PORTATE E PERDITE

 

 

Esempio di pressione e portate nel punto di immissione n rete. Da qui in poi nessuno sa nulla dove e come và a finire quest’acqua

Un elemento che caratterizza fortemente gli acquedotti è la portata valutata nelle sue molteplici accezioni. Grave è la mancanza di dati di portata che si registrano in diversi settori del sistema idropotabile . Ad esempio non è nota con sufficiente precisione come si distribuisce realmente nelle condotte di rete la portata totale d’acqua immessa in rete, non si conoscono le perdite reali distinte condotta per condotta ed in maniera analoga non sono note le portate in uscita nodo per nodo ed in tempo reale che sono elementi indispensabili per la esecuzione. dei calcoli di verifica della rete. Il fenomeno viene illustrato nei seguenti sottocapitoli assieme alle soluzioni tecnico economiche da adotttare per una corretta alimentazione idropotabile dei cittadini.

La trattazione è suddivisa in più parti in base alla data di compilazione.

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FABBISOGNO, CONSUMI, PORTATE E PERDITE NELLA PRATICA DI ESERCIZIO DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO

 

1) INTRODUZIONE


Elemento determinante per la conoscenza della rete acquedottistica è il quantitativo d’acqua che, nei molteplici aspetti che vanno dai volumi totali immessi, a quelli dispersi nel terreno a causa delle perdite occulte, alle portate delle singole condotte, a quelle erogate da ogni nodo, ai volumi invasati o svasati dai serbatoi, a quelli richiesti dall’utenza nei vari periodi della giornata e dell’anno, caratterizza, nella realtà, il funzionamento della rete d’acquedotto in genere e di quella a sollevamento meccanico in particolare.
Scopo del presente lavoro è l’esame di alcuni di tali aspetti.

 

2) FABBISOGNO IDROPOTABILE E CONSUMO DELL’UTENZA


La determinazione del fabbisogno idropotabile è stata oggetto di estese e sperimentate ricerche concernenti vari fattori come tipo di utenza, importanza e qualità dell’abitato da servire, il suo grado di benessere, la politica tariffaria adottata dall’ente gestore ecc. che incidono sui consumi e sulla loro distribuzione temporale durante la giornata e durante l’anno tipo.
Dalla numerosa letteratura tecnica esistente in proposito, cui si rimanda per approfondire molto più autorevolmente il problema, si possono ricavare tutti i dati necessari per determinare caso per caso i consumi prevedibili e quindi le portate medie giornaliere e quelle orarie da prendere come base nello studio degli impianti acquedottistici.
Si vuole qui far rilevare un particolare aspetto del problema.
Dall’esame dei dati di funzionamento reali  di acquedotti in normale esercizio e con fabbisogno dell’utenza soddisfatto, si rileva che tra pressione di esercizio e consumo intercorre una mutua relazione riguardante, oltre alle perdite di rete che in tal senso denotano una marcata sensibilità, anche altri fattori poco riconoscibili ma tra i quali possono ragionevolmente annoverarsi:
· le portate utilizzate per usi domestici come docce, lavabi, ecc.
· le portate prelevate da elettrodomestici o da apparecchi vari con bocca di prelievo a sezione fissa;
· le portate utilizzate da privati per impianti di raffreddamento:
· le portate destinate all’irrigazione di orti o giardini e quelle utilizzate per lavaggio macchine.
· le portate prelevate da idranti per lavaggio strade, fontanelle pubbliche, vasche di cacciata per lavaggio fognature stradali o altri usi simili,
· le portate utilizzate per lavaggio condotte e quelle di sfioro dei serbatoi:
La portata istantanea richiesta per gli usi indicati subisce, per effetto della variazione della pressione di pompaggio delle centrali dell’acquedotto e quindi della pressione di tutta la rete, delle modifiche rilevanti che si riflettono sul consumo finale dell’utenza.
Nella fig. n. 1 è riportato, a titolo di esempio, il grafico della portata realmente immessa in una rete d’acquedotto priva di serbatoi di accumulo distribuiti in rete. E’ indicata (con un piccolo sfasamento temporale dovuto a necessità meccaniche dei pennini) anche la pressione di pompaggio. Il funzionamento si svolge secondo due diverse modalità: per le piccole portate, a pressione di partenza fissa (m. 24 su asse tubo) data dal serbatoio pensile posto in testa alla rete, e, per richieste dell’utenza superiori ad una determinata soglia, con pompaggio diretto in rete ed a pressione variabile. Si possono trarre interessanti deduzioni.
Innanzitutto si nota come durante la notte dalle ore 1 alle ore 5 circa, quando il funzionamento ha sempre luogo a bassa e fissa pressione (24 m sulla condotta), la portata minima si stabilizza su un valore costante che si ripete anche in tutte le notti di tutto l’anno, sia che si tratti di periodi di grandi e sia di piccolissimi consumi dell’utenza, per variare solo quando si verificano in rete nuove rotture o prelievi straordinari. Ciò sta ad indicare che la portata in questione è data per la totalità dalle perdite.
Alle ore 7.30 circa il prelievo dell’utenza supera la soglia critica (preventivamente fissata sui 92 l/s circa in uscita dalla centrale) per cui ha inizio il pompaggio in diretta ad alta pressione. La maggiore prevalenza di pompaggio (da m.24 a 36 m. circa) provoca un immediato aumento di portata che passa da 92 l/s circa a 130 l/s circa. Da tale momento in poi la pressione, al variare delle richieste dell’utenza, segue la curva caratteristica della pompa in servizio a seconda dei gruppi di sollevamento messi in funzione dall’automatismo. Risulta impossibile conoscere, anche in considerazione del fatto che non è dato sapere se ciò comporta una insufficiente alimentazione di una parte più o meno grande del territorio servito, quale sarebbe stato il funzionamento qualora il pompaggio fosse rimasto a bassa pressione per tutta la giornata. Si è comunque tracciata a vista, al fine di evidenziarne l’andamento di massima, la curva delle portate che presumibilmente la rete avrebbe richiesto in tale ipotesi ed indicato con colore nero pieno il maggior volume consumato dalle ore 7 alle 12 circa a causa dell’aumento di pressione. La maggiorazione, quantificabile in mc 230 circa, contro un volume di mc 1517 d’acqua che si sarebbe consumata a regime normale, fa ascendere a ben il 15% la percentuale di aumento nel periodo considerato.

 

Fig. 1 = Portata e pressione in uscita da una centrale di pompaggio a pressione variabile

Alle ore 12 circa, con utenza senz’altro alimentata correttamente, viene superata in decremento la soglia critica e l’automatismo impone di passare dal pompaggio ad alta a quello a bassa pressione. Il conseguente calo di pressione (da m. 38 circa a m 24) provoca una diminuzione di portata che dai 99 l/s passa a 76 l/s. Supponendo che la stessa variazione di pressione si verifichi anche in rete (cosa in buona parte vera se si considera la modesta variazione di portata che si verifica nei due casi) ed applicando le regole della foronomia (vedi anche cap. 3):

portata a bassa press.= port. ad alta x sqrt(delta press.)
si ottiene
portata = 99 . sqrt (24/38) = 78

La portata determinata teoricamente sulla base della nuova pressione (78 l/s) si avvicina a quella reale letta sul grafico di pompaggio (76 l/s) confermando, come precedentemente affermato, che la variazione nella pressione di esercizio della rete provoca una variazione di portata assorbita dalla rete che, è totalmente indipendente dalle richieste dell’utenza. Da notare come in regime normale, e cioè senza alcuna manovra delle pompe, ad una diminuzione di portata così rilevante che fosse invece dovuta, ad esempio, ad una grossa utenza che ha chiuso la sua saracinesca di prelievo, corrisponderebbe, con un effetto diametralmente opposto a quello in esame, un notevole aumento di pressione dato dal diverso punto di utilizzazione della curva caratteristica della pompa.
Qualora alle ore 12 non si fosse verificata la manovra descritta e l’impianto avesse invece continuato a funzionare ad alta pressione per il resto della giornata, notte compresa, ben diverso sarebbe stato il volume d’acqua totale assorbito dalla rete nelle 24 ore.
Quanto precede deve chiarire un concetto importantissimo per la corretta gestione degli impianti acquedottistici: poiché il fabbisogno dell’utenza può essere modificato ad arte, il gestore non deve sempre sottostare alle richieste ma deve imporre, ovviamente entro determinati limiti, le condizioni di funzionamento (pressione in questo caso) della rete che più soddisfano l’economia, la disponibilità di risorse, la regolarità di esercizio ecc. ovviando, in determinati casi, anche a deficienze della rete. Cio’ deve aver luogo senza pregiudicare il rifornimento idropotabile e cioè contenendo in ogni caso la pressione entro i limiti massimi e minimi consentiti per una corretta consegna dell’acqua.
Immaginiamo di osservare il funzionamento di un acquedotto senza serbatoi in rete e provvisto di centrali che immettono la loro portata in condotta con possibilità di modificare sia la portata che la pressione di esercizio. Se una zona, ad esempio, è servita da condotte di diametro insufficiente, è possibile, per ovviare alle carenze che ne conseguono, aumentare la pressione di esercizio giornaliero portandola verso il valore massimo ammissibile, mentre se un’altra zona ha delle fonti deficitarie, è opportuno mantenere costantemente sui valori minimi la pressione per economizzare nella portata immessa in rete. Se in altre zone c’è sovrabbondanza di produzione si potrà spingere l’utenza al consumo aumentando la pressione di rete. In ogni caso durante la notte sarà opportuno riportarla ai valori minimi in quanto, in caso contrario, i bassi consumi notturni provocherebbero modeste perdite di carico e conseguenti inutili elevate pressioni in condotta. La diminuzione notturna, oltre a rappresentare una economia diretta della spesa di sollevamento data dalla minore prevalenza delle pompe, riduce notevolmente le perdite di rete con ulteriori minori oneri di produzione dell’acqua come sarà più avanti dimostrato.
Gli effetti indotti in rete dalla pressione non sono determinabili teoricamente in quanto dipendono da fattori variabili rete per rete e del tutto incogniti come la presenza e l’ubicazione delle perdite occulte, la scabrezza effettiva delle condotte distinta condotta per condotta, la presenza di prelievi particolari come quelli descritti particolarmente sensibili alla variazione della pressione di consegna dell’acqua, le modificazioni provocate nella durata dei vari prelievi ecc. ecc. Le cose si complicano ulteriormente quando nella rete sono presenti i serbatoi. Allora alle considerazioni esposte devono aggiungersi quelle relative alle modalità ed ai tempi di invaso e di svaso cui conseguono ulteriori e predominanti necessità di regolazione della pressione e relative variazioni nel fabbisogno effettivo sia istantaneo che giornaliero dell’utenza.
La descritta interdipendenza tra portata assorbita e pressione di esercizio estende i suoi effetti in senso spaziale poiché in uno stesso acquedotto le zone d’utenza alimentate a pressione più elevata avranno consumi specifici superiori di quelle a pressione deficitaria o comunque inferiore. Ne consegue che la determinazione dei consumi reali di una rete, cui si è fatto cenno all’inizio del capitolo, può essere effettuata soltanto partendo dai dati che tengano conto della effettiva situazione dell’utenza, ivi compresa anche la pressione di consegna dell’acqua. A tal fine le modalità che saranno indicate più avanti, essendo basate sulla lettura dei contatori privati periodicamente effettuate per la fatturazione dell’acqua, sono senz’altro le più adatte.
Per completare la disamina degli effetti secondari provocati in rete dalla variazione di pressione si cita un elemento, ben noto ai progettisti degli impianti di sollevamento e che, in caso di pompaggio asservito in automatico alla portata in uscita, incide sulla regolazione. Possono presentarsi due casi:


a) – la portata si mantiene casualmente e per un lungo periodo su valori prossimi alle soglie di intervento degli automatismi (ad esempio messa in moto o arresto di pompe). In linea teorica ha luogo, per tutta la durata del periodo stesso, un dannoso pendolarismo nel funzionamento cioè un continuo alternarsi di ordini e contrordini con effetti negativi sia per gli impianti che per il rifornimento idrico. In realtà tale pericolo non sussiste in quanto ad ogni superamento della soglia ed al conseguente avvio od arresto automatico della pompa, corrisponde, per quanto spiegato sopra, una sensibile variazione indotta nella portata il che elimina ogni incertezza nell’interpretazione del segnale. Soltanto una decisa variazione nelle richieste effettive dell’utenza può provocare un nuovo intervento dell’automatismo: è pertanto assicurata una grande stabilità di funzionamento del sistema automatico di comando e controllo.


b) – durante i periodi di grande modificazioni nelle richieste dell’utenza e conseguente manovra delle pompe (specialmente se si tratta di macchine a velocità variabile che sono in grado di seguirne l’andamento) ha luogo anche una variazione di portata dovuta all’effetto indotto descritto sopra, variazione che finisce per alterare il segnale di base cui è asservita la pompa (portata in uscita) con risultati imprevedibili nella regolazione. Ad esempio in caso di aumento di portata dovuto ad una maggior richiesta di un grosso utente, la stazione di pompaggio, per farne fronte, aumenta sia la portata che la pressione. L’aumento di quest’ultima provoca una ulteriore maggiorazione di portata in uscita con conseguente richiesta di nuovo aumento di pompaggio. Il ciclo potrebbe ripetersi all’infinito con conseguenze disastrose, fatta salva la opportunità di porvi rimedio tramite adatti software del sistema di comando e controllo in base ai quali ogni ad ogni manovra fa seguito un controllo ed una conferma oppure un annullamento della manovra stessa.

 

 

3) LE PERDITE DI RETE

La perdita di rete consiste nel volume d’acqua dissipato nel terreno o comunque non utilizzato dall’utenza a causa di piccole rotture nelle condotte o negli allacciamenti privati. Tale volume comprende di solito anche quello dovuto alle mancate registrazioni dei contatori e ai consumi particolari come lavaggi delle condotte, prove a pressione, annaffiamento giardini e lavaggio strade ecc. raramente sottoposto a misurazione.
In un acquedotto in ottime condizioni la percentuale, così intesa, può variare da un minimo del 10-15% ad un massimo del 30-35% della portata totale immessa in rete, per raggiungere valori molto superiori in caso di acquedotti vetusti.
In questa sede per perdite di rete si intendono le perdite vere e proprie. I volumi d’acqua utilizzati per consumi particolari di cui sopra, in una razionale gestione, devono essere quantificati anch’essi. A tale scopo è necessario che anche le bocche di annaffiamento dei giardini o delle strade, le vasche di cacciata delle fognature ecc. siano munite di contatori e che anche tali consumi entrino nel bilancio idrico generale. Parimenti in caso di lavaggio delle condotte si deve provvedere alla quantificazione dei volumi d’acqua adoperati inserendo dei contatori provvisori nei punti di prelievo dell’acqua dalla rete o, come minimo, stimando dai grafici di portata totale immessa in rete l’aumento di consumo conseguente al lavaggio. Per quanto riguarda le mancate registrazioni si deve aggiungere che sono in parte dovute alla imprecisione ed inerzia proprie dei misuratori cui non è possibile porre rimedio ed in parte al loro funzionamento anomalo generalmente causato da vetustà e che può essere evitato provvedendo alla sostituzione sistematica ad intervallo non superiori a 8-10 anni.
Se vengono applicate tali regole, la differenza fra i volumi d’acqua immessa in rete e la somma dei consumi letti ai contatori privati rappresenta la reale perdita di rete. Trattasi di quantitativi che incidono fortemente sulla economia di esercizio e sulla possibilità di soddisfacimento del fabbisogno dell’utenza e che pertanto, in una corretta gestione, devono essere tenuti sotto attento controllo. Gli elementi di conoscenza di cui si può disporre in ogni realtà acquedottistica sono però molto limitati. Consistono esclusivamente nel volume totale d’acqua di perdita determinabile, come già detto, per differenza tra volumi immessi in rete e volumi fatturati e nella portata istantanea di perdita notturna rilevabile dai grafici dei misuratori dell’acqua immessa in rete. Si può infatti ragionevolmente ritenere che la portata minima notturna registrata da detti misuratori, depurata dagli eventuali prelievi di entità ben nota ed effettuati per alimentare i serbatoi o per forniture notturne particolari, sia, come precedentemente indicato, totalmente dovuta alle perdite di rete.
L’integrazione di quest’ultima portata, considerata giornalmente di valore costante per tutto il periodo intercorrente tra una lettura dei contatori dell’utenza e la seguente, dovrebbe dare, in doppio modo e quindi per conferma di quello già determinato con le modalità descritte, il volume totale d’acqua disperso. Tale equivalenza si verifica raramente in quanto, nella stragrande maggioranza dei casi, la portata dovuta alle perdite, lungi dal mantenersi costante per tutte le 24 ore della giornata, varia in continuazione al variare della pressione che si stabilizza nelle condotte dove sono ubicate le perdite stesse secondo le regole già spiegate.


Per una completa disamina di tale fenomeno si assume come esempio una rete ipotetica avente caratteristiche invero poco adatte per una reale alimentazione idropotabile ma atta ad evidenziare compiutamente il fenomeno che si vuole studiare. Si suppongono noti, come di norma, i grafici giornalieri della portata d’acqua immessa in rete e la pressione di pompaggio dell’impianto di produzione posto in testa alla rete. Essendo nota anche la portata di perdita che si verifica nei periodi notturni di minor consumo secondo quanto sopra indicato, è possibile determinarne i valori anche nei rimanenti periodi sulla base della variazione che subisce , periodo per periodo, la pressione di consegna all’utenza. Infatti, essendo le perdite dovute a rotture, fessurazioni o comunque aperture di qualsiasi tipo esistenti nelle condotte, si possono usare le formule idrauliche della foronomia ed in particolare la seguente:


Qx = Qi . sqrt(Px/Pi)
Dove: Qx = portata da determinare all’istante x
Px = pressione nota all’istante x
Qi = portata nota all’istante i
Pi = pressione nota all’istante i
sqrt = radice quadrata

(N.B.: nuove ricerche hanno dimostrato che la formula valida prevede la radice con esponente 1,18 anziché 2. Ciò comporta un vantaggio ancora maggiore di quello descritto nella presente memoria)

Come risulta dallo schema idraulico della fig. 2 la rete da esaminare concerne un centro abitato servito da un insieme di condotte magliate alimentate da un solo impianto di produzione e sollevamento (S1) munito di vasca di carico posta in testa alla rete. La pressione di partenza è pertanto costante mentre quella di consegna, essendo funzione della portata consumata, varia in continuazione facendo di conseguenza variare anche la portata della fughe d’acqua secondo la legge idraulica descritta.
Nei grafici giornalieri di cui alle fig. n. 3 e 4, relative al funzionamento a pressione di partenza costante, sono illustrate rispettivamente per il giorno di consumo massimo e per quello corrispondente alla media annua, l’andamento della pressione di arrivo ai nodi (pressione media ponderale di tutti i nodi calcolata con apposito programma di verifica della rete magliata ) nonchè la curva delle perdite che si verificano nei due casi calcolata con la formuletta sopra riportata.
Pur trattandosi, come già detto, di un esempio di rete nella quale si sono volutamente esasperati i dati di funzionamento idraulico, si possono trarre delle considerazioni molto interessanti.
Si nota innanzitutto come i periodi di maggiore perdita siano sempre quelli di minor consumo (ore notturne e giornate di basso consumo). Il volume totale giornaliero disperso nel terreno passa da mc 23587 relativo al giorno di consumo max a mc 28343 per quello di consumo medio annuo. Se si considerano le percentuali di perdita rispetto ai volumi totali giornalieri immessi in rete (rispettivamente mc 77760 e mc 51840) si va dal 30% nel giorno di consumo max a 55% in quello medio. Ciò starebbe ad indicare che mediamente solo il 45% della portata immessa in rete raggiunge l’utenza mentre si verificano percentuali ancora inferiori nei giorni di consumo minimo.

 

 

Come si vede i valori di percentuali di perdita calcolati, a causa delle condizioni di funzionamento e particolarmente delle esagerate perdite di carico che presenta la rete scelta ad esempio, sono troppo elevati per trovare corrispondenza nella reale gestione di una rete acquedottistica, si raggiunge però lo scopo di evidenziarne la variazione durante l’anno tipo.

Si vuole ora indicare quali sarebbero le modalità atte a far rientrare nella normalità anche una rete irrazionale come quella dell’esempio,
La soluzione è rappresentata dalla radicale modifica del sollevamento in testa alla rete. Non più vasca di carico e quindi pressione di partenza fissa ma pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita alla pressione rilevata ai punti di consegna.
Come risulta dalle fig. n. 5 e 6 si tratterebbe di prefissare una pressione media alla consegna più bassa (solo 15 m) durante la notte quando sono modeste le richieste dell’utenza e m. 25 durante le ore giornaliere. Sono indicate con linea tratteggiata la pressione di pompaggio necessaria per raggiungere il risultato citato sopra e, in linea continua, la curva delle perdite calcolata in funzione della nuova pressione di consegna ed applicando la formula indicata. Il volume totale disperso giornalmente nel terreno risulterebbe di mc 16852 sia nei giorni di massimo che di minimo consumo con una percentuale pari al 21% nel giorno di consumo max, al 32% in quello medio rientrando quindi entro valori normali. Si potrà inoltre notare come, contrariamente a quanto verificato nella precedente soluzione, le minori perdite abbiano luogo durante il periodo notturno.
Per ulteriore documentazione si descrivono gli effetti realmente indotti nella rete di cui alla fig. n.1 e nella quale si è deliberatamente forzata la pressione di esercizio durante un’intera notte al fine di valutarne le conseguenze nei riguardi delle perdite.

I dati effettivamente rilevati e riportati nei grafici di cui alla figura n. 7, denunciano risultati ancora peggiori di quanto descritto. Si può infatti constatare come la maggiorazione della pressione di esercizio da m. 25 (pressione notturna normale) a m 53 (pressione artatamente mantenuta durante tutta una notte) abbia provocato un aumento del tutto anomalo nella portata notturna consumata che è passata da 23 l/s a 47 l/s ( al raddoppio di pressione corrisponde il raddoppio delle perdite!). Il fenomeno viene spiegato dalla formazione, non casuale, di nuove perdite. Infatti applicando la regola enunciata si evince che la portata nella notte in argomento avrebbe dovuto essere pari a soli 33.5 l/s contro i 47 l/s effettivamente misurati. Si riscontrano pertanto 13.5 l/s di consumo aggiuntivo evidentemente dovuto a nuove rotture nelle tubazioni stradali provocate dalla anomala pressione. Il fenomeno ha trovato conferma nella notte successiva nella quale, pur avendo ripristinato la pressione normale, la portata minima, invece di assumere il suo normale valore di 23 l/s, è rimasta pari a 30 l/s. Il calcolo teorico della portata a seguito della diminuita pressione (da m.53 a m.25) fornisce come risultato 32.5 l/s vicino a quello effettivo.

 

 

 

 

 

 

 

Una ulteriore conferma la si è avuta nelle settimane successive quando le nuove rotture sono state rintracciate e riparate e la portata minima notturna è rientrata al suo valore normale di 23 l/s circa.

Si riportano i dati riassuntivi di funzionamento:

 Data  Pressione notturna  Portata media giornalieral/s – Coeff.  Volume totale giornal.mc  Portata minima notturnal/s – Coeff.  Portata minima calcolatal/s
 26.11.96  25 (normale)  65.7 – 1.00  5676  23 – 0.35  base
 27.11.96  53 (alta)  82.5 – 1.26  7128  47 – 0.72   33.5
 28.11.96  25 (normale)  70.9 – 1.08  6126  30 – 0.46  32.5


Evidenziate come sopra alcune delle caratteristiche che la rete di distribuzione presenta nei riguardi delle perdite si elencano gli accorgimento che, in ogni caso, si devono adottare nella pratica di esercizio.
Innanzitutto deve essere posta la massima attenzione alla pressione di consegna dell’acqua che deve essere, in ogni condizione di funzionamento, quella minima atta ad un ottimale soddisfacimento dell’utenza senza inutili carichi residui, soprattutto notturni, fonte, oltre che di eccessivi dispendio energetico per il pompaggio, anche di esagerate dispersione d’acqua come sopra dimostrato.
In secondo luogo è necessario eseguire per ogni periodo di lettura dei contatori di utenza il calcolo delle percentuali di perdita in modo da avere una prima quantificazione e poterne seguire l’evoluzione nel tempo.
Durante tutto il corso dell’esercizio bisogna inoltre attuare una campagna di ricerca ed eliminazione delle fughe d’acqua eseguendo le necessarie riparazioni e, in casi estremi, la sostituzione di interi tratti di condotta e delle apparecchiature in essa inserite.
Molte sono le metodologie che si usano allo scopo. Tra di esse si cita la ricerca con apparecchi acustici, la ricerca con il metodo della correlazione, la verifica tronco per tronco o zona per zona mediante inserimento di misuratori con o senza chiusura temporanea di tutte le utenze. Tutte queste metodologie, ben note ai gestori degli acquedotti, portano a risultati concreti però sono molto costose e creano notevoli disagi per l’utenza.
Se le micro-perdite presentano, a causa della loro larga diffusione e della difficoltà del loro reperimento, l’inconveniente di un grave e continuo danno economico nell’esercizio della rete, le grosse perdite quali quelle che si verificano in occasione di rotture delle condotte principali hanno un aspetto ancora più preoccupante in quanto le grandi quantità di acqua che fuoriescono dalle condotte possono provocare, oltre a improvvisa mancanza di rifornimento idropotabile, danni anche gravissimi alle sedi stradali, alla circolazione o agli edifici che fiancheggiano le strade. E’ pertanto della massima importanza la loro tempestiva segnalazione ed il pronto intervento per la chiusura del tronco di condotta interessato, salvo provvedere successivamente alla definitiva riparazione. Normalmente la presenza di una perdita del genere viene avvertita dal personale di servizio dall’esame della pressione di immissione in rete che subisce un improvviso calo. Quando la portata della perdita è di entità trascurabile se paragonata alla portata totale immessa in rete oppure quando la rottura non avviene repentinamente ma con una certa progressione o se la zona interessata dalla perdita è alimentata da centrali non custodite, o ancora se gli impianti sono dotati di automatismi di regolazione della pressione in uscita dalla centrale può accadere che tra il verificarsi dell’inconveniente e l’intervento del personale intercorra troppo tempo.
La tempestiva segnalazione delle perdite con emissione in automatico dell’allarme riveste quindi una grande importanza e può ottenersi adottando un insieme di procedure- basate sul raffronto tra dati di funzionamento reali ricavati dagli strumenti di misura installati nelle centrali e nella rete e quelli teorici ricavati dalla verifica del funzionamento idraulico eseguita in automatico e con continuità a mezzo delle apparecchiature di telecomando e telecontrollo delle reti basata sull’uso di potenti computer e di sofisticati programmi applicativi.

Un metodo approassimativo di verifica del funzionamento rete è leggibile cliccando qui
Di grande importanza ed attualità è anche la localizzazione delle perdite resa possibile tramite i programmi di verifica cui si è fatto cenno.

 

4) LA DISTRIBUZIONE TEMPORALE DELLE PORTATE L’analisi della probabile distribuzione nel tempo delle portate richieste dalle reti presenta degli aspetti caratteristici importanti per il funzionamento della rete.

Se si esamina, ad esempio, l’andamento medio dei consumi durante le 24 ore di una giornata dell’acquedotto di una cittadina di medie dimensioni i cui consumi non siano influenzati dalle variazioni di pressione cui si è fatto cenno (vedi seguente fig.8), si nota come si abbiano portate minime dalle ore 1 alle ore 5 circa. Alle 5 ha inizio un rapido aumento che si esaurisce circa alle ore 8 con la punta massima pari a circa 1,5-1,6 volte la media. Le portate subiscono quindi una modesta diminuzione per stabilizzarsi su una portata pari a circa 1,2 volte la media per una durata di circa 7 ore (dalle 11 alle 18). Dalle 18 alle 20 ha luogo un modesto aumento di portata dopodiché ha inizio la fase di diminuzione che si esaurisce, con le portate minime, alle ore 1 del giorno dopo.
Un’altra fondamentale caratteristica del grafico giornaliero dei consumi è data dal valore minimo di consumo notturno intendendo con tale termine il picco minimo, anche se di breve durata, di acqua immessa in rete dalle centrali, valore che si è soliti fissare in una percentuale della portata media giornaliera (ad esempio 30%). Si fa notare invece come esso si mantenga invariato per tutte le giornate dell’anno tipo non essendo influenzato dalle richieste della rete che, nel periodo stesso, sono pressoché nulle.
E’ interessante anche l’andamento del grafico annuo di durata delle portate medie giornaliere ottenuto ordinando i volumi giornalieri in senso decrescente (v. fig. 9). Si nota un punto di flesso che indica come le giornate di maggior consumo (portata media superiore a 1.17 rispetto alla media annua) siano pari a soli 35 giorni all’anno corrispondenti al 10% dell’anno.
Il fenomeno si accentua maggiormente ove si esamini il grafico di durata delle portate orarie durante un anno (vedi fig.9)), caratterizzato anch’esso da un accentuato punto di flesso e dal quale si può rilevare come le ore di maggior consumo (portata media superiore a 1.51 rispetto la media annua) si riduca a sole 450 ore pari al solo 5% dell’anno.
Se ne deduce immediatamente che il dimensionamento delle opere acquedottistiche basato, come di norma, sui consumi critici (ora di punta) comporta un funzionamento che si svolge in modo razionale soltanto per periodi brevissimi mentre nella stragrande maggioranza delle giornate dell’anno esso sarà caratterizzato da pressione sovrabbondante con duplice effetto negativo: inutile dispendio energetico di sollevamento ed eccessiva pressione in rete cui corrisponde una maggiorazione delle perdite di rete come indicato al precedente cap.3.
Sarà invece consigliabile prevedere reti studiate per un esercizio ottimale ai regimi di portata media e medio bassa caratterizzati da un grande frequenza. Ai consumi elevati, molto rari durante l’anno, si dovrà far fronte mediante particolari accorgimenti anche se a consumo energetico elevato. Ne risulterà comunque un bilancio economico vantaggioso essendo al tempo stesso assicurato all’utenza un servizio regolare. Un esempio di rete concepita secondo i principi descritti è riportato, con determinazione dei vantaggi conseguibili, nel n. 3/1998 de “L’ACQUA” con la nota ” La razionalizzazione delle reti di distribuzione di acqua potabile a sollevamento meccanico”

 

 

 

 

5) LA COMPENSAZIONE GIORNALIERA DELLE PORTATE

Le funzioni esplicate dai serbatoi, di grande importanza per l’ottimizzazione dell’esercizio di ogni complesso acquedottistico, sono principalmente due: quella di mantenere una quantitativo d’acqua pronta ad essere immessa in rete in caso di guasti negli impianti di produzione o di richieste anomale dell’utenza, e quella di coprire il divario fra produzione, di solito a portata pressoché costante per l’intera giornata, e le richieste dell’utenza caratterizzate da forti consumi diurni e consumi quasi nulli durante la notte.
In sunto si può dire che le due funzioni sono la riserva di sicurezza e la compensazione giornaliera delle portate. I volumi mediamente necessari a tale scopo sono corrispondenti rispettivamente al 100% ed al 15% del fabbisogno del giorno di massimo consumo anche se, di regola, ci si limita a volumi ben inferiori.
I serbatoi possono essere di due diversi tipi:
· quelli annessi alla produzione, di solito del tipo a terra e caratterizzati da grandi volumi d’invaso, svolgono principalmente il ruolo di accumulo o riserva;
· quelli di rete, generalmente adibiti alla compensazione giornaliera delle portate, sono di dimensioni più contenute e normalmente del tipo in quota (pensili o sopraelevati) cioè con l’invaso altimetricamente ubicato in corrispondenza della piezometrica di rete in modo da rendere possibile l’interscambio diretto di portate con quest’ultima e cioè senza interposizione di apparecchiature idrauliche di sorta (pompe, valvole di regolazione ecc, ecc,).

Grafico giornaiero dei livelli imposti minuto per minuto

Nella memoria “La razionalizzazione delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico” precedentemente citata, si è dimostrato come non sempre il funzionamento dei serbatoi sia corretto e che, in tali casi, la funzione di compensazione delle portate venga in tutto o in parte a mancare.
Un altro problema, spesso risolto in maniera inadeguata, è quello della regolazione della alimentazione a distanza dei serbatoi sia che abbia luogo tramite condotte di adduzione sia con prelievo da condotte della rete di distribuzione.
La forma più semplice e diffusa consiste nella presenza, nel serbatoio di arrivo, di galleggianti dei quali quello a quota superiore comanda la chiusura dell’adduzione per raggiunto invaso massimo e mentre gli altri, opportunamente posizionati a quote inferiori, provvedono a comandare l’immissione, l’aumento o la diminuzione della portata immessa.
In pratica, con il dispositivo descritto, il serbatoio tende a rimanere sempre pieno e solo nei giorni di massimo consumo, quando la portata della produzione è inferiore alle richieste di punta, ha luogo il suo intervento e la conseguente utilizzazione del volume invasato in precedenza. In tutti gli altri giorni, e specialmente in quelli di basso consumo, la punta viene coperta, in tutto o in parte, dall’impianto di produzione: viene in tal modo a mancare il ruolo di tale impianto che dovrebbe essere quello di immettere in rete le sole portate medie giornaliere. Si deve citare un altro grave difetto che interessa molti acquedotti nei quali i serbatoi di cui si parla si vuotano troppo presto e quando arriva il momento di punta essi sono già vuoti e quindi non possono più contribuire alla copertura delle portate massime richieste dall’utenza.

La soluzione del problema può essere trovata asservendo l’adduzione ad un prefissato grafico giornaliero dei livelli che il serbatoio deve assumere durante la giornata tipo . Salvo una migliore determinazione da effettuarsi in sede di reale esercizio il grafico potrà, ad esempio ( vedi edsempio nel grafico giornaliero dei livelli  imposti ), prevedere il riempimento totale alle ore 6 del mattino quando hanno inizio i consumi dell’utenza, alle ore 9, quando i consumi sono elevati, si potrà prevedere uno svuotamento del 50%, alle 16 del 70% e alle 20 del 80%. Alle ore 01 del giorno dopo avrà inizio il riempimento con un gradiente regolare fino alle ore 6. Il dispositivo automatico effettuerà ad intervalli regolari dei test di controllo e, se i livelli reali risulteranno inferiori a quelli fissati come sopra, comanderà un aumento nell’adduzione in serbatoio. Al contrario nessuna adduzione avrà luogo quando i livelli risulteranno superiori . Una regolazione come quella indicata presenta il vantaggio di consentire lo sfruttamento giornaliero dell’intero volume accumulato durante la notte secondo quelle modalità che il gestore potrà imporre a suo piacimento mediante modifica del grafico preimpostato. Nel mentre nei giorni di consumo massimo sarà possibile effettuare la totale compensazione, negli altri giorni si potrà sfruttare la totale, e in tali casi esuberante, capacità del serbatoio per altri fini, come ad esempio quello di utilizzare cascami di energia elettrica meno costosi diminuendo la produzione giornaliera a favore di quella notturna. Sarà anche possibile mantenere costantemente la produzione sul valore medio giornaliero essendo a forziori garantito che il serbatoio effettua la compensazione in tutte le giornate anche in quelle di bassi consumi.

 

 

6) DETERMINAZIONE DELLE EROGAZIONI ISTANTANEE AI NODI

La razionale gestione di un complesso acquedottistico, soprattutto se a sollevamento meccanico come sono quelli trattati nel presente lavoro, non può, a giudizio di chi scrive queste note, prescindere dalla verifica automatica e continuativa del suo funzionamento idraulico attuata confrontando i dati reali di funzionamento con quelli teorici determinati in tempo reale mediante modello matematico della rete. Oltre ad avere la vera conoscenza della rete, indispensabile per ogni valutazione economica e tecnica di esercizio o di intervento progettuale, in tale ipotesi sarebbero immediatamente segnalate tutte le anomalie di funzionamento come ad esempio rottura di condotte, manovre errate, mancato funzionamento di apparecchiature idrauliche od elettriche, prelievi abusivi ecc. ecc. per avviare gli immediati interventi di riparazione. Alla data attuale, mentre risultano già risolti i problemi relativi alla trattazione matematica di calcolo in moto permanente delle reti magliate anche complesse (serbatoi e apparecchiature idrauliche comprese) e quelli relativi alla sua rappresentazione fisica così come sono risolvibili mediante installazione di adeguate apparecchiature di misura quelli relativi alla determinazione delle condizioni effettive di funzionamento delle apparecchiature idrauliche (pompe, valvole di regolazione ecc.) e dei serbatoi, permangono grandi incertezze su due fattori condizionanti i risultati: la scabrezza reale delle tubazioni, che sono oltretutto variabili durante la vita della rete, ma soprattutto le portate erogate ai nodi argomento questo che forma l’oggetto specifico del presente capitolo.
Gli Enti di gestione sono da tempo dotati di sofisticati programmi per la gestione amministrativa dell’acquedotto con elaboratore elettronico. Viene creata ed aggiornata con continuità una banca dati relativa all’esercizio in genere e cioè ai lavori di costruzione e di manutenzione del complesso acquedottistico, alle domande di allacciamento, ai preventivi spesa e consuntivi dei lavori, alla tenuta dell’anagrafe degli utenti e dei contatori, alle operazioni varie degli utenti (chiusure, riaperture, reclami, manutenzioni, cambio contatori, cambio nome, rimborsi vari, ritardi nei pagamenti ecc, ecc.) e alle letture dei contatori privati e fatturazione dell’acqua consumata.
Si tratta di una grande mole di dati generalmente utilizzati a soli fini amministrativi, dai quali sarebbe possibile ricavare anche le portate d’acqua consegnate agli utenti periodo per periodo e da utilizzare ai fini citati nella premessa di questo capitolo.
Per raggiungere lo scopo sarà innanzitutto necessario redarre lo schema idraulico cioè la rappresentazione planimetrica semplificata della rete nella quale, oltre alle caratteristiche qualitative, geometriche e topografiche delle condotte, siano individuati e numerati i punti singolari (nodi) della rete (incroci di condotte, cambiamento di sezione, punti di allacciamento di utenti particolari ecc.), in cui si suppone concentrato il prelievo da parte degli utenti. All’atto dell’archiviazione dei consumi bimestrali o semestrali di ciascun utente ricavato dalle letture dei contatori, dovranno prevedersi anche i riferimenti a detto schema idraulico.
I programmi applicativi di gestione dovrebbero quindi essere modificati in modo da renderli atti svolgere anche le seguenti funzioni;
· attribuire ad ogni nodo un numero progressivo che lo individui univocamente sia sulla planimetria in scala sia sullo schema idraulico;
· redarre, al computer e parallelamente lo schema grafico deformato della rete che tenga conto di tutte le condotte di rete;
· annessa allo schema idraulico compilare una banca dati con tutte le caratteristiche dei vari tronchi (numero di inizio e fine del tronco, lunghezza, diametro e tipo di materiale costituente la condotta);
· assegnare, mediante opportuni codici memorizzati nella banca dati dello schema idraulico, tutti gli utenti ai rispettivi nodi di appartenenza creando, per gli utenti più importanti, dei nodi fittizi. Questa operazione consentirà di determinare, in occasione di ogni bollettazione, i volumi d’acqua consumati da ciascun nodo nel periodo considerato.

Per quanto riguarda la compilazione dello schema idraulico che sarà poi utilizzato per le verifiche, si devono fare alcune considerazioni.
Per i calcoli si usa utilizzare uno schema semplificato comprensivo delle sole condotte principali in quanto si è sempre ritenuto che quelle secondarie non influiscano sui risultati ma che la loro funzione idraulica si esaurisca in ambito locale. Si è invece constatato che l’eliminazione di quest’ultime condotte provoca un duplice errore. Innanzitutto, pur essendo di piccolo diametro, esse costituiscono una grandissima estesa di tubazioni funzionanti in parallelo alle maglie principali che, se trascurata, comporta un ovvio errore sui risultati finali del calcolo. Il secondo problema, che interessa particolarmente il presente lavoro, consiste nella impossibilità di attribuire razionalmente ai nodi le portate degli utenti che sono allacciati alle condotte da eliminare.
Ora, considerato che i calcoli idraulici sono comunque eseguiti con grande rapidità dagli elaboratori e che le moderne procedure di verifica delle reti magliate sono atte a garantire in ogni caso la convergenza delle iterazioni, è senz’altro preferibile includere nello schema tutte le condotte, nessuna esclusa, rendendo in tal modo più complesso e laborioso lo schema ma più semplice la sua redazione e più attendibile il risultato. Da notare come, nel caso di reti magliate molto complesse, alcuni programmi di calcolo consentono di dividerle in molte sottoreti minori collegate tra di loro da una od anche da numerose condotte. Il programma, ad ogni seduta di calcolo, provvede dapprima ad equilibrare ogni singola sottorete e quindi al collegamento ed equilibratura dell’insieme rendendo in tal modo più veloce e più sicuro risultato. Questa procedura, la cui adozione è in ogni caso consigliabile, oltre a semplificare le operazioni di calcolo eseguite dal computer, fornisce risultati, completi di riepiloghi generali, suddivisi zona per zona, e quindi ne facilita l’utilizzazione anche nel caso di verifica dei consumi zona per zona come si spiegherà più avanti.
Per la determinazione dei consumi ai nodi in oggetto, una metodologia da seguire può essere quella di dividere ogni tronco di condotta in due parti di uguale lunghezza e di attribuire a ciascuno dei due nodi di estremità gli utenti allacciati alla semicondotta adiacente. La semplificazione così attuata rispetto ad altre (ad esempio quella di considerare i consumi uniformemente distribuiti lungo il tronco) fornisce risultati finali sufficientemente esatti.
Sarà possibile, determinare i volumi d’acqua consumati dagli utenti nell’intero periodo di lettura ed attribuibili a ciascun nodo, e da questi ricavare le portate istantanee consumate in ogni nodo utilizzando gli elementi noti e cioè, trattandosi di verifica del funzionamento di un dato istante, la portata totale che le centrali immettono in rete nell’istante medesimo e il cui valore deve corrispondere alla somma dei consumi attribuiti ai nodi.
L’analisi degli elementi definiti con le modalità descritte porta a importanti conclusioni. In pratica si trasformano i dati di lettura dei contatori privati in semplici coefficienti di proporzionalità che applicati ai valori di portata totale della rete (portata immessa in rete dalle centrali), consentono di determinare, con una procedura che qui definiremo sbrigativa, la portata effettiva istantanea di ciascun nodo. E’ evidente che vengono attribuiti ai nodi tutti i consumi anche quelli non dovuti all’utenza quali sono ad esempio le perdite occulte della rete che, in questa sede, sono supposte distribuite in tutto il territorio proporzionalmente ai consumi degli utenti. I valori istantanei da utilizzare nei calcoli sono pertanto tacciati da un duplice errore: quello inevitabile dovuto alle letture che essendo trimestrali od addirittura semestrali possono contenere degli scostamenti con le particolari condizioni di consumo dell’istante considerato e quello, anch’esso sistematico, dovuto al fatto che le eventuali perdite di rete sono assimilate e conglobate nei consumi dell’utenza. In caso di reti vetuste nelle quali la percentuale di perdita è rilevante e quindi rilevante la sua incidenza sui risultati finali, si può ovviare, almeno in parte, adottando una migliore procedura che consiste nel determinare l’ammontare in l/s (continui e costanti per ogni ciclo di 24 ore) delle perdite, ammontare che corrisponde alla portata minima notturna immessa in rete dalle centrali. Per controllo la portata così determinata per tutte le giornate del trimestre e considerata, in prima approssimazione per quanto spiegato al precedente cap. 3, costante per tutte le 24 ore, determina un volume totale trimestrale di perdita che deve coincidere con quello ricavato dalla differenza tra volumi immessi in rete e volumi contabilizzati in base alle letture dei contatori privati.
Le portate totali istantanee attribuibili ai nodi (portate esterne) sono date dalla somma di due valori: la portata dovuta alle perdite (costante per 24 ore) determinata come sopra e quella dovuta ai consumi veri e propri pari al residuo immesso in rete dalle centrali negli istanti considerati. A sua volta i due quantitativi vanno suddivisi tra tutti i nodi seguendo due diverse modalità: la portata dovuta alle perdite, supposta uniformemente distribuita in tutta la rete, può essere attribuita ai nodi in proporzione alla superficie interna delle condotte di competenza di ciascun nodo, l’altra in proporzione dei coefficienti di consumo trimestrale determinati, come indicato, sulla base dei consumi letti ai contatori.
Un esercizio razionalmente organizzato consente di adottare, nei calcoli in argomento, anche modalità più rigorose. Invece di considerare costante per tutta la giornata la portata di perdita, essendo ben note sia le portate di perdita effettiva notturna sia le pressioni reali in tutta la rete, è possibile calcolare in continuo, seguendo le modalità indicate al cap. 3, i volumi totali d’acqua che la rete dissipa nel terreno ed utilizzare tali valori per la ripartizione tra tutti i nodi. Nella distribuzione della perdita tra tutti i nodi si potrebbe infine applicare zona per zona un coefficiente correttivo che tenesse conto della incidenza della pressione media di consegna.
Come già detto con le metodologie descritte, ivi compresa anche quella più sofisticata, si determinano soltanto i coefficienti medi di proporzionalità da utilizzare per distribuire tra tutti i nodi la portata effettiva immessa in rete dalle centrali nell’istante considerato e depurata delle perdite. Anche tale operazione può essere fonte di errori in quanto i coefficienti di proporzionalità vengono applicati all’utenza considerata come omogenea mentre, in realtà, potrebbe non esserlo.
Si ricorda infine che la portata prelevata dagli utenti, come già spiegato  è funzione anche della pressione di consegna la cui variazione nel tempo e da zona a zona introduce un ulteriore fattore di imprecisione nelle determinazioni di cui si discute.
Per eliminare o ridurre gli errori inevitabilmente presenti è necessario suddividere la rete in più sottozone inserendo dei misuratori nelle condotte di collegamento in modo da conoscere per ciascuna di esse, la portata in entrata ed in uscita, quella minima notturna che rappresenta le perdite ed infine gli utenti alimentati e poter quindi operare la suddivisione zona per zona.
Quando ciò risulti materialmente impossibile (ad esempio per la eccessiva presenza di condotte che collegano tra di loro le varie sottozone) si inseriranno dei misuratori solo nei tronchi principali di connessione il che consentirà, in sede di taratura del modello matematico della rete, di effettuare, oltre ai controlli generali di congruenza, anche il confronto tra le portate istantanee calcolate e quelle effettive che transitano in detti tronchi e, in caso di differenze non trascurabili, esaminarne le caratteristiche ed applicare dei coefficienti correttivi zona per zona.
Ciò è reso possibile dal fatto che, essendo noti i sensi di percorrenza dell’acqua in tutte le condotte, sono definite le linee di “displuvio” che delimitano la zona di pertinenza di ciascun punto di misura e quindi i nodi da correggere zona per zona.

Ulteriori e preziose indicazioni non possono che provenire dalla sperimentazione diretta e continuativa effettuata durante il normale esercizio e che risulterà tanto più efficace quanto più numerose saranno le apparecchiature di misura installate a macchia d’olio in tutto il territorio servito come ad esempio venturimetri e manometri di rete di cui non si finirà mai di sottolineare l’importanza. Ad esempio qualora il sistema di verifica automatica segnalasse in alcune zone e durante il periodo notturno di bassi consumi una pressione reale sensibilmente inferiore a quella calcolata ciò starebbe ad indicare che le piccole perdite invece di essere uniformemente distribuite nell’area servita come supposto a priori e come è auspicabile, sono, al contrario, maggiormente concentrate in dette zone. In tale evenienza due sarebbero le strade da seguire: modificare le portate di perdita attribuita ai nodi oppure intensificare la ricerca ed eliminazione delle perdite nelle zone critiche. Ambedue le procedure conducono ad un miglioramento dei risultati dei calcoli di verifica. Non si può far a meno di sottolineare l’importanza della seconda procedura con la quale si raggiunge un importante risultato: quello di orientare in continuazione la ricerca ed eliminazione delle perdite diffuse verso quelle zone dove queste sono maggiormente presenti.
Dalle esperienze fatte nella verifica del funzionamento idraulico di reti reali nelle quali si sono potuti confrontare i risultati teorici con i dati effettivi, si è constatato che gli elementi definiti secondo la procedura sbrigativa sopra descritta sono sufficientemente precisi. Le portate finali che si ottengono, essendo basate sul consumo medio trimestrale, rappresentano il fabbisogno istantaneo più probabile di ogni singolo nodo depurato dalle eventuali e precarie anomalie e tenuto conto di tutte le circostanze reali di alimentazione dell’utenza tra cui anche la pressione media effettiva di consegna dell’acqua zona per zona che, come ben noto, influenza i consumi specifici.
D’altro canto lo scopo del calcolo di verifica, da effettuare durante il normale esercizio, non è quello di rappresentare matematicamente e pedissequamente il comportamento reale della rete nei vari istanti bensì quello di evidenziare gli scostamenti tra dati di funzionamento ideale negli istanti medesimi e la reale situazione. Le portate da introdurre nel calcolo sono pertanto quelle mediamente auspicabili e non quelle effettive condizionate dalle anomalie del momento.
In definitiva le verifiche condurranno ai seguenti risultati:
–  in regime di normale funzionamento le portate determinate secondo le modalità descritte si avvicinano a quelle reali e pertanto i valori risultanti dai calcoli corrispondono a quelli reali;
–  al verificarsi di una anomalia (rottura di condotta, grande prelievo abusivo d’acqua, apertura di uno scarico, sfioro di un serbatoio ecc. ecc.) la conseguente maggior portata in uscita, prontamente registrata dai misuratori delle centrali di sollevamento, invece di venir attribuita al nodo competente va a distribuirsi, essendo applicate le regole sopra enunciate, tra tutti i nodi. Ne consegue una portata al nodo dove si è verificata la perdita nettamente inferiore a quella reale e quindi una pressione di calcolo notevolmente superiore di quella effettiva, mentre per i rimanenti nodi, cui vengono attribuite portate approssimate per eccesso, i risultati del calcolo di verifica denunciano pressioni inferiori rispetto a quelle reali. In altri termini i calcoli, al verificarsi dell’anomalia, denunciano pressioni di tutta tranquillità per tutti i nodi della rete eccettuati quelli interessati dalla nuova perdita per i quali viene invece segnalata una depressione addirittura superiore a quella effettiva. Sono in tal modo enfatizzati gli effetti provocati in rete dalla perdita e consistenti in un cono rovescio di depressione con vertice in corrispondenza della perdita medesima che pertanto diventa facilmente ubicabile.

 

7) CONCLUSIONI

 

Alcuni dei problemi che assillano l’esercizio degli acquedotti, come ad esempio la presenza di rilevanti perdite di rete, sono stati descritti nei loro aspetti pratici con motivazioni ed alcune verifiche teoriche. Ciò ha consentito di formulare proste per il miglioramento funzionale ed economico dell’esercizio dei complessi acquedottistici con particolare riguardo per quelli a sollevamento meccanico.
Sempre in tema di portata si sono esaminate nel punto 6) le modalità da seguire per determinare con buona approssimazione le erogazioni effettive ai nodi della rete in servizio normale. E’ questo un compito arduo ma essenziale per la messa a punto delle procedure di verifica idraulica continuativa ed automatica basate sul calcolo della rete magliata in moto permanente effettuato in tempo reale e che costituiscono un vero salto di qualità nella gestione automatizzata della rete. L’avvio di tali procedure, più volte annunciato da importanti Enti di Gestione, non risulta, a chi scrive queste note, ancora attuato con successo per le molte difficoltà che, in sede di applicazione pratica, sorgono proprio per le determinazioni in argomento. In tal senso, lungi dal poter considerare chiuso l’argomento, si confida di aver fornito, con il presente lavoro, degli spunti per intravederne la soluzione.

I

AVANTI

PROPOSTA DI UNA NUOVA INIZIATIVA IMPRENDITORIALE : LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

La regolazione della pressione di rete

1) PREMESSA

Il difetto delle reti acquedottistiche, che forma l’oggetto della presente nota, consiste nelle rilevantissime perdite occulte che la gran parte degli acquedotti italiani accusa.
Trattandosi di un difetto grave che comporta insufficiente produzione delle fonti, rilevanti oneri di esercizio dovuti alla continua ricerca di nuova acqua e alla costruzione ex novo di opere di captazione, adduzione e distribuzione di portate d’acqua inutilmente elevate perché destinate a coprire anche le grandi perdite, vengono sollecitati dagli enti pubblici e privati preposti al servizio idrico interventi volti a risolvere il problema. Tra questi ciò che viene ritenuto risolutivo è il rifacimento delle condotte ammalorate dette con termine molto rappresentativo “colabrodo”. Nella realtà tale rimedio viene attuato solo parzialmente a causa del suo costo elevatissimo ed inoltre perché in realtà non risolve i problemi nella loro totalità. Si deve infatti rilevare come molte perdite occulte siano dovute agli allacciamenti d’utenza per cui devono anch’essi essere compresi nelle opere di rifacimento generale nonostante le difficoltà date dal fatto che la relativa spesa e occupazione del suolo dovrebbero far capo ai privati proprietari del terreno e degli edifici dove gli allacciamenti stessi si trovano. Come dato secondario del rifacimento delle reti è da aggiungere la necessità di intervenire comunque sulla pressione di esercizio secondo le modalità che saranno appresso indicate perché, se fosse invece mantenuto un funzionamento con pressioni eccessive, ciò significherebbe ripristinare entro breve tempo le falle che provocano le elevate percentuali di perdita occulta in argomento.
Da aggiungere come, quando si sostituisce una rete, sia consuetudine consolidata iniziare da monte e operare verso valle per stralci successivi. Così facendo si ottengono delle fasi intermedie di esercizio durante le quali la parte di valle della rete è soggetta alla forte pressione causata dalla porzione di rete appena rinnovata e quindi molto efficiente : ciò provoca un aumento notevole delle perdite occulte della zona ancora ammalorata.
Un altro provvedimento, di dubbia efficacia ma spesso invocato, è quello relativo al risparmio idrico che viene raccomandato all’utenza invitandola a consumare l’acqua potabile con precise regole. Si deve rilevare che anche tale intervento, oltre a mettere dei limiti all’uso di un bene essenziale come l’acqua potabile, non è scevro di problemi dovuti ad esempio all’aumento di pressione che l’auspicato risparmio, se adottato dalla generalità dell’utenza, indurrebbe in rete con conseguente aumento delle perdite occulte e con la logica riduzione dell’efficacia reale del provvedimento.
Sussiste un’ulteriore campagna per la promozione della cosiddetta “distrettualizzazione” che consiste nel frazionare la rete in tante sottoreti alimentate da condotte singole che si possano tenere facilmente sotto controllo ed anche regolare opportunamente nel loro funzionamento. Il giudizio di chi scrive rispetto alla distrettualizzazione è assolutamente negativo in quanto ritiene che agendo in tal modo siano vanificati molti dei vantaggi che sono propri della rete magliata dotata delle molte interconnessioni che verrebbero interrotte dalla distrettualizzazione medesima. In altri termini si tratta di un provvedimento che, in linea teorica, non fa una piega ma assolutamente non è consigliabile nella gestione reale del servizio per i rischi e i maggiori costi di esercizio che vi provoca.
In conclusione gli interventi che ai nostri giorni vanno per la maggiore risultano irrealizzabili per il loro alto costo, sono molto spesso privi di risultati concreti quando non rappresentano addirittura un danno per la costituzione delle moderne reti.
Per questi motivi l’adozione di un intervento che, in attesa dei cospicui finanziamenti che consentirebbero il rifacimento totale degli acquedotti, riuscisse a diminuire seduta stante le perdite in maniera sostanziale in tutte le reti e quindi anche in quelle ammalorate, costituirebbe un risultato notevolissimo.
E’ questo lo scopo che viene perseguito in questa nota.

2) TIPO DI INTERVENTO PROPOSTO

Ai nostri giorni sono disponibili molte ditte che eseguono importanti interventi atti ad apportare un notevole miglioramento all’esercizio degli acquedotti. Alcuni esempi sono rappresentati dalla fornitura, posa in opera ed esercizio di impianti di telecontrollo e telecomando, dalla ricerca delle perdite con diversi e moderni sistemi, dal rilievo e la compilazione delle carte tematiche complete di banca dati relativi alla consistenza delle reti e degli impianti in genere, dalla fornitura e posa di apparecchiature idrauliche di tutti i tipi come pompe, i motori a velocità variabile, le valvole e saracinesche ecc. ecc., dalla compilazione dei modelli matematici e dei calcoli di verifica della rete nelle diverse condizioni di funzionamento: tutti interventi che svolgono una funzione basilare nel rifornimento idrico. Quello che però manca è una organizzazione altamente specializzata nella regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti adottando metodologie nuove ed efficienti. In questa nota viene appunto proposta la costituzione di una ditta che si occupi prevalentemente di tale attività e quindi contribuisca in maniera efficace a far scomparire il fenomeno delle rilevanti perdite, tramite diffuse azioni di regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti a partire da quelli di dimensioni maggiori per estendersi via via a tutti gli acquedotti italiani, il tutto senza precludere altre possibilità come il rifacimento delle condotte.

 

3) L’INTERDIPENDENZA TRA PRESSIONE E PERDITE OCCULTE

La presenza in una condotta d’acquedotto di una perdita è assimilabile ad un foro praticato allo scopo di prelevarvi una portata d’acqua il cui valore, in diretta proporzione con la pressione di funzionamento del momento che si sta esaminando, segue le regole della foronomia che definiscono la portata come funzione diretta della radice quadrata della pressione reale. Possono anche aversi delle variazioni di fuoriuscita dell’acqua dovute a diversificate falle dei tubi come ad esempio la presenza di fessurazioni aventi una geometria variabile in funzione della pressione. Ad esempio nel caso, abbastanza frequente, di difetti per lo più dovuti all’invecchiamento delle guarnizioni elastiche dei giunti delle tubazioni interrate, sussiste la possibilità che la perdita, nulla alle basse pressioni, si manifesti soltanto quando la pressione, superando un certo limite di sforzo interno, le apra provocando perdite assolutamente casuali e difficilmente definibili.
Stabilito che le perdite aumentano notevolmente con l’aumento della pressione, si elencano qui di seguito alcune delle caratteristiche principali che ne mettono particolarmente in luce l’entità e di conseguenza le grandi opportunità offerte dalla regolazione della pressione di cui si parla. Esse hanno luogo in speciale modo in presenza di:
1. Condotte funzionanti a pressioni elevatissime come ad esempio quelle dei territori con notevoli dislivelli del suolo. La fortissima pressione che si instaura nelle zone poste alle quote inferiori causa perdite rilevanti.
2. Periodo di bassi consumi dell’utenza : tutte le reti e quindi anche quelle delle aree pianeggianti, hanno per molte ore al giorno pressioni e perdite inutilmente elevate. Esempio classico sono i periodi notturni e soprattutto quelli delle notti invernali quando i consumi sono prossimi allo zero.
3. Condotte di adduzione che collegano opere di presa poste in alta montagna con acquedotti di pianura posti a centinaia di metri più in basso.

 

4) LA PRIMA FASE DI REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE

La regolazione più importante e che pertanto deve essere adottata per prima, riguarda la pressione di immissione in rete.

In questo settore  le modalità che sono preferite dai gestori di acquedotti ed anche gli insegnamenti che vengono impartiti dalle Università ai nuovi ingegneri, si basano su un concetto molto diffuso, che sta provocando danni gravi e che consiste nell’imporre, tassativamente ed in ogni tipo di rete di distribuzione, una pressione assolutamente costante in testa all’acquedotto cioè all’inizio rete. La maggior parte delle reti di distribuzione è infatti munita di vasche di carico che, alimentate a livello costante o con una minima escursione dovuta al riempimento/svuotamento dell’invaso, rispettano rigorosamente detta regola. Il fatto di avere in testa alla rete un capiente serbatoio sempre mantenuto al livello massimo consentito dal sistema, conferisce una grande sicurezza di esercizio data in primis dal volume d’acqua sempre presente in quota e quindi in grado di intervenire con funzionamento a gravità per ovviare a eventuali disservizi della produzione ed in secondo luogo perché viene garantita la pressione iniziale e quindi l’alimentazione della rete in ogni caso.
Vale però la pena di osservare quello che succede realmente nelle reti di questo tipo. Nel mentre la pressione di inizio rete si mantiene come detto a valore costante per tutte le 24 ore della giornata e per i 365 giorni dell’anno, la stessa cosa non accade nei punti di consegna dell’acqua all’utente generico dove si verifica un fenomeno che può essere definito paradossale in quanto vi si stabilisce una pressione più elevata nei momenti di consumo minimo quando detta maggior pressione non offre alcun beneficio nel mentre proprio in quelli di richiesta di punta, quando essa sarebbe utilissima allo scopo di potere vincere agevolmente le maggiori perdite di carico della rete pubblica ed anche di quella interna privata, la pressione cala fino a raggiungere i valori minimi fissati nei regolamenti di esercizio ed alle volte anche al di sotto di essi. Il fenomeno diventa più vistoso nei territori ad andamento altimetrico vario nei quali, per assicurare anche nelle aree di quota più elevata ciò che la buona tecnica impone e cioè una pressione di consegna dell’acqua superiore al valore minimo di cui si è detto, si ha cura di mantenere all’inizio rete una pressione sufficientemente alta al fine di assicurare l’alimentazione in tutto il territorio ivi comprese le alture. Ciò significa avere nelle aree depresse e soprattutto durante le ore di consumi bassi, delle pressioni di consegna dell’acqua tanto elevate da dover imporne la regolazione utente per utente tramite valvole di regolazione installate a monte del contatore privato. E’ questa la condizione peggiore in fatto di perdite che aumentano moltissimo concentrandosi soprattutto nei periodi notturni o comunque di basso consumo ,
Si distinguono per le diversificate modalità di attuazione della regolazione di pressione gli acquedotti a sollevamento meccanico da quelli funzionanti a gravità.

 

4.1) ACQUEDOTTI A SOLLEVAMENTO MECCANICO

La prima regolazione che é necessario attuare in questi sistemi idrici è l’abbandono delle vasche di carico che dominano la gran parte degli acquedotti italiani per sostituirle con la modalità di immissione diretta in rete a pressione variabile e regolata in funzione di quella finale di arrivo a casa dell’utente.
Nella risoluzione di questo problema ci si comporterà in funzione delle situazioni locali. La condizione più favorevole di intervento e’ quella di pianura dove è senz’altro da adottare il pompaggio diretto in rete asservito alla pressione finale rilevata in tempo reale nei punti caratteristici della rete e trasmessi automaticamente al centro di comando e controllo. Dei valori finali corretti, misurati nei punti caratteristici di rete su cui si deve basare il pompaggio aumentando o diminuendo la pressione di partenza fino a rispettarli in tempo reale, possono essere ad esempio di soli 15-20 metri sul tubo alla notte dalle ore 1 alle ore 5 per salire gradualmente nelle ore seguenti arrivando al valore di 45-50 m alle ore 9 quando è previsto il maggior consumo, scendere e mantenersi sui 35 m. dalle ore 10 alle 21 per poi diminuire gradualmente fino ad arrivare alle 1 alla quindicina di metri di cui si è detto. Si ribadisce che quelli appena citati sono i valori pressori relativi ai punti più interessanti della rete e cioè in quelli che caratterizzano la consegna dell’acqua nelle case di chi ne usufruisce.
Qualora non fosse possibile ottenere tramite la sola modulazione ottimale della pressione di inizio rete la regolazione finale in tutte le aree servite anche se pianeggianti, sarebbe necessario integrarla con piccoli interventi di regolazione locale da attuarsi con le modalità che saranno più avanti indicate quando si parla della diversificazione altimetrica del territorio servito. La serie di valori giornalieri indicati (che possono essere meglio rappresentati da un diagramma che ne detta l’ammontare minuto per minuto durante tutte le 24 ore della giornata tipo) presentano molteplici vantaggi. Innanzitutto si evita che la notte diventi il periodo di massima perdita, come invece accade normalmente nel mentre viene garantita all’utente una fornitura con buona pressione che gli assicura il funzionamento ottimale dei propri apparecchi interni in tutte le ore diurne. I risultati salienti sono due: in primo luogo vengono dimezzate le perdite occulte il che significa raggiungere lo scopo che ci si è posto in queste note, in secondo luogo aumentano i consumi in bolletta dell’utente a tutto vantaggio dell’ ente gestore in quanto la maggior pressione ottenuta proprio quando essa è utile, spinge l’utente medesimo ad utilizzare in pieno l’acqua ma non per coprire perdite ma invece per soddisfare in toto le proprie esigenze. L’importo di spesa dell’utente non subirà che modifiche di poco conto perché il maggior consumo viene compensato dalle minori perdite cui è ora soggetto l’impianto idrico privato. A sua volta i maggiori introiti del gestore sono giustamente riferiti all’acqua effettivamente utilizzata.
Le cose cambiano totalmente in territori d’altro genere .
Ad esempio in presenza di aree servite aventi un andamento altimetrico variegato, ferme restando le modalità di immissione a pompaggio diretto ed a pressione variabile, sarà da valutare tecnicamente ed economicamente se conviene regolare la pressione di partenza in funzione delle aree di quota più elevata, e poi regolare in posto la pressione zona per zona con valvole di riduzione della pressione asservita all’impianto centrale di telecontrollo, oppure se regolare in funzione della zona pianeggiante di bassa quota avente di solito una grande estensione planimetrica salvo provvedere localmente al risollevamento di modeste portate destinate alla alimentazione delle piccole aree sopraelevate oppure, terza variante di pompaggio regolato sulla quota media del territorio, in modo da soddisfare la stragrande maggioranza dell’utenza (cioè quella posta a quota altimetrica media) salvo poi agire in doppio modo sulle restanti aree e tramite valvole di regolazione o piccoli risollevamenti locali rispettivamente per le aree più alte e per quelle più basse.
Resta per ultima la possibilità di creare reti differenziate ognuna a servizio di un territorio singolo e dotando la centrale di piú serie di pompe ed altrettante condotte di adduzione che consentano un pompaggio, sempre di tipo diretto ed a pressione variabile ognuna regolata in funzione delle caratteristiche altimetriche dell’area di pertinenza.

 

 

 


Nei profili schematici delle figure allegate sono rappresentati alcuni esempi di reti tipiche con le soluzioni possibili. Nella figura n. 1 é rappresentata l’alimentazione dì una città pianeggiante che si suppone poter servire razionalmente mediante la sola regolazione di testa è cioè evitando totalmente gli interventi diffusi in rete.

 

 

 

Nella figura n.2 figura una centro abitato con una parte sopraelevata (tratto B-C) rispetto al resto del territorio servito. Sono possibili due soluzioni : suddividere la rete in due porzioni alimentate in doppio modo dalla centrale ed in dettaglio a pressione piú bassa per il tratto A-B e, tramite una seconda serie di pompe seguita da apposita adduttrice a pressione maggiorata la seconda (tratto B-C). L’altra soluzione prevede di alimentare la zona sopraelevata B-C tramite proprio impianto di risollevamento locale.

 

 

 

Gli stessi concetti sono validi anche per esempio di cui alla figura n. 3 con la sola differenza che le sottoreti a quota altimetrica maggiore sono più di una. Infine l’esempio della figura n. 4 riguarda un’ abitato con un’ampia area situata a quota inferiore del resto della città. Anche in questo caso bisogna ricorrere a due reti separate ed alimentate a pressione differenziata.

 

 

Quello che si vuole sottolineare con gli esempi schematici delle figure n 1-4 è l’opportunità di non seguire le indicazioni della figura n. 5 la quale, in totale conformità con la maggior parte degli acquedotti effettivamente esistenti, si basa su una alimentazione primaria a quota così elevata da garantire il rifornimento di tutte l’area servita e quindi anche quella posta a quota maggiorata, salvo provvedere con valvole locali a dissipare la maggior pressione rispetto a quella di normale utilizzazione dell’utenza. Queste modalità di concepire la distribuzione idropotabile, purtroppo molto diffusa, è, come già detto, una delle cause principali dei molti disservizi degli acquedotti italiani, modalità che sono senza dubbio da evitare soprattutto se la regolazione locale della pressione è attuata tramite valvole inserite utente per utente negli allacciamenti privati e subito a monte del contatore.

 

 

 

4.2) ACQUEDOTTI FUNZIONANTI A GRAVITÀ


La rara e fortunata occasione nella quale l’alimentazione della rete può aver luogo totalmente gravità e cioè senza sollevamento meccanico, rappresenta l’unico caso in cui è consigliabile mantenere lo schema classico della rete munita di vasche di carico adottando sistematicamente la regolazione diffusa in rete attuata tramite una serie di valvole asservite all’impianto di telecomando e telecontrollo. Si tratta cioè di intervenire soltanto con la riduzione programmata della pressione e cioè con le azioni d seconda fase che formano oggetto del seguente cap. 5.

5) LA REGOLAZIONE DIFFUSA DI RETE

Una volta ultimata la sistemazione principale della rete secondo le indicazioni del capitolo 4, un intervento di grandissima importanza è la regolazione minuta, diffusa ovunque la pressione non sia quella regolamentare. Due sono le caratteristiche basilari dell’intervento e si riferiscono prima di tutto alla ubicazione planimetrica in quanto è essenziale che la correzione venga effettuata in tutte le aree che risultano alimentate ad una pressione non regolamentare ed inoltre che la correzione riguardi tutta l’area interessata dall’anomalia.
In secondo luogo è essenziale definire l’entità ed il tipo di correzione che bisogna apportare dì volta in volta e cioè aumento oppure riduzione a seconda che la pressione del momento sia rispettivamente troppo bassa o troppo alta. Nel primo caso si tratta della costruzione dì veri e propri impianti di risollevamento mentre l’alternativa consiste nell’ inserimento di valvole di riduzione asservite in automatico alla pressione di cui tratta specificamente il seguente capitolo 6.

6) LA REGOLAZIONE A MEZZO VALVOLE DI RIDUZIONE

La metodologia si dimostra così importante da essere sovente ritenuta la panacea atta a risolvere tutte le anomalie di pressione di qualsivoglia tipologia di acquedotto superando totalmente le indicazioni fornite ai capitoli precedenti sullo sdoppiamento della regolazione.
Molto spesso ci si trova in presenza di acquedotti che in un primo tempo sollevano l’acqua meccanicamente a prezzo di elevati costi energetici e subito dopo provvedono a dissipare il carico per ricondurre la pressione entro limiti corretti. Questa errata modalità si verifica di solito in acquedotti nati molti anni or sono per servire inizialmente dei centri abitati molto piccoli, acquedotti che sono via via aumentati di importanza attraverso gli anni con successive e disordinate estensioni della rete ed inserimento scoordinato di apparecchiature ed impianti aventi lo scopo di risolvere problemi contingenti. Successivamente la necessità di conglobare la miriade di piccoli servizi idrici in unità grandi e grandissime fino ad assumere caratteristiche regionali ed anche extra regionali, ha dovuto conciliare strutture, di per sé diverse e scoordinate, adottando soluzioni tutt’altro che facili da realizzare e gestire. La pressione di funzionamento delle reti derivata da una situazione del genere è quella che ne ha subito le peggiori conseguenze e solo in quest’ultimo decennio ci si è resi conto della gravità del fenomeno in corso e si è cominciato ad applicare i sistemi di regolazione della pressione stessa potendo così constatare i positivi risultati di tale iniziativa ottenuta grazie all’inserimento diffuso delle valvole di regolazione servoassistite oppure, in questi ultimi anni, anche con l’adozione della distrettualizzazione di cui si è parlato nei capitoli precedenti.
La regolazione che viene proposta in questa nota, detta di seconda fase, fa esclusivamente seguito alla regolazione primaria già indicata pur confermando che negli esempi già realizzati di impiego esclusivo delle valvole si siano comunque ottenuti risultati importanti. Le modalità che si ritengono proponibili sono le seguenti.
Una cosa fondamentale è rappresentata senza dubbio dalla conoscenza sufficientemente dettagliata della rete e degli impianti fino a poterne riprodurre tramite modello matematico il funzionamento nelle diverse condizioni di funzionamento e con un discreto grado di approssimazione dei risultati. Le procedure potranno non essere spinte oltre un certo limite tenendo presente che lo scopo è soltanto quello di definire, tra tante, la soluzione migliore di progettazione delle valvole.
Trattandosi in dettaglio della regolazione minuta zona per zona da eseguirsi tramite valvole di riduzione è importante alternare, a seconda delle circostanze, apparecchiature diverse come ad esempio valvole servoassistite, valvole con comando locale sia asservite alle portate e sia alle pressioni locali, saracinesche servo comandate ecc. con scelte che non possono assolutamente derivare dal mero calcolo ma sono il frutto di un approfondito esame delle disparate modalità di esercizio dell’intera rete svolto dai tecnici con il prezioso ausilio di intere serie di verifiche svolte con ilmodello matematico di calcolo della rete. Tale compito deve essere svolto tenendo presente che, trattandosi di apparecchiature costose e complesse, è necessario ridurre al minimo il numero di valvole ed inoltre limitarsi soltanto a quelle di diametro maggiore. Queste le norme di base orientative delle scelte:
1 – prevedere l’inserimento delle valvole solo nelle condotte che denunciano rilevati escursioni della perdita di carico al variare dei consumi e di solito ubicate nei tronchi che corrono perpendicolarmente alle curve di ugual pressione;
2 – intercettare i collegamenti e gli anelli sovrabbondanti mediante inserimento di saracinesche o valvole a farfalla motorizzate che restano normalmente chiuse ma che possono essere aperte automaticamente nei momenti di necessità accertati dal telecontrollo. Sono sempre da mantenere aperti i tronchi che corrono lungo le curve di livello di ugual pressione in quanto svolgono una azione di equilibratura della pressione senza modificarne il valore in misura determinante;
3 – inserire per prime e solo nelle condotte principali, alcune valvole in numero il più basso possibile ed asservite all’impianto di telecontrollo. Sarà il modello matematico a definire se sono in numero sufficiente;
4 – se necessario aggiungere nelle condotte di minor importanza delle valvole di riduzione della pressione a funzionamento autonomo come ad esempio quelle a pressione fissa a valle o a portata fissa, oppure atte a mantenere a valle una percentuale fissa della pressione di monte oppure temporizzate che consentano maggiori riduzioni di pressione nelle ore notturne.
Per quanto riguarda i tipi di valvole saranno da privilegiare quelle a fuso dotate di cestello anticavitazionale nel mentre si dovrà curare che la loro manovra avvenga molto lentamente per contenere le sovrappressioni di moto vario e che sia evitata la chiusura totale e quindi l’insorgenza di fenomeni di cavitazione.
Una regola importante da tener bene presente in tutte le determinazioni delle caratteristiche da assegnare alle reti di distribuzione e quindi anche a quelle che riguardano l’argomento “valvole di regolazione” riguarda i dati statistici di consumo dell’utenza dai quali risulta chiaramente come i prelievi di punta siano di durata molto limitata verificandosi invece per la maggior parte del tempo consumi bassi e medi. Ne deriva l’opportunità di porre in opera poche valvole servocomandate e di abbondare invece nelle saracinesche motorizzate di cui al punto 2 che vengono automaticamente aperte solo eccezionalmente durante i prelievi di punta i quali, come detto, sono rari.
Gli interventi, condotti adottando rigorosamente questi metodi, produrranno sicuramente risultati importanti del resto già comprovati dalle esperienze compiute.

7) MODALITÀ ESECUTIVE = LA PROGETTAZIONE DEGLI INTERVENTI DA APPORTARE AD UNA RETE ESISTENTE

Come già spiegato, lo scopo della presente nota è promuovere la diffusione di una attività avente lo scopo di praticare la regolazione della pressione di funzionamento degli acquedotti.
All’uopo il ruolo principale è senza dubbio quello svolto da un ufficio tecnico la cui creazione dovrebbe avvenire seguendo le seguenti indicazioni.
1. Disporre di personale altamente qualificato nel campo idraulico e in quello dell’impiego sia progettuale sia di approvvigionamento, posa in opera ed esercizio di componenti elettronici ed elettromeccanici il tutto coordinato tramite computer sia per le verifiche idrauliche ed economiche e sia per il telecontrollo e telecomando delle apparecchiature onde arrivare all’ottimale impiego effettivo delle apparecchiature idrauliche anche servocomandate
2. Impiegare il primo anno di lavoro nel documentarsi sia tramite consultazione approfondita della letteratura tecnica, sia mediante contatti diretti con studiosi e soprattutto con ditte italiane ed estere che praticano la regolazione della pressione sia mediante l’uso delle valvole, sia mediante la distrettualizzazione o con altri mezzi.
3. Fare una ampia indagine sul funzionamento reale degli acquedotti italiani (soprattutto di maggiore importanza) che non sono ancora muniti di sistema di regolazione della pressione, onde capire a fondo i molti difetti e le ragioni vere delle enormi perdite occulte.
4. Pubblicizzare l’iniziata attività proponendo in primo tempo l’offerta di studi eseguiti con basse tariffe.
5. Quando l’attività iniziasse a prosperare, studiare la possibilità di eseguire in proprio e a tariffa piena non solo la progettazione ma anche la fornitura, posa in opera ed anche l’esercizio delle apparecchiature di regolazione. In altri termini costituire una ditta che esegue su incarico la sistemazione dell’acquedotto restando proprietaria delle apparecchiature ed eseguendone in proprio l’esercizio.

8) CONCLUSIONI

Dopo aver descritto la situazione disastrosa degli acquedotti italiani ed in particolare aver insistito sulla assurdità delle grandi perdite occulte che accusano gli acquedotti italiani, si è passati a formulare una proposta di costituzione di una ditta che esegua in proprio lo studio, la costruzione e possibilmente anche la gestione della regolazione della pressione.
Sì ritiene che la situazione economica attuale e le prospettive tutt’altro che rosee dei prossimi anni, che le previsioni future relative sia al fabbisoglano e sia alla producibilità delle fonti, segnalino che le difficoltà, invece di tendere a diminuire, compongano un quadro sempre piú fosco e che pertanto i risultati delle iniziative indicate nel presente lavoro trovino un riscontro destinato ad aumentare con un ritmo sempre piú pressante.
Si auspica perciò che l’imprenditoria pubblica ma soprattutto quella privata faccia propria l’attività di regolazione della pressione delle reti acquedottistiche vista come fonte di sicuro guadagno ed al tempo stesso. come un determinante contributo alla risoluzione di uno dei problemi più pressanti che colpiranno quanto prima la moderna società.

LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI ESERCIZIODELLA RETE CON MINIMA DISSIPAZIONE ENERGETICA

 

1) PREMESSA

Uno degli inconvenienti che compromettono l’efficienza di molti acquedotti sono le perdite occulte che in Italia in questi ultimi anni ed a seguito dell’invecchiamento delle strutture acquedottistiche, hanno assunto valori elevatissimi e molto spesso assolutamente ingiustificati anche in considerazione delle difficoltà sempre crescenti di produzione dell’acqua potabile. Uno dei rimedi che si sta imponendo ovunque perché atto a diminuirne sensibilmente l’incidenza senza dover ricorrere al rifacimento totale delle reti, è la regolazione della pressione di esercizio. Assodato che si tratta di un provvedimento di estrema efficacia, si è fatto ricorso a tutti i mezzi possibili per riportare in ogni evenienza ed in ogni situazione la pressione entro limiti corretti. Un intervento spesso magnificato dalla letteratura tecnica nazionale ed internazionale è basato sulla distrettualizzazione cioè sulla suddivisione della rete in tante parti che si possono facilmente tenere sotto controllo. Un altro provvedimento effettivamente realizzato, e che si sta espandendo a macchia d’olio ovunque per i buoni risultati che se ne possono ottenere, si basa sulla posa in opera e gestione automatica di valvole di riduzione della pressione asservite all’impianto centralizzato di telecomando e telecontrollo con le quali non solo si riesce a mantenere la pressione entro un massimo compatibile con la tenuta e la durata delle tubazioni di rete ma anche a modularla diminuendola sensibilmente durante la notte ed in genere tutti i periodi di bassi consumi. È ben noto come sia durante la notte e più in generale durante i periodi di minore richiesta che si concentra la maggior parte delle perdite.
Si deve rilevare ancora una volta che, se la distrettualizzazione rappresenta una vera sconfitta della moderna tecnica acquedottistica in quanto conduce alla perdita di alcuni dei pregi principali delle reti magliate e cioè la sicurezza di esercizio e le ridotte perdite di carico che ne sono alcune delle ottime prerogative, dall’altro lato la riduzione della pressione operata dalle valvole rappresenta una altrettanto ingiustificata dissipazione energetica, dissipazione non tollerabile soprattutto negli acquedotti che funzionano a sollevamento meccanico in quanto rappresenta né più né meno, la distruzione di una parte di ciò che si è appena creato a prezzo di elevati consumi di energia elettrica.
Il fenomeno è identico a quello che accade quando si azionano i freni di una autovettura: si dissipa una notevole parte dell’energia prodotta dal motore a prezzo di un notevole consumo di carburante.
L’esempio del freno delle autovetture porta ad una ulteriore ed interessante similitudine: così come le autovetture di recente concezione riescono a recuperare gran parte dell’energia di frenata ricaricando con essa gli accumulatori elettrici, in maniera del tutto analoga con le opere qui proposte si ricupera quasi per intero il carico che normalmente viene dissipato dalle valvole di regolazione ottenendo suo tramite l’accumulo dell’acqua in serbatoi distribuiti in rete.

 

2) I CONCETTI FONDAMENTALI

Le valvole di regolazione o, per essere più precisi, di riduzione della pressione di cui si è detto, raggiungono il loro scopo trasformando l’energia in calore che viene immediatamente dissipato. Un diverso modo per ottenere lo stesso effetto di riduzione del carico consiste nel mutarne totalmente la destinazione e precisamente restare in campo prettamente acquedottistico ed approfittare di detto esuberante carico per compiere un’azione utile cioè per accumulare l’acqua, e conservarla pronta per l’uso, in un apposito serbatoio ubicato lontano dalla produzione all’interno della rete di distribuzione. In pratica si tratta di sostituire la valvola di regolazione presente in una condotta principale con un serbatoio effettuando così lo scambio di due dispositivi, valvola e serbatoio che in questo caso hanno funzioni simili ma risultati totalmente diversi. Infatti nel primo caso lo scopo è raggiunto strozzando al punto giusto la valvola di riduzione e nell’altro aprendo opportunamente la valvola di immissione dell’acqua nel serbatoio. In questo caso, che è quello che interessa particolarmente, l’abbassamento della pressione è in gran parte dovuto alle maggiori perdite di carico provocate dall’aumento di portata che si è indotto nella rete, aumento di portata che si traduce in un proficuo collettamento idrico da centro di produzione a serbatoio senza alcun ulteriore dispendio energetico all’infuori del carico idraulico già presente in origine e che le valvole di riduzione andrebbero a dissipare. Permane una piccola perdita dovuta alla dissipazione operata dalla valvola di immissione in serbatoio. La differenza abissale tra i due sistemi citati e cioè valvola nel primo e serbatoio nel secondo, è ovvia ed è data dalla facoltà propria del serbatoio ed assolutamente inattuabile nel caso della valvola, di poter non solo abbassare la pressione in eccesso operando secondo le modalità indicate, ma di agire anche in direzione diametralmente opposta e cioè intervenire positivamente nella regolazione della rete quando la sua pressione di esercizio è insufficiente sia pur a prezzo di un modesto consumo energetico. In definitiva quella proposta è una doppia regolazione della pressione ed è quindi atta quindi a soddisfare tutte le necessità del momento.

 

3) LA RETE REGOLATA A MEZZO SERBATOI

La soluzione che si vuole proporre prevede l’inserimento in rete degli impianti di regolazione della pressione notturna ognuno dei quali è costituito da un serbatoio di accumulo con annessa centrale di risollevamento non presidiati da personale ma asserviti al sistema di telecontrollo e telecomando centrale.
Per chiarire meglio i concetti sarà utile un esempio.
Si debba regolare la pressione di una rete come quella di figura 1 avente una grande estensione in territorio pianeggiante e supponendo sia alimentata da un solo centro di produzione e pompaggio.

 

Figura 1 = esempio di rete unificata di tipo tradizionale ed in territorio pianeggiante

La soluzione comunemente adottata è quella di figura 1 avente una vasca di carico (ad esempio serbatoio pensile) ubicata in testa alla rete nei pressi del centro di produzione e posta ad un’altezza di 70 m necessari perché nell’ora di punta la parte terminale del territorio possa contare su almeno 25 m di colonna d’acqua rispetto al suolo. Si tratta di un sistema di approvvigionamento idrico tra i più diffusi e che, a fronte di una grande semplificazione costruttiva e di esercizio, presenta gli inconvenienti ben noti di pressioni di consegna dell’acqua all’utenza molto variabili, perdite occulte elevate soprattutto durante la notte ed i periodi di bassi consumi quando si registrano anche le maggiori pressioni, ed infine dispendio energetico di pompaggio. Da rilevare che si tratta di territorio pianeggiamte

Figura 2 = rete unificata in territorio pianeggiante con alimentazione a pressione regolata

Nella figura 2 è illustrata una prima possibilità di razionalizzazione consistente nell’eliminare la vasca di carico e nell’adottare il pompaggio diretto in rete a pressione regolata in funzione della portata assorbita. i risultati sono notevoli sia in merito al consumo energetico e alle perdite che subiscono un consistente calo. All’inizio occorre fissare una serie di abbinamenti tra portata immessa in rete e pressione di pompaggio. Il sistema si regola in modo da rispettare in ogni caso la citata corrispondenza tra portata totale immessa in rete e pressione di pompaggio la quale pertanto risulterà tanto più elevata quanto maggiore sarà il consumo dell’utenza. La notte, caratterizzata da bassa richiesta idrica, può usufruire di una pressione di esercizio moderata cui corrisponde una notevole riduzione delle perdite occulte.

Figura 3 = Rete unificata con con pompaggio in diretta a pressione variabile e con valvole di regolazione della pressione

Nella fig. 3 è riportato un ulteriore miglioramenti della rete ottenuto aggiungendo alla precedente  versione di fig. n 2 le valvole di regolazione delle condotte principali cui si devono affiancare quelle installate direttamente in corrispondenza del contatore privato degli allacciamenti di utenza collegati alle condotte non regolate. Il risultato è una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale. Unico inconveniente è quello della dissipazione energetica che, come detto in precedenza, viene operata dalle valvole di regolazione.

FIGURA 4= RETE UNIFICATA CON LA REGOLAZIONE IN PROGETTO

 

Infine la fig. 4 illustra la proposta che forma specificatamente l’oggetto del presente lavoro e che è sinteticamente descritta nel seguito.

La centrale è sempre del tipo con pompaggio diretto in rete a pressione variabile asservita all’impianto di telecontrollo. In rete sono presenti tre serbatoi di compenso locale (n.1 vicino alla centrale di produzione, n. 2 in posizione baricentrica e n. 3 nella parte terminale della rete). Ogni serbatoio è alimentato dalla rete tramite una valvola a fuso che consente di modulare la portata derivata dalla rete ed è munito di pompa a velocità variabile destinata a reimmettere di giorno nella rete stessa il volume d’acqua prelevato dalla rete medesima la notte precedente; il tutto non presidiato da personale ma asservito all’impianto centrale di telecontrollo. La capacità totale dei tre serbatoi è bene sia superiore a quella di normale compensazione delle portate giornaliere in quanto il loro ruolo comprende oltre alla compensazione stessa anche la regolazione della pressione di consegna dell’acqua all’utenza. Da rilevare subito che la possibilità di iniettare una portata suppletiva in diversi punti della rete costituisce di per sé un vantaggio notevole sia in merito alle perdite di carico generali che diminuiscono, sia alla facilità di regolazione della pressione ed infine alla compensazione delle portate giornaliere la quale garantisce che gli impianti di produzione possano mantenere una portata pressoché costante per tutte le 24 ore della giornata tipo.

sempio di grafico delle pression
Esempio di grafico delle pressioni da preimpostare per la rete di distribuzione

La procedura da adottare prevede innanzitutto la definizione a priori del diagramma giornaliero delle pressioni da mantenere minuto per minuto nei punti di consegna dell’acqua all’utenza. Essendo anche necessario stabilire nella rete una certa pendenza notturna della superficie piezometrica necessaria per il riempimento dei tre serbatoi, si può fissare approssimativamente di notte una pressione di 25 m all’inizio rete, di 20 m nella parte mediana e di soli 15 m in quella finale. Durante la giornata non sussiste il problema del riempimento dei serbatoi e quindi si fisseranno le stesse pressioni massime in tutto il territorio pari a 40 m nell’ora di punta ( ore 9 del mattino ) per calare man mano fino alle 23. Per quanto riguarda i livelli dei serbatoi di rete occorre tener presente che essi devono riempirsi durante la notte ( ad esempio nell’intervallo dalle ore 23 alle ore 6 del mattino) nel mentre durante il periodo diurno devono svuotarsi completamente.

 

Esempio di grafico dei livelli
Esempio di grafico dei livelli dei serbatoi  da mantenere nelle 24 ore

Allo scopo si dovrà, analogamente alle pressioni, fissare preventivamente anche il grafico giornaliero dei livelli dei serbatoi in parola tenendo presente che non sarà possibile vengano rigorosamente rispettati ma che venga tenuto conto solo del valore risultante dalla media aritmetica dei valori fissati per il medesimo istante di tutti i serbatoi, come si vedrà più avanti.
Quelli citati sono soltanto dati indicativi, le serie di valori effettivi da prefissare potranno essere definiti meglio in sede di gestione reale della rete.

Una parte determinante è rappresentata dall’organizzazione generale di funzionamento data dall’impianto di telecontrollo telecomando che deve soprintendere al funzionamento degli impianti di pompaggio, alla pressione di consegna all’utenza ed ai livelli dei serbatoi.

Una possibile regolazione è la seguente.

– Durante la giornata (ad esempio dalle ore 6 alle 23) la valvola di immissione nei tre serbatoi è chiusa. Tutta la portata emessa dalla centrale principale annessa all’impianto di produzione viene pompata direttamente in rete. In aggiunta a detta portata ognuno dei tre serbatoi immette nella rete stessa il volume precedentemente invasato e lo fà tramite pompa a velocità variabile asservita alla già citata curva preimpostata delle pressioni di rete in modo da farvi coincidere quella effettiva rilevata dai manometri di rete posti nella porzione di utenza di competenza di ciascuno di essi. In questo modo si fa fronte alle punte di consumo senza modificare la portata della centrale principale  che in ogni caso si mantiene pari approssimativamente al valore del consumo medio giornaliero.. Da rilevare come sia la portata immessa dall’impianto principale a soddisfare la base del diagramma dei consumi mentre sono i tre serbatoi locali a fronteggiare le punte di consumo.

– Nel restante periodo notturno le pompe dei tre serbatoi di rete sono ferme e la regolazione della pressione di rete viene attuata variando l’apertura delle tre valvole a fuso di immissione dell’acqua in serbatoio con una modesta perdita di carico. Ad esempio se i manometri segnalano una pressione maggiore di quella del grafico preimpostato, il telecomando ordina una maggiore apertura della valvola cui corrisponde un maggior volume immesso in serbatoio ed inoltre una minor pressione di rete.

– La centrale di pompaggio principale modula la sua pressione e portata giornaliera in funzione della media aritmetica del valore reale dei livelli dei tre serbatoi di rete che vengono in tempo reale corretti riportandoli mediamente e minuto per minuto al valore prefissato nel diagramma giornaliero tramite regolazione della velocità di rotazione della pompa. In questo modo si otterrà, sia pure in maniera approssimativa in quanto la regolazione è unica per tutti i serbatoi, il loro totale e razionale svuotamento e riempimento giornaliero, ferme restando sia la modalità di regolazione delle valvole di immissione in serbatoio e sia quello di pompaggio in rete da parte delle pompe a velocità variabile annesse ai serbatoi e già indicate.

– A favore di una buona regolazione generale del funzionamento della rete giocano il magliaggio con le molteplici interconnessioni che lo caratterizzano e che produrranno una distribuzione omogenea in tutto il territorio anche al verificarsi di anomalie locali sia nell’alimentazione e sia nel prelievo da parte dell’utenza.

– Il risultato finale dell’organizzazione tecnica descritta sarà caratterizzato dai seguenti elementi:

a) La centrale principale funzionerà con una portata sempre di valore prossimo alla media giornaliera di consumo ma con la caratteristica di immettere in rete una maggior portata durante la notte essendo necessaria per il riempimento dei serbatoi. Tutto ciò offre notevoli vantaggi economici nel costo dell’energia elettrica da impiegare e nella possibilità di sfruttare maggiormente le fonti nei periodi notturni che spesso hanno maggior disponibilità. La pressione sarà regolata in funzione dell’andamento dei livelli dei tre serbatoi di rete ed in modo che, durante tutte le 24 ore della giornata tipo, abbiano a seguire mediamente l’andamento dei livelli stessi in conformità con quanto prefissato nel diagramma giornaliero.

b) La pressione di consegna dell’acqua all’utenza sarà quella fissata preliminarmente ora per ora essendo, nel periodo notturno, modulata dai prelievi dei serbatoi ed in quello diurno dal pompaggio a pressione variabile degli impianti annessi ai tre serbatoi di rete.

c) I serbatoi di rete saranno interamente sfruttati in tutte le giornate e quindi anche in quelle di basso consumo dell’utenza. Sarà proprio in tali giornate, statisticamente in numero preponderante durante l’anno, che essi svolgeranno l’importante ruolo di richiedere un maggior pompaggio notturno rispetto a quello giornaliero con conseguente vantaggio dato dai minori costi dell’energia elettrica e nella maggiore disponibilità delle fonti soprattutto nel caso di prelievo di falda.

d) Il bilancio energetico sarà positivo in quanto;

– la centrale principale funziona con portate vicine alla media giornaliera evitando totalmente quelle di punta e con una bassa prevalenza manometrica totale in quanto atta soltanto a riempire i serbatoi utilizzando tutta la rete la cui caratteristica, come ben noto, è quella di effettuare trasporto di grandi portate con basse perdite di carico;

– l’energia consumata per il risollevamento dai serbatoi locali è minima perchè effettuata a bassa prevalenza vista la loro ubicazione in vicinanza dell’utemnza da servire

4) L’APPLICAZIONE PRATICA DELLA METODOLOGIA PROPOSTA

Nel capitolo precedente si è descritto un esempio il cui unico scopo era soltanto rendere comprensibili i concetti base della soluzione che viene proposta. Si vuole ora far rilevare come essa possa essere utilizzata principalmente per sistemare reti esistenti sia a sollevamento meccanico e sia se funzionanti totalmente o parzialmente a gravità, raggiungendo il duplice scopo di regolarne la pressione e al tempo stesso di fronteggiare le punte di consumo eccezionale. Inutile ricordare come siano questi i difetti che spesso lamentano le vecchie reti di distribuzione ed in maniera più accentuata quelle funzionanti a gravità essendo maggiormente soggette ad escursioni di pressione. Piazzare nei punti dove tali inconvenienti si manifestano in maniera più grave un serbatoio che, riempiendosi durante la notte, riesce ad abbassare fino al giusto limite la pressione e che è pronto nella giornata successiva a soddisfare quelle punte di consumo che mettevano in crisi il sistema, rappresenta, a giudizio di chi scrive, un vero successo ma non l’unico. Infatti se i benefici più consistenti si ottengono nei giorni di punta, quelli relativi a tutto il restante periodo non sono da sottovalutare. Come è ben noto, le normali strutture acquedottistiche sono dimensionate per i consumi dell’ora di punta ma sono ben noti anche gli inconvenienti che si verificano quando la richiesta idrica è molto bassa, inconvenienti che, oltre alle pressioni eccessive in rete, mantengono i serbatoi di compenso sempre pieni 24 0re su 24 impedendo loro di effettuare la compensazione delle portate ed obbligando la produzione a variare in continuazione la portata. Ebbene l’inserimento dei nuovi serbatoi che obbligatoriamente si svuotano in tutte le giornate come sono quelli in progetto, esplica una importante azione di regolazione generale del sistema acquedottistico. I risultati sono amplificati dalle innovative modalità di regolazione descritte nri capitoli precedenti.

5) CONCLUSIONI

Si è descritta una rete di distribuzione in territorio pianeggiante che basa le sue costituzione e regolazione sui seguenti elementi:

Una regolazione capillare della pressione di consegna dell’acqua all’utenza essendo proprio questa la condizione di base che determina la buona qualità di un servizio di alimentazione idropotabile;
– Trattandosi di acquedotto a sollevamento meccanico la soluzione presenta notevoli possibilità di economia energetica;
– Un altro punto fondamentale è costituito dalla possibilità di ridurre al minimo le perdite occulte grazie alla oculata regolazione delle pressioni di esercizio;
– È assicurata una ottimale compensazione delle portate giornaliere ottenuta tramite volumi di invaso distribuiti in rete e quindi in prossimità dei consumi;
– Si sfrutta tutta la rete per il trasporto dell’acqua sia fornita direttamente all’utenza sia di riempimento dei serbatoi di rete e quindi le perdite di carico sono contenute al massimo essendo questa una delle prerogative caratteristiche della rete magliata;
le perdite di carico doivute alle valvole di immissione nei serbatoi di rete e quelle delle pompe di risollevamento dei serbatoi di rete sono modeste e rappresentano una piccola percentiuale delle economie energetiche realuzzate dal sistema.

Da rilevare il duplice e molto diversificato regime di esercizio durante le 24 ore della giornata tipo rispettivamente per la notte e per il giorno. L’impiego prioritario di tutta la rete è concentrato nel periodo notturno allo scopo di trasferire nei serbatoi distribuiti in rete una grande volume idrico che vi permane allo scopo di fronteggiare le punte di consumo del giorno dopo. Tale risultato è ottenuto in maniera del tutto particolare e cioè approfittando dello stesso trasporto idrico per contrastare la naturale tendenza della rete ad assumere elevati valori notturni di pressione in condotta. Una volta riempiti in loco i serbatoi diventa estremamente facile ed economico seguire qualunque richiesta idrica che si presenti nel corso della giornata.
Nel corso della trattazione si è anche indicata l’opportunità di utilizzare le stesse modalità per razionalizzare le reti esistenti ed in maniera particolare quelle funzionanti a gravità.

Il risultato complessivo può definirsi ottimale.

 

 

 

 

 

RETE ACQUEDOTTISTICA INTEGRATA NEL TERRITORIO

1) PREMESSA

Gli insegnamenti impartiti ai giovani ingegneri: alimentare gli acquedotti con alte pressioni di notte quando i consumi sono minimi ed abbassarla quando la richiesta è elevata.

L’alimentazione idrica dei territori pianeggianti risulta razionalmente risolta tramite le reti di distribuzione magliate in uso con risultati soddisfacenti nella gran generalità dei casi. Non é così per le aree montane, collinari o comunque altimetricamente variegate che presentano problemi cui non si é ancora trovato adeguata soluzione tanto é vero che si é sovente costretti a far funzionare la rete di distribuzione con pressioni eccessivamente elevate ma necessarie per vincere i dislivelli altimetrici del territorio salvo poi riportarle entro valori compatibili con l’uso tramite le valvole di riduzione di cui sono muniti gli allacciamenti privati d’utenza delle aree depresse.
Ne é derivata una notevole semplificazione costruttiva degli impianti idrici generalmente costituiti da reti unificate anche in presenza d’aree abitate poste a grandi dislivelli altimetrici l’una dall’altra, cui fanno riscontro inconvenienti di vario genere e, primo fra tutti, quello che costituisce una vera piaga dei moderni acquedotti consistente in  una perdita occulta d’importanti volumi d’acqua.
Scopo del presente lavoro é la descrizione di tali inconvenienti e la formulazione d’alcune ipotesi di una rete di distribuzione atta al funzionamento ottimale qualunque sia l’andamento altimetrico del suolo del territorio alimentato.
Poiché i problemi da risolvere sono, come detto, quelli dei territori aventi notevoli dislivelli altimetrici, é su di loro che viene incentrata gran parte della trattazione. Si vedrà nella parte finale dell’articolo come le opere proposte siano atte all’alimentazione idrica anche dei territori pianeggianti.

 

2) DIFETTI DELLA RETE UNIFICATA

Il funzionamento ad alta pressione é facilitato quando le fonti di un acquedotto si trovano a quote così elevate da consentire l’alimentazione a gravità dell’intera rete di distribuzione di tipo unificato per tutta l’estensione del territorio da servire. Sussistono anche in questo caso gravi problemi quali la necessità di impiegare tubazioni ed apparecchi in grado di sopportare l’anomala pressione, l’usura cui sono necessariamente sottoposti gli impianti, la possibilità tutt’altro che remota dei frequenti guasti che una pressione così alta e soprattutto le relative sovrappressioni per colpi d’ariete, provocano. Ma sono le rilevanti perdite occulte che sempre si verificano in reti di questo tipo a giocare un ruolo fondamentale ed altamente dannoso. Occorre rilevare come la loro presenza rappresenti la condizione “sine qua non” per questi tipi di reti in quanto sono le perdite stesse, e la notevole portata che comportano in condotta, ad impedire che, in presenza di consumi nulli o molto bassi dell’utenza, la rete si metta in idrostatica e quindi sottoponga le zone poste alle quote inferiori a pressioni inaccettabili. In pratica la percentuale di perdita d’acqua delle reti di cui si discute raggiunge e supera il 50% dei volumi immessi rappresentando un onere assolutamente ingiustificato, soprattutto in considerazione della scarsità d’acqua che incombe sulla moderna società.
Ma é nelle reti a sollevamento meccanico che si registra la situazione paradossale di un servizio che, oltre agli inconvenienti citati, accusa anche un notevole dispendio energetico dovuto al pompaggio all’alta pressione d’esercizio di cui si discute, pressione che, come già detto, deve successivamente essere in buona parte dissipata!
Sono quelli indicati i motivi che spingono ad una continua ricerca di risoluzioni nuove basate su un razionale uso dei notevoli mezzi che la tecnologia acquedottistica mette a disposizione. Tra tutte, quella che viene qui illustrata rappresenta un modo per affrontare il problema con metodologie mai sperimentate ma che vengono proposte per iniziarne la discussione ed affrontarne la critica con la speranza di giungere ad una possibile soluzione reale.

 

3) LA RETE PROPOSTA

La rete idrica atta a risolvere i problemi indicati deve possedere i seguenti requisiti principali che, a quanto risulta a chi scrive, non sono mai stati raggiunti a causa delle obiettive difficoltà che sussistono:
a) Una linea piezometrica che, in qualsivoglia territorio sia pianeggiante sia collinare o montano, rimanga parallela al suolo in tutte le condizioni di funzionamento e quindi anche durante i periodi di basso consumo dell’utenza soprattutto notturni;
b) Una pressione di funzionamento sul suolo regolabile in funzione dei consumi e quindi più elevata durante le ore di maggior consumo e, compatibilmente con una alimentazione pur sempre adeguata dell’utenza, più bassa in quelle notturne caratterizzate, oltre che da una più modesta richiesta idrica, anche da minori perdite di carico delle condotte sia stradali che interne alle abitazioni.
Viene esaminata una rete di tipo unificato analoga a quelle citate e comunemente adottate ma dalle quali si distingue nettamente per la presenza di fasce stabilizzatrici poste a quota opportuna ed in linea di massima ogni 50 metri di dislivello. Ogni fascia, avente lo scopo di controllo e regolazione della pressione di rete, é costituita essenzialmente da un serbatoio idropneumatico ad alimentazione propria e da una condotta trasversale di grosso diametro e che si sviluppa all’incirca lungo un’unica curva di livello del terreno e quindi intersecando tutte le condotte longitudinali di rete che, con diametri nettamente inferiori, scendono seguendo, all’incirca, le linee di massima pendenza del suolo. Le caratteristiche del serbatoio idropneumatico, in dettaglio visibili nell’articolo omonimo presente in questo sito sono date, sinteticamente, dalla particolare costituzione della sua vasca che, essendo interamente a tenuta ermetica, é in grado di contenere, oltre ad un gran volume d’acqua, anche, nella sua parte superiore, un notevole cuscino d’aria che gli permette di funzionare a pressione variabile in funzione di quella dell’acqua immessavi dalla condotta d’adduzione e di costituire, al tempo stesso, una riserva d’acqua in pressione pronta ad entrare automaticamente in rete per coprire eventuali picchi di consumo dell’utenza. Sono queste peculiari caratteristiche del serbatoio idropneumatico e la presenza della citata condotta trasversale che, opportunamente regolati dall’impianto di telecomando e telecontrollo, permettono di giungere, come sarà spiegato, agli auspicati risultati.
Sia ad esempio da alimentare, con sollevamento meccanico dell’acqua, un territorio come quello illustrato nella figura 1 e caratterizzato da un dislivello di 130 metri e produzione dell’acqua a quota zero.

 

Fig. 1 = Planimetria rete di distribuzione in territorio a pendenza uniforme

 

La rete di distribuzione che viene proposta é costituita da due distinti tipi di condotte: di piccolo diametro quelle longitudinali ad andamento che segue la linea di massima pendenza e di grande diametro quelle trasversali poste tassativamente lungo le varie curve di livello per costituire la chiusura delle maglie e, in alcuni casi, le citate fasce di stabilizzazione della pressione. Una siffatta disposizione delle condotte garantirà, unitamente a particolari modalità d’alimentazione idrica, un sufficiente parallelismo tra linee piezometriche e profilo del suolo anche per condizioni di funzionamento molto diversificate.
Le tre fasce stabilizzatrici ed i relativi serbatoi idropneumatici sono, nell’esempio, posti rispettivamente a quota 30, 80 e 130 metri e ognuno di loro é in grado di rifornire la rete con una pressione che può andare, in normale esercizio, da un minimo di 15 ad un massimo di 60 metri circa rispetto al suolo dove é ubicato il serbatoio stesso, ma che, in caso d’emergenza, può variare a piacere. Sarà la centrale di sollevamento, tramite i gruppi di pompe e le relative condotte d’adduzione di cui é dotata, uno per ciascun serbatoio idropneumatico e regolati dall’impianto di telecomando e telecontrollo, a fissare la pressione che di ora in ora ogni serbatoio deve mantenere essendo il loro funzionamento asservito alle pressioni reali della rete.
In alcuni casi i serbatoi inferiori risulteranno sempre alimentati dalla rete che li sovrasta la quale ricorre a detto artificio per regolare la sua pressione sempre esuberante rispetto al fabbisogno. Da quest’ultimi serbatoi, i quali, per quanto spiegato, possono anche essere privi di condotta adduttrice, pescheranno alcune pompe sussidiarie di sollevamento regolate in modo da far lavorare in maniera opportuna il serbatoio d’aspirazione stesso.
A questo punto é importante rilevare come sia la pressione della fascia stabilizzatrice a fissare l’andamento della superficie piezometrica, variando di conseguenza la portata in uscita o, al limite, anche in entrata nel serbatoio idropneumatico.
Allo scopo la rete sarà munita di strumenti per la misura e la trasmissione in tempo reale alla centrale di sollevamento di tutti i dati di funzionamento ed in particolare delle pressioni nei punti caratteristici della rete, le portate e pressioni in uscita o in entrata nei serbatoi idropneumatici e dalla centrale di sollevamento, i livelli dell’acqua all’interno di tutti i serbatoi. Per dare possibilità di adeguare la rete alle condizioni reali di funzionamento alcune delle condotte longitudinali in pendenza saranno di diametro superiore a quello di dimensionamento teorico e saranno munite di valvola servocomandata che sarà mantenuta normalmente chiusa o strozzata a seconda delle necessità reali.
La rete descritta sarà dimensionata in modo da soddisfare, sotto la supervisione dell’impianto centrale di telecontrollo e telecomando, le seguenti condizioni:
Durante i periodi di richiesta minima notturna, il serbatoio superiore dovrà immettere in rete la quasi totalità dell’acqua necessaria nel mentre il suo flusso percorrendo l’intera estesa delle condotte longitudinali che, come già precisato, sono di piccolo diametro, assumerà una superficie piezometrica parallela al suolo e ad un’altezza minima da esso data la bassa pressione in cui sono mantenuti i serbatoi. L’andamento di detta superficie piezometrica sarà garantito dalle tre fasce chiamate appunto stabilizzatrici le quali, mantenute appositamente a bassa pressione, interverranno fornendo o ricevendo acqua dalla rete a seconda che questa tenda ad assumere rispettivamente livelli inferiori o superiori di quelli desiderati. Il tutto sulla base delle pressioni reali misurate nei punti caratteristici dell’intera rete e trasmessi in tempo reale al centro.
Quando si arriva all’orario in cui cominciano ad aumentare i consumi dell’utenza, l’impianto deve riportare le pressioni in rete alle quote prefissate per tale orario e detto risultato viene ottenuto aumentando via via le pressioni ai vari serbatoi idropneumatici e curando che, di ora in ora, siano assicurate ai nodi di rete le quote prefissate indipendentemente dalla portata richiesta dall’utenza. Anche in questo caso l’andamento della superficie piezometrica sarà assicurato dalle fasce stabilizzatrici alla cui pressione si adegueranno le condotte collegate variando, di conseguenza, la portata che esse prelevano o immettono nei vari serbatoi.
Nell’ora di massimo consumo i serbatoi tenderanno a portarsi verso le pressioni più alte allo scopo di adeguare le pressioni rilevate in rete ai valori loro prefissati per tale orario e ciò indipendentemente dalla portata realmente richiesta nella giornata in esame.
In definitiva il funzionamento della rete é basato sul mantenimento di una superficie piezometrica sempre sufficientemente parallela al suolo, bassa nelle ore di minor consumo e che aumenta man mano fino ad assumere il suo valore più elevato nell’ora di punta per poi ridiscendere ai valori minimi durante la sera. Se le opere sono correttamente dimensionate, di notte la portata consumata dall’utenza proviene, in massima parte, dal serbatoio superiore ed accusa perdite di carico perfettamente congruenti con l’andamento altimetrico del suolo. Essendo questa una condizione puramente teorica difficilmente attuabile nella realtà, saranno le fasce stabilizzatrici ad intervenire con modeste correzioni nel mentre, qualora tali interventi risultassero eccessivi, sarebbe sempre possibile adeguare la rete operando sulle valvole di regolazione di cui sono, allo scopo, munite alcune delle condotte longitudinali.
Un elemento da tenere sotto controllo é il volume d’acqua che ogni serbatoio rifornisce giornalmente alla rete in quanto, trattandosi d’acqua soggetta a sollevamento meccanico, i costi energetici sono tanto più elevati quanto é maggiore la quota dei serbatoio di arrivo e di conseguenza la prevalenza manometrica delle pompe. Dovrà quindi essere favorita, tramite una attenta progettazione della rete ed un accurato esercizio degli impianti, l’utilizzazione dei serbatoi posti alle quote inferiori e ridotto al minimo l’intervento di quelli più elevati tenuto presente che quest’ultimi, in tutti i periodi di bassi consumi, immettono nella rete la quasi totalità dell’acqua necessaria ma che, trattandosi appunto di consumi ridotti, i relativi volumi d’acqua sono comunque modesti. Sarà soprattutto durante le ore di maggiore richiesta idrica che, compatibilmente con la pressione di rete tenuta costantemente sotto controllo, occorre far funzionare i serbatoi inferiori alla massima pressione e ridurre quella del serbatoio più alto, il tutto reso possibile dalla grande elasticità del sistema e dalla pronta risposta di ogni serbatoio, in fatto di portata emessa, alla variazione della sua pressione di funzionamento. Da rilevare come l’immissione dell’acqua della rete in uno dei serbatoi più bassi effettuata allo scopo di riportare la pressione di rete stessa ai valori prefissati, non comporta la dissipazione del carico idraulico posseduto in quel momento. Al contrario il volume in entrata mantiene la pressione e resta pronto a tornare in rete direttamente oppure tramite le pompe sussidiarie già citate essendo questa una delle caratteristiche precipue dei serbatoi idropneumatici. E’ evidente la profonda diversità con i normali serbatoi di accumulo per i quali ogni immissione d’acqua dalla rete significa portarla immediatamente a contatto con l’atmosfera e quindi perdere tutto il carico idraulico posseduto. Un’altra caratteristica favorevole del sistema é data dalla compensazione oraria di portata che viene in continuo operata dai serbatoi idropneumatici con conseguente eliminazione delle punte massime di prelievo. La portata da sollevare potrà quindi corrispondere, come valore massimo, alla portata media oraria evitando così di usare la condotta di adduzione con le maggiori perdite di carico che le punte di consumo provocherebbero.

 

4) LA CENTRALE DI SOLLEVAMENTO

Il cuore di tutto il sistema idrico che viene qui proposto é dato, per le modalità del tutto particolari di esercizio, dalla centrale di sollevamento.
Essa comprenderà, oltre alle apparecchiature di riserva che dovranno assicurare come minimo un’alimentazione di base in caso di guasto delle apparecchiature principali, altrettanti gruppi di sollevamento ed adduzione quanti sono i serbatoi idropneumatici presenti in rete. Ogni gruppo sarà composto principalmente da una pompa a velocità variabile atta a sollevare con buoni rendimenti elettromeccanici l’intera gamma di portate richieste e da una condotta per l’adduzione di tali portate nel serbatoio di competenza. Le pompe a velocità variabile, come meglio spiegato nell’omonimo articolo visibile nel sito , sono delle normali pompe centrifughe che, essendo abbinate ad un dispositivo elettrico di regolazione della loro velocità di rotazione chiamato inverter, possono cambiare automaticamente ed in continuazione portata e pressione dell’acqua sollevata sulla base agli ordini ricevuti dall’impianto centralizzato di comando e controllo.
I serbatoi più bassi, essendo sempre riforniti dalla rete, in alcuni casi, sono privi d’adduzione propria e sono invece muniti di pompe sussidiarie del tutto analoghe alle altre, destinate però a svolgere lo stesso ruolo di regolazione del livello con modalità completamente diverse cioè non tramite immissione d’acqua ma tramite prelievo dal serbatoio idropneumatico di loro competenza. In pratica queste pompe, anch’esse con asservimento alle pressioni dei nodi, aspirano dai serbatoi inferiori ed immettono la portata in quelli superiori regolando di conseguenza la pressione dell’acqua nel serbatoio di presa.
Molto importante l’impianto di telecomando e telecontrollo che sovrintende al funzionamento di tutte le apparecchiature della centrale e di quelle della rete. Il programma di gestione dovrà consentire innanzi tutto che vengano memorizzati i dati di pressione dell’acqua in condotta che di ora in ora si desidera venga mantenuta nei punti caratteristici della rete, dati che si deve poter variare ed aggiornare in ogni momento sulla base dei risultati reali d’esercizio. L’impianto, ricevute in tempo reale le pressioni effettive di rete, provvederà a modificare la velocità di rotazione fino a riportarle al valore prefissato per ognuno dei punti tenuti sotto controllo. Tale risultato dovrà essere ottenuto facendo intervenire per primi i serbatoi più bassi, e solo quando essi si dimostrano insufficienti, via via quelli posti a quota più elevata. Se necessario l’impianto ordinerà la regolazione delle valvole poste su alcune condotte longitudinali allo scopo di ridurre l’intervento del serbatoio superiore soprattutto di notte

 

5) ESEMPIO DI RETE INTEGRATA

Le modalità di funzionamento della rete di distribuzione acquedottistica che si vuole qui proporre, sono rese meglio comprensibili con un esempio. Per semplicità viene esaminata una rete composta da una condotta singola posta a servizio di un territorio in pendenza. Il suo funzionamento idraulico é simile a quello di una rete magliata destinata a servire la stessa area per cui identiche risultano le conclusioni che se ne possono trarre. La condotta si svolge lungo la linea di massima pendenza del terreno ed é munita di tre serbatoi idropneumatici posti ad un dislivello di circa 50 metri l’uno dall’altro.

 

Fig. 2 = Profilo schematico rete di distribuzione in territori a pendenza uniforme

 

Nel profilo allegato di figura 2 sono riportati i prelievi e i dati di funzionamento per la portata media giornaliera, per quella massima dell’ora di punta ed infine per quella minima notturna. Si vede come, con la regolazione supposta nell’esempio, siano soddisfatte le due condizioni poste come base dell’intera idea progettuale e cioè una piezometrica sufficientemente parallela al terreno ed una pressione sul suolo regolata in funzione dei consumi e quindi rispettivamente alta, media e bassa per le portate massima, media e minima.
Questi i dati salienti di alimentazione dei tre serbatoi. In quello alto (S3) nelle 24 ore viene addotta, tramite propria condotta adduttrice in derivazione dalla centrale di sollevamento, una portata variabile da 28 l/sec a 64 l/sec con una pressione di pompaggio che va da un minimo di 169 m circa ad un massimo di 231. In quello medio (S2) una portata da 17 a 84 l/sec con una pressione da 113 a 189 m e quindi notevolmente inferiore di quella precedentemente indicata per S3. Nel serbatoio inferiore (S1) per la portata massima dell’utenza si ha un’adduzione di 31 l/sec. ad una pressione di 103 m. circa, per la portata media l’acqua in arrivo da monte (1 l/sec.) è quasi nulla a fronte di quella in uscita dal nodo(13 l/sec) per cui l’adduzione ammonta a 12 l/sec. circa mentre per i consumi minimi il serbatoio riceve dalla rete una portata di soli 9 l/sec. (13 – 4) ad una pressione di 61 m. atta a dissipare il carico in eccesso e riportarla quindi entro i valori prestabiliti. Sarà quindi munito di proprio impianto di risollevamento, non indicato nel profilo di fig. 2, che immette quest’ultima portata nel serbatoio medio (S2) con pompaggio asservito alla pressione di rete.
Si rileva come, generalmente, l’impiego delle pompe risulti congruo con una buona economia energetica di sollevamento in quanto i volumi d’acqua addotta sono equamente distribuiti tra i due serbatoi superiori con leggera prevalenza di quello più basso (S2), nel mentre é modesto il volume che, di notte, la rete immette nel serbatoio inferiore (S1) e che, pertanto, deve essere risollevato.
Sussiste un ulteriore fattore che gioca a favore del risparmio energetico dato dall’assenza di picchi di portata dell’acqua da sollevare e quindi delle maggiori perdite di carico, dovuto alla azione di compensazione oraria normalmente svolta dai serbatoi idropneumatici grazie alla quale la portata massima pompata é la Q media oraria.
Interessante rilevare l’importanza del ruolo svolto dal serbatoio S2 nella regolazione della pressione di funzionamento il quale, a tale scopo, varia continuamente la portata immessa in rete. Nell’ora di punta degli 84 l/sec in arrivo dalla centrale, 20 l/sec escono localmente dal nodo, 16 l/sec entrano in rete verso monte e 48 l/sec verso valle. Con consumi medi vi vengono addotti 62 l/sec dei quali 42 l/sec sono diretti verso valle e 7 l/sec verso monte, mentre la notte, con consumi minimi dell’utenza, riceve virtualmente da monte 12 l/sec per mandarne a valle 25: la portata realmente derivata dalla centrale é, quindi, di 17 l/sec dei quali 4 rappresentano il consumo del nodo.
Poichè le difficoltà maggiori di un circuito come quello dell’esempio sono quelle relative alle portate minori, si è spinta la ricerca fino al limite estremo non attuabile nella realtà cioè al caso, puramente ipotetico, di richiesta nulla dell’utenza riportando nel profilo di fig. 2 i relativi dati di funzionamento e l’andamento della linea piezometrica. Anche in tale ipotesi la piezometrica mantiene un buon parallelismo con i suolo. Ne risulta una portata di 18 l/sec contro i 9 l/sec reali con portate minime notturne, portata che, partendo dal serbatoio superiore, percorre la condotta per l’intera sua lunghezza con dissipazione di tutto il carico posseduto, viene immessa nel serbatoio inferiore per essere poi risollevata nuovamente in alto. Il ciclo si ripete per tutto il tempo in cui la portata prelevata dall’utenza è pari a zero.
Quella che appare evidente nell’esempio é la grande elasticità del sistema che consente molteplici varianti d’esercizio e pertanto, senza bisogno di costruire nuove opere, di adeguare il servizio idrico alle più disparate necessità contingenti come sarebbero pressioni di esercizio in tutto o in parte diverse da quelle indicate in profilo. Qualora lo si volesse, si potrebbe anche mantenere in rete una pressione di consegna dell’acqua costante giorno e notte.
E’ da rilevare inoltre come le scelte operate nell’esempio non siano affatto univoche ma che sussistano varianti atte ad adeguare veramente la rete alle caratteristiche del territorio. Basti pensare alla quota altimetrica di progetto dei serbatoi idropneumatici da cui possono derivare sostanziali differenze costitutive e di esercizio della rete. Nell’esempio i serbatoi sono stati posti ad un dislivello di circa 50 metri l’uno dall’altro. In sede di progettazione esecutiva sono invece da esaminare attentamente tutti gli elementi che influiscono sulle quote potendo scegliere anche un dislivello notevolmente maggiore (ad esempio 100 metri) da uno all’altro come pure uno inferiore come ad esempio 20 soli metri. Nel primo caso si otterrebbero una struttura acquedottistica più semplice e minori spese di costruzione ma un onere di esercizio più elevato dato dalla maggior prevalenza delle pompe e da una maggiore dissipazione di carico idraulico. Nell’altro caso si avrebbero risultati opposti dati dalla grande facilità e possibilità di regolazione che il modesto intervallo altimetrico allora esistente da un serbatoio all’altro e la grande escursione di pompaggio propria delle pompe a velocità variabile consentirebbero di attuare, il tutto a prezzo di un più elevato costo delle opere.
E’ interessante anche esaminare quale sarebbe il funzionamento di una rete di tipo tradizionale che sostituisse, nell’esempio, la rete integrata descritta. Trattandosi di rete unificata l’intera portata dovrebbe essere sollevata alla massima pressione, valutabile in circa 230 metri, non solo di giorno ma anche nei periodi notturni di scarso consumo idrico. Per tutta la durata di questi ultimi l’intera rete tenderebbe a lavorare in idrostatica cioè con una pressione di circa 180 metri e quindi assolutamente inadeguata per le zone basse. Inutile far rilevare come questa sia una condizione puramente teorica in quanto nella realtà sono le perdite occulte che, aumentando tassativamente e vertiginosamente, assicurano una pressione notturna inferiore.
Ciò spiega l’insorgere nella rete tradizionale di tipo unificato dei difetti già elencati e soprattutto le rilevanti perdite occulte che tali reti inevitabilmente accusano.


6) APPLICABILITA’ DEL SISTEMA

Si é visto come la rete integrata descritta nei capitoli precedenti sia atta alla distribuzione dell’acqua in territori ad elevata pendenza del suolo. Si vuole ora far rilevare come le sue doti di grande flessibilità costruttiva e di esercizio le consentano di ottenere lusinghieri risultati qualunque sia l’andamento del terreno da servire.
Esaminiamo il caso, tutt’altro che raro, di una città composta da un’ampia zona pianeggiante a bassa quota dalla quale emergono aree collinari abbastanza elevate. In tale situazione una rete di tipo tradizionale con una superficie piezometrica che segua le bizze del terreno é assolutamente impensabile tanto é vero che vi si rinuncia a priori e si ricorre frequentemente ad una rete unificata funzionante con la pressione necessaria per superare il culmine delle aree collinari nonostante vi trovino origine tutti gli inconvenienti elencati nell’apposito capitolo.
Anche ad una situazione così critica si può porre rimedio con una rete integrata che sia munita di serbatoi idropneumatici ubicati uno su ogni sommità collinare ed uno o più serbatoi dello stesso tipo posti a tutela dell’area pianeggiante.

 

Fig. 3 = Schema di rete di distribuzione in territorio collinare

 

Come risulta dalla planimetria schematica della figura N. 3 allegata, le condotte longitudinali di rete di piccolo diametro si dirameranno dal serbatoio di sommità a raggiera e seguendo le linee di massima pendenza di ogni collina mentre saranno previste in orizzontale le fasce di stabilizzazione della pressione nelle aree più basse composte, come già spiegato, da condotte di grande diametro per la chiusura delle varie maglie. Anche in questo caso troveranno conferma le ottime caratteristiche della rete integrata che consentiranno, pur in presenza di un territorio così difficile, di realizzare una vera e propria modellazione della superficie piezometrica perfettamente congruente con il suolo di cui segue la complessa configurazione plano-altimetrica.
Molto interessante risulta l’adozione della rete integrata nei grandi e grandissimi agglomerati urbani con notevoli dislivelli altimetrici ma lieve pendenza del suolo e quindi con grande estesa delle aree da servire. In tale evenienza, distribuendo i serbatoi idropneumatici e le annesse fasce di stabilizzazione uniformemente in tutta l’area e ad un dislivello molto limitato uno dall’altro, pari ad esempio a soli 20 metri, é possibile operare con continuità una regolazione fine della superficie piezometrica della rete con ottimi risultati di gestione.
Se, come ripetutamente dimostrato, la rete integrata risulta particolarmente adatta alla alimentazione idrica dei territori altimetricamente variegati, essa si dimostra valida, con una sola riserva, anche in caso di territori pianeggianti. La grande elasticità di esercizio che deriva dall’abbinamento tra serbatoi idropneumatici e pompe a velocità variabile utilizzati secondo le modalità quì riportate, unitamente ad una oculata ubicazione dei serbatoi stessi nel baricentro delle zone abitate dove sono concentrati i maggiori consumi idrici o comunque nelle zone dove si vuole tener sotto controllo la pressione di esercizio, ubicazione in questo caso resa possibile dalla planarità delle aree da servire, conferiscono alla rete integrata dei territori pianeggianti notevoli vantaggi che si aggiungono a quelli elencati per le aree collinari e che sono dati soprattutto dalle ancora più avanzate possibilità di regolazione del pompaggio che dette reti consentono. Resta da sciogliere la riserva rappresentata dalle perdite di carico accusate dalle condotte adduttrici che alimentano i serbatoi idropneumatici il cui ammontare può risultare eccessivo e far propendere, nelle aree pianeggianti di cui si discute, per soluzioni tradizionali basate sulla adduzione dell’acqua tramite la stessa rete magliata e quindi con eliminazione delle adduttrici stesse.
In definitiva si può affermare che la rete integrata che forma l’oggetto della presente nota si presta all’alimentazione idrica di qualsivoglia territorio essendo sufficiente un’attenta ubicazione dei serbatoi idropneumatici e delle fasce di stabilizzazione per ottenere ottimi risultati sia per quanto riguarda le spese energetiche di pompaggio in quanto é possibile graduare in continuità la prevalenza delle pompe, sia per il contenimento delle perdite occulte reso possibile dalla riduzione notturna della pressione di rete, sia per le minori spese di manutenzione della rete che può lavorare sempre a pressioni contenute ed infine nella corretta pressione di consegna dell’acqua all’utenza essendo sempre possibile graduarla in funzione dei risultati che si vuole ottenere. Le sue caratteristiche di esercizio la rendono particolarmente adatta a risolvere i gravi problemi che nascono quando il territorio da servire è altimetricamente variegato.

7) INTEGRAZIONE DELLE RETI ESISTENTI

Nei capitoli precedenti si è illustrata una metodologia innovativa per la costruzione “ex novo” di acquedotti in territori comunque disposti e particolarmente per quelli ad andamento altimetrico variegato.
Nella reale situazione del rifornimento idrico delle nazioni evolute, si rileva come sia molto raro dovervi costruire nuovi acquedotti mentre sussiste un sentito bisogno di sistemare un gran numero di quelli esistenti che, per le ragioni più disparate, accusano i gravi difetti di esercizio di cui si é ripetutamente discusso. Il caso più frequente é quello di servizi idrici, soprattutto se relativi a territori vasti e difficili da alimentare, che sono derivati da una serie d’interventi succedutisi disordinatamente attraverso gli anni per seguire l’evolversi della richiesta idrica. Alcune volte, é stata la scarsa disponibilità economica in fase di realizzazione a provocare le gravi anomalie di costituzione degli impianti.
In tutti questi casi l’adozione della metodologia quì propugnata consente di razionalizzarne le esistenti reti di distribuzione senza modificare la loro costituzione di base. Si tratterà semplicemente di aggiungere al loro interno i serbatoi idropneumatici con le relative fasce di stabilizzazione ubicati in posizione opportuna e di modificare il sistema di sollevamento ed adduzione dell’acqua tramite installazione di pompe a velocità variabile, annesse condotte adduttrici ed impianto di telecomando e telecontrollo, il tutto in ottemperanza alle indicazioni fornite ai capitoli precedenti.
Si fa notare come le fasce stabilizzatrici della pressione da inserire in rete e che dovrebbero svilupparsi, come precedentemente indicato, in orizzontale, possano anche seguire un andamento altimetrico qualsiasi purché ognuna di esse ritorni in quota in corrispondenza di tutte le sue intersezioni e collegamenti con le condotte longitudinali, essendo la condizione sufficiente perché esse conservino la loro funzionalità di base. Questa possibilità facilita la esecuzione delle fasce stabilizzatrici tutte le volte che, sopratutto nelle aree già servite d’acquedotto come quelle di cui si parla, la situazione dei luoghi imponga tracciati che divergono rispetto alle curve di livello prestabilite salvo poi risalire o discendere in vicinanza e parallelamente alle condotte esistenti fino a realizzarne il collegamento esattamente in quota.
Qualora le condotte longitudinali di rete esistente che corrono lungo le linee di massima pendenza del suolo risultassero sovrabbondanti, dovrebbero esservi inserite delle valvole tarabili di riduzione per arrivare, nei casi estremi, alla loro chiusura totale.
Dall’insieme di opere descritte si otterranno risultati notevoli prima tra tutti la completa modellazione della superficie piezometrica di funzionamento che ovvierà al difetto principale e cioè alla inadeguata pressione di consegna dell’acqua.
In definitiva gli interventi di sistemazione di acquedotti esistenti che gli aumentati costi di gestione e le difficoltà di reperimento d’acqua rendono sempre più pressanti e diffusi, costituiscono un vasto settore di applicazione delle metodologie quì propugnate.
Da rilevare come l’inserimento delle nuove opere in un abitato sia facilitato dal fatto che esse non contemplano manufatti fuori terra ma solo condotte di adduzione e serbatoi idropneumatici la cui ubicazione ideale è nel sottosuolo e quindi senza problemi di impatto ambientale. Ben diversa e, ad avviso di chi scrive tecnicamente errata, la soluzione molto spesso adottata per ottenere gli stessi risultati mediante edificazione di serbatoi pensili. La loro presenza nelle città, oltre all’ingombro di opere alte una trentina di metri, comporta, dal punto di vista idraulico, risultati di esercizio completamente diversi da quelli auspicabili e cioè una piezometrica fissa per qualsivoglia richiesta idrica dell’utenza il che significa contravvenire ad un regola fondamentale di corretto esercizio. Essa provoca inoltre, per i consumi minimi, lo sfioro di rilevanti volumi della sempre più preziosa acqua resi necessari per riportare la piezometrica al valore prefissato.

8) CONCLUSIONI

Le difficoltà ed i poco confortanti risultati di esercizio, primo tra tutti la persistenza di perdite occulte elevatissime, fanno annoverare gli acquedotti a servizio delle aree montane, collinari o comunque ad andamento altimetrico molto vario, tra i più difficili da realizzare e gestire.
Nell’articolo, dopo un’accurata disamina dei difetti presenti nei sistemi acquedottistici in tali casi comunemente adottati, si descrive una rete di distribuzione di nuova concezione, basata essenzialmente sull’abbinamento tra pompe a velocità variabile e serbatoi idropneumatici ed opportunamente definita “integrata” in quanto si adatta perfettamente al territorio servito. Nell’articolo si dimostra come essa sia atta ad effettuare una corretta ed economica alimentazione idrica di territori aventi una qualsivoglia configurazione altimetrica ma particolarmente di quelli caratterizzati, appunto, da notevoli dislivelli del suolo. Sono illustrate, con l’ausilio di schemi e profili piezometrici, le caratteristiche costruttive e di esercizio delle opere mettendo in risalto i vantaggi ottenibili e resi ancora più evidenti dal raffronto tra rete integrata e reti tradizionali.
Viene messo in evidenza come la nuova metodologia possa trovare un utilissimo impiego anche nella razionalizzazione di reti di distribuzione esistenti e funzionanti, soprattutto in aree altimetricamente variegate, in modo anomalo.
La dimostrazione, presente alla fine dell’articolo, che le opere proposte sono atte a svolgere un ruolo fondamentale anche per l’alimentazione di territori pianeggianti, non può che far crescere l’interesse per gli innovativi schemi idrici proposti anche se meramente immaginari e quì indicati al solo scopo di promuovere la ricerca di soluzioni valide di problemi così importanti e a tutt’oggi mai risolti come sono quelli evidenziati.

Bibliografia

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– M. Meneghin – L’utilizzazione delle elettropompe a velocità variabile negli acquedotti – L’ACQUA n. 6/2004

– M.Meneghin – Fabbisogno, consumi, portate e perdite nella pratica di esercizio delle reti di distribuzione d’acqua potabile a sollevamento meccanico – L’ACQUA n. 4/1999

– M. Burin – Le réservoir hydropneumatique de Chantilly – Tecnique e Sciences Municipales – Mars 1969

– J.Cheron – Resérvoir pression de grande capacité – T.S.M. L’Eau octobre 1988

 

aggiornato novembre 2005

RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

1) INTRODUZIONE


Le reti di distribuzione d’acquedotto dei tipi classici più diffusi rappresentani lo scoopo del presente lavoro nel qiuale vengono documentate  le incongruenze di funzionamento  mentre nel contempo venmgono esaminate  la possibilità di ovviarvi con soluzioni razionali ed economiche.
Si assume come esempio una rete semplice (vedi fig.1) ma atta ad evidenziare i fenomeni che si vuole descrivere. In ossequio alle migliori tradizioni acquedottistiche e ai dettami della letteratura tecnica, essa presenta le seguenti caratteristiche:
· insieme di condotte a maglie chiuse e aperte estese a tutto il territorio da servire costituito da un nucleo centrale a maggior consumo, una periferia con consumi distribuiti e con alcuni utenti particolari (nodi 105,116,117 );
· alimentazione tramite un unico impianto di produzione e sollevamento a prevalenza fissa destinato ad immettere in rete la portata media giornaliera e munito di vasca di carico (S1) avente la funzione di stabilizzare la pressione di partenza della rete;
– compensazione delle portate effettuata a mezzo dei tre serbatoi pensili di rete (S2,S3,S4) (quindi acqua in quota) che accumulano durante i periodi di bassi consumi (presumibilmente la notte) i volumi d’acqua in eccedenza rispetto alle richieste dell’utenza per reimmetterli in condotta onde far fronte alle punte di consumo.

Schema rete di distribuzione con serbatoi pensili
Schema rete di distribuzione con serbatoi pensili

Una rete come quella descritta, secondo le opinioni maggiormente diffuse, costituisce l’optimum in quanto è in grado di garantire costanza e sicurezza di funzionamento assieme a stabilità della pressione di esercizio dovute alla presenza della vasca di carico in testa alla rete ed altresì economia nella spesa energetica di sollevamento dato che centrale e condotte principali recapitano con continuità la sola portata media evitando il funzionamento di punta che comporterebbe invece onerose dissipazioni energetiche.
Lunghe esperienze di attento esercizio hanno dimostrato che le cose si svolgono, nella realtà spesso incognita anche allo stesso gestore, in maniera totalmente diversa:
· nel mentre l’utenza proprio nei periodi di maggior consumo viene alimentata con le pressioni più basse a causa delle perdite di carico in tali evenienze particolarmente elevate, si verificano invece pressioni di consegna esuberanti durante i periodi notturni o comunque di basse portate cui consegue un duplice danno: quello dovuto all’ovvio dispendio energetico e quello dovuto alle perdite di rete che, a causa della maggior pressione, aumentano notevolmente.
I serbatoi di rete, essendo dimensionati per la punta di consumo, funzionano correttamente solo per periodi brevissimi mentre per la stragrande maggioranza delle giornate rimangono inattivi quando addirittura non sfiorano mandando a scarico importanti quantitativi d’acqua preziosa;

Come è ben noto, la portata che un serbatoio di rete come quelli in argomento può derivare o immettere in condotta è, in ogni istante, funzione di numerosi e variabili fattori tra cui la pressione di esercizio, quella di consegna all’utenza da cui dipende, in parte, il consumo, il livello dell’acqua nel serbatoio stesso che è funzione, a sua volta, dei volumi invasati o svasati in precedenza, ecc. ecc. Tale portata, pertanto, difficilmente viene a coincidere con quella necessaria per la compensazione delle portate, compensazione che viene quindi ed in buona parte a mancare.
Nella pratica gestione degli acquedotti, si rimedia maggiorando le condotte di rete in modo che gli impianti di produzione vi possano immettere, nelle ore di punta, una portata superiore a quella media prevista in origine e modulare la loro portata mediante dissipazione del carico idraulico ottenuta strozzando la valvola posta a valle della vasca di carico o facendo funzionare a canaletta le condotte in uscita dalla vasca stessa.
La diminuzione di pressione che tale operazione comporta nella rete, provoca il provvidenziale intervento dell’invaso ancora contenuto nei serbatoi.
Il risultato finale che così si ottiene è caratterizzato da:
· compensazione giornaliera delle portate effettuata solo in parte dai serbatoi di rete ed in parte dagli impianti di produzione;
· utilizzazione dei serbatoi a prezzo di una diminuzione della pressione di rete che a volte si rivela inadatta ad una corretta alimentazione dell’utenza;
· onerosa dissipazione di energia necessaria per abbassare la pressione di pompaggio subito a valle della vasca di carico.
· mancata utilizzazione della rete per il riempimento dei serbatoi nei periodi di bassi consumi. L’invaso viene invece effettuato durante i periodi di consumo medio quando le perdite di carico delle condotte sono ancora rilevanti.
In definitiva viene a mancare, per i serbatoi di compensazione in rete, l’assunto di base. Essi rimangono quasi sempre pieni mentre, nella migliore delle ipotesi, viene utilizzata solo una parte del loro volume utile, a prezzo di un funzionamento anomalo delle condotte di rete e degli impianti di
 produzione. Un altro fenomeno che ha luogo nei giorni di alto consumo dell’utenza è lo svuotamento anticipato dei serbatoi i quali, molto spesso, al momento della punta di consumo sono già vuoti e quindi non collaborano affatto a a soddisfarla.

 

2) VERIFICA DELLA RETE CLASSICA

 

Volendo verificare anche dal punto di vista teorico i concetti esposti, viene esaminata in dettaglio la rete di esempio: le conclusioni cui si perviene, confortanti quelle sperimentali, potranno, in un secondo tempo, essere estese anche a reti complesse.
Definito il diagramma giornaliero dei consumi dell’utenza del tipo che comunemente si può riscontrare in cittadine medie, si è passati alla verifica del funzionamento idraulico in moto permanente dell’insieme centrale di alimentazione/condotte/serbatoi.
Per i calcoli si è utilizzato un programma per personal computer che, oltre a consentire il calcolo della rete a maglie chiuse in un determinato istante tenuto conto della situazione degli impianti e dei consumi ai nodi nell’istante medesimo, permette anche di definire l’evoluzione nel tempo dei serbatoi ed in genere di tutta la rete, in funzione della variazione dei consumi dell’utenza secondo il citato diagramma di consumo giornaliero.


Si sono fissate le seguenti ipotesi di base:
1 – compensazione giornaliera delle portate effettuata dai serbatoi inseriti in rete (anche se in alcuni casi ciò non ha luogo che parzialmente)
2 – serbatoi a sezione costante
3 – serbatoi ad altezza infinita (le quote di minimo e massimo livello vengono determinate in un secondo tempo)
4 – esame della rete nell’intero arco della giornata tipo mediante serie di calcoli di verifica del suo funzionamento idraulico (moto permanente) per intervalli temporali brevi (15 minuti) in modo da rendere ininfluente, ai fini del calcolo del livello dei serbatoi, la differenziazione di portata entrante od uscente dai serbatoi stessi durante l’intervallo considerato.
5 – ripetizione delle serie di calcoli per almeno cinque giornate consecutive con identico diagramma di consumo dell’utenza in modo da raggiungere la stabilità del ciclo giornaliero sia per quanto riguarda i livelli dei serbatoi che la portata immessa in rete dalla centrale.
Nella prima serie di calcoli si sono ripetute le verifiche considerando diversi tipi di serbatoi in modo da esaminarne il comportamento in funzione della loro superficie utile. I risultati sono riportati nella seguente tabella I e nei grafici delle figure n. 2 e 3.

 

Esaminiamo il comportamento nel giorno di massimo consumo della rete alimentata dalla centrale o dal serbatoio a pressione o livello costanti (calcoli n. 1/I, 2/I 3/I, 4/I e figg. 2, 3).
Innanzitutto viene confermato che, essendo presenti serbatoi collegati alla rete senza interposizione di apparecchiature di sorta, non è possibile che la centrale immetta in rete una portata costante e di valore pari alla media giornaliera e che i serbatoi di rete, pur se di altezza infinita, abbiano da attuare la totale compensazione delle portate.
La inevitabile variazione di portata della centrale, pari a 290.2 l/s per serbatoi da 200 mq di sezione diventa sempre più’ piccola man mano che aumenta la sezione utile (è pari a 114.3 l/s per serbatoi da 1000 mq) e di conseguenza la curva rappresentativa della portata della centrale nelle 24 ore si appiattisce sempre di più’ avvicinandosi (senza mai eguagliarla) alla retta della portata media giornaliera.
Si constata come i serbatoi effettuino, trattandosi della giornata di massimo consumo, una buona compensazione del consumo di punta che alle ore 8-9 ammonta a 1350 l/s risultando sufficiente, per tale periodo, una portata della centrale prossima a quella media giornaliera (900 l/s). La portata della centrale raggiunge il valore massimo al pomeriggio quando i serbatoi sono vicini allo svuotamento totale e non, come a prima vista sembrerebbe logico, al mattino quando i consumi dell’utenza sono più elevati.
Il riempimento dei serbatoi ha luogo, in tutti i quattro casi esaminati, dalle ore 21 alle ore 6 circa quando essi raggiungono il loro livello massimo. Ha inizio allora la loro fase attiva con immissione in rete dell’acqua accumulata. Viene qui in luce una delle incongruenze del sistema in quanto il volume prezioso d’acqua in quota non viene, nel periodo di tempo che va dalla sei alle sette circa, utilizzato per coprire le punte di consumo, ma va invece ad alimentare una utenza avente consumi addirittura inferiori alla portata media e che, in quanto tali, potrebbero benissimo essere soddisfatti direttamente dalla centrale.
Per quanto concerne la funzionalità dei serbatoi risulta che, aumentando la loro superficie utile (da 200 a 1000 mq cadauno nell’esempio), si ottiene una miglior utilizzazione del volume disponibile il cui quantitativo passa dai 9100 mc con serbatoi da 200 mq a 10370 con serbatoio da 1000 mq, senza però raggiungere la cubatura necessaria per la totale compensazione che ammonterebbe a 11200 mc circa. Con la superficie maggiore (1000 mq) si ottiene, ovviamente, una minore escursione di livello di tutti i serbatoi e quindi anche della rete ed una minore escursione di portata tra mattina e sera nella centrale di sollevamento.
Esaminando il grafico (v. fig. 4) che rappresenta il volume utilizzato in funzione della superficie dei serbatoi si constata però come l’aumento di volume ottenibile dalla maggior sezione dei serbatoi non sia direttamente proporzionale alla superficie stessa ma segua una curva quadratica per cui i benefici ottenibili si attenuano all’aumentare della superficie. La soluzione ottimale dipende pertanto dalle caratteristiche proprie di ciascuna rete e dai costi di costruzione e di esercizio che le varie soluzioni comportano.

 

Le altezze utili che dovrebbero assumere i serbatoi nell’esempio sono esagerate sia per le difficoltà costruttive che ne deriverebbero sia per le eccessive escursioni di pressione che esse indurrebbero nella rete. Sono state scelte perché, trattandosi di una mera esercitazione teorica, rendono più evidenti i fenomeni che si vogliono qui illustrare.
Definite come sopra le caratteristiche geometriche dei serbatoi e supposto che siano dotati di valvola di efflusso a galleggiante che si chiude quando il serbatoio è pieno onde evitarne gli sfiori, si è passati all’esame del loro comportamento durante il resto dell’anno sempre considerando che la centrale di pompaggio funzioni a pressione costante (100 msm).
E’ in questa fase che vengono alla luce le più gravi carenze del sistema acquedottistico in esame. I serbatoi, dimensionati per un corretto funzionamento nel giorno di punta, diventano scarsamente utilizzabili in tutti gli altri giorni a causa delle minori perdite di carico che si verificano in rete.
Se si considera la curva di frequenza dei consumi medi giornalieri di un acquedotto tipo (vedi fig. 13.1 più avanti) dalla quale risulta che essi assumono valori elevati (normalmente utilizzati per il dimensionamento degli impianti) per pochissime giornate, e che pertanto i benefici ottenibili dai serbatoi nella misura sopra descritta si limitano a pochissimi casi mentre durante tutto il resto dell’anno la loro funzionalità è notevolmente ridotta, si può concludere che il sistema di alimentazione delle reti con centrali a pressione fissa deve essere abbandonato.

Ad esempio se si esaminano i risultati del calcolo n. 5/I riportati in tabella e nel grafico di fig. 5 e che sono relativi a serbatoi da 200 mq di sezione con quote di sfioro e fondo definite come sopra e ad un giorno nel quale gli utenti hanno un consumo corrispondente alla media annua (cioè con portata media giornaliera pari a 600 l/s) si constata come la pressione di rete sia per molte ore più elevata del livello massimo dei serbatoi i quali, durante tale periodo, rimangono chiusi e quindi inoperosi. Il contributo che essi prestano alla rete è limitato al periodo che và dalle ore 7 alle ore 11 durante il quale, immettendo in rete un volume totale di 1080 mc, riescono ad contenere la portata massima della centrale entro 763 l/s circa a fronte di un consumo istantaneo massimo dell’utenza di 900 l/s. L’accumulo di detto volume ha luogo nelle ore immediatamente successive e cioè dalle ore 11 alle 16 circa. Viene così a mancare totalmente la loro funzione precipua che dovrebbe essere quella di accumulare di notte i volumi d’acqua da restituire alla rete il giorno successivo. I serbatoi, la cui capacità totale è pari a 9280 mc, vengono utilizzati nella giornata di consumo corrispondente alla media annua, come già detto, per totali mc. 1080 corrispondenti ad una percentuale del solo 12%. Per quanto riguarda la pressione di consegna dell’acqua all’utenza si rileva come essa sia corretta solo durante i periodi di consumo elevato mentre per buona parte della giornata e per tutta la notte si verifichi un inutile carico residuo. Da tener presente che nei periodi notturni quando il consumo dell’utenza diventa quasi nullo ed i serbatoi sono pieni e quindi con la valvola di efflusso chiusa, la piezometrica di rete diventa quasi coincidente con la statica (100 msm) il che significa raddoppiare la pressione di consegna con tutti i danni che ne derivano. Se si tiene conto che i consumi per lunghi periodi si mantengono su valori ancora inferiori di quello medio annuo appena considerato, si giunge all’ovvia conclusione che, nella realtà, i serbatoi sopraelevati della rete alimentata a pressione fissa sono praticamente sempre pieni ed inutilizzati e che la pressione di consegna è quasi costantemente troppo elevata.
Prescindendo momentaneamente dalla reale consistenza della rete precedentemente descritta, si è passati a verificare quali sarebbero le sue condizioni di funzionamento qualora, soppressa idealmente la vasca di carico posta in testa, la centrale di sollevamento fosse del tipo ad immissione diretta in rete ed a portata costante per tutte le 24 ore della giornata. Tali modalità, che possiamo definire di tipo scolastico in quanto non attuabili nella pratica di esercizio, sono state esaminate al solo scopo di costituire la soluzione teorica ideale cui paragonare tutte le altre.

I risultati, relativi al giorno di max consumo e riportati in colonna n. 6/I

ed illustrati nel grafico di fig. n. 6, confermano che la centrale, per mantenere costante durante il corso della giornata la sua portata, dovrebbe variare notevolmente la pressione di pompaggio mentre i serbatoi, per poter effettuare tutta la compensazione, dovrebbero avere altezze utili di invaso maggiori di quelle determinate come sopra. Nel caso in esame si passa da un pompaggio massimo di 113,98 msm al mattino ad un minimo di 94,04 la sera mantenendo all’incirca un dislivello costante durante l’arco di tutta la giornata, rispetto ai livelli dei serbatoi.

Nella colonna 7/I nel grafico della fig. 7 sono riportati i risultati del calcolo di verifica nel giorno con consumi corrispondenti alla media annua (600 l/s) con centrale a portata fissa pari a 600 l/s e serbatoi da 200 mq che effettuano la compensazione delle portate. Il risultato più saliente è dato dal notevole abbassamento della prevalenza di pompaggio con una compensazione totale delle portate mediante utilizzazione di una capacità di 7464 mc.
Le conclusioni finali ricavate dalle serie di calcoli di verifica sopra riportati sono le seguenti:
· la rete classica, essendo dotata di vasca di carico che stabilizza la pressione di partenza ed essendo la quota di tale vasca definita in funzione delle portate di punta, lavora per lunghi periodi con valori di pressione di consegna dell’acqua inutilmente elevati il che comporta, oltre che un anomalo ed inutilmente dispendioso rifornimento idropotabile anche un aumento delle perdite notturne di rete con maggiori costi di produzione d’acqua;
· i serbatoi di compenso in rete sono per la maggior parte dell’anno scarsamente utilizzati costringendo la centrale ad immettere in rete portate quasi nulle durante la notte ed in genere i periodi di bassi consumi e maggiori della media giornaliera nelle ore di punta. Ne deriva necessità di maggiori diametri delle condotte di rete ed una loro anomala utilizzazione con maggiori perdite di carico ed ovvie maggiori spese di sollevamento.

 

3) LA RETE IDEALE

Nella ricerca di una soluzione atta ad ovviare ai difetti descritti si adotta una filosofia completamente diversa da quella che caratterizza la rete classica: attribuire priorità assoluta alla pressione di consegna dell’acqua all’utenza considerato che essa è l’elemento determinante dell’esercizio. Tutto il funzionamento dell’insieme acquedottistico sarà condizionato al raggiungimento di tale risultato. 
In pratica vengono prefissati valori di pressione all’utenza:
· elevati per il soddisfacimento del fabbisogno di punta;
· medi per i periodi di consumo medio bassi;
· minimi per le ore notturne caratterizzare da bassi consumi.
L’assetto degli impianti viene rivoluzionato: non più vasca di carico che fissa inderogabilmente la pressione di partenza ma centrale ad immissione diretta in rete e a pressione variabile con asservimento a quella finale dei nodi più rappresentativi della rete rilevata e trasmessa con continuità ed automaticamente alla centrale.
Anche i serbatoi di compenso in rete devono essere diversi da quelli descritti: non più serbatoi pensili che richiederebbero per il loro funzionamento una piezometrica di rete rigidamente definita dalle loro quote di fondo e di sfioro ma un grande serbatoio a terra munito di proprio impianto di risollevamento anch’esso a prevalenza variabile, il tutto adatto alle pressioni di esercizio le più disparate.
Tutti i sollevamenti devono ovviamente essere dotati delle apparecchiature (casse d’aria, casse d’acqua, alimentazione a mezzo by-pass ecc. ecc.) di attenuazione dei dannosi effetti dei colpi d’ariete che vengono inevitabilmente trasmessi alle condotte.

 

3.1) VERIFICA DELLA RETE IDEALE

La seguente serie di calcoli di verifica riguarda la rete di cui ai capitoli 1) e 2) alla quale sono però state apportate le modifiche necessarie per trasformarla in rete ideale.

Le sue caratteristiche sono:
· rete magliata unificata destinata sia all’alimentazione dell’utenza che a quella notturna del serbatoio di compenso;
· centrale di sollevamento con pompaggio diretto in rete a pressione e portata variabili (quindi con pompe a giri variabili) dotata di proprio serbatoio del tipo a terra e destinato a compensare la quasi totalità delle portate giornaliere. La pompa varia in continuazione la velocità di rotazione in modo che la pressione ai nodi rappresentativi della rete (nel caso specifico il nodo n. 118) coincida con quella del grafico preimpostato per tutta la giornata tipo e con un prefissato valore massimo di portata chiamato soglia di intervento. In altri termini la centrale, all’aumentare o diminuire della richiesta di rete, regola pressione e portata per seguirne il fabbisogno ma con una pregiudiziale data dal limite massimo di portata (soglia prefissata e tarabile) che non deve essere in nessun caso superato.
· serbatoio per la residua compensazione in rete ed a terra, ubicato in posizione baricentrica rispetto ai consumi, alimentato dalla stessa rete e munito di proprio impianto di risollevamento a portata e pressione variabili (quindi anch’esso con pompe a giri variabili). La regolazione del serbatoio ha luogo in fase di riempimento mediante modulazione della valvola di immissione con asservimento dell’invaso ad un grafico giornaliero preimpostato dei livelli in vasca da assumere ora per ora ed in fase di svuotamento con asservimento del numero di giri della pompa al grafico preimpostato della pressione ai nodi indicato al paragrafo precedente. Il risollevamento entra in funzione solo allorquando la pressione ai nodi, non più sorretta dalla centrale principale la cui portata ha raggiunto il valore di soglia, tende a scendere al di sotto dei valori preimpostati.
· impianto di telecontrollo e telecomando atto ad effettuare in automatico le regolazioni dei sollevamenti in funzione delle pressioni ai nodi rilevate e trasmesse in continuo, la regolazione dell’immissione d’acqua in serbatoio di compenso in funzione di una predefinita curva giornaliera dei livelli da assumere ora per ora ed in genere il controllo di funzionamento dell’insieme acquedottistico.
·
Poiché la rete che qui si vuol verificare riassume tutte le caratteristiche positive che con il presente lavoro si vogliono propugnare, ci si è dilungati nell’esaminare il suo funzionamento idraulico nelle varie e disparate condizioni paragonandone i risultati con quelli di una rete analoga ma di tipo tradizionale con serbatoi pensili di compensazione ed impianto di produzione funzionante a portata fissa pari a quella media giornaliera. Il confronto è quindi effettuato con un sistema acquedottistico di tipo classico avente il minore dispendio energetico possibile anche se, come spiegato, non attuabile nella realtà dell’esercizio. Per consentire anche un raffronto realistico dei consumi energetici si sono indicati nelle colonne 9/II e 10/II i dati di funzionamento relativi ad un acquedotto di tipo tradizionale identico a quello classico suddetto ma dotato, come di norma, di una centrale di pompaggio a pressione fissa e pari a quella massima necessaria per l’ora di punta e con regolazione della pressione di mandata ottenuta strozzando la valvola di uscita e quindi dissipando il carico in eccesso.
La serie di calcoli è riepilogata nella tabella II, mentre la loro rappresentazione grafica forma l’oggetto delle fig. da n. 9 a n. 12. Nella tabella sono replicati nelle colonne n. 1/II e n. 6/II i dati delle col. 6/I e 7/I già esaminate per facilitare il confronto dei risultati.

Per una visione completa del funzionamento della rete vengono esaminate molte possibilità di utilizzazione della capacità di compenso giornaliero del suo serbatoio: da quella minima (nessun volume di compenso da parte del serbatoio di rete) a quella massima con immissione in rete dell’intero volume utile e quindi con totale compensazione della portata da parte del serbatoio.
Tra i due estremi esistono infinite possibilità intermedie definite dalla soglia di pompaggio massimo che si può preimpostare.
Le prime verifiche riguardano l’ipotesi in cui tutta l’utenza è alimentata dalla centrale costretta, in tal caso, a seguire le portate richieste dalla stessa
Nella pratica tale funzionamento sarebbe ottenuto fissando un valore di soglia più elevato della portata massima degli utenti cioè superiore a 1350 l/s.
I risultati sono riportati nella allegata tabella II.

Schema rete di distribuzione con serbatoio a terra
Schema rete di distribuzione con serbatoio a terra

Nel giorno di massimo consumo (n. 2/II fig. 9) la centrale varia la pressione di pompaggio fino a raggiungere, nell’ora di punta, i 137 msm circa. Il bilancio energetico denuncia un dispendio superiore a quello con serbatoi pensili del 5% (v. n. 1/II fig. 6) e rilevanti perdite di carico che la rete deve sopportare per il trasporto delle portate di punta. Nei giorni di consumo medio (600 l/s v. col. 8/II fig. 12) la pressione massima di pompaggio si abbassa fino a 100 msm con un dispendio energetico pari a quello che si avrebbe con la corrispondente soluzione con serbatoi pensili (v. n. 6/II fig. 7).
Da quanto precede risulta che per portate rilevanti è conveniente utilizzare al massimo i serbatoi di rete e diminuire quindi la portata innalzata dalla centrale durante le ore di punta mentre per i consumi medio-bassi la soluzione migliore è quella con l’intera portata sollevata direttamente dalla centrale evitando totalmente il risollevamento da parte del serbatoio in rete.

E’ fuori di dubbio che la soluzione più razionale non può essere che quella mista che soddisfa ambedue le condizioni e quindi con serbatoi in rete che intervengono solo quando la portata totale (cioè il consumo dell’utenza) supera una certa soglia critica. Quando ciò non avviene tutta la portata è sollevata dal solo impianto di produzione (regolazione “a soglia prefissata”).
Visto il funzionamento della rete senza intervento dei serbatoi si passa ora ad esaminare l’efficacia di quest’ultimi iniziando con modesti volumi di utilizzazione per passare via via a più marcati valori fino a giungere alla utilizzazione del volume massimo di compensazione. Nella pratica tale regolazione avviene fissando via via valori sempre inferiori di soglia fino a giungere al suo valore minimo cioè pari alla portata media del giorno di massimo consumo, nell’esempio 900 l/s.
Soluzione con soglia prefissata a 1120 l/s (v. n. 3/II fig. 10).

 

 

 

La centrale segue le richieste dell’utenza per portate inferiori o pari a 1120 l/s mentre il serbatoio rimane pieno. Quando tale valore viene superato, la centrale mantiene la sua portata sempre al valore di soglia (1120 l/s ottenuto variando in continuazione la pressione di pompaggio) mentre ha inizio lo svuotamento del serbatoio di compenso che, tramite risollevamento, immette in rete tutte le portate di inte

grazione necessarie per coprire il fabbisogno di punta dell’utenza.

Nel giorno di massimo consumo l’intervento complessivo del serbatoio è minimo e cioè pari a soli mc 1600 ma consente di abbassare la pressione massima di pompaggio portandola a 119 msm contro i 137 msm che si avrebbero senza di esso (v. fig. n. 9 precedente). Si vede come la sua utilizzazione, anche se modesta, permette di ottenere un notevole beneficio nella pressione di esercizio riportandola entro valori appropriati. Per quanto riguarda invece i consumi energetici non si ottiene alcun beneficio rispetto alla soluzione precedente (stesso dispendio energetico dovuto alla necessità di dissipare il carico durante il riempimento del serbatoio e di risollevare durante le ore di punta l’acqua precedentemente accumulata nel serbatoio).

In tutti gli altri giorni il consumo energetico migliora. Ad esempio nel giorno di consumi medi (v. n. 8/II fig. 12) esso è pari alla soluzione con serbatoi pensili (v. n. 6/II fig. 7) e quindi estremamente contenuto.
Si esamina ora il funzionamento della rete con una soglia massima di funzionamento della centrale fissata a 1000 l/s. L’intervento del serbatoio, nel giorno di massimo consumo, comincia a diventare importante (mc. 5930) mentre la centrale limita la sua portata ai 1000 l/s di soglia (v.n. 4/II). Rispetto alla soluzione con serbatoi pensili si ottiene una maggior impiego di energia pari soltanto all’uno per cento.
Il più marcato intervento del serbatoio provoca un appiattimento della pressione di pompaggio che, nel giorno di consumo max (v. n. 4/II), varia da un massimo di 111 msm ad un minimo di 76 msm. Nel giorno di consumo medio ( funzionamento identico a quello sopra esaminato v. n. 8/II fig. 12 ) la pressione di pompaggio, pur non verificandosi alcun intervento del serbatoio di compenso, si abbassa ulteriormente rientrando tra un massimo di 100 msm raggiunti per un breve periodo alle ore 9 circa ed un minimo di 62 msm durante le ore notturne.
Passiamo all’esame del funzionamento con una soglia prefissata pari alla media del giorno di massimo consumo. E’ questa la regolazione ottimale degli impianti in quanto consente, a parità di alimentazione dell’utenza, la maggior economia di energia di sollevamento. Il dispendio energetico è addirittura inferiore a quello della soluzione (non attuabile nella realtà) con serbatoi pensili e centrale di sollevamento portata costante per tutta la giornata.
Infatti durante tutte le 24 ore del giorno di massimo consumo la centrale solleva la portata media (nell’esempio 900 l/s) e pertanto la rete può effettuare il trasporto dei necessari volumi d’acqua con le perdite di carico minime (v. n. 5/II fig 11). Tutta la capacità utile del serbatoio viene utilizzata per effettuare la totale compensazione giornaliera delle portate. La pressione di pompaggio della centrale principale è quasi livellata essendo di giorno pari a 102-105 msm e di notte a 87 msm circa. Il serbatoio di compenso, tramite il suo impianto di pompaggio, risolleva un volume di 11200 mc ad una pressione massima di 103 msm per un breve periodo alle ore 9 e poi a circa 78 msm dalle ore 10 alle 20 circa. La rete viene utilizzata anche durante la notte per addurre, oltre alla portata richiesta dall’utenza, anche il volume d’acqua da accumulare nel serbatoio.
Nel giorno di consumo medio (600 l/s) si ha lo stesso funzionamento dei casi precedenti con la centrale principale che immette da sola tutta la portata non essendo mai superata la soglia preimpostata di 900 l/s e ciò ha luogo con una pressione variabile da 100 a 62 msm (v. n. 8/II fig. 12).
Risultato finale della regolazione in esame (soglia pari alla media giornaliera) è un consumo energetico nelle 24 ore estremamente contenuto essendo pari a quello che si avrebbe con rete dotata di serbatoi pensili.
Per dimostrare come tale risultato nella reale gestione sia veramente interessante, si sono tracciati i grafici di funzionamento giornaliero dell’ acquedotto di cui alle verifiche precedenti nelle varie giornate dell’anno tipo. Sono state scelte quattro giornate con portate gradualmente decrescenti di 100 l/s da quella di consumo massimo (900 l/s), a quella di consumo corrispondente alla media annua (600 l/s). Si è supposto, come consigliato sopra, di mantenere fissa e pari alla media del giorno di consumo massimo (900 l/s) in ogni condizione di esercizio e di consumo giornaliero la soglia di pompaggio dell’impianto principale determinando il volume di utilizzazione del serbatoio di rete nei vari casi.
I dati di funzionamento possono essere così riassunti:

 

 portata media l/s  coeff vol.utilizz.  serbat. mc  %  frequenza giorni
 900  1,50  11200  100  1
 800  1,33  4800  41   20
 700  1,17   1000  9   37
 600  1,00  0  0  182

Riportando i dati in grafico (v. fig. 13 parte sinistra) si constata come la percentuale di utilizzazione del serbatoio di rete, massima per il giorno di consumo elevato (corrispondente a 1.5 volte quello medio annuo) nel quale viene utilizzato per la compensazione tutto il volume di invaso (punto a), decresce rapidamente fino ad un valore pari a solo il 10% circa di tale volume per consumi pari a 1.2 volte quello medio (punto c) e per azzerarsi quando i consumi corrispondono al consumo medio annuo (punto d). Per consumi ancora inferiori non si ha alcuna utilizzazione del serbatoio. I dati, integrati da quelli di frequenza statistica media annua dei consumi conducono a risultati veramente strabilianti. La curva rappresentativa delle percentuali di utilizzazione del serbatoio (v. fig.13 parte destra) ha un andamento quasi parallelo e molto vicino agli assi con accentuato punto di flesso ubicato in corrispondenza dei 35 giorni dell’anno a consumo più elevato. Se ne deduce che per una metà dell’anno l’utilizzazione del serbatoio è nulla, per altri 148 giorni circa essa rimane bassissima mentre le alte percentuali sono tutte concentrate nei rimanenti 35 giorni durante i quali, essendo superato il punto di flesso, passa dal 10% al 100%. L’intervento sostanziale del serbatoio di compenso in rete è, quindi, limitato mediamente a sole 35 giornate all’anno mentre per circa le 330 giornate rimanenti i consumi avranno un valore pari o inferiori a 1.17 volte la media giornaliera annua ed il serbatoio sarà utilizzato per soli 1000 mc. pari al 9% del volume totale, oppure per volumi ancora inferiori.
Se nel diagramma citato si considera l’area indicata con tratteggio e compresa tra gli assi fondamentali e la curva delle percentuali di utilizzazione del serbatoio, e che rappresenta l’utilizzazione totale annua del serbatoio, si vede come essa corrisponda appena al 6% della utilizzazione massima del serbatoio stesso (100% per 365 giorni).
Per far risaltare il risparmio energetico offerto dalla soluzione a soglia ottimale (900 l/s) si è anche verificato quale sarebbero i risultati ottenibili modificando la soglia fino a farla coincidere di giorno in giorno con la portata media del giorno medesimo. A prima vista sembrerebbe questa la soluzione ideale in quanto, in tale ipotesi, la rete dovrebbe effettuare, in ogni giornata tipo, il trasporto delle sole portate medie lasciando al serbatoio il compito di integrare la portata immessa in rete per coprire le punte di consumo. Si riscontra invece un peggioramento della situazione con consumi energetici che, ad esempio nella giornata di consumo medio (v. n. 7/II ) e cioè 600 l/s superano del 3% quelli ottenibili con la soglia elevata (v. n. 8/II fig. 12). Risultati ancora peggiori si riscontrerebbero, ovviamente, nelle giornate di consumo inferiore che, come più volte citato, si verificano con grande frequenza durante l’anno.
Come indicato i raffronti energetici sono effettuati con un acquedotto di tipo tradizionale munito di serbatoi pensili di compenso e con un funzionamento puramente ipotetico della centrale principale considerata come atta a sollevare ed immettere in rete, in tutti i casi in esame, la portata media giornaliera variando con continuità la propria pressione di pompaggio (colonna n. 1/II fig. 6). La realtà è ben lontana da tale ipotesi semplificativa essendo gli acquedotti classici dotati, nella maggior parte dei casi, di vasca di carico in testa alla rete e, come tali, da considerarsi a pressione di pompaggio fissa. Nelle colonne 9/II e 10/II si sono riportati anche i dati di funzionamento di un acquedotto di questo tipo mettendo in rilievo gli inconvenienti che esso presenta.
In pratica si è supposto di modificare lo schema acquedottistico della colonna n. 1/II sostituendo la centrale a pressione variabile con una a pressione fissa per qualunque condizione di esercizio. La quota di pompaggio e quindi l’ubicazione altimetrica della vasca di carico, definite dal funzionamento critico della rete e cioè dell’ora di punta, risultano pari a 114 msm e di conseguenza la pressione di esercizio, adeguata nel brevissimo periodo di richiesta massima dell’utenza (ora di punta) e solo in quello, diventa sovrabbondante per tutto il tempo rimanente durante il quale l’inutile carico residuo deve, per consentire il funzionamento dei serbatoi di rete, venir dissipato o mediante regolazione della valvola posta al piede della vasca o mediante funzionamento a canaletta della prima parte della tubazione di uscita dalla stessa con tutti gli inconvenienti che derivano dall’immissione di aria in condotta. Questo fatto si traduce in un notevole dispendio energetico che, nell’esempio di tabella, raggiunge il 10% nel giorno di consumo massimo e ben il 42% in quello di consumo medio per essere ancora percentualmente più elevato nei giorni di consumo ancora inferiore.
L’immagine del tutto positiva che si aveva dell’acquedotto tradizionale con la sua vasca di carico che garantisce e stabilizza la pressione di partenza di tutta la rete, con i serbatoi pensili di rete che con i loro grandi volumi d’acqua in quota garantiscono la corretta alimentazione dell’utenza in ogni condizione di esercizio, esce malconcia dalla serie di risultati che precedono. Si tratta, nella realtà spesso incognita, di una rete inutilmente sovradimesionata che, in quanto tale, deve dissipare continuamente l’esuberanza di carico. In alcuni acquedotti, per evitare tale dissipazione, si mantiene, anche durante i periodi di bassi consumi, tutta la pressione data dalla vasca di carico con la logica conseguenza che i serbatoi, fatta eccezione per le giornate di consumo massimo, rimangono sempre pieni o quasi pieni e quindi ha luogo, durante tali periodi, una spesa energetica ancora maggiore cui si aggiunge l’ulteriore inconveniente di una eccessiva e dannosa pressione in rete (la pressione si avvicina all’idrostatica). La realtà è molto spesso ancora peggiore: la pressione non raggiunge tali massimi per il semplice motivo che di notte l’aumento della pressione di rete fa crescere vertiginosamente le fughe d’acqua dovute alle piccole rotture fino a farle raggiungere volumi così elevati (l’acqua dissipata annualmente nel terreno può superare il 50% del totale prodotto!) che anche durante tale periodo la portata d’acqua immessa in rete si mantiene elevata.
Risultano evidenti i vantaggi che presenta la rete ideale propugnata nel presente lavoro. Si ribadisce quì che essa garantisce una adeguata pressione di consegna dell’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio. Ciò significa che nei periodi critici, come ad esempio l’ora di punta del giorno di massimo consumo, anche gli utenti più lontani sono alimentati con pressione adeguata mentre nei periodi di bassi consumi come possono essere quelli notturni delle basse stagioni viene abbassata la pressione di consegna evitando in tal modo inutili e costose sovrappressioni fonte, oltre che di dispendio energetico, di maggiori perdite i rete. Si può affermare che la differenza sostanziale fra le reti classica e quella ideale consiste nel fatto che la prima è composta da un sistema rigido la cui gestione è strettamente vincolata alle sue caratteristiche costruttive e soltanto a quelle. Come tale, deve sempre funzionare alla sua massima potenzialità con tutti gli inconvenienti che ne conseguono: dispendio energetico, frequente ed inutile esuberanza di carico idraulico, impossibilità di adeguarsi a maggiori ed imprevedibili richieste dell’utenza se non tramite esecuzione di nuove opere. La gestione della rete ideale, al contrario, è estremamente elastica essendo funzione diretta dell’utenza e dei suoi fabbisogni di cui può seguire puntualmente tutte le variazioni con la massima economia energetica di sollevamento garantendo, al tempo stesso, una pressione di consegna sempre ottimale. E’ possibile far fronte alle eventuali maggiori ed imprevedibili richieste senza esecuzione di nuove opere ma semplicemente con una maggiore spesa energetica di sollevamento.
Esaurito l’esame del comportamento generale della rete ideale si è evidenziato il suo funzionamento nei momenti salienti delle giornate di massimo consumo ed in quella di consumo medio annuo riportando sugli schemi planimetrici (che per brevità si omettono) i risultati dei calcoli di verifica e ricavando da essi il profilo idraulico nelle varie condizioni di funzionamento (v. fig. n. 14) da cui si possono trarre, a conferma dei concetti esposti sopra, importanti conclusioni.

Si nota innanzitutto come le forti escursioni della pressione di partenza che si verificano passando da una condizione all’altra, non provocano alcun inconveniente all’utenza in quanto non interessano la rete di distribuzione vera e propria ma solo il suo primo tratto (nodi 1 – 101) nel quale non ci sono prelievi. Si tratta, nell’esempio e molto spesso anche nella realtà, di una condotta singola di collegamento della rete magliata con l’impianto di produzione posto fuori del centro da servire e che, come tale, per portate di una certa entità necessita di notevoli carichi idraulici. D’altro canto non conviene abbondare eccessivamente nel dimensionamento di tale tubazione considerato che i periodi di portata elevata sono statisticamente poco frequenti e che pertanto, come risulta anche dai conteggi sopra riportati, il consumo energetico annuo risulta comunque contenuto.
La rete magliata, al contrario, conferma le sue ottime caratteristiche effettuando il trasporto di grandi portate d’acqua con modeste perdite di carico e quindi senza grandi variazioni della pressione di consegna. La centrale funziona alla massima pressione manometrica (100-105 msm) soltanto nei momenti di effettivo bisogno quali sono ad esempio, nel giorno di consumo massimo il periodo che va dal consumo medio giornaliero (900 l/s) a quello di punta (1350 l/s) e nel giorno di consumo medio annuo, la sola ora di punta (900 l/s). Durante tutti gli altri periodi, ivi compreso anche quello di riempimento del serbatoio nel giorno di consumo massimo, la centrale è in grado di far fronte ai fabbisogni con una pressione media e medio-bassa.
In particolare per consumi pari circa alla media annua (600 l/s) ed anche per il riempimento notturno del serbatoio nei giorni di massimo consumo, è sufficiente una pressione di pompaggio di 80-85 msm mentre per tutti i periodi di bassi consumi notturni la pressione si abbassa fino a circa 65 msm. Tutto ciò si traduce in evidenti economie nell’energia consumata annualmente per il sollevamento.
Nel territorio abitato le pressioni sono livellate essendo concentrate, in tutti i casi esaminati, compresi quelli estremi, in due fasce (v. zone tratteggiate nella fig. 14): quella del funzionamento diurno nella quale di ha una pressione assoluta massima di msm 84 ed una minima di 70 msm., quella del funzionamento notturno con pressione da m. 52 a m. 65. La pressione di consegna nel nodo 118, assunto come rappresentativo della rete, è di m 70 di giorno e m. 60 di notte come da diagramma prefissato.
Per quanto riguarda il funzionamento delle condotte di rete, dall’esame dei risultati dei calcoli, si è rilevato come tutti i tronchi concorrano solidalmente al trasporto dei richiesti volumi d’acqua che pertanto ha luogo, in ogni condizione di funzionamento, con perdite di carico estremamente contenute. Ciò si evidenzia particolarmente durante la notte del giorno di max consumo quando, con consumi quasi nulli dell’utenza e con il serbatoio di rete in fase di riempimento, anche le condotte più lontane dalla centrale, invertendo la direzione di moto dell’acqua, riescono ad addurre, nonostante la loro ubicazione idraulicamente sfavorevole, notevoli volumi d’acqua al serbatoio stesso.
In definitiva si può affermare che, nella rete dell’esempio, il carico idraulico disponibile viene sempre utilizzato in modo ottimale, con perdite di carico contenute e non senza garantire una corretta consegna dell’acqua all’utenza.

 

3.2) LA SCELTA DELLE POMPE

Nei grafici relativi al funzionamento della rete ideale nelle varie giornate tipo e secondo tutte le modalità di funzionamento possibili, alcune delle quali formano oggetto delle fig. da n. 9 a n. 12 mentre altre non sono riportate nel presente testo, si sono evidenziati con un circoletto numerato i punti salienti di sollevamento dell’impianto principale che, riportati sul grafico cartesiano di fig. n. 15, hanno consentito di definire, con un congruo margine di sicurezza, la fascia caratteristica del pompaggio.

Pur non escludendo la possibilità di realizzare la stazione di pompaggio con una serie di pompe a velocità fissa al fine di raggiungere buoni risultati con costi più contenuti, dal grafico risulta che la soluzione ottimale sarebbe quella con pompe a velocità variabile più adatte a cop

rire interamente l’area di lavoro. Si noterà come la fascia sia caratterizzata da una minor pendenza e larghezza nella parte bassa del grafico il che ha consigliato di dividere il campo in due parti ben definite ed indicate in disegno con diverso tratteggio. Sono state quindi scelte due pompe a velocità variabile dimostratesi atte a coprire, con buone caratteristiche funzionali, tutto il campo di lavoro.
Quella più piccola con portata variabile da 150 a 600 l/s circa e prevalenza da circa 35 m a 55 m. resta in funzione per un tempo pari a circa il 40% del totale annuo tale essendo la percentuale statistica di frequenza delle portate orarie pari o inferiori alla media annua.
L’altra pompa avente portata, a basso numero di giri, pari a 600 l/s e, alla velocità massima, 1300 l/s circa con una prevalenza da 55 a 115 m circa farà fronte, oltre che al riempimento notturno dei serbatoi di compenso, anche ai rimanenti fabbisogni dell’utenza.
Si fa notare come le apparecchiature di sollevamento descritte consentano di soddisfare i fabbisogni della rete in tutte le più disparate condizioni anche in quelle improbabili ma pur sempre possibili. Per la definizione della fascia di lavoro delle pompe, sono stati infatti utilizzati grafici di funzionamento relativi ai giorni di consumo massimo, medio e minimo considerando per ognuno di essi vari modi di sfruttamento della capacità di compenso dei serbatoi che vanno dall’utilizzazione dell’intero volume di invaso fino ad una utilizzazione nulla. Le pompe scelte e la rete esaminata saranno quindi in grado di far fronte, a prezzo soltanto di una maggior spesa energetica, anche a situazioni eccezionali quali sono, ad esempio, il fuori servizio del serbatoio di compenso nel giorno e nell’ora di punta.

 

4) CONCLUSIONI

Il lavoro svolto riguarda la razionalizzazione di una rete elementare di costituzione molto semplice in quanto ritenuta sufficiente a comprovarne la validità. Le metodologie proposte allo scopo sono però applicabili, con buoni risultati, anche a reti complesse quali sono, ad esempio, quelle dotate di più impianti di produzione, quelle alimentanti territori variegati sia dal punto di vista altimetrico che da quello dei consumi specifici nelle quali si avrà cura di asservire ogni centrale di sollevamento o di risollevamento ai nodi della sottorete di appartenenza. Si potrà, anche allora, constatare come il funzionamento a pressione di esercizio variabile e la grande elasticità di funzionamento propri della “rete ideale” si prestino ottimamente a risolvere problemi anche ardui in una costante ottica di contenimento dei costi energetici.
Alcuni esempi: nel caso di reti alimentate con fonti diversificate sia per ubicazione che per qualità (acqua potabilizzata e acqua naturalmente potabile), si potrà abbassare il costo medio di produzione facendo funzionare alla sua massima producibilità 24 ore su 24 l’impianto che ha costi di produzione inferiori; nel caso di reti sottodimensionate si potrà rimediare aumentando la pressione diurna di esercizio; nei periodi o nelle aree caratterizzate da deficienza delle fonti si potrà economizzare mediante alimentazione ad una pressione il più bassa possibile ecc. ecc..
I concetti di base da cui trova origine tutta l’impostazione progettuale e di esercizio qui propugnata possono essere così riepilogati:
· il pompaggio a pressione variabile che comporta la messa al bando dei serbatoi pensili ma consente la massima elasticità ed economicità di esercizio;
· le modalità di compensazione giornaliera delle portate da effettuarsi per la maggior parte con serbatoi a terra annessi alla produzione e, per la parte restante, con serbatoi a terra ubicati in posizione baricentrica dell’utenza;
· le modalità di pompaggio a soglia preimpostata;
· la preimpostazione delle pressioni che durante la giornata devono essere assicurate nei vari punti della rete;
· l’utilizzazione della rete sia per l’adduzione dei volumi d’acqua ai serbatoi di compenso in rete sia per la distribuzione agli utenti;
· il telecomando e telecontrollo della rete a mezzo impianto automatico.

Le soluzioni proposte consentono:
1) Rilevanti economie sia costruttive che di gestione dell’insieme acquedottistico;
2) La possibilità di far fronte ad imprevedibili necessità grazie alle grandi doti di elasticità possedute dalla rete;
3) La razionale utilizzazione dei volumi d’acqua accumulati nei serbatoi sia nei giorni di punta, sia in quelli di portata minima e sia per far fronte ad impreviste necessità:
4) di graduare le pressioni di rete in funzione delle effettive necessità dell’utenza garantendo in ogni condizione di esercizio la consegna dell’acqua alla pressione adeguata.

In definitiva l’ esercizio delle reti e dei relativi impianti condotto secondo le modalità descritte nel presente lavoro costituisce un modo corretto, razionale ed economico di gestione.
Chi scrive ha potuto verificare tali risultati nell’esercizio di più acquedotti che, pur essendo dotati di apparecchiature di regolazione meno sofisticate di quelle necessarie per la rete ideale citata, funzionano automaticamente a pressione variabile asservita alle richieste di rete da oltre vent’anni.
Caratteristica saliente un sollevamento che, pur garantendo una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale, si è svolto per la quasi totalità delle ore di funzionamento di tutto il ventennio a bassa pressione essendo quello ad alta limitato a periodi brevissimi: è evidente l’economia realizzata nella spesa di sollevamento.
Un’altra esperienza che si è potuta fare è quella relativa ai vantaggi offerti dalla riduzione della pressione notturna di pompaggio. A tale scopo si è, durante la notte, forzatamente alimentata la rete a pressioni maggiori di quelle normali constatando come le portate minime immesse in rete (costituite in tal caso quasi esclusivamente da perdite di rete) subissero, per effetto dell’aumento di pressione (da 20 a 45 m.), un incremento corrispondente circa al raddoppio di valore.
Come già detto tutte le soluzioni proposte nel presente lavoro riguardano acquedotti di medie dimensioni. Certamente i grandi sistemi acquedottistici richiedono tecnologie migliori. Si tratterà ad esempio di più sofisticate procedure di calcolo per l’ottimizzazione in continuo della produzione, accumulo, pompaggio e trasporto dell’acqua, di nuove metodologie di determinazione della pressione ottimale di consegna all’utenza, di verifica e localizzazione in automatico delle perdite di rete e di verifica automatica del funzionamento idraulico dell’insieme acquedottistico. Su alcuni punti però troveranno conferma, senza tema di smentita, le tecniche qui proposte: nel funzionamento a pressione variabile degli impianti, nella parziale compensazione giornaliera delle portate da effettuarsi in rete mediante serbatoi a terra, nell’utilizzazione della rete sia per l’adduzione che per la distribuzione dell’acqua ed infine sull’importanza che riveste l’impianto di telecontrollo e telecomando della rete.
Ciò è dovuto ad alcune delle prerogative insite nella natura stessa delle reti, nelle leggi che ne regolano il funzionamento idraulico ed infine nelle usuali modalità di consumo dell’utenza, prerogative di cui, con il progredire della tecnica, non si potrà trascurare lo sfruttamento.
Merito del presente lavoro si ritiene sia quello di averne messo in luce, enfatizzato e documentato con esempio di verifica teorica le caratteristiche.
Merito ulteriore, anche se di minor rilievo, quello di contribuire affinché nella città futura non siano presenti gli ingombranti ed antiestetici serbatoi pensili messi al bando dalla diversa tecnologia quì proposta.

 

INDIETRO

AVANTI

L’ACCUMULO ENERGETICO DEGLI ACQUEDOTTI

ACQUEDOTTI CON ELEVATE CAPACITA’ DI COMPENSAZIONE DELLE PORTATE E DI ACCUMULO ENERGETICO

 

1) PREMESSA

Uno degli interventi basilari che in un futuro sempre più prossimo dovrà essere sistematicamente adottato per la risoluzione dei problemi legati all’approvvigionamento idropotabile, riguarda senza dubbio la costruzione di capaci serbatoi di accumulo atti ad effettuare la compensazione delle portate per periodi ben più lunghi di quelli giornalieri comunemente in atto. Si deve notare come, in una annata tipo, i periodi di consumo molto elevato sono statisticamente in numero limitato e quindi il modo più razionale per farvi fronte è proprio quello dell’accumulo delle eccedenze di portata operate nei giorni di basso consumo per renderle disponibili durante i successivi di grande richiesta e statisticamente di breve durata. Tale circostanza, se da un lato risolve un problema della massima importanza, dall’altro fa rilevare un grave difetto proprio dei sistemi acquedottistici e cioè un pieno uso delle strutture molto limitato nel tempo mentre per la stragrande maggioranza esse restano sottoutilizzate. Se poi si considerano le usuali modalità di progettazione degli acquedotti che impongono di dimensionarli in funzione del consumo massimo dell’ora di punta e per di più maggiorato, per ulteriore garanzia, di un buon 50% si arriva alla constatazione che i servizi idropotabili presentano di solito elevatissimi costi di costruzione ma una utilizzazione effettivamente molto scarsa che incide notevolmente nei costi di esercizio.
Lo scopo di questa nota è dimostrare come sia possibile costruire acquedotti che svolgono al meglio il loro compito 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, potendo disporre di due diversi regimi di esercizio: il primo che, impiegando interamente ed a soli fini acquedottistici tutte le risorse disponibili, fa fronte ai brevi periodi di consumo elevato, il secondo che le utilizza, durante tutto il tempo restante, in parte per alimentare l’utenza ed in parte per produrre energia elettrica. Se ne ricava un impiego costantemente razionale ed economicamente valido dei complessi e costosi impianti.

2) LA SOLUZIONE PROPOSTA

accumulo-energetico-acquedottichema idfraulico
Fig. 1 = Schema idraulico

Il problema in argomento può essere ricondotto alla modalità di risoluzione dell’accumulo dell’energia eccedente il fabbisogno del momento allo scopo di poterla utilizzare nei successivi periodi di grande fabbisogno energetico. I dispositivi atti allo scopo e di cui è nota l’esistenza, sono costituiti soltanto dagli accumulatori elettrici che hanno però il grave difetto di una potenza molto limitata e dagli impianti idroelettrici reversibili basati su un doppio uso e cioè produrre energia elettrica di giorno e pompaggio d’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore sfruttando i cascami di energia elettrica durante la notte o durante i periodi di sovrabbondanza energetica. In questi ultimi tempi si sta pensando, con gli stessi scopi, all’impiego dell’idrogeno. Altre modalità in corso di sperimentazione concernono lo stoccaggio di di aria compressa a pressioni elevatissime ma trovano ostacolo nel riscaldamento che ne deriva e che provoca rilevanti dispersioni energetiche. Gli esempi sono comunque molto pochi e si può considerare ancora inesistente un valido metodo di accumulo energetico.
La soluzione che viene qui proposta è basata sull’impiego di un capace serbatoio idropneumatico atto allo stoccaggio di acqua in pressione durante i periodi in cui si rende disponibile energia elettrica a bassi costi.

Lo schema idrico del sistema, riportato nella fig. 1 allegata comprende

  •  un serbatoio di accumulo di tipo tradizionale, avente una capacità pari almeno al 50% del consumo totale previsto per il giorno di massimo consumo, posto all’arrivo dell’adduzione e nel quale pescano tutte le pompe di sollevamento. Nulla vieta l’adozione di serbatoi di maggiore capacità con cui poter effettuare la compensazione multi giornaliera od addirittura multi settimanale ottenendo, sia ai fini acquedottistici e sia a quelli idroelettrici, risultati ancora più eclatanti di quelli di cui si parla in dettaglio nella presente nota e di cui si è fatto cenno nell’introduzione;
  • l’impianto di pompaggio con immissione in rete per alimentarla in diretta tramite pompa a velocità variabile asservita alle pressioni anch’esse variabili che di ora in ora bisogna mantenere in rete;
  •  un secondo impianto di pompaggio per l’alimentazione del serbatoio idropneumatico tramite una serie di pompe a velocità fissa a funzionamento pulsante ma con diversificate pressioni di mandata, oppure tramite pompe a velocità variabile atte a coprire tutta la gamma di sollevamento di cui si discute;
  • il collegamento diretto tra serbatoio tradizionale e serbatoio idropneumatico tramite condotta di collegamento munita di apparecchiatura di intercettazione servo comandata;
  • l’impianto per la produzione di energia elettrica tramite una serie di turbine alternatori funzionanti a velocità e potenza variabili atte a sfruttare l’esistente carico idraulico tra i due serbatoi anch’esso variabile ;
  • un serbatoio idropneumatico di cubatura identica a quello tradizionale prima citato ed in grado di accogliere l’acqua con una pressione variabile in funzione del momento ma che può arrivare anche a 100 m ed oltre di colonna d’acqua.


Il concetto di base della soluzione proposta è dato dalla presenza dei due serbatoi funzionanti il primo alla pressione atmosferica ed il secondo a pressione maggiorata ad arte e quindi dalla possibilità che tutta l’acqua in arrivo durante la notte, ed in pratica per tutto il periodo in cui si può disporre di energia elettrica a basso costo, possa essere pompata nel serbatoio idropneumatico onde poterla sfruttare durante periodi successivi con il duplice scopo di alimentare l’utenza ed al tempo stesso di produrre energia elettrica preziosa. Come detto anche l’acqua utilizzata per produrre energia elettrica viene restituita nel serbatoio tradizionale dove torna ad essere disponibile per l’alimentazione dell’utenza.


Sono previste due strutture innovative come il serbatoio idropneumatico e la turbina/alternatore funzionante a velocità variabile le cui caratteristiche principali possono essere riepilogate come segue.

  1.  Il serbatoio idropneumatico.
    Si tratta di una struttura del tutto simile alle autoclavi normalmente utilizzate per aumentare la pressione di esercizio delle piccole reti acqedottistiche con la sola differenza delle dimensioni che, in questo caso, sono molto maggiori. In sostanza è un grande contenitore a tenuta ermetica che accumula acqua nella parte inferiore ed aria compressa superiormente. Ciò gli consente di svolgere le stesse funzioni di un serbatoio sopraelevato ma con il vantaggio di poter variare a piacere la pressione di uscita dell’acqua. Nel caso specifico è in grado di contenere grandi volumi d’acqua ad una pressione tanto maggiore quanto più alta è la potenza disponibile per il pompaggio di immissione. È munito di compressore per realizzare una volta tanto il cuscinetto d’aria e le valvole di scarico dell’aria stessa. Maggiori delucidazione del serbatoio idropneumatico possono leggersi nell’omonimo articolo presente nel sito.
  2.  La turbina-alternatore.Si tratta di una serie di macchine in grado di funzionare a portata e pressione diversificate producendo energia elettrica in quantità variabile in funzione dei volumi e delle pressioni che si rendono via via disponibili ma avente tutte le caratteristiche per poter essere accolta dalla rete Enel. Gli alternatori dovranno quindi possedere organi di regolazione dell’eccitazione che gli consentano di funzionare a velocità diversificate in funzione dei salti utili disponibili ma con buoni rendimenti ed inoltre possedere un sistema di inverter atti a stabilizzare la frequenza della corrente prodotta.

Il funzionamento normale sarà il seguente.
Nei periodi di grandi consumi tutti gli impianti devono essere adibiti alla funzione specifica dell’acquedotto e cioè all’alimentazione idropotabile dell’utenza. A tale scopo i due serbatoi funzioneranno in parallelo ed ambedue a pressione atmosferica essendo aperte le condotte di collegamento e le valvole dell’aria. Essi contribuiranno pertanto con il loro intero volume di invaso alla compensazione delle portate consentendo di far fronte ai picchi di richiesta dell’utenza grazie alla loro notevole capacità. Nel caso si sia scelta la soluzione di grande capacità si potrà dar luogo alla compensaziine settimanale o addirittura a quella quindicinale con tutti i vantaggi che ne derivano.
Terminato il periodo critico il serbatoio idropneumatico inizierà a svolgere la sua azione e saranno pertanto chiuse le valvole di collegamento con l’altro serbatoio e le valvole di scarico dell’aria mentre sarà ripristinato, con i compressori, il cuscinetto d’aria compressa e si darà inizio all’accumulo dell’acqua in arrivo in due diversi modi e cioè nel serbatoio idropneumatico ogni qualvolta si rende disponibile energia elettrica a basso costo come ad esempio durante la notte, oppure nell’altro serbatoio di tipo tradizionale negli altri casi.
La rete acquedottistica viene alimentata da una pompa a velocità variabile che pesca dal serbatoio tradizionale ed immette l’acqua direttamente in rete a pressione variabile in funzione delle richieste dell’utenza e quindi elevata di giorno quando esse sono massime e bassa di notte e nei periodi di basso consumo. Durante il giorno ed in genere quando la corrente elettrica è a costo maggiorato, entrano in funzione le turbine che producono corrente elettrica preziosa sfruttando l’acqua in pressione del serbatoio idropneumatico e che viene scaricata nel serbatoio tradizionale onde renderla disponibile per l’utenza.
A sua volta quest’ultimo serbatoio svolge un duplice ruolo potendo sia rifornire la rete seguendone a puntino le richieste oppure rifornire il serbatoio idropneumatico.
Interessante far notare la grande capacità di accumulo totale d’acqua dato dalla presenza dei due serbatoi ambedue in grado, tutte le volte che si presenta la necessità, di far pervenire in rete tutto il volume invasato in precedenza.

Ed ecco la descrizione di una normale giornata di funzionamento rappresentata nel grafico della fig. 2 e nella tabella allegati.

accumulo-energetico-serbatoi
Grafico di funzionamento della giornata tipo

Durante la precedente notte tutta l’acqua in arrivo nel serbatoio tradizionale e quella accumulata in precedenza sono state pompate a pressione elevata nel serbatoio idropneumatico fatta eccezione per la piccola parte che è servita per alimentare in diretta l’utenza. Il sollevamento ha avuto luogo tramite la serie di pompe a giri fissi con funzionamento pulsante oppure, a seconda dell’installazione fatta, da pompe a velocità variabile, onde adeguare portata sollevata e la pressione alle condizioni del momento.
Al mattino (ore 5 nell’esempio) il serbatoio tradizionale è quasi vuoto mentre l’altro è al massimo invaso. Quando iniziano ad aumentare i consumi dell’utenza (ore 7) il serbatoio idropnematico comincia a svuotarsi per alimentare le turbine che producono corrente elettrica. Nel serbatoio tradizionale entra sia l’acqua dell’adduzione e sia quella scaricata dalle turbine e quindi c’è la disponibilità massima per l’ alimentazione dell’utenza nel mentre l’acqua in esubero rispetto ai consumi è immagazzinata nel serbatoio tradizionale stesso. Alle ore 17 il serbatoio idropneumatico è vuoto ed ha termine la produzione di energia elettrica. La notte successiva il ciclo si ripete con riempimento del serbatoio idropneumatico ed alimentazione in diretta della rete a bassa pressione.

Da notare come la notevole capacità di invaso dei due serbatoi consenta di utilizzare al meglio gli impianti di produzione idroelettrica potendo nelle ore notturne immettere nel serbatoio idropneumatico non solo la portata in arrivo dall’adduzione ma anche quella accumulata in precedenza nel serbatoio tradizionale. Ciò sarà meglio comprensibile esaminando il grafico ed i dati dell’esempio di una giornata tipo. 

Resta da definire la pressione di funzionamento del serbatoio idropneumatico per la quale sussiste un buon grado di libertà per cui si può impostare il regime che meglio si adatta alle condizioni del momento. Infatti il funzionamento di tale struttura segue la regola di “Mariotte” rappresentata nel grafico a lato dove sono rappresentate le variazioni delle percentuali di riempimento in funzione della pressione. Sono tracciate in linea continua 6 diverse curve di esercizio che sono funzione dalla pressione iniziale dell’aria compressa immessa dai compressori. Ad esempio se si adotta la curva n. 2 è necessario all’inizio (ed una volta soltanto) immettere aria compressa a due bar il che significa appunto una pressione di due bar a serbatoio vuoto. Tramite pompaggio si otterrà un riempimento del 20% del volume totale del serbatoio con una pressione di 2.5 bar, del 50% con 4. Il limite massimo corrisponde ad un 80% di riempimento del serbatoio con 10 bar di pressione. La stessa pressione descritta si rende poi disponibile per il funzionamento delle turbine, ovviamente fatte salve le perdite di rendimento dell’insieme. Qualora si volesse operare a maggior pressione occorre scegliere una curva di valore più elevato come ad esempio la curva n.3. Si ritiene però consigliabile di contenere la pressione massima al valore di 10 bar per facilitare la regolazione delle turbine ed inoltre per contenere il riscaldamento-raffreddamento del cuscino d’aria durante le fasi di compressione-decompressione.

Nell’applicazione descritta si verificano variazioni di temperatura del cuscino d’aria temperatura che tende ad aumentare durante la compressione ed a diminuire in caso contrario. Si tratta degli stessi problemi che si sono incontrati nella ricerca di realizzare una modalità di accumulo di energia del tutto simile a quella qui presentata con la sostanziale differenza dell’impiego di aria compressa immagazzinata a pressioni elevatissime (fino a 500 bar), problemi che, in quegli esperimenti, si è tentato di superare immagazzinando il calore prodotto in speciali piastre metalliche ad alto assorbimento calorico ma che alla fine hanno decretato il fallimento di tale tecnica di accumulo energetico . Si ritiene che il problema non sussista nella soluzione quì proposta perché in questo caso il calore prodotto è modesto sia perché la variazioni di pressione in serbatoio è molto lenta sia perché è di valore molto piccolo. Nell’esempio riportato si passa da 2 a 10 bar in cinque ore durante le quali tutto il maggior calore dell’aria viene assorbito dal grande volume d’acqua che vi si trova a contatto e che pertanto aumenterà leggermente di temperatura. Il fenomeno contrario avrà luogo durante la successiva fase attiva di produzione energetica con decompressione dell’aria che avrà ben 10 ore a disposizione. Il cuscinetto d’aria, grazie al passaggio da 10 a 2 bar, si raffredderà facendo ritornare fresca anche l’acqua con cui è a contatto e che riprenderà la temperatura originale, fatte salve piccole perdite energetiche di valore del tutto trascurabile.

 

3) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema idrico atto a realizzare in primo luogo una notevole compensazione delle portate degli acquedotti e cioè di immagazzinare il surplus di portata caratteristica peculiare di certi periodi per restituirlo successivamente al verificarsi di richieste eccezionalmente elevate. Trova così compimento una operazione che, potendo riguardare perfino la compensazione quindicinale o addirittura mensile delle portate, rappresenta un risultato importantissimo nella gestione dei moderni acquedotti assillati da una carenza delle fonti sempre più sentita e difficile da colmare.
Il secondo scopo che si raggiunge è la piena utilizzazione di opere come quelle necessarie per l’accumulo di ingenti volumi idrici le quali in un regime acquedottistico normale rimarrebbero sottoutilizzate per lunghi periodi. Con le opere proposte si approfitta della notevole disponibilità di invaso per lunghi periodi per produrre energia elettrica preziosa in quanto prodotta nelle ore diurne di maggior pregio.

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IL SERBATOIO ADDUTTORE

 

1)PREMESSA

Uno dei problemi che assilleranno in futuro la nostra Società, sarà quello del reperimento di acqua potabile in quantità sufficiente per soddisfarne il fabbisogno. La ragione è da attribuirsi all’accentuarsi del consumo specifico per abitante cui si aggiunge un continuo depauperamento delle fonti d’acqua tradizionali.
Ai rimedi ripetutamente conclamati come il risparmio d’acqua, la riduzione drastica delle perdite occulte degli acquedotti, il miglioramento di funzionalità dei servizi che si tradurrà in una più attenta utilizzazione delle risorse oggi disponibili, deve necessariamente affiancarsi quello della produzione di una maggiore portata d’acqua potabile. E’ in quest’ultimo settore che è necessario concentrare gli sforzi ed è questo anche lo scopo della presente ricerca.

 

2) L’AUMENTO DELLA DISPONIBILITÀ D’ACQUA POTABILE

In molte realtà acquedottistiche, per raggiungere lo scopo di una maggior produzione idrica cui si è fatto cenno, ci si basa esclusivamente nel potenziamento delle fonti, molto spesso eccedendo nei prelievi di falda o di sorgente con conseguenti gravi danni ambientali che vanno dagli abnormi abbassamenti del suolo, al deleterio collegamento diretto tra falde diversificate e ai franamenti del terreno e del sottosuolo. Si tratta quindi di provvedimenti pericolosi da tenere attentamente sotto controllo e, possibilmente, da bandire e sostituire con soluzioni alternative e, tra di esse, con la costituzione di grandi riserve d’acqua in capaci serbatoi. A tale riguardo viene quì proposto di adottare, in sostituzione della compensazione giornaliera della portata d’acqua normalmente effettuata dalla maggior parte degli acquedotti, la compensazione trimestrale e quindi di non limitarsi, come è d’uso, alla sola raccolta degli eccessi d’acqua che si verificano durante la notte ed attuata per coprire le punte di consumo del giorno seguente, si auspica invece l’accumulo di volumi molto più consistenti e resi disponibili grazie ai fenomeni atmosferici particolarmente intensi che nel territorio italiano statisticamente hanno una frequenza come minimo di un evento per trimestre.
Da rilevare come le punte di consumo sia orarie che giornaliere siano statisticamente poco frequenti in ogni realtà acquedottistica e come non sia corretto dimensionare gli impianti, soprattutto di produzione dell’acqua, in funzione delle sole portate massime eccezionali. Adottando la compensazione trimestrale che si vuole quì propugnare, la producibilità delle fonti può essere contenuta entro valori più bassi in grado comunque di coprire, grazie ad un grande serbatoio, anche le punte di consumo elevate.
Gli invasi utilizzabili allo scopo, oggi come oggi, sono rappresentati soltanto dai serbatoi artificiali basati sulla costruzione di dighe di ritenuta ma, per mancanza di aree adatte e soprattutto per i danni che tali imponenti opere provocano al territorio, non si intravede alcuna possibilità di costruirne di nuovi, al contrario stanno sorgendo iniziative volte alla eliminazione di alcuni dei bacini artificiali esistenti e alla messa in pristino dei territori che essi occupano. Significativo l’esempio della diga di Kariba nello Zimbawe dovuta all’intraprendenza e al lavoro italiano e che, assieme alle opere annesse, rappresenta tuttora un mirabile esempio di impianto idroelettrico ad alto rendimento ma che si è in procinto di eliminare per riconsegnare alla popolazione gli ampi territori ora occupati dall’acqua.
La proposta che viene qui formulata non può, ovviamente, prescindere dai grandi invasi di cui si è detto e, vista la difficoltà di costruirne di nuovi, non resta che ricorrere al sottosuolo dove si ritiene ancora possibile ricavare opere mastodontiche come sono quelle in argomento e dove sicuramente l’acqua può trovare un ambiente ideale per la sua accumulazione e conservazione. Seguendo queste regole sono già state fatte interessanti esperienze di ricarica artificiale della falda che consistono nella immissione forzata nel sottosuolo di grandi volumi idrici durante i periodi di piogge intense e prolungate nel tempo, per poterli poi utilizzare altrove e durante la siccità. Senza voler sminuire l’importanza della metodologia appena descritta, si vuole quì proporne una di diversa concezione che, in particolari condizioni ambientali, si ritiene possa dare importanti risultati.


3) L’INVASO SOTTERRANEO

Con le opere che vengono quì proposte si intende intervenire su una conformazione acquedottistica che frequentemente caratterizza gli esistenti servizi idrici e cioè su quella avente le fonti poste a notevole distanza dal territorio da servire ed al quale esse sono collegate tramite lunghe condotte di adduzione. La domanda da porsi in tali casi è questa. Perché invece di costruire delle condotte di adduzione destinate soltanto al trasporto dell’acqua non se ne maggiora la sezione in modo da renderle allo stesso tempo atte anche all’accumulo degli ingenti volumi necessari per le funzioni prima indicate?
In concreto si propone di costruire dei veri e propri serbatoi di accumulo di acqua potabile aventi una sezione trasversale relativamente modesta ma una estesa longitudinale rilevante in grado di abbinare le due funzioni citate prima e cioè accumulo di notevoli volumi idrici e trasporto a grande distanza di rilevati portate. Altre caratteristiche positive della proposta sono da un lato la quasi totale assenza di danni ambientali dovuta al fatto che si tratta di opere sotterranee e dall’altro la facoltà di conservare l’acqua per lunghi periodi, al fresco ed al riparo dal sole e dall’intrusione di sostanze estranee e di insetti.
Da segnalare anche la possibilità di realizzare con relativa facilità i manufatti sotterranei di grande dimensione e posti a grande profondità sotto il suolo grazie alle macchine automatiche di scavo e posa in opera di elementi prefabbricati oggi comunemente usate nella esecuzione di lavori di questo genere. Ancora una delle circostanze particolarmente favorevoli è data dal fatto che l’ubicazione del manufatto a grande profondità garantisce l’assenza di ostacoli come servizi e opere varie che normalmente si incontrano nella posa di comuni condotte a profondità normale. Infine non è da dimenticare che stiamo parlando di serbatoi di dimensione ragguardevole e destinati a contenere acqua potabile e quindi di opere che, a quanto risulta a chi scrive, nessuno è ancora riuscito, di fatto, a realizzare. Le grandi riserve d’acqua che tutti conosciamo sono invece costituite dai bacini artificiali o naturali che non possono che contenere acqua grezza la quale, per essere utilizzata ai fini potabili, deve essere sottoposta a trattamento di potabilizzazione. Ulteriori qualità negative dei bacini artificiali in argomento delle quali sono assolutamente esenti i serbatoi-adduzione in progetto, sono le notevoli perdite d’acqua per l’evaporazione dovuta all’irraggiamento solare, la pericolosità delle sponde ed il continuo interrimento ad opera delle ghiaie e sabbie nonchè  dei limi immessivi dall’acqua in arrivo.
In definitiva ci si propone di riuscire a risolvere i problemi di carenza idrica degli acquedotti senza creazione di nuove fonti ma semplicemente sfruttando meglio quelle esistenti mediante la creazione di grandi serbatoi di accumulo e conservazione dell’acqua potabile per periodi relativamente lunghi e quindi eliminando le disparità, origine di gravi disservizi, sempre presenti tra la produzione che è aleatoria in quanto funzione dell’andamento meteorologico e la richiesta idrica che segue regimi opposti dato che è proprio durante i periodi di siccità, causa della minor portata delle fonti, che si registra un notevole aumento del fabbisogno.
La possibilità di disporre in qualsiasi momento di un notevole deposito d’acqua potabile sempre pronta ad entrare in rete onde far fronte ad eccezionali richieste idriche per spegnimento incendi, per fuori servizio delle fonti, per sopperire a necessità di altri acquedotti con i quali sussistano condotte di interscambio portate e per eventualità varie non prevedibili, conferisce al servizio idrico una garanzia di corretto funzionamento anche nei casi elencati che esulano dal normale esercizio. Ancor più lo sarebbe nel caso di acquedotti concepiti con criteri moderni e cioè con immissione diretta della portata in rete ed a pressione variabile regolata dal sistema di telecontrollo centralizzato. In questi casi, infatti, essi potrebbero, grazie alla loro grande elasticità di funzionamento, variare molto di più dei normali acquedotti, il regime di esercizio ed i prelievi dal serbatoio/adduttore adeguando pressioni e portate alle richieste eccezionali del momento, il tutto come meglio spiegato nell’articolo” LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO” di questo sito
Il serbatoio-adduttore di cui si parla non è, ovviamente, scevro da inconvenienti primo fra tutti il suo elevato costo di costruzione che ne potrebbe pregiudicare la realizzazione.
Si può obbiettare che qualunque altra soluzione per realizzare grandi volumi di invaso è costosa. Lo è, ad esempio, la costruzione di una diga ed altrettanto, o forse anche di più lo sarebbe qualunque altro manufatto in cemento armato di pari volume di invaso. Si può invece dire che nella realizzazione del serbatoio-adduttore si potrebbe operare per stralci successivi tutti funzionali il che consentirebbe di diluire la spesa nel tempo e, al tempo stesso, di constatare, fin dalla costruzione delle prime porzioni dell’opera, i notevoli benefici che se ne ritraggono.

 

4) ESEMPIO DI SERBATOIO-ADDUTTORE

Esaminiamo l’esempio, puramente ipotetico ma rappresentativo della soluzione tecnica che si intende propugnare, di una città di 300000 abitanti alimentata da fonti poste a 20 Km di distanza la cui portata media del giorno di massimo consumo sia pari a 1000 l/sec che vengono addotti tramite una condotta di diametro di m.1.00 funzionante in pressione. Le relative perdite di carico ammontano a circa m. 30 cui va fatto fronte tramite sollevamento meccanico. La capacità di invaso necessaria per una compensazione trimestrale come quella auspicata, ammonta approssimativamente a ben mc 2000000 e per realizzarla si prevede di sostituire la condotta da 1.00 m con un serbatoio-adduttore della stessa lunghezza di 20 Km ma del diametro di 12 m. costruito a 5-15 metri di profondità sotto il suolo e con una pendenza dello 0.1% (dieci centimetri al Km). Il dislivello totale del fondo per l’intera lunghezza sarà pari a 2 metri, le quote di fondo condotta vanno da 1.00 a 3.00. Il funzionamento a pelo libero e a condotta non rigurgitata avviene con un’altezza d’acqua di cm 37 circa a velocità media di 1 m/sec. La sezione liquida del corrispondente segmento circolare è pari a mq. 1.00 per un volume totale di mc.20000.
L’utilizzo della condotta come serbatoio di accumulo richiede di rincollare l’acqua facendo crescere di 14 metri il suo livello di valle. L’escursione del serbatoio và da quota 1.00 a 15.00 con un volume utile di stoccaggio pari, come richiesto, a mc.2000000 circa.
Il serbatoio-adduttore sfocia nella vasca di aspirazione delle pompe per la mandata in rete e di decantazione delle sabbie con fondo a quota zero e quota di massimo invaso a 15.00.

Prfilo longitudinale in scala deformata del serbatoio adduttore da mc 2.000.000 di invaso


Come si vede al vantaggio di poter accumulare il volume di ben 2000000 di mc d’acqua si aggiunge quello di una minor prevalenza delle pompe di sollevamento di circa 20 m circa cui va aggiunto il ricupero del carico finale residuo che varia da zero a 10 m circa in funzione del livello del pelo libero nella vasca di aspirazione delle pompe di rete.
Si fa infine rilevare che, se la soluzione serbatoio-adduttore trovasse numerose applicazioni reali, si potrebbero ottenere riduzioni dei costi di costruzione standardizzando le caratteristiche del manufatto e quindi delle macchine operatrici automatiche necessarie per la esecuzione delle opere. Fissato un diametro standard (ad esempio di 12 m), la lunghezza del manufatto costituirebbe la possibile variante
da definire in funzione del volume necessario acquedotto per acquedotto.

 

5) CONCLUSIONI

Nella nota si è formulata un’ipotesi di modifica sostanziale dello schema classico degli acquedotti aventi le fonti di alimentazione poste ad una certa distanza dal territorio da alimentare. In dettaglio si è previsto di sostituire le condotte che collegano le fonti con la rete di distribuzione, con serbatoi-adduttori cioè con vere e proprie gallerie di grandi dimensioni e di pari lunghezza che siano atte a svolgere la doppia funzione di accumulo di notevoli volumi d’acqua potabile ed anche di trasporto di grandi portate. Si tratta di una soluzione innovativa che può destare scetticismo per gli elevati costi di realizzazione ma che, in certe particolari situazioni, sicuramente varrebbe la pena di essere presa in esame tenendo conto dei benefici offerti soprattutto per aumentare la disponibilità idrica e poter coprire le punte di consumo anche a fronte delle diminuzioni di portata che accusano le fonti nei periodi siccitosi. Ulteriori vantaggi consistono nell’ottima conservazione dell’acqua potabile immagazzinata in manufatti ricavati totalmente nel sottosuolo ed inoltre nell’economia energetica per il sollevamento meccanico dell’acqua stessa.
La ricerca effettuata e le conclusioni finali cui si perviene nell’articolo rientrano, assieme a quelle visibili negli articoli “Lo barramento mobile di foce”, “Viaggio fantastico nell’utopia dell’acqua“,” Rete integrata nel territorio“,” Incongruenze e manchevolezze della letteratura tecnica in tema di acquedotti ” di questo sito, in un elenco di interventi ipotetici e forse irrealizzabili, che chi scrive continua a proporre ben conscio del notevole impegno economico da essi richiesto e ma fidando che ne possano derivare spunti utili per la soluzione dei numerosi problemi dei moderni acquedotti.
D’altro canto per risolvere la tremenda crisi idrica che si profila ad un orizzonte sempre più vicino, bisognerà inevitabilmente ricorrere a opere straordinarie, inusitate tra le quali può senz’altro rientrare anche il serbatoio adduttore.
In ogni caso resta a chi scrive l’ambizione di aver contrapposto ritrovati innovativi alla banalità e scarsa funzionalità reale, in altre parole alla arretratezza effettiva, delle soluzioni tecniche che si riscontrano nella gran parte degli acquedotti italiani fatte anch’esse rilevare più volte negli articoli pubblicati dal sottoscritto su questo stesso sito

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IL SERBATOIO IDROPNEUMATICO

UN’OPERA CHE PUO’ VANTAGGIOSAMENTE SOSTITUIRE IL SERBATOIO PENSILE DI TESTATA DELLE RETI ACQUEDOTTISTICHE

1) PREMESSA

Pianta e sezione schematiche di un serbatoioidropneumatico pensile

Uno dei concetti riaffermati negli articoli di questo sito riguarda i serbatoi pensili posti in testa alla rete di distribuzione degli acquedotti che, a giudizio di chi scrive, rappresentano un ostacolo per il razionale ed economico esercizio delle reti stesse.
Infatti tali opere, a fronte di modesti vantaggi quali la sicurezza di esercizio data dal volume d’acqua in quota e sempre pronto a sopperire ad eventuali brevi disservizi e da un buon funzionamento delle pompe di sollevamento dell’acqua, presentano l’inconveniente di vincolare rigidamente la pressione di rete e quindi di annullare altri notevoli benefici che altrimenti ne deriverebbero quali sono, ad esempio, un risparmio energetico nel sollevamento dell’acqua, minori perdite di rete dovute alla possibilità di funzionare a bassa pressione durante i periodi di scarsi consumi dell’utenza e particolarmente di notte ed infine una migliore consegna dell’acqua vantaggi questi tutti facilmente  raggiungibili come sarà spiegato.

Il dissidio tra i fautori dei serbatoi in parola che li considerano ancora ai nostri giorni come strutture indispensabili della rete ed i loro detrattori, come il sottoscritto che li ritiene dannosi, può essere composto prevedendo di sostituirli con un’opera che presenta tutte le prerogative positive del serbatoio pensile e, al tempo stesso, ne evita tutti gli inconvenienti : il serbatoio idropneumatico che forma l’oggetto del presente articolo.

 

2) IL SERBATOIO IDROPNEUMATICO DI TESTATA DELLE RETI

schemapneumatico-1
Fig. 1 =Schema idraulico

 

 

 

 

 

 

 

Il serbatoio idropneumatico è un grande contenitore interrato o appoggiato al suolo oppure sopraelevato rispetto al suolo, nella cui parte inferiore viene accumulata l’acqua da immettere nella rete di distribuzione dell’acquedotto mentre quella superiore, anch’essa a perfetta tenuta, contiene un consistente cuscino d’aria. L’opera è del tutto simile alla cassa d’aria normalmente usata negli impianti di sollevamento per l’attenuazione dei dannosi effetti del colpo d’ariete se non fosse per le sue dimensioni notevolmente maggiori, che ne differenziano profondamente le modalità di utilizzazione. Opere del genere, caratterizzate da notevoli capacità di invaso, sono state più volte realizzate per esplicare la funzione di compensazione delle portate in acquedotti di medie e piccole dimensioni. Non risultano invece mai impiegate per svolgere un ruolo così importante e loro congeniale come quello di sostituire i serbatoi pensili di testata delle reti che viene qui proposto. La configurazione idraulica tipica di un impianto di compensazione e sollevamento atto allo scopo comprende nell’ordine, come risulta anche dallo schema della fig. 1 e con disposizione in serie:
· Un serbatoio interrato di grandi dimensioni per la raccolta dell’acqua e la compensazione giornaliera delle portate prodotte dalle fonti;
· Un impianto di sollevamento costituito da elettropompe a velocità variabile oppure da una serie di elettropompe a velocità fissa ma comunque in grado alimentare la rete di distribuzione con portate e pressioni ambedue variabili, al limite con funzionamento a gradini di portata e pressione a gradini, in funzione delle necessità dell’utenza;
· Un serbatoio idropneumatico con annessi batteria di compressori d’aria e valvole di scarico dell’aria compressa in eccedenza il tutto destinato a sostituire il tradizionale serbatoio pensile di testata e a consentire il funzionamento a portata e pressione variabili secondo le modalità che saranno appresso indicate.


Esaminiamo ora il comportamento del cuscino d’aria del serbatoio idropneumatico. Esso segue la regola di Mariotte in base alla quale il prodotto tra volume e pressione ha un valore costante e che, per il campo che ci interessa, fornisce i valori riportati nella seguente tabella e rappresentati graficamente nel grafico di fig.1 allegata.

 

 PERCENTUALE DI RIEMPIMENTO D’ACQUA  PRESSIONE bar (curva 1)  PRESSIONE bar (curva 2)  PRESSIONE bar (curva 3)
 0%  1.00  2.00  3.00
 10%  1.11  2.22  3.33
 20%  1.25  2.50  3.75
 30%  1.43  2.86  4.29
 40%  1.67  3.34  5.01
 50%  2.00  4.00  6.00
 60%  2.50  5.00  7.50
 70%  3.33  6.66  9.99
 80%  5.00  10.00  15.00
graficoriempimento
Fig. 2 =Volumi d’acqua in funzione della pressione

Se si esaminano in dettaglio le curve n. 1 e n. 2, del grafico di fig. 2, si nota come siano caratterizzate da un andamento quasi orizzontale per una bassa percentuale di riempimento del serbatoio, hanno poi un punto di flesso ed infine, per un elevato tasso di riempimento, esse si impennano avvicinandosi alla verticale. Se ne deduce immediatamente che la variazione di pressione, minima quando il serbatoio contiene poca acqua, diventa elevata quando il serbatoio è quasi pieno. In altri termini una utilizzazione ottimale per la regolazione di una rete d’acquedotto come quella proposta nel presente lavoro, deve avere un cuscinetto d’aria di volume circa corrispondente a quello dell’acqua contenuta. Far lavorare l’impianto con cuscinetti d’aria di volume minimo significherebbe invece sottoporre l’esercizio a rischi di cattiva regolazione delle pompe per instabilità di pressione.
Vedremo più avanti come questa caratteristica presenti un lato positivo dato dalla possibilità di regolare a piacere i tempi di variazione dell’invaso e della pressione.
Nelle altre curve del grafico il flesso è meno pronunciato, esse presentano una pendenza media piu’ accentuata e valori di pressione sempre elevati il che porta ad escluderle dall’uso che qui si vuole proporre.
In conclusione il funzionamento ottimale è quello rappresentato in grafico dall’area con tratteggio in quanto sono presenti, in tale campo di lavoro, le seguenti caratteristiche:
· una elevata percentuale di riempimento del serbatoio (fino all’83% per le pressioni di funzionamento più elevate) e quindi una buona capacità di riserva in caso di disservizi;
· una variazione di pressione da 2 a 6 bar od anche oltre se necessario, senza eccessivi cambiamenti nel riempimento d’acqua del serbatoio;
In pratica una volta immessa ad una determinata pressione l’aria nel serbatoio vuoto e quindi definita la curva di funzionamento che si sceglie, il serbatoio idropneumatico varia la percentuale di riempimento e la pressione interna dell’aria e dell’acqua secondo detta curva caratteristica senza necessità di alcun intervento ulteriore dell’annesso compressore o della valvola ma seguendo pedissequamente le modalità di pompaggio cioè la pressione impressa dalla pompa all’acqua. Il funzionamento di compressore e valvola sarebbe richiesto solo nel caso si volesse passare da una curva all’altra.
Un esempio chiarirà meglio i concetti.
Supponiamo di voler far funzionare la rete ad una pressione che và da un minimo di 2 bar (ad esempio la notte) ad un massimo di 6 bar (nell’ora di punta). Si potrà allora scegliere la curva n. 1 immettendo preventivamente una pressione d’aria a serbatoio vuoto di 1 bar. Durante il successivo normale funzionamento il serbatoio presenterà i seguenti valori (oltre naturalmente a quelli intermedi anch’essi leggibili nel grafico):

 PRESSIONE bar  PERCENTUALE DI RIEMPIMENTO D’ACQUA NEL SERBATOIO
 1  0%
 2  50%
 3  67%
 4  75%
 5  80%
 6  83%

L’impianto potrà variare la pressione entro i limiti indicati a seconda della velocità o comunque della pressione di mandata della pompa nel mentre, per la regolazione della portata da immettere in rete, si potrà anche far ricorso al funzionamento intermittente delle pompe stesse considerato che sarà il cuscino d’aria a regolarizzare l’immissione in condotta evitando, tra l’altro, che vi siano trasmessi pericolosi colpi d’ariete. In caso di panne del pompaggio, il serbatoio è pronto ad intervenire mandando in rete, anche in mancanza di corrente elettrica e con una pressione via via calante fino a 1 bar, tutto il volume in esso contenuto e variabile da un minimo del 50 % quando funziona a bassa pressione per arrivare fino al 83 % del volume totale nei momento di punta.
Qualora si desiderasse far lavorare l’impianto con valori diversi, per esempio passando alla curva n. 2, lo si potrà in ogni momento fare immettendo aria compressa tramite l’apposito compressore annesso al serbatoio. Al contrario se si volesse passare ad una curva di valore inferiore si dovrebbe scaricare l’aria in eccesso tramite l’apposita valvola. Si deve comunque notare come l’uso di queste ultime apparecchiature (compressore o valvola di scarico) sia molto raro poiché, una volta definita la curva di lavoro che nella pratica di esercizio risulti la più adatta, non sarà necessario alcun altro intervento.
Sarà sempre possibile, invece di funzionare a pressione variabile, mantenere la pressione fissa 24 ore su 24 su uno qualunque dei valori desiderati.
Il serbatoio idropneumatico sarà infine munito di una valvola a galleggiante che si chiude a serbatoio quasi completamente vuoto onde evitare l’immissione in condotta di aria compressa.
Si può constatare come il funzionamento indicato sia del tutto analogo a quello di un serbatoio pensile tradizionale alimentato da pompe a giri fissi con funzionamento intermittente e con un invaso in quota sempre pronto ad entrare in rete in caso di bisogno. Esistono però delle differenze sostanziali tra i due manufatti. Innanzitutto viene a cadere la pregiudiziale principale dei serbatoi pensili che, come ripetutamente affermato, è quella di obbligare la rete a funzionare rigidamente ad una pressione corrispondente all’intervallo altimetrico tra massimo e minimo livello di invaso. Nel nostro caso è’ invece consentito di variare liberamente la pressione di funzionamento della rete, diminuendola per ottenere dei notevoli risparmi energetici od aumentandola, se necessario per vincere le maggiori perdite di carico, fino a valori elevatissimi che non sarebbero assolutamente raggiungibili con i serbatoi pensili. In secondo luogo trattandosi di opere costruite a terra è possibile realizzare serbatoi pneumatici di grande e grandissimo volume cosa difficilmente attuabile nel caso dei pensili il cui volume di invaso è pesantemente condizionato dalle difficoltà tecniche insite nella edificazione di grandi volumi aerei. Infine i costi di costruzione delle opere edili sono molto inferiori quando si lavora a quota terreno.
Per quanto concerne la capacità reale da assegnare al serbatoio idropneumatico di cui si tratta, è da tener presente che la sua funzione precipua non è quella di compensare le portate, funzione riservata invece ad un apposito serbatoio di grandi dimensioni posto più a monte, bensì quella di mantenere un volume di riserva pronto ad entrare in rete in caso di disservizi vari. Pertanto le sue dimensioni saranno in ogni caso contenute così come sono contenute quelle dei serbatoi pensili che esso và a sostituire. Volumi accettabili nella realtà potranno essere dell’ordine di 200 mc per le piccole reti fino ad un massimo di 5000 mc per quelle maggiori. Nulla vieta di costruire serbatoi idropneumatici anche di dimensioni notevolmente superiori. In tali casi occorre però verificare attentamente la compatibilità tra i tempi necessari perché abbiano luogo i cambiamenti nella pressione di esercizio, tempi particolarmente lunghi dati i grandi volumi di invaso in gioco, e le necessità di funzionamento della rete. In altri termini si tratterà di affinare ulteriormente la scelta della curva caratteristica da utilizzare normalmente e più particolarmente quale parte di essa tenuto presente che, come già indicato, la sua parte inferiore è atta a garantire una elevata stabilità nella pressione di funzionamento nel mentre quella superiore ad andamento quasi verticale, da adottare nel caso dei serbatoi di grandi dimensioni di cui si discute, consente le rapide variazioni di pressione che in tal caso sono necessarie. Per quanto concerne i tempi di reazione della rete, ulteriori approfondimenti, da farsi in sede di progettazione esecutiva delle opere, riguardano la possibilità di modificare lo schema di base prevedendo di inserire il serbatoio pneumatico in derivazione anzichè in serie come fatto finora. Tale variante consente di praticare delle strozzature, dello stesso tipo di quelle che si usa fare per le casse d’aria, nel condotto che collega in derivazione il serbatoio con la rete in modo da poter regolare in vario modo i tempi di intervento del serbatoio pneumatico. La regolazione possibile diventa più determinante se la strozzatura è diversa in entrata da quella dell’uscita o, ancora meglio, se è asservita alle condizioni di funzionamento della rete tramite l’impianto di telecontrollo che può arrivare, in particolari e temporanee circostanze, all’esclusione totale del serbatoio pneumatico e quindi al pompaggio diretto in rete.
Altre varianti nel funzionamento del serbatoio idroponeumatico possono ottenersi assegnando particolari caratteristiche ai due manufatti destinati a contenere rispettivamente acqua e aria. Ad esempio in un serbatoio idropneumatico che avesse la forma di una piramide tronca diritta sarebbero notevolmente esaltati i volumi dell’acqua rispetto a quello dell’aria nel mentre l’effetto contrario, con tutte le conseguenze che derivano all’esercizio della rete, si avrebbe nel caso di piramide tronca rovescia.
Tra le varie possibilità di scelta figura anche quella che prevede una netta distinzione tra i due contenitori: un serbatoio inferiore in cemento armato per contenere l’acqua ed una parte del cuscinetto d’aria, un contenitore superiore destinato a contenere esclusivamente aria e consistente in più bomboloni metallici

Esempio di serbatoio idropneumatico tubolare sotterraneo
Esempio di serbatoio idropneumatico tubolare sotterraneo

Una caratteristica negativa del serbatoio idropneumatico di cui si discute è rappresentata dal pericolo che una parte dell’aria che costituisce il cuscino superiore avesse a miscelarsi con la sottostante acqua. Ne deriverebbe un duplice inconveniente dato dalla perdita di un certo volume d’aria che sarebbe necessario di tanto in tanto ripristinare a mezzo compressore, ed inoltre dall’immissione d’aria nelle condotte di rete dell’acquedotto con tutti i fastidi che ciò potrebbe dare. A giudizio di chi scrive questo inconveniente è presente solo nelle autoclavi e nelle piccole casse d’aria essendovi favorito dal vorticoso turbinio cui, per il modesto volume che le caratterizza, è continuamente soggetta l’acqua. Nel nostro caso l’eventuale miscela aria-acqua che si verrebbe a formare costituirebbe uno strato liquido di peso specifico inferiore a uno che permarrebbe in superficie senza alcuna possibilità di essere aspirato dalla condotta di uscita dell’acqua che è derivata dal fondo del serbatoio. Tale fenomeno è pertanto del tutto trascurabile nei serbatoi idropneumatici di grande volume come sono quelli di cui si discute. Anche le pubblicazioni tecniche che descrivono alcuni serbatoio idropneumatici di grande volume effettivamente realizzati (vedi bibliografia in calce) non fanno cenno alcuno al citato inconveniente fornendo una ulteriore dimostrazione della insussistenza dell’inconveniente descritto. .


In definitiva i benefici offerti dal serbatoio idropneumatico posto in testa alla rete in sostituzione del serbatoio pensile possono essere cosi riepilogati:
· un funzionamento ottimale a pressione variabile che è possibile asservire minuto per minuto alle esigenze dell’utenza qualunque sia la portata da immettere in rete;
· in caso di bisogno si possono raggiungere pressione di esercizio notevolmente elevate da considerarsi assolutamente impossibili per i tradizionali serbatoi pensili;
· qualora si desiderasse funzionare a pressione fissa è possibile scegliere il valore della pressione di lavoro che meglio risponde alle esigenze di rete, valore che può essere sempre cambiato, senza esecuzione di nuove opere, per adeguare gli impianti al verificarsi di nuove ed impreviste necessità;
· una assoluta assenza di colpi d’ariete in condotta;
· un elevato volume d’acqua in pressione sempre pronta a supplire a brevi mancanze meccaniche od elettriche dell’impianto di sollevamento;
· costi di costruzione del manufatto estremamente contenuti
· assoluta assenza di perdite per anomalie varie di esercizio come sfiori d’acqua, dissipazione del carico idraulico, cattivi rendimenti meccanici ed elettrici delle pompe;
· la tenuta ermetica del serbatoio offre la massima garanzia igienica vista l’impossibilità che possano penetrarvi insetti, volatili o altri animali oppure che vi si possano compiere atti vandalici;
· essendo edificati a quota suolo è possibile costruire, in testa alla rete, serbatoi pneumatici di grandi od anche di grandissime dimensioni;
· in caso di ampliamento delle reti da alimentare è possibile modificare il regime idrico di normale lavoro senza eseguire alcuna modifica alle opere edili ma semplicemente variando la pressione di esercizio
· grazie all’azione stabilizzatrice del cuscino d’aria, anche in caso di alimentazione a pressione variabile, l’impianto di sollevamento può essere costituito da serie di pompe a giri fissi meno costose di quelle a velocità variabile.

· possibilità di regolare a piacere i tempi necessari perché abbiano compimento le variazioni della pressione di alimentazione della rete.
· in caso di serbatoio in derivazione dalla rete, sono possibili ulteriori regolazioni nei tempi del suo intervento.

 

3) RAFFRONTO TRA SERBATOIO IDROPNEUMATICO E SERBATOIO PENSILE

Un confronto valido tra opere idriche di diverso tipo come sono quelle in oggetto, può farsi prendendo come base un serbatoio pensile da 3000 mc di capacità utile e 50 m. di altezza che può essere considerato, nel suo genere, una delle costruzioni più ardite tra quelle effettivamente realizzate. Esso potrebbe essere validamente sostituito, in una qualunque rete di distribuzione d’acqua potabile, da un serbatoio a terra di tipo pneumatico avente una cubatura interna utile di 5000 mc. Caratteristiche salienti di quest’opera sarebbero un costo nettamente inferiore, la possibilità di mantenere, in caso di disservizi dell’adduzione, una riserva d’acqua pronta ad entrare in rete del volume di 2500 mc alle basse pressioni di esercizio ma di ben 4150 mc a quelle alte. Il serbatoio in argomento consentirebbe inoltre di lavorare ad un qualunque valore di pressione sia fissa che variabile di minuto in minuto ed elevabile fino a 70 m. ed anche oltre, contro una pressione fissa del pensile pari a 50 m. circa. Sono evidenti i vantaggi che presenterebbe il serbatoio idropneumatico sia in fatto di funzionalità idrica sia nei costi di costruzione e di esercizio.

 

4) ESEMPIO PRATICO DI IMPIANTO DI ACCUMULO E SOLLEVAMENTO DOTATO DI SERBATOTIO IDROPNEUMATICO DI TESTATA

Viene descritta la costituzione consigliata per un impianto di accumulo e sollevamento tipo. Il dimensionamento è molto empirico ma può servire a dare un’idea di larga massima della composizione atta a raggiungere gli scopi che qui ci si prefigge.
Si immagini di dover alimentare una città di pianura di 200.000 abitanti.
I dati principali, fatto salvo un calcolo più serio basato su elementi concreti, sono i seguenti:
– Portata media del giorno di massimo consumo: 600 l/sec
– Portata massima nell’ora di punta del giorno di massimo consumo: 1350 l/sec
– Portata minima notturna del giorno di massimo consumo: 360 l/sec
– Volume giornaliero consumato nel del giorno di massimo consumo: mc 78.000 circa
– Volume da assegnare al serbatoio interrato di compensazione: mc 12.000 circa pari al 15 % del volume giornaliero massimo
Si voglia alimentare la rete, di notte, con 15 m di pressione misurata nel punto più depresso di utenza cui corrisponde una pressione di pompaggio di 2 bar in centrale e rispettivamente di 35 m nell’ora di punta cui corrispondono 6 bar in centrale.
Viene scelto un serbatoio idropneumatico da mc 4000 e la curva caratteristica n.1.
I risultati sono i seguenti:
– Volume contenuto nel serbatoio pneumatico alla portata minima e pressione di 2 bar = mc 2000. E’ quindi in grado di far fronte ad un’emergenza per mancato funzionamento del sollevamento di 1,5 ore circa
– Volume contenuto nel serbatoio pneumatico nell’ora di punta a 6 bar: mc 3.300 circa. E’ quindi in grado di far fronte ad un’emergenza di ¾ d’ora circa.
. L’impianto di sollevamento potrà essere equipaggiato con pompe a velocità variabile atte a fornire una portata che và da un minimo di 400 l/sec con prevalenza di 20 m ad un massimo di 1500 l/sec con 60 m di pressione. L’impianto di telecontrollo provvederà a variare la velocità della pompa con asservimento alla pressione finale di arrivo misurata nei punti caratteristici della rete.
Molto più semplicemente l’equipaggiamento potrebbe essere costituito (oltre alle macchine di riserva) da quattro pompe a giri fissi aventi nell’ordine le seguenti caratteristiche:
– Pompa n. 1 : 400 l/sec prevalenza m 25;
– Pompa n. 2 : 600 l/sec prevalenza m 35;
– Pompa n. 3 : 1000 l/sec prevalenza m 45;
– Pompa n. 4 : 1500 l/sec prevalenza m 58;
In quest’ultimo caso l’impianto di telecontrollo provvederà a far funzionare di ora in ora e ad intermittenza la pompa avente le caratteristiche di portata e pressione più adatte per mantenere all’utenza le pressioni di consegna prefissate curando che i rendimenti siano sempre i migliori nel mentre sarà il cuscino d’aria che provvederà a stabilizzare portata e pressione in uscita dalla centrale. L’impianto sarà corredato da una batteria di compressori atti a realizzare, una volta tanto, un cuscino d’aria di circa 2000 mc alla pressione di 2 bar in circa 4 ore di funzionamento. e da una valvola in grado di scaricare l’aria compressa.

 

5) CONCLUSIONI

Il serbatoio idropneumatico, oggetto specifico dell’articolo, è una struttura idrica che nei casi di effettiva utilizzazione pratica, mai è stato visto come sostitutivo dei serbatoi pensili. Nell’articolo si dimostra invece che è proprio in tale inusitata veste che esso dovrebbe trovare diffusa applicazione potendo contribuire efficacemente a liberare le nostre città di pianura da quegli orrendi monumenti all’inutilità che sono, a giudizio di chi scrive, i serbatoi pensili. Il suo ruolo travalica di gran lunga le funzioni svolte da questi ultimi soprattutto grazie alla grande elasticità conferita alla rete di distribuzione tramite il funzionamento a pressione variabile. La convenienza del particolarissimo manufatto, sia in tema di economia di esercizio e sia in quello di impatto ambientale, viene dimostrata analizzando i risultati che si ottengono e paragonandoli con quelli delle reti tradizionali munite di serbatoio pensile di testata
Ulteriori informazioni sul funzionamento a pressione variabile delle reti possono esser lette in altre pagine di questo stesso sito


Bibliografia:
– M. Burin “Le réservoir hydropneumatique de Chantilly” Tecnique e Sciences Municipales -Mars 1969
– J.Cheron “Resérvoir pression de grande capacité” – T.S.M. L’Eau octobre 1988

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LA REGOLAZIONE DEI SERBATOI DI COMPENSO GIORNALIERO DEGLI ACQUEDOTTI

 

 

PREMESSA

 

Il funzionamento idraulico di molti complessi acquedottistici viene tenuto sotto controllo dalle sofisticate procedure degli impianti di telecontrollo e telecomando che, considerando  tutte le condizioni reali e di quelle di previsione, ne ottimizzano tutte le funzioni, ivi compresa la regolazione dei serbatoi di compenso che forma, in particolare, l’oggetto della presente memoria. Molto spesso, invece, la regolazione dei serbatoi ha luogo semplicemente mediante valvole di efflusso a galleggiante o altro equivalente dispositivo idraulico di asservimento dell’acqua entrante nel serbatoio al livello dell’acqua in esso contenuta. In pratica il dispositivo determina la chiusura totale del flusso in entrata quando il serbatoio è giunto al massimo livello mentre, in fase di svuotamento, quando il livello medesimo oltrepassa via via le quote di riferimento fissate in rapida successione appena sotto alla quota di sfioro, ha luogo la progressiva apertura dell’immissione e, in fase di riempimento, la sua chiusura per gradi. Tali modalità di regolazione sono ritenute ottimali in quanto vengono rispettate le condizioni principali che sono quelle di evitare lo sfioro quando il serbatoio è pieno e di aumentare o diminuire il flusso in entrata non appena il livello varia di pochi centimetri in meno o in più rispetto al massimo livello. Si ottiene inoltre il vantaggio di forzare i serbatoi verso il massimo livello possibile e quindi di avere costantemente una riserva d’acqua  in grado di fronteggiare eventuali emergenze. Si deve però rilevare come in tali condizioni il serbatoio esplichi la sua funzione di compensazione delle portate soltanto nei giorni di massimo consumo mentre in tutti gli altri (che tra l’altro sono i più frequenti) esso rimane sempre pieno o quasi pieno per cui, al vantaggio di una disponibilità massima di acqua di riserva, si contrappone la necessità di seguire, con la produzione, le richieste di rete e quindi con portata nulla durante la notte e massima durante le ore diurne. Teoricamente sarebbe possibile porre rimedio a tale inconveniente diminuendo la produzione fino a riportarla costantemente alla portata media giornaliera di previsione, in pratica però si preferisce lasciare che essa segua automaticamente le richieste a tutto vantaggio della sicurezza di alimentazione ma scapito dell’economia di gestione. L’inconveniente è accentuato nel caso di acquedotti con alimentazioni diversificate sia come tipo di captazione che come costi di produzione dell’acqua, come sarà avanti descritto.
Nel presente lavoro si indicano modalità di regolazione della portata da immettere nei serbatoi di compenso diverse da quella usuale ed atte a dare tutte le garanzie di funzionamento in uno con l’economia di esercizio.

 

IL FUNZIONAMENTO USUALE DEI SERBATOI DI COMPENSO

Immaginiamo di esaminare un acquedotto nel giorno di massimo consumo con portata media pari a 900 l/s che sia alimentato da n. 9 pozzi da 100 l/s ciascuno dei quali munito di pompa sommersa comandata da proprio galleggiante installato all’interno del serbatoio a livello diversificato rispetto a quello degli altri pozzi. Durante detta giornata tutte 9 le pompe rimarranno in moto per tutte le 24 ore nel mentre il serbatoio, utilizzando il volume d’acqua immagazzinato durante la notte, consentirà di far fronte alla punta di consumo diurna che arriva fino ad un massimo di 1350 l/s. In una giornata in cui la portata media consumata sia invece pari a 600 l/s si verificherà che durante le ore diurne i 9 pozzi entreranno via via tutti in funzione essendo da soli in grado di far fronte alle portate richieste dall’utenza il cui valore massimo nell’ora di punta ammonta appunto a 900 l/s nel mentre il serbatoio rimarrà sempre pieno. Durante la notte al diminuire della portata i pozzi si fermeranno tutti. In pratica il prelievo di falda segue in tutto e per tutto le variazione di portata dell’utenza e quindi, a fronte del vantaggio di avere un serbatoio sempre al massimo livello e pertanto pronto a rifornire la rete in un qualunque caso di disservizio, si ottiene una utilizzazione nulla o quasi nulla della falda nel periodo notturno quando la stessa, essendo meno sfruttata, presenterebbe le migliori condizioni di producibilità.
L’inconveniente acquista maggior rilevanza nel caso di un acquedotto alimentato da fonti aventi costi di produzione dell’acqua diversificati.
Ad esempio se la portata totale di 900 l/s fosse ottenuta per 600 l/s da sorgenti funzionanti a gravità che, in considerazione dei bassi costi di produzione, potrebbe essere priva di regolazione e quindi entrare in serbatoio con flusso continuo e costante e solo i restanti 300 l/s di integrazione fossero dovuti a tre pozzi con pompa sommersa, nel giorno di consumo medio prima esaminato pur essendo la portata media prodotta a gravità (600 l/s) in grado da sola di far fronte al fabbisogno si avrebbe invece una produzione diurna di 900 l/s mentre di notte i 600 l/s a gravità sarebbero costretti a sfiorare.
Dagli esempi riportati emerge chiaramente come il funzionamento del serbatoio non possa considerarsi ottimale: lo sarebbe soltanto nel caso fosse in grado di effettuare la compensazione in tutte le giornate sia di grandi che di piccoli consumi consentendo alla produzione di mantenere una portata costante 24 ore su 24.

 

LA REGOLAZIONE PROPOSTA

Il grafico di fig. 1 rappresenta l’andamento giornaliero dei prelievi dell’utenza in un giorno di massimo consumo avente portata media di 900 l/s e portata di punta alle ore 9 pari a 1350 l/s. Nel caso di funzionamento ideale con produzione costante per tutte le 24 ore ed esattamente corrispondente alla portata media giornaliera cioè 900 l/s, l’intervento di un serbatoio atto ad effettuare la totale compensazione delle portate dovrebbe avere un volume utile di circa 11200 mc ed effettuare l’escursione di livello anch’essa rappresentata nel grafico.

Immaginiamo ora di avere un dispositivo automatico che imponga al serbatoio di effettuare tale escursione in tutte le giornate dell’anno ivi comprese quelle di massimo e di minimo consumo (v. fig.2 e 3). Il dispositivo, in altri termini, rilevato istante per istante il livello reale dell’acqua in serbatoio, apre o chiude l’immissione in modo da assicurare che il livello segua la curva giornaliera indicata e ciò indipendentemente dalla portata prelevata per essere immessa in rete. Altra pregiudiziale del dispositivo supponiamo sia quella di intercettare, nei casi in cui il livello effettivo è superiore a quello rappresentato dalla curva, l’immissione di portata essendo chiaramente inutile immettere acqua quando l’invaso presente è di per sé superiore a quello auspicato.
Con tali pregiudiziali durante la giornata di massimo consumo la portata da produrre è costante e pari a 900 l/s essendo questa l’ipotesi di base dalla quale si è derivata la curva dei livelli imposti nelle 24 ore. Se si esamina invece una giornata nella quale il consumo corrisponde alla media annua e cioè pari a 600 l/s di media giornaliera con una punta di 900 l/s si vede come, avendo imposto al serbatoio di riempirsi e svuotarsi secondo le regole citate, la produzione deve modulare la sua portata in modo completamente diverso da quello esaminato al capitolo precedente per la medesima giornata e cioè secondo il grafico di produzione indicato nella fig. 4. In pratica avendo imposto di utilizzare l’intero volume utile del serbatoio, volume che nei giorni di bassi consumi eccede quello minimo necessario per la compensazione delle portate, si ottiene il vantaggio di ridurre la produzione giornaliera a favore di quella notturna e necessaria per il riempimento del serbatoio.
Esaminiamo ora il funzionamento nel giorno di consumo medio nei due casi prima citati.
– Primo caso: l’acquedotto è alimentato da 9 pozzi da 100 l/s cadauno . Si avrà di giorno una portata prodotta variabile da 450 a 550 l/s e di notte da 600 a 750 l/s. Si ottiene il vantaggio di una produzione maggiore di notte quando la falda di attingimento dei pozzi è più alta ed i costi dell’energia elettrica più bassi. In ogni caso i 9 pozzi non sono mai in funzione tutti contemporaneamente con conseguente notevole beneficio per la falda di attingimento (si paragoni questo caso con quello del capitolo precedente)
– Secondo caso: l’acquedotto può contare su una produzione costante a gravità di 600 l/s che entra in serbatoio senza alcuna regolazione (v.fig.6). Di giorno la portata a grav
ità è superiore di quella necessaria (450-550 l/s) pertanto il serbatoio si svuoterà meno di quanto imposto e ciò consentirà durante la notte di effettuarne il riempimento con la sola portata a gravità. In definitiva con la soluzione proposta non sarà necessario mettere in moto le pompe dei pozzi integrativi. Evidente il vantaggio economico e ambientale: la sola portata della sorgente a gravità è sufficiente a coprire il fabbisogno, non viene sostenuta alcuna spesa per energia di sollevamento, la falda nei quali attingono i tre pozzi rimane indisturbata.
Esaminiamo ora una giornata con consumi ridotti al minimo e cioè pari a soli 400 l/s di portata media (v. fig.5).
Si avrà di notte una produzione di circa 600 l/s e di giorno variabile da 160 a 300 l/s. Risulta chiaramente che, nel caso prima esaminato di acquedotto con una portata di 600 l/s a gravità non è necessaria la messa  moto delle pompe dei pozzi mentre l’esubero di portata prodotta a gravità andrà a sfiorare..
Si può inoltre notare come, al diminuire delle richieste dell’utenza, corrisponda una portata media notturna che si mantiene su valori elevati mentre quella che diminuisce sensibilmente è la portata da produrre durante le ore diurne. I risultati rappresentati nel grafico di fig . 7 possono essere così sintetizzati:

Portata media giornaliera  l/s Volume giornaliero consumato mc Portata prodotta di notte  l/s Portata prodotta di giorno  l/s
 900 77.760 900 900
600 51.840 600 / 780 450 / 600
400 34.560 400 / 700 150 / 400
300 25.920 300 / 660 0 / 300

 

Si può concludere affermando che, grazie alla descritta regolazione dei serbatoi di compenso “a curva giornaliera imposta”, nel mentre nelle giornate di consumo elevato il serbatoio può esplicare in pieno la sua azione immagazzinando di notte i maggiori volumi d’acqua necessari per coprire la punta giornaliera, in tutti gli altre giornate la totale utilizzazione del volume d’invaso consente un aumento della portata notturna prodotta tanto più elevato percentualmente quanto minore è il volume totale consumato nelle 24 ore cui corrisponde una provvidenziale diminuzione durante le ore diurne. Tale caratteristica presenta il vantaggio del minor costo che in generale si riscontra nella produzione notturna di quel prezioso e sempre più raro elemento che è l’acqua, ed inoltre diventa particolarmente utile nei grandi complessi acquedottistici comprendenti utenze molto diversificate. Ad ed esempio in presenza di reti di adduzione molto estese che servono, tra l’altro, piccoli o medi abitati sprovvisti di proprio serbatoio di compenso, centri abitati dotati di compensazione di tipo tradizionale e quindi con serbatoi mantenuti costantemente e per misura prudenziale, al massimo livello o reti che alimentano utenti allacciati direttamente alle condotte di adduzione, in tutti questi casi le richieste d’acqua sono caratterizzate, nelle 24 ore, da notevolissime escursioni cui è difficile far fronte sia con la produzione che con l’adduzione. Ebbene in tali casi la presenza di uno o più serbatoi di notevole capacità ed funzionante secondo le modalità auspicate contribuisce, con la sua azione calmieratrice, a regolarizzare il funzionamento dell’intera rete anche se, o addirittura, preferibilmente se ubicato nella estrema periferia della rete. In ogni caso la portata giornaliera prodotta ha sempre un valore vicino alla portata media del giorno.
Per completare la disamina del funzionamento della soluzione proposta si fa presente come sia sempre possibile modificare lo sfruttamento del serbatoio stagione per stagione scegliendo diverse curve preimpostate di riempimento/svuotamento del serbatoio. Si potrà in tal modo imporre allo stesso uno svuotamento minore durante le stagioni invernali di bassi consumi mentre sarà massimo durante i periodi di grandi consumi dell’utenza.

 

CONCLUSIONI

Si sono descritte le modalità in uso per regolare l’alimentazione e l’utilizzazione dell’invaso dei serbatoi di compenso giornaliero e alcune diverse possibilità di regolazione con sfruttamento ottimale dei volumi d’acqua immagazzinabili e delle fonti che li alimentano. La differenza fra le due metodologie può essere così riassunta:
· Modalità correnti: serbatoi sempre al massimo livello possibile onde poter affrontare, grazie ai notevoli volumi accumulati, qualunque emergenza. Nei giorni di bassi consumi i serbatoi sono quindi sempre pieni e la produzione, per seguire le richieste dell’utenza, è quasi nulla durante la notte ed elevata durante le ore diurne.
· Modalità razionali: Tutto l’invaso disponibile viene sfruttato in ogni condizione d’esercizio al fine di diminuire le spese di produzione e di distribuzione d’acqua. Nei giorni di bassi consumi l’utilizzazione dell’esuberante volume d’acqua invasato durante la notte consente di diminuire la produzione giornaliera a favore di quella notturna meno cara. Ciò si rivela particolarmente interessante nel caso di acquedotti con alimentazione mista in cui si evita lo sfioro notturno garantendo la integrale utilizzazione dei volumi d’acqua di minor costo prodotti nelle 24 ore ed inoltre nei grandi complessi acquedottistici che alimentano centri urbani a consumo diversificato e disseminati su vasti territori.

 

Fig. 7 = grafico della produzione

 

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