BARRIERA FRANGIFLUTTO CON PRODUZIONE DI ENERGIA IDROELETTRICA

Brriera flangiflutto

1) PREMESSA

Lo sfruttamento del moto ondoso del mare è da tempo oggetto di studi e sperimentazioni volti alla trasformazione in energia elettrica del suo enorme potenziale.
A quanto risulta a chi scrive le esperienze e gli studi in corso riguardano esclusivamente sistemi che, pur agendo con modalità differenti, hanno il loro comune traguardo nella produzione di energia pulsante cioè caratterizzata da una continua variazione di intensità dovuta all’inevitabile altalenare delle onde del mare.
Un dispositivo poco ingombrante e ad elevata capacità di regolazione del sistema con eliminazione dei picchi e copertura dei punti di minima resa come quello che viene qui proposto, si ritiene possa essere di grande interesse in questi tempi di pressante necessità di produrre energia rinnovabile e lo è maggiormente nel caso svolga un vero e proprio ruolo di accumulazione di energia aumentando la sua producibilità tramite altre fonti secondo le modalità che saranno più avanti spiegate.
L’opera presenta ulteriori vantaggi alcuni, come ad esempio la protezione delle sponde dalla devastante azione delle onde che vi sbattono contro, comuni ai sistemi già realizzati ma altri che se ne distaccano totalmente per le possibilità aggiuntive di sistemazione dei lungomari.

FIGURA N. 1 = VISTA PROSPETTICA DELLA BARRIERA FRANGIFLUTTO

2) DESCRIZIONE DI MASSIMA DEL SISTEMA PROPOSTO

Viene descritta un’opera di marginamento fisso della costa con produzione di energia elettrica ottenuta essenzialmente dall’immissione in pressione dell’acqua del mare in un capace serbatoio interrato. Il serbatoio, di tipo idropneumatico cioè con la struttura del tutto particolare che sarà di seguito illustrata, è in grado di svolgere le seguenti funzioni principali:
– accogliere l’acqua immessavi naturalmente dalla forza d’urto dell’onda o da altri mezzi meccanici,
– conservarla fino al momento della sua utilizzazione,
– livellare, grazie alla grande capacità di invaso, la portata in uscita,
– consentire, con una diversificazione delle pressioni di esercizio, più regimi di funzionamento graduabili in funzione dell’intensità del fenomeno ondoso di per sé molto variabile.
– offrire la possibilità di accumulare l’energia in esubero per renderla disponibile nei successivi momenti di bisogno.

3) IDICAZIONI DI DETTAGLIO

Le opere proposte consistono, come illustrato nella Planimetria di fig. 2 e nella sezione trasversale della fig. 3, in una barriera frangiflutto che segue la linea di costa opportunamente fondata su una robusta palificata e che comprende le seguenti strutture principali.
1) Il dispositivo di captazione
2) Il serbatoio di accumulo
3) La centrale di produzione dell’energia elettrica con annessa sala quadri.

FIGURA 2 = PLANIMETRIA DELLA BARRIERA , DEL SERBATOIO IDROPNEUMATICO E DELLA CENTRALE IDROELEYTTRICA
FIGURA 3 = SEZIONE TRASVERSALE DELLA BARRIERA

L’ossatura principale del manufatto è costituita da un lungo muro di marginamento della sponda sul quale si innestano, lato mare, un numero imprecisato di setti trasversali mentre verso terra trova posto la grande vasca di accumulo denominata specificatamente serbatoio idropneumatico. I setti suddividono il frangiflutto in tante celle di captazione autonome e che immettono l’acqua in pressione nello stesso serbatoio di accumulo.

3.1) IL DISPOSITIVO DI CAPTAZIONE

Essendo dimostrato che il materiale avente le migliori caratteristiche per assorbire ed annullare la forza d’urto delle acque, è, non già quello di tipo rigido e di notevole robustezza, bensì quello flessibile in grado di adattarsi al movimento del mezzo liquido che lo investe subendone danni relativamente meno gravi, sarà di materiale elastico anche la struttura che viene qui proposta per la captazione dell’energia propria delle onde. Si tratta in dettaglio di un diaframma di contenimento (chiamato anche gonna) curvo e a flessibilità controllata dalla pressione del serbatoio e che si estende orizzontalmente per otto metri cioè per tutta la larghezza di ogni nicchia di captazione essendo saldamente ancorato ad una piastra metallica che percorre tutto il perimetro di contatto con la parte fissa in cemento armato. Tale piastra metallica continua e che sporge a 90 gradi dalla superficie del calcestruzzo, è costituita da due elementi orizzontali lungo i due lati superiore ed inferiore mentre in quelli laterali ha un andamento ad arco conformato in base alla curvatura che deve assumere anche il diaframma. E’ infatti tra queste due piastre laterali cha và teso il diaframma in modo da obbligarlo ad assumere, quando è a riposo, il profilo curvo.
Nel lato superiore e nei due laterali, detta piastra metallica sporge dal calcestruzzo per una quarantina di centimetri sufficienti per fissare stabilmente il diaframma e realizzare la sua tenuta idraulica lungo tutto contorno mentre nel lato inferiore la piastra stessa sporge per 1.40 m in quanto, oltre a svolgere il medesimo compito di collegamento, è anche munita di alcune valvole a battente che consentono all’acqua di penetrare dal basso nella cella ma non di uscirne. Sarà una contropiastra metallica, anch’essa continua, che fisserà, tramite una lunga fila di bulloni, tutto il bordo del diaframma garantendone la perfetta tenuta idraulica. Tra contropiastra e diaframma verrà inserito un doppio rinforzo flessibile che ne segue tutto contorno sporgendo verso l’interno al fine di resistere al grande sforzo di taglio che le onde esercitano in tale punto sul diaframma stesso.
La cella è munita di fori di collegamento con la retrostante vasca di raccolta anch’essi dotati di valvola a battente che consente all’acqua l’ingresso in vasca nel mentre impedisce l’uscita di quella precedentemente accumulatavi e che invece vi permane in pressione e pronta ad azionare le turbine di produzione della corrente elettrica.
Ogni cella di captazione è superiormente chiusa a quota + 3.00 metri sul mare da un solaio che costituisce il piano viabile o la passeggiata lungomare.
In definitiva il dispositivo di captazione è composto da tante celle affiancate aventi un’altezza interna che va da –2.75 a + 3.00, ognuna delimitata superiormente dal solaio di copertura e verticalmente in tre lati da una parete in calcestruzzo ed invece, dal lato mare, da un diaframma o gonna elastica ad arco inclinato. La cella è collegata nella sua parte inferiore sia col mare aperto e sia con il retrostante serbatoio idropneumatico tramite aperture munite di valvole di non ritorno che vincolano la direzione dell’acqua del mare tassativamente secondo il percorso mare – cella – serbatoio idropneumatico.
Da rilevare come, prima dell’inizio della normale attività del dispositivo, sia necessario estrarre tramite la pompa a vuoto di cui è dotata la centrale tutta l’aria contenuta nella parte superiore della cella. Una volta completata questa operazione, sarà la pressione atmosferica a mantenere la cella stessa, per tutta la durata dell’ esercizio, totalmente piena d’acqua. Allo scopo il diaframma dovrà non solo possedere l’elasticità necessaria per cedere alla forza delle onde e quindi svolgere compiutamente la sua principale funzione che è l’immissione in serbatoio di cospicui volumi d’acqua, ma dovrà anche resistere alla depressione interna provocata da detta pompa a vuoto senza subirne eccessive modifiche, essendo teso tra le due piastre laterali curve. Il materiale da usare per il diaframma dovrà pertanto essere studiato e sperimentato visto che la sua duplice funzione è basilare per il funzionamento delle opere. Una possibile variante costruttiva del diaframma potrebbe anche riguardare la posa in opera di robuste funi o nastri elastici ben tesi ed in numero da definire, lungo la superficie interna del diaframma per rinforzarne la resistenza. Esiste anche la possibilità di fissare al diaframma dei pani di piombo che, durante la fase di arretramento dell’onda, contribuiscano a riportarlo nella posizione di riposo. E’ però da notare come la depressione da vincere nell’azione sussidiaria del diaframma sia assai modesta essendo pari ad una colonna d’acqua di soli tre metri.
In fase di normale esercizio l’automatismo terrà sotto controllo la cella di captazione provvedendo, tramite la pompa a vuoto, ad evacuare l’aria che vi si fosse accidentalmente accumulata.

i deve però tener presente che la cella, posta tra diaframma e parete del serbatoio, comunica con  l’esterno soltanto tramite il foro inferiore  sotto il livello del mare e  munito di valvola di ritegno. Non esiste quindi  nessun collegamento tra cella ed atmosfera per cui, una volta eseguito con  la pompa a vuoto la prima estrazione di tutta l’aria, da quel momento in  poi nella cella potrà entrare solo l’acqua del mare appunto tramite il foro sempre immerso nell’acqua del mare.
Ed ecco il dinamismo di captazione ed immissione dell’acqua in serbatoio.
E’ noto come in mare aperto sia solo l’onda che si sposta mentre ogni singola particella d’acqua che la compone descrive, in verticale, una traiettoria circolare rimanendo sempre nella stessa zona. In riva al mare ha luogo, invece, lo spostamento, in direzione perpendicolare alla costa, di una grande massa d’acqua che, con moto alterno, va a sbattervi violentemente contro. Sono queste masse d’acqua che, opportunamente orientate dai due setti laterali di ciascuna cella, premono con violenza contro il diaframma elastico e, vintane la resistenza elastica, lo forzano ritrarsi verso terra e ad assorbire interamente l’energia senza che abbiano origine onde riflesse di ritorno.
La barriera ha così svolto il suo compito di protezione della riva dai danni dovuti al moto ondoso nel mentre il forzato arretramento del diaframma ha ridotto il volume interno della cella causando l’immissione in serbatoio di un quantitativo d’acqua più o meno consistente e ad una pressione variabile a seconda dell’ampiezza e della forza dell’onda del momento. La caratteristica di incomprimibilità dell’acqua quando, come detto, sia evitata la presenza anche minima dell’aria, assicura che ad ogni movimento del diaframma corrisponda un trasferimento d’acqua dalla cella al serbatoio riuscendo a vincere la pressione interna del serbatoio stesso.
Finita la sua fase attiva, l’onda si ritira verso il mare aperto e il diaframma, spinto dalla sua elasticità ed eventualmente da quella esercitata dalle funi elastiche di rinforzo o dai pani di piombo, tende a riportarsi nella sua posizione di riposo provocando l’immissione nella cella di nuova acqua spinta dalla pressione atmosferica ad attraversare le valvole di cui è munita la piastra inferiore.
Da rilevare come ogni cella, pur immettendo acqua in pressione in uno stesso serbatoio, eserciti la sua azione indipendentemente da quella delle altre con un duplice vantaggio. Innanzitutto viene scongiurato il pericolo che contro il diaframma avessero ad esercitarsi in coincidenza, come accadrebbe se essa fosse ininterrotta per l’intera lunghezza del marginamento, una pressione positiva e una negativa, e quindi di risultato nullo, dovute alla presenza contemporanea di due onde di direzione opposta .
In secondo luogo l’azione autonoma ed assolutamente alterna delle varie celle costituisce una sequenza ininterrotta di immissioni elementari in serbatoio che si susseguono a brevissimi e casuali intervalli di tempo il ché provoca una prima importante continuazione dell’entrata d’acqua nel serbatoio, data dalla somma di dette immissioni elementari.
Sarà poi il serbatoio con il suo notevole volume idrico e con quello del cuscinetto d’aria a completare l’opera di normalizzazione del flusso che, al momento della sua uscita finale per giungere alla turbina, risulterà assolutamente uniforme e quindi senza più risentire dell’altalenare delle onde.
Una ultima, importante, osservazione sul diaframma elastico. Ad avviso di chi scrive il contrapporre alla forza d’urto delle onde una gonna elastica presumibilmente rinforzata da funi anch’esse elastiche, rappresenta quanto di meglio si possa prevedere sia per le caratteristiche proprie di tale struttura che, proprio grazie alle sue doti di flessibilità, è in grado di adeguarsi alle variabilissime onde del mare seguendone la forma ed i ritmi grazie anche alla tecnica costruttiva che ai nostri giorni ha raggiunto, anche in tale settore, traguardi ambiti. Ne fanno fede, in campo idraulico, le molte applicazioni di apparecchiature un tempo basate su strutture metalliche a battente ed oggi vantaggiosamente sostituite da guaine elastiche che ad una ottima funzionalità aggiungono una lunga durata ed una totale assenza di colpi d’ariete e rumori fastidiosi.
L’impiego del diaframma elastico è tutt’altro che nuovo anche in lavori marittimi essendo usato con soddisfacenti risultati per la costruzione di barriere mobili gonfiabili o fisse dando prova, anche in tale campo, di ottima flessibilità, funzionalità e durata.
In ogni caso quando anche si nutrissero dei dubbi sulla efficacia e resistenza della descritta gonna elastica sarebbe possibile dotare la cella di captazione, in alternativa al diaframma, di un portellone mobile metallico munito di guarnizioni di tenuta come illustrato nella fig. 4 e di robuste molle atte a farlo ritornare nella posizione di riposo, ferme restando tutte le altre modalità di esercizio dell’impianto.
Una ulteriore variante rispetto al progetto riguarda la possibilità di eliminare del tutto il diaframma per prevedere che sia la pressione d’urto delle onde a far entrare direttamente l’acqua del mare nel serbatoio idropneumatico tramite delle bocche di presa tronco coniche appositamente studiate. Si tratterebbe di una notevole semplificazione delle opere di captazione ma, a giudizio di chi scrive, meno efficace di quella in progetto nella captazione della potenza d’urto delle onde e, sopratutto, non in grado di eliminare, come il diaframma elastico, le onde di riflessione.

FIGURA N. 4 = SEZIONE DELLA BARRIERA CON PARATOIA METALLICA
3.2) IL SERBATOIO DI ACCUMULO E REGOLARIZZAZIONE DEL FLUSSO

Un serbatoio di accumulo destinato ad alimentare una centrale di produzione di energia elettrica come quello in oggetto è normalmente costituito da una vasca sopraelevata rispetto al punto di restituzione, in questo caso costituito dal mare. Chiaramente la realizzazione lungo il bordo marino di una struttura di questo tipo, oltre ad alcuni inconvenienti riguardanti l’esercizio, presenterebbe dei problemi di impatto ambientale assolutamente insormontabili per cui non potrebbe nemmeno essere presa in considerazione.
Si prevede invece di sostituirla con il serbatoio idropneumatico cioè con una struttura che, oltre a trovare la sua collocazione ideale nel sottosuolo e a ridosso delle celle di captazione di cui al capitolo precedente, presenta delle favorevolissime caratteristiche di funzionamento.
La struttura, che segue in tutta la sua lunghezza la barriera frangiflutto integrandosi perfettamente con l’ambiente, costituisce una notevole capacità di invaso destinata ad essere alimentata da una lunga serie di immissioni elementari operate dalle singole celle di captazione, eventualmente integrate da altre fonti energetiche come sarà proposto nella variante di cui al cap. 4, nel mentre il flusso in uscita verso le turbine è unico, uniforme e con possibilità di esercizio diversificate in quanto è consentito cambiare la pressione e quindi il salto utile dell’acqua per la produzione dell’energia elettrica. Per continuare nella similitudine con il serbatoio dell’ipotesi precedente si può affermare che quello in argomento è equiparabile ad una serie di vasche sovrapposte con possibilità di utilizzazione dell’una o dell’altra a seconda delle necessità. In un giorno di tempesta quando si hanno onde di estrema potenza e quindi in grado di spingere l’acqua a 10 e più metri di altezza si apre la vasca superiore, se la potenza diminuisce si passa a quella intermedia per finire a quella di soli 3 m di quota quando il mare è meno mosso. Tutto questo può essere molto più facilmente attuato dal serbatoio idropneumatico.
Tale struttura, i cui dettagli saranno riportati nel seguente cap. 3.2) = “Il serbatoio di accumulo e regolarizzazione del flusso”, è costituito da un grande contenitore a tenuta ermetica caratterizzato dalla presenza nella sua parte superiore di un capace cuscinetto d’aria la cui pressione può essere variata a seconda delle necessità aprendo delle valvole di scarico o immettendo nuova aria con i compressori. Una volta stabilito un determinato regime di esercizio dato dalla pressione iniziale dell’aria, il serbatoio si regola da solo senza alcun intervento dei compressori e funzionando in maniera del tutto analoga ad un serbatoio sopraelevato posto di volta in volta a quote variabili e corrispondenti alle pressioni prescelte. Si intuisce quali sono le grandi possibilità di una struttura così versatile ed utilizzata per catturare una energia così saltuaria e variabile come sono le onde del mare. Significa non solo adeguare di ora in ora la capacità di captazione alle occasioni del momento ottenendo il risultato di poter accumulare nello stesso spazio sia grandi quantitativi di energia quali sono quelli del mare in tempesta e contemporaneamente di contrapporre alla forza d’urto delle onde una barriera mobile in grado di resistervi grazie alla maggior pressione del serbatoio come pure, nel caso di mare più calmo, di raccoglierne la diminuita forza con un diaframma più arrendevole alla più debole spinta dell’onda ed ad un diminuito sforzo di ingresso dell’acqua.
Siamo infatti in presenza di un diaframma a flessibilità controllata in grado di contrastare razionalmente la violenza delle onde.

FIGURA N. 5 = VEDUTA PROSPETTICA DELLA BARRIERA

Da ribadire inoltre la prerogativa nettamente favorevole che ha il serbatoio con il suo grande cuscinetto d’aria di livellare le spinte delle onde eliminandone totalmente i picchi e colmando ogni sia pur minimo punto di flesso. Inoltre si può affermare che il serbatoio risolve almeno in parte, uno dei problemi basilari della moderna società e cioè l’accumulo di energia, problema che si è tentato in più modi di risolvere senza risultati di rilievo. Tra di questi vanno ricordati gli impianti idroelettrici reversibili cioè dotati di macchine a doppio uso e di lago di accumulo a monte ed a valle. In tali casi, se durante determinati periodi le turbine ed alternatori producono la richiesta energia elettrica, in quelli successivi si trasformano rispettivamente in pompe e motori elettrici per risollevare l’acqua nel bacino superiore e realizzare in tal modo l’accumulo dell’energia di supero momentaneo. Si tratta però di impianti molto costosi e con rilevanti perdite di rendimento. Altre modalità di accumulo sono costituite dagli accumulatori elettrici ricaricabili che presentano però l’inconveniente di consentire risultati di entità molto piccola. Infine le moderne ricerche sono orientate verso sistemi ad idrogeno il quale, una volta prodotto tramite energia elettrica di supero, consentirebbe una utilizzazione dilazionata nel tempo e dislocata ovunque. La funzione di accumulo che può svolgere il serbatoio idropneumatico di grandissime dimensioni che fa parte delle opere qui descritte, si affianca efficacemente a tali sistemi potendo accumulare energia principalmente prodotta dalla violenza delle onde ma anche di qualsiasi altro tipo come ad esempio quella prodotta da pannelli solari (vedi variante del cap. 4) oppure di supero delle rete Enel.

3.3) LA CENTRALE DI PRODUZIONE DELL’ENERGIA ELETTRICA

La centrale di produzione, anch’essa ubicata nel sottosuolo ed a ridosso delle celle di captazione e del serbatoio idropneumatico, sarà munita delle seguenti apparecchiature:
A) Le pompe a vuoto in grado di svuotare le celle di captazione delle sacche d’aria che avessero da formarvisi,
B) le turbine atte, con possibilità di regolazione oppure con una serie diversificata di macchine, a sfruttare i diversi regimi di funzionamento dell’insieme in oggetto in uno con gli annessi alternatori di produzione della corrente
C) le apparecchiature di regolazione del cuscino d’aria e cioè i compressori e le valvole di scarico,
D) Le apparecchiature di comando e controllo automatico e manuale degli impianti da installare in apposita sala quadri. Esse dovranno provvedere alla impostazione dei regimi di funzionamento in funzione della potenza di immissione reale d’acqua e del livello e della pressione del serbatoio di ora in ora, alla messa in moto alla regolazione delle pale e all’arresto delle turbine, al mantenimento del cuscino d’aria nonché alla misura e al controllo generale di funzionamento emettendo, se necessario, gli opportuni allarmi.

FIGURA N. 6 = SEZIONE DELLA SALA TURBINE-ALTERNATORI

Visti i modesti salti disponibili, presumibilmente da 2 a 20 metri, si presume che le turbine saranno del tipo Kaplan a doppia regolazione e quindi delle pale e del distributore al fine di poter seguire la variabilità di energia disponibile.
Il manufatto della centrale è costituito da un parallelepipedo posto in continuazione del serbatoio e quindi avente la stessa sezione trasversale ed una lunghezza atta a contenere le apparecchiature elettromeccaniche ed elettroniche elencate. Il tutto come schematicamente indicato nelle fig. 2 e 6

4) VARIANTE CON PANNELLI SOLARI DI INTEGRAZIONE DELLA PRODUZIONE IDROELETTRICA

Come descritto nei precedenti capitoli una delle strutture innovative del presente progetto consiste nella presenza del serbatoio idropneumatico in quanto struttura atta ad accumulare per tempi più o meno lunghi l’energia in esubero per renderla disponibile quando sarà maggiore la richiesta. Una sua utilizzazione integrativa di quella descritta è quella rappresentata nei disegni schematici allegati e consistente nella installazione superiormente ai setti in cemento armato di una lunga serie di pannelli solari in grado di produrre energia elettrica in alternativa o in aggiunta a quella dovuta alle onde del mare, energia che potrebbe essere utilizzata direttamente oppure contribuire all’accumulo di acqua in pressione nel serbatoio idropneumatico tramite installazione di una serie di pompe sommerse. Da rilevare come il prevedibile alternarsi di periodi temporaleschi a forte vento ed onde impetuose del mare con periodi di bonaccia e sole splendente, garantisca comunque una buona produzione elettrica dovuta ai due diversificati sistemi .

5) LA COSTRUZIONE E L’ESERCIZIO DEGLI IMPIANTI

L’impianto di ammortizzazione dei flutti e di produzione di energia elettrica dovrà in anteprima essere dimensionato in funzione delle caratteristiche del moto ondoso che statisticamente si verificano nel luogo di impiego accuratamente studiate tramite una lunga campagna di rilievi ed esperienze.
Lo studio dovrà interessare ognuno dei componenti dell’impianto, nessuno escluso, tenendo presente che quanto al riguardo è riportato in questa breve relazione non rappresenta che una descrizione sommaria avente il solo scopo di tracciarne i concetti di base mentre la loro effettiva realizzazione potrebbe discostarsene notevolmente.
Le possibili diversificazioni potranno vertere su una cella di captazione di larghezza diversa di quella qui presunta in otto metri in quanto si sarà, ad esempio, definita una dimensione più adatta ad incanalare opportunamente il flusso delle onde. Il diaframma elastico potrà richiedere anch’esso quelle diverse dimensioni e forma che si riveleranno particolarmente atte a svolgere il grave compito che gli viene assegnato tenendo conto delle diverse tipologie di materiale elastico da adottare disponibile in commercio o che dovesse essere appositamente costruito ex novo.
Anche le quote altimetriche del fondo e della sommità della barriera, da studiare località per località, rivestono una importanza capitale nella progettazione così come anche la forma e le dimensioni da assegnare al serbatoio idropneumatico nonché tutte le sue possibili varianti di volume utile, di pressioni e di regime di funzionamento. Tutto questo senza parlare dei gruppi turbina-alternatore e delle loro innumerevoli modalità di costituzione, di regolazione delle pale e di esercizio.
Un breve accenno deve essere fatto anche nei riguardi delle modalità costruttive e di manutenzione delle opere e particolarmente del diaframma elastico che, essendo per buona parte costantemente immerso in acqua marina, impone, sia nella fase iniziale costruttiva e sia per eventuali successivi interventi di manutenzione, la messa all’asciutto della cella di captazione. Dovranno pertanto prevedersi le opere provvisionali, non indicate nei disegni allegati, come i gargami opportunamente inseriti nei setti ed atti a contenere i panconcelli di salvaguardia dalle acque del mare e di svuotamento della cella dal’acqua.
Si tratta in definitiva di un insieme di opere del tutto nuovo, da scoprire e da verificare con rilievi ed accertamenti preventivi e da mettere successivamente a punto durante l’esercizio. A quest’ultimo riguardo è da rilevare come, a fronte della complessità del compito da svolgere, sussista un fattore che senza dubbio gioca a favore di un risultato finale positivo e che è dato dalla presenza, assolutamente innovativa, del serbatoio idropneumatico il quale conferisce al sistema una notevole elasticità consentendo, anche ad opera ultimata, notevoli varianti di funzionamento e conseguenti adattamenti alla situazione reale quale risulta dalle esperienze che l’esercizio effettivo non mancherà di offrire.

6) NOTE SUL COMPORTAMENTO DEL SERBATOIO IDROPNEUMATICO

Le caratteristiche del serbatoio idropneumatico sono in dettaglio leggibili qui  oppure nel n 2/2003 Della rivista “L’Acqua”, organo della Associazione Idrotecnica Italiana, dove figurano il grafico delle sue condizioni generali di funzionamento ed anche una bibliografia con il titolo di memorie che riportano alcune realizzazioni effettivamente portate a termine, sia pure in settori diversi da quelli marini, del serbatoio idropneumatico in oggetto. Si ritiene utile riportarne una parte perchè specificatamente pertinente all’impiego qui previsto. In sintesi, se a serbatoio vuoto si avrà cura di immettere aria compressa fino ad una pressione di 0.2 atmosfere, nelle successive fasi di ingresso d’acqua in pressione il volume accumulato varierà secondo i dati della seguente tabella riportati anche nel grafico della fig. 7:

TABELLE DELLE ALTEZZE D’ACQUA IN SERBATOIO E DELLE CORRISPONDENTI PRESSIONI
Figura n. 7 = DIAGRAMMA PRESSIONE/RIEMPIMENTO DEL SEBATOIO IDROPNEUMATICO

La zona di funzionamento che qui interessa è quella rappresentata in segno marcato e che prevede con un riempimento minimo del 50% del volume utile cui corrisponde una pressione di 0.4 atm pari ad una colonna d’acqua di quattro metri, del 70% con sette metri e del 90% con venti metri. Da qui si comprende come il serbatoio possa adeguarsi ottimamente alle variazioni della energia trasmessa dal moto ondoso. Il suo grado di riempimento e la relativa pressione dipendono da due fattori contrapposti: da una parte la potenza delle onde che le fa crescere entrambi, dall’altro l’uso che se ne fa per produrre energia elettrica che le fa calare.
Senza entrare nei dettagli di funzionamento dei gruppi turbina-alternatore e delle relative regolazioni che richiedono una conoscenza specifica, al solo scopo di far capire le grandi possibilità del serbatoio idropneumatico, si può prevedere in linea di massima un esercizio a tre diversi regimi :
1^ regime = bassa portata , pressione m. 5 percentuale di riempimento = 60%
2^ regime = portata media, pressione 12 m, percentuale di riempimento =82%
3^ regime alta portata, pressione 20m. ,percentuale di riempimento =90%
Poiché il funzionamento ideale dell’impianto richiede di evitare un esercizio ad intervalli più o meno lunghi a favore di quello continuativo che fornisce energia elettrica più pregiata, si prevede di far funzionare sempre il gruppo di potenza inferiore rispetto a quella disponibile e di mantenerlo, anche in fase crescente del vento, in esercizio continuativo grazie alle sue possibilità di regolazione delle pale e del distributore e ciò finché le condizioni del serbatoio non abbiano raggiunto la fase superiore cui corrisponderà l’avviamento del gruppo anch’esso di classe superiore. In fase calante del vento si seguiranno, ovviamente, regole del tutto simili ma di segno opposto: come il serbatoio non è più in grado di mantenere le condizioni di portata e pressione relative ad una determinata fase, viene declassato il gruppo turbina che rimane in moto finché non si raggiunge la fase più bassa per passare nuovamente ad una classe inferiore di turbina qualora il vento continuasse a scemare.
Ovviamente la pressione rimane costante quando si riesce a far coincidere la portata della turbina con quella entrante in serbatoio.
Tutte le manovre vengono compiute in automatico grazie al sistema di comando e controllo che regola il funzionamento delle turbine in funzione dei livelli, della pressione in serbatoio e sulla base dei concetti ora enunciati.
Qualora la barriera sia dotata anche di pannelli solari e di pompe di immissione integrativa in serbatoio dell’acqua marina, il comportamento dell’insieme varia in funzione delle ulteriori disponibilità energetiche derivate dai pannello solari stessi.

7) UTILIZZAZIONE DEL SERBATOIO IDROPNEUMATICO PER ACCUMULAZIONE ENERGIA ELETTRICA IN ECCESSO

Essendo la barriera frangiflutto una struttura prevista per lunghezze notevoli di sponde da proteggere, in teoria anche il serbatoio idropneumatico che ne costituisce un elemento fondamentale potrà essere di lunghezza altrettanto cospicua e quindi cospicuo anche il volume dell’invaso. Questa caratteristica assai importante oltre che regolarizzare la produzione di energia elettrica che potrà essere costantemente prodotta  in funzione dei fabbisogni, il grande invaso potrebbe anche svolgere una importante azione sussidiaria come quella di servire da accumulo di energia elettrica di esubero in quanto prodotta nelle ore di mancati consumi. Si tratterebbe di contribuire ad una  mancanza di grandi  possibilità viste le difficoltà nella realizzazione  di grandi e preziosi accumuli di corrente elettrica  i quali, al momento attuale, sono esclusivamente costituiti da impianti idroelettrici detti reversibili in quanto hanno la possibilità di effettuare la  duplice funzione di produzione di energia elettrica ottenuta utilizzando l’acqua del lago superiore che viene fatta cadere in quello inferiore ed anche di accumulo dell’acqua del lago inferiore che viene ripompata nel lago superiore grazie all’uso alternativo delle apparecchiature reversibili ed in dettaglio delle turbine che diventano pompe e degli alternatori che, trasformati in motori elettrici, innalzano l’acqua  fino al lago superiore. Si tratta però di impianti in numero molto piccolo e quindi ij grado solo di sopperire in minima parte al fabbisogno. In questo senso sarebbe molto utile l’uso dei grandi serbatoi idropneumatici di cui al presente progetto, che sarebbero in grado di svolgere lo stesso compito utilizzando la corrente elettrica di supero per riempirli onde poter ricuperare corrente elettrica nelle ore di aumentato fabbisogno.

8) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema frangiflutto in grado di attuare anche lo sfruttamento della forza d’urto delle onde del mare per produrre energia elettrica. Si tratta di dispositivi del tutto simili a quelli in corso di sperimentazione da molto tempo ma dai quali si distinguono per la presenza di un componente essenziale per la regolarizzazione dei flussi e cioè per trasformare un’energia pulsante come quella delle onde in una che si mantiene costante per periodi di una durata compatibile con una sua utilizzazione ai fini idroelettrici. Il dispositivo in parola è il serbatoio idropneumatico finora mai utilizzato in applicazioni del genere ma che, ad avviso di chi scrive, è atto a svolgere nel migliore dei modi tale gravoso compito.
Un altro elemento notevole è dato dal diaframma elastico con cui si prevede di assorbire l’energia del moto ondoso per proteggere efficacemente la sponda e, al tempo stesso, produrre energia elettrica. In variante si è prevista la presenza di pannelli solari ed eventuale impianto di sollevamento atto ad incrementare il volume idrico nel serbatoio e quindi all’accumulo dell’energia in esubero.
Caratteristiche fondamentali del sistema sono la sua grande elasticità di esercizio che gli consente di modificare sostanzialmente le modalità di funzionamento al variare dell’intensità del moto ondoso, la possibilità di costituire un accumulo di energia utilizzabile in tempi diversi ed infine il modesto impatto ambientale essendo le opere per la gran parte sotterranee mentre quelle in vista sono del tutto simili alle normali opere di sistemazione del lungomare delle comuni centri balneari di cui possono costituire una efficace, utile sistemazione.

A chiusura della proposta qui riportata si fa rilevare un difetto fondamentale che contraddistingue negativamente tutte le modalità di produzione eoliche di energia per gli eccessivi costi di manutenzione ed esercizio. Si pensi ad esempio alle fonti eoliche o quelle fotovoltaiche disseminate in una miriade di eliche rotanti o di pannelli solari. La barriera frangiflutto qui descritta presenta il vantaggio notevolissimo di concentrare la produzione di un tratto di costa marina della lunghezza di parecchi chilometri in una unica centrale idroelettrica ottenendo il duplice vantaggio di compensare gli sbalzi di energia che vi si riscontrano ed al tempo stesso di facilitare l’esercizio essendo da gestire una singola centrale.

INDIETRO  AVANTI

LO SBARRAMENTO ATTIVO D’ALVEO

1) Premessa

Le pianure italiane sono attraversate da numerosi corsi d’acqua naturali e da canali artificiali il cui scopo è quello di addurre al mare le acque di scolo di vasti territori essendo caratterizzate di anno in anno da volumi in continua ed inarrestabile crescita cui non è materialmente possibile far fronte per le obbiettive difficoltà che vi si incontrano. Lo scopo della presente nota è la presentazione di una possibile soluzione di alcuni problemi in maniera razionale ed economica.

2) CARATTERISTICHE DEI CANALI DI PIANURA

La parte finale dei corsi d’acqua e cioè quella che interessa gli ultimi tratti prossimi allo sbocco a mare, presenta delle caratteristiche del tutto particolari soprattutto in relazione alla esigua pendenza longitudinale che rende minimo il carico idraulico atto a conferire al canale una portata congruente con i volumi idrici in gioco. In altri termini la resa idrica dei canali, nelle zone pianeggianti che precedono la foce dei corsi d’acqua, è molto modesta e risulta molto difficoltoso aumentarne il valore. Essendo invariabile la pendenza motrice, l’unica possibilità che rimane è l’aumento della sezione liquida anch’essa condizionata da un fattore negativo e cioè dalle quote di minimo e massimo invaso che, a meno di casi del tutto particolari, non è possibile variare. Infatti le quote di fondo alveo sono fissate dalle caratteristiche del mezzo nel punto di sbocco in quanto un eventuale approfondimento del canale con quote finali inferiori rispetto ad esso comporterebbe un funzionamento rigurgitato ed un sicuro innalzamento del fondo del canale dovuto ai depositi di materiale minuto che finirebbe per riempire l’approfondimento stesso annullandone l’efficacia. La stessa cosa può dirsi per le quote di fondo lungo l’asta del corso d’acqua che sono tutte definite dai trasporti solidi in atto e che non possono essere modificati artificialmente. In modo similare l’aumento della sezione non può essere attuato tramite innalzamento degli argini e quindi del pelo libero se non per altezze limitate (ad esempio per un massimo di un solo metro) in quanto ciò si rifletterebbe negativamente sugli affluenti con disastrose conseguenze. Nella situazione normale non resta che allargare il letto fermi restando, per le ragioni indicate, le quote di fondo e di sommità argine. Sovente anche questa operazione è resa impossibile per la mancanza dello spazio fisico nel quale ricavare i citati allargamenti.

 

3) LA SOLUZIONE PROPOSTA

Se si esamina il funzionamento a pelo libero di un canale balza agli occhi come il fattore che interverrebbe più di tutti gli altri nel migliorare la portata da adducibile è rappresentato senza dubbio dalla sua pendenza assoluta. Ad esempio in un canale avente le sponde inclinate a 45 gradi, larghezza al fondo di 5 metri, pendenza del 0.1 per mille (10 cm ogni chilometro compatibili con una normale situazione di pianura italiana ) ed un’altezza massima del tirante in tempo di piena di 5 metri, si ha una portata di circa 50 mc/sec. Supponendo di raddoppiare la larghezza del fondo alveo fermi restando tutti gli altri elementi e cioè la pendenza e l’inclinazione delle sponde si otterrebbe una portata di 85 mc/sec cioè un aumento percentuale del 70 %. Se si considera la sopraelevazione degli argini di un solo metro che può considerarsi fattibile senza sconvolgere tutto il sistema di raccolta e convogliamento acque, si ottiene ancora una portata adducibile di 85 mc/sec con lo stesso incremento del 70%. Se invece si potesse aumentare la pendenza portandola allo 0.5 per mille (50 cm al chilometro) , fermi restando tutti gli altri elementi dimensionali iniziali, la portata arriverebbe a 120 mc/sec con un aumento percentuale di ben il 140 % mentre aumentando la pendenza fino al 1% (un metro al Km) la portata assume un valore di ben 160 mc/sec con un aumento del 220 %!.
E’ quindi evidente come è sulla pendenza che bisogna operare per ottenere benefici di una certa rilevanza. Ovviamente tale risultato non può essere raggiunto per vie naturali ma soltanto adottando artifici meccanici analoghi a quelli normalmente usati per la bonifica di territori depressi ma dai quali però si differenziano sia per una diversa costituzione delle opere sia per le modalità di esercizio che comprendono due distinte fasi. La prima di esse, relativa alle portate idriche di piena che statisticamente hanno durate brevi, consiste nel sollevamento dell’acqua al fine di farle assumere il maggiore carico idraulico di cui si è detto, la seconda, che si riferisce invece a flussi idrici caratterizzati da durate notevolissime ma da portate esigue, ha lo scopo di utilizzare tutto il carico in esubero durante i periodi di portata magra, di media e di morbida per produrre energia elettrica tramite l’utilizzazione di alcune delle stesse pompe idrovore di cui si è detto ma aventi la peculiare caratteristica di essere reversibili. In pratica tali macchine sono costituite da motori elettrici che, quando necessario, possono anche fungere da alternatori atti a produrre, sotto la spinta dell’acqua, energia elettrica. Sono inoltre costituite da pompe che possono essere alternativamente usate anche come turbine per conferire agli alternatori la necessaria forza motrice. Si tratta di apparecchiature elettromeccaniche, spesso usate negli impianti idroelettrici chiamati di accumulo in quanto atti sia ad utilizzare il salto idrico esistente tra due bacini idrici per produrre energia elettrica e sia sfruttare i cascami di energia per risollevare acqua dal bacino inferiore a quello superiore.
Nel caso in esame i risultati cercati vengono ottenuti, come illustrato schematicamente nel profilo longitudinale allegato, suddividendo l’asta del canale in tanti tronchi ed inserendo nel punto di inizio di ciascuno di essi un impianto di sollevamento/produzione elettrica. Tra i tipi opere che si ritiene siano particolarmente adatte si cita lo sbarramento schematicamente illustrato nella planimetria allegata e che comprende un modesto bacino di monte per la immissione delle acque con suddivisione in due semibacini atti a consentire la messa fuori servizio alternativa per eventuali lavori di manutenzione ed un secondo bacino di valle per la restituzione nel canale emissario dei volumi idrici sia in caso di sollevamento sia nel caso di sfruttamento ai fini idroelettrici con le macchine idrauliche reversibili. Tra i due bacini trova posto la barriera contenente al suo interno le macchine idrauliche citate la cui potenzialità e numero di elementi tra di loro uguali devono essere definiti in funzione rispettivamente della portata in gioco e della sua escursione massima. Ciascuna macchina è inserita in apposita condotta forzata munita a monte di gargami per la posa di panconcelli di intercettazione del flusso idrico ed a valle di valvola a farfalla servocomandata e che svolge il doppio ruolo di valvola di ritegno durante il normale esercizio e di intercettazione totale del flusso di valle nel caso di necessità di svuotamento dell’intera condotta e della macchina idraulica. Un limite invalicabile alla applicabilità del sistema quì proposto è dato dalla portata totale da addurre a mare la quale, ovviamente, non può superare la potenzialità massima delle pompe che, sia pur costituite da una nutrita serie di macchine funzionanti in parallelo, non può confrontarsi con quella addotta dai grandi canali in tempo di piena. Gli interventi si riferiscono pertanto a canali di modesta entità.

Come già citato si distinguono due distinte fasi rispettivamente di pompaggio e di produzione idroelettrica. Quella principale che interessa contemporaneamente tutte le barriere consiste nel sollevare la portata in arrivo da monte al fine di aumentare notevolmente le possibilità di evacuazione del canale e quindi fronteggiare anche gli eventi di piena eccezionale. In tal caso le pompe, funzionando in parallelo con le altre, consentono, a parità di prevalenza totale, di adeguare la portata sollevata alle necessità contingenti. In dettaglio i due tronchi di canale posti rispettivamente a monte e a valle di ogni barriera svolgono una duplice azione di richiamo del flusso d’acqua dovuta all’abbassamento operato verso monte dall’aspirazione delle pompe e al corrispondente innalzamento verso valle ad opera della mandata, azione che conferisce al pelo libero la pendenza necessaria per il trasporto della massa liquida con i maggiori valori di portata di cui si è detto. In pratica il pelo libero del corso d’acqua viene modificato assumendo un andamento “a denti di sega” cui corrispondono, lungo il canale, sezioni liquide diverse man mano che se ne percorre l’asta: maggiori in prossimità della barriera e sempre più piccole scendendo verso valle. Opportune verifiche del funzionamento idraulico con un regime vario come quello descritto accerteranno se il canale potrà, senza modifiche sostanziali delle sezioni d’alveo, convogliare a mare le previste portate. Qualora ciò non trovasse conferma si dovrebbe, in fase di costruzione della barriera, correggere per quanto possibile l’alveo del canale in modo da adeguarlo al nuovo profilo a dente di sega. Ciò potrebbe aver luogo con due distinti interventi tesi, il primo a sopraelevare gli argini nel tratti immediatamente a valle della barriera ed il secondo ad allargare la sezione in quello finale in modo da ottenere una superficie utile grosso modo costante per tutta l’estensione del canale durante la fase di pompaggio. Tale risultato potrà essere raggiunto, sia pur in maniera molto approssimativa, con una sopraelevazione degli argini sempre minore man mano che ci si sposta verso valle per cessare del tutto in un punto situato circa a metà della distanza intercorrente tra due barriere successive. Da tale punto ha inizio il citato allargamento degli argini che dovrebbe essere sempre più ampio man mano che ci si avvicina alla fine del tronco. Ovviamente la situazione idrica risulta totalmente diversa durante la seconda fase di utilizzazione delle opere per produzione di energia verificandosi allora un regime di rigurgito con sezioni liquide notevolmente diversificate ed inoltre con una costante azione di deposito di limi e sabbie fini da tenere costantemente sotto controllo provvedendo, se necessario, allo smaltimento forzato.
E’ da mettere in rilievo una caratteristica di gran parte dei canali di pianura molti dei quali possiedono una notevole altezza d’alveo che durante il corso dell’anno che è normalmente utilizzata per la sola canaletta di fondo essendo la rimanente porzione riservata esclusivamente alle portate eccezionali che si verificano in occasione di eventi piovosi eccezionalmente intensi. In tali evenienze, che rappresentano la quasi normalità durante l’intera annata, nel mentre il canale e le opere di sbarramento e sollevamento prima descritte rimangono generalmente aperte ma inattive e quindi non provocano alcuna azione sul transito d’acqua, si utilizza soltanto l’ultima barriera prossima allo sbocco a mare per tenere rincollata l’acqua e costituire quindi il salto idraulico necessario per produrre, con una o più delle sue turbine a seconda della portata in arrivo da monte, tutta l’energia elettrica che i volumi idrici in transito sono in grado di dare. Da rilevare come a monte della barriera venga a costituirsi un bacino di notevole capacità che svolge una utile azione di stabilizzazione del carico e della portata utilizzata dalle turbine. Da rilevare inoltre come, nel caso di canali con pendenza naturale più elevata, sia possibile realizzare, con la utilizzazione alternativa di altre barriere, ulteriori salti idrici simili a quello descritto e quindi aumentare notevolmente la produzione di energia elettrica.
Nei profili schematici allegati sono riportati i diversi regimi di funzionamento del canale nello stato originario ed in quello modificato con l’inserimento della barriera di sollevamento ed infine con l’utilizzazione della barriera per produzione di energia elettrica.

Nelle figure è indicata anche la sezione schematica della barriera utilizzata per il pompaggio. Da notare la condotta forzata con la macchina idraulica a bulbo, lo sgrigliatore automatico delle griglie poste all’imbocco munito di nastro trasportatore per l’evacuazione del materiale raccolto, i panconcelli anteriori atti alla chiusura della condotta forzata per eventuale manutenzione ed infine la valvola a farfalla posta allo sbocco.
In figura è rappresentata anche la paratoia di scarico atta a consentire la messa fuori servizio dell’intero impianto con deviazione laterale del flusso idrico.

Continue reading “LO SBARRAMENTO ATTIVO D’ALVEO”

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE RETI DI DISTRIBUZIONE D’ACQUA POTABILE A SOLLEVAMENTO MECCANICO – TERZO ESEMPIO PRATICO

Acquedotti razionali

 

Negli anni 70 l’autore di queste note ha collaborato alla progettazione, costruzione ex novo e messa in servizio attivo dell’acquedotto della città di Pordenone appena diventata capoluogo di provincia e precedentemente alimentata d’acqua potabile casa per casa tramite pozzi artesiani privati. Pur trattandosi di un rifornimento idropotabile le cui caratteristiche contrastano con i concetti di base propugnati in questo lavoro, si ritiene ugualmente di descriverlo in quanto costituisce un valido esempio di acquedotto concepito in funzione del territorio da servire. Alla fine del capitolo si formulerà comunque una ipotesi di soluzione conforme ai nuovi principi constatandone, anche in questo caso, la validità.
Non sono in possesso di chi scrive documenti e dati ufficiali per cui la descrizione delle opere dovrà necessariamente far affidamento solo sulla memoria. Anche in questo come in altri casi, gli elementi che saranno indicati potranno differire o essere carenti rispetto alla realtà, saranno comunque sufficientemente rappresentati i concetti informatori degli impianti e si potrà quindi recepirne la validità tecnica.
Innanzitutto è da ricordare una delle regole che alla citata epoca di redazione del progetto era considerata essenziale nella costituzione degli acquedotti e cioè la presenza di una o più vasche di carico della rete di distribuzione. Nel corso dei vari capitoli di questo lavoro si è invece dimostrato come sia da privilegiare non già la pressione di partenza degli acquedotti che la vasca di carico impone bensì quella finale di arrivo dell’acqua al domicilio all’utente.
Ferma restando la regola citata, i problemi da risolvere al momento della di progettazione erano essenzialmente due.
In primo luogo occorreva garantire una piezometrica sempre parallela ad un suolo come quello del capoluogo di Pordenone caratterizzato da una notevole pendenza longitudinale della sua parte nord e da un’ampia area pianeggiante o con poca pendenza di quella posta a sud.
In secondo luogo era giocoforza razionalizzare la captazione e sollevamento dell’acqua avendo fissato, per motivi di sicurezza, la costruzione di due opere di presa e sollevamento differenziate ed ubicate rispettivamente in località Comina dove la falda, assai ricca, si trovava ad una profondità di circa 50 metri sotto il suolo con risalienza limitata ad una ventina di metri sotto il terreno ed in località Torre dove l’acqua della falda, anch’essa posta a 50 metri sotto il suolo, era artesiana ma con una risalienza naturale fin sopra il terreno.
La soluzione progettuale allora definita e poi realizzata è rappresentata schematicamente nell’allegato profilo della fig.1 e può essere così descritta.
L’opera di presa di Comina, posta a nord cioè nella parte superiore del territorio, comprende un pozzo a raggiera tipo Fehlmann con una canna verticale in cemento armato del diametro di tre metri, profonda 55 m. e con due raggiere orizzontali poste nella falda ghiaiosa a circa 50 m di profondità. Entro il pozzo sono installate le pompe di sollevamento ad asse verticale con motore elettrico posto in alto e linea d’asse lunga una trentina di metri che aziona il corpo pompa immerso in falda a quota 30 m sotto il suolo. Le pompe immettono direttamente l’acqua a 50 sopra il piano campagna nell’adiacente serbatoio pensile da 3000 mc da cui si diparte la rete di distribuzione. Questa soluzione, se da una parte avrebbe assicurato un buon rendimento elettromeccanico di pompaggio che risulta limitato ad una singola breve condotta di mandata, dall’altra faceva nascere il grosso problema della compensazione delle portate in quanto il locale serbatoio pensile, pur rappresentando nel suo genere un’opera eccezionalmente capiente, non avrebbe potuto che effettuare una modesta compensazione nel mentre la sua posizione sopraelevata si prestava bene a costituire una utilissima capacità di riserva a tutela dei disservizi dell’intero territorio pordenonese. La creazione a terra di un capace serbatoio di compensazione giornaliera delle portate è stata scartata a priori in quanto avrebbe comportato un doppio pompaggio con evidenti maggiori costi di costruzione e di esercizio.
D’altro canto non si poteva pensare che, non avendo a disposizione una sufficiente capacità di accumulo, si dovesse far lavorare il pozzo con portate continuamente variabili durante le 24 ore della giornata tipo, essendo invece consigliato un prelievo il più possibile costante e privo di picchi che rappresenta la condizione ideale di sfruttamento della falda artesiana e di sollevamento a mezzo pompe.
Anche in questa occasione un attento esame della situazione locale ha messo in luce delle possibilità veramente interessanti. In dettaglio la risalienza della falda sud ( zona Torre ) che assicurava l’immissione naturale dell’acqua, cioè senza bisogno di pompe, in un grande serbatoio seminterrato, ha consigliato di concentrarvi il volume di compenso di tutta l’utenza e quindi anche quello dell’area nord ( Comina ) nel mentre una particolare costituzione della rete di distribuzione assicurava, come vedremo, per l’impianto di Comina una portata pressoché costante durante le 24 ore della giornata ovviando quindi alla nominata carenza di invaso. Rimaneva compito dell’altro impianto (Torre), immettere in rete, sfruttando in questo caso la notevole capacità del suo serbatoio, una portata variabilissima durante le 24 ore della giornata e quindi atta a coprire l’intera escursione della richiesta idrica di tutta l’utenza pordenonese.

Fig. n. 1 = Profilo schematico dell’acquedotto di Pordenone

Nella figura 1 allegata figurano schematicamente l’andamento del suolo, i due impianti di captazione e sollevamento ed infine la rete di distribuzione caratterizzata da un’area centrale indicata nel disegno come “area urbana ad alimentazione alterna” in quanto rifornita alternativamente dall’uno o dall’altro dei due impianti di produzione descritti. Infatti la rete, pur essendo di tipo unitario per tutta l’area urbana, risulta suddivisa in due parti differenziate per tipo di alimentazione e per dimensioni delle tubazioni stradali da una linea di confine che presenta la caratteristica di regredire verso monte e quindi ridurre notevolmente l’area servita da Comina man mano che aumenta la richiesta idrica e di contro crescere verso valle al verificarsi di basse portate. In pratica durante la giornata, quando sono richiesti grandi quantitativi idrici, la gran parte del capoluogo di Pordenone è alimentato dall’impianto inferiore di Torre nel mentre durante la notte è l’altro impianto ubicato a Comina a rifornire la quasi totalità dell’utenza. Allo scopo le condotte della rete bassa hanno diametri maggiorati ed esplicano quindi un’azione stabilizzatrice della linea piezometrica nel mentre quelle della zona nord alimentata da Comina sono di diametro relativamente piccolo e, a causa della notevole perdita di carico che ne deriva, non possono far fronte ai consumi più rilevanti che, come già detto, sono in gran parte soddisfatti da Torre. Si è potuti giungere a tale risultato progettuale per approssimazioni successive tramite una lunga serie di calcoli di verifica teorica che hanno portato anche all’altro interessante risultato di una buona equivalenza tra i volumi che giornalmente i due impianti producono e immettono in rete e dovuta al fatto che per Torre è determinante soprattutto la portata diurna mentre per Comina è il volume prodotto di notte a consentire detta equiparazione, fermo restando che eventuali discrepanze possono essere via via corrette modificando la regolazione delle valvole di cui si tratta nel seguente capoverso.
Ovviamente il tutto rappresentava soltanto la soluzione teorica del problema nel mentre ben diverse potevano essere le condizioni reali di esercizio e ben diversi i risultati della gestione effettiva degli impianti. Si è quindi deciso di dare all’acquedotto l’elasticità di funzionamento necessaria perché potesse adeguarsi ad ogni evenienza anche diversa da quelle ipotizzate, maggiorando alcune condotte della zona nord e munendole di valvole che consentano una regolazione fine della pressione.

Fig. 2 = Serbatoio pensile di Comina altezza m.50, capacità utile mc 3000. La vasca superiore è dotata di vele radiali atte ad impedire oscillazioni della massa d’acqua in caso di terremoto

 

Il risultato finale è stato quello di una rete avente le seguenti caratteristiche generali.
1. Una doppia alimentazione che dia la massima sicurezza di esercizio e costituita da:
– Un impianto di produzione a nord (Comina) atto a produrre e sollevare una portata abbastanza costante nelle 24 ore della giornata tipo e per un volume giornaliero all’incirca corrispondente alla metà della richiesta totale giornaliera. Il serbatoio pensile da 3000 mc rimane a guardia dell’intero territorio posto ai suoi piedi costituendo una riserva pronta ad entrare in rete in caso di disservizi vari;
2.Un impianto di produzione a sud composto da pozzi a risalienza naturale che alimentano un serbatoio di compensazione di grande capacità atto ad immagazzinare di notte ed a restituire di giorno tutta l’acqua necessaria per coprire le punte di consumo di tutta la città, effettuando la compensazione giornaliera atta a garantire che da ambedue le fonti possa essere captata costantemente la sola portata media giornaliera.
3. Una rete di distribuzione con una piezometrica sempre parallela al suolo e con una pressione sul suolo corretta.
4. La possibilità di regolare l’intervento dei due impianti di produzione e sollevamento tramite manovra delle valvole.

Serbatoio pensile di Torre, altezza m. 40 , capacità utile mc 1000

Alla data attuale chi scrive queste note non è al corrente della situazione corrente dell’acquedotto di Pordenone essendo la descrizione su riportata relativa all’epoca della sua costruzione. Come tale essa rappresenta un valido esempio di progettazione e realizzazione di un complesso acquedottistico importante ed di cui si ritiene utile conservare la documentazione.
Sicuramente una progettazione moderna ne differirebbe notevolmente potendo, ad esempio, consistere nel mantenimento degli stessi concetti base delle opere descritte sopra fatta salva la eliminazione oppure una diversa utilizzazione dei pensili come ad esempio quella raccomandata in uno specifico articolo di questo sito, e l’adozione sistematica del pompaggio diretto in rete tramite pompe a velocità variabile asservite alla pressione di arrivo rilevata presso l’utenza e trasmessa in tempo reale secondo le indicazioni riportate nei vari capitoli di questo lavoro, il tutto integrato da alcune valvole di rete telecomandate ed atte ad una regolazione fine delle pressioni. Una soluzione del genere darebbe agli impianti una maggiore elasticità di funzionamento, una economia di pompaggio dato dalla minor prevalenza delle pompe, una pressione sul suolo regolata ora per ora in base ai consumi ed infine minori perdite occulte a seguito della diminuzione della pressione notturna attuabile in vaste zone confermando, anche in questo esempio, la validità delle soluzioni tecnico-economiche raccomandate in vari articoli di questo sito.

ACQUEDOTTI CON ELEVATE CAPACITA’ DI COMPENSAZIONE DELLE PORTATE E DI ACCUMULO ENERGETICO

 

Accumulo acqua ed energia

1) PREMESSA

Uno degli interventi basilari che in un futuro sempre più prossimo dovrà essere sistematicamente adottato per la risoluzione dei problemi legati all’approvvigionamento idropotabile, riguarda senza dubbio la costruzione di capaci serbatoi di accumulo atti ad effettuare la compensazione delle portate per periodi ben più lunghi di quelli giornalieri comunemente in atto. Si deve notare come, in una annata tipo, i periodi di consumo molto elevato sono statisticamente in numero limitato e quindi il modo più razionale per farvi fronte è proprio quello dell’accumulo delle eccedenze di portata operate nei giorni di basso consumo per renderle disponibili durante i successivi di grande richiesta e statisticamente di breve durata. Tale circostanza, se da un lato risolve un problema della massima importanza, dall’altro fa rilevare un grave difetto proprio dei sistemi acquedottistici e cioè un pieno uso delle strutture molto limitato nel tempo mentre per la stragrande maggioranza esse restano sottoutilizzate. Se poi si considerano le usuali modalità di progettazione degli acquedotti che impongono di dimensionarli in funzione del consumo massimo dell’ora di punta e per di più maggiorato, per ulteriore garanzia, di un buon 50% si arriva alla constatazione che i servizi idropotabili presentano di solito elevatissimi costi di costruzione ma una utilizzazione effettivamente molto scarsa che incide notevolmente nei costi di esercizio.
Lo scopo di questa nota è dimostrare come sia possibile costruire acquedotti che svolgono al meglio il loro compito 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, potendo disporre di due diversi regimi di esercizio: il primo che, impiegando interamente ed a soli fini acquedottistici tutte le risorse disponibili, fa fronte ai brevi periodi di consumo elevato, il secondo che le utilizza, durante tutto il tempo restante, in parte per alimentare l’utenza ed in parte per produrre energia elettrica. Se ne ricava un impiego costantemente razionale ed economicamente valido dei complessi e costosi impianti.

2) LA SOLUZIONE PROPOSTA

Fig. 1 = Schema idraulico

Il problema in argomento può essere ricondotto alla modalità di risoluzione dell’accumulo dell’energia eccedente il fabbisogno del momento allo scopo di poterla utilizzare nei successivi periodi di grande fabbisogno energetico. I dispositivi atti allo scopo e di cui è nota l’esistenza, sono costituiti soltanto dagli accumulatori elettrici che hanno però il grave difetto di una potenza molto limitata e dagli impianti idroelettrici reversibili basati su un doppio uso e cioè produrre energia elettrica di giorno e pompaggio d’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore sfruttando i cascami di energia elettrica durante la notte o durante i periodi di sovrabbondanza energetica. In questi ultimi tempi si sta pensando, con gli stessi scopi, all’impiego dell’idrogeno. Altre modalità in corso di sperimentazione concernono lo stoccaggio di di aria compressa a pressioni elevatissime ma trovano ostacolo nel riscaldamento che ne deriva e che provoca rilevanti dispersioni energetiche. Gli esempi sono comunque molto pochi e si può considerare ancora inesistente un valido metodo di accumulo energetico.
La soluzione che viene qui proposta è basata sull’impiego di un capace serbatoio idropneumatico atto allo stoccaggio di acqua in pressione durante i periodi in cui si rende disponibile energia elettrica a bassi costi.

Lo schema idrico del sistema, riportato nella fig. 1 allegata comprende:

– un serbatoio di accumulo di tipo tradizionale, avente una capacità pari almeno al 50% del consumo totale previsto per il giorno di massimo consumo, posto all’arrivo dell’adduzione e nel quale pescano tutte le pompe di sollevamento. Nulla vieta l’adozione di serbatoi di maggiore capacità con cui poter effettuare la compensazione multi giornaliera od addirittura multi settimanale ottenendo, sia ai fini acquedottistici e sia a quelli idroelettrici, risultati ancora più eclatanti di quelli di cui si parla in dettaglio nella presente nota e di cui si è fatto cenno nell’introduzione;

– l’impianto di pompaggio con immissione in rete per alimentarla in diretta tramite pompa a velocità variabile asservita alle pressioni anch’esse variabili che di ora in ora bisogna mantenere in rete;

– un secondo impianto di pompaggio per l’alimentazione del serbatoio idropneumatico tramite una serie di pompe a velocità fissa a funzionamento pulsante ma con diversificate pressioni di mandata, oppure tramite pompe a velocità variabile atte a coprire tutta la gamma di sollevamento di cui si discute;

– il collegamento diretto tra serbatoio tradizionale e serbatoio idropneumatico tramite condotta di collegamento munita di apparecchiatura di intercettazione servo comandata ;

– l’impianto per la produzione di energia elettrica tramite una serie di turbine alternatori (T) funzionanti a velocità e potenza variabili atte a sfruttare l’esistente carico idraulico tra i due serbatoi anch’esso variabile ;

un serbatoio idropneumatico di cubatura identica a quello tradizionale prima citato ed in grado di accogliere l’acqua con una pressione variabile in funzione del momento ma che può arrivare anche a 100 m ed oltre di colonna d’acqua.

Il concetto di base della soluzione proposta è dato dalla presenza dei due serbatoi funzionanti il primo alla pressione atmosferica ed il secondo a pressione maggiorata ad arte e quindi dalla possibilità che tutta l’acqua in arrivo durante la notte, ed in pratica per tutto il periodo in cui si può disporre di energia elettrica a basso costo, possa essere pompata nel serbatoio idropneumatico onde poterla sfruttare durante periodi successivi con il duplice scopo di alimentare l’utenza ed al tempo stesso di produrre energia elettrica preziosa che normalmente viene immessa nella rete Enel. Come detto anche l’acqua utilizzata per produrre energia elettrica viene restituita nel serbatoio tradizionale dove torna ad essere disponibile per l’alimentazione dell’utenza.

Sono previste due strutture innovative come il serbatoio idropneumatico e la turbina/alternatore funzionante a velocità variabile le cui caratteristiche principali possono essere riepilogate come segue.

1) Il serbatoio idropneumatico.
Si tratta di una struttura del tutto simile alle autoclavi normalmente utilizzate per aumentare la pressione di esercizio delle piccole reti acqedottistiche con la sola differenza delle dimensioni che, in questo caso, sono molto maggiori. In sostanza è un grande contenitore a tenuta ermetica che accumula acqua nella parte inferiore ed aria compressa superiormente. Ciò gli consente di svolgere le stesse funzioni di un serbatoio sopraelevato ma con il vantaggio di poter variare a piacere la pressione di uscita dell’acqua. Nel caso specifico è in grado di contenere grandi volumi d’acqua ad una pressione tanto maggiore quanto più alta è la potenza disponibile per il pompaggio di immissione. È munito di compressore per realizzare una volta tanto il cuscinetto d’aria e le valvole di scarico dell’aria stessa. Maggiori delucidazione del serbatoio idropneumatico possono leggersi nell’omonimo articolo presente nel sito e direttamente cliccando qui

2) La turbina-alternatore.
Si tratta di una serie di macchine in grado di funzionare a portata e pressione diversificate producendo energia elettrica in quantità variabile in funzione dei volumi e delle pressioni che si rendono via via disponibili ma avente tutte le caratteristiche per poter essere accolta dalla rete Enel. Gli alternatori dovranno quindi possedere organi di regolazione dell’eccitazione o qualche altra modalità di modulazione di funzione  che gli consentano di funzionare a velocità diversificate in funzione dei salti utili disponibili ma con buoni rendimenti ed inoltre possedere un sistema di inverter atti a stabilizzare la frequenza della corrente prodotta.
Il funzionamento normale sarà il seguente.
Nei periodi di grandi consumi tutti gli impianti devono essere adibiti alla funzione specifica dell’acquedotto e cioè all’alimentazione idropotabile dell’utenza. A tale scopo i due serbatoi funzioneranno in parallelo ed ambedue a pressione atmosferica essendo aperte le condotte di collegamento e le valvole dell’aria. Essi contribuiranno pertanto con il loro intero volume di invaso alla compensazione delle portate consentendo di far fronte ai picchi di richiesta dell’utenza grazie alla loro notevole capacità. Nel caso si sia scelta la soluzione di grande capacità si potrà dar luogo alla compensaziine settimanale o addirittura a quella quindicinale con tutti i vantaggi che ne derivano.
Terminato il periodo critico il serbatoio idropneumatico inizierà a svolgere la sua azione e saranno pertanto chiuse le valvole di collegamento con l’altro serbatoio e le valvole di scarico dell’aria mentre sarà ripristinato, con i compressori, il cuscinetto d’aria compressa e si darà inizio all’accumulo dell’acqua in arrivo in due diversi modi e cioè nel serbatoio idropneumatico ogni qualvolta si rende disponibile energia elettrica a basso costo come ad esempio durante la notte, oppure nell’altro serbatoio di tipo tradizionale negli altri casi.
La rete acquedottistica viene alimentata da una pompa a velocità variabile che pesca dal serbatoio tradizionale ed immette l’acqua direttamente in rete a pressione variabile in funzione delle richieste dell’utenza e quindi elevata di giorno quando esse sono massime e bassa di notte e nei periodi di basso consumo. Durante il giorno ed in genere quando la corrente elettrica è a costo maggiorato, entrano in funzione le turbine che producono corrente elettrica preziosa sfruttando l’acqua in pressione del serbatoio idropneumatico e che viene scaricata nel serbatoio tradizionale onde renderla disponibile per l’utenza.
A sua volta quest’ultimo serbatoio svolge un duplice ruolo potendo sia rifornire la rete seguendone a puntino le richieste oppure rifornire il serbatoio idropneumatico.
Interessante far notare la grande capacità di accumulo totale d’acqua dato dalla presenza dei due serbatoi ambedue in grado, tutte le volte che si presenta la necessità, di far pervenire in rete tutto il volume invasato in precedenza.

Ed ecco la descrizione di una normale giornata di funzionamento rappresentata nel grafico della fig. 2 e nella tabella allegati.

Fig. 2 = Grafico di funzionamento della giornata tipo

Durante la precedente notte tutta l’acqua in arrivo nel serbatoio tradizionale e quella accumulata in precedenza sono state pompate a pressione elevata nel serbatoio idropneumatico fatta eccezione per la piccola parte che è servita per alimentare in diretta l’utenza. Il sollevamento ha avuto luogo tramite la serie di pompe a giri fissi con funzionamento pulsante oppure, a seconda dell’installazione fatta, da pompe a velocità variabile, onde adeguare portata sollevata e la pressione alle condizioni del momento.

Al mattino (ore 5 nell’esempio) il serbatoio tradizionale è quasi vuoto mentre l’altro è al massimo invaso. Quando iniziano ad aumentare i consumi dell’utenza (ore 7) il serbatoio idropnematico comincia a svuotarsi per alimentare le turbine che producono corrente elettrica. Nel serbatoio tradizionale entra sia l’acqua dell’adduzione e sia quella scaricata dalle turbine e quindi c’è la disponibilità massima per l’ alimentazione dell’utenza nel mentre l’acqua in esubero rispetto ai consumi è immagazzinata nel serbatoio tradizionale stesso. Alle ore 17 il serbatoio idropneumatico è vuoto ed ha termine la produzione di energia elettrica. La notte successiva il ciclo si ripete con riempimento del serbatoio idropneumatico ed alimentazione in diretta della rete a bassa pressione.

Da notare come la notevole capacità di invaso dei due serbatoi consenta di utilizzare al meglio gli impianti di produzione idroelettrica potendo nelle ore notturne immettere nel serbatoio idropneumatico non solo la portata in arrivo dall’adduzione ma anche quella accumulata in precedenza nel serbatoio tradizionale. Ciò sarà meglio comprensibile esaminando il grafico ed i dati dell’esempio di una giornata tipo.

Resta da definire la pressione di funzionamento del serbatoio idropneumatico per la quale sussiste un buon grado di libertà per cui si può impostare il regime che meglio si adatta alle condizioni del momento. Infatti il funzionamento di tale struttura segue la regola di “Mariotte” raffigurata  nel grafico a lato dove sono visibili  le variazioni delle percentuali di riempimento in funzione della pressione. Sono tracciate in linea continua 6 diverse curve di esercizio che sono funzione dalla pressione iniziale dell’aria compressa immessa dai compressori. Ad esempio se si adotta la curva n. 2 è necessario all’inizio (ed una volta soltanto) immettere aria compressa a due bar il che significa appunto una pressione di due bar a serbatoio vuoto. Tramite pompaggio si otterrà un riempimento del 20% del volume totale del serbatoio con una pressione di 2.5 bar, del 50% con 4. Il limite massimo corrisponde ad un 80% di riempimento del serbatoio con 10 bar di pressione. La stessa pressione descritta si rende poi disponibile per il funzionamento delle turbine, ovviamente fatte salve le perdite di rendimento dell’insieme. Qualora si volesse operare a maggior pressione occorre scegliere una curva di valore più elevato come ad esempio la curva n.3. Si ritiene però consigliabile di contenere la pressione massima al valore di 10 bar per facilitare la regolazione delle turbine ed inoltre per contenere il riscaldamento-raffreddamento del cuscino d’aria durante le fasi di compressione-decompresione.

Nell’applicazione descritta si verificano variazioni di temperatura del cuscino d’aria temperatura che tende ad aumentare durante la compressione ed a diminuire in caso contrario. Si tratta degli stessi problemi che si sono incontrati nella ricerca di realizzare una modalità di accumulo di energia del tutto simile a quella qui presentata con la sostanziale differenza dell’impiego di aria compressa immagazzinata a pressioni elevatissime (fino a 500 bar), problemi che, in quegli esperimenti, si è tentato di superare immagazzinando il calore prodotto in speciali piastre metalliche ad alto assorbimento calorico ma che alla fine hanno decretato il fallimento di tale tecnica di accumulo energetico . Si ritiene che il problema non sussista nella soluzione quì proposta perché in questo caso il calore prodotto è modesto sia perché la variazioni di pressione in serbatoio è molto lenta sia perché è di valore molto piccolo. Nell’esempio riportato si passa da 2 a 10 bar in cinque ore durante le quali tutto il maggior calore dell’aria viene assorbito dal grande volume d’acqua che vi si trova a contatto e che pertanto aumenterà leggermente di temperatura. Il fenomeno contrario avrà luogo durante la successiva fase attiva di produzione energetica con decompressione dell’aria che avrà ben 10 ore a disposizione. Il cuscinetto d’aria, grazie al passaggio da 10 a 2 bar, si raffredderà facendo ritornare fresca anche l’acqua con cui è a contatto e che riprenderà la temperatura originale, fatte salve piccole perdite energetiche di valore del tutto trascurabile.

3) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema idrico atto a realizzare in primo luogo una notevole compensazione delle portate degli acquedotti e cioè di immagazzinare il surplus di portata caratteristica peculiare di certi periodi per restituirlo successivamente al verificarsi di richieste eccezionalmente elevate. Trova così compimento una operazione che, potendo riguardare perfino la compensazione quindicinale o addirittura mensile delle portate, rappresenta un risultato importantissimo nella gestione dei moderni acquedotti assillati da una carenza delle fonti sempre più sentita e difficile da colmare.
Il secondo scopo che si raggiunge è la piena utilizzazione di opere come quelle necessarie per l’accumulo di ingenti volumi idrici le quali in un regime acquedottistico normale rimarrebbero sottoutilizzate per lunghi periodi. Con le opere proposte si approfitta della notevole disponibilità di invaso per lunghi periodi per produrre energia elettrica preziosa in quanto prodotta nelle ore diurne di maggior pregio.
Vai all’indice

INDIETRO

AVANTI

UN MAXI SERBATOIO SOTTERRANEO PER VINCERE LA GRANDE SETE DELL’ISOLA D’ELBA

 

serbatoio Isola d’Elba

A) PREMESSA

I quantitativi d’acqua necessari non solo per gli indispensabili usi potabili della popolazione residente e turistica ma anche per altre determinanti necessità della sua economia (irrigazione agricola, annaffiamento giardini e orti, usi industriali ed artigianali, docce, piscine, ecc.). la sua risoluzione, un tempo basata esclusivamente sulle risorse idriche locali, ha incontrato notevoli difficoltà per le caratteristiche climatiche e fisiche del territorio. in particolare la piovosità molto scarsa e quasi inesistente proprio nei periodi estivi di maggior richiesta d’acqua, in uno con una conformazione montagnosa i cui compluvi danno origine a fossi o rii completamente asciutti per la gran parte dell’anno, riducono notevolmente la possibilità di accumulo negli invasi naturali sotterranei di ravvenamento delle sorgenti e quella di soddisfacimento diretto delle altre necessità citate, nel mentre grandi quantitativi del prezioso elemento vengono scaricati a mare durante i brevi periodi di piogge intense. in anni relativamente recenti si è pensato di integrare la produzione locale data dai pozzi e dalle sorgenti con l’approvvigionamento esterno ottenuto tramite la tubazione sottomarina di collegamento con la terraferma e il trasporto con navi cisterna ma, ciononostante, la richiesta idrica non risulta pienamente soddisfatta e si verificano sovente dei periodi di crisi nei quali l’ente gestore degli acquedotti deve ricorrere al razionamento dell’acqua distribuita.
nella planimetria generale della fig. 1 allegata sono schematicamente rappresentate alcune possibilità di alimentazione idrica dell’elba. tra di esse solo la condotta di collegamento con il continente è un’opera realmente esistente ed è quella che contribuisce in maniera determinante, sia pure con crisi alterne, al soddisfacimento della richiesta idropotabile dell’ isola. le altre indicazioni si riferiscono ad ipotesi formulate in varie epoche ma che non hanno ancora trovato applicazione pratica. tali sono, come sarà più avanti spiegato, i bacini artificiali da realizzare mediante dighe di ritenuta  ed il bacino sotterraneo da costruire con diaframmi di impermeabilizzazione nella piana di marina di campo

 

Fig. n. 1 = Veduta panoramica dell’Isola cd’Elba con il tracciato della galleria serbatoio che viene qui proposto

E’ infine rappresentato il tracciato di massima del serbatoio/galleria che, circondando il Monte Capanne, costituisce l’oggetto precipuo del presente lavoro. Si tratta di un’opera totalmente sotterranea che, a prima vista, desterà scetticismo essendo normalmente destinata ad usi completamente diversi da quello qui previsto anche se, in realtà, la sua utilizzazione è abbastanza frequente. Si fa infatti notare come la maggior parte degli impianti idroelettrici a condotta forzata sotterranea siano muniti di vasche di espansione le cui caratteristiche costruttive e di funzionamento idraulico sono del tutto simili a quanto qui proposto. L’opera medesima non è in assoluto una novità nemmeno in campo acquedottistico in quanto risulta realizzata ed utilizzata da oltre mezzo secolo nell’acquedotto di Torino e in quello Campano per scopi idropotabili identici a quelli che di seguito si indicano nonché in analogo serbatoio/galleria costruito, in questi ultimi anni, nei pressi di Latina. A giudizio di chi scrive essa è invece atta ad affrancare l’isola da ogni assoggettamento esterno e ad offrire le più ampie garanzie di soddisfacimento del suo fabbisogno idrico futuro senza provocare danni di sorta nè all’ambiente né all’economia del territorio. Una sua precipua caratteristica che si vuole subito evidenziare è la possibilità di realizzazione dell’opera per stralci successivi tutti immediatamente funzionali e che consentono di dilazionare la spesa nel tempo offrendo immediati e notevoli vantaggi nell’approvvigionamento idrico dell’intera isola.

 

B) FABBISOGNO IDRICO E PIOVOSITA’

Fig. n. 2 = Diagramma giornaliero delle portate d’acqua potabile  che interessano l’Elba

Le grandezze in gioco nel rifornimento idrico dell’Isola d’Elba, sono approssimativamente rappresentate nel grafico della fig. 2 allegata.
Vi sono riportati i volumi d’acqua potabile effettivamente forniti all’utenza mese per mese durante una recente annata e quelli che, in via approssimativa, sarebbero necessari per soddisfare interamente la richiesta dell’utenza per i prossimi 10 anni ed infine i volumi medi di pioggia che sono caduti in questi ultimi anni nella zona ovest dell’Isola d’Elba, zona che interessa particolarmente le opere oggetto della presente relazione per una superficie di circa 30 chilometri quadrati contro i 223 chilometri quadrati dell’intero territorio dell’isola.
Balzano immediatamente agli occhi :
· il grande deficit esistente tra portata massima necessaria (circa 60.000 mc nel giorno di massimo consumo) e quella estiva ora disponibile che ammonta, al massimo, a circa a 35.000 mc al giorno;
· una consistente sovrabbondanza, rispetto a quelli necessari, dei volumi d’acqua di pioggia che precipitano annualmente in isola. L’Isola d’Elba dovrebbe quindi essere in grado di soddisfare autonomamente i propri fabbisogni idrici;
· Il notevole divario temporale tra il periodo di elevata richiesta idrica che ha luogo d’estate e quelli di abbondanti precipitazioni atmosferiche che, al contrario, si verificano statisticamente in tutti i periodi dell’anno fatta eccezione appunto per quelli estivi. Da tale fatto deriva la mancata alimentazione delle falde locali ed anche di quelle della Val di Cornia che attualmente fornisce agli acquedotti elbani la maggior parte dell’acqua e quindi il citato deficit idrico e le ripetute crisi del rifornimento idropotabile della popolazione.

Interessante anche il grafico della figura 3 nel quale gli stessi volumi giornalieri che si prevede necessari all’Elba per i prossimi 10 anni sono riportati in ordine decrescente, onde far risaltare le varie classi di consumo. Esse hanno la seguente consistenza:

Fig. 3 = Grafico giornaliero dei consumi idropotabili ordinati preogressivamente

· Le giornate di consumo elevatissimo (circa 60.000 mc giorno) sono molto poche e cioè circa 50 all’anno.
· Il consumo abbastanza elevato (45.000 mc giorno) si verifica mediamente per altre 30 giornate l’anno.
· Per ben 285 giornate dell’anno esaminato si avranno solo consumi bassi (17.000 mc/giorno circa) o bassissimi (10.000 mc/giorno).
Le conclusioni che si possono trarre sono:
1) L’isola d’Elba ha bisogno di un quantitativo d’acqua potabile molto elevato per un periodo assai breve ma che coincide con quello di scarse precipitazioni piovose.
2) I volumi d’acqua che piovono annualmente in isola, se non fossero temporalmente sfalsati rispetto al fabbisogno, sarebbero ampiamente sufficienti alla sua alimentazione idropotabile.
La soluzione del problema appare ovvia: immagazzinare durante i periodi di scarsi consumi l’acqua in esubero e conservarla per poterla utilizzare d’estate durante i brevi periodi di richiesta elevata.

C) I LAGHI ARTIFICIALI E LE ALTRE SOLUZIONI DELL’ENTE GESTORE

Tra le soluzioni che gli Enti addetti hanno in animo di adottare per la risoluzione del problema in argomento alcune sono basate, in maniera del tutto analoga a quanto forma oggetto del presente lavoro, sulla raccolta ed accumulo di grandi volumi d’acqua durante i periodi di pioggia intensa e di scarsi consumi.
Quella che raccoglie i maggiori consensi concerne due bacini artificiali da realizzare a mezzo dighe di ritenuta a Pomonte e Patresi (vedi planimetria generale fig. 1) e ritenuti atti a contenere i citati volumi d’acqua per utilizzarli nei momenti di maggior bisogno. Tali interventi, attuati con successo in altre località afflitte da carenza idrica, non sono, ad avviso di chi scrive, proponibili in quanto nel caso specifico dell’Isola d’Elba presentano i seguenti gravi inconvenienti:
· difficoltà di reperire ed espropriare aree adatte a ricavare grandi bacini superficiali;
· gravi danni all’ambiente causati dai laghi che d’estate devono essere svuotati onde utilizzarne l’invaso;
· pericolo di franamento delle sponde soggette a ripetuti invasi e svasi;
· rapido interramento del bacino e conseguente sua diminuzione della capacità utile;
· grandi perdite d’acqua causate dall’evaporazione;
· peggioramento delle caratteristiche organolettiche dell’acqua immagazzinata nei laghi superficiali;
· possibilità di atti vandalici
· trattandosi di bacini all’aperto soggetti a notevoli perdite per evaporazione non è consigliabile immettervi, come sarà proposto invece nel serbatoio/galleria, acqua potabile avente costi di produzione relativamente elevati.
Una seconda soluzione per raccogliere le acque di pioggia, ma che non ha avuto seguito, è quella descritta nel lavoro : “Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba” redatto da prof. Pier Gino Megale dell’Università di Pisa”. Essa prevede, come sarà meglio spiegato più avanti, di costruire un serbatoio sotterraneo da 2.000.000 mc di capacità utile tramite diaframmi di impermeabilizzazione che circondano la piana di Marina di Campo (vedi fig.1).
Gli altri interventi, già in via di parziale esecuzione o comunque di attuazione già decisa dagli enti preposti al servizio idrico dell’Elba, e cioè la costruzione di nuovi pozzi e l’installazione di impianti per la desalinizzazione di acque salmastre o di quelle marine mal si conciliano con le necessità dell’Isola in quanto non sono in grado di fornire portate rilevanti durante il breve periodo estivo. Sono invece atti, gli impianti di desalinizzazione, a fornire portate modeste ma costanti per tutto l’anno ed i pozzi a produrre acqua in tutti i periodi ma con esclusione di quelli estivi durante i quali la falda sotterranea riduce sensibilmente la sua producibilità. In periodi particolarmente siccitosi le falde idriche sotterranee dell’Isola d’Elba ed anche quelle della Val di Cornia accusano infatti degli abbassamenti di livello così marcati da provocare notevoli immissioni di acqua marina o salmastra che le rendono assolutanmente inutilizzabili ai fini potabili.
Una ulteriore proposta riguarda l’utilizzazione, sia ad uso potabile sia quale acqua grezza per usi vari come l’irrigazione e gli usi complementari di quelli potabili, delle acque restituite dalle fognature pubbliche sottoposte ad adeguato trattamento. Anche questa soluzione, spesso adottata in ottemperanza con le indicazioni delle leggi vigenti in materia di disciplina delle acque e quando si è in presenza di scarichi di grandi città aventi notevoli portate d’acqua reflua, mal si presta nel caso dell’Isola d’Elba a causa dell’eccessivo spezzettamento del servizio fognario che comporterebbe una miriade di piccoli impianti di trattamento di difficoltosa e onerosissima gestione cui deve aggiungersi, nel caso dell’acqua grezza, la necessità di costruire e gestire una doppia rete di distribuzione.
Il quadro del tutto negativo della reale situazione elbana è completo quando si consideri l’impossibilità di incrementare la fornitura d’acqua proveniente dalla terraferma e cioè dalla Val di Cornia essendo invece da prevedervi carenze idriche ancora più gravi di quelle attuali per motivi svariati tra cui:
· insufficiente producibilità delle fonti rispetto al fabbisogno dell’utenza che da esse dipende;
· concomitanza delle crisi estive della Val di Cornia con quelle Elbane;
· pericolo di inquinamento delle falde della Val di Cornia da boro;
· impossibilità di aumentare l’adducibilità dell’esistente condotta sottomarina di collegamento con la terraferma.
Per documentare lo stato di crisi della Val di Cornia basterà riportare integralmente la seguente frase riepilogativa delle indagini svoltevi dal CIGRI Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche: ” L’insieme delle conoscenze acquisite disegna un quadro di gravissima emergenza”.

D) DESCRIZIONE DELLE OPERE CHE FORMANO L’OGGETTO DEL PRESENTE LAVORO

II manufatto in progetto consiste in un grande serbatoio per acqua potabile da realizzare mediante escavo di una galleria di notevole sviluppo e di adeguata sezione nel materiale roccioso sottostante i monti Capanne e Perone dove sono più frequenti le piogge. La galleria, posta orizzontalmente alla quota di 150 metri sul mare, con il suo andamento planimetrico che circonda tutta la parte ovest dell’isola, consente di drenare e ricevere gran parte delle acque di pioggia che cadono in essa.

Fig. 4 = Planimetria della parte ovest dell^sola d’Elba

Le sue caratteristiche salienti possono essere così riassunte:
1 – si tratta di un’opera totalmente invisibile e che, pertanto, non arreca nessun danno al paesaggio dell’isola;
2 – il suo grande volume d’invaso consente di accumulare gran parte delle acque di pioggia relative al bacino imbrifero sotteso costituendo una riserva in grado di effettuare la compensazione trimestrale delle portate per usi potabili e per usi vari di oltre 250.000 abitanti equivalenti;
3 – il suo andamento plano-altimetrico consente, come sarà avanti descritto, una facile raccolta delle acque delle sorgenti, dei fossi distribuiti in tutta la zona e delle falde sotterranee, ivi esistenti e che attualmente si scaricano direttamente in mare senza che la loro presenza sia nota.
4 – La quota altimetrica del serbatoio/galleria consente di alimentare gran parte dell’utenza direttamente a gravità riservando il sollevamento tramite pompe alle sole aree abitate poste a quote elevate;
5 – Trattandosi di manufatto sotterraneo l’acqua accumulata può rimanervi per lunghi periodi al riparo da perdite per evaporazione e da agenti esterni vari come l’irraggiamento solare e la possibile immissione di inquinanti e conservare pertanto intatte le sue naturali doti di freschezza ed potabilità;
6 – Essendo formata da numerosi tronchi ognuno dei quali può funzionare indipendentemente dall’altro, sarà possibile effettuare alternativamente i lavori di manutenzione e pulizia senza interrompere l’alimentazione dell’utenza.
7 – Sarà sempre possibile immettere nel serbatoio/galleria eventuali volumi d’acqua provenienti da fonti diverse da quelle descritte come ad esempio quelli addotti dalla Val di Cornia o raccolti da sorgenti poste al di fuori del bacino imbrifero sotteso dalle opere in progetto oppure emunte tramite pompe sommerse da pozzi terebrati nelle falde profonde e che risultino in eccedenza rispetto al fabbisogno momentaneo.
8 – Le opere potranno essere costruite per stralci funzionali in modo da diluire la spesa nel tempo. ( Vedi articolo sulle prome opere da eseguire )
9 – Il serbatoio, essendo assolutamente inaccessibile, è salvaguardato da possibili atti di vandalismo.
10 – L’ubicazione del grande serbatoio nella parte occidentale dell’Isola cioè nel punto diametralmente opposto rispetto a quello di arrivo della condotta di adduzione dell’acqua dalla Val di Cornia, gli conferisce una ottima funzionalità idraulica di compensazione delle portate sia nell’attuale ed autonomo assetto acquedottistico sia in quello futuro integrato nel competente ATO (vedi art. P).
11-L’accumulo di grandi quantitativi d’acqua piovana contribuisce a lenire i danni provocati in caso di eventi piovosi particolarmente intensi.

 

E) CARATTERISTICHE GENERALI DEI MANUFATTI IN PROGETTO

Il serbatoio/galleria consiste principalmente un manufatto a sezione circolare del diametro interno di 10 m. e ad andamento planimetrico ad anello che circonda, a notevole profondità sotto il suolo, il territorio ovest dell’isola e le sue alture tra le quali spiccano il Monte Capanna e Perone aventi rispettivamente una quota alla vetta pari a 1018 e 630 metri sopra il livello del mare ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ). Lungo il perimetro esterno ed in corrispondenza dei principali avallamenti del suolo, sono previsti dei vertici planimetrici nei quali l’opera affiora in superficie rendendo estremamente agevole, tramite modeste opere di presa superficiali, la raccolta ed immissione dei fossi o dei rii previa eventuale decantazione, filtrazione e disinfezione da eseguirsi presumibilmente in galleria, nonché l’immissione diretta delle acque in esubero di qualunque altra provenienza come pozzi o acquedotti locali o quella proveniente dalla Val di Cornia. Altra caratteristica estremamente favorevole è data dalla possibilità di captare lungo il tracciato della galleria le acque di falda presenti nel sottosuolo e che attualmente si scaricano a mare senza nessuna loro segnalazione esterna.

L’andamento planimetrico della galleria che attraversa perpendicolarmente tutti i compluvi e le vallette esistenti nel territorio ( vedi fig. 4 = Planimetria del serbatoio-galleria ), garantisce che tutte le vene idriche che si sottopasseranno durante il suo scavo finiranno, grazie alla presenza di faglie o fratture del terreno roccioso, per essere richiamate all’interno come sempre succede nella esecuzione di lavori del genere. Sarà quindi estremamente agevole creare nei punti di intersezione con la falda le opere per la raccolta e regolazione dell’acqua ferma restando la possibilità della loro intercettazione e deviazione, in caso di bisogno, nella tubazione di drenaggio esterna (vedi fig. 8 =particolari delle immissioni in galleria dell’acqua di falda). Ogni immissione dovrà infatti essere tenuta sotto controllo quantitativo e qualitativo tramite apposite apparecchiature automatiche di misura e trasmissione continuativa dei dati. La presenza di faglie e fratture nel materasso roccioso attraversato dal serbatoio/galleria e che possono assicurare l’immissione, diretta o tramite le opere specifiche di cui al seguente art. G, delle acque di falda in galleria, è documentata nella pubblicazione del Dipartimento di Scienze della Terra – Università di Firenze “LE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA” di Bencini, Pranzini, Giardi e Tacconi =Tacchi Editore – Pisa- contenente le indicazioni tratte da analisi stereoscopica delle foto aeree del territorio isolano

Il serbatoio/galleria ricavato per tutto il suo sviluppo nello strato roccioso, sarà interamente rivestito in calcestruzzo armato al fine di garantirne la tenuta idraulica ed altresì creare una efficace protezione da ogni infiltrazione indesiderata (vedi fig. 7 = sezione tipo).. Nella parte inferiore mediana troverà posto una canaletta interna atta a raccogliere ed evacuare le sabbie di deposito durante i periodici lavori di pulizia e da eseguirsi mediante getto d’acqua fornita dalla tubazione predisposta lungo la volta. Lungo la volta sarà installata la linea elettrica di illuminazione e di alimentazione di eventuali attrezzi necessari per i lavori di manutenzione, i cavi per il comando e controllo delle apparecchiature e per la trasmissione dei dati, la tubazione per il rifornimento dell’acqua in pressione e quella per l’aria compressa, dove ritenuta necessarie. Nella parte inferiore e all’esterno del rivestimento in calcestruzzo troverà posto una tubazione di drenaggio indispensabile per l’evacuazione delle acque di infiltrazione durante i lavori di costruzione e che, in corso di esercizio, servirà alla eliminazione di eventuali acque esterne alla galleria che non avessero i requisiti di accettabilità, e sia di quelle acque che fossero comunque da evacuare sia stabilmente che temporaneamente. La galleria avrà andamento altimetrico orizzontale con platea a leggera pendenza verso i punti di imbocco.
Le considerazioni che hanno portato alla decisione di fissare, in prima approssimazione e salvo migliori determinazione da farsi in sede di progettazione esecutiva, la quota altimetrica del serbatoio a circa 150 metri sul mare sono le seguenti:
1) – la quota deve essere il più bassa possibile al fine di allargare al massimo la superficie del bacino imbrifero sotteso e aumentare quindi le possibilità di raccolta d’acqua piovana;
2) – la quota di imposta del serbatoio deve, al tempo stesso, essere sufficientemente elevata per dare la possibilità di distribuire l’acqua del suo invaso direttamente a gravità alla maggior parte dell’utenza da alimentare.
3) – la scelta altimetrica definitiva deve consentire di immettere l’acqua direttamente nell’esistente rete di adduzione che collega tra di loro tutti gli acquedotti dell’Isola e quindi di alimentare l’intera isola fin dalla prima fase di esercizio utilizzando solo opere esistenti. E’ da rilevare come alla data attuale l’acqua proveniente dalla Val di Cornia una volta giunta all’Elba dopo il percorso sottomarino, percorre l’intera isola da Est verso Ovest tramite opere comprendenti condotte, serbatoi e impianti di sollevamento funzionanti tutti in serie ed aventi il loro punto finale di arrivo in un serbatoio posto in prossimità ed alla stessa quota dei quello sotterraneo in progetto. Fatte salve le necessarie verifiche sulla scorta dei dati reali, è prevedibile che, una volta costruito il nuovo serbatoio sotterraneo ed in attesa della realizzazione della nuova potenziata rete di adduzione e di distribuzione, si possano utilizzare gli stessi impianti a ritroso e cioè da ovest verso est e quindi alimentare da subito tutti gli acquedotti locali.

Considerato che una corretta concezione della rete di distribuzione dell’acquedotto in una zona altimetricamente varia come quella dell’isola richiede comunque delle reti distinte per fasce altimetriche omogenee aventi ciascuna un’altezza massima di circa m. 80 al fine di assicurare corrette pressioni di funzionamento, considerato altresì che la prima fascia, quella che dal livello del mare a circa 100 metri sul mare è la più importante in quanto comprende la maggior parte del territorio abitato da servire, si è pensato di privilegiare la sua alimentazione in diretta e a gravità tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio/galleria, prevedendo che solo gli altri centri abitati posti a quota più elevata siano serviti mediante risollevamento meccanico dell’acqua.
In definitiva, con serbatoio a quota 150 m.s.m. e definita in 50 m. la perdita di carico per il trasporto dell’acqua da serbatoio alle singole reti dei centri posti nella fascia inferiore tramite le condotte di adduzione che si dipartono a raggiera dal serbatoio stesso, rimangono disponibili 100 metri di carico idraulico necessario e sufficiente per il funzionamento a gravità delle reti di distribuzione medesime. In altre parole con la soluzione prospettata è possibile effettuare raccolta, accumulo e trasporto dell’acqua fino al domicilio della stragrande maggioranza degli utenti dell’isola d’Elba senza necessità alcuna di pompaggio ma interamente a gravità
3) – il carico definito come sopra rende possibile anche l’adduzione, sempre a gravità, dei volumi d’acqua diretti ai centri delle fasce superiori ma con la pregiudiziale della loro consegna in una vasca di raccolta posta ad una quota altimetrica pari a circa 100 msm. e nella quale dovranno pescare le pompe di risollevamento di cui ognuno di tali centri dovrà essere dotato per la distribuzione dell’acqua al domicilio dei propri utenti: si raggiunge il duplice scopo di dotare questi ultimi di quella pressione di esercizio che meglio si adatta alla loro posizione altimetrica estremamente variegata e di contenere la spesa energetica di risollevamento dell’acqua, considerato che si tratta in genere di centri di piccola entità aventi esigui fabbisogni idropotabili.
4) – le singole reti locali che attualmente usufruiscono di fonti proprie, possono, nei periodi di scarso consumo dei loro utenti (ad esempio durante le notti delle stagioni invernali), immettere nel serbatoio/galleria la portata in eccedenza rispetto al fabbisogno, tramite funzionamento a ritroso delle descritte condotte che, in questo caso, vi confluiscono a raggiera. In prima fase l’immissione in oggetto potrà aver luogo, per quanto detto, usufruendo della esistente rete acquedottistica di adduzione.
In sede di progettazione esecutiva la quota definitiva del serbatoio/galleria sarà, come tutte le altre caratteristiche costruttive, ridefinita sulla base di approfonditi studi. La quota potrà quindi subire modifiche, anche sostanziali, tenute presenti le conseguenze, sia negative che positive, che ne deriveranno in termini di maggiore o minore estensione del bacino imbrifero sotteso, di estesa della galleria, di qualità dei materiali incontrati, di pressione di funzionamento della rete di distribuzione, di necessità di pompaggio dell’acqua, ecc. ecc.
L’aspetto negativo dell’insieme di opere che il presente lavoro prevede, è rappresentato dalla necessità di smaltire lo smarino di galleria e cioè un quantitativo di oltre due milioni di metri cubi di roccia proveniente dallo scavo. Uno studio approfondito delle modalità esecutive delle opere potrebbe però risolvere brillantemente anche tale problema. Il territorio attraversato, fatti salvi i migliori accertamenti da effettuare in sede di redazione del progetto esecutivo, è infatti composto per la maggior parte da ottimo materiale lapideo che, oltre a fornire le necessarie garanzie circa la fattibilità tecnica della galleria e la stabilità dei terreni durante e dopo la esecuzione dei lavori, potrebbe anche costituire una importante fonte di materiale inerte per calcestruzzi e in genere da costruzione o per rilevati stradali, per la sistemazione di piazzali e campeggi ecc. ecc, sabbie per il ripascimento di arenili erosi dalle mareggiate, se non addirittura di meravigliosi graniti da lavorazione del tutto analoghi a quelli prodotti nelle cave di S. Piero. Il tutto come sarà meglio spiegato più avanti.
E’ inutile sottolineare come la progettazione esecutiva dell’opera debba essere, in ogni caso, preceduta da studi, indagini, rilievi, sondaggi, accertamenti ecc. ecc. atti a verificare le condizioni di fattibilità delle opere, il loro rapporto costi/benefici, le disponibilità idriche effettive del territorio, ed a definire le soluzioni tecnico/economiche ottimali di tracciato, di dimensionamento ed in genere di costituzione dei vari manufatti. Da notare come il tracciato definitivo sotterraneo del serbatoio/galleria sia molto elastico non essendo legato a particolari vincoli planimetrici fatta eccezione soltanto a quello di presentare delle finestre di accesso dall’esterno disposte (se necessario anche in derivazione dall’asse della galleria principale) in modo da facilitare lo scavo della galleria e di consentire l’immissione al suo interno delle acque raccolte in superficie. Il tracciato può pertanto svolgersi seguendo quei percorsi che dagli studi preventivi risulteranno i più idonei per la funzionalità idraulica delle opere e per la natura del sottosuolo e la presenza di faglie o fratture della roccia.

F) ELEMENTI ESSENZIALI DI DIMENSIONAMENTO DEI MANUFATTI

I principali dati sono i seguenti:
– bacino imbrifero sotteso : circa mq 40.000.000
– altezza minima di pioggia annua prevedibile: mm 500
– volume minimo d’acqua di pioggia annua totale: mc 20.000.000 suddiviso come segue:
volume pioggia disperso per evaporazione e traspirazione 58%: mc 11.600.000
volume deflussi superficiali 29%: mc 5.800.000
volume deflussi sotterranei 13%: mc 2.600.000
Totale: mc 20.000.000
– volume annuo raccolto dalla galleria mc 5.800.000 + 2.600.000 = mc 8.400.000
– volume trimestrale medio mc 8.400.000 / 4 = mc 2.100.000
– popolazione equivalente da alimentare: abitanti 250.000 nei periodi di maggior afflusso turistico e abitanti 50.000 nelle stagioni morte
– fabbisogno giornaliero nei giorni di punta: n. 250.000 x 0.300=mc 75.000 negli altri giorni : 50.000 x 0,300 = mc 15.000
– volume necessario per la compensazione trimestrale: gg 90 x mc 75.000 x 0.22 = mc 1.500.000
– volume utile di invaso del serbatoio/galleria: ml 25 600 x mq 76.20 = mc 1.950.000 corrispondente circa all’apporto medio trimestrale di pioggia (mc 2.100.000)

 

G) L’INCREMENTO DELLA PORTATA D’ACQUA POTABILE DA ACCUMULARE IN SERBATOIO

Poiché il serbatoio/galleria, al contrario di altre soluzioni come quelle degli invasi da ricavare mediante dighe di ritenuta o diaframmi sotterranei, è destinato a contenere acqua potabile cioè pronta per essere consegnata, senza alcun trattamento, all’utenza, devono essere poste in atto tutte le possibili attività volte alla captazione di tale prezioso elemento. Tra di esse assume una grande importanza l’immissione diretta in galleria delle falde soprastanti che avrà luogo man mano che procederà lo scavo senza che sia necessario alcun intervento particolare. Potranno però verificarsi dei casi in cui l’immissione in serbatoio di importanti quantitativi di acqua naturalmente potabile contenuta in sacche permeabili o semipermeabili di terreno soprastanti la galleria non abbia luogo per motivi vari come, ad esempio, la mancata fratturazione della roccia di estradosso della galleria che la rende assolutamente impermeabile, la particolare ubicazione planimetrica della sacca, la presenza, nella sacca medesima, di vie di fuga dell’acqua verso valle ecc. ecc. In tali casi sarà possibile favorire la raccolta di detti volumi d’acqua tramite perforazioni della roccia atte a realizzare il mancato collegamento idraulico o tramite diaframmi di impermeabilizzazione del bordo di valle della sacca atti ad eliminare le fughe descritte.  Qualora sussistessero valide motivazioni per non alterare la falda soprastante la galleria, i moderni mezzi di scavo permettono di manutenere  sul fronte di scavo una pressione artificiale in modo da lasciare indisturbate le falde per tutta la durata dei lavoro.

In tutti i casi esaminati si tratta sempre  di opere completamente sotterranee prive di impatto ambientale.

 

H) LA CAPTAZIONE ED IMMISSIONE IN SERBATOIO DELL’ACQUA DEI FOSSI

L’apporto principale di acqua potabile da immettere nel serbatoio/galleria è senz’altro quello fornito, durante i periodi di pioggia intensa, dai fossi e quindi deve essere posta una cura particolare nella realizzazione delle opere atte allo scopo. Esse comprendono una presa da costruire nel fosso e costituita da una briglia e da un pozzetto di raccolta dal quale si diparte una condotta di diametro adeguato all’adduzione dell’acqua alla finestra di accesso alla galleria. La finestra, cioè quel tratto di galleria del diametro di 10 m.e di lunghezza variabile, che collega l’imbocco esterno con la galleria/serbatoio vero e proprio, (vedi figg. 5 e 6 ) può alloggiare, se ritenuto in fase di progettazione esecutiva necessario, tre strutture idrauliche poste una di seguito all’altra a partire dall’interno verso l’esterno:
– la vasca di decantazione dei materiali in sospensione nell’acqua costituita da un primo tronco di galleria della lunghezza massima di circa 100 m;
– la sala filtri che occupa il secondo tronco della lunghezza di circa 20 m;
– la sala pompe posta vicino all’imbocco esterno.
L’acqua del fosso, captata ed immessa nel decantatore come indicato, vi rimarrà per il tempo necessario perché il materiale in sospensione vi sia depositato; attraverso appositi manufatti di sfioro passerà poi nei filtri e quindi nelle sala pompe dove sarà provveduto all’immissione del cloro di disinfezione e quindi al sollevamento per la definitiva adduzione, con percorso a ritroso, nel serbatoio/galleria, dove, come più volte indicato, dovranno essere immesse solo acque potabili.
La canaletta, ricavata nella parte inferiore della finestra, consentirà il periodico asporto del materiale di deposito nonché il lavaggio della vasca di decantazione e dei filtri da eseguirsi come di consueto in installazioni del genere.
Da rilevare come tutte le opere descritte, con la sola eccezione della briglia di presa, siano sotterranee e quindi presentino tutte gli stessi requisiti del serbatoio principale nei confronti dell’impatto ambientale.
In alternativa a quanto precede la briglia di presa e le opere per la decantazione, filtrazione e disinfezione potranno, se particolari condizioni lo richiederanno, essere realizzate indipendentemente dalla galleria sia all’aperto sia in caverna. Potranno, ad esempio, essere ubicate ad una quota altimetrica superiore di quella del serbatoio/galleria con il vantaggio di evitare il sollevamento delle acque, oppure ad una quota inferiore allo scopo di poter aumentare, a fronte dell’onere di dover pompare l’acqua captata, la superficie del bacino imbrifero sotteso.
Le decisioni in merito alla raccolta delle acque dovrà in ogni caso essere preceduta da approfondite indagini sulla piovosità reale, sulle modalità di scolo naturale delle acque fosso per fosso e sulle modalità da seguire per una efficace loro raccolta. Da tali indagini potrà anche derivare la necessità di predisporre dei bacini di accumulo rapido delle acque grezze ben più capaci di quelli ricavabili, come indicato sopra, nelle finestre di accesso della galleria il che comporta una sostanziale modifica delle opere come sarà meglio descritto nei capitoli seguenti.

 

I) I SERBATOI SUPPLEMENTARI PER ACQUA GREZZA

Come già indicato le acque di pioggia che si raccolgono nei compluvi vengono, tramite una briglia posta di traverso alla valletta, deviate e quindi addotte alle vasche di decantazione ricavate all’interno delle finestre di accesso alla galleria/serbatoio vera e propria.
E’ evidente che i volumi d’acqua che si raccolgono sia pur per tempi brevi ma con notevole intensità nei fossi principali che sottendono vasti bacini imbriferi, richiedono invasi altrettanto notevoli che, come tali, potrebbero non essere però compatibili con le citate finestre di accesso. D’altro canto lo smaltimento dei depositi necessario per la pulizia dei decantatori impone di non eccedere nella loro lunghezza, fissata in circa 100 metri massimi.
Da tali considerazioni potrebbero, in sede di progettazione esecutiva, derivare modifiche sostanziali delle vasche di raccolta che da semplici strutture di decantazione delle acque, come previsto, potrebbero invece assumere la caratteristica di veri e propri serbatoi supplementari per acqua grezza. Nel caso, abbandonata l’idea di utilizzare la finestra, dovrà essere prevista la costruzione, a lato di ognuno dei fossi principali, di un serbatoio sotterraneo di grandi dimensioni e posto a quota sufficientemente elevata rispetto alla galleria per consentire lo svolgimento a gravità di tutto il processo depurativo e di adduzione dell’acqua: Essendo ogni serbatoio dal punto di vista idraulico totalmente a sé stante, potrà avere quelle dimensioni, forma, ubicazione che meglio si adatteranno alle circostanze locali sia dal punto di vista idraulico che da quello costruttivo.
Eccezionalmente, quando le condizioni idriche dei luoghi lo richiederanno, il serbatoio in argomento potrà essere costruito anche a quote notevolmente inferiori di quelle della galleria/serbatoio fatta salva, in tal caso, la necessità di prevedere il necessario sollevamento delle acque dopo depurazione.
Ogni serbatoio, con la sua notevole capacità ed essendo normalmente vuoto, resta pronto ad accogliere le acque intense che percorrono il fosso di sua competenza e che vi sono immesse nello stato in cui si trovano cioè torbide avendo subito soltanto la eliminazione delle ghiaie avvenuta ad opera del piccolo invaso posto a monte dell’opera di presa. Viene così attuata non solo la raccolta, in grandi quantitativi, della preziosa acqua piovana ma anche la laminazione delle piene e quindi migliorata la salvaguardia dei territori di valle dai danni che le alluvioni vi provocano spesso. Terminato l’evento piovoso ed avendo accumulato grandi volumi d’acqua, il serbatoio avrà, nelle giornate successive, tutto il tempo per dar corso al processo di decantazione, filtrazione e disinfezione per poter, una volta svuotato per averla scaricata nella sottostante galleria/serbatoio, essere pronto ad accogliere nuova acqua di pioggia.
I serbatoi per acqua grezza di cui si discute costituiranno, nel loro insieme, un notevole volume di invaso che rientra nel bilancio totale dei volumi utili per la compensazione trimestrale delle portate Si deve infatti tener presente che, di regola, essi sono destinati a restar vuoti in attesa della pioggia ma una volta raggiunto il massimo livello con l’acqua immessa nella galleria/serbatoio d’acqua pura, essi possono invece rimanere pieni e costituire quindi un importante volume integrativo da utilizzare anche a notevole distanza di tempo. In sede di definizione progettuale delle opere si potrà, grazie al contributo dato dai serbatoi d’acqua grezza in parola, assegnare alla galleria/serbatoio un volume utile più contenuto di quanto descritto ai capitoli precedenti al limite eccedendo nel volume integrativo dei serbatoi d’acqua grezza. I vantaggi ritraibili in tal caso saranno, come meglio spiegato nel capitolo seguente, notevoli.

L) VARIANTE DELLE OPERE PRINCIPALI CONSEGUENTE ALLA REALIZZAZIONE DEI SERBATOI D’ACQUA GREZZA

Una delle varianti alle opere principali dovuta alla presenza dei serbatoi d’acqua grezza descritti al capitolo precedente è quella basata sulla suddivisione del volume totale di invaso, in via approssimativa stimato in 2.000.000 di metri cubi utili, in due porzioni uguali, delle quali la prima, destinata a contenere acqua pura, è costituita dalla galleria/serbatoio il cui diametro può essere ridotto dai previsti 10 m. a soli 7 m. sufficienti per ottenere, con l’estesa totale prevista in 25 Km circa, il predetto volume utile di mc 1.000.000. La seconda porzione, stimata anch’essa in 1.000.000 di mc sarà realizzata a mezzo dei serbatoi d’acqua grezza che in via preliminare, potranno, ad esempio, essere in numero di 10 unità ognuna delle quali comprendente un vano ricavato nel sottosuolo roccioso con pianta circolare o quadrata della superficie di circa m 35 x 35 ed altezza di circa m 11 e munito di propria finestra per accedervi dall’esterno. L’ ubicazione plano altimetrica sarà definita, serbatoio per serbatoio, in modo che sia facilitato lo svolgimento delle complesse funzioni che è chiamato a svolgere e cioè la raccolta delle acque di uno o di più fossi ubicati nelle vicinanze, la decantazione ed immissione dell’acqua filtrata e disinfettata nella galleria/serbatoio direttamente a gravità evitando quindi il suo sollevamento meccanico, ed infine l’estrazione del prezioso granito di cui è costituito il sottosuolo attraversato e che richiede lavorazioni del tutto particolari .
Ogni serbatoio, dotato ovviamente di tutte le strutture edilizie necessarie per la stabilità delle pareti e della volta di copertura,. avrà, analogamente a quanto precedentemente indicato per la galleria/serbatoio d’acqua pura, il paramento interno interamente rivestito in calcestruzzo armato allo scopo di garantirne la tenuta idraulica. Come già detto, potranno eccezionalmente essere previsti serbatoi analoghi a quelli in argomento ma posti lontano dalla galleria/serbatoio onde soddisfare a particolari esigenze . Dovranno, in tal caso, essere adottate delle modalità altrettanto particolari come il pompaggio meccanico dell’acqua captata e/o la costruzione di adeguate condotte di adduzione per consentire comunque il recapito finale dell’acqua depurata nella galleria/serbatoio. Nulla vieta che, nei fossi minori, la raccolta e decantazione dell’acqua sia attuata utilizzando la finestra di accesso come previsto nei precedenti capitoli ed evitando quindi la costruzione del serbatoio supplementare. Anche il volume dei piccoli decantatori così previsti rientra nel bilancio totale dei volumi di invaso utili ma il loro ammontare è così modesto da non meritare, in questa sede, alcuna menzione.

 

M) VARIANTE CON DUE SEMIBACINI PER ACQUA POTABILE E GREZZA E CON EVENTUALE PRODUZIONE DI ENERGIA ELETTRICA

Una interessante variante costruttiva e di esercizio in alternativa alla precedente di cui ai cap. I-L che aveva per oggetto i serbatoi supplementari per acqua grezza, é quella basata sulla suddivisione della galleria/serbatoio in due grandi semibacini a sezione semicircolare oppure a due circonferenze affiancate e separate da un setto interno verticale che la percorre in mezzeria per tutti i suoi 25 km di estesa. Se ne verrà dimostrata la convenienza, potranno essere previste anche due gallerie separate ed uguali tra di loro, ciascuna del diametro di 3.60 m e necessarie per avere un volume utile complessivo pari ai 2.000.000 mc richiesti. La soluzione a gallerie separate, a fronte di un indubbio maggior onere economico di costruzione, presenta il vantaggio di consentire l’impiego di macchine di scavo e rivestimento di dimensioni più contenute e, qualora se ne presentasse la necessità, di seguire due tracciati diversi e quindi raggiungere con le gallerie punti di particolare interesse.
Nel primo sottobacino, destinato all’accumulo dell’acqua grezza raccolta dai fossi, verranno ricavati, tramite alcuni setti trasversali, dei brevi tronchi posti in prossimità degli imbocchi esterni e destinati ad accogliere l’acqua non appena captata e a conservarla per il tempo necessario alla decantazione del materiale in sospensione. Da quì essa sfiorerà nella restante parte dello stesso semibacino, per restarvi poi a lungo prontamente disponibile per le diverse e possibili destinazioni.

Potrà essere, in dettaglio, derivata ed addotta all’utenza direttamente a gravità, nello stato in cui si trova e tramite una appropriata rete d’acqua grezza che raggiunga almeno i centri più vicini della zona ovest dell’Isola, per gli usi di irrigazione di orti o giardini o per quelli complementari come lavaggi, raffreddamenti, pulizia strade e fognature ecc. ecc. In alternativa il liquido accumulato potrà invece essere immesso, assieme alle altre acque potabili e quindi dopo aver subito il necessario processo di filtrazione e disinfezione, nel secondo semibacino dove costituirà la indispensabile riserva d’acqua potabile in grado di essere distribuita, sempre con funzionamento a gravità, fino al domicilio dell’utenza di tutta l’Isola d’Elba.
Questi gli usi principali cui sarà normalmente destinata l’acqua raccolta dai fossi. Esiste una ulteriore possibilità destinata a svolgere un ruolo importante nell’economia di gestione del servizio idrico e cioé quella della produzione di energia elettrica tanto più preziosa in quanto, grazie al grande volume di invaso, non é in alcun modo vincolata ad orario. Il serbatoio/galleria, dimensionato per il periodo critico estivo e, con ulteriore cautela, sulla base della piovosità minima, nelle restanti stagioni e in tutti i casi di piovosità normale o medio-alta, risulterà nettamente esuberante e quindi, con la sola esclusione del periodo estivo, all’Elba si renderanno disponibili ingenti quantitativi di acqua che, con un salto di 150 m., potranno essere convenientemente utilizzati per la produzione di energia-elettrica.
Da rilevare come alcuni fossi, ubicati all’interno del bacino imbrifero del serbatoio-galleria, nel periodo invernale mantengano per mesi e mesi una portata continua che, opportunamente captata ed immessa nel semibacino d’acqua grezza, costituisce da sola una importante risorsa idrica interamente sfruttabile per la citata produzione di energia elettrica.
La presente variante riguarda, in definitiva, la creazione di due sottobacini con le seguenti diversificate modalità di utilizzazione:
a) Primo sottobacino : accumulo di acqua grezza da sottoporre alla sola decantazione dei materiali in sospensione per un volume idrico totale pari a circa un milione di mc che potrà, a seconda delle necessità contingenti, essere in tutto o in parte distribuita nello stato in cui si trova, e, in alternativa, essere trattata e quindi trasferita nell’altro semibacino per entrare a far parte del volume d’acqua potabile pronto ad entrare nelle varie reti di distribuzione, oppure, terza ed ultima possibilità, essere usato per la produzione di energia elettrica.
b) Secondo semibacino. Accumulo di acqua potabile di diversa provenienza come acque naturalmente potabili delle falde attraversate con la galleria, acque provenienti da pozzi, sorgenti o acquedotti esistenti ed infine acqua derivata dal sottobacino n. 1) e preventivamente potabilizzata. L’intero volume idrico, pari anche in questo caso a circa un milione di mc e, soprattutto nel periodo estivo, integrato come detto dall’acqua grezza potabilizzata per un volume pari, al limite massimo di un altro milione di mc, rimane in quota esclusivamente ad uso potabile dell’intera Isola. Da rilevare come la favorevole circostanza di poter produrre energia elettrica sia dovuta a due fattori concomitanti all’ Elba e ciooè da un lato alla ristretta concentrazione nel periodo estivo dei forti consumi idrici che lascia disponibili per tutto il resto dell’anno ingenti volumi dell’acqua accumulata nel grande serbatoio/galleria e quella continua fluente nei fossi e, dall’altro lato, alla notevole estesa longitudinale della galleria che le permette di sottendere un bacino molto ampio della zona ovest dell’Isola e quindi di poter usufruire di buona parte delle precipitazioni piovose che in tale zona sono particolarmente abbondanti.
Si tratta di un vantaggio in più offerto dal grande serbatoio/galleria che, in sede di progettazione esecutiva varrà la pena di sottoporre ad un’attenta analisi.

N) FATTIBILITA’ DELLE OPERE IN PROGETTO

L’esame di alcuni elementi relativi ai problemi idrici dell’Elba e totalmente estranei al presente elaborato può chiarire alcuni aspetti delle proposte tecniche avanzate.
Ad esempio nel già citato studio effettuato nell’anno 1998 dal dott. Prof. Pier Gino Megale del Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione “P. Celeste” Università degli studi di Pisa intitolato “USO DEGLI ACQUIFERI LOCALI PER LA REGOLAZIONE DELLE RISORSE IDRICHE DELL’ISOLA D’ELBA “, trovano sommaria corrispondenza gran parte delle grandezze esposte nel presente lavoro (fabbisogno idropotabile, previsione delle piogge, volume da assegnare al serbatoio di compenso ecc.) e vengono formulati i seguenti concetti di base:
a) Gran parte degli inconvenienti dell’attuale sistema di rifornimento idropotabile dell’Elba sono dovuti agli sfasamenti temporali che si verificano tra punte di consumo e portate disponibili;
b) I volumi d’acqua di pioggia che annualmente precipitano in isola ,se razionalmente utilizzati, sono sufficienti per soddisfare il fabbisogno idropotabile ed irriguo dell’isola;
c) Le risorse locali dell’Isola d’Elba vengono utilizzate come integrative delle forniture del continente, facendo l’opposto di quello che sarebbe logico immaginare
d) Per risolvere il problema è necessario costruire un serbatoio in grado di accumulare almeno 2 milioni di mc d’acqua.
e) Vista l’impossibilità di creare un bacino in superficie è necessario che il nuovo serbatoio sia ricavato nel sottosuolo.
E’ superfluo rilevare come le affermazioni indicate siano le stesse poste a base delle proposte tecniche qui formulate e che quindi confermino la validità delle scelte operate. Da notare come la brillante soluzione proposta dal Megale e consistente nella costruzione di un serbatoio sotterraneo naturale tramite diaframmi di impermeabilizzazione continui lungo un tratto di costa atti a contenere i necessari volumi d’acqua, per ammissione dell’autore medesimo, presti il fianco a pericoli come la vulnerabilità della falda ed il mancato consolidamento del terreno mentre  tali pericoli non sussistano per il serbatoio qui proposto che, essendo totalmente rivestito in calcestruzzo, consente di tenere sotto controllo ogni immissione d’acqua, nel mentre non viene arrecato alcun danno al sottosuolo attraversato. Il serbatoio-galleria in progetto presenta anche il vantaggio di trovarsi ad una quota sufficiente per alimentare a gravità gran parte degli utenti dell’intera isola mentre quello naturale descritto si trova al di sotto del livello del mare e pertanto richiede il sollevamento di tutta l’acqua a mezzo pompe. Seri dubbi potrebbero essere inoltre avanzati circa le garanzie di impermeabilità di tale serbatoio naturale . Da non dimenticare la caratteristica fondamentale del serbatoio/galleria che è quella di essere destinato a contenere acqua potabile per la quale, al contrario dell’altra soluzione, non è necessario alcun trattamento prima di distribuirla agli utenti.
Anche nell’opera “Le risorse idriche dell’Isola d’Elba” di Bencini A.,Giardi M., Pranzini G. ed altri edita nel 1985 da Tacchi Editore – Pisa, trovano conferma i dati idrologici del presente lavoro.
Uno studio serio e completo sulle possibilità di reperire in Isola venne inoltre eseguito dall’esperto geologo elbano Alberto Segnini il quale dimostro’ come l’acqua esistente poteva essere del tutto sufficiente per l’intera isola.
Altri avvenimenti dai quali è possibili ritrarre utili indicazioni sono le recenti alluvioni che, oltre a confermare il verificarsi in isola di notevoli precipitazioni piovose, fanno considerare estremamente utile la costruzione di un grande bacino come quello in progetto che, con la sua notevole capacità di invaso, è in grado di laminare, almeno in parte, le piene delle valli limitando i danni provocati dalle acque che altrimenti scorrerebbero in superficie.
Utili deduzioni si possono infine trarre dalla constatazione che in tutti i lavori di scavo di gallerie simili a quella qui proposta si verifica il fenomeno, di norma fonte di grandi difficoltà per la prosecuzione dei lavori ma in questo caso provvidenziale in quanto facilita il reperimento delle indispensabili fonti di rifornimento idrico, della immissione nel cunicolo di scavo di tutte le acque esterne che si trovano nel territorio soprastante. Lo stesso fenomeno si è verificato all’Elba negli anni ’60 quando la Montecatini ha costruito alcune gallerie nella valle di Ortano per ricerca di minerali. In tale occasione i quantitativi d’acqua richiamati all’interno furono così rilevanti da costringere la Società ad abbandonare il lavoro.

O) ORDINE DA TENERSI NELL’ESECUZIONE DEI LAVORI

La notevole mole delle opere in progetto assieme alla necessità di affinarne la costituzione man mano che i lavori proseguono e sulla base dell’esperienza di esercizio delle porzioni di serbatoio costruito in precedenza, rendono assolutamente necessario che la costruzione sia effettuata per stralci successivi e tutti funzionali. In particolare sarebbe opportuno eseguire un primo lotto di opere con cui realizzare quanto prima un serbatoio di circa 100.000 mc di capacità utile che consentirebbe, prima di dar corso all’opera completa, di verificare alcuni risultati come ad esempio la reale entità delle immissioni d’acqua di falda, gli introiti effettivi provenienti dalla utilizzazione del materiale di risulta dello scavo e, soprattutto, i vantaggi derivanti al servizio idrico dalla presenza di una capacità di accumulo d’acqua potabile per ben 100.000 mc.
Ultimato il primo lotto ed acquisite tutte le necessarie informazioni dal suo esercizio protratto per un tempo sufficientemente lungo, si potrà procedere alla progettazione esecutiva ed alla realizzazione dei restanti stralci fino a raggiungere quella capacità complessiva di accumulo che l’esperienza diretta potrà consigliare.
Da rilevare come la costruzione immediata di un tronco di galleria, e quindi di un serbatoio da 100.000 mc, svolgerebbe un ruolo determinante nell’alimentazione idrica elbana anche nel caso la soluzione prescelta dagli addetti non fosse quella propugnata nel presente lavoro e come , pertanto, la costruzione del primo lotto indicato, sia essenziale per il futuro dell’Isola d’Elba. Ad esempio nel caso si decidesse l’installazione di impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, la presenza di un serbatoio di ben 100.000 atto ad effettuare la compensazione settimanale dell’acqua prodotta, rappresenterebbe l’indispensabile completamento di tali impianti. Altro aspetto da non trascurare è quello inerente la spesa pari a ben 4.000.000 euro che annualmente viene sostenuta per trasportare all’Elba 50.000 mc di acqua potabile con navi cisterna. Ebbene se una volta soltanto venisse impiegata tale cifra per costruire la prima parte del serbatoio/galleria di cui sopra , e la cifra lo consentirebbe, si potrebbe disporre non di 50.000 mc ma del doppio cioè di 100.000 mc di acqua e non per un solo anno ma per tutti gli anni a venire.

P) PREVENTIVO SOMMARIO DI SPESA

La costruzione, in normali condizioni, di una galleria come quella in progetto completa di rivestimento in calcestruzzo armato e di opere accessorie può comportare una spesa di circa 8 miliardi di lire cioè 4.100.000 euro al chilometro. Essendo l’estesa totale prevista in 25 chilometri circa, l’importo complessivo delle opere può essere stimato in 103 milioni di euro. Si tratta di un impegno economico notevole che, a tutta prima, può apparire ingiustificato. Una analisi approfondita delle circostanze particolari dei luoghi può portare a conclusioni differenti. Innanzitutto occorre considerare l’importanza, anche economica, che riveste il problema di un corretto e sicuro rifornimento idropotabile dell’intera isola, rifornimento che nello stato di fatto và incontro a crisi sempre più gravi date dalle difficoltà crescenti che incontrano le fonti della Val di Cornia costituenti la base principale di alimentazione. In secondo luogo bisogna far rientrare nel bilancio economico gli introiti che possono derivare dalla utilizzazione del materiale di scavo della galleria quale ottimo materiale inerte da calcestruzzi, ghiaie e sabbie per riporti utili e per la eventuale ricostituzione della morfologia originaria della bellissima isola onde rimediare ai danni ambientali provocati dalla coltivazione delle cave di granito ed infine di sabbie per il ripascimento di spiagge erose da mareggiate oppure per l’ampliamento di quelle esistenti o la creazione di nuove piccole spiagge. Da tenere in particolare considerazione la produzione di blocchi di granito la cui estrazione, finora effettuata nelle cave all’aperto su concessioni che attualmente stanno per scadere e che sembra abbiano poche probabilità di rinnovo, potrebbe continuare, questa volta, senza arrecare alcun danno all’ambiente. Da rilevare come alla data attuale i locali cavatori siano costretti ad integrare l’insufficiente produzione di granito elbano con quello importato dalla lontana Cina. A questo riguardo si potrebbe ipotizzare anche la realizzazione di importanti porzioni di serbatoio a costo zero da attuarsi assegnando alle cooperative di cavatori degli spazi sotterranei in cui esercitare in piena libertà la loro attività fatto salvo soltanto il vincolo della quota altimetrica di estrazione del granito che è rigorosamente dettata dai vincoli idraulici del serbatoio. Non si può far a meno di concludere il capitolo inerente gli impegni di spesa senza far rilevare questo aspetto non secondario: i cavatori di quell’ottimo materiale che è il granito elbano invece di procurare immensi squarci alle montagne di S. Piero come fatto nel passato stanno costruendo grandi ed utili vasche sotterranee!

Q) IL SERVIZIO INTEGRATO PER LA GESTIONE DELLE ACQUE DELL’ATO (Ambito Territoriale Omogeneo)

Abbiamo visto come la costruzione del grande serbatoio/galleria e delle opere di captazione annesse, consenta di rendere il servizio idrico elbano autonomo ed autosufficiente riscattandolo dall’asservimento alla terraferma che tanti problemi sta creando. Questo però non significa che l’Isola sarà in futuro emarginata, essa invece potrà, come tutto il resto del territorio Italiano, entrare a far parte del servizio idrico integrato che riguarda l’intero ciclo delle acque di una più vasta zona (ATO= ambito territoriale ottimale) definita con criteri di razionalità sulla base della legge 36/94 (legge Galli) senza che, per tale motivo, la funzionalità delle opere medesime sia compromessa. Al contrario si potrà, anche in tale occasione, constatare come siano molteplici i benefici che il futuro sistema ATO potrà ritrarne. Innanzitutto poter disporre di una importante fonte d’acqua integrativa ubicata in prossimità di un notevole e decentrato centro di consumo estivo qual è l’Isola d’Elba, significa liberare il grande sistema idrico del gravoso impegno di rifornirla da una terraferma posta ad oltre dieci chilometri di distanza. In secondo luogo la presenza di un serbatoio di estremità come quello qui proposto, quando e se saranno potenziati i collegamenti idraulici con la terraferma, costituisce, con il suo notevole volume di invaso, un fattore di grande sicurezza del servizio idrico dell’intero sistema consentendo, in caso di bisogno, interscambi di portate nei due sensi sempre molto utili tenendo anche presente che in futuro le modalità di reperimento dei notevoli quantitativi d’acqua potabile che il grande sistema idrico richiederà potranno essere notevolmente diversi da quelli attuali. Ad esempio potrà darsi il caso che si debba allora ricorrere al trattamento di acque superficiali, al riutilizzo delle acque reflue opportunamente trattate, alla desalinizzazione dell’acqua salata ecc. ecc. Ebbene sarà in tutte queste evenienze che il serbatoio di estremità si rivelerà ancora una volta utilissimo per la regolarizzazione della produzione che, a fronte di una richiesta idrica variabilissima nel tempo, la sua grande capacità di invaso renderà possibile.

R) IL PRIMO LOTTO – LA RISOLUZIONE IMMEDIATA DELLE CRISI ESTIVE E LA REGOLAZIONE DELLA PRESSIONE DI RETE ALLO SCOPO DI RIDURRE DRASTICAMENTE LE PERDITE

Nel capitolo O) si è proposta la costruzione di un primo lotto di galleria-serbatoio specificandone l’utilità generale. In questo capitolo si ritiene opportuno aggiungere degli importanti dettagli e segnalare come tale opera potrebbe risolvere l’urgente grave problema delle crisi idriche estive utilizzando solo l’acqua potabile fornita dall’esistente acquedotto .
Un punto che riveste un’importanza capitale è quello delle grandi perdite occulte che accusano l’adduzione e la distribuzione idrica elbana facendo rilevare le caratteristiche delle perdite attuali ed in particolare di due loro elementi essenziali. Il primo consiste nella reale appartenenza delle maggiori perdite e cioè di quelle che determinano in maniera predominante l’elevatissimo tasso medio annuo di perdita (70% del totale prodotto) ai periodi di scarso consumo dell’utenza e cioè alla gran parte delle giornate annue. In altre parole se si potesse conoscere il volume disperso nel periodo estivo di grandi consumi ci si accorgerebbe che esso rappresenta una piccolissima frazione di quell’enormità di acqua dispersa annualmente nel terreno.
Un secondo importante dettaglio è quello della pressione di esercizio di molte condotte, pressione che all’Elba raggiunge, soprattutto nei citati e lunghi periodi di basso consumo dell’utenza, valori cosi elevati da rendere praticamente impossibile il contenimento delle perdite entro valori accettabili. Si può sostenere che, anche se si potessero ricostruire tutte le condotte colabrodo, l’Elba accuserebbe comunque perdite esagerate. Il motivo è molteplice. Tante perdite hanno luogo negli allacciamenti privati che sono difficilmente ricostruibili a causa della loro ubicazione all’interno delle abitazioni o dei terreni privati e poi perché i relativi oneri gravano sui privati che sono restii a sostenerli. In secondo luogo bisogna tenere ben presenti le normali modalità della eventuale ricostruzione delle condotte stradali che, stante l’impossibilità di interessare con unico intervento l’intera rete ammalorata, hanno luogo per gradi iniziando dal punto di partenza della rete per estendersi mano a mano verso valle fino a coprire attraverso gli anni l’intero territorio. Ebbene questa progressione di miglioramento della rete provoca via via una pressione più elevata nell’area ancora ammalorata posta più a valle e che in questo modo viene assoggettata ad una notevole intensificazione delle relative perdite. In altri termini quando si sostituisce un tronco di condotta se ne eliminano effettivamente le perdite ma aumentano quelle della rete alimentata dalla condotta appena rifatta. Il beneficio vero lo si raggiunge solo a rete completamente ricostruita ivi compresi gli allacciamenti privati. Inutile dire che ciò si concretizza soltanto dopo un lungo periodo di tempo e che nel frattempo la troppo elevata pressione avrebbe già provocato numerose rotture nella parte di rete appena ricostruita. In conclusione risultati sicuramente positivi ma assolutamente non corrispondenti alle aspettative.
Il ragionamento appena fatto ha portato al diffondersi ovunque di una importante conclusione: è urgente e necessario attuare una buona regolazione della pressione di esercizio degli acquedotti se si vuole ottenere una immediata e sostanziale riduzione delle perdite anche in una rete colabrodo come quella elbana. A questo punto occorre però esaminare bene le caratteristiche del territorio dell’Isola e rendersi conto delle enormi difficoltà che presenterebbe un intervento di questo genere e degli elevati costi che ne deriverebbero. Si rendono pertanto necessarie valutazioni tecnico-economiche molto complesse che vanno al di là delle considerazioni fatte in questa sede. L’argomento perdite si conclude in questo modo: l’Elba perde durante un intero anno una percentuale elevatissima di acqua ma in valore assoluto si tratta di un volume tutto sommato modesto. Per studiare e soprattutto per realizzare e gestire uno dei rimedi basilari, e cioè la regolazione della pressione, occorrerebbe un impegno economico notevole e probabilmente sproporzionato anche nei riguardi del risultato finale. Le opere che si possono ragionevolmente prevedere si basano invece sulla ricostruzione delle condotte più obsolete e malmesse, sulla riparazione sollecita delle rotture maggiori man mano che si formano e soprattutto nel migliorare l’approvvigionamento d’acqua in modo da poter disporre di portate atte coprire anche le perdite piuttosto elevate che è necessario tollerare. Si vedrà più avanti come un buon risultato sia comunque possibile fin dalle opere del primo lotto in argomento.

Le considerazioni su riportate conducono ad una importante conclusione: è fondamentale per l’Elba riuscire a reperirvi la maggior portata d’acqua possibile ed a basso cocosto come quella che forma l’oggetto della proposta galleria-serbatoio.
Si è già visto che la caratteristica fondamentale dei consumi idrici elbani è quella di provocare crisi limitate ad un periodo massimo pari a solo una quarantina di giornate estive mentre per il restante lungo periodo la attuale disponibilità d’acqua potabile supera il fabbisogno. E’ questo un argomento fondamentale da tenere sempre in mente e che è opportuno ribadire: per 320 giorni all’anno l’Elba dispone di molta acqua potabile! La conclusione cui si perviene è ovvia. L’acqua che prima di tutte le altre acque deve essere conservata per far fronte ai 40 giorni di crisi, deve per forza essere questa e non quella di qualsiasi altro tipo. Sarebbe di una assurdità intollerabile se per 320 giorni l’anno si lasciasse perdere acqua potabile come quella indicata e ci si preoccupasse invece di raccogliere quella piovana. E’ questo un ulteriore prova della validità del serbatoio-galleria che è appunti destinato a contenere acqua potabile.

Ed ora, si descrive un possibile esercizio di un primo breve tronco di una prima parte del serbatoio-galleria (vedi fig. 10 allegata).

Nella sua prima fase risulta sufficiente una capacità complessiva di invaso pari a soli 100000 mc di acqua potabile la quale,

ig. 10 = veduta prospettica dellle opere del primo lotto esecutivo

secondo quanto prima indicato, sarebbe direttamente prelevabile dalla rete acquedottistica durante i periodi autunno-invernali. In tal modo e senza bisogno di filtri, di depuratori e di altre complesse apparecchiature ma eventualmente con un solo sistema di disinfezione atto a garantire nel tempo la salubrità dell’acqua, si potrebbe coprire ampiamente i maggiori consumi dei famosi 40 giorni estivi e quindi ovviare alle attuali gravi crisi. Interessante notare le modalità di esercizio. In dettaglio durante tutto l’anno la valvola automatica di collegamento della rete acquedottistica con la vasca di prelievo e quindi con il serbatoio-galleria si aprirà solo quando la pressione di rete supera un determinato valore ottenendo il duplice vantaggio di accumulare tutto e solo il surplus di portata ed inoltre di contribuire efficacemente ad abbassare la pressione di rete tutte le volte che questa tende ad assumere valori troppo elevati. Ciò significherebbe aver realizzato in buona parte quella regolazione automatica della pressione di rete di cui si è parlato all’inizio del presente articolo  e che determina una diminuzione razionale delle perdite occulte di rete. In sostanza un duplice vantaggio: regolarizzare sia la portata che la pressione di esercizio dell’intero acquedotto elbano con immediata riduzione delle perdite occulte di rete ed al tempo stesso raccogliere ed accumulare tutta l’acqua, assolutamente potabile, necessaria e sufficiente per aver ragione dei disservizi che oggi affliggono il servizio idrico d’Elba
Dopo qualche anno, quando le disponibilità economiche lo renderanno possibile, si potrà procedere sulla via del completamento graduale dell’opera come da progetto generale costruendo un secondo tronco di galleria-serbatoio posto in continuazione con il primo e quindi pronto immediatamente a lavorare in parallelo con esso. Il maggior quantitativo d’acqua da immettervi richiederà che si ricorra allora anche alle acque piovane. Si potrà ad esempio scegliere uno dei fossi che per lunghi periodi dell’anno sono percorsi da grandi volumi di ottima acqua piovana la quale, per assumere le caratteristiche di potabilità necessarie per poterla immettere in serbatoio, dovrà essere assoggettata soltanto a trattamento di filtrazione e di disinfezione.
Si ritiene che le indicazioni riportate diano una chiara idea della funzionalità e dell’economia di esercizio delle opere descritte basate sulla costruzione dei primi due tronchi di serbatoio-galleria ricavato nella roccia del M. Capanne.

In basso si nota la vasca destinata a prelevare dalla rete acquedottistica il surplus di portata rispetto al fabbisogno e dotata di impianto di pompaggio per immettere l’acqua nel soprastante serbatoio-galleria tramite apposita condotta di adduzione. La vasca viene alimentata tramite valvola di regolazione asservita alla pressione della rete

S) IL TRATTAMENTO PER LA CORREZIONE DELL’ACQUA CAPTATA NELLA VAL DI CORNIA

E’ diffusa in questi giorni (settembre 2011) notizia del “piano anti boro” per l’acqua che scorre dai rubinetti di alcuni comuni della Val di Cornia e dell’isola d’Elba, da sempre alle prese con il problema del’arsenico e boro. Il piano vale 20 milioni di euro e comprende la costruzione e l’esercizio di complesse e costose apparecchiature di trattamento dell’acqua captata nella Val di Cornia e distribuita in tutto il territorio, Isola d’Elba compresa. Nulla è detto riguardo ai maggiori costi di produzione dell’acqua potabile che ne deriveranno nè se ad essi si dovrà far fronte con aumenti tariffari posti a carico dei cittadini.

L’Isola d’Elba da parte sua provoca, suo malgrado e senza colpa alcuna essendo dovuti esclusivamente alla sua particolare condizione di insularità, costi aggiuntivi a quelli citati di trattamento anti boro ed anti arsenico, costi aggiuntivi che si riferiscono al notevole onere di trasporto dell’acqua dalla Val di Cornia ed alle perdite occulte che raddoppiano l’mporto finale di produzione e trasporto di ogni litro d’acqua che giunge all’utente..

Anche l’acqua di ottima qualità presente in Isola in gran quantità durante il periodo autunno-invernale, poiché i programmi dell’Enta gestore prevedono il suo immagazzinamento in una ventina laghetti all’aria aperta e sparpagliati in lungo e largo per l’Isola, finirà per dover subire un trattamento di potabilizzazione assai costoso. e tra l’altro frammentato in piccole porzioni sparse anch’esse in varie parti dell’Isola.

Quanto sopra rende con una sempre maggior evidenza che, per quanto riguarda l’Elba, la strada da percorrere non poteva che essere quella basata sulla costituzione di un grande invaso come quello oggetto del presente lavoro e che sarebbe atto a ricevere e conservare intatta non acqua grezza ma quell’acqua potabile, buonissima e di minimo costo che vi si trova fuori stagione grazie alle abbondanti piogge che si hanno tutti gli anni. Ancora una volta è di mostrata, senza che ce ne fosse bisogno, l’utilità del serbatoio/galleria di grande volume che, oltre ai vantaggi già indicati, avrebbe sicuramente ed in maniera determinante contribuito ad abbassare il costo medio di produzione dell’acqua.

T) CONCLUSIONI

La grande ricchezza del sottosuolo elbano, nota fin dalla preistoria ma da tempo poco sfruttata, viene qui riscoperta per dotare l’Isola di un’opera in grado di risolvere in maniera definitiva uno dei problemi che oggi l’assillano: il rifornimento idropotabile. Si tratta di ricavare nel materasso granitico della parte ovest dell’Isola dove più frequenti sono le piogge, una galleria-serbatoio che circondando il Monte Capanne sia atto a raccogliere ed accumulare la quasi totalità dell’acqua che, concentrata in brevi periodi, vi precipita durante il corso dell’anno, allo scopo di distribuirla all’utenza al momento della sua effettiva e variabilissima richiesta. Un beneficio secondario ma tutt’altro che trascurabile, è quello della laminazione delle piene ad opera della citata raccolta d’acqua piovana dei fossi e che contribuirà a lenire i danni provocati agli abitati posti a valle dalle precipitazione eccezionalmente abbondanti.
Nella trattazione si sono formulate due ipotesi la prima che prevede la costruzione di un serbatoio interamente adibito all’accumulo di acqua potabile per un volume di 2.000.000, la seconda con la suddivisione della capacità totale di invaso in due parti uguali: una per l’acqua pura pronta per essere distribuita all’utenza e l’altra per acqua grezza da raccogliere dai fossi nello stato in cui vi si trova durante i periodi piovosi.
Questa seconda ipotesi si articola in due diversi modi e cioè con o senza possibilità di distribuire, oltre a quella potabile anche acqua grezza per usi vari. Sussiste infine una attività assolutamente innovativa che riveste un ruolo importante per l’economia e l’autosufficienza energetica dell’Isola: la produzione di energia elettrica. La scelta della soluzione definitiva da adottare potrà farsi, come tutte le altre decisioni di dettaglio, soltanto in fase di progettazione esecutiva e dopo aver eseguito tutti i necessari accertamenti.
La quota altimetrica di imposta dell’opera presenta molteplici vantaggi che vanno dalla notevole ampiezza del bacino sotteso, alla possibilità di alimentare in fase definitiva per caduta la quasi totalità dell’utenza evitando quindi l’uso di pompe per il sollevamento dell’acqua ed in prima fase utilizzando in toto la rete di adduzione oggi esistente. Un ulteriore suo vantaggio é dato dalla possibilità di sfruttare una quota così elevata per l’eventuale produzione di energia elettrica.
L’opera proposta è del tutto singolare ma, a giudizio di chi scrive è atta a raggiungere lo scopo senza alterare le caratteristiche ambientali dell’isola ma, al contrario, contribuendo indirettamente a fornire incremento e continuità ad alcune attività locali, al turismo e all’industria edilizia grazie all’ottimo materiale lapideo di risulta dagli scavi. Essa potrà, inoltre, entrare intimamente a far parte del futuro sistema del servizio idrico integrato previsto dalla legge Galli per il competente ambito territoriale ottimale.

lL progetto del maxi serbatoio per l^sola d’Elba è stato pubblicato, in italiano ed inglese, sul n 75 aprile 2005 della rivista “GALLERIE E GRANDI OPERE SOTTERRANEE”nella esatta veste riportata sopra

BIBLIOGRAFIA

Bencini A., Giardi M., Pranzini G.,Tacconi B.M., 1985, Le risorse idriche dell’Isola d’Elba, Tacchi Editore, Pisa
Megale P.G., Uso degli acquiferi locali per la regolazione delle risorse idriche dell’Isola d’Elba, Laboratorio Nazionale dell’Irrigazione ” P.Celeste” – Università degli Studi di Pisa
Consorzio Intercomunale per la Gestione delle Risorse Idriche, Il Piano di risanamento
Braccesi G., La vulnerabilità delle falde Elbane
Marinello G., Carta geologica dell’Isola d’Elba alla scala 1:25000

Ultimo aggiornamento: settembre 2011

AVANTI

RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE DI DISTRIBUZIONE

1) INTRODUZIONE


Le reti di distribuzione d’acquedotto dei tipi classici più diffusi rappresentani lo scoopo del presente lavoro nel qiuale vengono documentate  le incongruenze di funzionamento  mentre nel contempo venmgono esaminate  la possibilità di ovviarvi con soluzioni razionali ed economiche.
Si assume come esempio una rete semplice (vedi fig.1) ma atta ad evidenziare i fenomeni che si vuole descrivere. In ossequio alle migliori tradizioni acquedottistiche e ai dettami della letteratura tecnica, essa presenta le seguenti caratteristiche:
· insieme di condotte a maglie chiuse e aperte estese a tutto il territorio da servire costituito da un nucleo centrale a maggior consumo, una periferia con consumi distribuiti e con alcuni utenti particolari (nodi 105,116,117 );
· alimentazione tramite un unico impianto di produzione e sollevamento a prevalenza fissa destinato ad immettere in rete la portata media giornaliera e munito di vasca di carico (S1) avente la funzione di stabilizzare la pressione di partenza della rete;
– compensazione delle portate effettuata a mezzo dei tre serbatoi pensili di rete (S2,S3,S4) (quindi acqua in quota) che accumulano durante i periodi di bassi consumi (presumibilmente la notte) i volumi d’acqua in eccedenza rispetto alle richieste dell’utenza per reimmetterli in condotta onde far fronte alle punte di consumo.

Schema rete di distribuzione con serbatoi pensili
Schema rete di distribuzione con serbatoi pensili

Una rete come quella descritta, secondo le opinioni maggiormente diffuse, costituisce l’optimum in quanto è in grado di garantire costanza e sicurezza di funzionamento assieme a stabilità della pressione di esercizio dovute alla presenza della vasca di carico in testa alla rete ed altresì economia nella spesa energetica di sollevamento dato che centrale e condotte principali recapitano con continuità la sola portata media evitando il funzionamento di punta che comporterebbe invece onerose dissipazioni energetiche.
Lunghe esperienze di attento esercizio hanno dimostrato che le cose si svolgono, nella realtà spesso incognita anche allo stesso gestore, in maniera totalmente diversa:
· nel mentre l’utenza proprio nei periodi di maggior consumo viene alimentata con le pressioni più basse a causa delle perdite di carico in tali evenienze particolarmente elevate, si verificano invece pressioni di consegna esuberanti durante i periodi notturni o comunque di basse portate cui consegue un duplice danno: quello dovuto all’ovvio dispendio energetico e quello dovuto alle perdite di rete che, a causa della maggior pressione, aumentano notevolmente.
I serbatoi di rete, essendo dimensionati per la punta di consumo, funzionano correttamente solo per periodi brevissimi mentre per la stragrande maggioranza delle giornate rimangono inattivi quando addirittura non sfiorano mandando a scarico importanti quantitativi d’acqua preziosa;

Come è ben noto, la portata che un serbatoio di rete come quelli in argomento può derivare o immettere in condotta è, in ogni istante, funzione di numerosi e variabili fattori tra cui la pressione di esercizio, quella di consegna all’utenza da cui dipende, in parte, il consumo, il livello dell’acqua nel serbatoio stesso che è funzione, a sua volta, dei volumi invasati o svasati in precedenza, ecc. ecc. Tale portata, pertanto, difficilmente viene a coincidere con quella necessaria per la compensazione delle portate, compensazione che viene quindi ed in buona parte a mancare.
Nella pratica gestione degli acquedotti, si rimedia maggiorando le condotte di rete in modo che gli impianti di produzione vi possano immettere, nelle ore di punta, una portata superiore a quella media prevista in origine e modulare la loro portata mediante dissipazione del carico idraulico ottenuta strozzando la valvola posta a valle della vasca di carico o facendo funzionare a canaletta le condotte in uscita dalla vasca stessa.
La diminuzione di pressione che tale operazione comporta nella rete, provoca il provvidenziale intervento dell’invaso ancora contenuto nei serbatoi.
Il risultato finale che così si ottiene è caratterizzato da:
· compensazione giornaliera delle portate effettuata solo in parte dai serbatoi di rete ed in parte dagli impianti di produzione;
· utilizzazione dei serbatoi a prezzo di una diminuzione della pressione di rete che a volte si rivela inadatta ad una corretta alimentazione dell’utenza;
· onerosa dissipazione di energia necessaria per abbassare la pressione di pompaggio subito a valle della vasca di carico.
· mancata utilizzazione della rete per il riempimento dei serbatoi nei periodi di bassi consumi. L’invaso viene invece effettuato durante i periodi di consumo medio quando le perdite di carico delle condotte sono ancora rilevanti.
In definitiva viene a mancare, per i serbatoi di compensazione in rete, l’assunto di base. Essi rimangono quasi sempre pieni mentre, nella migliore delle ipotesi, viene utilizzata solo una parte del loro volume utile, a prezzo di un funzionamento anomalo delle condotte di rete e degli impianti di
 produzione. Un altro fenomeno che ha luogo nei giorni di alto consumo dell’utenza è lo svuotamento anticipato dei serbatoi i quali, molto spesso, al momento della punta di consumo sono già vuoti e quindi non collaborano affatto a a soddisfarla.

 

2) VERIFICA DELLA RETE CLASSICA

 

Volendo verificare anche dal punto di vista teorico i concetti esposti, viene esaminata in dettaglio la rete di esempio: le conclusioni cui si perviene, confortanti quelle sperimentali, potranno, in un secondo tempo, essere estese anche a reti complesse.
Definito il diagramma giornaliero dei consumi dell’utenza del tipo che comunemente si può riscontrare in cittadine medie, si è passati alla verifica del funzionamento idraulico in moto permanente dell’insieme centrale di alimentazione/condotte/serbatoi.
Per i calcoli si è utilizzato un programma per personal computer che, oltre a consentire il calcolo della rete a maglie chiuse in un determinato istante tenuto conto della situazione degli impianti e dei consumi ai nodi nell’istante medesimo, permette anche di definire l’evoluzione nel tempo dei serbatoi ed in genere di tutta la rete, in funzione della variazione dei consumi dell’utenza secondo il citato diagramma di consumo giornaliero.


Si sono fissate le seguenti ipotesi di base:
1 – compensazione giornaliera delle portate effettuata dai serbatoi inseriti in rete (anche se in alcuni casi ciò non ha luogo che parzialmente)
2 – serbatoi a sezione costante
3 – serbatoi ad altezza infinita (le quote di minimo e massimo livello vengono determinate in un secondo tempo)
4 – esame della rete nell’intero arco della giornata tipo mediante serie di calcoli di verifica del suo funzionamento idraulico (moto permanente) per intervalli temporali brevi (15 minuti) in modo da rendere ininfluente, ai fini del calcolo del livello dei serbatoi, la differenziazione di portata entrante od uscente dai serbatoi stessi durante l’intervallo considerato.
5 – ripetizione delle serie di calcoli per almeno cinque giornate consecutive con identico diagramma di consumo dell’utenza in modo da raggiungere la stabilità del ciclo giornaliero sia per quanto riguarda i livelli dei serbatoi che la portata immessa in rete dalla centrale.
Nella prima serie di calcoli si sono ripetute le verifiche considerando diversi tipi di serbatoi in modo da esaminarne il comportamento in funzione della loro superficie utile. I risultati sono riportati nella seguente tabella I e nei grafici delle figure n. 2 e 3.

 

Esaminiamo il comportamento nel giorno di massimo consumo della rete alimentata dalla centrale o dal serbatoio a pressione o livello costanti (calcoli n. 1/I, 2/I 3/I, 4/I e figg. 2, 3).
Innanzitutto viene confermato che, essendo presenti serbatoi collegati alla rete senza interposizione di apparecchiature di sorta, non è possibile che la centrale immetta in rete una portata costante e di valore pari alla media giornaliera e che i serbatoi di rete, pur se di altezza infinita, abbiano da attuare la totale compensazione delle portate.
La inevitabile variazione di portata della centrale, pari a 290.2 l/s per serbatoi da 200 mq di sezione diventa sempre più’ piccola man mano che aumenta la sezione utile (è pari a 114.3 l/s per serbatoi da 1000 mq) e di conseguenza la curva rappresentativa della portata della centrale nelle 24 ore si appiattisce sempre di più’ avvicinandosi (senza mai eguagliarla) alla retta della portata media giornaliera.
Si constata come i serbatoi effettuino, trattandosi della giornata di massimo consumo, una buona compensazione del consumo di punta che alle ore 8-9 ammonta a 1350 l/s risultando sufficiente, per tale periodo, una portata della centrale prossima a quella media giornaliera (900 l/s). La portata della centrale raggiunge il valore massimo al pomeriggio quando i serbatoi sono vicini allo svuotamento totale e non, come a prima vista sembrerebbe logico, al mattino quando i consumi dell’utenza sono più elevati.
Il riempimento dei serbatoi ha luogo, in tutti i quattro casi esaminati, dalle ore 21 alle ore 6 circa quando essi raggiungono il loro livello massimo. Ha inizio allora la loro fase attiva con immissione in rete dell’acqua accumulata. Viene qui in luce una delle incongruenze del sistema in quanto il volume prezioso d’acqua in quota non viene, nel periodo di tempo che va dalla sei alle sette circa, utilizzato per coprire le punte di consumo, ma va invece ad alimentare una utenza avente consumi addirittura inferiori alla portata media e che, in quanto tali, potrebbero benissimo essere soddisfatti direttamente dalla centrale.
Per quanto concerne la funzionalità dei serbatoi risulta che, aumentando la loro superficie utile (da 200 a 1000 mq cadauno nell’esempio), si ottiene una miglior utilizzazione del volume disponibile il cui quantitativo passa dai 9100 mc con serbatoi da 200 mq a 10370 con serbatoio da 1000 mq, senza però raggiungere la cubatura necessaria per la totale compensazione che ammonterebbe a 11200 mc circa. Con la superficie maggiore (1000 mq) si ottiene, ovviamente, una minore escursione di livello di tutti i serbatoi e quindi anche della rete ed una minore escursione di portata tra mattina e sera nella centrale di sollevamento.
Esaminando il grafico (v. fig. 4) che rappresenta il volume utilizzato in funzione della superficie dei serbatoi si constata però come l’aumento di volume ottenibile dalla maggior sezione dei serbatoi non sia direttamente proporzionale alla superficie stessa ma segua una curva quadratica per cui i benefici ottenibili si attenuano all’aumentare della superficie. La soluzione ottimale dipende pertanto dalle caratteristiche proprie di ciascuna rete e dai costi di costruzione e di esercizio che le varie soluzioni comportano.

 

Le altezze utili che dovrebbero assumere i serbatoi nell’esempio sono esagerate sia per le difficoltà costruttive che ne deriverebbero sia per le eccessive escursioni di pressione che esse indurrebbero nella rete. Sono state scelte perché, trattandosi di una mera esercitazione teorica, rendono più evidenti i fenomeni che si vogliono qui illustrare.
Definite come sopra le caratteristiche geometriche dei serbatoi e supposto che siano dotati di valvola di efflusso a galleggiante che si chiude quando il serbatoio è pieno onde evitarne gli sfiori, si è passati all’esame del loro comportamento durante il resto dell’anno sempre considerando che la centrale di pompaggio funzioni a pressione costante (100 msm).
E’ in questa fase che vengono alla luce le più gravi carenze del sistema acquedottistico in esame. I serbatoi, dimensionati per un corretto funzionamento nel giorno di punta, diventano scarsamente utilizzabili in tutti gli altri giorni a causa delle minori perdite di carico che si verificano in rete.
Se si considera la curva di frequenza dei consumi medi giornalieri di un acquedotto tipo (vedi fig. 13.1 più avanti) dalla quale risulta che essi assumono valori elevati (normalmente utilizzati per il dimensionamento degli impianti) per pochissime giornate, e che pertanto i benefici ottenibili dai serbatoi nella misura sopra descritta si limitano a pochissimi casi mentre durante tutto il resto dell’anno la loro funzionalità è notevolmente ridotta, si può concludere che il sistema di alimentazione delle reti con centrali a pressione fissa deve essere abbandonato.

Ad esempio se si esaminano i risultati del calcolo n. 5/I riportati in tabella e nel grafico di fig. 5 e che sono relativi a serbatoi da 200 mq di sezione con quote di sfioro e fondo definite come sopra e ad un giorno nel quale gli utenti hanno un consumo corrispondente alla media annua (cioè con portata media giornaliera pari a 600 l/s) si constata come la pressione di rete sia per molte ore più elevata del livello massimo dei serbatoi i quali, durante tale periodo, rimangono chiusi e quindi inoperosi. Il contributo che essi prestano alla rete è limitato al periodo che và dalle ore 7 alle ore 11 durante il quale, immettendo in rete un volume totale di 1080 mc, riescono ad contenere la portata massima della centrale entro 763 l/s circa a fronte di un consumo istantaneo massimo dell’utenza di 900 l/s. L’accumulo di detto volume ha luogo nelle ore immediatamente successive e cioè dalle ore 11 alle 16 circa. Viene così a mancare totalmente la loro funzione precipua che dovrebbe essere quella di accumulare di notte i volumi d’acqua da restituire alla rete il giorno successivo. I serbatoi, la cui capacità totale è pari a 9280 mc, vengono utilizzati nella giornata di consumo corrispondente alla media annua, come già detto, per totali mc. 1080 corrispondenti ad una percentuale del solo 12%. Per quanto riguarda la pressione di consegna dell’acqua all’utenza si rileva come essa sia corretta solo durante i periodi di consumo elevato mentre per buona parte della giornata e per tutta la notte si verifichi un inutile carico residuo. Da tener presente che nei periodi notturni quando il consumo dell’utenza diventa quasi nullo ed i serbatoi sono pieni e quindi con la valvola di efflusso chiusa, la piezometrica di rete diventa quasi coincidente con la statica (100 msm) il che significa raddoppiare la pressione di consegna con tutti i danni che ne derivano. Se si tiene conto che i consumi per lunghi periodi si mantengono su valori ancora inferiori di quello medio annuo appena considerato, si giunge all’ovvia conclusione che, nella realtà, i serbatoi sopraelevati della rete alimentata a pressione fissa sono praticamente sempre pieni ed inutilizzati e che la pressione di consegna è quasi costantemente troppo elevata.
Prescindendo momentaneamente dalla reale consistenza della rete precedentemente descritta, si è passati a verificare quali sarebbero le sue condizioni di funzionamento qualora, soppressa idealmente la vasca di carico posta in testa, la centrale di sollevamento fosse del tipo ad immissione diretta in rete ed a portata costante per tutte le 24 ore della giornata. Tali modalità, che possiamo definire di tipo scolastico in quanto non attuabili nella pratica di esercizio, sono state esaminate al solo scopo di costituire la soluzione teorica ideale cui paragonare tutte le altre.

I risultati, relativi al giorno di max consumo e riportati in colonna n. 6/I

ed illustrati nel grafico di fig. n. 6, confermano che la centrale, per mantenere costante durante il corso della giornata la sua portata, dovrebbe variare notevolmente la pressione di pompaggio mentre i serbatoi, per poter effettuare tutta la compensazione, dovrebbero avere altezze utili di invaso maggiori di quelle determinate come sopra. Nel caso in esame si passa da un pompaggio massimo di 113,98 msm al mattino ad un minimo di 94,04 la sera mantenendo all’incirca un dislivello costante durante l’arco di tutta la giornata, rispetto ai livelli dei serbatoi.

Nella colonna 7/I nel grafico della fig. 7 sono riportati i risultati del calcolo di verifica nel giorno con consumi corrispondenti alla media annua (600 l/s) con centrale a portata fissa pari a 600 l/s e serbatoi da 200 mq che effettuano la compensazione delle portate. Il risultato più saliente è dato dal notevole abbassamento della prevalenza di pompaggio con una compensazione totale delle portate mediante utilizzazione di una capacità di 7464 mc.
Le conclusioni finali ricavate dalle serie di calcoli di verifica sopra riportati sono le seguenti:
· la rete classica, essendo dotata di vasca di carico che stabilizza la pressione di partenza ed essendo la quota di tale vasca definita in funzione delle portate di punta, lavora per lunghi periodi con valori di pressione di consegna dell’acqua inutilmente elevati il che comporta, oltre che un anomalo ed inutilmente dispendioso rifornimento idropotabile anche un aumento delle perdite notturne di rete con maggiori costi di produzione d’acqua;
· i serbatoi di compenso in rete sono per la maggior parte dell’anno scarsamente utilizzati costringendo la centrale ad immettere in rete portate quasi nulle durante la notte ed in genere i periodi di bassi consumi e maggiori della media giornaliera nelle ore di punta. Ne deriva necessità di maggiori diametri delle condotte di rete ed una loro anomala utilizzazione con maggiori perdite di carico ed ovvie maggiori spese di sollevamento.

 

3) LA RETE IDEALE

Nella ricerca di una soluzione atta ad ovviare ai difetti descritti si adotta una filosofia completamente diversa da quella che caratterizza la rete classica: attribuire priorità assoluta alla pressione di consegna dell’acqua all’utenza considerato che essa è l’elemento determinante dell’esercizio. Tutto il funzionamento dell’insieme acquedottistico sarà condizionato al raggiungimento di tale risultato. 
In pratica vengono prefissati valori di pressione all’utenza:
· elevati per il soddisfacimento del fabbisogno di punta;
· medi per i periodi di consumo medio bassi;
· minimi per le ore notturne caratterizzare da bassi consumi.
L’assetto degli impianti viene rivoluzionato: non più vasca di carico che fissa inderogabilmente la pressione di partenza ma centrale ad immissione diretta in rete e a pressione variabile con asservimento a quella finale dei nodi più rappresentativi della rete rilevata e trasmessa con continuità ed automaticamente alla centrale.
Anche i serbatoi di compenso in rete devono essere diversi da quelli descritti: non più serbatoi pensili che richiederebbero per il loro funzionamento una piezometrica di rete rigidamente definita dalle loro quote di fondo e di sfioro ma un grande serbatoio a terra munito di proprio impianto di risollevamento anch’esso a prevalenza variabile, il tutto adatto alle pressioni di esercizio le più disparate.
Tutti i sollevamenti devono ovviamente essere dotati delle apparecchiature (casse d’aria, casse d’acqua, alimentazione a mezzo by-pass ecc. ecc.) di attenuazione dei dannosi effetti dei colpi d’ariete che vengono inevitabilmente trasmessi alle condotte.

 

3.1) VERIFICA DELLA RETE IDEALE

La seguente serie di calcoli di verifica riguarda la rete di cui ai capitoli 1) e 2) alla quale sono però state apportate le modifiche necessarie per trasformarla in rete ideale.

Le sue caratteristiche sono:
· rete magliata unificata destinata sia all’alimentazione dell’utenza che a quella notturna del serbatoio di compenso;
· centrale di sollevamento con pompaggio diretto in rete a pressione e portata variabili (quindi con pompe a giri variabili) dotata di proprio serbatoio del tipo a terra e destinato a compensare la quasi totalità delle portate giornaliere. La pompa varia in continuazione la velocità di rotazione in modo che la pressione ai nodi rappresentativi della rete (nel caso specifico il nodo n. 118) coincida con quella del grafico preimpostato per tutta la giornata tipo e con un prefissato valore massimo di portata chiamato soglia di intervento. In altri termini la centrale, all’aumentare o diminuire della richiesta di rete, regola pressione e portata per seguirne il fabbisogno ma con una pregiudiziale data dal limite massimo di portata (soglia prefissata e tarabile) che non deve essere in nessun caso superato.
· serbatoio per la residua compensazione in rete ed a terra, ubicato in posizione baricentrica rispetto ai consumi, alimentato dalla stessa rete e munito di proprio impianto di risollevamento a portata e pressione variabili (quindi anch’esso con pompe a giri variabili). La regolazione del serbatoio ha luogo in fase di riempimento mediante modulazione della valvola di immissione con asservimento dell’invaso ad un grafico giornaliero preimpostato dei livelli in vasca da assumere ora per ora ed in fase di svuotamento con asservimento del numero di giri della pompa al grafico preimpostato della pressione ai nodi indicato al paragrafo precedente. Il risollevamento entra in funzione solo allorquando la pressione ai nodi, non più sorretta dalla centrale principale la cui portata ha raggiunto il valore di soglia, tende a scendere al di sotto dei valori preimpostati.
· impianto di telecontrollo e telecomando atto ad effettuare in automatico le regolazioni dei sollevamenti in funzione delle pressioni ai nodi rilevate e trasmesse in continuo, la regolazione dell’immissione d’acqua in serbatoio di compenso in funzione di una predefinita curva giornaliera dei livelli da assumere ora per ora ed in genere il controllo di funzionamento dell’insieme acquedottistico.
·
Poiché la rete che qui si vuol verificare riassume tutte le caratteristiche positive che con il presente lavoro si vogliono propugnare, ci si è dilungati nell’esaminare il suo funzionamento idraulico nelle varie e disparate condizioni paragonandone i risultati con quelli di una rete analoga ma di tipo tradizionale con serbatoi pensili di compensazione ed impianto di produzione funzionante a portata fissa pari a quella media giornaliera. Il confronto è quindi effettuato con un sistema acquedottistico di tipo classico avente il minore dispendio energetico possibile anche se, come spiegato, non attuabile nella realtà dell’esercizio. Per consentire anche un raffronto realistico dei consumi energetici si sono indicati nelle colonne 9/II e 10/II i dati di funzionamento relativi ad un acquedotto di tipo tradizionale identico a quello classico suddetto ma dotato, come di norma, di una centrale di pompaggio a pressione fissa e pari a quella massima necessaria per l’ora di punta e con regolazione della pressione di mandata ottenuta strozzando la valvola di uscita e quindi dissipando il carico in eccesso.
La serie di calcoli è riepilogata nella tabella II, mentre la loro rappresentazione grafica forma l’oggetto delle fig. da n. 9 a n. 12. Nella tabella sono replicati nelle colonne n. 1/II e n. 6/II i dati delle col. 6/I e 7/I già esaminate per facilitare il confronto dei risultati.

Per una visione completa del funzionamento della rete vengono esaminate molte possibilità di utilizzazione della capacità di compenso giornaliero del suo serbatoio: da quella minima (nessun volume di compenso da parte del serbatoio di rete) a quella massima con immissione in rete dell’intero volume utile e quindi con totale compensazione della portata da parte del serbatoio.
Tra i due estremi esistono infinite possibilità intermedie definite dalla soglia di pompaggio massimo che si può preimpostare.
Le prime verifiche riguardano l’ipotesi in cui tutta l’utenza è alimentata dalla centrale costretta, in tal caso, a seguire le portate richieste dalla stessa
Nella pratica tale funzionamento sarebbe ottenuto fissando un valore di soglia più elevato della portata massima degli utenti cioè superiore a 1350 l/s.
I risultati sono riportati nella allegata tabella II.

Schema rete di distribuzione con serbatoio a terra
Schema rete di distribuzione con serbatoio a terra

Nel giorno di massimo consumo (n. 2/II fig. 9) la centrale varia la pressione di pompaggio fino a raggiungere, nell’ora di punta, i 137 msm circa. Il bilancio energetico denuncia un dispendio superiore a quello con serbatoi pensili del 5% (v. n. 1/II fig. 6) e rilevanti perdite di carico che la rete deve sopportare per il trasporto delle portate di punta. Nei giorni di consumo medio (600 l/s v. col. 8/II fig. 12) la pressione massima di pompaggio si abbassa fino a 100 msm con un dispendio energetico pari a quello che si avrebbe con la corrispondente soluzione con serbatoi pensili (v. n. 6/II fig. 7).
Da quanto precede risulta che per portate rilevanti è conveniente utilizzare al massimo i serbatoi di rete e diminuire quindi la portata innalzata dalla centrale durante le ore di punta mentre per i consumi medio-bassi la soluzione migliore è quella con l’intera portata sollevata direttamente dalla centrale evitando totalmente il risollevamento da parte del serbatoio in rete.

E’ fuori di dubbio che la soluzione più razionale non può essere che quella mista che soddisfa ambedue le condizioni e quindi con serbatoi in rete che intervengono solo quando la portata totale (cioè il consumo dell’utenza) supera una certa soglia critica. Quando ciò non avviene tutta la portata è sollevata dal solo impianto di produzione (regolazione “a soglia prefissata”).
Visto il funzionamento della rete senza intervento dei serbatoi si passa ora ad esaminare l’efficacia di quest’ultimi iniziando con modesti volumi di utilizzazione per passare via via a più marcati valori fino a giungere alla utilizzazione del volume massimo di compensazione. Nella pratica tale regolazione avviene fissando via via valori sempre inferiori di soglia fino a giungere al suo valore minimo cioè pari alla portata media del giorno di massimo consumo, nell’esempio 900 l/s.
Soluzione con soglia prefissata a 1120 l/s (v. n. 3/II fig. 10).

 

 

 

La centrale segue le richieste dell’utenza per portate inferiori o pari a 1120 l/s mentre il serbatoio rimane pieno. Quando tale valore viene superato, la centrale mantiene la sua portata sempre al valore di soglia (1120 l/s ottenuto variando in continuazione la pressione di pompaggio) mentre ha inizio lo svuotamento del serbatoio di compenso che, tramite risollevamento, immette in rete tutte le portate di inte

grazione necessarie per coprire il fabbisogno di punta dell’utenza.

Nel giorno di massimo consumo l’intervento complessivo del serbatoio è minimo e cioè pari a soli mc 1600 ma consente di abbassare la pressione massima di pompaggio portandola a 119 msm contro i 137 msm che si avrebbero senza di esso (v. fig. n. 9 precedente). Si vede come la sua utilizzazione, anche se modesta, permette di ottenere un notevole beneficio nella pressione di esercizio riportandola entro valori appropriati. Per quanto riguarda invece i consumi energetici non si ottiene alcun beneficio rispetto alla soluzione precedente (stesso dispendio energetico dovuto alla necessità di dissipare il carico durante il riempimento del serbatoio e di risollevare durante le ore di punta l’acqua precedentemente accumulata nel serbatoio).

In tutti gli altri giorni il consumo energetico migliora. Ad esempio nel giorno di consumi medi (v. n. 8/II fig. 12) esso è pari alla soluzione con serbatoi pensili (v. n. 6/II fig. 7) e quindi estremamente contenuto.
Si esamina ora il funzionamento della rete con una soglia massima di funzionamento della centrale fissata a 1000 l/s. L’intervento del serbatoio, nel giorno di massimo consumo, comincia a diventare importante (mc. 5930) mentre la centrale limita la sua portata ai 1000 l/s di soglia (v.n. 4/II). Rispetto alla soluzione con serbatoi pensili si ottiene una maggior impiego di energia pari soltanto all’uno per cento.
Il più marcato intervento del serbatoio provoca un appiattimento della pressione di pompaggio che, nel giorno di consumo max (v. n. 4/II), varia da un massimo di 111 msm ad un minimo di 76 msm. Nel giorno di consumo medio ( funzionamento identico a quello sopra esaminato v. n. 8/II fig. 12 ) la pressione di pompaggio, pur non verificandosi alcun intervento del serbatoio di compenso, si abbassa ulteriormente rientrando tra un massimo di 100 msm raggiunti per un breve periodo alle ore 9 circa ed un minimo di 62 msm durante le ore notturne.
Passiamo all’esame del funzionamento con una soglia prefissata pari alla media del giorno di massimo consumo. E’ questa la regolazione ottimale degli impianti in quanto consente, a parità di alimentazione dell’utenza, la maggior economia di energia di sollevamento. Il dispendio energetico è addirittura inferiore a quello della soluzione (non attuabile nella realtà) con serbatoi pensili e centrale di sollevamento portata costante per tutta la giornata.
Infatti durante tutte le 24 ore del giorno di massimo consumo la centrale solleva la portata media (nell’esempio 900 l/s) e pertanto la rete può effettuare il trasporto dei necessari volumi d’acqua con le perdite di carico minime (v. n. 5/II fig 11). Tutta la capacità utile del serbatoio viene utilizzata per effettuare la totale compensazione giornaliera delle portate. La pressione di pompaggio della centrale principale è quasi livellata essendo di giorno pari a 102-105 msm e di notte a 87 msm circa. Il serbatoio di compenso, tramite il suo impianto di pompaggio, risolleva un volume di 11200 mc ad una pressione massima di 103 msm per un breve periodo alle ore 9 e poi a circa 78 msm dalle ore 10 alle 20 circa. La rete viene utilizzata anche durante la notte per addurre, oltre alla portata richiesta dall’utenza, anche il volume d’acqua da accumulare nel serbatoio.
Nel giorno di consumo medio (600 l/s) si ha lo stesso funzionamento dei casi precedenti con la centrale principale che immette da sola tutta la portata non essendo mai superata la soglia preimpostata di 900 l/s e ciò ha luogo con una pressione variabile da 100 a 62 msm (v. n. 8/II fig. 12).
Risultato finale della regolazione in esame (soglia pari alla media giornaliera) è un consumo energetico nelle 24 ore estremamente contenuto essendo pari a quello che si avrebbe con rete dotata di serbatoi pensili.
Per dimostrare come tale risultato nella reale gestione sia veramente interessante, si sono tracciati i grafici di funzionamento giornaliero dell’ acquedotto di cui alle verifiche precedenti nelle varie giornate dell’anno tipo. Sono state scelte quattro giornate con portate gradualmente decrescenti di 100 l/s da quella di consumo massimo (900 l/s), a quella di consumo corrispondente alla media annua (600 l/s). Si è supposto, come consigliato sopra, di mantenere fissa e pari alla media del giorno di consumo massimo (900 l/s) in ogni condizione di esercizio e di consumo giornaliero la soglia di pompaggio dell’impianto principale determinando il volume di utilizzazione del serbatoio di rete nei vari casi.
I dati di funzionamento possono essere così riassunti:

 

 portata media l/s  coeff vol.utilizz.  serbat. mc  %  frequenza giorni
 900  1,50  11200  100  1
 800  1,33  4800  41   20
 700  1,17   1000  9   37
 600  1,00  0  0  182

Riportando i dati in grafico (v. fig. 13 parte sinistra) si constata come la percentuale di utilizzazione del serbatoio di rete, massima per il giorno di consumo elevato (corrispondente a 1.5 volte quello medio annuo) nel quale viene utilizzato per la compensazione tutto il volume di invaso (punto a), decresce rapidamente fino ad un valore pari a solo il 10% circa di tale volume per consumi pari a 1.2 volte quello medio (punto c) e per azzerarsi quando i consumi corrispondono al consumo medio annuo (punto d). Per consumi ancora inferiori non si ha alcuna utilizzazione del serbatoio. I dati, integrati da quelli di frequenza statistica media annua dei consumi conducono a risultati veramente strabilianti. La curva rappresentativa delle percentuali di utilizzazione del serbatoio (v. fig.13 parte destra) ha un andamento quasi parallelo e molto vicino agli assi con accentuato punto di flesso ubicato in corrispondenza dei 35 giorni dell’anno a consumo più elevato. Se ne deduce che per una metà dell’anno l’utilizzazione del serbatoio è nulla, per altri 148 giorni circa essa rimane bassissima mentre le alte percentuali sono tutte concentrate nei rimanenti 35 giorni durante i quali, essendo superato il punto di flesso, passa dal 10% al 100%. L’intervento sostanziale del serbatoio di compenso in rete è, quindi, limitato mediamente a sole 35 giornate all’anno mentre per circa le 330 giornate rimanenti i consumi avranno un valore pari o inferiori a 1.17 volte la media giornaliera annua ed il serbatoio sarà utilizzato per soli 1000 mc. pari al 9% del volume totale, oppure per volumi ancora inferiori.
Se nel diagramma citato si considera l’area indicata con tratteggio e compresa tra gli assi fondamentali e la curva delle percentuali di utilizzazione del serbatoio, e che rappresenta l’utilizzazione totale annua del serbatoio, si vede come essa corrisponda appena al 6% della utilizzazione massima del serbatoio stesso (100% per 365 giorni).
Per far risaltare il risparmio energetico offerto dalla soluzione a soglia ottimale (900 l/s) si è anche verificato quale sarebbero i risultati ottenibili modificando la soglia fino a farla coincidere di giorno in giorno con la portata media del giorno medesimo. A prima vista sembrerebbe questa la soluzione ideale in quanto, in tale ipotesi, la rete dovrebbe effettuare, in ogni giornata tipo, il trasporto delle sole portate medie lasciando al serbatoio il compito di integrare la portata immessa in rete per coprire le punte di consumo. Si riscontra invece un peggioramento della situazione con consumi energetici che, ad esempio nella giornata di consumo medio (v. n. 7/II ) e cioè 600 l/s superano del 3% quelli ottenibili con la soglia elevata (v. n. 8/II fig. 12). Risultati ancora peggiori si riscontrerebbero, ovviamente, nelle giornate di consumo inferiore che, come più volte citato, si verificano con grande frequenza durante l’anno.
Come indicato i raffronti energetici sono effettuati con un acquedotto di tipo tradizionale munito di serbatoi pensili di compenso e con un funzionamento puramente ipotetico della centrale principale considerata come atta a sollevare ed immettere in rete, in tutti i casi in esame, la portata media giornaliera variando con continuità la propria pressione di pompaggio (colonna n. 1/II fig. 6). La realtà è ben lontana da tale ipotesi semplificativa essendo gli acquedotti classici dotati, nella maggior parte dei casi, di vasca di carico in testa alla rete e, come tali, da considerarsi a pressione di pompaggio fissa. Nelle colonne 9/II e 10/II si sono riportati anche i dati di funzionamento di un acquedotto di questo tipo mettendo in rilievo gli inconvenienti che esso presenta.
In pratica si è supposto di modificare lo schema acquedottistico della colonna n. 1/II sostituendo la centrale a pressione variabile con una a pressione fissa per qualunque condizione di esercizio. La quota di pompaggio e quindi l’ubicazione altimetrica della vasca di carico, definite dal funzionamento critico della rete e cioè dell’ora di punta, risultano pari a 114 msm e di conseguenza la pressione di esercizio, adeguata nel brevissimo periodo di richiesta massima dell’utenza (ora di punta) e solo in quello, diventa sovrabbondante per tutto il tempo rimanente durante il quale l’inutile carico residuo deve, per consentire il funzionamento dei serbatoi di rete, venir dissipato o mediante regolazione della valvola posta al piede della vasca o mediante funzionamento a canaletta della prima parte della tubazione di uscita dalla stessa con tutti gli inconvenienti che derivano dall’immissione di aria in condotta. Questo fatto si traduce in un notevole dispendio energetico che, nell’esempio di tabella, raggiunge il 10% nel giorno di consumo massimo e ben il 42% in quello di consumo medio per essere ancora percentualmente più elevato nei giorni di consumo ancora inferiore.
L’immagine del tutto positiva che si aveva dell’acquedotto tradizionale con la sua vasca di carico che garantisce e stabilizza la pressione di partenza di tutta la rete, con i serbatoi pensili di rete che con i loro grandi volumi d’acqua in quota garantiscono la corretta alimentazione dell’utenza in ogni condizione di esercizio, esce malconcia dalla serie di risultati che precedono. Si tratta, nella realtà spesso incognita, di una rete inutilmente sovradimesionata che, in quanto tale, deve dissipare continuamente l’esuberanza di carico. In alcuni acquedotti, per evitare tale dissipazione, si mantiene, anche durante i periodi di bassi consumi, tutta la pressione data dalla vasca di carico con la logica conseguenza che i serbatoi, fatta eccezione per le giornate di consumo massimo, rimangono sempre pieni o quasi pieni e quindi ha luogo, durante tali periodi, una spesa energetica ancora maggiore cui si aggiunge l’ulteriore inconveniente di una eccessiva e dannosa pressione in rete (la pressione si avvicina all’idrostatica). La realtà è molto spesso ancora peggiore: la pressione non raggiunge tali massimi per il semplice motivo che di notte l’aumento della pressione di rete fa crescere vertiginosamente le fughe d’acqua dovute alle piccole rotture fino a farle raggiungere volumi così elevati (l’acqua dissipata annualmente nel terreno può superare il 50% del totale prodotto!) che anche durante tale periodo la portata d’acqua immessa in rete si mantiene elevata.
Risultano evidenti i vantaggi che presenta la rete ideale propugnata nel presente lavoro. Si ribadisce quì che essa garantisce una adeguata pressione di consegna dell’acqua all’utenza in ogni condizione di esercizio. Ciò significa che nei periodi critici, come ad esempio l’ora di punta del giorno di massimo consumo, anche gli utenti più lontani sono alimentati con pressione adeguata mentre nei periodi di bassi consumi come possono essere quelli notturni delle basse stagioni viene abbassata la pressione di consegna evitando in tal modo inutili e costose sovrappressioni fonte, oltre che di dispendio energetico, di maggiori perdite i rete. Si può affermare che la differenza sostanziale fra le reti classica e quella ideale consiste nel fatto che la prima è composta da un sistema rigido la cui gestione è strettamente vincolata alle sue caratteristiche costruttive e soltanto a quelle. Come tale, deve sempre funzionare alla sua massima potenzialità con tutti gli inconvenienti che ne conseguono: dispendio energetico, frequente ed inutile esuberanza di carico idraulico, impossibilità di adeguarsi a maggiori ed imprevedibili richieste dell’utenza se non tramite esecuzione di nuove opere. La gestione della rete ideale, al contrario, è estremamente elastica essendo funzione diretta dell’utenza e dei suoi fabbisogni di cui può seguire puntualmente tutte le variazioni con la massima economia energetica di sollevamento garantendo, al tempo stesso, una pressione di consegna sempre ottimale. E’ possibile far fronte alle eventuali maggiori ed imprevedibili richieste senza esecuzione di nuove opere ma semplicemente con una maggiore spesa energetica di sollevamento.
Esaurito l’esame del comportamento generale della rete ideale si è evidenziato il suo funzionamento nei momenti salienti delle giornate di massimo consumo ed in quella di consumo medio annuo riportando sugli schemi planimetrici (che per brevità si omettono) i risultati dei calcoli di verifica e ricavando da essi il profilo idraulico nelle varie condizioni di funzionamento (v. fig. n. 14) da cui si possono trarre, a conferma dei concetti esposti sopra, importanti conclusioni.

Si nota innanzitutto come le forti escursioni della pressione di partenza che si verificano passando da una condizione all’altra, non provocano alcun inconveniente all’utenza in quanto non interessano la rete di distribuzione vera e propria ma solo il suo primo tratto (nodi 1 – 101) nel quale non ci sono prelievi. Si tratta, nell’esempio e molto spesso anche nella realtà, di una condotta singola di collegamento della rete magliata con l’impianto di produzione posto fuori del centro da servire e che, come tale, per portate di una certa entità necessita di notevoli carichi idraulici. D’altro canto non conviene abbondare eccessivamente nel dimensionamento di tale tubazione considerato che i periodi di portata elevata sono statisticamente poco frequenti e che pertanto, come risulta anche dai conteggi sopra riportati, il consumo energetico annuo risulta comunque contenuto.
La rete magliata, al contrario, conferma le sue ottime caratteristiche effettuando il trasporto di grandi portate d’acqua con modeste perdite di carico e quindi senza grandi variazioni della pressione di consegna. La centrale funziona alla massima pressione manometrica (100-105 msm) soltanto nei momenti di effettivo bisogno quali sono ad esempio, nel giorno di consumo massimo il periodo che va dal consumo medio giornaliero (900 l/s) a quello di punta (1350 l/s) e nel giorno di consumo medio annuo, la sola ora di punta (900 l/s). Durante tutti gli altri periodi, ivi compreso anche quello di riempimento del serbatoio nel giorno di consumo massimo, la centrale è in grado di far fronte ai fabbisogni con una pressione media e medio-bassa.
In particolare per consumi pari circa alla media annua (600 l/s) ed anche per il riempimento notturno del serbatoio nei giorni di massimo consumo, è sufficiente una pressione di pompaggio di 80-85 msm mentre per tutti i periodi di bassi consumi notturni la pressione si abbassa fino a circa 65 msm. Tutto ciò si traduce in evidenti economie nell’energia consumata annualmente per il sollevamento.
Nel territorio abitato le pressioni sono livellate essendo concentrate, in tutti i casi esaminati, compresi quelli estremi, in due fasce (v. zone tratteggiate nella fig. 14): quella del funzionamento diurno nella quale di ha una pressione assoluta massima di msm 84 ed una minima di 70 msm., quella del funzionamento notturno con pressione da m. 52 a m. 65. La pressione di consegna nel nodo 118, assunto come rappresentativo della rete, è di m 70 di giorno e m. 60 di notte come da diagramma prefissato.
Per quanto riguarda il funzionamento delle condotte di rete, dall’esame dei risultati dei calcoli, si è rilevato come tutti i tronchi concorrano solidalmente al trasporto dei richiesti volumi d’acqua che pertanto ha luogo, in ogni condizione di funzionamento, con perdite di carico estremamente contenute. Ciò si evidenzia particolarmente durante la notte del giorno di max consumo quando, con consumi quasi nulli dell’utenza e con il serbatoio di rete in fase di riempimento, anche le condotte più lontane dalla centrale, invertendo la direzione di moto dell’acqua, riescono ad addurre, nonostante la loro ubicazione idraulicamente sfavorevole, notevoli volumi d’acqua al serbatoio stesso.
In definitiva si può affermare che, nella rete dell’esempio, il carico idraulico disponibile viene sempre utilizzato in modo ottimale, con perdite di carico contenute e non senza garantire una corretta consegna dell’acqua all’utenza.

 

3.2) LA SCELTA DELLE POMPE

Nei grafici relativi al funzionamento della rete ideale nelle varie giornate tipo e secondo tutte le modalità di funzionamento possibili, alcune delle quali formano oggetto delle fig. da n. 9 a n. 12 mentre altre non sono riportate nel presente testo, si sono evidenziati con un circoletto numerato i punti salienti di sollevamento dell’impianto principale che, riportati sul grafico cartesiano di fig. n. 15, hanno consentito di definire, con un congruo margine di sicurezza, la fascia caratteristica del pompaggio.

Pur non escludendo la possibilità di realizzare la stazione di pompaggio con una serie di pompe a velocità fissa al fine di raggiungere buoni risultati con costi più contenuti, dal grafico risulta che la soluzione ottimale sarebbe quella con pompe a velocità variabile più adatte a cop

rire interamente l’area di lavoro. Si noterà come la fascia sia caratterizzata da una minor pendenza e larghezza nella parte bassa del grafico il che ha consigliato di dividere il campo in due parti ben definite ed indicate in disegno con diverso tratteggio. Sono state quindi scelte due pompe a velocità variabile dimostratesi atte a coprire, con buone caratteristiche funzionali, tutto il campo di lavoro.
Quella più piccola con portata variabile da 150 a 600 l/s circa e prevalenza da circa 35 m a 55 m. resta in funzione per un tempo pari a circa il 40% del totale annuo tale essendo la percentuale statistica di frequenza delle portate orarie pari o inferiori alla media annua.
L’altra pompa avente portata, a basso numero di giri, pari a 600 l/s e, alla velocità massima, 1300 l/s circa con una prevalenza da 55 a 115 m circa farà fronte, oltre che al riempimento notturno dei serbatoi di compenso, anche ai rimanenti fabbisogni dell’utenza.
Si fa notare come le apparecchiature di sollevamento descritte consentano di soddisfare i fabbisogni della rete in tutte le più disparate condizioni anche in quelle improbabili ma pur sempre possibili. Per la definizione della fascia di lavoro delle pompe, sono stati infatti utilizzati grafici di funzionamento relativi ai giorni di consumo massimo, medio e minimo considerando per ognuno di essi vari modi di sfruttamento della capacità di compenso dei serbatoi che vanno dall’utilizzazione dell’intero volume di invaso fino ad una utilizzazione nulla. Le pompe scelte e la rete esaminata saranno quindi in grado di far fronte, a prezzo soltanto di una maggior spesa energetica, anche a situazioni eccezionali quali sono, ad esempio, il fuori servizio del serbatoio di compenso nel giorno e nell’ora di punta.

 

4) CONCLUSIONI

Il lavoro svolto riguarda la razionalizzazione di una rete elementare di costituzione molto semplice in quanto ritenuta sufficiente a comprovarne la validità. Le metodologie proposte allo scopo sono però applicabili, con buoni risultati, anche a reti complesse quali sono, ad esempio, quelle dotate di più impianti di produzione, quelle alimentanti territori variegati sia dal punto di vista altimetrico che da quello dei consumi specifici nelle quali si avrà cura di asservire ogni centrale di sollevamento o di risollevamento ai nodi della sottorete di appartenenza. Si potrà, anche allora, constatare come il funzionamento a pressione di esercizio variabile e la grande elasticità di funzionamento propri della “rete ideale” si prestino ottimamente a risolvere problemi anche ardui in una costante ottica di contenimento dei costi energetici.
Alcuni esempi: nel caso di reti alimentate con fonti diversificate sia per ubicazione che per qualità (acqua potabilizzata e acqua naturalmente potabile), si potrà abbassare il costo medio di produzione facendo funzionare alla sua massima producibilità 24 ore su 24 l’impianto che ha costi di produzione inferiori; nel caso di reti sottodimensionate si potrà rimediare aumentando la pressione diurna di esercizio; nei periodi o nelle aree caratterizzate da deficienza delle fonti si potrà economizzare mediante alimentazione ad una pressione il più bassa possibile ecc. ecc..
I concetti di base da cui trova origine tutta l’impostazione progettuale e di esercizio qui propugnata possono essere così riepilogati:
· il pompaggio a pressione variabile che comporta la messa al bando dei serbatoi pensili ma consente la massima elasticità ed economicità di esercizio;
· le modalità di compensazione giornaliera delle portate da effettuarsi per la maggior parte con serbatoi a terra annessi alla produzione e, per la parte restante, con serbatoi a terra ubicati in posizione baricentrica dell’utenza;
· le modalità di pompaggio a soglia preimpostata;
· la preimpostazione delle pressioni che durante la giornata devono essere assicurate nei vari punti della rete;
· l’utilizzazione della rete sia per l’adduzione dei volumi d’acqua ai serbatoi di compenso in rete sia per la distribuzione agli utenti;
· il telecomando e telecontrollo della rete a mezzo impianto automatico.

Le soluzioni proposte consentono:
1) Rilevanti economie sia costruttive che di gestione dell’insieme acquedottistico;
2) La possibilità di far fronte ad imprevedibili necessità grazie alle grandi doti di elasticità possedute dalla rete;
3) La razionale utilizzazione dei volumi d’acqua accumulati nei serbatoi sia nei giorni di punta, sia in quelli di portata minima e sia per far fronte ad impreviste necessità:
4) di graduare le pressioni di rete in funzione delle effettive necessità dell’utenza garantendo in ogni condizione di esercizio la consegna dell’acqua alla pressione adeguata.

In definitiva l’ esercizio delle reti e dei relativi impianti condotto secondo le modalità descritte nel presente lavoro costituisce un modo corretto, razionale ed economico di gestione.
Chi scrive ha potuto verificare tali risultati nell’esercizio di più acquedotti che, pur essendo dotati di apparecchiature di regolazione meno sofisticate di quelle necessarie per la rete ideale citata, funzionano automaticamente a pressione variabile asservita alle richieste di rete da oltre vent’anni.
Caratteristica saliente un sollevamento che, pur garantendo una pressione di consegna all’utenza sempre ottimale, si è svolto per la quasi totalità delle ore di funzionamento di tutto il ventennio a bassa pressione essendo quello ad alta limitato a periodi brevissimi: è evidente l’economia realizzata nella spesa di sollevamento.
Un’altra esperienza che si è potuta fare è quella relativa ai vantaggi offerti dalla riduzione della pressione notturna di pompaggio. A tale scopo si è, durante la notte, forzatamente alimentata la rete a pressioni maggiori di quelle normali constatando come le portate minime immesse in rete (costituite in tal caso quasi esclusivamente da perdite di rete) subissero, per effetto dell’aumento di pressione (da 20 a 45 m.), un incremento corrispondente circa al raddoppio di valore.
Come già detto tutte le soluzioni proposte nel presente lavoro riguardano acquedotti di medie dimensioni. Certamente i grandi sistemi acquedottistici richiedono tecnologie migliori. Si tratterà ad esempio di più sofisticate procedure di calcolo per l’ottimizzazione in continuo della produzione, accumulo, pompaggio e trasporto dell’acqua, di nuove metodologie di determinazione della pressione ottimale di consegna all’utenza, di verifica e localizzazione in automatico delle perdite di rete e di verifica automatica del funzionamento idraulico dell’insieme acquedottistico. Su alcuni punti però troveranno conferma, senza tema di smentita, le tecniche qui proposte: nel funzionamento a pressione variabile degli impianti, nella parziale compensazione giornaliera delle portate da effettuarsi in rete mediante serbatoi a terra, nell’utilizzazione della rete sia per l’adduzione che per la distribuzione dell’acqua ed infine sull’importanza che riveste l’impianto di telecontrollo e telecomando della rete.
Ciò è dovuto ad alcune delle prerogative insite nella natura stessa delle reti, nelle leggi che ne regolano il funzionamento idraulico ed infine nelle usuali modalità di consumo dell’utenza, prerogative di cui, con il progredire della tecnica, non si potrà trascurare lo sfruttamento.
Merito del presente lavoro si ritiene sia quello di averne messo in luce, enfatizzato e documentato con esempio di verifica teorica le caratteristiche.
Merito ulteriore, anche se di minor rilievo, quello di contribuire affinché nella città futura non siano presenti gli ingombranti ed antiestetici serbatoi pensili messi al bando dalla diversa tecnologia quì proposta.

 

INDIETRO

AVANTI

L’ACCUMULO ENERGETICO DEGLI ACQUEDOTTI

ACQUEDOTTI CON ELEVATE CAPACITA’ DI COMPENSAZIONE DELLE PORTATE E DI ACCUMULO ENERGETICO

 

1) PREMESSA

Uno degli interventi basilari che in un futuro sempre più prossimo dovrà essere sistematicamente adottato per la risoluzione dei problemi legati all’approvvigionamento idropotabile, riguarda senza dubbio la costruzione di capaci serbatoi di accumulo atti ad effettuare la compensazione delle portate per periodi ben più lunghi di quelli giornalieri comunemente in atto. Si deve notare come, in una annata tipo, i periodi di consumo molto elevato sono statisticamente in numero limitato e quindi il modo più razionale per farvi fronte è proprio quello dell’accumulo delle eccedenze di portata operate nei giorni di basso consumo per renderle disponibili durante i successivi di grande richiesta e statisticamente di breve durata. Tale circostanza, se da un lato risolve un problema della massima importanza, dall’altro fa rilevare un grave difetto proprio dei sistemi acquedottistici e cioè un pieno uso delle strutture molto limitato nel tempo mentre per la stragrande maggioranza esse restano sottoutilizzate. Se poi si considerano le usuali modalità di progettazione degli acquedotti che impongono di dimensionarli in funzione del consumo massimo dell’ora di punta e per di più maggiorato, per ulteriore garanzia, di un buon 50% si arriva alla constatazione che i servizi idropotabili presentano di solito elevatissimi costi di costruzione ma una utilizzazione effettivamente molto scarsa che incide notevolmente nei costi di esercizio.
Lo scopo di questa nota è dimostrare come sia possibile costruire acquedotti che svolgono al meglio il loro compito 24 ore al giorno per 365 giorni all’anno, potendo disporre di due diversi regimi di esercizio: il primo che, impiegando interamente ed a soli fini acquedottistici tutte le risorse disponibili, fa fronte ai brevi periodi di consumo elevato, il secondo che le utilizza, durante tutto il tempo restante, in parte per alimentare l’utenza ed in parte per produrre energia elettrica. Se ne ricava un impiego costantemente razionale ed economicamente valido dei complessi e costosi impianti.

2) LA SOLUZIONE PROPOSTA

accumulo-energetico-acquedottichema idfraulico
Fig. 1 = Schema idraulico

Il problema in argomento può essere ricondotto alla modalità di risoluzione dell’accumulo dell’energia eccedente il fabbisogno del momento allo scopo di poterla utilizzare nei successivi periodi di grande fabbisogno energetico. I dispositivi atti allo scopo e di cui è nota l’esistenza, sono costituiti soltanto dagli accumulatori elettrici che hanno però il grave difetto di una potenza molto limitata e dagli impianti idroelettrici reversibili basati su un doppio uso e cioè produrre energia elettrica di giorno e pompaggio d’acqua dal serbatoio inferiore a quello superiore sfruttando i cascami di energia elettrica durante la notte o durante i periodi di sovrabbondanza energetica. In questi ultimi tempi si sta pensando, con gli stessi scopi, all’impiego dell’idrogeno. Altre modalità in corso di sperimentazione concernono lo stoccaggio di di aria compressa a pressioni elevatissime ma trovano ostacolo nel riscaldamento che ne deriva e che provoca rilevanti dispersioni energetiche. Gli esempi sono comunque molto pochi e si può considerare ancora inesistente un valido metodo di accumulo energetico.
La soluzione che viene qui proposta è basata sull’impiego di un capace serbatoio idropneumatico atto allo stoccaggio di acqua in pressione durante i periodi in cui si rende disponibile energia elettrica a bassi costi.

Lo schema idrico del sistema, riportato nella fig. 1 allegata comprende

  •  un serbatoio di accumulo di tipo tradizionale, avente una capacità pari almeno al 50% del consumo totale previsto per il giorno di massimo consumo, posto all’arrivo dell’adduzione e nel quale pescano tutte le pompe di sollevamento. Nulla vieta l’adozione di serbatoi di maggiore capacità con cui poter effettuare la compensazione multi giornaliera od addirittura multi settimanale ottenendo, sia ai fini acquedottistici e sia a quelli idroelettrici, risultati ancora più eclatanti di quelli di cui si parla in dettaglio nella presente nota e di cui si è fatto cenno nell’introduzione;
  • l’impianto di pompaggio con immissione in rete per alimentarla in diretta tramite pompa a velocità variabile asservita alle pressioni anch’esse variabili che di ora in ora bisogna mantenere in rete;
  •  un secondo impianto di pompaggio per l’alimentazione del serbatoio idropneumatico tramite una serie di pompe a velocità fissa a funzionamento pulsante ma con diversificate pressioni di mandata, oppure tramite pompe a velocità variabile atte a coprire tutta la gamma di sollevamento di cui si discute;
  • il collegamento diretto tra serbatoio tradizionale e serbatoio idropneumatico tramite condotta di collegamento munita di apparecchiatura di intercettazione servo comandata;
  • l’impianto per la produzione di energia elettrica tramite una serie di turbine alternatori funzionanti a velocità e potenza variabili atte a sfruttare l’esistente carico idraulico tra i due serbatoi anch’esso variabile ;
  • un serbatoio idropneumatico di cubatura identica a quello tradizionale prima citato ed in grado di accogliere l’acqua con una pressione variabile in funzione del momento ma che può arrivare anche a 100 m ed oltre di colonna d’acqua.


Il concetto di base della soluzione proposta è dato dalla presenza dei due serbatoi funzionanti il primo alla pressione atmosferica ed il secondo a pressione maggiorata ad arte e quindi dalla possibilità che tutta l’acqua in arrivo durante la notte, ed in pratica per tutto il periodo in cui si può disporre di energia elettrica a basso costo, possa essere pompata nel serbatoio idropneumatico onde poterla sfruttare durante periodi successivi con il duplice scopo di alimentare l’utenza ed al tempo stesso di produrre energia elettrica preziosa. Come detto anche l’acqua utilizzata per produrre energia elettrica viene restituita nel serbatoio tradizionale dove torna ad essere disponibile per l’alimentazione dell’utenza.


Sono previste due strutture innovative come il serbatoio idropneumatico e la turbina/alternatore funzionante a velocità variabile le cui caratteristiche principali possono essere riepilogate come segue.

  1.  Il serbatoio idropneumatico.
    Si tratta di una struttura del tutto simile alle autoclavi normalmente utilizzate per aumentare la pressione di esercizio delle piccole reti acqedottistiche con la sola differenza delle dimensioni che, in questo caso, sono molto maggiori. In sostanza è un grande contenitore a tenuta ermetica che accumula acqua nella parte inferiore ed aria compressa superiormente. Ciò gli consente di svolgere le stesse funzioni di un serbatoio sopraelevato ma con il vantaggio di poter variare a piacere la pressione di uscita dell’acqua. Nel caso specifico è in grado di contenere grandi volumi d’acqua ad una pressione tanto maggiore quanto più alta è la potenza disponibile per il pompaggio di immissione. È munito di compressore per realizzare una volta tanto il cuscinetto d’aria e le valvole di scarico dell’aria stessa. Maggiori delucidazione del serbatoio idropneumatico possono leggersi nell’omonimo articolo presente nel sito.
  2.  La turbina-alternatore.Si tratta di una serie di macchine in grado di funzionare a portata e pressione diversificate producendo energia elettrica in quantità variabile in funzione dei volumi e delle pressioni che si rendono via via disponibili ma avente tutte le caratteristiche per poter essere accolta dalla rete Enel. Gli alternatori dovranno quindi possedere organi di regolazione dell’eccitazione che gli consentano di funzionare a velocità diversificate in funzione dei salti utili disponibili ma con buoni rendimenti ed inoltre possedere un sistema di inverter atti a stabilizzare la frequenza della corrente prodotta.

Il funzionamento normale sarà il seguente.
Nei periodi di grandi consumi tutti gli impianti devono essere adibiti alla funzione specifica dell’acquedotto e cioè all’alimentazione idropotabile dell’utenza. A tale scopo i due serbatoi funzioneranno in parallelo ed ambedue a pressione atmosferica essendo aperte le condotte di collegamento e le valvole dell’aria. Essi contribuiranno pertanto con il loro intero volume di invaso alla compensazione delle portate consentendo di far fronte ai picchi di richiesta dell’utenza grazie alla loro notevole capacità. Nel caso si sia scelta la soluzione di grande capacità si potrà dar luogo alla compensaziine settimanale o addirittura a quella quindicinale con tutti i vantaggi che ne derivano.
Terminato il periodo critico il serbatoio idropneumatico inizierà a svolgere la sua azione e saranno pertanto chiuse le valvole di collegamento con l’altro serbatoio e le valvole di scarico dell’aria mentre sarà ripristinato, con i compressori, il cuscinetto d’aria compressa e si darà inizio all’accumulo dell’acqua in arrivo in due diversi modi e cioè nel serbatoio idropneumatico ogni qualvolta si rende disponibile energia elettrica a basso costo come ad esempio durante la notte, oppure nell’altro serbatoio di tipo tradizionale negli altri casi.
La rete acquedottistica viene alimentata da una pompa a velocità variabile che pesca dal serbatoio tradizionale ed immette l’acqua direttamente in rete a pressione variabile in funzione delle richieste dell’utenza e quindi elevata di giorno quando esse sono massime e bassa di notte e nei periodi di basso consumo. Durante il giorno ed in genere quando la corrente elettrica è a costo maggiorato, entrano in funzione le turbine che producono corrente elettrica preziosa sfruttando l’acqua in pressione del serbatoio idropneumatico e che viene scaricata nel serbatoio tradizionale onde renderla disponibile per l’utenza.
A sua volta quest’ultimo serbatoio svolge un duplice ruolo potendo sia rifornire la rete seguendone a puntino le richieste oppure rifornire il serbatoio idropneumatico.
Interessante far notare la grande capacità di accumulo totale d’acqua dato dalla presenza dei due serbatoi ambedue in grado, tutte le volte che si presenta la necessità, di far pervenire in rete tutto il volume invasato in precedenza.

Ed ecco la descrizione di una normale giornata di funzionamento rappresentata nel grafico della fig. 2 e nella tabella allegati.

accumulo-energetico-serbatoi
Grafico di funzionamento della giornata tipo

Durante la precedente notte tutta l’acqua in arrivo nel serbatoio tradizionale e quella accumulata in precedenza sono state pompate a pressione elevata nel serbatoio idropneumatico fatta eccezione per la piccola parte che è servita per alimentare in diretta l’utenza. Il sollevamento ha avuto luogo tramite la serie di pompe a giri fissi con funzionamento pulsante oppure, a seconda dell’installazione fatta, da pompe a velocità variabile, onde adeguare portata sollevata e la pressione alle condizioni del momento.
Al mattino (ore 5 nell’esempio) il serbatoio tradizionale è quasi vuoto mentre l’altro è al massimo invaso. Quando iniziano ad aumentare i consumi dell’utenza (ore 7) il serbatoio idropnematico comincia a svuotarsi per alimentare le turbine che producono corrente elettrica. Nel serbatoio tradizionale entra sia l’acqua dell’adduzione e sia quella scaricata dalle turbine e quindi c’è la disponibilità massima per l’ alimentazione dell’utenza nel mentre l’acqua in esubero rispetto ai consumi è immagazzinata nel serbatoio tradizionale stesso. Alle ore 17 il serbatoio idropneumatico è vuoto ed ha termine la produzione di energia elettrica. La notte successiva il ciclo si ripete con riempimento del serbatoio idropneumatico ed alimentazione in diretta della rete a bassa pressione.

Da notare come la notevole capacità di invaso dei due serbatoi consenta di utilizzare al meglio gli impianti di produzione idroelettrica potendo nelle ore notturne immettere nel serbatoio idropneumatico non solo la portata in arrivo dall’adduzione ma anche quella accumulata in precedenza nel serbatoio tradizionale. Ciò sarà meglio comprensibile esaminando il grafico ed i dati dell’esempio di una giornata tipo. 

Resta da definire la pressione di funzionamento del serbatoio idropneumatico per la quale sussiste un buon grado di libertà per cui si può impostare il regime che meglio si adatta alle condizioni del momento. Infatti il funzionamento di tale struttura segue la regola di “Mariotte” rappresentata nel grafico a lato dove sono rappresentate le variazioni delle percentuali di riempimento in funzione della pressione. Sono tracciate in linea continua 6 diverse curve di esercizio che sono funzione dalla pressione iniziale dell’aria compressa immessa dai compressori. Ad esempio se si adotta la curva n. 2 è necessario all’inizio (ed una volta soltanto) immettere aria compressa a due bar il che significa appunto una pressione di due bar a serbatoio vuoto. Tramite pompaggio si otterrà un riempimento del 20% del volume totale del serbatoio con una pressione di 2.5 bar, del 50% con 4. Il limite massimo corrisponde ad un 80% di riempimento del serbatoio con 10 bar di pressione. La stessa pressione descritta si rende poi disponibile per il funzionamento delle turbine, ovviamente fatte salve le perdite di rendimento dell’insieme. Qualora si volesse operare a maggior pressione occorre scegliere una curva di valore più elevato come ad esempio la curva n.3. Si ritiene però consigliabile di contenere la pressione massima al valore di 10 bar per facilitare la regolazione delle turbine ed inoltre per contenere il riscaldamento-raffreddamento del cuscino d’aria durante le fasi di compressione-decompressione.

Nell’applicazione descritta si verificano variazioni di temperatura del cuscino d’aria temperatura che tende ad aumentare durante la compressione ed a diminuire in caso contrario. Si tratta degli stessi problemi che si sono incontrati nella ricerca di realizzare una modalità di accumulo di energia del tutto simile a quella qui presentata con la sostanziale differenza dell’impiego di aria compressa immagazzinata a pressioni elevatissime (fino a 500 bar), problemi che, in quegli esperimenti, si è tentato di superare immagazzinando il calore prodotto in speciali piastre metalliche ad alto assorbimento calorico ma che alla fine hanno decretato il fallimento di tale tecnica di accumulo energetico . Si ritiene che il problema non sussista nella soluzione quì proposta perché in questo caso il calore prodotto è modesto sia perché la variazioni di pressione in serbatoio è molto lenta sia perché è di valore molto piccolo. Nell’esempio riportato si passa da 2 a 10 bar in cinque ore durante le quali tutto il maggior calore dell’aria viene assorbito dal grande volume d’acqua che vi si trova a contatto e che pertanto aumenterà leggermente di temperatura. Il fenomeno contrario avrà luogo durante la successiva fase attiva di produzione energetica con decompressione dell’aria che avrà ben 10 ore a disposizione. Il cuscinetto d’aria, grazie al passaggio da 10 a 2 bar, si raffredderà facendo ritornare fresca anche l’acqua con cui è a contatto e che riprenderà la temperatura originale, fatte salve piccole perdite energetiche di valore del tutto trascurabile.

 

3) CONCLUSIONI

Si è descritto un sistema idrico atto a realizzare in primo luogo una notevole compensazione delle portate degli acquedotti e cioè di immagazzinare il surplus di portata caratteristica peculiare di certi periodi per restituirlo successivamente al verificarsi di richieste eccezionalmente elevate. Trova così compimento una operazione che, potendo riguardare perfino la compensazione quindicinale o addirittura mensile delle portate, rappresenta un risultato importantissimo nella gestione dei moderni acquedotti assillati da una carenza delle fonti sempre più sentita e difficile da colmare.
Il secondo scopo che si raggiunge è la piena utilizzazione di opere come quelle necessarie per l’accumulo di ingenti volumi idrici le quali in un regime acquedottistico normale rimarrebbero sottoutilizzate per lunghi periodi. Con le opere proposte si approfitta della notevole disponibilità di invaso per lunghi periodi per produrre energia elettrica preziosa in quanto prodotta nelle ore diurne di maggior pregio.

INDIETRO AVANTI