare estremamente utile la costruzione di un grande bacino come quello in progetto che, con la sua notevole capacità di invaso, è in grado di laminare, almeno in parte, le piene delle valli limitando i danni provocati dalle acque che altrimenti scorrerebbero in superficie.
Utili deduzioni si possono infine trarre dalla constatazione che in tutti i lavori di scavo di gallerie simili a quella qui proposta si verifica il fenomeno, di norma fonte di grandi difficoltà per la prosecuzione dei lavori ma in questo caso provvidenziale in quanto facilita il reperimento delle indispensabili fonti di rifornimento idrico, della immissione nel cunicolo di scavo di tutte le acque esterne che si trovano nel territorio soprastante. Lo stesso fenomeno si è verificato all’Elba negli anni ’60 quando la Montecatini ha costruito alcune gallerie nella valle di Ortano per ricerca di minerali. In tale occasione i quantitativi d’acqua richiamati all’interno furono così rilevanti da costringere la Società ad abbandonare il lavoro.

O) ORDINE DA TENERSI NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

La notevole mole delle opere in progetto assieme alla necessità di affinarne la costituzione man mano che i lavori proseguono e sulla base dell’esperienza di esercizio delle porzioni di serbatoio costruito in precedenza, rendono assolutamente necessario che la costruzione sia effettuata per stralci successivi e tutti funzionali. In particolare sarebbe opportuno eseguire un primo lotto di opere con cui realizzare quanto prima un serbatoio di circa 100.000 mc di capacità utile che consentirebbe, prima di dar corso all’opera completa, di verificare alcuni risultati come ad esempio la reale entità delle immissioni d’acqua di falda, gli introiti effettivi provenienti dalla utilizzazione del materiale di risulta dello scavo e, soprattutto, i vantaggi derivanti al servizio idrico dalla presenza di una capacità di accumulo d’acqua potabile per ben 100.000 mc.
Ultimato il primo lotto ed acquisite tutte le necessarie informazioni dal suo esercizio protratto per un tempo sufficientemente lungo, si potrà procedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione dei restanti stralci fino a raggiungere quella capacità complessiva di accumulo che l’esperienza diretta potrà consigliare.
Da rilevare come la costruzione immediata di un tronco di galleria, e quindi di un serbatoio da 100.000 mc, svolgerebbe un ruolo determinante nell’alimentazione idrica elbana anche nel caso la soluzione prescelta dagli addetti non fosse quella propugnata nel presente lavoro e come , pertanto, la costruzione del primo lotto indicato, sia essenziale per il futuro dell’Isola d’Elba. Ad esempio nel caso si decidesse l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, la presenza di un serbatoio di ben 100.000 atto ad effettuare la compensazione settimanale dell’acqua prodotta, rappresenterebbe l’indispensabile completamento di tali impianti. Altro aspetto da non trascurare è quello inerente la spesa pari a ben 4.000.000 euro che annualmente viene sostenuta per trasportare all’Elba 50.000 mc di acqua potabile con navi cisterna. Ebbene se una volta soltanto venisse impiegata tale cifra per costruire la prima parte del serbatoio/galleria di cui sopra , e la cifra lo consentirebbe, si potrebbe disporre non di 50.000 mc ma del doppio cioè di 100.000 mc di acqua e non per un solo anno ma per tutti gli anni a venire.

P) PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA

La costruzione, in normali condizioni, di una galleria come quella in progetto completa di rivestimento in calcestruzzo armato e di opere accessorie può comportare una spesa di circa 8 miliardi di lire cioè 4.100.000 euro al chilometro. Essendo l’estesa totale prevista in 25 chilometri circa, l’importo complessivo delle opere può essere stimato in 103 milioni di euro. Si tratta di un impegno economico notevole che, a tutta prima, può apparire ingiustificato. Una analisi approfondita delle circostanze particolari dei luoghi può portare a conclusioni differenti. Innanzitutto occorre considerare l’importanza, anche economica, che riveste il problema di un corretto e sicuro rifornimento idropotabile dell’intera isola, rifornimento che nello stato di fatto và incontro a crisi sempre più gravi date dalle difficoltà crescenti che incontrano le fonti della Val di Cornia costituenti la base principale di alimentazione. In secondo luogo bisogna far rientrare nel bilancio economico gli introiti che possono derivare dalla utilizzazione del materiale di scavo della galleria quale ottimo materiale inerte da calcestruzzi, ghiaie e sabbie per riporti utili e per la eventuale ricostituzione della morfologia originaria della bellissima isola onde rimediare ai danni ambientali provocati dalla coltivazione delle cave di granito ed infine di sabbie per il ripascimento di spiagge erose da mareggiate oppure per l’ampliamento di quelle esistenti o la creazione di nuove piccole spiagge. Da tenere in particolare considerazione la produzione di blocchi di granito la cui estrazione, finora effettuata nelle cave all’aperto su concessioni che attualmente stanno per scadere e che sembra abbiano poche probabilità di rinnovo, potrebbe continuare, questa volta, senza arrecare alcun danno all’ambiente. Da rilevare come alla data attuale i locali cavatori siano costretti ad integrare l’insufficiente produzione di granito elbano con quello importato dalla lontana Cina. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare anche la realizzazione di importanti porzioni di serbatoio a costo zero da attuarsi assegnando alle cooperative di cavatori degli spazi sotterranei in cui esercitare in piena libertà la loro attività fatto salvo soltanto il vincolo della quota altimetrica di estrazione del granito che è rigorosamente dettata dai vincoli idraulici del serbatoio. Non si può far a meno di concludere il capitolo inerente gli impegni di spesa senza far rilevare questo aspetto non secondario: i cavatori di quell’ottimo materiale che è il granito elbano invece di procurare immensi squarci alle montagne di S. Piero come fatto nel passato stanno costruendo grandi ed utili vasche sotterranee!

Q) IL SERVIZIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE ACQUE DELL’ATO (Ambito Territoriale Omogeneo)

Abbiamo visto come la costruzione del grande serbatoio/galleria e delle opere di captazione annesse, consenta di rendere il servizio idrico elbano autonomo ed autosufficiente riscattandolo dall’asservimento alla terraferma che tanti problemi sta creando. Questo però non significa che l’Isola sarà in futuro emarginata, essa invece potrà, come tutto il resto del territorio Italiano, entrare a far parte del servizio idrico integrato che riguarda l’intero ciclo delle acque di una più vasta zona (ATO= ambito territoriale ottimale) definita con criteri di razionalità sulla base della legge 36/94 (legge Galli) senza che, per tale motivo, la funzionalità delle opere medesime sia compromessa. Al contrario si potrà, anche in tale occasione, constatare come siano molteplici i benefici che il futuro sistema ATO potrà ritrarne. Innanzitutto poter disporre di una importante fonte d’acqua integrativa ubicata in prossimità di un notevole e decentrato centro di consumo estivo qual è l’Isola d’Elba, significa liberare il grande sistema idrico del gravoso impegno di rifornirla da una terraferma posta ad oltre dieci chilometri di distanza. In secondo luogo la presenza di un serbatoio di estremità come quello qui proposto, quando e se saranno potenziati i collegamenti idraulici con la terraferma, costituisce, con il suo notevole volume di invaso, un fattore di grande sicurezza del servizio idrico dell’intero sistema consentendo, in caso di bisogno, interscambi di portate nei due sensi sempre molto utili tenendo anche presente che in futuro le modalità di reperimento dei notevoli quantitativi d’acqua potabile che il grande sistema idrico richiederà potranno essere notevolmente diversi da quelli attuali. Ad esempio potrà darsi il caso che si debba allora ricorrere al trattamento di acque superficiali, al riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate, alla desalinizzazione dell’acqua salata ecc. ecc. Ebbene sarà in tutte queste evenienze che il serbatoio di estremità si rivelerà ancora una volta utilissimo per la regolarizzazione della produzione che, a fronte di una richiesta idrica variabilissima nel tempo, la sua grande capacità di invaso renderà possibile.

R) IL PRIMO LOTTO – LA RISOLUZIONE IMMEDIATA DELLE CRISI ESTIVE E LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI RETE ALLO SCOPO DI RIDURRE DRASTICAMENTE LE PERDITE

Nel capitolo O) si è proposta la costruzione di un primo lotto di galleria-serbatoio specificandone l’utilità generale. In questo capitolo si ritiene opportuno aggiungere degli importanti dettagli e segnalare come tale opera potrebbe risolvere l’urgente grave problema delle crisi idriche estive utilizzando solo l’acqua potabile fornita dall’esistente acquedotto .
Un punto che riveste un’importanza capitale è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana facendo rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali. Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Si può sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma aumentano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che ciò si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. L’argomento perdite si conclude in questo modo: l’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare e gestire uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Le opere che si possono ragionevolmente prevedere si basano invece sulla ricostruzione delle condotte più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le perdite piuttosto elevate che è necessario tollerare. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile fin dalle opere del primo lotto in argomento.

Le considerazioni su riportate conducono ad una importante conclusione: è fondamentale per l’Elba riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile ed a basso cocosto come quella che forma l’oggetto della proposta galleria-serbatoio.
Si è già visto che la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani è quella di provocare crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno. E’ questo un argomento fondamentale da tenere sempre in mente e che è opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. E’ questo un ulteriore prova della validità del serbatoio-galleria che è appunti destinato a contenere acqua potabile.

Ed ora, si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di una prima parte del serbatoio-galleria (vedi fig. 10 allegata).

Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di invaso pari a soli 100000 mc di acqua potabile la quale,

ig. 10 = veduta prospettica dellle opere del primo lotto esecutivo

secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente prelevabile dalla rete acquedottistica durante i periodi autunno-invernali. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori e di altre complesse apparecchiature ma eventualmente con un solo sistema di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio del presente articolo  e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In sostanza un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

In basso si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione. La vasca viene alimentata tramite valvola di regolazione asservita alla pressione della rete

S) IL TRATTAMENTO PER LA CORREZIONE DELL’ACQUA CAPTATA NELLA VAL DI CORNIA

E’ diffusa in questi giorni (settembre 2011) notizia del “piano anti boro” per l’acqua che scorre dai rubinetti di alcuni comuni della Val di Cornia e dell’isola d’Elba, da sempre alle prese con il problema del’arsenico e boro. Il piano vale 20 milioni di euro e comprende la costruzione e l’esercizio di complesse e costose apparecchiature di trattamento dell’acqua captata nella Val di Cornia e distribuita in tutto il territorio, Isola d’Elba compresa. Nulla è detto riguardo ai maggiori costi di produzione dell’acqua potabile che ne deriveranno nè se ad essi si dovrà far fronte con aumenti tariffari posti a carico dei cittadini.

L’Isola d’Elba da parte sua provoca, suo malgrado e senza colpa alcuna essendo dovuti esclusivamente alla sua particolare condizione di insularità, costi aggiuntivi a quelli citati di trattamento anti boro ed anti arsenico, costi aggiuntivi che si riferiscono al notevole onere di trasporto dell’acqua dalla Val di Cornia ed alle perdite occulte che raddoppiano l’mporto finale di produzione e trasporto di ogni litro d’acqua che giunge all’utente..

Anche l’acqua di ottima qualità presente in Isola in gran quantità durante il periodo autunno-invernale, poiché i programmi dell’Enta gestore prevedono il suo immagazzinamento in una ventina laghetti all’aria aperta e sparpagliati in lungo e largo per l’Isola, finirà per dover subire un trattamento di potabilizzazione assai costoso. e tra l’altro frammentato in piccole porzioni sparse anch’esse in varie parti dell’Isola.

Quanto sopra rende con una sempre maggior evidenza che, per quanto riguarda l’Elba, la strada da percorrere non poteva che essere quella basata sulla costituzione di un grande invaso come quello oggetto del presente lavoro e che sarebbe atto a ricevere e conservare intatta non acqua grezza ma quell’acqua potabile, buonissima e di minimo costo che vi si trova fuori stagione grazie alle abbondanti piogge che si hanno tutti gli anni. Ancora una volta è di mostrata, senza che ce ne fosse bisogno, l’utilità del serbatoio/galleria di grande volume che, oltre ai vantaggi già indicati, avrebbe sicuramente ed in maniera determinante contribuito ad abbassare il costo medio di produzione dell’acqua.

T) CONCLUSIONI

La grande ricchezza del sottosuolo elbano, nota fin dalla preistoria ma da tempo poco sfruttata, viene qui riscoperta per dotare l’Isola di un’opera in grado di risolvere in maniera definitiva uno dei problemi che oggi l’assillano: il rifornimento idropotabile. Si tratta di ricavare nel materasso granitico della parte ovest dell’Isola dove più frequenti sono le piogge, una galleria-serbatoio che circondando il Monte Capanne sia atto a raccogliere ed accumulare la quasi totalità dell’acqua che, concentrata in brevi periodi, vi precipita durante il corso dell’anno, allo scopo di distribuirla all’utenza al momento della sua effettiva e variabilissima richiesta. Un beneficio secondario ma tutt’altro che trascurabile, è quello della laminazione delle piene ad opera della citata raccolta d’acqua piovana dei fossi e che contribuirà a lenire i danni provocati agli abitati posti a valle dalle precipitazione eccezionalmente abbondanti.
Nella trattazione si sono formulate due ipotesi la prima che prevede la costruzione di un serbatoio interamente adibito all’accumulo di acqua potabile per un volume di 2.000.000, la seconda con la suddivisione della capacità totale di invaso in due parti uguali: una per l’acqua pura pronta per essere distribuita all’utenza e l’altra per acqua grezza da raccogliere dai fossi nello stato in cui vi si trova durante i periodi piovosi.
Questa seconda ipotesi si articola in due diversi modi e cioè con o senza possibilità di distribuire, oltre a quella potabile anche acqua grezza per usi vari. Sussiste infine una attività assolutamente innovativa che riveste un ruolo importante per l’economia e l’autosufficienza energetica dell’Isola: la produzione di energia elettrica. La scelta della soluzione definitiva da adottare potrà farsi, come tutte le altre decisioni di dettaglio, soltanto in fase di progettazione esecutiva e dopo aver eseguito tutti i necessari accertamenti.
La quota altimetrica di imposta dell’opera presenta molteplici vantaggi che vanno dalla notevole ampiezza del bacino sotteso, alla possibilità di alimentare in fase definitiva per caduta la quasi totalità dell’utenza evitando quindi l’uso di pompe per il sollevamento dell’acqua ed in prima fase utilizzando in toto la rete di adduzione oggi esistente. Un ulteriore suo vantaggio é dato dalla possibilità di sfruttare una quota così elevata per l’eventuale produzione di energia elettrica.
L’opera proposta è del tutto singolare ma, a giudizio di chi scrive è atta a raggiungere lo scopo senza alterare le caratteristiche ambientali dell’isola ma, al contrario, contribuendo indirettamente a fornire incremento e continuità ad alcune attività locali, al turismo e all’industria edilizia grazie all’ottimo materiale lapideo di risulta dagli scavi. Essa potrà, inoltre, entrare intimamente a far parte del futuro sistema del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli per il competente ambito territoriale ottimale.

lL progetto del maxi serbatoio per l^sola d’Elba è stato pubblicato, in italiano ed inglese, sul n 75 aprile 2005 della rivista “GALLERIE E GRANDI OPERE SOTTERRANEE”nella esatta veste riportata sopra

BIBLIOGRAFIA

Bencini A., Giardi M., Pranzini G.,Tacconi B.M., 1985, Le risorse idriche dell’Isola d’Elba, Tacchi Editore, Pisa
Megale P.G., Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba, Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione ” P.Celeste” – Università degli Studi di Pisa
Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche, Il Piano di risanamento
Braccesi G., La vulnerabilità delle falde Elbane
Marinello G., Carta geologica dell’Isola d’Elba alla scala 1:25000

Ultimo aggiornamento: settembre 2011

AVANTI

SULLE CURVE CARATTERISTICHE DELLE POMPE DI SOLLEVAMENTO PER ACQUEDOTTI DA USARE NEI CALCOLI DI VERIFICA IDRAULICA DELLE RETI

curve caratteristiche pompe

1. PREMESSA

Nella progettazione delle reti acquedottistiche si riscontra sovente la necessità di determinare a priori le caratteristiche delle pompe di sollevamento da utilizzare. Il problema diventa arduo quando si è in presenza di sollevamento diretto in rete che, se effettuato con pompe a velocità di rotazione variabile, a fronte di una ottima versatilità, apporta ulteriori incognite. I dati di portata e prevalenza nel punto di inserimento in rete della pompa che soddisfano le varie condizioni di calcolo delle reti idriche complesse sono infatti noti solo alla fine delle iterazioni di calcolo, quando la rete è equilibrata in tutte le sue componenti ivi compresa la pompa stessa. Possono aversi risultati imprevedibili come ad esempio l’utilizzazione della pompa con prevalenze esageratamente elevate e quindi portate quasi nulle oppure prevalenze bassissime e portate cospicue: in ambedue i casi la macchina lavorerebbe con rendimenti inaccettabili.
La soluzione non può che derivare dall’esame di svariate versioni progettuali redatte introducendo nei calcoli le curve caratteristiche di più pompe, esaminandone i dati di funzionamento nelle diverse situazioni e, nel caso della velocità variabile, supponendo di variare anche la velocità di rotazione dei motori dell’intera serie di pompe. Dopo aver definito sia pur a grandi linee quali sono quelle da adottare, si potrà passare alla verifica finale adottando le curve reali relative a pompe effettivamente reperibili in commercio ed aventi caratteristiche similari di quelle calcolate.
Al raggiungimento di tale importante risultato possono contribuire gli accorgimenti suggeriti nel presente articolo.

 

2. POMPE A VELOCITÀ DI ROTAZIONE FISSA

Si usa definire in modo approssimato le caratteristiche di una pompa con due soli elementi: portata e prevalenza. E’ ben noto come dovrebbe invece essere la sua curva caratteristica cioè la funzione matematica che lega la portata alla prevalenza di sollevamento a definirla, potendo la stessa pompa lavorare con portata elevata se è richiesta una modesta prevalenza come pure solo basse portate quando è rilevante il dislivello da vincere.
La curva viene normalmente fornita dal costruttore della macchina ed è la sola che può indicare le sue reali modalità di uso, anche perché consente la verifica dei rendimenti elettromeccanici alle varie condizioni di funzionamento.
Come detto nella premessa è talvolta molto utile poter fissare delle caratteristiche indicative di tali curve che, anche se approssimate, tornano utili per risolvere almeno nelle sue linee generali i problemi idraulici posti dalla rete in esame, tenuto conto oltre alle pompe anche di molteplici fattori anch’essi incerti ed approssimati come sono la costituzione delle maglie, il diametro delle condotte, la presenza o meno di apparecchiature di regolazione, le valvole di riduzione della pressione, i serbatoi presenti in rete ecc. ecc. Si tratta di fattori concomitanti alla cui definizione non si può giungere che per approssimazioni successive.
Allo scopo si ritiene utile porre qui in evidenza alcuni elementi empirici ma che hanno una certa attinenza con quelli effettivi delle pompe di sollevamento in normale uso. Essi sono stati dedotti da un programma applicativo molto usato per la verifica del funzionamento idraulico in moto permanente delle reti di distribuzione degli acquedotti nel quale tali regole sono comunemente adottate.
Si tratta del programma applicativo “EPANET” sviluppato da Water Supply and Water Resources Division (formerly the Drinking Water Research Division) of the U.S. Environmental Protection Agency’s National Risk Management Research Laboratory e diffuse in tutto il mondo.
Le regole consigliate sono le seguenti.
Si inizierà con la definizione di un suo solo punto e cioè della portata e della prevalenza che si pensa sia la più opportuna per il caso in esame. Si tratta del punto Qm/Hm mediano della curva caratteristica da imporre. E’ ben noto come per definire una qualsiasi curva i punti debbano invece essere, come minimo, in numero di tre. Si determineranno gli altri due adottando le regole empiriche riportate nella seguente tabella:

 

 Punto  Portata  Prevalenza
 Q0 (portata zero)  0  1.33 * Hm
 Qm (portata media data)  Qm  Hm
 Qmax (portata massima)  2 * Qm  0

Ad esempio volendo determinare la curva caratteristica di una pompa avente una portata media di 5 l/sec ad una prevalenza di 30 m si otterranno i seguenti dati:

 Punto  Portata  Prevalenza
 Q0 (portata zero)  0  1.33 * 30 = 40 m
 Qm (portata media data)  5  30
 Qmax (portata massima)  2 * 5 = 10 l/sec  0

La rappresentazione grafica della curva è quella indicata con A, B, e C nel grafico allegato di fig.1.

 

Fig. 1 – curve caratteristiche delle pompe

 

3. POMPE A VELOCITA’ DI ROTAZIONE VARIABILE

L’adozione di pompe a velocità variabile, facilitata dalla moderna elettrotecnica ed elettronica che si basa sugli inverter, consente di ottenere grandi benefici per le elevate possibilità di regolazione delle sue portata e prevalenza. Analogamente a quanto detto per le pompe a velocità fissa, anche ed ancor di più per quelle variabili, è essenziale poter introdurre preventivamente nei calcoli le relative caratteristiche sia pure con le inevitabili approssimazioni.
Le regole che legano tra di loro le curve portata/pressione di una stessa pompa al variare della sua velocità di rotazione sono le seguenti, essendo Q la portata, N il numero di giri nell’unità di tempo ed H la prevalenza di pompaggio:

 Velocità di rotazione  Portata  Prevalenza
 N1  Q1  H1
 N2  Q2=Q1*N2/N1  H2= H1/(N1/N2)*(N1/N2)

Facendo riferimento all’esempio prima riportato si avrà quindi:

 Velocità rotazione   Portata  Prevalenza
 N1 = 1 (dato base)  Q0=0  Qm= 5.0l/sec  Qmax= 10 l/sec  H0= 40.0m  Hm= 30.0 m  Hmax = 0
 N = 1.1  Q0=0  Qm= 5.5l/sec  Qmax= 11 l/sec   H0= 48.4m  Hm= 36.3 m  Hmax = 0
 N= 0.9  Q0=0  Qm= 4.5l/sec  Qmax= 9 l/sec  H0= 32.4m  Hm= 24.3 m  Hmax = 0
 N=0.8  Q0=0  Qm= 4.0/sec  Qmax= 8 l/sec   H0= 25.6m  Hm= 19.2 m  Hmax = 0
  N=0.7  Q0=0  Qm= 3.5/sec  Qmax= 7 l/sec  H0= 19.6m  Hm= 14.7 m  Hmax = 0

La rappresentazione grafica delle curve caratteristiche complete è quella della figura n-1  allegata.

4. BREVI CENNI SUI CALCOLI DI VERIFICA DELLE RETI MAGLIATE

Come noto, non è possibile determinare direttamente col calcolo le caratteristiche dei vari componenti delle reti idriche complesse ma bisogna invece procedere per tentativi tramite una successione di verifiche di schemi predefiniti.
Di contro sono notevoli le possibilità offerte dai moderni programmi di calcolo delle reti magliate in quanto, oltre a considerare schemi idrici anche molto complessi per costituzione delle maglie e per la presenza di apparecchiature idriche anche in grande numero e di qualsiasi tipo (valvole, pompe sia a giri fissi che variabili, serbatoi inseriti direttamente in rete, pozzetti di interruzione ecc. ecc.), consentono di simulare lunghe sequenze di reti in moto permanente tenendo conto delle variazioni che intervengono nel periodo temporale da esaminare e definendo tutti gli elementi di funzionamento ivi compresa l’evoluzione dei serbatoi direttamente inseriti in rete. Si tratta di risultati notevolissimi con i quali è possibile prevedere a tavolino le soluzioni ottimali di progetto. Ovviamente la bontà dei risultati dipende dalla qualità dei dati di partenza che bisogna introdurre in quanto, come detto, si debbono sempre fare delle verifiche di una rete fissata a priori. In questo senso, per quanto riguarda specificamente gli impianti di sollevamento, diventa importante la possibilità di potere esaminare il comportamento di diversi gruppi pompa ripetendo più volte la verifica a seconda del tipo e del numero di pompe che si intende provare. Da rilevare, a tale proposito, come una stessa seduta di calcoli, possa comprendere non solo una rete che viene esaminata nella evoluzione di periodi anche prolungati, ma anche più reti diversificate delle quali il computer determina in sequenza tutte le preimpostate varianti rendendo rapida la disamina dei risultati e la scelta della soluzione ottimale. Si potranno quindi vagliare soluzioni che si diversificano nella scelta dei tracciati o dei diametri delle condotte, nella presenza o meno di serbatoi di compensazione, nella diversa evoluzione delle richieste di rete e, in virtù delle indicazioni fornite nel presente articolo, nella portata e prevalenza delle pompe e, a parità di pompa, nel cambiare di ora in ora la sua velocità di rotazione.

5. CONCLUSIONI

Si sono indicate delle regole empiriche per poter tracciare le curve caratteristiche portata/prevalenza di pompe siano esse del tipo tradizionale a giri fissi come pure a velocità variabile. Si tratta di determinarne l’andamento di massima necessario ma sufficiente per le verifiche generali delle reti di distribuzione con il calcolo di insiemi acquedottistici anche complessi, oggi reso possibile dall’uso dei computer.
La procedura qui consigliata consiste nell’effettuare una nutrita serie di verifiche usando, per gli impianti di sollevamento, delle serie di curve caratteristiche delle pompe in modo da determinare la macchina che, nella prima fase di calcoli, risulta ottimale. Si potrà allora effettuare la verifica definitiva ricercando tra quelle disponibili in commercio la pompa di caratteristiche simili a quella suddetta ed utilizzando la curva caratteristica reale fornita assieme dal costruttore della pompa stessa e controllandone, in detta fase, anche i rendimenti elettromeccanici.
Nell’articolo la indicazione delle formule empiriche da usare è completata da un esempio di determinazione pratica delle curve caratteristiche di una pompa considerata funzionante alla tradizionale velocità fissa e, successivamente, determinando una serie di curve anche per la eventuale utilizzazione a diverse velocità di rotazione.
Per maggiori dettagli sull’uso delle pompe vedi “L’utilizzazione delle elettropompe a velocità variabile negli acquedotti” in questo stesso sito

 

L’UTILIZZAZIONE DELLE ELETTROPOMPE A VELOCITÀ’ VARIABILE NEGLI ACQUEDOTTI

Le pompe a velocità variabile

1. PREMESSA

L’impiego delle pompe centrifughe a velocità variabile negli impianti di sollevamento degli acquedotti consente di ottenere notevoli vantaggi sia per quanto riguarda la qualità del servizio offerto all’utenza sia nell’economia di gestione. Accade non di rado che la messa a disposizione di mezzi molto versatili, come sono anche le pompe in argomento, conduca però ad una loro utilizzazione tanto più errata quanto maggiori sono le possibilità che essi offrono. Vengono descritte alcuni di tali errori e le cautele da adottare per evitarli.

 

2. CARATTERISTICHE GENERALI

 

2.1. LA VARIAZIONE DELLA VELOCITÀ’ DI ROTAZIONE

La variazione di velocità dei motori elettrici ha più di un secolo, ma inizialmente essa poteva essere attuata soltanto in corrente continua con i problemi che ciò comportava, sia nella costituzione dei motori data la complessità del loro rotore, sia per le difficoltà insite nella produzione della corrente continua. Per parlare di azionamenti in senso moderno occorre arrivare alla fine degli anni ’50 quando, grazie, alla diffusione dei semiconduttori di potenza al silicio, si sono diffuse le applicazioni di motori in corrente alternata controllati da convertitori statici di frequenza (inverter). Negli anni più recenti la disponibilità di microprocessori con tempi di scansione di pochi millisecondi ha permesso di ottenere da motori asincroni la massima regolarità di funzionamento anche alle basse velocità con assenza di pulsazioni di coppia. L’aggiunta di un elettroventilatore incorporato infine ha risolto il problema del raffreddamento garantendo un adeguato flusso d’aria indipendentemente dalla velocità di funzionamento.

 

2.2. LE CURVE CARATTERISTICHE ED I RENDIMENTI MECCANICI DELLA POMPA A VELOCITA’ VARIABILE

 

Fig. 1= Variazione delle curve caratteristiche di una pompa in funzione della velocità di rotazione

Il funzionamento di una pompa centrifuga viene comunemente rappresentato dalla curva portata/prevalenza del liquido sollevato che ogni costruttore fornisce per ciascuna macchina. Un altro elemento caratteristico importante è il rendimento meccanico del gruppo motore-pompa che è molto variabile secondo il punto di funzionamento. Se esaminiamo in particolare la curva A-B-C-D rappresentata con linea tratteggiata grossa nella fig. 1 allegata e relativa ad una comune pompa centrifuga a giri fissi, possiamo notare i seguenti punti di funzionamento:
Punto A. La pompa ha la bocca di mandata chiusa, la portata è zero e la pressione di pompaggio (adimensionalizzata rispetto al valore di funzionamento ottimale) è pari al 110%.
-Punto B. E’ questa la massima prevalenza cui la pompa può innalzare l’acqua (114%). La portata, in tali condizioni, è modesta cioè solo pari al 40% nel mentre il suo rendimento meccanico è molto basso arrivando a meno del 50% rispetto a quello massimo.
Punto C. Rappresenta il funzionamento ottimale. La pompa lavora al 100% di portata, 100% di prevalenza e 100% di rendimento (tutte le grandezze sono adimensionalizzate).
Punto D. La portata massima (del tutto teorica) che la pompa può sollevare è pari a 180% ma la prevalenza è zero.

Nel grafico della figura 2 è rappresentato il funzionamento nel caso di pompaggio in una condotta nella quale siano preminenti le perdite di carico rispetto al dislivello geodetico. Si tratta, ad esempio, di un impianto di sollevamento con una lunghissima condotta di adduzione. Le due curve rispettivamente di pompaggio (curva a) e quelle delle perdite di carico del circuito idraulico (curva b) hanno un andamento atto a determinare in maniera univoca il punto di intersezione che, soddisfacendo ambedue le curve di funzionamento, rappresenta portata e prevalenza che l’insieme condotta/pompa è in grado di fornire.

 

Fig.3 = Schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con pompa a velocità fissa in cui è preminente il dislivello geodetico

Nel grafico della figura 3 è rappresentato il funzionamento nel caso in cui sia invece preminente la prevalenza geodetica. E’ il caso di sollevamento in un serbatoio sopraelevato posto nelle vicinanze della pompa. La curva rappresentativa del circuito idraulico si avvicina molto ad una retta orizzontale che interseca quella rappresentativa del pompaggio nel punto P caratteristico del funzionamento. Anche questo insieme è stabile.
Vediamo ora che cosa succede variando la velocità di rotazione della pompa. Ad ogni nuova velocità corrisponde una nuova curva congruente con quella precedente e quindi ottenibile per semplice traslazione di essa nel mentre collegando tra di loro i punti di pari rendimento meccanico che si registrano nei vari casi si ottengono delle figure elissoidiche come rappresentato nel grafico di fig. 1. In pratica ad ogni variazione della velocità di rotazione della pompa si ottiene una nuova macchina completamente diversa da quella precedente ma con un funzionamento analogo rappresentato in grafico dalla relativa curva caratteristica. La regola, per variazioni di portata direttamente proporzionali al nuovo numero di giri e rendimento costante, indica che la prevalenza varia in proporzione del quadrato del numero di giri e la potenza assorbita, essendo a sua volta proporzionale al prodotto della portata per la prevalenza, varia in funzione del cubo del numero di giri.

Indicando con Q la portata, H la prevalenza, W la potenza assorbita e con i pedici 1 e 2 rispettivamente i riferimenti ai numero di giri si ha.
– per le portate Q2/Q1=n2/n1
– per le prevalenze: H2/H1=(n2/n1)^2
– per le potenze W2/W1= (n2/n1)^3

Ad esempio se si aumenta sia il numero di giri che la portata del 20%, la prevalenza cresce del 44% (1.2 x 1.2 = 1.44) ( punto F della figura n.1) mentre la potenza assorbita aumenta del 73% (1.2 al cubo è pari a 1.73). Analogamente diminuendo giri e portata del 20% (punto G della figura 1) si ha una prevalenza pari al 64% ed una potenza del 51% ri0spetto a quella normale.
Nelle pompe a giri variabili devono essere rispettati alcuni principi fondamentali.
Innanzitutto il motore deve, ovviamente, essere dimensionato sulla base del lavoro da svolgere nelle condizioni più gravose e cioè per la massima velocità il che equivale a dire che il regime di normale lavoro della macchina è quello svolto con il motore che funziona con la corrente elettrica di linea utilizzata così come essa viene consegnata dal gestore. Sarà poi l’inverter che, limitando la propria funzione alla sola riduzione del numero di giri per minuto ottenuta riducendo la frequenza della corrente, conferisce alla macchina la caratteristica di poter modulare portata e pressione. Non è ovviamente possibile far svolgere al motore un lavoro superiore a quello di dimensionamento della pompa e del motore stesso come si verificherebbe nel caso l’inverter facesse, in modo improprio, crescere la velocità oltre a quella di normale regime. Esiste un limite anche per la velocità minima di rotazione considerato che un gruppo pompa-motore costretto a lavorare a velocità di rotazione molto bassa presenta consumi energetici elevati in relazione con il modesto lavoro che, in tale regime, sarebbe destinato a svolgere. In definitiva una pompa a giri variabili è una macchina che, per quanto riguarda la velocità massima e quindi portata e prevalenza massime non è altro che una pompa a giri fissi con inverter fuori servizio, e che, utilizzando tale dispositivo di variazione della frequenza elettrica di alimentazione, può diminuire la propria velocità di rotazione e quindi diminuire a piacere portata e prevalenza, fino ad un limite minimo variabile da pompa a pompa a seconda delle sue caratteristiche.

L’esame dettagliato del grafico di fig. 1 chiarirà meglio i concetti.
Importante, innanzitutto, la curva E-C-H ottenuta congiungendo tra di loro i punti di massimo rendimento alle varie velocità di rotazione, la quale rappresenta, appunto, l’utilizzazione ottimale della macchina per tutto il campo di variazione che le è proprio. Nella pratica risulta assai difficile che la pompa possa seguire esattamente tale curva pur restando accettabile il suo rendimento. Al posto di una curva lineare sarà quindi opportuno considerare una fascia di lavoro come quella tratteggiata nel grafico che è stata ottenuta, in prima approssimazione, tracciando, per traslazione di quella E – C – H le due curve “s” e “d” , fascia che delimita i punti di buon funzionamento della pompa per tutte la possibile escursione di velocità anche se spinta fino ai valori estremi. Caratteristica essenziale della fascia è di aver un andamento molto simile a quello del circuito idraulico sia quando questo è costituito da una condotta singola come pure da una rete di condotte, in cui immettere l’acqua sollevata. In altri termini la funzione che lega la pressione di testata della rete idrica con la portata dell’acqua che la stessa può addurre è molto vicina a quella che lega la prevalenza manometrica totale con la portata che una pompa a giri variabili è in grado di sollevare. Vedremo nel prosieguo come sfruttare appieno tale favorevole circostanza.

Se esaminiamo ora le curve di isorendimento del grafico constatiamo che, come già detto, esse hanno una forma elissoidica (vedi fig. 1 )  il cui asse maggiore è parallelo alla fascia prima indicata. La pompa presenta, pertanto, ottime caratteristiche di utilizzo per la parte centrale in cui sussiste un certo parallelismo tra tali curve e la fascia di lavoro nel mentre nei tratti finali le curve tagliano la fascia stessa denunciando un decadimento di rendimento che diventa sempre più gravoso man mano che ci si avvicina alle velocità estreme cioè a quella massima e a quella minima di rotazione. E’ quindi necessario ricercare i limiti entro i quali deve essere contenuta la velocità di rotazione della pompa al fine di garantirne una corretta utilizzazione. Al riguardo, nel mentre il punto di massima velocità è, come già detto in precedenza, forzatamente definito dal dimensionamento del motore elettrico e corrisponde quindi alla velocità n=100 del grafico, risulta molto difficile fissare la velocità minima per le molte implicazioni che ne derivano. Utile, allo scopo, il grafico di fig 4 relativo al funzionamento reale di una pompa a giri variabili nel quale non figura, per le motivazioni prima addotte, la parte superiore relativa alle velocità superiori al 100%, e dove sono riportate, oltre alle curve di isorendimento, le curve della potenza assorbita ai vari regimi. Vi è indicata anche la fascia di lavoro ottimale in sostituzione di quella prima definita in modo semplicistico dalle due curve “s” e “d” (vedi fig. 1 ) analoghe a quella di massimo rendimento. Vi si ricava che per velocità variabili dal 100% al 80% il rendimento è ottimo essendo pari al 98 %. Esso diminuisce sensibilmente quando si scende al 50% della velocità e peggiora oltre. Si arriva a concludere che la velocità della pompa non dovrebbe scendere mai al di sotto del 60% circa al fine di contenere la perdita di rendimento entro il 6 % circa. A tutt’altri risultati si perviene se si tiene conto di un altro fattore determinante: la potenza assorbita dal motore per l’azionamento della pompa. Si può notare come, alle velocità basse e bassissime contemporaneamente al citato scadimento nel rendimento meccanico ed elettrico, che arriva al massimo ad alcuni punti percentuali, si verifica però un ben più consistente risparmio energetico dovuto alla minor potenza assorbita. Ad esempio, alla velocità del 60% mentre la perdita di rendimento è stimabile nel 6% si ha un risparmio nella potenza pari a ben l’80%, per cui il risultato finale vede, a tale regime, una minor spesa energetica del 74%. Analogamente per velocità del 50% si hanno una perdita di rendimento del 7% ma un recupero nella potenza del 88% e quindi un ricupero finale di ben il 81%; al 40% di velocità la perdita di rendimento raggiunge il 12% ma il risparmio il 95% e quindi l’economia finale arriva all’83%. Passando a velocità inferiori l’economia diventa ancora più sensibile. I consumi energetici alle varie velocità determinati tenendo conto di ambedue i fattori descritti sono quelli della seguente tabella.

Dai dati elencati si arriva a concludere che il rallentamento della velocità di rotazione della pompa, anche se spinto fino a valori estremi, è comunque atto a produrre una notevole economia energetica il che dà una chiara idea di quali siano i vantaggi che si possano ottenere dalla riduzione della pressione di pompaggio e, in definitiva, quanto sia importante la scelta della pressione variabile nell’alimentazione degli acquedotti in sostituzione di quella a pressione di partenza fissa che la maggior parte degli acquedotti attua normalmente. In altre parole tutte le volte che l’utenza non lo richiede, è inutile sollevare l’acqua alle normali elevate prevalenze: molto meglio, in tali casi, ridurre la prevalenza manometrica delle pompe per ottenerne un notevole risparmio energetico cui deve aggiungersi, fattore importantissimo per il servizio idrico, la sensibile riduzione delle perdite occulte d’acqua dalle condotte della rete che si realizza in tal modo.

L’economia ottenibile risulta ancora più evidente qualora si analizzino i dati statistici di consumo degli acquedotti dai quali risulta che i consumi orari elevati, durante un’intera annata, sono in numero veramente esiguo nel mentre per la stragrande maggioranza di tempo si verificano consumi medi o medio-bassi.
E’ evidente che ulteriori marcate economie energetiche potrebbero aversi qualora si riuscisse a contenere i rendimenti meccanici della pompa costantemente entro valori ottimali. Ciò può aver luogo soltanto tramite installazione di più pompe a giri variabili ognuna delle quali funziona da sola quando le caratteristiche di portata e prevalenza richiesta dal circuito idraulico rientrano entro i suoi limiti di corretto funzionamento. Appena tale circostanza non è più verificata deve essere l’automatismo di regolazione che provvede al suo arresto previa messa in moto di un’altra pompa di adeguate capacità.
Dalle considerazioni esposte risulta chiaramente che la scelta dell’assetto definitivo di ogni impianto di sollevamento deve derivare dal raffronto tecnico/economico tra costi di installazione e di esercizio di più gruppi pompa aventi diversificate caratteristiche. Ad esempio in una rete caratterizzata da basse e bassissime richieste dell’utenza molto rare potrà essere conveniente prevedere un’unica pompa a velocità variabile anche se eccezionalmente impiegata fuori rendimento. Nel caso di un’utenza i cui bassi consumi si verificano con una maggiore frequenza, trova invece piena giustificazione l’altra soluzione che prevede più pompe tutte a giri variabili oppure, ed è questa una circostanza che si verifica molto spesso, anche una serie di pompe a giri fissi da affiancare alla pompa principale a velocità variabile.

Fig. 4 = Diagramma pofrtata/prevalenza reali di una pompa a velocità variabile

2.3. COSTITUZIONE DELL’IMPIANTO DI SOLLEVAMENTO IDEALE

Sulla scorta dei concetti espressi nei capitoli precedenti e tenuta presente la convenienza di adottare nell’esercizio delle reti di distribuzione a sollevamento meccanico, il pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita alle necessità dell’utenza per i molti vantaggi che, come meglio dimostrato nell’articolo “LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” pubblicato anche sulla rivista “L’ACQUA” n. 3/1998, esso presenta, si può realisticamente affermare che un impianto di sollevamento ideale è costituito da:
1. Una sola pompa a giri variabili che, immettendo l’acqua direttamente in rete, sia destinata a svolgere il ruolo principale cioè a coprire le fasce di consumo che vanno dalla portata massima prevista per l’ora di punta del giorno di massimo consumo fino alle basse portate per le quali i rendimenti meccanici ed elettrici sono ancora accettabili. La sua grande flessibilità le consentirà, durante l’anno tipo, di fronteggiare agevolmente le punte di consumo elevate ed elevatissime che, statisticamente, sono rare. Essa sarà destinata a funzionare per la maggior parte dell’anno a velocità moderate consentendo così di ottenere rilevanti economie energetiche vista la minor potenza assorbita a tali regimi. La scelta delle caratteristiche costruttive e di regime della pompa dovrà comunque esser particolarmente curata visto e considerato che è da essa che dipende la maggior parte della spesa energetica di sollevamento dell’intero impianto.
2. Una serie di due o tre piccole pompe a giri fissi di adeguata portata e prevalenza, che, funzionando singolarmente, soddisfino, con ottimi rendimenti meccanici, le basse portate. Si tratta di un ruolo molto importante visto che statisticamente avrà, durante l’anno tipo, una durata notevole e che, grazie alle modesta potenza assorbita, consentirà di avere consistenti economie energetiche. Trova piena giustificazione l’adozione di macchine a giri fissi meno costose che quelle variabili ed atte comunque a svolgere correttamente e senza dissipazione energetica il sollevamento della piccole portate richieste dall’utenza nelle condizioni di regime che qui si esaminano. L’unico inconveniente che può aversi è un funzionamento fuori rendimento per la pompa più piccola quando le portate richieste sono molto basse. Il pompaggio risulterà comunque accettabile in quanto gli eccessi di pressione e il dispendio energetico che ne derivano sono comunque minimi.
3. Una serie di casse d’aria atte ad attenuare gli effetti indotti alla rete dal colpo d’ariete conseguente alla immissione diretta dell’acqua nella rete.
4. L’ installazione delle casse d’aria di cui al punto 3 potrà anche essere evitata con accurate scelte progettuali dell’impianto e particolarmente con:
avvio di tutte le pompe a bocca chiusa con successiva apertura graduale;
– posa in opera di valvole di ritegno contrappesate o di tipo a membrana nelle quali la chiusura avvenga senza inversione del flusso d’acqua;
– costituzione di una condotta di grande diametro munita di valvola di ritegno contrappesata e che, bypassando le pompe, realizzi un collegamento diretto tra fonti e rete atto ad impedire l’arresto rapido della colonna d’acqua al momento della messa fuori servizio rapida della pompa per motivi imprevedibili come ad esempio per mancanza di corrente.

3. LE APPLICAZIONI

3.1. POMPAGGIO CON PREVALENZA FISSA E PORTATA VARIABILE

 

Fig.5 = schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con pompa a velocità variabile e con preminente dislivello geodetico del circuito idraulico

Esaminiamo un circuito idraulico composto da due serbatoi posti a quote altimetriche notevolmente differenti e tra di loro collegati da condotta di adduzione munita di pompa che deve sollevare dall’una all’altra vasca una portata variabile nel tempo (fig. 5). La curva caratteristica portata/prevalenza del circuito idraulico, considerando trascurabili le perdite di carico della condotta e le escursioni di livello dell’acqua nei due serbatoio in quanto valori relativamente modesti nei confronti del dislivello geodetico da vincere con il pompaggio, è rappresentata nel grafico di fig.5 con una retta sub-orizzontale che interseca, come rappresentato con linea grossa, la fascia di lavoro della pompa a giri variabili. Se ne arguisce che le modalità di regola zione della velocità sono molto ridotte e che, pertanto, la caratteristica precipua della pompa a giri variabili cioè la sua grande versatilità è praticamente nulla. Molto meglio, in un’applicazione come quella in oggetto, scegliere una pompa a giri fissi di portata pari a quella di massima richiesta che, con semplice funzionamento pulsante regolato da un galleggiante posto nel serbatoio superiore, è in grado di immettervi i volumi d’acqua richiesti e per qualsivoglia portata. Sarà il serbatoio superiore, opportunamente dimensionato, a compensare gli scostamenti tra portata pulsante ma di valore costante che vi arriva e quella continuamente variabile in uscita dallo stesso.
Una possibile variante nel pompaggio a prevalenza fissa e portata variabile di cui si discute, è quella relativa al sollevamento da serbatoio a rete di distribuzione. Anche in questo caso, pur mancando il serbatoio di arrivo che rende possibile un funzionamento pulsante della pompa, è da escludersi l’impiego di pompe a giri variabili per gli stessi motivi prima addotti. Sarà invece opportuna l’installazione di più pompe a giri fissi aventi tutte la medesima prevalenza ma portate differenziate in modo da coprire con funzionamento singolo pompa per pompa o mediante loro accoppiamento in parallelo, tutte le richieste escursioni di portata
Si constata come non sia raro, in applicazioni reali simili a quelle delle applicazioni descritte, assistere all’uso di pompe a velocità variabile con la motivazione che esse possono modulare senza soluzione di continuità la portata sollevata così come richiesto dal servizio. Si tratta evidentemente di un uso improprio della pompa a giri variabili che la costringe a lavorare quasi sempre fuori rendimento. I risultati sono evidenti: impianto inutilmente complesso con costi elevati sia nella installazione che nell’esercizio.

3.2. POMPAGGIO CON PORTATA E PREVALENZA VARIABILI E ARRIVO IN SERBATOIO

 

Fig. 6 = Schema di funzionamento di un im pianto di sollevamento con una sola pompa a velocità variabile e con premionenti perdite di carico del circuuito idraulico

E’ questo il caso di un circuito idraulico di alimentazione di un serbatoio posto in alto e a notevole distanza dalla produzione dell’acqua. La condotta di collegamento accusa perdite di carico che variano notevolmente con il variare della portata addotta. Considerato che esiste il serbatoio di arrivo, il pompaggio potrebbe avvenire tramite pompa a giri fissi con funzionamento intermittente ed avente una prevalenza manometrica totale determinata in funzione della portata massima. Si tratta comunque di uno dei casi di impiego ottimale della pompa a giri variabili in quanto atta a sollevare con continuità la sola portata richiesta e quindi con una minor spesa energetica rispetto a quella che si dovrebbe sostenere con la pompa a giri fissi costretta invece a lavorare sempre con la portata massima. Come risulta dal grafico della fig. 6 la curva caratteristica del circuito idraulico attraversa la fascia di lavoro della pompa a giri variabili per una zona molto estesa il che consente un’ampia regolazione della portata sollevata.
Una particolare cura dovrà essere posta nella regolazione automatica del numero di giri che il motore deve via via assumere. Si deve, infatti, notare come la citata similitudine tra curva portata/prevalenza del circuito idraulico e la fascia di lavoro ottimale della pompa a giri variabili se da un lato assicura il soddisfacimento con buoni rendimenti della richiesta idrica per tutte le portate d’acqua in gioco, dall’altro, appunto perché privo di una soluzione univoca, conferisce al sistema una totale instabilità cui deve essere posto rimedio dall’impianto di regolazione automatica. Un esempio chiarirà meglio il concetto. Immaginiamo che la velocità della pompa sia asservita alla portata in uscita allo scopo di poter automaticamente seguire la richiesta. L’automatismo dovrebbe cioè aumentare o diminuire la velocità di rotazione, e quindi la portata e la pressione di sollevamento, in funzione della tendenza alle variazioni in più o in meno della portata in uscita rilevate da apposito misuratore. Il sistema, nel mentre funziona benissimo per le pompe a giri fissi in quanto la loro curva caratteristica, essendo sempre secante, con angolo vicino a quello retto, rispetto a quella del circuito idraulico conferisce, come già detto, stabilità al sistema, nel caso della pompa a giri variabili potrebbero produrre risultati imprevedibili. In pratica al verificarsi del primo aumento di portata, la velocità della pompa inizierebbe a crescere provocando un nuovo aumento di portata e pressione che a sua volta darebbe origine ad un nuovo aumento di giri. Il ciclo potrebbe ripetersi con risultati disastrosi.
Per risolvere razionalmente il problema sarà necessario asservire la velocità della pompa ad elementi del tutto estranei al sistema pompa/condotta. Si potrà, ad esempio, asservirla ai livelli che si desidera avere nel serbatoio di arrivo. L’esempio classico è quello di un serbatoio di arrivo che si vuole mantenere costantemente al suo massimo livello di invaso. In tal caso l’automatismo farà aumentare la velocità di rotazione della pompa di mandata ogni qual volta il livello scende per diminuirlo in caso contrario. La pompa sarà fermata qualora il livello tenda a superare quello di massimo invaso. Sarà anche possibile, in maniera analoga, assegnare al serbatoio superiore livelli variabili nel tempo sulla base di un prefissato diagramma giornaliero o settimanale di riempimento/svuotamento. Con le citate modalità di regolazione la pompa, una volta assunta una determinata velocità, si comporta esattamente come una pompa a giri fissi avente una sua curva caratteristica che interseca in modo ottimale la curva del circuito idraulico in quanto le due tangenti passanti per il punto di loro intersezione hanno direzioni tra di loro pressocchè perpendicolari. Per tutto il periodo in cui la velocità si mantiene costante siamo quindi in presenza di un sistema stabile con portata e pressione di pompaggio date dal citato punto di intersezione tra curva caratteristica della pompa e quella del circuito idraulico in maniera del tutto analoga a quanto indicato prima per le pompe a giri fissi. Al variare della velocità di rotazione sarà la nuova curva caratteristica a fissare nuove ed altrettanto valide modalità di funzionamento. Una buona regola, normalmente adottata nella costruzione degli impianti di regolazione automatica come quelli in oggetto, è quella di imporre manovre graduali che danno al sistema tempi ragionevolmente lunghi e quindi atti a consentirgli di mettersi a regime ad ogni variazione di giri della pompa.

Fig. 7 = schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con due pompe a velocità variabile e con preminenti perdite di carico del circuito idraulico

Quando, nonostante la cura posta nella progettazione della rete di condotte, si è in presenza di una rete di condotte la cui curva caratteristica fuoriesce per una porzione determinante dalla fascia di lavoro della pompa, sarà necessario prevedere l’installazione di più pompe a velocità variabile in modo da poter soddisfare l’intera gamma di portate da sollevare, come figura nel grafico di fig. 7 nella quale la maggior parte del lavoro è svolto dalla pompa più grande alla quale ne è stata affiancata una più piccola atta a coprire le basse portate. Una buona regola è di curare la progettazione dell’impianto in modo da avere una sola pompa a giri variabili che sia in grado di coprire una gamma di portate il più ampia possibile e di affiancare ad essa, per le minori, delle pompe a giri fissi che, con un funzionamento più semplice possano far fronte alle piccole portate sia pur non rispettando in pieno la prevalenza richiesta. Trattandosi di basse portate i risultati saranno ottimi anche se la pressione effettiva alle piccole portate è leggermente diversa da quella teorica ( fig.8)
Particolari sulla regolazione del serbatoio di arrivo, sempre congruenti con le citate regole di buon funzionamento della pompa a giri variabili, possono essere letti nell’articolo ” La regolazione dei serbatoi di compenso” visibile in questo stesso sito

 

 

3.3. POMPAGGIO CON PORTATA E PREVALENZA VARIABILI MA CON ARRIVO IN UNA RETE DI CONDOTTE

Fig. 8 = schema di funzionamento di un impianto di sollevamento con una pompa a velocità variabile ed una a velocità fissa e con preminenti perdite di carico del circuito idraulico

Esempio di grafico giornaliero delle pressioni imposte ai punti carattristici della rete

E’ questo un caso del tutto analogo a quello esaminato nel capitolo precedente ma con la variante che la pressione finale di arrivo non è fissa ma dipende da numerosi fattori tra i quali la velocità della pompa (e quindi portata e pressione di partenza) e la tipologia del prelievo. Anche in questo caso la pompa a giri variabili è atta a soddisfare in toto la richiesta, qualsiasi siano le portate che l’utenza richiede nel mentre assume rilievo particolare la regolazione della velocità. Una delle modalità che possono dare buoni risultati consiste nell’asservire il numero di giri della pompa alla pressione ai nodi finali della rete rilevati in tempo reale nei punti caratteristici della stessa e trasmessi all’impianto di telecomando se è richiesta una pressione finale assolutamente costante nel tempo, come pure quando la stessa deve cambiare di ora in ora sulla base di un prefissato digramma.
Da rilevare come la caratteristica peculiare del sistema descritto che consente di variare pressione e portata di esercizio della rete alimentata sia atto a far seguire le richieste dell’utenza anche in presenza di sostanziali modifiche come sono quelle relative ad un importante incremento delle aree abitate.

 

3.4. L’ACCOPPIAMENTO IN PARALLELO DI PIU’ POMPE

La caratteristica principale della pompa a velocità variabile è, come ripetutamente spiegato, quella di consentire un sollevamento differenziato dell’acqua essendo portate e pressioni variabili l’una assieme all’altra e con continuità al fine di soddisfare le diverse esigenze del circuito idrico.
Si è già fatto rilevare come l’escursione massima di ciascuna macchina è condizionata da numerosi fattori costruttivi e di rendimento per cui deve essere contenuta entro limiti che variano di volta in volta. Non è raro il caso in cui non sia possibile reperire in commercio pompe atte a coprire tutta la gamma di portate e pressioni che sono richieste. Non resta allora che ricorrere alla installazione di più pompe di potenza via via crescente e che entrino alternativamente in funzione per coprire le gamme di competenza di ciascuna di esse. Ne deriva un impianto di sollevamento la cui fascia generale di lavoro data dalla sovrapposizione degli elementi singoli può contenere agevolmente la curva caratteristica del circuito idraulico e quindi garantire il funzionamento ottimale dell’insieme. E’ questo pertanto il tipo di installazione che deve essere adottato.
Non è raro invece constatare come il problema citato venga risolto, pensando di economizzare nei costi, tramite installazione di due o più pompe uguali e regolate da un unico inverter. Il funzionamento di un impianto di questo tipo, che è assolutamente da evitare, ha luogo con le seguenti modalità. All’inizio entra in funzione la pompa n. 1 che fornisce le basse portate regolate a mezzo dell’inverter con progressivo aumento della velocità di rotazione fino a raggiungere, a pieno regime, la massima potenzialità della pompa. Se la portata richiesta aumenta ancora la pompa citata viene sostituita dalla pompa n. 2 identica alla n. 1 ma a giri fissi mentre quella variabile viene azzerata. Quest’ultima è allora in grado di soddisfare ulteriori aumenti di portata dando luogo ad un nuovo ciclo uguale al precedente al termine del quale, se necessario, entrerà in funzione la pompa n. 3 a velocità costante. Il ciclo può ripetersi fino ad avviare tutte le pompe che compongono l’impianto, salvo provvedere a diminuire le velocità e quindi ad arrestare via via le pompe quando la richiesta di portata diminuisce.
Pur essendo quello descritto un impianto atto a coprire tutta la possibile gamma di portata che il circuito può richiedere, si tratta di una modalità assolutamente da evitare per i pessimi rendimenti meccanici delle pompe costrette a lavorare quasi sempre fuori rendimento come succede quando ha luogo l’accoppiamento in parallelo di una pompa a pieni giri con un’altra che gira a bassa velocità. Se si redige il grafico portata/prevalenza delle pompe delle relative fasce di corretto funzionamento, si constata come la curva del circuito idraulico ne fuoriesca per la quasi totalità dei possibili regimi, denunciando un funzionamento assolutamente scorretto. Balzerà anche agli occhi come le pompe n. 2 e seguenti sono costrette, per gran parte dei regimi di bassa velocità, addirittura a girare a vuoto cioè senza sollevare la benché minima portata d’acqua ma dissipando in calore tutta l’energia assorbita. Si tratta pertanto di un tipo di installazione spesso usato ma totalmente errato.

 

3.5 ESEMPIO DI SOLLEVAMENTO A PRESSIONE VARIABILE

Si vuole raffrontare il funzionamento delle pompe tradizionali a giri fissi con quello delle pompe a velocità variabile in un circuito idrico del tipo indicato al cap. 3.3 e che, essendo caratterizzato da una grande escursione nella pressione di esercizio, si presta ottimamente all’ impiego di queste ultime.
Il circuito è composto da un’adduttrice che alimenta in diretta una rete di distribuzione posta a notevole distanza e che, nella soluzione a giri variabili, si intende far funzionare a pressione regolata di ora in ora al fine di evitare inutili carichi residui sopratutto notturni.
Esaminiamo quale sarebbe il funzionamento se fossero installate pompe tradizionali a giri fissi.
Il dimensionamento viene fatto considerando il consumo di punta convenzionalmente fissato nel 100% ed una pressione manometrica totale di pompaggio pari 70 m che diventa di 35 m a fine adduzione e cioè in corrispondenza della utenza essendo pari a 35 m la perdita di carico supposta nell’adduttrice stessa. Per la portata minima, corrispondente al 30%, ferma restando la pressione di pompaggio a 70m e supponendo la relativa perdita di carico ridotta a soli 8 m, si ottiene una pressione in testa alla rete di 62 m. Si tratta di un carico idraulico eccessivo e quindi fonte di una spesa energetica inutilmente elevata e per giunta di un considerevole aumento delle perdite occulte.
Esaminiamo ora la soluzione con pompa a velocità variabile che permette di eliminare l’inconveniente regolando la pressione di partenza in funzione di quella di arrivo in rete. Resta confermato un sollevamento a 70 m di colonna d’acqua solo per i periodi di consumo massimo mentre, per quelli di consumo medio e basso, che statisticamente sono di gran lunga i più frequenti, la pressione di pompaggio si riduce notevolmente. Ad esempio per la portata minima notturna, come detto definita nel 30% di quella massima, la pressione di pompaggio è pari a soli 23 m che, a seguito della perdita di carico di 8 m dell’adduttrice, comportano una pressione di soli 15 m in testa alla rete ma sufficienti per distribuire la ridotta portata. Da notare come la portata minima notturna, ad esempio quella relativa al periodo dalle ore 1 alle ore 4 del mattino si riferisce quasi esclusivamente alle perdite occulte.
Nella seguente tabella sono messi a confronto i dati di funzionamento nelle due soluzioni al variare della portata. Per ottenere un raffronto significativo si è tenuto conto delle durate statistiche medie, in acquedotti di piccole e medie dimensioni, della portata oraria durante un’intera annata ed indicate nella colonna 3 della tabella.
Nel diagra

 

 

 

Fig. ) = Esempio utilizzazione pompa a velocità variabile

 

Nel diagramma di fig. 9 contenente tutti gli elementi rappresentativi del funzionamento della pompa, si è sovrapposta la curva 1-2-3-4-5 relativa al comportamento idraulico della condotta adduttrice in esame, il tutto con valori adimensionali.
Si sono quindi potuti leggere i valori di pressione di pompaggio, potenza impegnata ed energia consumata al variare della portata indicati in grafico con altrettanti punti e riportati nelle colonne da 1 a 5 della tabella. Nella colonna N. 6 sono invece elencati i consumi della pompa a giri fissi che si suppone abbia da sollevare le stesse portate di quella variabile e per le stesse durate, ma con prevalenza fissa di 70 m. Il risultato saliente è dato dalla notevole differenza nell’energia totale impiegata nell’uno e nell’altro caso. Il risparmio, pur non essendo la pompa variabile utilizzata con i rendimenti meccanici migliori, è pari a circa il 60%, e, assieme alla notevole diminuzione delle perdite occulte assicurata dalla minor pressione notturna, fornisce una prova tangibile della validità dell’impiego della pompa a giri variabili in un circuito del tipo quì preso come esempio.

 

 

4. CONCLUSIONI

Dopo una sommaria descrizione delle moderne apparecchiature di variazione della velocità di rotazione dei motori elettrici, si sono spiegati quali importanti vantaggi si possono ritrarre dal loro impiego nell’azionamento delle pompe di sollevamento degli acquedotti ed in particolare nel funzionamento a pressione variabile delle reti di distribuzione. Si sono indicate, mediante grafici di funzionamento, quali sono le caratteristiche principali e le diverse possibilità di impiego mettendo in guardia sui pericoli di un impiego errato.
Si è infine determinato, tramite elaborazione di un esempio teorico, il risparmio energetico che si può conseguire sostituendo le pompe tradizionali con quelle a giri variabili. Si è fatto rilevare un altro importante beneficio: la notevole riduzione delle perdite occulte dovuta alla diminuzione nella pressione di esercizio in tutti i periodi di basso consumo che tale apparecchiatura consente.

 

 

tCopertina della Rivista”L’ACQUA” N. 6/2004 con articolo di Marcello Meneghin “L’UTILIZZAZIONE DELLE ELETTROPOMPE A VELOCITÀ’ VARIABILE NEGLI ACQUEDOTTI”Questo articolo è stato pubblicato sul n. 6/2004  de “L’Acqua” organo ufficiale dell’Associazione

Idrotecnica italiana

BIBLIOGRAFIA

C. A. Cavalli – Macchine idrauliche. Principi teorici – Pompe motrici e trasmissioni idrauliche. Ed. Hoepli

A. Lancastre – Manuel d’hydraulique gènèrale. Eyrolle Editeur – Paris

A. Bianchi, U.Sanfilippo – Pompe e impianti di sollevamento – Hoepli – Milano

G.Crivchenko – Hydraulic Machines: turbines and pumps – Lewis Publishers

Gordon L. Culp, Robert B. Williams – Handbook of public water systems – Van Nostrad Reinhold Company – New York

LA REGOLAZIONE DEGLI IMPIANTI DI SOLLEVAMENTO DEGLI ACQUEDOTTI

 1. PREMESSA

Impianto di sollevamento acquedotti
Impianto di sollevamento acquedotti

Gli impianti di sollevamento degli acquedotti di tipo tradizionale sono costituiti da una serie di pompe che innalzano l’acqua dal serbatoio annesso agli impianti di produzione a quello superiore di solito previsto in testa alla rete, con asservimento ai livelli di invaso.
Impianti acquedottistici così concepiti hanno svolto per decenni il loro compito in maniera semplice ed affidabile.
Le grandi possibilità offerte dalla moderna tecnica acquedottistica hanno però in questi ultimi tempi promosso una profonda trasformazione del settore con miglioramento del servizio offerto all’utenza ed una notevole economia nelle risorse disponibili e particolarmente nei consumi energetici e nei volumi d’acqua potabile.
I vantaggi ottenibili sono notevoli ma richiedono una attenta risoluzione di numerosi problemi legati alla concezione degli impianti e alle diverse modalità della loro gestione.

2. POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA SERBATOIO E MANDATA IN SERBATOIO

 

Regolazione a massimo livello del serbatoio di arrivo – P = pompa

I serbatoi posti all’aspirazione e alla mandata delle pompe, anche se sempre più spesso sostituiti da altri dispositivi idraulici, svolgono un ruolo molto importante in quanto, attuando la separazione idraulica delle pompe dalla condotta di alimentazione della rete , eliminano ogni trasmissione di colpi d’ariete in essa. Esplicano inoltre, soprattutto se il volume di invaso è cospicuo, una utilissima funzione di compensazione di eventuali sbalzi della portata sempre possibili per i motivi più disparati.
Considerato che il dislivello topografico da vincere con il pompaggio è fisso, questi impianti sono costituiti esclusivamente da pompe a velocità di rotazione costante funzionanti in parallelo e ad intermittenza. Le possibilità di regolazione sono le seguenti.

2.1 Asservimento al livello massimo di invaso del serbatoio di arrivo.

Si tratta del tipo di installazione che si incontra più frequentemente e che forma l’oggetto della trattazione specifica visibile nell’articolo “La regolazione dei serbatoi di compenso degli acquedotti”
In questa sede ci
si limita a ribadire che la soluzione in argomento, produce l’effetto di avere il serbatoio di arrivo sempre al massimo livello il che, se da un lato presenta un notevole vantaggio, dall’altro gli impedisce di svolgere la compensazione delle portate, compensazione che viene in gran parte effettuata direttamente dalla produzione. Altro lato positivo del sistema è dato dalla semplicità ed affidabilità di funzionamento.

2.2 Asservimento ad un grafico giornaliero di riempimento/svuotamento del serbatoio di arrivo.

 

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a livelli imposti del serbatoio di arrivo .- P= pompa – L=misuratore livello – In rosso il collegamento elettrico-elettronico o via radio.- E’ schematizzato io grafico dei livelli imposti

 

grafico livelli serbatoio
Esempio di diagramma dei livelli dgiornalieri  da imporre al serbatoio

 

L’asservimento delle pompe ad un prefissato diagramma giornaliero di riempimento/svuotamento del serbatoio di arrivo, detto anche regolazione a livelli imposti del serbatoio, offre il vantaggio di utilizzarne tutto il volume utile in tutte le giornate dell’anno e quindi di ottenere una buona compensazione delle portate durante le giornate di consumo elevato e, più in generale, una diminuzione della produzione diurna a favore di quella notturna in tutte le giornate in cui i consumi sono bassi o medio bassi, giornate che, come ben noto, sono statisticamente in numero preponderante. Ciò torna particolarmente utile negli acquedotti più complessi ed in caso di acquedotti alimentati da fonti diversificate.
Gli aspetti costruttivi e di esercizio di
un sistema come quello in argomento sono molteplici e sono trattati a parte nell’articolo citato al punto precedente. 

Si sottolinea che  il tipo di regolazione di cui si tratta  rappresenta l’optimum in molti tipi di acquedotto e quindi deve essere tenuto in debita considerazione pet gli ottimi risultati

3 POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA SERBATOIO ED IMMISSIONE DIRETTA IN RETE.

L’eliminazione di uno o di più serbatoio previsti nello schema classico sopra descritto, se da un lato costringe a rinunciare ad alcuni dei benefici che, come detto in precedenza, tali strutture presentano, dall’altro consente di ottenere consistenti vantaggi nel mentre è possibile ovviare alle lamentate deficienze adottando particolari accorgimenti tecnici. Gli impianti possono essere costituiti sia da più pompe di tipo diversificato a seconda delle portate e delle prevalenze da vincere sia da pompe singole a velocità variabile aventi portate e prevalenze anch’esse adeguate al fabbisogno. Sono possibili le seguenti varianti.

3.1 Asservimento alla portata in uscita

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a portata imposta in uscita dalla centrale.- P=pompa .- Q=misuratore di portata

 

Esempio di grande acquedotto regolato in funzione della portata in uscita ed, in variante, a velocità di rotazione delle èompe prefissata

In questi impianti viene installato, nella condotta di uscita e subito a valle delle pompe, un misuratore di portata con trasmissione in tempo reale dei dati al sistema di controllo che provvede automaticamente a variare la portata sollevata in funzione delle richieste della rete. In altri termini quando la portata tende a salire viene messa in moto una pompa più potente o, quando sono presenti pompe munite di inverter o di altro dispositivo di regolazione dei giri, aumentata la velocità di rotazione di quella già in servizio, fino a raggiungere la stabilità della portata in uscita. Al diminuire della richiesta ha luogo il procedimento contrario e cioè la diminuzione della portata sollevata. Impianti di questo tipo non solo consentono di immettere in rete volumi d’acqua sempre adeguati alle richieste dell’utenza ma, soprattutto, consentono di variare, assieme alla portata, anche la pressione di pompaggio. In dettaglio sia con il funzionamento di pompe a giri fissi funzionanti in parallelo sia mediante pompe a giri variabili, è possibile assegnare una maggiore pressione di mandata quando la portata è elevata e quindi vincere le perdite di carico della rete particolarmente elevate in tali frangenti, sia di diminuire la pressione in testa alla rete durante i periodi di bassi consumi soprattutto notturni con il duplice vantaggio di un minore consumo di energia elettrica e di minori perdite occulte di rete. Sono evidenti i vantaggi rispetto agli impianti di sollevamento tradizionali descritti sopra. Tra gli inconvenienti che il sistema presenta è da rilevare innanzitutto la mancanza di stacco idraulico tra mandata delle pompe e condotte che provoca la trasmissione in rete di pericolosi colpi d’ariete cui bisogna far fronte garantendo la gradualità di tutte le manovre delle apparecchiature idrauliche, pompe e saracinesche di chiusura comprese, e mediante installazione di adeguate casse d’aria. Un altro problema è quello inerente la possibilità che la regolazione delle pompe sia influenzata da fattori esterni alla richiesta dell’utenza come può essere la modifica indotta nella portata dai cambiamenti di assetto delle pompe stesse, da cui può derivare un funzionamento del tutto anomalo del sistema. E’ infatti noto come la portata assorbita dalla rete possa essere pesantemente influenzata anche da variazioni della pressione di testa. In particolare quando il dispositivo automatico effettua un aumento o diminuzione nei volumi d’acqua immessi in rete a seguito della corrispondente richiesta di rete, la registrazione del cambiamento di portata effettuata dalla apparecchiatura di controllo provoca una nuova variazione nell’assetto delle pompe dando inizio ad un ciclo ripetitivo che può avere effetti imprevedibili. Il problema va risolto dal computer di comando e controllo il cui programma deve definire le tendenze di consumo consolidate sulla base di una attenta interpretazione dei dati di arrivo e predisporre opportunamente l’intervento delle pompe. Si tratta di procedure ben note e comunemente adottate nei programmi relativi alle automazioni di impianti anche diversi da quelli acquedottistici nei quali è accertata la necessità di effettuare tutte le regolazioni in modo graduale e tenendo conto delle risposte che il sistema riceve a seguito degli ordini impartiti.

 

3.2 Asservimento ad una prefissata pressione di uscita

 

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a pressione imposta all’uscita dalla centrale – P=pompa M= misuratore pressione

 

Si tratta di una regolazione simile a quella precedente ma basata non sul soddisfacimento delle portate richieste dall’utenza bensì sulla necessità di avere una pressione in testa alla rete prefissata ora per ora ed indipendentemente dalla portata stessa. La pressione sarà atta ad ottenere un valore elevato nelle ore di maggior consumo ed un valore minimo durante i bassi consumi e soprattutto la notte al fine di economizzare nell’energia elettrica ed anche nelle perdite occulte che, come ben noto, sono funzione della pressione medesima in condotta. I valori imposti corrisponderanno esattamente a quelli prefissati anche se le portate richieste dall’utenza saranno diversificate : il dispositivo automatico, rilevata la pressione di partenza, la confronta con quella data per l’istante in esame e ordina la variazione nel funzionamento delle pompe onde riportarla esattamente al valore prefissato. L’esperienza diretta effettuata con impiego di questo tipo di regolazione ha dato risultati ottimi  Da rilevare come il grafico di preimpostazione delle pressioni di immissioni in rete può essere modificato stagione per stagione basandosi sui risultati ottenutoi negli anni precedenti ed ottenere quindi il superamento di eventuali deficienze di pressione oppure l’aumento razionale nelle ore diurne nelle quali si verificano statisticamente consumi elevati.

 

 

3.3 Asservimento alla pressione di rete

Impianto di sollevamento acquedotti
Regolazione a pressione di rete imposta ora per ora. P=pompa M=misuratore pressione di rete. E’ schematizzato il grafico della pressione imposta in rete

grafico delle pressioni acquedotto
Esempio di pressione dei punti caratterisstici della rete da imporre giornalmente

Una regolazione di questo tipo costituisce un notevole miglioramento di quella del punto precedente. La rete viene munita di apparecchiatura per il rilievo e la trasmissione in tempo reale della pressione delle condotte di rete nei punti caratteristici del territorio servito. I dati ricevuti dal calcolatore centrale vengono elaborati in modo da determinare i valori medi di pressione che, confrontati automaticamente con quelli prefissati determinano la variazione di assetto delle pompe. Questa regolazione è quella da preferire a tutte le altre in quanto assicura che i valori finali ai punti di consegna dell’acqua all’utenza siano corretti e garantisce quindi la massima economia di pompaggio. La curva delle pressioni da prefissare per tutti i nodi potrà prevedere ad esempio un carico di 35 m alle 9 del mattino quando si prevede un consumo di punta per calare a 30 m alle 12 e restare su tale valore fino alle 17. Alle ore 18 il valore può salire a 35 m per tornare a 25 m alle 20, 20 m alle 22, 18 m alle 24, 15 m dalle 1 alle 4. Dalle ore 5 ha luogo l’aumento della pressione che passa di ora in ora a 17 m alle 6, 20 alle 7, e quindi tornare a 35 alle 9

 

3.4 A orari prefissati.

Si tratta di prefissare, sulla base dei dati reali di funzionamento relativo a giornate similari, le velocità di rotazione  che le pompe devono assumere minuto per minuto nel corso dell’intera giornata e, con ciclo settimanale, giorno per giorno. Una regolazione di questo tipo sembrerebbe non essere atta, sia negli impianti con pompe a giri fissi e sia in quelli con pompe a giri variabili, ad garantire un buon sollevamento idrico. Esperienze dirette hanno invece dimostrato che tali modalità consentono di dare al pompaggio quelle caratteristiche che il gestore ritiene le migliori per fronteggiare i problemi che la rete e l’utenza presentano. Da rilevare che non si tratta di imporre portate o pressioni ma solo la velocità di rotazione minuto per minuto il che significa, per cuascuna preimpostazkione . di lasciare libertà di presskione e di portata della pompa in funzione della sua curva caratteristica e sulla base delle richieste effettive di rete.
Supponiamo ad esempio di esaminare una rete sottodimensionata che, pertanto, risulta gravemente deficitaria nella consegna dell’acqua all’utenza nelle ore di massimo consumo. Ebbene, essendo ben note le ore nelle quali si verificano i consumi di punta, sarà sufficiente prevedere in tali periodi, una forzatura del pompaggio da attuarsi, nel caso di pompe a giri variabili, fissando una elevata velocità di rotazione della pompa, e, negli altri casi, la messa in moto di una pompa avente maggior prevalenza e portata di quanto normalmente previsto. Tale stato di forzatura si prevederà esclusivamente nelle ore di punta, salvo poi tornare a un pompaggio del tutto normale nelle restanti ore e, naturalmente, rientrare entro valori assolutamente minimali per la notte.
Si deve aggiungere che una volta raggiunta la velocità di rotazione prefissata per un determinato orario oppure messa in moto una determinata pompa, il sistema esegue automaticamente la regolazione di dettaglio in funzione della portata richiesta dalla rete senza grandi variazioni nella pressione considerato che le curve caratteristiche portata/prevalenza di sollevamento sono, soprattutto nelle grosse macchine, poco inclinate. L’esame settimanale dei dati reali di funzionamento consentirà di verificare se i rendimenti siano sempre corretti provvedendo, in caso contrario, a modificare le prevalenze imposte a fine di rientrare entro i valori corretti.

 

4 POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA RETE E MANDATA IN SERBATOIO

Gli impianti compresi in questa categoria sono molto simili, tipo per tipo, a quelli di cui al precedente art. 2 così come simili sono le modalità di regolazione. Pertanto, per le caratteristiche tecniche, si fa riferimento alle descrizioni contenute nell’art. 2 medesimo.
L’aspirazione delle pompe, che nel caso precedente poteva contare su un livello assolutamente stabile quale è quello di invaso, nel caso qui in esame è invece soggetta alle grandi variazioni di pressione che caratterizza la rete. Al vantaggio derivante dal recupero di tutta la pressione residua nelle condotte di aspirazione che consente notevoli economie energetiche date dalla minore prevalenza delle pompe, fa riscontro una grande variabilità nel dislivello da vincere con il sollevamento e quindi delle difficoltà obbiettive nella scelta delle pompe atte a effettuarlo con buoni rendimenti. Vi si può ovviare installando più pompe a velocità variabile funzionanti in parallelo la cui grande elasticità di funzionamento consente di adeguare con continuità il pompaggio, tramite le stesse regolazione prima descritte, alla portata e alla pressione richiesta istante per istante. Un accorgimento necessario è la presenza, all’aspirazione, di dispositivi come le casse d’aria, atte ad attenuare efficacemente, la trasmissione in condotta dei colpi d’ariete.

 

5 POMPAGGIO CON ASPIRAZIONE DA RETE ED IMMISSIONE DIRETTA IN RETE

Vale per questa categoria di impianti quanto detto al precedente art-. 3 con la sola differenza che occorre prevedere i dispositivi di attenuazione dei colpi d’ariete sia a monte che a valle delle pompe.

 

6 CONCLUSIONI

Le brevi indicazioni fornite sulla regolazione degli impianti di sollevamento possono solo dare un’idea delle molteplici possibilità che sussistono nel settore e soprattutto a spingere ogni utilizzazione a non accontentarsi delle soluzioni tradizionali molto diffuse ancora oggi e nelle quali tutti gli automatismi di comando delle pompe si riducono ad alcuni galleggianti installati nel serbatoio di arrivo dell’acqua. La ricerca di soluzioni tecniche adatte volta per volta alle condizioni reali della rete e dell’utenza, possono dare risultati importanti. Alcune di tali soluzioni sono descritte in dettaglio nei vari articoli di questo stesso sito.